ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 21 gennaio 2021

Stampata in Alto Adige l’opera «Around Guernica, 2009/2020» di Ballester in mostra al Guggenheim di Bilbao

C’è un’azienda italiana dietro all’ultimo lavoro di José Manuel Ballester. Si tratta della Durst Phototechnik S.p.A di Bressanone, realtà dell’Alto Adige leader mondiale nella produzione di sistemi di stampa inkjet per applicazioni industriali. Si avvale, infatti, della precisione e della versatilità della tecnologia Durst la riproduzione a grandezza naturale di «Guernica», il celebre dipinto a olio su tela firmato da Pablo Picasso, reinterpretato dal noto fotografo e artista spagnolo con l’opera «Around Guernica, 2009/2020», attrazione principale della mostra «2020/03/15 José Manuel Ballester», ospitata fino al prossimo 21 febbraio al Museo Guggenheim di Bilbao.
L’opera picassiana, dedicata alle vittime del bombardamento subito durante la Guerra civile spagnola, è considerata da molti critici d'arte come uno dei dipinti contro i conflitti bellici più toccanti e potenti della storia.
«Around Guernica, 2009/2020» è una versione svuotata del capolavoro di Picasso che trasmette uno sguardo aggiornato sull'evento storico e sulla tragedia umana.
Con questo lavoro, Ballester aggiunge una nuova opera d'arte al progetto «Hidden Spaces», iniziato più di dieci anni fa, quando decise di indagare gli spazi architettonici e naturali di alcune delle opere più importanti della storia come «The Meninas» o «Il giardino delle delizie», eliminandovi uomini e animali.
Il nuovo lavoro dell’artista spagnolo affronta, dunque, l'assurdità della violenza umana e delle guerre, ma in questa occasione Ballester mantiene un elemento ‘vivo’: il fiore, che era già presente nella pittura originale e che simboleggia la speranza, anche per questi tempi difficili che stiamo vivendo.
Per la realizzazione dell'opera, il Museo Guggenheim di Bilbao si è rivolto a Estudios Durero -azienda che immagina, crea e sviluppa nuove forme di produzione grafica utilizzando la tecnologia Durst-, per stampare il Picasso rielaborato su un materiale di lino unico, tessuto a mano con uno speciale rivestimento bianco, delle dimensioni totali di 3,5 x 7,8 metri.
L’artista Ballester e l’azienda iberica hanno trascorso una giornata nel Customer Experience Center della Durst di Bressanone per stampare l’ opera con una Durst Rho 512 a sei colori
Il lavoro ha presentato un’importante criticità: il materiale disponibile era sufficiente per una sola tiratura, il che significava non poter effettuare prove di stampa, né commettere errori. Una sfida, questa, che l’azienda altoatesina ha vinto. «Il supporto di lino appositamente preparato per questa stampa artistica ci è stato fornito nelle misure esatte per la realizzazione del progetto. Non potevamo sbagliare. E i risultati parlano da soli. I visitatori della mostra sono rimasti stupiti dall'eccezionale qualità di stampa, oltre che ovviamente dalla bellezza dell’opera», racconta a tal proposito Christian Harder, Head of Graphics di Durst Group. Rafael Carbonell, amministratore delegato di Durst Iberica, ha aggiunto un altro dato importante per capire il valore del lavoro fatto: «quando stampi solo nero, grigio e bianco, la qualità deve essere eccezionalmente alta per conferire all’arte il suo vero valore».
Accanto a «Around Guernica, 2009/2020», i visitatori del Museo Guggenheim di Bilbao possono ammirare una selezione di fotografie di grandi dimensioni, scattate durante i giorni più duri della pandemia, nelle settimane del lockdown della scorsa primavera, che riflettono le strade e gli spazi deserti di Bilbao come il ponte La Salve, Elcano, la metropolitana e Calle Bailén, proiettando un’immagine quasi irreale che potrebbe rappresentare la situazione di quei giorni in qualsiasi parte del mondo. 
Nelle parole di Ballester, che ha avuto un permesso speciale per realizzare il reportage, si legge la tragica irrealtà di quelle settimane: «l’assenza umana per le strade ha creato immagini insolite di strade, viali e piazze completamente vuote, ma la parte più inquietante era sapere che tutti gli abitanti erano lì, che erano a pochi metri da me, protetti entro le mura delle loro case. Nonostante fosse così vicino, il silenzio regnava sovrano». Un silenzio parlante, che è una delle cifre stilistiche più evidenti della produzione di Ballester. 

Per saperne di più
https://www.guggenheim-bilbao.eus/
https://www.durst-group.com/

mercoledì 20 gennaio 2021

Porte aperte nei musei della Toscana. Sul pennone del Centro Pecci sventola la bandiera di Jeremy Deller; a Manifattura Tabacchi arriva l'omaggio a Pier Luigi Nervi

Dai giardini di Boboli al Museo Fattori di Livorno, dalla Certosa di Calci al Museo nazionale del Bargello, dalla Villa Medicea di Poggio a Caiano al Maec di Cortona, dall’Opificio delle pietre dure alla Casa Carducci di Valdicastello, dal Palazzo Blu di Pisa alle Residenze napoleoniche di Portoferraio: sono molti i luoghi d’arte della Toscana che in questi giorni sono tornati a ospitare i visitatori, in ottemperanza al Dpcm del 14 gennaio 2021 che ufficializza l’apertura dei musei nelle regioni in zona gialla.
Ingressi contingentati con prenotazione obbligatoria, mascherina, distanziamento sociale e apertura nei soli giorni feriali, dal lunedì al venerdì, sono le regole fissate per questa timida ripartenza dei luoghi della cultura, che vede ancora chiusi su tutto il territorio nazionale teatri e cinema.
In attesa di poter tornare tra le sale di uno dei musei fiorentini più amati nel mondo, gli Uffizi, la cui riapertura è fissata per la mattinata di giovedì 21 gennaio, sta per tornare accessibile uno degli spazi culturali della regione natale di Dante Alighieri che più di altri ha vivacizzato il dibattito culturale in questi lunghi mesi di lockdown: il Centro Luigi Pecci di Prato, diretto da Cristiana Perrella.

Da «Protext!» a «Litosfera», i progetti espositivi del Centro Pecci per la ripartenza

Il museo riapre da mercoledì 20 gennaio con la collettiva «Protext! Quando il tessuto si fa manifesto», prorogata fino al 14 marzo. Attraverso il lavoro di Pia Camil, Otobong Kkanga, Vladislav Shapovalov, Tschabalala Self, Marinella Senatore, Serapis Maritime e Güneş Terkol, la mostra esplora il ruolo del tessuto non solo nei dibattiti critici su lavoro, identità e cambiamento ambientale, ma anche come medium per eccellenza nella rappresentazione del dissenso. In occasione della riapertura sarà disponibile la pubblicazione di Nero Editions in due volumi: il catalogo della mostra, con il testo critico delle curatrici Camilla Mozzato e Marta Papini, le interviste agli artisti, le biografie e le fotografie delle opere esposte, e  un vero e proprio libro d’artista firmato da Marinella Senatore, introdotto da Cristiana Perrella.
Tornerà visibile anche il progetto «Litosfera», prorogato fino al 18 aprile, che mette in dialogo il video «A Fragmented World» (2016) di Elena Mazzi e Sara Tirelli con l’installazione ambientale «Produttivo» (2018-2019) di Giorgio Andreotta Calò. Si tratta di due progetti nati dal desiderio di rappresentare forze e materie che nel corso di ere geologiche hanno dato forma al nostro pianeta. Proseguirà anche l’esposizione della nuova acquisizione «RAID», video di Marcello Maloberti.
Dato il grande successo di pubblico e critica, si è deciso di prorogare fino al 30 gennaio anche «Jacopo Benassi. Vuoto», la prima personale in un museo dedicata al fotografo ligure. La riapertura della mostra, accompagnata dalla pubblicazione del libro «Fags», diventa l’occasione per rilanciare la campagna di fundraising: acquistando una fotografia di Benassi a tiratura limitata, sarà possibile sostenere le attività del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.
In occasione della riapertura, per «Extra Flasg», sul pennone davanti al Centro Pecci verrà issata una nuova bandiera, quella di Jeremy Deller (Londra, 1966), intitolata «A flag for a new Pangolin Nation»
La bandiera riporta quello che l’artista considera come l’animale forse più perseguitato al mondo, indicato da alcuni centri di ricerca come il probabile ospite intermedio che ha consentito il passaggio del virus Covid-19 dal pipistrello all’uomo. Dedicargli una bandiera è dedicarla al capro espiatorio, alla vittima inconsapevole, ma è anche un commento sarcastico sulle strumentalizzazioni politiche nazionaliste e populiste generate dalla pandemia. 
Come sempre nel suo lavoro, Jeremy Deller, vincitore del prestigioso Turner Prize nel 2004, attiva anche qui un dialogo trasversale che cortocircuita tra significati opposti, creando un’immagine allo stesso tempo ironica e provocatoria, che rivela il rimosso dei nostri sistemi di convivenza ed espressione.
In parallelo alla riapertura fisica delle sale del museo, prosegue il palinsesto digitale «Pecci on»: un programma creato per alimentare il pensiero critico e il confronto con la scena culturale globale, ma anche un modo per sottolineare come un’istituzione d’arte contemporanea come il Centro Pecci abbia la vocazione e il ruolo di catalizzatore per la propria comunità, di antenna che capta il presente attraendo idee, voci, artisti per leggere le evoluzioni del nostro tempo per restituirle amplificate al territorio e al mondo.
«Abbiamo già dimostrato come un luogo della cultura possa essere un presidio importante e sicuro per la collettività in un periodo difficile come quello che stiamo tutti vivendo – ha dichiarato Cristiana Perrella, direttrice del Centro Pecci, a proposito di questo nuovo inizio –. Con la riapertura vogliamo continuare a dare un segnale positivo di energia e accoglienza. Le nostre procedure di sicurezza sono state sempre accurate: siamo un museo grande, con sale ampie e spazi esterni importanti, in cui il distanziamento fisico e la gestione contingentata del flusso di visitatori sono facili da attuare. Riaprire le porte del museo al pubblico è un’opportunità per aumentare la familiarità con il museo e con il suo ruolo di servizio d’interesse generale, per offrire ai cittadini cibo per la mente e una forma di socialità e condivisione sicura, in un momento in cui ce n’è un enorme bisogno». 
Il museo sarà visitabile dal mercoledì al venerdì dalle 12.00 alle 20.00; l’ingresso sarà gratuito per le prime due settimane, fatta eccezione per la la mostra «Protext! Quando il tessuto si fa manifesto», per la quale è stata pensata un biglietto a prezzo ridotto.

Manifattura Tabacchi apre la mostra «Pierluigi Nervi. Architettura come sfida»
Firenze riparte, tra l’altro, da una mostra su Pier Luigi Nervi, progettista e al tempo stesso costruttore, uomo di cultura del suo tempo alla continua ricerca di una assoluta padronanza del mezzo tecnico per infondere bellezza nel costruito.
«Architettura come sfida», questo il titolo della rassegna in programma dal 25 gennaio, allinea plastici, copie dei disegni originali, un ampio corredo fotografico di immagini di cantiere e foto di attualità, che illustrano, capitolo dopo capitolo, l’intero percorso creativo di Nervi e guidano i visitatori all'esplorazione dei principali lavori della sua attività: dal cinema-teatro Augusteo di Napoli, una delle opere a lui più care, alla sede dell'Unesco a Parigi, dall'Aula Paolo VI in Vaticano alla Torre della Borsa di Montreal, per approdare all' ultimo progetto realizzato, l'Ambasciata Italiana a Brasilia, concepito nel 1969 insieme con il figlio Antonio.
La mostra, per la quale è stato pensato anche il progetto digitale «Cinema Nervi», approfondisce, tra le altre opere di Nervi, due opere legate alla storia di Firenze: lo Stadio municipale Berta del 1932 e, ovviamente, Manifattura Tabacchi. L'architettura, costruita tra il 1933 e il 1940 su progetto dei tecnici del Monopolio, presenta linee architettoniche e strutture di modernità ed eleganza tali che hanno fatto ipotizzare la mano di Pier Luigi Nervi. Il recupero in atto è affrontato nel rispetto materiale e figurale del bene, in assidua collaborazione con la Soprintendenza, e affronta le note difficoltà concettuali e metodologiche proprie della conservazione dell’architettura moderna.
Il complesso sarà recuperato secondo un masterplan risultato dai contributi successivi di Concrete, Sanaa, Studio Mumbai e q-bic, che si propone di preservare lo spirito industriale dell’architettura storica con interventi di carattere contemporaneo capaci di valorizzare la monumentalità degli edifici e la qualità unica degli spazi e dei materiali. Particolare attenzione è posta nella progettazione del paesaggio, affidata al paesaggista Antonio Perazzi, dove il verde è inteso come dispositivo di rigenerazione che si riappropria dello spazio nell’ex fabbrica di sigari per creare aree comuni accoglienti, confortevoli e favorevoli all’aggregazione.
L’ambizioso progetto di riqualificazione, avviato nel 2016, si propone di dar vita a un nuovo quartiere per la città e un centro per la cultura contemporanea, l’arte e la moda che sia complementare al centro storico, aperto a tutti e connesso col mondo.
A Firenze si racconta così la storia di un progettista che, trent’anni fa, ha scritto pagine importanti per il futuro dell’architettura, mettendo la grande tradizione artigianale italiana al servizio della prefabbricazione e delle dimensioni monumentali.

Didascalie delle immagini
[Figg. 1,2,3,4 e 5] Centro Pecci di Prato. Foto di Margherita Villani; [figg. 6,7 e 8] Manifattura Tabacchi di Firenze. Foto di Massimo Sestini

Informazioni utili



martedì 19 gennaio 2021

Pompei, la «città viva» si svela in sei podcast gratuiti

«La città più antica del mondo vive nel presente e parla al futuro». Con queste parole Piano P, piattaforma italiana di podcast giornalistici, ha lanciato la prima puntata del progetto «Pompei. La città viva», sei episodi condotti da Carlo Annese, e realizzati con la collaborazione della casa editrice Electa, che raccontano la storia e l'evoluzione di una delle più grandi ricchezze del patrimonio culturale italiano. La scrittrice Valeria Parrella, il regista Pappi Corsicato, la giornalista Danda Santini, i professori Cesare De Seta e Anna Ottani Cavina, lo scrittore Maurizio De Giovanni, il giornalista Andrea Marcolongo e Luigi Farrauto, autore delle guide «Lonely Planet», sono alcuni dei ventisei intellettuali tra accademici, archeologi, artisti e scrittori che, insieme al direttore Massimo Osanna, contribuiranno a ricostruire la vita quotidiana, le arti e i costumi della città antica, mettendoli in relazione con i nostri tempi.
Dal cibo all'erotismo, dall'architettura delle domus ai giardini, sono svariati i temi trattati dai podcast ideati in occasione dell’apertura dell’Antiquarium, grazie ai quali sarà possibile ripercorrere l’intera vicenda di Pompei, dalla tragica eruzione del Vesuvio che nel 79 dopo Cristo fece scomparire una città intera sotto una coltre di cenere e lapilli alla scoperta casuale che diede inizio agli scavi nel 1748, fino all'ultimo straordinario rilancio del parco archeologico, definito dal ministro Dario Franceschini «il simbolo di una storia di riscatto».
Gli episodi - diffusi a cadenza settimanale su Spotify, Spreaker, Apple Podcast e su tutte le principali App gratuite per l’ascolto - hanno preso il via lo scorso venerdì 8 gennaio con il racconto di come il Parco archeologico di Pompei sia diventato negli ultimi anni, a partire dalla riqualificazione del 2014, dopo decenni di incuria e cattiva gestione, una delle mete più richieste del turismo mondiale.
Oggi la realtà archeologica campana è, infatti, un vero e proprio brand internazionale, che nel 2019 ha attirato l’attenzione di oltre quattro milioni di visitatori, ma è anche un luogo che non smette mai di rivelare nuove e sorprendenti testimonianze del passato, ultima delle quali il Thermopolim, un’antica bottega di street food in cui tutto è rimasto fermo al giorno dell’eruzione, fissato dalle ceneri che ne hanno mantenuto i colori e conservato i resti. 
Gli archeologi hanno rinvenuto, nello specifico, un bancone ad elle, decorato con vivaci immagini policrome perfettamente conservate, che raffigurano una ninfa marina a cavallo e alcuni animali, ovvero una coppia di oche germane e un gallo con un cane al guinzaglio. All’interno del locale sono stati rinvenuti anche i resti di pietanze e bevande prelibate vendute in strada: carne, pesce e lumache accompagnati da vino corretto con fave. 
Proprio allo street food è dedicato il secondo podcast di Piano P, che è stato diffuso nei giorni scorsi. Seguendo idealmente due uomini nel loro ultimo giorno, prima dell'eruzione del Vesuvio, gli ascoltatori potranno passeggiare tra le strade traboccanti di vita e scopriranno la Pompei delle botteghe e la Pompei città d'arte, le taverne e le domus affrescati, quegli edifici ancora intatti che all'inizio del '900 offrirono a Le Corbusier le basi per la sua idea di architettura.
Il terzo episodio, intitolato «Cinquantamila volte Hiroshima», analizzerà gli innumerevoli punti di contatto tra ieri e oggi, a cominciare dal rischio che corrono i 700.000 abitanti dei sette Comuni dell'area vesuviana che vivono all’ombra del vulcano. 
La tragica eruzione che in meno di venti ore, il 24 ottobre dell'anno 79, proiettò in aria dieci miliardi di tonnellate di magma, vapori e gas, seppellendo la città, ha influenzato la scienza, da Plinio il Giovane alla vulcanologia moderna, e ha dato origine a una filosofia del disastro che ha avuto in Rousseau e negli Illuministi i principali interpreti. Di questi argomenti si parlerà, tra gli altri, con la giornalista Maria Pace Ottieri, Francesca Bianco, direttore dell'Osservatorio vesuviano di vulcanologia di Napoli, e Andrea Tagliapietra, docente di Storia della filosofia all'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Il quarto episodio analizzerà «I volti della ricerca», uomini e donne che hanno restituito Pompei alla vita: da Giuseppe Fiorelli, l'inventore della celebre tecnica dei calchi, a Vittorio Spinazzola, che ebbe l'intuizione del museo diffuso, da Amedeo Maiuri, il «principe degli archeologi» (secondo la definizione di Guido Piovene), ad Annamaria Ciarallo, che ha ricostruito la flora del tempo, fino a Massimo Osanna, che ha traghettato il Parco archeologico in una nuova dimensione.
Seguirà, quindi, un podcast su uno degli ultimi ritrovamenti di Pompei: un piccolo, splendido affresco, sulla parete di una ricca domus, che ritrae Leda sedotta da Zeus. Per poterla avvicinare, il dio ha assunto l’aspetto di un cigno e si protende verso di lei quasi a chiederle un bacio. A partire da quest’opera Ria Berg, Pappi Corsicato, Valeria Parrella e Danda Santini parleranno di Pompei città del piacere, dove la vanità veniva alimentata da gioielli, profumi e unguenti. Fra verità e leggenda, si entrerà nei luoghi che da sempre colpiscono l'immaginario popolare e degli studiosi: il lupanare, le terme pubbliche, ma anche gli spazi privati dove si svolgeva la prostituzione.
Mentre nell’ultimo episodio, insieme a Cesare De Seta e Anna Ottani Cavina, si analizzerà l'influenza che Pompei ha esercitato sulla cultura degli ultimi tre secoli, dal pensiero illuminista sulla catastrofe alla fascinazione dei viaggiatori romantici del Grand Tour fino ai best-seller sugli ultimi giorni prima della tragedia. Da Edward Bulwer-Lytton a Robert Harris, da Giovanni Pacini a Sergio Leone, letteratura, musica e cinema hanno visto Pompei come un generatore inesauribile di storie, che parla non solo del passato, ma anche dell’oggi dell’area vesuviana. 
«Le rovine di Pompei ci dicono che siamo sostanzialmente gli stessi - racconta, a tal proposito, il popolare scrittore napoletano Maurizio De Giovanni-. Quella città, con i suoi mercati e le sue case, con la sua divisione tra una borghesia commerciale e i suburbi popolari, ricalca nella stessa identica maniera quella che sarebbe oggi la città, se la si fotografasse in una situazione simile. E speriamo non avvenga mai».

Per saperne di più
http://pompeiisites.org/comunicati/pompei-la-citta-viva-episodio-1-il-primo-podcast-dedicato-al-parco-archeologico-di-pompei/