ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 26 ottobre 2020

Firenze, Lorenzo Puglisi davanti al crocifisso di Michelangelo

Era il dicembre del 2000 quando il Crocifisso di Santo Spirito, scultura lignea policroma attribuita a Michelangelo, faceva ritorno nella sua casa fiorentina. Dopo vari tentativi, sul finire del millennio, i Padri agostiniani erano riusciti a trovare un accordo con Pina Ragionieri per riavere nella loro basilica l’opera che, dopo il ritrovamento e il successivo restauro, era stata collocata a casa Buonarroti.
Ritenuto perso all’epoca dell’occupazione francese, il crocifisso michelangiolesco, citato da Giorgio Vasari nelle sue «Vite», era stato rinvenuto nel 1962 dalla storica dell’arte tedesca Margrit Lisner, ricercatrice nota per il suo censimento sui crocifissi toscani del XV secolo effettuato su base stilistica, storica e tipologica.
Utili per la sua ricerca, resa possibile anche grazie all’ospitalità di padre Guido Balestri, erano state le fonti conosciute all’epoca: non solo il racconto di Giorgio Vasari, ma anche le descrizioni del pittore cinquecentesco Ascanio Condivi, che parlò per l’opera di una dimensione «poco meno che ’l naturale», e del Bottari, che, nel Settecento, definì il crocifisso «alto circa due braccia e mezzo».
La studiosa aveva ritrovato il manufatto proprio all’interno di Santo Spirito, nel Refettorio, sotto una ridipintura che ne alterava la forma e il carattere.
L’opera, che oggi orna la Cappella Barbadori della Sacrestia di Giuliano da Sangallo, fu realizzata da Michelangelo nel 1493, ad appena diciotto anni, «a compiacenza del priore» Niccolò di Lapo Bichiellini che gli diede «comodità di stanze». L’artista volle cioè ringraziare l’ordine religioso dell’ospitalità e dell’opportunità di studiare anatomia, ovvero di analizzare i cadaveri provenienti dall’ospedale del convento, cosa resa possibile anche grazie all’intercessione di Piero de’ Medici.
Michelangelo raffigurò il Cristo nella sua totale nudità, in posizione sofferente, con il capo reclinato verso sinistra e le gambe piegate, leggermente direzionate verso destra, così da dare una forte sinuosità all’intera composizione. Il modellato, nonostante la precisa resa anatomica, è morbido e attento ai dettagli più delicati, come la resa dei soffici capelli e dei peli del pube. Gesù appare quasi indifeso e fragile di fronte al dramma del martirio e alla morte.
Per festeggiare i vent’anni dal ritorno del crocifisso nella Basilica di Santo Spirito è stata organizzata da Francesca Sacchi Tommasi di Etra studio, in collaborazione con ArtCom Project, la mostra «Lorenzo Puglisi | Davanti a Michelangelo. Crocifissione, umanità, mistero»
 L’artista, che vive e lavora a Bologna, ha realizzato per l’occasione un dipinto a olio su tavola di pioppo sagomata a forma di croce con fondo nero, su cui compaiono solo i risultati della sua ricerca di essenzialità, cioè le rappresentazioni della testa inclinata, delle mani e dei piedi del Cristo morto in croce. La tecnica usata riprende una tradizione storico-artistica che origina dalla pittura dei primitivi e che nell’arte contemporanea si era completamente perduta.
Come scrive padre Giuseppe Pagano, «Lorenzo Puglisi sarà davanti a Michelangelo per esprimere tutta la forza della crocifissione, tutta l’umanità e il mistero. Rimane così l’interesse dell’artista per la natura umana e il mistero dell’esistenza, cercando di raffigurarla con una pittura nel buio, quasi a voler esprimere quella luce che c’è, che spinge, ma che è ancora trattenuta dall’oscurità, così come Michelangelo abbatte la realtà della morte in croce con la bellezza e il sorriso che sono già espressione di una realtà diversa da quella che si vede».
Dal canto suo Puglisi sottolinea che «la crocifissione è un’immagine simbolica e reale al tempo stesso, sia nella tradizione cristiana, sia nella riflessione più intima sulla condizione, la possibilità e la ragion d’essere dell’uomo, così come si può comprendere dal sapere trasmessoci nel tempo dagli antichi, in numerose forme. La visione della scultura di Michelangelo tocca il cuore e ha una leggerezza e una delicatezza rare. Per me pittore, da subito, è emersa l’esigenza di cercare una pittura vitale e scultorea, e Michelangelo ne è stato grande maestro. Per cui il mio tentativo di pittura si rivolge alla visione di qualcosa che è altro dal visibile empirico, ma col quale è inseparabilmente intrecciato, è mescolato ad esso; la ricerca dell’essenziale della rappresentazione, come ambizione e fine, è legato alla ricerca di essenzialità nella vita e ne è conseguenza e speranza di conoscere. Crocifissione, umanità, mistero. È tutto in queste tre parole».

Informazioni utili
Lorenzo Puglisi | Davanti a Michelangelo. Crocifissione, umanità, mistero. Basilica di Santo Spirito, piazza santo spirito, 30 – Firenze. Orari: lunedì-sabato ore 10-12.45 e 15-17.45; domenica ore 11.30-13.15 e 15-17.45; mercoledì chiuso. Biglietto: 2,00 euro. Informazioni: tel. 055.210030. Sito web: www.basilicasantospirito.it. Fino al 1° novembre 2020.

domenica 25 ottobre 2020

«La Treccani dei ragazzi», un’enciclopedia sul mondo contemporaneo che parla anche il linguaggio del fumetto

Che cosa ne sa la generazione dei Post-Millennials, i giovani nati tra il 1995 e il 2010, delle enciclopedie? Poco o niente. Per i nativi digitali, quelli che passano il loro tempo su Tik Tok e che hanno come modelli di riferimento influencer e youtuber, l’approfondimento passa attraverso la Rete. È, dunque, una bella sfida quella dell’Istituto italiano di enciclopedia Treccani che ha pensato a una nuova iniziativa editoriale interamente dedicata ai giovani cresciuti a pane e social.
È nata così - si legge nella nota di presentazione – «un’opera destinata all’educazione delle generazioni a venire», una stimolante «guida interdisciplinare alla comprensione del mondo contemporaneo e della sua storia», con approfondimenti sulle nozioni e i personaggi più significativi ed emblematici, utile sia per la crescita culturale e personale dei giovani studenti che per il loro percorso scolastico.
Al progetto hanno lavorato pedagogisti, giornalisti, storici, scienziati ed esperti di vari settori con lo scopo - si legge ancora nella presentazione – di «fornire ai ragazzi e ai loro genitori uno strumento di efficace funzione educativa che fosse complementare a quella della scuola».
La proposta di Treccani appare, dunque, molto utile in questo momento storico nel quale la frequenza scolastica non è più così scontata e c’è bisogno di nuovi strumenti per stimolare la mente dei ragazzi e per aiutarli a superare il momento di incertezza e disorientamento che stiamo vivendo.
L’opera può essere usata a seconda dell’età e dei vari livelli di apprendimento ed è pensata addirittura per la generazione Alpha, ovvero per i bambini che frequentano il primo ciclo scolastico. Ma è certo che la nuova enciclopedia soddisferà anche le curiosità dei genitori e dei fratelli maggiori grazie all’attualità e alla varietà dei temi trattati.
«La Treccani dei ragazzi», questo il nome dell'ultimo progetto della casa editrice romana, dà così vita a «un modo di fare cultura - si legge nella presentazione - che crea condivisione, capace di unire le generazioni, grazie al quale scoprire o riscoprire anche il piacere di sfogliare, mentre si acquisiscono le conoscenze necessarie per porre le basi di una visione del mondo corretta e consapevole, presupposto per la formazione di coscienze e persone migliori».
Acquistabile sul portale Emporium dallo scorso 15 ottobre, l'opera è composta da dieci volumi agili, maneggevoli e di facile consultazione, con all’interno 2500 voci, 40 box di approfondimento, circa 6000 immagini tra mappe, disegni, illustrazioni scientifiche e fotografie, e 10 storie a fumetti. Questi ultimi sono racconti «educativi e di formazione» illustrati da altrettanti artisti: Ilaria Palleschi, GUD, Eleonora Antonioni, Rita Petruccioli, Virginio Vona, Marta Baroni, Capitan Artiglio, Daniel Cuello, Rachele Aragno e Loputyn.
Quella della Treccani è anche un’enciclopedia al passo con i tempi: l’opera è, infatti, arricchita da una serie di contenuti digitali e percorsi scolastici di approfondimento a cui ogni giovane studente può accedere direttamente da casa.
Per rendere ancora più accattivante e stimolante l’enciclopedia si è pensato a copertine colorate diverse per ogni volume, il cui allineamento disegna una vivace scala cromatica con sfumature cha vanno dal rosso al blu, passando per il giallo e il verde.
Tra le tante voci, la selezione include parole e nomi come «arte», «ambiente», «Abramovic», «Banksy», «blockchain», «Brexit», «Cattelan», «comunità», «design», «equazioni», «ghetto», «Hirst», «labirinto», «paura» e «Zuckerberg», spiegate con grande chiarezza. Si vuole così sottolineare l'importanza di costruire un sapere trasversale alla base della conoscenza e dell'apprendimento.
La Treccani mette, dunque, a disposizione dei più giovani uno strumento di conoscenza certificata per guidarli nella comprensione del mondo e per aiutarli ad orientarsi nell’epoca delle fake news e dell’utilizzo del web come filtro della realtà, talvolta ingannevole. Ma non è tutto: la nuova enciclopedia offre alle generazioni Z e Alpha anche il piacere, ormai quasi dimenticato in quest’epoca iper-connessa, di sfogliare un bel libro.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] La Treccani dei ragazzi, 2020; [fig. 3] Illustrazione di Eleonora Antonioni per la voce Do Giovanni dell'enciclopedia La Treccani dei ragazzi, 2020; [fig. 4] Illustrazione di Ilaria Palleschi per la voce Bello e bellezza dell'enciclopedia La Treccani dei ragazzi, 2020; [fig. 5] Illustrazione di Rita Petruccioli per la voce Fake news dell'enciclopedia La Treccani dei ragazzi, 2020

Informazioni utili 

sabato 24 ottobre 2020

Milano, al Poldi Pezzoli la ‘nuova’ «Madonna con il Bambino» di Andrea Mantegna

Era il 1861 quando Gian Giacomo Poldi Pezzoli (1822-1879) acquistava dallo storico dell’arte Giovanni Morelli (1816-1891), in difficoltà per un debito di gioco, un’opera destinata a diventare iconica all’interno della sua collezione: il piccolo e prezioso dipinto della «Madonna con il Bambino» (1490-1499) di Andrea Mantegna (1431 – Mantova, 1506).
Due anni dopo, nel 1863, il collezionista lombardo affidava la tela alle cure di Giuseppe Molteni (1800–1867), conservatore della Pinacoteca di Brera nonché ritrattista e amico di famiglia, noto nell’ambiente artistico per i suoi interventi di tipo «integrativo», che avevano la pretesta di migliorare l’aspetto estetico dei quadri antichi secondo il gusto accademico in vigore nel secondo Ottocento così da incontrare il favore della ricca committenza dell’epoca.
Per la «Madonna con il Bambino» quel restauro, purtroppo non solo conservativo, rappresentò una vera e propria metamorfosi.
Giuseppe Molteni eseguì, dapprima, una foderatura incollando sul retro una nuova tela, in modo tale da conferire sostegno al delicatissimo supporto originale, che risultava lacerato in corrispondenza della mano della Vergine.
L’artista impreziosì, poi, la veste rossa della Madonna con marezzature dorate e ridipinse completamente il suo manto blu dal risvolto verde, i cui pigmenti originali in azzurrite apparivano irrimediabilmente alterati.
Ma l’intervento conservativo non si limitò a questo: il restauratore prolungò anche arbitrariamente le braccia di Maria sui bordi laterali, dando l’impressione che la scena si svolgesse davanti a una finestra e, in tal mondo, alterò completamente l’impostazione compositiva e prospettica data all’immagine dal Mantegna.
Infine, Giuseppe Molteni verniciò la superficie, per saturare i colori originali percepiti come troppo «piatti» e «polverosi», con un effetto finale di «scurimento» dei toni, che alterò l’equilibrio cromatico della composizione e rese meno intellegibile la distinzione fra il fondo scuro e il manto della Vergine.
L’intero lavoro di restauro fece sì che i critici facessero fatica a inquadrare storicamente la tela, attribuita negli anni alle più varie fasi di attività dell’artista padovano: dal periodo giovanile, trascorso nella città natale, all'inizio del soggiorno mantovano, avvenuto tra il 1462 e il 1470, fino alla tarda attività, nell’ultimo decennio del Quattrocento.
Nel marzo 2019 il museo Poldi Pezzoli di Milano ha affidato, anche grazie al sostegno economico della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti onlus, il recupero della tela all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Il lavoro di restauro -realizzato da Lucia Maria Bresci, con la collaborazione di Ciro Castelli, sotto la direzione di Marco Ciatti e Cecilia Frosinini, e in collaborazione con Andrea Di Lorenzo- è stato anticipato da un’approfondita campagna diagnostica. Questa prima fase è stata utile per comprendere a fondo la tecnica esecutiva e lo stato conservativo del dipinto, ma anche per definire più accuratamente l’entità dell’intervento di Giuseppe Molteni e, infine, per chiarire alcune piccole scoperte che si andavano rivelando.
«Dagli studi -raccontano i responsabili del restauro- è stato possibile comprendere che la «Madonna con il Bambino» era caratterizzata in origine da un effetto opaco e quasi pulvirulento della superficie, a imitazione degli stendardi o della pittura murale». La vernice a mastice, usata da Giuseppe Molteni per proteggere gli strati pittorici, aveva alterato profondamente l’opera rendendola esteticamente simile a un dipinto a olio e celando le peculiarità della tecnica esecutiva a tempera magra utilizzata dal Mantegna in questa tela e anche in altri suoi lavori come il «Cristo morto» della Pinacoteca di Brera, il grande «San Sebastiano» del Museo del Louvre e la «Madonna con Bambino» dell’Accademia Carrara di Bergamo.
Diffuso nel Quattrocento soprattutto nel Nord Europa, questo particolare procedimento pittorico -raccontano ancora i responsabili del restauro- «consiste nel dipingere su una finissima tela di lino, priva di preparazione e trattata tramite una leggera stesura di amido che la rende più impermeabile alla possibile penetrazione della componente liquida della miscela colore-legante. Quanto al film pittorico, questo è legato a tempera magra (verosimilmente colla animale) e applicato in sottilissime stesure pittoriche per ottenere come effetto estetico finale un’apparenza arida e opaca, enfatizzata e accompagnata, infatti, dall’assenza di verniciatura finale».
Per i restauratori non è stato semplice tornare alla versione antica, che oggi si ritiene essere stata realizzata dal Mantegna negli anni Novanta del Quattrocento, sul finire della vita. 
All’Opificio delle Pietre Dure di Firenze hanno, infatti, affrontato una vera e propria sfida, della quale, in letteratura, esisteva solo un altro caso di parziale successo, operato sull’«Adorazione dei Magi», sempre del Mantegna, del Getty Museum di Los Angeles, da parte di Andrea Rothe, restauratore di formazione italiana, recentemente scomparso.
Oggi possiamo dire che la sfida è stata vinta e che il restauro, iniziato con la graduale rimozione della vernice messa da Giuseppe Molteni, ha riservato anche qualche sorpresa: in corso di pulitura è affiorata una traccia della scritta «Nigra sum sed formosa», espressione tratta dal «Cantico dei Cantici». 
Non visibile a occhio nudo, questo lacerto può essere ammirato, fotograficamente e su un grafico di ricostruzione, nella mostra-dossier «Mantegna ritrovato», allestita al Museo Poldi Pezzoli di Milano, nel Salone dell’affresco, per il ritorno a casa della «Madonna con il Bambino».
L’allestimento della rassegna - realizzato da Unifor, su progetto di Luca Rolla e Alberto Bertini - presenta due stanze: la prima, introduttiva, con i pannelli esplicativi e un video che raccontano le diverse fasi di lavorazione; la seconda spoglia, con la sola opera di Mantegna. Una tenda cinge il tutto isolandolo dal resto del museo e concentrando l’attenzione unicamente sul capolavoro. Il visitatore si trova così a tu per tu con la Madonna mantegnesca. Può ammirare l’armonia estetica e, di conseguenza, contenutistica dell'opera, permeata da sentimenti di tenerezza e semplicità. Può lasciarsi ammaliare dall’immagine di una maternità, intima e dolcissima, lontana da ogni intento celebrativo e regale, quasi nobilitata dalla stessa povertà ed umiltà della Vergine, ben sottolineata dalla scritta, appena rinvenuta, «Nigra sum sed formosa». «Sono nera, ma bella».
 
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Madonna con Bambino Andrea Mantegna, Madonna con Bambino, 1490-1499. Tempera magra su tela, 35,5 x 45,5 cm. Milano, Museo Poldi Pezzoli; [figg. 2, 3 e 4] allestimento della mostra Mantegna ritrovato al Poldi Pezzoli di Milano, ottobre 2020; [fig. 5] Mantegna. Adorazione dei Magi, 1495-1505 ca. Tempera a colla e oro su tavola, cm 54,6x70,7. Los Angeles, Getty Museum

Informazioni utili
Mantegna ritrovato. Museo Poldi Pezzoli, via Manzoni, 12 – Milano. Orari: dal mercoledì al lunedì, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00; il museo resterà eccezionalmente aperto anche martedì 27 aprile e sabato 1° maggio.. Ingresso:  ridotto promozionale dal 26 aprile € 7,00. Informazioni: biglietteria, ferraris@museopoldipezzoli.it; tel. 02.79 4889/6334. Note: sono in programma visite guidate e laboratori per bambini; per informazioni e prenotazioni è possibile scrivere a servizieducativi@museopoldipezzoli.it. Sito internet: www.museopoldipezzoli.it.