Da una parte l’Emilia, tributo alla strada romana costruita nel 187 a.C. dal console Marco Emilio Lepido, dall’altra la Romagna, dove Ravenna assurge al rango di ultima capitale dell’Impero romano d’Occidente (402-476 d.C.): nell’alto Medioevo, questa due territori, che oggi formano un’unica regione, segnano un limes geografico tra la zona soggetta alla conquista longobarda e quella di dominazione bizantina. Questa storia è al centro della mostra che Sauro Gelichi e Luigi Malnati hanno curato per conto della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara nell’ambito del programma culturale «2200 anni lungo la Via Emilia».
«Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia», questo il titolo della rassegna allestita fino al 17 giugno al Museo civico medievale di Bologna, indaga attraverso oltre trecento reperti, recuperati nell’ambito delle intense ricerche archeologiche condotte in regione negli ultimi quaranta anni, la fase di passaggio dalla tarda antichità (IV-V secolo) al pieno Medioevo (inizi del Trecento). È questo un importante momento di passaggio che si riverbera in ogni aspetto della vita politica, economica, sociale e culturale, rappresentando un momento decisivo nella costruzione di nuovi assetti di potere e nuove identità.
Il percorso espositivo, articolato in sei sezioni tematiche, parte da un’istantanea sulle città nell’alto Medioevo, profondamente ridimensionate rispetto alla vitalità dei secoli precedenti e contrapposte al dinamismo del nuovo emporio commerciale di Comacchio, nel Ferrarese, per allargare lo sguardo alla riorganizzazione delle campagne, dove fioriscono castelli, villaggi, borghi franchi, pievi e monasteri, e terminare la narrazione con la ciclica rinascita delle città in età comunale.
La prima sezione è incentrata sul tema «Un mondo in trasformazione: le città», ossia sull’evoluzione dei centri di antica fondazione in rapporto ai cambiamenti socio-economici e all’organizzazione delle nuove sedi del potere, sia laico che ecclesiastico, fino al VI secolo.
In questa sezione sono esposti oggetti della vita quotidiana come lucerne in vetro e ceramica provenienti da Parma e Rimini, manufatti legati alla cultura funeraria delle élite con un sarcofago ravennate e piccoli tesori che erano conservati nelle residenze di lusso di Casse e Cesena, come un missorium d’argento cesenate (piatto di uso simbolico-celebrativo), che testimonia la vita agiata di un possidente terriero nella tardantichità.
La seconda sezione, imperniata sulla «Fine delle ville romane», prende in esame l’insediamento rurale di tipo sparso, già tipico delle fattorie di età romana, fino all’evoluzione databile al VI-VII secolo.
L’archeologia è stata in grado di cogliere e descrivere questi processi di trasformazione, documentando la riconversione degli spazi abitativi e le diverse modalità di sfruttamento della proprietà fondiaria.
Un caso eccezionale è costituito dal sito di Galeata, nei pressi del quale tradizionalmente si identifica un palazzo di campagna del re ostrogoto Teodorico, da cui provengono fibule, monete e ceramiche scoperte in scavi recenti.
I cambiamenti riguardano anche l’ambito funerario: piccoli nuclei cimiteriali vanno ad occupare spazi dismessi all’interno delle antiche unità abitative. Questo fenomeno è illustrato da una serie di corredi funerari provenienti da Baggiovara o da materiali della vita quotidiana, spesso integri, rinvenuti all’interno di pozzi d’acqua dismessi coma villa di Russi.
L’ideologia funeraria di VI-VII secolo caratterizza la terza sezione dedicata a «Nuove genti, nuove culture, nuovi paesaggi»: in questo periodo l’Emilia-Romagna mostra una sostanziale continuità tra età romana e gota mentre appare fortemente marcata la differenza fra i territori soggetti ai Longobardi (Emilia) e quelli sottoposti ai Bizantini (Romagna).
Allo sfarzo di alcuni manufatti afferenti alle sepolture fanno riscontro i pochi materiali recuperati nei contesti urbani regionali della quarta sezione dedicata a «Città ed empori nell’alto Medioevo»: qui spicca per vitalità e capacità economica il più grande emporio del nord Italia nel secolo VIII, Comacchio, strategico centro lagunare aperto, vocato allo smistamento e trasporto di beni e merci mediterranei destinati alle terre del Regno longobardo.
Le ricerche archeologiche condotte negli ultimi anni in Comacchio hanno rivelato consistenti e chiare tracce della sua storia: dai contenitori anforici di provenienza orientale per il trasporto delle merci (forse vino e olio) alla presenza di botteghe artigiane per la produzione di oggetti suntuari. In una di queste botteghe si dovevano produrre anche cammei in vetro policromo, come testimonia una matrice che trova un pendant in un originale ancora incastonato in una capsella di Cividale, anch’essa esposta nella mostra.
Con la quinta sezione, «Villaggi, castelli, chiese e monasteri: la riorganizzazione del tessuto insediativo», vengono evidenziate le nuove forme d’insediamento (VIII-XIII secolo), quali i castelli, i villaggi di pianura, talvolta fortificati, i borghi franchi, le chiese rurali, perfettamente integrate nella rete itineraria e il ruolo dei monasteri, incaricati del perpetuarsi della memoria dei defunti e della trasmissione della cultura.
La storia dei monasteri è raccontata attraverso l’abbazia di Nonantola, fondata nella pianura tra Modena e Bologna durante il regno del re longobardo Astolfo, intorno alla metà del secolo VIII. Famosa per il suo archivio, ci è nota anche per gli scavi degli ultimi quindici anni, attraverso i quali è stato possibile riconoscere e ricostruire l’evoluzione del monastero tra l’alto-medioevo e l’età moderna.
Il cerchio si chiude con la sesta sezione, «Dopo il Mille: la rinascita delle città», che ripropone il tema dell’evoluzione dei centri urbani, questa volta esaminati nella nuova fase di età comunale.
Tra i pezzi più prestigiosi della mostra, di cui rimarrà documentazione in un catalogo edito da Ante Quem, si segnalano fibule di età gota rinvenute a Imola, reperti longobardi recuperati nella necropoli di Ponte del Rio di Spilamberto, un servizio di vasellame in argento di età bizantina proveniente da Classe, bicchieri in legno rinvenuti a Parma e un bacino in maiolica recuperato dalla facciata della chiesa di San Giacomo Maggiore a Bologna.
Molteplici sono gli strumenti di mediazione e approfondimento a disposizione del pubblico. Le visite guidate raccontano il percorso espositivo evidenziando i temi trasversali che ricorrono nelle diverse sezioni e i fatti salienti che hanno scandito le vicende storiche delle società vissute sul territorio regionale attraverso il racconto della vita quotidiana delle comunità offerto dai reperti recuperati. Un ciclo di conferenze gratuite illustra le prospettive di ricerca offerte dalla disciplina dell’archeologia medievale e la sua utilità per la tutela e la salvaguardia del patrimonio mentre una rassegna di film curata dalla Fondazione Cineteca di Bologna presenta un focus sulla produzione cinematografica ispirata all’età medievale.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Baggiovara (MO), corredo della tomba 21 (sepolcreto tardoantico presso villa rustica). Attuale collocazione: Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena; [fig. 2] Carpineti (RE), Pieve di San Vitale. Capitello a piramide tronca rovesciata di lesena o pilastro. La superficie modanata è decorata a palmette alternate a fiori di loto (XI-XII secolo). Rinvenuto durante gli interventi di riqualificazione della Pieve di San Vitale condotti negli anni '70 del secolo scorso (largh. magg. cm 25; larg. min. 20; alt. cm 18). Attuale collocazione: deposito Carpineti (RE), Pieve di San Vitale; [fig. 3] Cesena (FC), particolare di missorium (piatto di uso simbolico-celebrativo) in argento (diametro cm 62 peso kg 6,6) con decorazione eseguita a niello nel tondo centrale, in cui sono raffigurate scene di banchetto e della vita agiata di un possidente terriero nella tardantichità. Il prezioso reperto, attribuibile al IV sec. d.C., è stato recuperato a Cesena nel 1948 presso via G. Bono in un deposito databile entro la metà del VI secolo (fenomeno della tesaurizzazione, occultamento di riserve di valore in momenti di instabilità politica). Attuale collocazione: Museo Civico Archeologico di Cesena; [fig. 4] Bologna, bacino architettonico in maiolica recuperato dalla facciata della chiesa di S. Giacomo Maggiore, con raffigurazione di Frater Simon, identificabile molto probabilmente con l'omonimo sindaco del complesso conventuale (inizi XIV secolo). Attuale collocazione: deposito Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; [fig. 5] Imola (BO), loc. Villa Clelia, tomba femminile 185. Coppia di fibule a disco con teste di rapace disposte “a vortice” (diametro cm 3,5). Tecnica cloisonné (cellette in oro con inserimento di granati). Età gota (V secolo). Attuale collocazione: deposito Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le Province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara
Informazioni utili
«Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia». Museo civico medievale, via Manzoni, 4 – Bologna. Orari: dal martedì alla domenica, ore 10.00 – 18.30; chiuso i lunedì feriali e il 1° maggio. Ingresso: intero € 5,00, ridotto 3,00, gratuito Card Musei Metropolitani Bologna e la prima domenica del mese. Informazioni: tel. 051.2193916 / 2193930, museiarteantica@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/arteantica. Fino al 17 giugno 2018.
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