ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 11 giugno 2025

«Santa», a Reggiane Parco Innovazione l’arte irriverente di Maurizio Cattelan incontra la danza

C’è un luogo a Reggio Emilia che ha riconvertito il suo glorioso passato industriale in una fucina per la creatività, l’imprenditorialità e la cultura. Si tratta di Reggiane Parco Innovazione, importante opera di riqualificazione urbana che, negli ultimi anni, ha ridato vita, grazie a preziosi interventi di restauro (apprezzati anche all’estero), a una zona periferica della città, l’attuale quartiere Santa Croce, che, nei primi cinquant’anni del Novecento, fu un distretto di eccellenza per la meccanica e la meccatronica italiana, producendo aerei, treni, macchinari agricoli e gru portuali. Nei Capannoni 15B, 15C, 17, 18 e 19 hanno trovato sede l’Università di Modena e Reggio Emilia, centri di ricerca, imprese ad alta tecnologia, ordini professionali, associazioni culturali e incubatori di start up. Ne è nato un vero e proprio polo incentrato sull’«economia della conoscenza», che ha come valori fondanti la sostenibilità, le relazioni tra individui e l’incontro tra le diversità.

Da giovedì 12 giugno
, per tre fine settimana, questi spazi, e più precisamente i capannoni 17 e 18, faranno da scenario a «Santa», un’opera site-specific dove danza, arte contemporanea e architettura si intrecciano in un percorso immersivo, coinvolgente e radicalmente sperimentale.
Prende così avvio il nuovo format (di durata triennale) «Danze dell’Utopia», ideato da Gigi Cristoforetti per il Centro coreografico nazionale/Aterballetto, altra eccellenza reggiana, con l’obiettivo di attraversare luoghi iconici e insoliti con performance capaci di coinvolgere nuovi pubblici e di far dialogare i vari linguaggi dell’arte, trasformando spazi urbani, storici o degradati, in scenari immersivi e comunitari.

Il progetto, che gode del contributo del Comune di Reggio Emilia, porta la firma di Nicolas Ballario, classe 1984, figura di riferimento nel panorama dell’arte contemporanea, con all’attivo collaborazioni con Radio Rai Uno, «Rolling Stone» e «Il giornate dell’arte». Le azioni coreografiche sono affidate a Lara Guidetti, direttrice della compagnia Sanpapiè (co-produttrice della performance), che per l’occasione ha costruito un tessuto danzato instabile, nomade e potente, in costante dialogo con gli spazi di Reggiane Parco Innovazione e con le opere di Maurizio Cattelan, uno degli artisti italiani contemporanei più noti e controversi a livello internazionale, celebre per il suo linguaggio provocatorio e ironico, capace di eludere ogni definizione e amplificare ogni domanda. 

 Per l’occasione, l’archivio dell’artista ha concesso in prestito: un giocoso autoritratto («Untitled», 2001), «Homeless» (2005), opera in legno e stracci che dà voce al dramma dei senzatetto, e una riproduzione di «L.O.V.E.» (2010), la scultura monumentale in marmo di Carrara raffigurante una mano con tutte le dita mozzate tranne il medio, che fu installata nel 2010 davanti alla Borsa di Milano e che ora, in una versione dalle dimensioni ridotte, è collocata su un'Apecar.

L'azione coreografica, il cui titolo evoca le relazioni tra sacro e profano, tra spiritualità e corporeità, vedrà in scena Gioele Cosentino, Vittoria Franchina, Gador Lago Benito, Alberto Terribile, Kiran Luc Gezels, Alessia Giacomelli, Michele Hu, Karline Olivia Kotila. Il sound design è a cura di Marcello Gori; il light design porta la firma di Marcello Marchi. La progettazione e la realizzazione dei costumi e degli accessori hanno visto all’opera Maria Barbara De Marco e Fabrizio Calanna, con Nuvia Valestri.

«Cosa sia «Santa», esattamente, non è facile dirlo. Una performance? Un atto liturgico? Una mostra? Un sogno? Forse tutto questo, o forse niente di tutto questo. «Santa» - si legge sul sito di Aterballetto - è soprattutto un attraversamento. Di uno spazio,di un tempo, di un pensiero. […] Nulla è rivelato in anticipo. […] L’unica bussola è la fiducia: chi si affida al progetto sarà ricompensato con l’inatteso». 
Al punto di accoglienza, dove si ritirano le cuffie silent-disco, lo spettatore sa solo che il progetto è itinerante e che, lungo il cammino (della durata di circa un’ora), non sono previste sedute (il consiglio è di indossare scarpe comode).

I visitatori, accompagnati dalla voce di Nicolas Ballario, saranno protagonisti di un gioco percettivo che alterna ironia e struggimento, visione e spaesamento. La camminata-spettacolo è – si legge ancora sul sito di Aterballetto - «un invito. A disorientarsi. A guardare di nuovo. A credere che l’arte possa ancora sorprendere». Perché la performance multidisciplinare, definita da Nicolas Ballario «un rito collettivo anomalo» nel segno del paradosso e della metamorfosi, si propone più di accendere domande che di offrire risposte. «È un invito – spiega il curatore - a guardare, sentire e pensare senza ridurre o etichettare».
La coreografia diventa così un gesto effimero e trasformativo che attraversa la fisicità dei danzatori e i sensi degli spettatori. «I corpi dei performer – spiega Laura Guidetti - non raccontano ma evocano; non rappresentano ma si offrono come apparizioni: presenze che emergono e svaniscono, portando con sé tracce di ironia, bellezza, crudeltà e virtuosismo»

Gli ambienti industriali rigenerati si fanno, dunque, palcoscenico e controcampo, in un viaggio che richiama il senso di una civiltà sconfitta o forse appena nata. Un rave punk, una favola dark, un’invocazione laica o una marcia verso l’ignoto: ogni spettatore costruisce la propria personale chiave di lettura. Perché l’opera d’arte, qui, non è solo da osservare: è un catalizzatore per rileggere il reale. «L’arte contemporanea ha moltissimi livelli di lettura – termina Nicolas Ballario –. Non può esserci una interpretazione univoca, per questo vogliamo affidare la “critica” di queste opere così potenti a lessici e discipline molto diverse tra loro solo all’apparenza. In questi spazi, che hanno una storia così evocativa, ci spingiamo a parlare dell’“innominabile” in modo ironico e tragico allo stesso tempo. Per esorcizzarlo, per spingere la nostra immaginazione un po’ più in là».

Infine, Luca Torri, presidente Stu Reggiane, sottolinea che «portare la cultura alle Reggiane significa restituire a questo luogo la sua dimensione storica, ma anche dare un futuro a una comunità. «Santa» è un gesto forte e necessario, che ci aiuta a non dimenticare cosa siamo stati e a immaginare cosa possiamo diventare». Perché, da sempre, l’arte legge la realtà e anticipa il futuro. 

Didascalie delle immagini
1. 2 . Santa. Foto di Luca del Pia; 3.  Santa. Foto di Alice Vacondio; 4. Maurizio Cattelan, Junho, LEEUM Museum, Seoul, 2023, photo Kim Kyoungtae; 5 e 6. Santa. Foto di Luca del Pia

Informazioni utili 
Santa. Reggio Emilia – Reggiane Parco Innovazione, Capannoni 17 e 18, piazzale Europa 1
Anteprima stampa: 10 giugno 2025, ore 11:00 Spettacoli pubblici: 12, 13, 14 giugno | 26, 27, 28 giugno | 3, 4, 5 luglio Tre repliche al giorno: ore 19:30, 21:00, 22:15 
Biglietto unico: 5 euro. Acquisto online: www.biglietteriafonderia39.it/home.aspx. La biglietteria è aperta presso il Tecnopolo al Reggiane Parco Innovazione dalle ore 18.30 del 12, 13, 14, 26, 27, 28 giugno e del 3, 4, 5 luglio. I biglietti acquistati online devono essere ritirati alla biglietteria, negli orari di apertura, presentando la ricevuta d’acquisto. 
Informazioni e prenotazioni: tel. e whatsapp 3341023554. Website: www.fndaterballetto.it

martedì 10 giugno 2025

«Nelle terre dei Rasna», terminato il restauro di un prezioso manufatto etrusco al Museo archeologico di Bologna

Si è concluso «Nelle terre dei Rasna», il progetto per la salvaguardia e la valorizzazione di un reperto prezioso e unico appartenente alle collezioni del Museo civico archeologico di Bologna: uno sgabello in avorio datato alla fine del VI secolo a.C., raro esempio di manufatto con funzioni di rappresentanza nell’ambito della società etrusca.
L'iniziativa - a cura scientifica di Federica Guidi e Marinella Marchesi, archeologhe della realtà museale felsinea diretta da Paola Giovetti - è stata avviata nell'ottobre 2024 in stretta collaborazione culturale con il Rotary Club Bologna Est in occasione del sessantesimo anniversario dalla sua fondazione, sotto la presidenza dell’avvocato Silvia Stefanelli.
Dopo otto mesi lo sgabello in avorio è tornato a essere visibile nella Sala X, quella dedicata alla Bologna etrusca, con un nuovo supporto e un nuovo apparato multimediale che ne illustra la struttura e il contesto di rinvenimento, con una narrazione più stimolante e coinvolgente nel rispetto del rigore metodologico.
Il Museo civico archeologico di Bologna è riconosciuto come uno degli Istituti museali più importanti per la conoscenza della civiltà dei Rasna, il nome in cui i popoli etruschi si riconoscevano. Le sue raccolte comprendono una ricchissima documentazione derivante sia dalla raffinata tradizione collezionistica di antichità propria della storia culturale della città, sia soprattutto dalle testimonianze archeologiche rivenute durante le campagne del XIX e XX secolo che hanno messo in luce il passato etrusco di Bologna, quella Felsina sviluppatasi tra IX e IV secolo a.C. e definita da Plinio il Vecchio «princeps Etruriae».
Il manufatto è parte del ricco corredo rinvenuto nella tomba 173 portata alla luce nel 1887 dall’allora direttore del Museo archeologico Edoardo Brizio (Torino, 1846 - Bologna, 1907) nel parco dei Giardini Margherita a Bologna, in occasione dei lavori di sistemazione per accogliere i padiglioni dell’Esposizione emiliana del 1888. Già in precedenza l’area aveva restituito 172 tombe di epoca etrusca e, dopo lo scavo di Brizio, le indagini archeologiche proseguirono fino agli anni Ottanta del XX secolo, per restituire complessivamente oltre 230 tombe databili tra la seconda metà del VI e gli inizi del IV secolo a.C.. 
Lo sgabello è formato da due coppie di gambe incrociate, fissate fra loro con perno metallico e raccordate nella parte superiore da due traverse, cui era fissata la seduta, che doveva probabilmente essere in cuoio, così da consentirne la chiusura.
Mentre sono piuttosto frequenti le attestazioni in epoca etrusca di piccoli mobili in legno come sedili o tavolini, la scelta dell’avorio rende questo elemento un reperto di eccezionale rilevanza nel panorama non solo dell’area bolognese ma dell’Etruria in generale. La manifattura particolarmente preziosa ha indotto a formulare la suggestiva ipotesi che si tratti di una sella curulis, il sedile pieghevole su cui sedevano i magistrati nell’esercizio delle loro funzioni. L’oggetto potrebbe dunque essere stato deposto nella sepoltura per ricordare una carica magistratuale ricoperta dal defunto all’interno della comunità civica bolognese.

Il restauro e le analisi diagnostiche
 
L’intervento di restauro è stato realizzato dalla ditta Kriterion e sono state eseguite anche indagini diagnostiche per meglio comprendere la struttura del raro manufatto.
Il reperto presentava una fragilità elevata dovuta ad un degrado molto avanzato, che aveva comportato fratturazione, frammentazione e disgregazione di alcune parti, oltre al dislocamento parziale di porzioni e a un generale inaridimento della superficie. Nel corso dei precedenti restauri l’avorio era stato pulito, consolidato e incollato, ma in alcuni punti gli adesivi avevano ceduto, provocando altri distacchi di materiale.
Prima di procedere allo smontaggio dei frammenti dal supporto in plexiglass sono state eseguite la documentazione fotografica e la mappatura descrittiva dei frammenti. Una volta smontati, le singole porzioni di avorio e gli elementi metallici sono stati puliti e consolidati. Poi si è effettuata un’attenta ricerca degli attacchi tra i frammenti già in opera e quelli non assemblati, esclusi dalla ricostruzione precedente. In questa fase è stato possibile ricondurre all’esatta pertinenza e alle giuste connessioni le porzioni, che non sempre erano state collocate correttamente.
L’attento esame dei frammenti ha anche premesso di individuare alcuni elementi relativi all’originario sistema di montaggio (piccoli fori con tracce di chiodi, tasselli di avorio, ecc.). Le indagini radiografiche hanno dato un ulteriore contributo allo studio del sistema di assemblaggio delle parti di avorio per mezzo di elementi metallici. Per quanto riguarda la giunzione tra le coppie di gambe, una boccola in ferro alloggia i due perni in bronzo con una estremità decorata in argento, permettendo così allo sgabello di richiudersi con naturalezza e senza attrito.
Un’altra interessante novità riguarda proprio l’avorio che costituisce la quasi totalità del mobile. Le analisi effettuate dall’archeozoologo Fabio Fiori di ArcheoLaBio – Centro di ricerche di bioarcheologia dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna hanno permesso di ricondurre con certezza l’avorio ad un proboscidato, escludendo quindi l’utilizzo dell’avorio di altre specie animali, quali l’ippopotamo, il tricheco e alcuni cetacei.
Inoltre, contrariamente a quanto presupposto in passato, si è confermato che non si tratta di zanne intere ma di porzioni di esse e, anche se lo stato precario di conservazione non consente una lettura precisa sul metodo di intaglio, tutti i pezzi potrebbero essere stati realizzati anche da una singola zanna.
Sono attesi nei prossimi giorni i risultati delle analisi di spettrometria LC-MS/MS, una tecnica analitica molto sensibile e precisa che combina cromatografia liquida (LC) e spettrometria di massa tandem (MS/MS). Con questa analisi, condotta dal Laboratorio ArchaeoBiomics dell’Università di Torino, si spera di identificare l'origine dell'avorio, definendo con certezza il proboscidato come elefante africano o asiatico, grazie all’esame dei profili delle proteine specifiche per specie.
L’intervento di restauro è stato, infine, completato dalla progettazione e realizzazione di un nuovo supporto espositivo sul quale sono stati fissati i frammenti. Il supporto in plexiglass presenta una robusta stabilità che permette di movimentare l’oggetto archeologico senza che vibrazioni nocive ne alterino la struttura e l’integrità.

L’esperienza interattiva 
Il progetto «Nelle terre dei Rasna» si è posto anche l’obiettivo di rendere l’esperienza di visita e la fruizione museale inclusiva, accessibile e interattiva. Proprio per questo si è scelto di creare una narrazione completa, offrendo al pubblico un’esperienza interattiva che narra non solo il restauro dello sgabello, ma anche il contesto storico e culturale da cui proviene.
La ditta Genera ha realizzato un applicativo digitale composto da tre moduli tematici, liberamente fruibile attraverso un’apposita postazione con touch screen installata al lato della vetrina che custodisce il corredo della tomba 173 nota come «tomba dello Sgabello».
Il primo modulo tematico permette ai visitatori del Museo civico archeologico di ripercorrere le fasi fondamentali del restauro, attraverso un video-racconto realizzato sia in lingua italiana che in lingua inglese con un filmato, appositamente progettato nel rispetto dei criteri di accessibilità per le persone ipoudenti o non udenti.
Il secondo modulo consente al pubblico di entrare virtualmente all’interno della tomba etrusca, di acquisire informazioni dettagliate sui singoli oggetti e di ricollocarli nella loro posizione originaria, grazie ad una esperienza digitale interattiva ideata e sviluppata secondo i principi del gaming e dell’edutainment. Tutti i reperti sono stati accuratamente digitalizzati in versione tridimensionale grazie all’utilizzo di scanner professionali a luce strutturata: i modelli ottenuti non assolvono solo alla funzione educativa ma sono di grande importanza anche per la tutela e conservazione dei beni stessi.
Infine, il terzo modulo tematico contiene i reperti del corredo nella versione 3D, per consentire agli utenti di interagire con essi ruotandoli a 360° così da apprezzarne meglio dettagli e caratteristiche.

Didascalie delle immagini
1. e 2. Sgabello pieghevole (dopo il restauro). Provenienza: Bologna, Necropoli dei Giardini Margherita, tomba 173 nota come “tomba dello Sgabello” Datazione: fine del VI sec. Materiale: avorio Bologna, Museo Civico Archeologico, inv. 17274 Courtesy Kriterion, Bologna; 3. e 4. Vetrina con il corredo della tomba 173 dalla necropoli etrusca bolognese dei Giardini Margherita nota come “tomba dello Sgabello” Bologna, Museo Civico Archeologico, Sala X ; 5. e 6. Postazione multimediale sul corredo della tomba 173 dalla necropoli etrusca bolognese dei Giardini Margherita nota come “tomba dello Sgabello” Bologna, Museo Civico Archeologico, Sala X  

Informazioni 
Museo civico archeologico, via dell'Archiginnasio 2 - 40124 Bologna. Orari di apertura estivi [dal 9 giugno 2025]: lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato, domenica, festivi 10.00 - 19.00; chiuso martedì non festivi. Orari di apertura invernali [dal 4 novembre 2024 all’8 giugno 2025]: Lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì 9.00 - 18.00; sabato, domenica, festivi 10.00 - 19.00; chiuso martedì non festivi. Informazioni: tel. +39 051 2757211 o mca@comune.bologna.it. Sito web: https://www.museibologna.it/archeologico 

lunedì 9 giugno 2025

Un nuovo allestimento per la Pinacoteca di Tortona, scrigno del Divisionismo

Si rinnova il percorso espositivo della Pinacoteca Divisionismo Tortona. Dallo scorso fine settimana, il museo piemontese, aperto al pubblico dal 2001, espone ufficialmente una sua nuova acquisizione: «La signora Maffi. Una maestra di scena», opera chiave nella ricerca artistica di Umberto Boccioni, che ben esprime il passaggio dalla tecnica divisionista alle prime tensioni espressioniste e futuriste. Il ritratto colpisce per la sua potente resa plastica e luministica: la figura della donna, imponente, emerge da un interno appena accennato; il tutto è costruito attraverso la luce e il colore dando vita a una composizione ravvicinata e incisiva.

Realizzata nel 1909 e già esposta nel 1910 alla storica mostra personale di Boccioni a Ca’ Pesaro a Venezia, l’opera - che faceva parte della collezione dell’Istituto Mario Negri di Milano, a cui era stata donata nel 2005 dal professor Giuseppe Mattioli - è stata acquisita nel gennaio di quest’anno della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona nell’ambito di una speciale sinergia tra le due istituzioni che le vedrà accostate anche in un progetto triennale di formazione di un giovane ricercatore.

Secondo la ricostruzione dei passaggi di proprietà, realizzata dalla professoressa Sharon Hecker nel 1916, alla morte di Umberto Boccioni, l’olio su tela (di centimetri 110 x 80, firmato e datato il basso a destra) passa per eredità a sua madre, Cecilia Forlani Boccioni. L’anno seguente l’opera viene acquistata dal ragionier Enrico Bachi di Torre Pellice, che, poco più di una quindicina di anni dopo, lo presta alla mostra che la Galleria d’arte moderna di Milano dedica, nel 1933, al maestro futurista. L’etichetta sul verso del quadro conferma il fatto e riporta le seguenti informazioni: «Civica Galleria d’Arte Moderna. Autore: mostra Boccioni 1933; titolo: l’Attrice; catalogo n. 11. Sig. Bachi rag. Enrico, via Assarotti».

Con l’approvazione in Italia delle Leggi razziali, Enrico Bachi presenta al suo Comune di nascita la denuncia per l’«appartenenza alla razza ebraica». Dalla fine del 1938 non si si trova più traccia di lui nell’Albo dei ragionieri di Torino e nell’ottobre del 1939, secondo i documenti presenti alla Camera di Commercio, il prefetto provvede alla liquidazione della sua azienda e alla confisca di tutti i beni mobili della famiglia presenti nella Villa Bachi di Torre Pellice. Nella scheda di confisca vengono sottolineate a matita le opere d’arte e gli altri oggetti di valore sequestrati come tappeti orientali e orologi. Ma non figura l’opera di Umberto Boccioni, che viene presumibilmente affidata, con altri beni, ad amici di famiglia che la custodiscono sino alla fine della guerra. Nel 1961, alla morte di Enrico Bachi, la tela passa, infatti, per eredità alla moglie Rita, che nel giugno dello stesso anno la vende alla Galleria La Bussola di Torino. Acquistato pochi mesi dopo dal collezionista castellanzese Luciano Pomini, il dipinto entra quindi, nel 1977, nella collezione di Giuseppe Mattioli, che nel 2005 lo cede all’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri con l’intento di supportare la ricerca del Dipartimento di oncologia intitolato alla Fondazione Nerina e Mario Mattioli Onlus.

L’opera di Umberto Boccioni si aggiunge a un’altra recente e preziosa acquisizione esposta a Tortona dallo scorso novembre: «Il cammino dei Lavoratori» (1898-1899) di Giuseppe Pellizza da Volpedo, studio preparatorio de «Il Quarto Stato». Questo lavoro restituisce la tensione sociale ed esistenziale del tempo attraverso un sapiente uso del colore e una composizione teatrale in cui gesti e sguardi si intrecciano in un flusso inarrestabile di figure compatte. L’ocra che pervade la scena accresce il senso di unità del gruppo, che marcia determinato verso una luce simbolo di speranza. Sebbene si tratti di uno studio, la potenza espressiva e la straordinaria resa pittorica lo rendono un'opera autonoma, capace di restituire con immediatezza la visione simbolica di Pellizza.

Con queste due nuove acquisizioni, la Pinacoteca di Tortona rafforza il proprio ruolo di riferimento per lo studio e la valorizzazione del Divisionismo, offrendo al pubblico un viaggio ancora più completo attraverso le sue evoluzioni e influenze sulle avanguardie del primo Novecento. Il museo ospita, oggi, 145 opere dei principali maestri divisionisti, tra cui Giuseppe Pellizza da Volpedo, Angelo Morbelli, Emilio Longoni, Plinio Nomellini, Gaetano Previati e Giovanni Segantini. Con un allestimento studiato secondo i più moderni criteri museali, il visitatore può esplorare le varie anime del movimento avanguardista: dalle sperimentazioni luministiche ai temi sociali, dal simbolismo alle ricerche paesaggistiche che anticipano il Futurismo e che pongono il Divisionismo come anello di congiunzione tra Ottocento e Novecento.

Didascalie delle immagini
1. e 2. Pinacoteca Divisionismo Tortona, veduta della sala con la nuova acquisizione: La signora Maffi. Una maestra di scena (1909), Umberto Boccioni; 3. Giuseppe Pellizza, Il cammino dei lavoratori, 1898-1899; 4. e 5. Pinacoteca Divisionismo Tortona, veduta di una sala

Informazioni utili
Pinacoteca Divisionismo Tortona. Palazzetto medievale, Corso Leoniero, 6 (ingresso dal cortile interno) - Tortona (Alessandria). Orari: sabato e domenica, dalle 15.00 alle 19.00; giorni feriali su prenotazione; chiusura Natale e Capodanno. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 0131.822965, e-mail: pinacotecadivisionismo@gmail.com. La Pinacoteca online e sui social https://www.ildivisionismo.it https://www.instagram.com/museodeldivisionismo https://www.facebook.com/museodeldivisionismo https://www.youtube.com/channel/UCAfr8Wifq8gKMsWXtttP9dQ