ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 23 luglio 2025

«Dédale», una nuova preziosa collana di letteratura e immagini per Franco Maria Ricci

Sono dei piccoli e preziosi gioielli fatti di parole e colori i libri che compongono «Dédale», la nuova collana illustrata di classici intramontabili e repêchages d’autore nata dall'incontro tra l'editore Franco Maria Ricci - conosciuto per l’elegante e colta rivista «FMR», curatissima nei contenuti e nella veste grafica tanto da essere stata definita da Federico Fellini «la perla nera» - con la prestigiosa «L’École - School of Jewelry Arts», istituzione formativa francese, fondata nel 2012, con il supporto di Van Cleef & Arpels, per promuovere la cultura dell’alta gioielleria nel mondo.

Concepita e realizzata con estrema cura, la nuova collana, il cui nome si ispira al celebre Labirinto del Masone, realizzato da Franco Maria Ricci (1937-2020) nel Parmense, sarà redatta in tre lingue: italiano, francese e inglese.

Classici intramontabili scritti dai più rilevanti autori della letteratura del passato si alterneranno a gemme rimaste nascoste al grande pubblico, oggi introvabili o inedite, come ben documentano i primi tre titoli: «L’isola del tesoro» di Robert Louis Stevenson (1850-1894), «La collezione invisibile» di Stefan Zweig (1881-1942) e «Laura. Viaggio nel cristallo» di George Sand (1804-1876), la cui ultima traduzione in italiano risale agli anni Ottanta.
Dopo questi volumi sono previste due nuove uscite ogni anno, una in primavera e una in autunno. Ogni pubblicazione sarà identificata dal simbolo della chiocciola, ispirato a un disegno di Francesco Segala, artista veneto noto per le sue rappresentazioni di labirinti figurativi o antropomorfi.

Tutti i titoli verranno offerti in un duplice formato: a un’edizione brossurata, reperibile in tutte le migliori librerie, ne sarà associata una «da collezione», a tiratura numerata, rilegata in seta, stampata su carta vergata e arricchita da illustrazioni applicate a mano e riprodotte su carta patinata del Garda.
Quest’ultima versione di pregio, racchiusa in un cofanetto e con la copertina rigida con il titolo in caratteri d’oro, sarà reperibile solo on-line, sul sito di FMR (la casa editrice oggi presieduta da Laura Casalis Ricci e diretta da Edoardo Pepino), e nelle librerie «L’Escarboucle» di Parigi e «Franco Maria Ricci» di Fontanellato (Parma). Qui si trova, oltre al grande labirinto di bambù ispirato allo scrittore argentino Jorge Luis Borges (1899-1986), un museo con capolavori di Annibale Carracci, Antonio Canova e Gian Lorenzo Bernini, un Cristo benedicente di Filippo Mazzola (1640-1505 circa), un pastello di gentiluomo su pergamena di Jean-Etienne Liotard (1702-1789), una testa di tigre del 1957 di Antonio Ligabue (1899-1965) e l’unico grande ritratto della duchessa d’Aiguillon di Philippe de Champaigne (1602-1674).

Ogni libro si apre con il manifesto del progetto, seguito da una prefazione liberamente scritta da un autore ospite e da un’introduzione tematica redatta da uno degli specialisti de L’École, School of Jewelry Arts. Accompagnano il testo le illustrazioni di artisti di fama internazionale.

A fare da filo rosso tra le prime tre uscite sono i tempi del simbolo, del prezioso e del meraviglioso. 

Racconto di avventura e di formazione insieme, «L'Isola del tesoro» di Robert Louis Stevenson, pubblicato per la prima volta tra il 1881 e il 1882, è un classico senza tempo che intreccia azione e introspezione, invitando a riflettere, attraverso lo strabiliante viaggio del suo protagonista, sul valore morale dell’onestà e sul sottile confine che separa bene e male.
Nell'edizione di «Dédale», la prefazione porta la firma dello scrittore argentino-canadese Alberto Manguel. L’introduzione è di Léonard Pouy. Le illustrazioni, pubblicate per la prima volta, sono di David B, che le aveva originariamente immaginate per accompagnare l’ultima proposta di alta gioielleria di Van Cleef & Arpels.

«La collezione invisibile» di Stefan Zweig, pubblicato per la prima volta a Vienna nel 1925, è, invece, un racconto delicato e toccante che attraverso l’incontro tra un antiquario e un collezionista cieco, ignaro che i suoi preziosi oggetti d’arte siano stati venduti, riflette sul potere dell’illusione, sulla dignità umana e sulla perdita in tempi di crisi.
La prefazione di questa nuova edizione è dello storico e collezionista brasiliano Pedro Corrêa do Lago; mentre l’introduzione, intitolata «Voir l’invisible», è scritta da Guillaume Glorieux. Il testo è accompagnato dai dipinti della serie «I collezionisti di stampe» dell’illustratore Honoré Daumier (1808-1879).

Infine «Laura. Viaggio nel cristallo» di George Sand, pubblicato per la prima volta nei primi due numeri de «La Revue des Deux Mondes» nel 1864, è un racconto romantico e visionario che mescola elementi fantastici e scientifici. 
Pagina dopo pagina, si esplora il confine tra realtà e immaginazione, ma si riflette anche sull’invisibile e sull’amore ideale attraverso la storia di Alexis Hartz, un giovane studente pigro innamorato della cugina, sua insegnante di mineralogia.
Nell'edizione di «Dédale», la prefazione è di Isabelle Bardiès-Fronty, curatrice del patrimonio del Musée de Cluny (Musée National du Moyen Âge). L’introduzione è a cura della gemmologa Charline Coupeau, che ha realizzato il dossier digitale «Bijoux et littérature», inserito nella sezione «Les Essentiels», il sito di risorse pedagogiche e culturali della Biblioteca nazionale di Francia. I dipinti, che suggeriscono una dimensione onirica anche grazie all’uso di colori accesi, portano la firma dell’artista espressionista boemo, naturalizzato tedesco, Wenzel Hablik (1881-1934).
Proprio in vista dell’uscita della nuova collana è stata, poi, realizzata una nuova traduzione a opera di Cinzia Bigliosi, che è riuscita a mantenere l’atmosfera sognante del romanzo pur modernizzandone il vocabolario.

Fonte di ispirazione per questo nuovo progetto editoriale è - spiega Lise Macdonald, presidente de L’École, School of Jewelry Arts - «la Biblioteca di Babele, collezione letteraria che comprende una trentina di titoli pubblicati tra il 1975 e il 1985 – spaziando tra Voltaire, Poe, Chesterton, Kafka, Kipling…– e che fu creata dallo scrittore argentino Jorge Luis Borges con Franco Maria Ricci». Un tesoro per i bibliofili e gli amanti dell’arte, che a colori e parole univa il saper fare dell’alto artigianato.

Didascalie delle immagini
1. e 2. Le prime tre uscite della nuova collana «Dédale» © L'École des Arts Joailliers - Photo Benjamin Chelly; 3. Copertina del L'Isola del tesoro» di Robert Louis Stevenson. © L'École des Arts Joailliers - Photo Benjamin Chelly; 4. Wenzel Hablik, Paesaggio di architetture utopistiche, 1921, Schleswig, Museum für Kunst und Kulturgeschichte, Schloss Gottorf, ©Stiftung Schleswig-Holsteinische Landesmuseen, Schloss Gottorf; 5. Honoré Daumier, L’appassionato di stampe, c. 1860, Parigi, Petit Palais, musée des Beaux-arts de la Ville de Paris, ©Petit Palais - Roger-Viollet
 
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lunedì 21 luglio 2025

«Visitate l’Italia!», a Torino una mostra sulla pubblicità turistica di inizio Novecento

Dalle verdi vette delle Dolomiti alle fascinose rovine archeologiche di Agrigento, dalle grandi spiagge della riviera romagnola alle terrazze fiorite di Amalfi, dalle suggestioni Liberty del lago Maggiore ai paesaggi bucolici dell'Abruzzo, senza dimenticare stazioni termali, città d’arte di antichissima fondazione e borghi pittoreschi con scorci da cartolina: è un viaggio tra le bellezze del nostro Paese quello che propone la mostra «Visitate l’Italia! Promozione e pubblicità turistica 1900-1950», per la curatela di Dario Cimorelli e Giovanni C.F. Villa, allestita fino al 25 agosto a Palazzo Madama – Museo civico d’arte antica di Torino, nella Sala del Senato.

Duecento manifesti provenienti in gran parte dalla ricca collezione del museo Salce di Treviso e dalla Raccolta Achille Bertarelli al Castello sforzesco di Milano, oltre a centinaia di guide, pieghevoli illustrati, oggetti vari e un video con materiali di proprietà dell’Archivio storico Luce di Roma ripercorrono, in un allestimento a firma di Emilio Alberti e Mauro Zocchetta, la storia degli strumenti reclamistici con cui è stata raccontata la vocazione turistica di un territorio ricco di cultura e bellezza paesaggistica come quello italiano - già meta del Grand Tour settecentesco delle élite europee -, tra gli anni, eleganti e gioiosi, della Belle époque a quelli, dinamici e confidenti nel futuro, del boom economico, seguito al secondo conflitto bellico.

Fra i pionieri di questa avventura per immagini, che avrebbe accompagnato la nascita del «turismo di massa» degli anni Sessanta, c’è un artista del Liberty come Leopoldo Metlicovitz (Trieste, 1868 – Ponte Lambro, 1944), pittore attivo nell’ambito milanese delle Officine Grafiche Ricordi e cartellonista per il Teatro alla Scala, che, con il suo stile inconfondibile, fatto di linee sinuose e colori piatti e uniformi, ritrae, tra l’altro, il fascino dei laghi della Lombardia e del Piemonte, con i battelli in navigazione tra onde schiumose e ordinate cornici naturali.

Altro protagonista della prima stagione della cartellonistica turistica italiana, probabilmente inaugurata nel 1893 dalla litografia G. Wenk e figli di Bologna con un manifesto per Fano, è Marcello Dudovich (Trieste, 1878 – Milano, 1962), che, con i suoi cromatismi accesi e con le sue atmosfere sognanti, racconta un’Italia di lussi e ozi, di sport e salute. Dell’illustratore triestino è, per esempio, un manifesto memorabile per la storia di Rimini, quello della stagione balneare 1922, scelto come immagine guida della mostra torinese, che raffigura un improbabile delfino-gambero rosso dall’occhio sornione, che si inarca in una capriola, cavalcato da una ragazza sorridente, vestita con un elegante e castigato costume, i cui capelli ramati, mossi dal vento, vogliono essere una citazione colta del Botticelli e della sua Venere.

Ci sono, poi, in mostra anche i lavori di Adolf Hohenstein (San Pietroburgo, 1854 – Bonn, 1928), Ettore Tito (Castellammare di Stabia, 15 dicembre 1859 – Venezia, 26 giugno 1941), Ettore Ximenes (Palermo, 11 aprile 1855 – Roma, 20 dicembre 1926), Galileo Chini (Firenze, 2 dicembre 1873 – Firenze, 23 agosto 1956) e Leonetto Cappiello (Livorno, 9 aprile 1875 – Cannes, 2 febbraio 1942), autori di interpretazioni raffinatissime e solari, dove città e borghi del nostro Paese non sono solo una destinazione di viaggio, ma anche l’occasione per sperimentare un modo di vivere dai ritmi lenti.

Sono esposti a Torino pure i cartelloni di Mario Borgoni, Giovanni Guerrini,Marcello Nizzoli e Virgilio Retrosi realizzati per conto dell'Enit (Ente nazionale per l’incremento delle industrie turistiche), realtà dipendente dal Ministero dell’Industria, Commercio e Lavoro, nata nel 1919 per iniziativa delle Ferrovie dello Stato, che in quegli anni stavano conoscendo un incredibile potenziamento della rete di viaggio, e del Touring Club italiano, a sua volta fondato nel 1896.
È bene ricordare che, nel corso dei primi nove anni della sua attività, l'Enit realizzò oltre 547mila manifesti, distribuiti in Italia e all’estero; questi materiali svolsero un ruolo chiave nel fissare e consolidare l’identità culturale dei singoli luoghi, combinando elementi visivi e simbolici capaci di impressionare il pubblico.

Accanto a Roma, Pompei e Agrigento, che con le loro antichità erano tappe imprescindibili per il Grand Tour di settecentesca memoria, si trovano lungo il percorso espositivo le vedute di Capri e Ischia disegnate da Mario Puppo (Levanto, 1905 – 1977), due luoghi che attraggono l’alta borghesia americana di inizio Novecento, ma anche manifesti con città d’arte come Milano e Bologna, scorci di lidi marini quali Senigallia e Portofino (qui in una raffinata illustrazione di Agostino Luigi Sacchi) e luoghi dove sperimentare sport acquatici o invernali, sempre con il sorriso sul volto, come suggerisce il bel disegno di Gino Boccasile realizzato nel 1940 per la Valle d’Aosta.

Didascalie delle immagini
1. Marcello Dudovich (1878 – 1962), Rimini. Stagione balneare 1922 (giugno-settembre), 1922. Milano, Propr. Artist. Grafiche Baroni & C., cromolitografia su carta, 139,5x100 cm. Treviso, Museo nazionale Collezione Salce, inv. 04123. ©️ Marcello Dudovich; 2. Gino Boccasile (1901 – 1952), Val d’Aosta. Sport invernali, 1940. Milano, Stabilimento Pezzini, cromolitografia su carta, 99x69 cm. Treviso, Museo nazionale Collezione Salce, inv. 05308; 3. Mario Borgoni (1869 – Napoli 1936), Amalfi, 1927 circa. Napoli, Richter & Company, litografia a colori su carta, 103x65 cm. Milano, Castello Sforzesco, Civica Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli”, inv. Manifesti A 180; 4. Agostino Luigi Sacchi (1867 – 1940), Portofino Kulm. Panorama verso Ponente, 1905 circa. Milano, S.A.I.G.A. Fratelli Armanino, cromolitografia su carta, 100x70 cm. Treviso, Museo nazionale Collezione Salce, inv. 04870  

Informazioni utili
«Visitate l’Italia!». Palazzo Madama, piazza Castello - Torino. Orari: lunedì e da mercoledì a domenica: 10 – 18. Martedì chiuso. Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura. Biglietti: intero 12 € | ridotto 10 €. Gratuito per possessori di Abbonamento Musei e Torino + Piemonte Card. Informazioni: palazzomadama@fondazionetorinomusei.it - t. 011 4433501. Sito internet: www.palazzomadamatorino.it. Fino al 25 agosto 2025 

venerdì 18 luglio 2025

Storie di vetro, fornaci, famiglie e Biennali tra Murano e l’Isola di San Giorgio Maggiore

Murano
celebra il centosettantesimo anniversario dalla fondazione della ditta Fratelli Toso, una delle imprese familiari che ha segnato la storia della produzione vetraria a Venezia, la cui prima fornace fu aperta nel 1854 e che rimase in attività sull’isola fino alla fine degli anni Ottanta.

Fratelli Toso, una storia di alto artigianato e arte
Il Museo del vetro ospita, fino al 24 novembre, la mostra «Fratelli Toso. Storie di fabbriche. Storie di famiglie», a cura di Chiara Squarcina e Caterina Toso, con duecentocinquanta pezzi tra opere in vetro, murrine, schizzi originali, bozzetti, fotografie e documenti d’archivio.
Profondamente radicata nel territorio e già attiva da generazioni nel settore, poco dopo la metà del XIX secolo, la famiglia Toso inizia l’attività della sua fornace producendo repliche e imitazioni degli stili dei secoli precedenti, rievocando i fasti del Rinascimento e del Barocco, sulla scia del diffuso spirito revivalistico dell’arte di fine Ottocento. In questa fase iniziale vengono recuperate antiche tecniche come il murrino, il millefiori e la filigrana. 
La prima partecipazione pubblica di rilievo data al 1864, anno della prima Esposizione vetraria muranese, dove la fornace presenta un monumentale lampadario - oggi parte delle collezioni dei musei civici veneziani -, premiato con l’unica medaglia d’oro assegnata e un diploma d’onore.
Fino alla Prima guerra mondiale, la produzione si concentra su modelli in Stile antico e Stile moderno, e sulle celebri serie «Fenicio» e «Floreali», senza dimenticare le collaborazioni con artisti internazionali come Hans Stoltenberg Lerche, appassionato di arti applicate e profondamente influenzato dallo spirito dell’Art Nouveau nordico.
Con l’inizio degli anni Venti si apre una fase segnata da un’estetica più sobria e sofisticata: vetri soffiati leggeri, essenziali nelle forme e raffinati nelle decorazioni, in sintonia con il gusto Déco allora emergente. Tra questi spiccano alcuni modelli disegnati da Guido Cadorin, e nel decennio successivo, da Vittorio Zecchin, autore, tra l’altro, di calici sottilissimi, caratterizzati da steli allungati e minuscole foglie stilizzate applicate ai lati, presentati alla XXI Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia nel 1938.
La fornace è presente anche alla Biennale successiva, quella del 1940, con una serie di oggetti soffiati dalle forme naturalistiche che colpiscono per la loro leggerezza estrema e il forte impatto poetico, testimoniando la continua ricerca di equilibrio tra natura, forma e trasparenza.
Nel frattempo, intorno al 1930, entrano a far parte della produzione anche vetri meno eterei e più materici, come i pulegosi, gli incamiciati e le paste vitree. Parallelamente, si intensifica la sperimentazione sul tema della murrina, che evolve oltre la consueta ricerca di ordine e simmetria. Tra i risultati più originali si distinguono i «Mutras» e i «Marmorini», nuove tipologie che rompono volutamente con la composizione tradizionale per esplorare effetti scultorei, accostamenti irregolari e stratificazioni cromatiche di forte impatto visivo.
Negli anni del Dopoguerra, con la direzione artistica di Ermanno Toso, la vetreria rinnova la tecnica della murrina in chiave moderna, creando opere di grande forza espressiva. Accanto a lui, Pollio Perelda, con il suo linguaggio pittorico, e Rosanna Toso, unica donna in ruoli dirigenziali nella storia della ditta, firmano pezzi eleganti e contemporanei, capaci di interpretare anche il minimalismo degli anni Settanta.
In seguito, con Giusto e Renato Toso, la produzione si apre al design per l’arredo e l’illuminazione, con largo impiego di vetro cristallo e monocromatico, trasformando gli oggetti in vere e proprie sculture di luce.

Dalla nascita del Padigione Venezia alla Seconda guerra mondiale, il vetro di Murano alla Biennale
La fornace, con alcune sue opere tra le quali la serie «A spire d’argento» degli anni Trenta, è presente anche nel percorso della mostra «1932-1942. Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia», seconda tappa di un progetto curato da Marino Barovier per «Le stanze del vetro», spazio espositivo nato dalla collaborazione tra la Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung, nello scenografico contesto dell’Isola di San Giorgio Maggiore, un’oasi di mare, natura e silenzio che si affaccia sul bacino di San Marco.
Temporalmente, la rassegna si apre con l’inaugurazione, nell’ambito della diciottesima edizione della Biennale, quella del 1932, del Padiglione Venezia, uno specifico spazio dedicato alle arti decorative, voluto dall’Istituto veneto per il lavoro, e si chiude poco prima dello scoppio della Seconda guerra mondiale, che causa un’interruzione dell’attività espositiva fino al 1948.
Sono questi anni di grande creatività e di sperimentazioni sulla materia e sui colori, sia attraverso la rivisitazione di antiche tecniche, sia tramite la messa a punto di nuove lavorazioni. Inizialmente vengono proposti soprattutto soffiati leggeri trasparenti insieme a vetri opachi dalle colorazioni intense, mentre dalla metà degli anni Trenta si va affermando il vetro pesante di grosso spessore, in molti casi impreziosito da bollicine, da nuances delicate o da applicazioni di foglia d’oro.
Grande protagonista del percorso espositivo, con una carrellata di circa centosessanta manufatti, è Carlo Scarpa, che nel 1931 lascia M.V.M. Cappellin per la Venini S.A., dove rimarrà fino al 1947. In questi anni, il giovane architetto dà il meglio di sé con i «Sommersi», i vetri a mezza filigrana, le Murrine romane o quelle opache, i sofisticati «Lattimi», i «Corrosi» dalla superficie scabra, i vetri a fasce, a spirale, a pennellate o a macchie, gli «Incamiciati Cinesi», i «Laccati».
Nello stesso periodo la Barovier Seguso Ferro, poi Seguso Vetri d’Arte, vede la presenza, alla direzione artistica, di Flavio Poli, designer premiato nel 1954 con il Compasso d’oro. Il pittore Dino Martens collabora con la Salviati & C., la Successori Andrea Rioda e Aureliano Toso. La Salviati & C. si avvalse anche della consulenza del pittore Mario De Luigi, che firma i suoi lavori, tra cui rari e pregevoli «Vetri musivi» realizzati con le tessere del mosaico, con lo pseudonimo di Guido Bin.
Sono, questi, anche gli anni di Ercole Barovier, che realizza, tra l’altro, i «Crepuscolo» in bruno-grigio, ottenuti introducendo filamenti metallici tra due o più strati di vetro, gli «Autunno Gemmato» o i «Laguna Gemmata», ma anche i più recenti «Oriente», dal vivace tessuto vitreo a canne e fasce policrome incrociate, impreziosito da foglia d’argento.
Ci sono in mostra anche le paste vitree rosso corallo e verde smeraldo di Napoleone Martinuzzi per Zecchin Martinuzzi, due bellissimi pannelli che all’epoca ornavano il Padiglione Venezia - «La mano di Atlante», su disegno di Tomaso Buzzi, e «Bagnante», su schizzo di Mario De Luigi con Carlo Scarpa – e, poi, opere di vetrerie come AVEM, Cirillo Maschio, Moretti Ulderico & C., S.A.I.A.R. Ferro Toso, V.A.M.S.A. e S.A.L.I.R., quest’ultima specializzata in «decorazioni a smalto e oro e incisioni su vetro», in prevalenza su disegno di Franz Pelzel.
Questa vivace stagione creativa, che vede le fornaci muranesi gareggiare tra di loro in bellezza e virtuosismo, viene silenziata dal rombo dei cannoni della Seconda guerra mondiale. Bisognerà attendere il 1948 perché i riflettori si riaccendano sulla Biennale di Venezia, che nella sua ventiquattresima edizione vede la presenza di Peggy Guggenheim e della sua leggendaria collezione d’arte. Ritorna protagonista, quell’anno, anche il vetro di Murano, con le sue suggestioni alchemiche, i suoi colori, le sue trasparenze e i suoi riflessi di luci.

Didascalie delle immagini
1., 2. e 3. Vista dell'allestimento della mostra «Fratelli Toso. Storie di fabbriche. Storie di famiglie» al Museo del vetro di Murano. © Sergio Camplone; 4., 5., 6. e 7. «1932-1942 Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia», installation view, ph. Enrico Fiorese

Informazioni utili
«Fratelli Toso. Storie di fabbriche. Storie di famiglie». Museo del Vetro, Fondamenta Giustinian 8 - 30121 Murano. Aperto tutti i giorni, dalle 10.00 alle 18.00 (ultimo ingresso ore 17.00). Speciali aperture serali: fino al 30 settembre 2025, ogni venerdì e sabato apertura fino alle 20.00 (ultimo ingresso ore 19.00). Ingresso: intero € 10, ridotto € 7,50. Sito web: https://museovetro.visitmuve.it/. Fino al 24 novembre 2025

«Il vetro di Murano e la Biennale di Venezia». Le stanze del vetro - Fondazione Giorgio Cini - Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia. Orari: 10.00-1900; chiuso il mercoledì. Ingresso libero. Sito web: https://www.lestanzedelvetro.org. Fino al 23 novembre 2025