«Le giovani erano spesso bellissime; i loro corpi gentili e forti scivolavano nell’acqua con la naturalezza di un essere che si trova nel proprio elemento. Ma le anziane, con le tracce di numerose maternità nel petto, nel ventre o nei fianchi, riempivano di meraviglia e d’ammirazione per la loro bravura». Così Fosco Maraini (Firenze, 15 novembre 1912 – 8 giugno 2004), in uno dei suoi numerosi reportage di viaggio, realizzato nel 1954 e pubblicato nel 1960 dall’edizioni Leonardo Da Vinci, descriveva le donne degli Ama, capaci di perlustrare il fondo marino e di scendere in apnea fino a venti metri senza alcuna attrezzatura, se non una lama per staccare i molluschi.
Alla vita quotidiana di queste straordinarie pescatrici subacquee che vivevano sulle isole di Hèkura e Mikurìa, al largo delle coste occidentali del Giappone, è dedicata la mostra «L’incanto delle donne del mare», in programma per tutta estate al Mao – Museo d’arte orientale di Torino, grazie a un accordo siglato con il Museo delle culture di Lugano, diretto da Francesco Paolo Campione, in occasione del decimo anniversario della scomparsa di Fosco Maraini, viaggiatore, antropologo, fotografo, scrittore e poeta che fece del viaggio la sua condizione di vita e che usò la fotografia come una «scrittura con la luce» per descrivere luoghi lontani come il Tibet, l'India, la Thailandia, la Cambogia, la Cina e la Corea.
L’esposizione, che gode del patrocinio del Consolato generale del Giappone e della Japan Foundation di Roma, allinea una trentina di scatti di Leica in bianco e nero, testimonianza preziosa di un mondo ormai scomparso: la pesca di un tradizionale mollusco, l'awabi, che costituiva l’occupazione più diffusa nei mesi estivi e la fonte di reddito principale dell'intera comunità degli Ama. Il compito era tradizionalmente affidato a donne giovani e atletiche che, coperte dal solo kuroneko, una specie di perizoma, si immergevano giornalmente nel mare come sirene per cercare nei fondali l'awabi, staccarlo dalle rocce con una semplice lama ricurva, portarlo in superficie e posarlo in un cesto galleggiante.
Di quel mondo magico, oggi sono superstiti solo alcune anziane, ma usano attrezzature moderne e la suggestione non è più la stessa; per questo il lavoro di Fosco Maraini, oltre all’innegabile qualità delle fotografie, è considerato ancora oggi la fondamentale testimonianza di un mondo scomparso.
Per l’occasione le trenta immagini presentate al Mao, per la curatela di Alessia Borellini e Sara Mallia, sono arricchite dalla proiezione di un cortometraggio realizzato dallo stesso etnologo fiorentino, da una serie di volumi conservati presso il Gabinetto scientifico e letterario G.P. Vieusseux, da una preziosa selezione stampe xilografiche giapponesi dell’Ottocento (ukiyo-e) e dalle attrezzature realizzate per le riprese subacquee. Si tratta di tre «mini-scafandri» in acciaio utili a proteggere la macchina fotografica durante le immersioni, costruiti su disegni dello stesso Fosco Maraini che le aveva già sperimentate alle Eolie nelle riprese del film «Vulcano» con Anna Magnani.
È così che lo scrittore toscano scivolò tra le onde del Sol Levante per fissare sulla pellicola i volti sorridenti di giovani pescatrici nipponiche, che innocentemente mostrano la nudità dei propri corpi e che si immergono, dritte come frecce, nel blu del mare per riportare a galla molluschi, destinati a ricchi buongustai. (sam)
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Fosco Maraini, Svestirsi per il tuffo, Copy 2014, MCL - Vieusseux- Alinari; [fig. 2] Fosco Maraini, Ama, Copy 2014, MCL - Vieusseux- Alinari; [fig. 3] Fosco Maraini, Nel giardino delle Posidonie, Copy 2014, MCL - Vieusseux- Alinari;
Informazioni utili
«L’incanto delle donne del mare». Mao – Museo d’arte orientale, via San Domenico 11 – Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00 (la biglietteria chiude un’ora prima), chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto e 8,00, gratuito fino ai 18 anni. Informazioni: tel. 011.4436928. Sito internet: www.maotorino.it. Fino al 21 settembre 2014.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
mercoledì 30 luglio 2014
lunedì 28 luglio 2014
Venezia, a Ca’ Rezzonico un omaggio alle porcellane di Marino Nani Mocenigo
Le opere esposte provenivano principalmente dalle raccolte civiche veneziane e da musei di tutta Italia. Il prestatore più generoso fu, tuttavia, un privato, il conte Marino Nani Mocenigo, una figura emblematica di collezionista che aveva dedicato la propria esistenza a riunire oggetti in porcellana e che, per questa sua ossessione, era stato appellato dai concittadini con l’affettuoso epiteto di «conte cicara».
Alla sua scomparsa, la moglie decise di ricordarne la memoria rendendo accessibile al pubblico la collezione messa insieme con tanta passione. Le porcellane furono così esposte a Ca’ del Duca assieme ad un’altra raccolta - questa volta dedicata all’arte orientale - riunita da un altro membro della famiglia, Hugues Le Gallais. Nelle stanze dell’illustre palazzo veneziano prendeva forma così un minuscolo, ma raffinatissimo museo che purtroppo per necessità contingenti non è più visitabile da lungo tempo.
In occasione della Biennale di architettura, la collezione di Marino Nani Mocenigo torna ad essere visibile al pubblico nei sontuosi ambienti al primo piano del museo di Ca’ Rezzonico.
La rassegna, curata dalla storica dell’arte e restauratrice Marcella Ansaldi, con Alberto Craievich, allinea trecentotrentotto pezzi, riferibili alle più importanti manifatture europee, dove, tuttavia, quelli di provenienza veneziana rappresentano la parte più cospicua e importante. Sono, infatti, più di un centinaio quelle di fattura lagunare, fra le quali si annoverano alcuni splendidi esemplari di Vezzi e due rare caffettiere di Hewelcke, oltre a numerosi gruppi figurati realizzati dalla manifattura di Pasquale Antonibon a Nove e da quella Geminiano Cozzi a Venezia. A quest’ultima appartiene anche il delizioso «Geografo», forse l’opera più nota della collezione.
Nella mostra, della quale rimarrà documentazione in un catalogo pubblicato da Scripta editore di Verona, si potranno, inoltre, ammirare alcuni degli esemplari più celebri usciti dalla manifattura di Meissen, modellati da Johann Joachim Kändler e da Peter Reinicke, come «Il baciamano polacco», «La Cinesina», il «Cacciatore», oltre ad alcuni sfolgoranti esemplari di servizi da tavola prodotti dalla manifattura sassone nella prima metà del Settecento come un servizio a decori d’oro o uno in pasta bianca con nature morte di frutta.
Sono presenti nella rassegna veneziana, allestita fino al 30 novembre, anche altre testimonianze di pregio della produzione di porcellana in area germanica: una rarissima parte di un servizio a cineserie compiuta a Vienna da Claudius Innocentius Du Paquier, ma anche esempi di Ludwigsburg, Frankenthal, Höchst e Berlino.
Chiude la selezione un nutrito gruppo di tazze e piattini della manifattura imperiale di Vienna del periodo Sorgenthal, tutte caratterizzate da una sfolgorante cromia e da un’audace scelta di motivi ornamentali.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Manifattura di Meissen (modello di Johann Joachim Kändler), «Il cacciatore». Venezia, collezione Nani Mocenigo – Le Gallais; [fig. 2] Manifattura di Meissen (modello di Johann Joachim Kändler), «Il baciamano polacco». Venezia, collezione Nani Mocenigo – Le Gallais; [fig. 3] Manifattura Cozzi, «Il geografo», Venezia, collezione Nani Mocenigo – Le Gallais
Informazioni utili
Le porcellane di Marino Nani Mocenigo. Ca’ Rezzonico - Museo del Settecento Veneziano, Dorsoduro 3136 -Venezia. Orari: ore 10.00–18.00 (la biglietteria chiude un’ora prima); dal 1° novembre ore 10.00-17.00 biglietteria chiude un’ora prima); chiuso il martedì. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,50. Informazioni: call center 848082000 (dall’Italia), +39.041.42730892 (dall’estero), info@fmcvenezia.it. Sito web: carezzonico.visitmuve.it. Fino al 30 novembre 2014.
sabato 26 luglio 2014
Depero, Tavolara e «La manifattura delle case d'arte» in mostra a Rovereto
Hanno vissuto negli stessi anni, ma in due luoghi geograficamente distanti: uno in Sardegna, l'altro in Trentino. Quasi certamente non si sono mai incontrati, anche se hanno preso parte entrambi all'Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne di Parigi, tenutasi nel 1925. Ma -per uno strano gioco del destino- hanno condotto una ricerca stilistica simile, che li ha resi protagonisti di prim'ordine nel campo delle arti applicate e del design contemporaneo. Stiamo parlando di Eugenio Tavolara (Sassari, 1901–1963) e Fortunato Depero (Fondo, 1892 – Rovereto, 1960), le cui produzioni artistiche sono al centro del progetto espositivo che Nicoletta Boschiero e Manolo De Giorgi hanno curato per il Mart – Museo d'arte moderna di Trento e Rovereto e che rimarrà visibile al pubblico fino a domenica 14 settembre negli spazi della Casa d'arte futurista Fortunato Depero.
Marionette, figure meccaniche, giocattoli, arazzi, tappeti e sculture in esposizione fanno colloquiare, idealmente, le suggestioni del folklore popolare italiano con l'estetica avanguardista di inizio secolo.
Simili per tipologia, tecniche e ricchezza, i lavori esposti rappresentano, infatti, l’energica e specifica identità di chi li ha concepiti: dagli oggetti di Eugenio Tavolara emerge prepotentemente l'interesse per la tradizione sarda; da quelli di Fortunato Depero la vicinanza all'estetica futurista e alla creatività della sua terra.
In Sardegna come in Trentino, i due artisti rilanciano e promuovono l’artigianato locale, conducendo personalmente aziende e commerci. Il maestro trentino favorisce la nascita di centri di produzione, lavoro ed economia; parallelamente, il maestro sardo fonda negli anni Trenta la Casa Alba, coinvolgendo artisti, disegnatori e soprattutto centinaia di artigiani locali, depositari di tecniche e saperi antichi e raffinati, che vengono riscoperti e riproposti in una nuova e più contemporanea interpretazione.
I curiosi legami tra i due maestri, oltre a quelli evidenti dal paragone tra le produzioni e le opere (si pensi ai celebri logo, ai giocattoli, alle figure meccaniche, ai disegni e ai tappeti), scaturiscono anche dall’aver vissuto attivamente lo stesso tempo, interpretando le medesime istanze e tendenze. Per esempio, nell’Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne di Parigi, Fortunato Depero partecipa, con Giacomo Balla ed Enrico Prampolini, allestendo una sala dedicata al futurismo; Tavolara presenta, invece, figure meccaniche e pupazzi in legno che gli valgono una medaglia d’oro e ampie segnalazioni da parte della critica.
La mostra, intitolata «La manifattura delle case d'arte», raccoglie molti oggetti del maestro sassarese, alcuni dei quali mai presentati fuori dalla Sardegna nella loro interezza. È il caso di un gruppo di animali intagliati in legno, provenienti dalla collezione Luisangela e Rosaria Tavolara, il cui impianto primitivo rimanda chiaramente ai graffiti rupestri e alle rappresentazioni tribali.
In esposizione si trova anche la celebre «Cavalcata sarda», esposta nel 1940 alla Triennale di Milano e in seguito donata al principe Umberto II di Savoia; il gruppo ricostruisce il corteo svoltosi a Sassari nel 1939, in occasione della visita degli eredi al trono e appartiene oggi alla collezione Isola della Regione autonoma di Sardegna. A Casa Depero si possono, inoltre, ammirare i ciociari, i cantanti, i grassoni di Teulada, provenienti dalle collezioni Tilocca, e due gruppi di proprietà del Comune di Sassari: i venticinque pezzi del gruppo scultoreo «Processione dei misteri» (1928), sul Venerdì santo, e le trentadue statuine della famosa «Mascherata sassarese» (1937), raffigurante un corteo di uomini vestiti da donna, suonatori in pelli di capra, baffuti contadini ingonnellati, di una straordinaria forza grottesca.
Giocattoli e pupazzi rappresentano, non senza un pizzico di ironia, un mondo popolare in miniatura. A differenza di Fortunato Depero, l'artista sassarese dà vita a personaggi fortemente caratterizzati, che rivelano spesso na tendenza espressionista nella deformazione violenta dei visi e dei corpi, nella ricerca del grottesco. Come scrive Giuliana Altea: «lo sguardo sul mondo sardo è sì affettuoso, ma per nulla carezzevole o protettivo» .
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Eugenio Tavolara, «Cavalcata sarda», anni Cinquanta. Collezione Isola - Istituto sardo organizzazione lavoro artigiano - Regione autonoma della Sardegna; [fig. 2] Eugenio Tavolara, «Bue grasso», 1959. Collezione Luisangela e Rosaria Tavolara; [fig. 3] Eugenio Tavolara, «Processione dei misteri», 1928. Comune di Sassari
Informazioni utili
«Tavolara e Depero. La manifattura delle case d'arte». Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; venerdì, ore 10.00-21.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 11,00; ridotto € 7,00; gratuito fino ai 14 anni. Informazioni: tel.0464.438887 o info@mart.trento.it. Sito internet: www.mart.trento.it. Fino al 14 settembre 2014.
Marionette, figure meccaniche, giocattoli, arazzi, tappeti e sculture in esposizione fanno colloquiare, idealmente, le suggestioni del folklore popolare italiano con l'estetica avanguardista di inizio secolo.
Simili per tipologia, tecniche e ricchezza, i lavori esposti rappresentano, infatti, l’energica e specifica identità di chi li ha concepiti: dagli oggetti di Eugenio Tavolara emerge prepotentemente l'interesse per la tradizione sarda; da quelli di Fortunato Depero la vicinanza all'estetica futurista e alla creatività della sua terra.
In Sardegna come in Trentino, i due artisti rilanciano e promuovono l’artigianato locale, conducendo personalmente aziende e commerci. Il maestro trentino favorisce la nascita di centri di produzione, lavoro ed economia; parallelamente, il maestro sardo fonda negli anni Trenta la Casa Alba, coinvolgendo artisti, disegnatori e soprattutto centinaia di artigiani locali, depositari di tecniche e saperi antichi e raffinati, che vengono riscoperti e riproposti in una nuova e più contemporanea interpretazione.
I curiosi legami tra i due maestri, oltre a quelli evidenti dal paragone tra le produzioni e le opere (si pensi ai celebri logo, ai giocattoli, alle figure meccaniche, ai disegni e ai tappeti), scaturiscono anche dall’aver vissuto attivamente lo stesso tempo, interpretando le medesime istanze e tendenze. Per esempio, nell’Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne di Parigi, Fortunato Depero partecipa, con Giacomo Balla ed Enrico Prampolini, allestendo una sala dedicata al futurismo; Tavolara presenta, invece, figure meccaniche e pupazzi in legno che gli valgono una medaglia d’oro e ampie segnalazioni da parte della critica.
La mostra, intitolata «La manifattura delle case d'arte», raccoglie molti oggetti del maestro sassarese, alcuni dei quali mai presentati fuori dalla Sardegna nella loro interezza. È il caso di un gruppo di animali intagliati in legno, provenienti dalla collezione Luisangela e Rosaria Tavolara, il cui impianto primitivo rimanda chiaramente ai graffiti rupestri e alle rappresentazioni tribali.
In esposizione si trova anche la celebre «Cavalcata sarda», esposta nel 1940 alla Triennale di Milano e in seguito donata al principe Umberto II di Savoia; il gruppo ricostruisce il corteo svoltosi a Sassari nel 1939, in occasione della visita degli eredi al trono e appartiene oggi alla collezione Isola della Regione autonoma di Sardegna. A Casa Depero si possono, inoltre, ammirare i ciociari, i cantanti, i grassoni di Teulada, provenienti dalle collezioni Tilocca, e due gruppi di proprietà del Comune di Sassari: i venticinque pezzi del gruppo scultoreo «Processione dei misteri» (1928), sul Venerdì santo, e le trentadue statuine della famosa «Mascherata sassarese» (1937), raffigurante un corteo di uomini vestiti da donna, suonatori in pelli di capra, baffuti contadini ingonnellati, di una straordinaria forza grottesca.
Giocattoli e pupazzi rappresentano, non senza un pizzico di ironia, un mondo popolare in miniatura. A differenza di Fortunato Depero, l'artista sassarese dà vita a personaggi fortemente caratterizzati, che rivelano spesso na tendenza espressionista nella deformazione violenta dei visi e dei corpi, nella ricerca del grottesco. Come scrive Giuliana Altea: «lo sguardo sul mondo sardo è sì affettuoso, ma per nulla carezzevole o protettivo» .
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Eugenio Tavolara, «Cavalcata sarda», anni Cinquanta. Collezione Isola - Istituto sardo organizzazione lavoro artigiano - Regione autonoma della Sardegna; [fig. 2] Eugenio Tavolara, «Bue grasso», 1959. Collezione Luisangela e Rosaria Tavolara; [fig. 3] Eugenio Tavolara, «Processione dei misteri», 1928. Comune di Sassari
Informazioni utili
«Tavolara e Depero. La manifattura delle case d'arte». Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; venerdì, ore 10.00-21.00; lunedì chiuso. Ingresso: intero € 11,00; ridotto € 7,00; gratuito fino ai 14 anni. Informazioni: tel.0464.438887 o info@mart.trento.it. Sito internet: www.mart.trento.it. Fino al 14 settembre 2014.
giovedì 24 luglio 2014
«Oasi d'arte- Art's Oasis», un concorso per ridisegnare Petrosino
Il bando, la cui scadenza è fissata a fine settembre, si rivolge ad artisti di ogni età, sesso e nazionalità che, da soli o in gruppo, sono inviati a studiare un progetto di valorizzazione per sette aree urbane della città (il viale Stazione, piazza della Repubblica, piazza Santa Venera, piazza Biscione, piazzale Roma, due aree del lungomare) al fine di creare quello che il sindaco Gaspare Giacolone chiama un «distretto culturale evoluto». L’arte contemporanea diventa così, per usare le parole dell’architetto Vito Laudicina, «uno strumento attivo per una politica urbana della bellezza e della creatività che consenta a Petrosino di acquisire un orizzonte internazionale di riferimento».
Le opere in concorso dovranno porre un’attenzione particolare alla natura dell’ambiente che le accoglierà e dovranno, ovviamente, esaltare le qualità degli spazi nelle quali verranno collocate. Sono ammesse come tecniche artistiche la pittura (murales), la scultura e l’installazione e come materiali quelli adeguati a resistere all'azione degli agenti atmosferici.
Gli interessati potranno presentare la propria proposta (per un massimo di un progetto per ogni singola area individuata) tramite raccomandata al Comune di Petrosino, allegando la domanda di iscrizione completa di tutti i propri dati anagrafici e un supporto digitale con il materiale ideato per il concorso, completo di una descrizione una descrizione progettuale dell’opera, dei materiali utilizzati, delle dimensioni, delle modalità di assemblaggio delle parti dopo il trasporto, dell’idea che la lega alle finalità del concorso e della stima dei costi materiali ed esecuzione opere (per un massimo di tremila battute).
Le proposte che arriveranno in questi mesi agli uffici comunali saranno valutate da una commissione tecnica, ma la scelta finale spetterà ai cittadini di Petrosino. La giuria di qualità selezionerà, infatti, trentacinque proposte, cinque per ogni sito. Questi lavori verranno, poi, esposti al centro polivalente «Don Giacomo Ingarra» di Petrosino e gli abita tanti del paese siciliano decreteranno i sette vincitori, ai quali sarà riconosciuto un premio in denaro di 4mila euro, a rimborso delle spese di costruzione dell’opera.
«Questo progetto -ha dichiarato il sindaco Gaspare Giacalone- vuole fare da contraltare a quello che è il deserto culturale del nostro territorio. Vogliamo che sia espressione e incrocio di diverse culture e popoli, continuando un percorso già iniziato. Allo stesso tempo sono consapevole che questa è una sfida in un piccolo paese come il nostro, ma sono convinto che l’idea d’investire sulla cultura e sull’arte costituirà un sicuro momento di sviluppo anche economico, puntando ad un ritorno in termini di attrazione turistica». Sette idee progettuali, dunque, per ridare nuovo smalto al tessuto urbano di una cittadina affacciata sul mare come Petrosino è quanto ricerca il concorso «Oasi d'arte- Art's Oasis».
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Logo del concorso «Oasi d'arte- Art's Oasis»; [fig. 2] Piazzale Roma, a Petrosino, una delle aree interessate dal concorso «Oasi d'arte- Art's Oasis»;[fig. 3] Pizza Biscione, a Petrosino, una delle aree interessate dal concorso «Oasi d'arte- Art's Oasis».
Informazioni utili
«Oasi d'arte- Art's Oasis». Ente banditore: Comune di Petrosino (Trapani), con il patrocinio della Regione siciliana. Data di consegna: 30 settembre 2014. Informazioni e consegna materiali: Comune di Petrosino, Piazza della Repubblica -91020 Petrosino (Trapani), oasidarte@gmail.com.
martedì 22 luglio 2014
«Zoomaginario», l’arte contemporanea entra al bioparco di Cumiana
La savana è alle porte di Torino. Vi sembra impossibile? Allora non vi resta che prendere l’automobile e andare a Cumiana, dove su una superficie di oltre centosessantamila metri quadrati si estende «Zoom», un’oasi verde che vi permetterà di “incontrare” pinguini, lemuri, tigri, fenicotteri, tartarughe giganti, giraffe, rinoceronti, aquile, falchi e avvoltoi, una varietà di specie animali provenienti in prevalenza dal parco del Serengheti (tra Kenya e Tanzania), dal Madagascar e da Sumatra.
Per il secondo anno consecutivo, in questo splendido bioparco, che ricrea le suggestioni naturali di Africa ed Asia, sarà possibile anche confrontarsi con l’arte contemporanea grazie alla mostra «Zoomaginario», curata da Francesca Canfora e Daniele Ratti, direttori artistici di «Paratissima», manifestazione che annualmente promuove a Torino la creatività in tutte le sue forme.
Dodici le sculture e installazioni site specific, firmate da altrettanti giovani artisti italiani, che fino al prossimo 31 ottobre rimarranno installate nell’habitat di «Zoom» e permetteranno al visitatore di confrontarsi con un bestiario fantastico che sembra uscito dalle pagine di un libro medioevale.
Ecco così che si potrà camminare in un paesaggio da sogno (o da incubo), in uno zoo parallelo e impossibile, dove si incontreranno figure strane come l'aquilera a sonagli di Nazareno Biondo, l’orsomartello di Daniele Miola, il granchio preistorico Quakecrab del collettivo Neropece, o, ancora, l’airone Strizza di Giovanna Basile, ammalato di così tanta paura da condurre una vita da struzzo, e l’ironica chiocciolina Cheope di Osvaldo Moi, la cui testa è realizzata da una mano che fa le corna.
Renato Sabatino ha, invece, ideato per «Zoom» il Gerrhosaurus Hydrargyrum, un animale fantastico e alieno simile al mostro di Loch Ness, il cui colore argentato è frutto della sua particolare composizione: «mercurio -si legge nella presentazione- alieno allo stato solido, che si differenzia molto da quello terrestre per la sua più alta temperatura di fusione». Mentre Pietro D’Angelo ha realizzato la «GraffaRaffaCopeterus», una giraffa fatta di graffette con zampe lunghe e sottili, simili a quelle di un fenicottero. A Enzo Mastrangelo si deve, invece, l’invenzione dell’hydracorno, un animale unico e rarissimo, di provenienza cosmica. Magnifico e immortale, con un piccolo problema: si dice che chi lo guarda sparisca per sempre. Ci sono, poi, in mostra l’Attinia Panoptes di Stefano Prina, con i suoi più di trenta occhi e altrettanti punti di vista, e la Diplotene alata di Bios Vincent, un elefante che sogna di essere una farfalla.
Tra queste dodici creature fantastiche, a fine mostra, verrà selezionata la vincitrice, che entrerà a far parte del percorso permanente del parco e il cui autore riceverà un compenso di tremila euro; mentre altre tre opere saranno esposte a «Paratissima», in programma a Torino dal 5 al 9 novembre.
Anche per questa edizione è stato coinvolto uno scrittore, Carlo Grande, che ha illustrato in mostra, su dei totem posti lungo il percorso espositivo, e in catalogo la storia di ogni animale immaginario con dei racconti appositamente realizzati per l’occasione.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] L’orsomartello di Daniele Miola per «Zoomaginario 2014»; [fig. 2] La chiocciolina Cheope di Osvaldo Moi per «Zoomaginario 2014»; [fig. 3] Il Gerrhosaurus Hydrargyrum di Renato Sabatino per «Zoomaginario 2014»
Informazioni utili
«Zoomaginario». Zoom Torino, Strada Piscina, 36 - Cumiana (Torino). Orari: ore 10.00-19.00. Ingresso: intero € 20,00, ridotto € 15,00, gratis per bambini sotto i 3 anni. Informazioni: tel. 011.9070419 o info@zoomtorino.it. Sito internet: www.zoomtorino.it. Fino al 31 ottobre 2014.
Per il secondo anno consecutivo, in questo splendido bioparco, che ricrea le suggestioni naturali di Africa ed Asia, sarà possibile anche confrontarsi con l’arte contemporanea grazie alla mostra «Zoomaginario», curata da Francesca Canfora e Daniele Ratti, direttori artistici di «Paratissima», manifestazione che annualmente promuove a Torino la creatività in tutte le sue forme.
Dodici le sculture e installazioni site specific, firmate da altrettanti giovani artisti italiani, che fino al prossimo 31 ottobre rimarranno installate nell’habitat di «Zoom» e permetteranno al visitatore di confrontarsi con un bestiario fantastico che sembra uscito dalle pagine di un libro medioevale.
Ecco così che si potrà camminare in un paesaggio da sogno (o da incubo), in uno zoo parallelo e impossibile, dove si incontreranno figure strane come l'aquilera a sonagli di Nazareno Biondo, l’orsomartello di Daniele Miola, il granchio preistorico Quakecrab del collettivo Neropece, o, ancora, l’airone Strizza di Giovanna Basile, ammalato di così tanta paura da condurre una vita da struzzo, e l’ironica chiocciolina Cheope di Osvaldo Moi, la cui testa è realizzata da una mano che fa le corna.
Renato Sabatino ha, invece, ideato per «Zoom» il Gerrhosaurus Hydrargyrum, un animale fantastico e alieno simile al mostro di Loch Ness, il cui colore argentato è frutto della sua particolare composizione: «mercurio -si legge nella presentazione- alieno allo stato solido, che si differenzia molto da quello terrestre per la sua più alta temperatura di fusione». Mentre Pietro D’Angelo ha realizzato la «GraffaRaffaCopeterus», una giraffa fatta di graffette con zampe lunghe e sottili, simili a quelle di un fenicottero. A Enzo Mastrangelo si deve, invece, l’invenzione dell’hydracorno, un animale unico e rarissimo, di provenienza cosmica. Magnifico e immortale, con un piccolo problema: si dice che chi lo guarda sparisca per sempre. Ci sono, poi, in mostra l’Attinia Panoptes di Stefano Prina, con i suoi più di trenta occhi e altrettanti punti di vista, e la Diplotene alata di Bios Vincent, un elefante che sogna di essere una farfalla.
Tra queste dodici creature fantastiche, a fine mostra, verrà selezionata la vincitrice, che entrerà a far parte del percorso permanente del parco e il cui autore riceverà un compenso di tremila euro; mentre altre tre opere saranno esposte a «Paratissima», in programma a Torino dal 5 al 9 novembre.
Anche per questa edizione è stato coinvolto uno scrittore, Carlo Grande, che ha illustrato in mostra, su dei totem posti lungo il percorso espositivo, e in catalogo la storia di ogni animale immaginario con dei racconti appositamente realizzati per l’occasione.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] L’orsomartello di Daniele Miola per «Zoomaginario 2014»; [fig. 2] La chiocciolina Cheope di Osvaldo Moi per «Zoomaginario 2014»; [fig. 3] Il Gerrhosaurus Hydrargyrum di Renato Sabatino per «Zoomaginario 2014»
Informazioni utili
«Zoomaginario». Zoom Torino, Strada Piscina, 36 - Cumiana (Torino). Orari: ore 10.00-19.00. Ingresso: intero € 20,00, ridotto € 15,00, gratis per bambini sotto i 3 anni. Informazioni: tel. 011.9070419 o info@zoomtorino.it. Sito internet: www.zoomtorino.it. Fino al 31 ottobre 2014.
domenica 20 luglio 2014
Dai mosaici dorati di Heinz Mack alla stanza del tè di Sugimoto: le mostre estive dell'isola di San Giorgio Maggiore
È una spettacolare installazione dell’artista tedesco Heinz Mack, per la curatela di Robert Fleck, ad accogliere questa estate il visitatore sull'isola di San Giorgio Maggiore. Nove colonne simmetriche, alte più di sette metri e ornate di mosaici dorati, svettano sul piazzale di fronte al bacino di San Marco, a sostegno ideale del cielo sovrastante.
La scultura di luce, che con le sue ottocentomila tessere di fattura locale realizza una vera e propria performance di rifrazioni, vuole essere una riflessione sui concetti di chiarezza, potere e bellezza e un tributo alla città di Venezia e alle sue storiche relazioni culturali tra Oriente e Occidente.
L'opera, realizzata in occasione della Biennale di architettura dalla galleria Beck & Eggeling di Düsseldorf e dal marchese Sigifredo di Canossa, in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini, si intitola «The Sky Over Nine Columns» e prosegue le performance di Heinz Mack, fondatore del gruppo Zero con Otto Piene e Günther Ueker, sulla cosiddetta «Luce stelea», portata nel deserto tunisino e nell'Artico e documentata dal film «Tele-Mack» (1969).
Altrettanto spettacolare è il lavoro che l'artista e fotografo giapponese Hiroshi Sugimoto ha realizzato sull'isola di San Giorgio Maggiore per «Le stanze del vetro», progetto congiunto della Fondazione Giorgio Cini e di Pentagram Stiftung per valorizzare l'arte vetraria dal Novecento ad oggi e per mostrare le innumerevoli potenzialità e declinazioni di questa materia. Si tratta di un padiglione temporaneo, intitolato «The Glass Tea House Mondrian», che si ispira alla tradizione giapponese della cerimonia del tè, cosi come e stata riformata dal maestro Sen no Rikyū, che prevede gesti lenti e studiati per instaurare un momento di pace e di astensione dalla mondanità. La struttura architettonica si compone di due elementi: la parte esterna (lunga circa 40 metri e larga 12,5 metri), interamente costruita in legno di cedro, si snoda attraverso un percorso che comprende una lunga vasca d’acqua e che conduce il visitatore all’interno di un cubo di vetro (2,5 x 2,5 metri) dove, a cadenza regolare, viene officiata una cerimonia del tè giapponese per due soli visitatori alla volta, rigorosamente in costumi tradizionali.
Il progetto «Le stanze del vetro» propone anche, in questo inizio d'estate, la mostra «I Santillana», che sperimenta un nuovo modello narrativo: quello del dialogo e del confronto tra le diverse poetiche di due artisti, in questo caso dei fratelli Laura de Santillana e Alessandro Diaz de Santillana, discendenti di una mitica dinastia vetraria, formati nel solco del padre, Ludovico Diaz de Santillana, e del nonno, Paolo Venini. L’esposizione raccoglie circa centotrenta lavori, tra sculture, opere e oggetti in vetro, realizzati dagli anni Ottanta a oggi e selezionati nell’arco di più di due anni di incontri e conversazioni tra Martin Bethenod e i due artisti. «Seguendo un principio mnemonico e della libera associazione, vetrine e ripiani accostano -spiega il curatore della rassegna- lavori di periodi differenti e soprattutto di vocazione molto varia. Opere propriamente dette, schizzi o lavori preparatori, oggetti d’uso, souvenir, fonti di ispirazione, disegni, fotografie. Un corpus che compone una sorta di doppio ritratto in movimento dei Santillana». Un intreccio di storie e di stili artistici caratterizza, dunque, l'estate espositiva dell'isola di San Giorgio Maggiore, un'oasi di pace a poca distanza da piazza San Marco.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Alessandro Diaz de Santillana, Vetro soffiato formato a caldo e argentato su compensato marino. Foto: Fabio Zonta; [fig. 2] Laura de Santillana, vetro soffiato e sagomato. Foto: Fabio Zonta; [fig. 3] Heinz Mack, «The Sky Over Nine Columns», 2014. Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore; [fig. 4] Hiroshi Sugimoto, progetto per «The Glass Tea House Mondrian», 2014. Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
Informazioni utili
«The Sky Over Nine Columns» - Installazione di Heinz Mack. Isola di San Giorgio Maggiore – Venezia. Informazioni: tel. 041.2710229. Sito web: www.cini.it. Fino al 23 novembre 2014.
«The Glass Tea House Mondrian» - Personale di Hiroshi Sugimoto. Le Stanze del Vetro (giardino antistante), Isola di San Giorgio Maggiore – Venezia. Orari: 10.00-19.00; chiuso il mercoledì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 041.5229138, info@lestanzedelvetro.it o info@cini.it. Sito web: www.lestanzedelvetro.it. Fino al 23 novembre 2014.
- «I Santillana – Opere di Laura de Santillana e Alessandro Diaz de Santillana». Le Stanze del Vetro, Isola di San Giorgio Maggiore – Venezia. Orari: 10.00-19.00; chiuso il mercoledì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 041.5229138, info@lestanzedelvetro.it o info@cini.it. Sito web:www.lestanzedelvetro.it. Fino al 3 agosto 2014.
La scultura di luce, che con le sue ottocentomila tessere di fattura locale realizza una vera e propria performance di rifrazioni, vuole essere una riflessione sui concetti di chiarezza, potere e bellezza e un tributo alla città di Venezia e alle sue storiche relazioni culturali tra Oriente e Occidente.
L'opera, realizzata in occasione della Biennale di architettura dalla galleria Beck & Eggeling di Düsseldorf e dal marchese Sigifredo di Canossa, in collaborazione con la Fondazione Giorgio Cini, si intitola «The Sky Over Nine Columns» e prosegue le performance di Heinz Mack, fondatore del gruppo Zero con Otto Piene e Günther Ueker, sulla cosiddetta «Luce stelea», portata nel deserto tunisino e nell'Artico e documentata dal film «Tele-Mack» (1969).
Altrettanto spettacolare è il lavoro che l'artista e fotografo giapponese Hiroshi Sugimoto ha realizzato sull'isola di San Giorgio Maggiore per «Le stanze del vetro», progetto congiunto della Fondazione Giorgio Cini e di Pentagram Stiftung per valorizzare l'arte vetraria dal Novecento ad oggi e per mostrare le innumerevoli potenzialità e declinazioni di questa materia. Si tratta di un padiglione temporaneo, intitolato «The Glass Tea House Mondrian», che si ispira alla tradizione giapponese della cerimonia del tè, cosi come e stata riformata dal maestro Sen no Rikyū, che prevede gesti lenti e studiati per instaurare un momento di pace e di astensione dalla mondanità. La struttura architettonica si compone di due elementi: la parte esterna (lunga circa 40 metri e larga 12,5 metri), interamente costruita in legno di cedro, si snoda attraverso un percorso che comprende una lunga vasca d’acqua e che conduce il visitatore all’interno di un cubo di vetro (2,5 x 2,5 metri) dove, a cadenza regolare, viene officiata una cerimonia del tè giapponese per due soli visitatori alla volta, rigorosamente in costumi tradizionali.
Il progetto «Le stanze del vetro» propone anche, in questo inizio d'estate, la mostra «I Santillana», che sperimenta un nuovo modello narrativo: quello del dialogo e del confronto tra le diverse poetiche di due artisti, in questo caso dei fratelli Laura de Santillana e Alessandro Diaz de Santillana, discendenti di una mitica dinastia vetraria, formati nel solco del padre, Ludovico Diaz de Santillana, e del nonno, Paolo Venini. L’esposizione raccoglie circa centotrenta lavori, tra sculture, opere e oggetti in vetro, realizzati dagli anni Ottanta a oggi e selezionati nell’arco di più di due anni di incontri e conversazioni tra Martin Bethenod e i due artisti. «Seguendo un principio mnemonico e della libera associazione, vetrine e ripiani accostano -spiega il curatore della rassegna- lavori di periodi differenti e soprattutto di vocazione molto varia. Opere propriamente dette, schizzi o lavori preparatori, oggetti d’uso, souvenir, fonti di ispirazione, disegni, fotografie. Un corpus che compone una sorta di doppio ritratto in movimento dei Santillana». Un intreccio di storie e di stili artistici caratterizza, dunque, l'estate espositiva dell'isola di San Giorgio Maggiore, un'oasi di pace a poca distanza da piazza San Marco.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Alessandro Diaz de Santillana, Vetro soffiato formato a caldo e argentato su compensato marino. Foto: Fabio Zonta; [fig. 2] Laura de Santillana, vetro soffiato e sagomato. Foto: Fabio Zonta; [fig. 3] Heinz Mack, «The Sky Over Nine Columns», 2014. Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore; [fig. 4] Hiroshi Sugimoto, progetto per «The Glass Tea House Mondrian», 2014. Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore
Informazioni utili
«The Sky Over Nine Columns» - Installazione di Heinz Mack. Isola di San Giorgio Maggiore – Venezia. Informazioni: tel. 041.2710229. Sito web: www.cini.it. Fino al 23 novembre 2014.
«The Glass Tea House Mondrian» - Personale di Hiroshi Sugimoto. Le Stanze del Vetro (giardino antistante), Isola di San Giorgio Maggiore – Venezia. Orari: 10.00-19.00; chiuso il mercoledì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 041.5229138, info@lestanzedelvetro.it o info@cini.it. Sito web: www.lestanzedelvetro.it. Fino al 23 novembre 2014.
- «I Santillana – Opere di Laura de Santillana e Alessandro Diaz de Santillana». Le Stanze del Vetro, Isola di San Giorgio Maggiore – Venezia. Orari: 10.00-19.00; chiuso il mercoledì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 041.5229138, info@lestanzedelvetro.it o info@cini.it. Sito web:www.lestanzedelvetro.it. Fino al 3 agosto 2014.
venerdì 18 luglio 2014
Frascati: a villa Tuscolana musica in giardino e «sotto le stelle»
Dal flamenco alla musica classica: è un repertorio diversificato quello che compone il cartellone della rassegna «I giardini di musica sotto le stelle», realizzata dal Circolo Lya Barberis, in collaborazione con il polo chitarristico italiano «Carlo Carfagna», nella suggestiva cornice naturale di villa Tuscolana a Frascati.
Dal 27 luglio al 1° agosto, i giardini della storica struttura edificata nel 1564 dalla famiglia Rufini e ristrutturata da Luigi Vanvitelli nel Settecento, dimora di personaggi illustri come il cardinale Francesco Sforza Bonaparte, la nobildonna Maria Anna di Savoia e la regina Maria Cristina di Sardegna, ospiteranno tre concerti prestigiosi con l’obiettivo di coniugare il turismo alla cultura, all’interno di un territorio –situato nel cuore dei Castelli romani– ricco di straordinarie potenzialità.
L’iniziativa, realizzata con il patrocinio del Comune di Frascati e della Regione Lazio, si prefigge altresì di mantenere viva la memoria di Lya De Barberiis, una delle musiciste che più si affermarono nel difficile pianismo internazionale e interprete straordinaria della musica del Novecento italiano.
Ad inaugurare la rassegna, nella serata di domenica 27 luglio, sarà il Juan Lorenzo Quartet con il suo «Flamenco da concierto», un percorso tra i principali generi che formano l’universo della musica flamenca: dalla solea (appartenente alla famiglia del cante jondo) alla ritmicità trascinante dell’alegrias andalusa, dal tiento y tango alla bulerias alla complessità strutturale del fandango e la bellezza armonica della guajira di origine cubana.
Mercoledì 30 luglio sarà la volta del duo composto da Liliana Bernardi al violino e Francesco Taranto alla chitarra, virtuosi interpreti a «dieci corde» di una performance incentrata sulle musiche di Mauro Giuliani, Carlo Carfagna, Eugenio Becherucci e Niccolò Paganini.
«Quattro contro sei» (titolo derivato dal numero di corde dei rispettivi mezzi musicali) rappresenterà un momento di dialogo e fusione dei due strumenti in cui le singole esperienze artistiche daranno vita ad una ricerca espressiva in grado di trasmettere personali e suggestive emozioni sonore.
A chiudere la rassegna, venerdì 1° agosto, sarà un duo d’eccezione, formato dai pianisti Massimiliano Negri e Daniela Ignazzitto, in un’esecuzione a quattro mani che prevede un repertorio completo e vario, con musiche di Grieg, Dvorak, Brahms, Rachmaninoff, Barber, Muszkowsky e Rubinstein. Il collaudato duo, intitolato a Goffredo Petrassi, individua le proprie radici nella grande scuola pianistica di Lya De Barberiis (maestra d'arte e di vita di ambedue gli interpreti), e intende non rappresentare semplicemente la memoria storica del passato ma far continuare a vivere la tradizione di una scuola pianistica ancora esemplare e importante riferimento per i giovani talenti.
Un'ottima occasione, questi appuntamenti, non solo per ascoltare buona musica, ma anche per passare una serata diversa dal solito godendo di un panorama mozzafiato al tramonto e, dopo ogni concerto, il cui inizio è fissato alle ore 19.30, degustando una cena tipica inclusa, su prenotazione e per chi fosse interessato, nell’ingresso.
Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2]Villa Tuscolana a Frascati (Roma); [fig. 3] compagnia di Flamenco; [fig. 4] Massimiliano Negri e Daniela Ignazzitto
Informazioni utili
Giardini di musica sotto le stelle. Villa Tuscolana, via del Tuscolo Km 1,5 - Frascati (Roma). Orari: concerto alle ore 19.30, cena (con obbligo di prenotazione entro i quattro giorni antecedenti all'appuntamento) alle ore 21. Ingresso: concerto + cena € 35,00. Informazioni: cell. 339.4095656, tel. 06.9589231, circultldb@gmail.com. Sito internet: www.circololyadebarberiis.it. Dal 27 luglio al 1° agosto 2014.
Dal 27 luglio al 1° agosto, i giardini della storica struttura edificata nel 1564 dalla famiglia Rufini e ristrutturata da Luigi Vanvitelli nel Settecento, dimora di personaggi illustri come il cardinale Francesco Sforza Bonaparte, la nobildonna Maria Anna di Savoia e la regina Maria Cristina di Sardegna, ospiteranno tre concerti prestigiosi con l’obiettivo di coniugare il turismo alla cultura, all’interno di un territorio –situato nel cuore dei Castelli romani– ricco di straordinarie potenzialità.
L’iniziativa, realizzata con il patrocinio del Comune di Frascati e della Regione Lazio, si prefigge altresì di mantenere viva la memoria di Lya De Barberiis, una delle musiciste che più si affermarono nel difficile pianismo internazionale e interprete straordinaria della musica del Novecento italiano.
Ad inaugurare la rassegna, nella serata di domenica 27 luglio, sarà il Juan Lorenzo Quartet con il suo «Flamenco da concierto», un percorso tra i principali generi che formano l’universo della musica flamenca: dalla solea (appartenente alla famiglia del cante jondo) alla ritmicità trascinante dell’alegrias andalusa, dal tiento y tango alla bulerias alla complessità strutturale del fandango e la bellezza armonica della guajira di origine cubana.
Mercoledì 30 luglio sarà la volta del duo composto da Liliana Bernardi al violino e Francesco Taranto alla chitarra, virtuosi interpreti a «dieci corde» di una performance incentrata sulle musiche di Mauro Giuliani, Carlo Carfagna, Eugenio Becherucci e Niccolò Paganini.
«Quattro contro sei» (titolo derivato dal numero di corde dei rispettivi mezzi musicali) rappresenterà un momento di dialogo e fusione dei due strumenti in cui le singole esperienze artistiche daranno vita ad una ricerca espressiva in grado di trasmettere personali e suggestive emozioni sonore.
A chiudere la rassegna, venerdì 1° agosto, sarà un duo d’eccezione, formato dai pianisti Massimiliano Negri e Daniela Ignazzitto, in un’esecuzione a quattro mani che prevede un repertorio completo e vario, con musiche di Grieg, Dvorak, Brahms, Rachmaninoff, Barber, Muszkowsky e Rubinstein. Il collaudato duo, intitolato a Goffredo Petrassi, individua le proprie radici nella grande scuola pianistica di Lya De Barberiis (maestra d'arte e di vita di ambedue gli interpreti), e intende non rappresentare semplicemente la memoria storica del passato ma far continuare a vivere la tradizione di una scuola pianistica ancora esemplare e importante riferimento per i giovani talenti.
Un'ottima occasione, questi appuntamenti, non solo per ascoltare buona musica, ma anche per passare una serata diversa dal solito godendo di un panorama mozzafiato al tramonto e, dopo ogni concerto, il cui inizio è fissato alle ore 19.30, degustando una cena tipica inclusa, su prenotazione e per chi fosse interessato, nell’ingresso.
Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2]Villa Tuscolana a Frascati (Roma); [fig. 3] compagnia di Flamenco; [fig. 4] Massimiliano Negri e Daniela Ignazzitto
Informazioni utili
Giardini di musica sotto le stelle. Villa Tuscolana, via del Tuscolo Km 1,5 - Frascati (Roma). Orari: concerto alle ore 19.30, cena (con obbligo di prenotazione entro i quattro giorni antecedenti all'appuntamento) alle ore 21. Ingresso: concerto + cena € 35,00. Informazioni: cell. 339.4095656, tel. 06.9589231, circultldb@gmail.com. Sito internet: www.circololyadebarberiis.it. Dal 27 luglio al 1° agosto 2014.
mercoledì 16 luglio 2014
Dal lavoro al vino, due concorsi per artisti di ogni nazionalità
È un argomento molto presente nel dibattito sociale, economico e culturale di questi ultimi anni quello scelto dal Movimento di resilienza italiana per la prima edizione del concorso «Segreen Art Workplace», promosso in collaborazione con la Panza Collection.
Il premio, le cui iscrizioni rimarranno aperte fino al prossimo 29 settembre, si propone, infatti, di indagare il ruolo dell’arte contemporanea nel luogo di lavoro, proponendo ad artisti di ogni nazionalità (senza limiti di età e di sesso) di realizzare un’installazione, una scultura o un quadro per gli spazi interni o esterni del Segreen Business Park di Segrate, complesso di grandi ditte come Lenovo, Triumph e Symantec che è stato inaugurato lo scorso maggio alle porte di Milano.
Il lavoro che vincerà il concorso andrà ad affiancarsi alle tre grandi opere site-specific di Mirco Marchelli e Francesco Arecco, appena installate nelle due hall degli edifici X e Y, per iniziativa di Giuseppina Panza di Biumo e Ilaria Bignotti.
Due le fasi in cui è articolato il concorso, per il quale è previsto un premio finale di 12mila euro. Nella prima parte, che avrà termine entro il 31 ottobre, verranno scelti i venti migliori lavori presentati alla segreteria del premio, che saranno, poi, fatti oggetto di un catalogo in formato digitale e di una mostra. In questa occasione, i lavoratori del Segreen Business Park potranno esprimere le proprie preferenze. Nella seconda fase, verrà scelto il progetto migliore tra i tre più votati. La giuria, che esprimerà il proprio parere entro il 31 gennaio 2015, sarà coordinata da Ilaria Bignotti e Francesco Arecco, e sarà composta da undici professionisti dell’arte, dell’economia, dell’architettura e degli studi sociali e della comunicazione, tra i quali Elio Grazioli, Alessandra Pioselli, Giuseppina Panza, Giuliana Montrasio e Mario Cristiani.
Gli interessati devono presentare entro il 29 settembre il proprio progetto, in busta chiusa e anonima, completo di didascalia, descrizione tecnica dei materiali e breve relazione sul rendering e gli schizzi presentati.
Sarà possibile lavorare per tutta l’estate anche alla realizzazione di un’opera per la quarta edizione del «Premio Sinestesie», ideato e promosso dall’associazione di promozione sociale «Fuori Scala», che annualmente organizza una mostra collettiva itinerante e la pubblicazione di un catalogo critico.
Il concorso, istituito a L’Aquila nel 2006, si suddivide in quattro sezioni -pittura, scultura, fotografia e video- e quest’anno si propone di indagare il tema del vino, prodotto di cultura e non solo di facile consumo, attraverso l’affascinante concetto di sinestesia, ovvero la percezione simultanea di due organi di senso, dovuto alla stimolazione di uno solo di questi. «L’esperienza cognitiva che passa attraverso i nostri sensi, in questo caso il senso del gusto, non avviene -spiegano gli organizzatori- tramite l’esclusiva percezione fenomenica -bere o mangiare-, ma attraverso complessi meccanismi cerebrali che ci permettono di riconoscere -e, dunque, di apprezzare- un elemento come tale. Il vino, perciò, non si percepisce solamente attraverso la complessa armonia che coinvolge più che mai i cinque sensi, ma grazie a un percorso di elaborazione mentale che lo connota quale elemento d’immediata riconoscibilità».
Le iscrizioni al concorso, per il quale è previsto un premio complessivo di 4mila euro, rimarranno aperte fino al prossimo 25 ottobre. Una stampa fotografica a colori e una scheda tecnica dell’opera sono i materiali richiesti in questa prima fase; mentre a dicembre si terrà la mostra dei lavori selezionati dalla giuria.
Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Due vedute del Segreen Business Park di Segrate, Milano; [fig. 3]
Logo del «Premio Sinestesie».
Informazioni utili
«Segreen Art Workplace». Ente banditore: Movimento di resilienza italiana, con Panza Collection. Data ultima di consegna: 29 settembre 2014. Invio materiali: CBRE Global Investors SGR p.A., corso Magenta, 85 - 20123, Milano (Milano), Italia. Sito internet: http://www.segreen.com/segreen-art-call. Informazioni: Reina Torres, +39.366.1170 098 o reina.torres@resilienzaitaliana.org.
«Premio Sinestesie». Ente banditore: Associazione di promozione sociale «Fuori Scala». Quota di partecipazione: € 30,00. Data ultima di consegna: 25 ottobre 2014. Invio materiali: «Premio Sinestesie» c/o curatore Carlo Mangolini, via della Fonte 22, 67021 Barisciano (Aquila). Informazioni: fuoriscala@email.it o cell. 340.2752461. Sito internet: www.premiosinestesie.it.
Il premio, le cui iscrizioni rimarranno aperte fino al prossimo 29 settembre, si propone, infatti, di indagare il ruolo dell’arte contemporanea nel luogo di lavoro, proponendo ad artisti di ogni nazionalità (senza limiti di età e di sesso) di realizzare un’installazione, una scultura o un quadro per gli spazi interni o esterni del Segreen Business Park di Segrate, complesso di grandi ditte come Lenovo, Triumph e Symantec che è stato inaugurato lo scorso maggio alle porte di Milano.
Il lavoro che vincerà il concorso andrà ad affiancarsi alle tre grandi opere site-specific di Mirco Marchelli e Francesco Arecco, appena installate nelle due hall degli edifici X e Y, per iniziativa di Giuseppina Panza di Biumo e Ilaria Bignotti.
Due le fasi in cui è articolato il concorso, per il quale è previsto un premio finale di 12mila euro. Nella prima parte, che avrà termine entro il 31 ottobre, verranno scelti i venti migliori lavori presentati alla segreteria del premio, che saranno, poi, fatti oggetto di un catalogo in formato digitale e di una mostra. In questa occasione, i lavoratori del Segreen Business Park potranno esprimere le proprie preferenze. Nella seconda fase, verrà scelto il progetto migliore tra i tre più votati. La giuria, che esprimerà il proprio parere entro il 31 gennaio 2015, sarà coordinata da Ilaria Bignotti e Francesco Arecco, e sarà composta da undici professionisti dell’arte, dell’economia, dell’architettura e degli studi sociali e della comunicazione, tra i quali Elio Grazioli, Alessandra Pioselli, Giuseppina Panza, Giuliana Montrasio e Mario Cristiani.
Gli interessati devono presentare entro il 29 settembre il proprio progetto, in busta chiusa e anonima, completo di didascalia, descrizione tecnica dei materiali e breve relazione sul rendering e gli schizzi presentati.
Sarà possibile lavorare per tutta l’estate anche alla realizzazione di un’opera per la quarta edizione del «Premio Sinestesie», ideato e promosso dall’associazione di promozione sociale «Fuori Scala», che annualmente organizza una mostra collettiva itinerante e la pubblicazione di un catalogo critico.
Il concorso, istituito a L’Aquila nel 2006, si suddivide in quattro sezioni -pittura, scultura, fotografia e video- e quest’anno si propone di indagare il tema del vino, prodotto di cultura e non solo di facile consumo, attraverso l’affascinante concetto di sinestesia, ovvero la percezione simultanea di due organi di senso, dovuto alla stimolazione di uno solo di questi. «L’esperienza cognitiva che passa attraverso i nostri sensi, in questo caso il senso del gusto, non avviene -spiegano gli organizzatori- tramite l’esclusiva percezione fenomenica -bere o mangiare-, ma attraverso complessi meccanismi cerebrali che ci permettono di riconoscere -e, dunque, di apprezzare- un elemento come tale. Il vino, perciò, non si percepisce solamente attraverso la complessa armonia che coinvolge più che mai i cinque sensi, ma grazie a un percorso di elaborazione mentale che lo connota quale elemento d’immediata riconoscibilità».
Le iscrizioni al concorso, per il quale è previsto un premio complessivo di 4mila euro, rimarranno aperte fino al prossimo 25 ottobre. Una stampa fotografica a colori e una scheda tecnica dell’opera sono i materiali richiesti in questa prima fase; mentre a dicembre si terrà la mostra dei lavori selezionati dalla giuria.
Didascalie delle immagini
[Figg. 1 e 2] Due vedute del Segreen Business Park di Segrate, Milano; [fig. 3]
Logo del «Premio Sinestesie».
Informazioni utili
«Segreen Art Workplace». Ente banditore: Movimento di resilienza italiana, con Panza Collection. Data ultima di consegna: 29 settembre 2014. Invio materiali: CBRE Global Investors SGR p.A., corso Magenta, 85 - 20123, Milano (Milano), Italia. Sito internet: http://www.segreen.com/segreen-art-call. Informazioni: Reina Torres, +39.366.1170 098 o reina.torres@resilienzaitaliana.org.
«Premio Sinestesie». Ente banditore: Associazione di promozione sociale «Fuori Scala». Quota di partecipazione: € 30,00. Data ultima di consegna: 25 ottobre 2014. Invio materiali: «Premio Sinestesie» c/o curatore Carlo Mangolini, via della Fonte 22, 67021 Barisciano (Aquila). Informazioni: fuoriscala@email.it o cell. 340.2752461. Sito internet: www.premiosinestesie.it.
lunedì 14 luglio 2014
Premio internazionale «Sergio Amidei», Gorizia punta i riflettori su Mazzacurati e la Grande Guerra
Sarà dedicata Carlo Mazzacurati, regista e sceneggiatore recentemente scomparso, espressione sincera delle storie e del vissuto del Nord-est italiano, la trentatreesima edizione del premio internazionale «Sergio Amidei»,in programma dal 18 al 24 luglio a Gorizia per iniziativa di varie realtà attive sul territorio friulano, a cominciare dall’Amministrazione comunale e dall’Università degli Studi di Udine, che hanno ottenuto, tra l’altro, il patrocinio del Ministero per i beni e le attività culturali e il contributo economico della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia.
Ricordato e celebrato con grande affetto da tutto il mondo del cinema, l'artista veneto verrà omaggiato nelle sette giornate di programmazione della rassegna, che vede alla direzione organizzativa Giuseppe Longo e al coordinamento artistico Mariapia Comand, attraverso la sua opera completa, dai primi anni Ottanta ai giorni nostri.
La retrospettiva -dalla quale non mancheranno lavori di sceneggiatura come «Marrakech Express» (venerdì 18 luglio, ore 16.16) e «Domani accadrà» (venerdì 18 luglio, ore 14.00)– offrirà un punto di vista privilegiato sull’opera di Carlo Mazzacurati andando oltre i lavori di regia per approdare al campo della scrittura cinematografica, il cuore dell’attività di promozione e divulgazione portata avanti dal premio goriziano in oltre tre decenni di attività.
Tra i film in agenda, che animeranno gli spazi della Sala 2 del Kinemax Gorizia o del parco di villa Coronini Cronberg, si segnalano «Un’altra vita» (sabato 19 luglio, ore 10.15), «Il toro» (domenica 20 luglio, ore 14), «Vesna va veloce» (domenica 20 luglio, ore 10.15), i ritratti dedicati a Mario Rigoni Stern (mercoledì 23 luglio, ore 10.15) e a Andrea Zanzotto (mercoledì 23 luglio, ore 10.15), oltre all’ultima gioiosa opera del regista, uscita postuma nei cinema italiani, «La sedie della felicità» (sabato 19 luglio, ore 21). Anima della retrospettiva dedicata a Carlo Mazzacurati, che è eccezionalmente patrocinata dall’autorevole associazione «100 autori» e dall’Agis Tre Venezie, sarà la tavola rotonda «Avventure di frontiera» (sabato 19 luglio, ore 18.30), incentrata sulla sceneggiatura del regista veneto, che vedrà la presenza di numerosi scrittori che hanno collaborato con lui, da Enzo Monteleone, con il quale condivise gli esordi, a Doriana Leondeff, sceneggiatrice di fiducia dell’ultimo decennio, passando per Francesco Bruni, Massimo Gaudioso e Marco Pettenello, tra gli autori del film «La sedie della felicità».
Grande spazio nella rassegna goriziana avrà, poi, la sezione «La Grande Guerra - L'occhio del cinema», dedicata al primo conflitto bellico nel centenario del suo inizio, grazie alla quale verranno trattati, attraverso tavole rotonde e retrospettive, argomenti quali la memoria storica, i destini individuali e collettivi degli uomini, la forza di denuncia della scrittura cinematografica.
Il premio goriziano offrirà così l’occasione per rivedere film importanti, alcuni noti, altri meno come «Maudite soit la guerre», girato in Belgio nel 1914 da Alfred Machin, che viene considerato il primo lungometraggio pacifista della storia del grande schermo e che verrà presentato al pubblico in tecnologia digitale e nella versione appena restaurata, con accompagnamento musicale dal vivo, come avveniva nei primi decenni del Novecento, grazie alla collaborazione del gruppo Demodè (domenica 20 luglio, ore 18.30). Altra pellicola in cartellone, oggetto di un recente intervento di restauro, è «J’accuse!» (Francia, 1938), raro film di Abel Gance che, per l’occasione, esce dagli archivi della Gaumont (sabato 19 luglio, ore 14). Spazio, poi, all’indimenticabile «Orizzonti di gloria» (Paths of Glory, USA, 1957) di Stanley Kubrick nell’edizione digitale restaurata dalla Park Circus (domenica 20 luglio, ore 16.15), a «Uomini contro» (Italia/ Jugoslavia, 1971) di Francesco Rosi (lunedì 21 luglio, ore 10.15), e a molti altri lavori ancora, tutti lucidi, struggenti e duri racconti di una tra le più drammatiche pagine della storia moderna.
I film saranno introdotti da brevi filmati o documentari su Gorizia e sugli altri teatri di guerra della regione, documenti visivi d’archivio (reperiti dalla Cineteca del Friuli) che con la forza straordinaria delle immagini, ricordano la ‘vicinanza’ della guerra volendo ribadire il valore della pace.
La sezione dedicata alla riflessione sulla prima guerra mondiale sarà, poi, arricchita da una tavola rotonda intitolata «In trincea e sul fronte: il cinema contro la guerra» (domenica 20 luglio, ore 18.30), che vedrà la presenza che vedrà la presenza di Luca Mazzei, docente all’Università di Roma Tor Vergata, e di Alessandro Faccioli, insegnante all’ateneo di Padova.
Ci sarà ovviamente la sezione dedicata alla miglior sceneggiatura cinematografica, asse portante di tutte le edizioni del premio, che prevede la proiezione di sette pellicole tra i titoli europei usciti nelle sale nell'ultima stagione, la cui selezione è stata effettuata dai registi Ettore Scola e Marco Risi, dagli sceneggiatori Francesco Bruni e Massimo Gaudioso, dall’attrice Giovanna Ralli e dalla produttrice Silvia D’Amico.
A contendersi il prestigioso riconoscimento conferito per l’originalità e capacità di sperimentare nuove formule narrative, oltre che per l’attenzione alla realtà sociale e ai temi emergenti del mondo contemporaneo saranno i film «Blue Jasmine» (regia, soggetto, sceneggiatura di Woody Allen), «In grazia di Dio» (regia di Edoardo Winspeare), «Il capitale umano» (regia di Paolo Virzì), «La Mafia uccide solo d’estate» (regia di Pif - Pierfrancesco Diliberto), «Locke» (regia, soggetto, sceneggiatura di Steven Knight), «Smetto quando voglio» (regia di Sidney Sibilia) e «Still Life» (regia, soggetto, sceneggiatura di Uberto Pasolini).
Un altro premio che verrà assegnato dal «Sergio Amidei» nella settimana di eventi goriziani è quello per la cultura cinematografica, che andrà alla trasmissione radiofonica di Radio3, «Hollywood Party», che proprio nel 2014 festeggia i suoi primi vent’anni di vita.
La rassegna prevede, inoltre, una rassegna con proiezioni dedicate ai più piccoli e una sezione dedicata all’horror politico italiano degli anni Sessanta e Settanta,con opere come «Il demonio» (Italia/Francia, 1963) di Brunello Rondi, «Un tranquillo posto di campagna» (Italia/Francia, 1968) di Elio Petri, «Hanno cambiato faccia» (Italia, 1971) di Corrado Farina e «La corta notte delle bambole di vetro» (Germania/Italia/Jugoslavia, 1971) di Aldo Lado, solo per citarne alcuni.
Il premio Amidei proporrà, poi, un focus sul cinema indipendente, interamente incentrato sull'horror indie italiano: durante tre «notti nere» (20-22 luglio) saranno mostrati i lungometraggi più significativi degli ultimi anni firmati da nomi di spicco del panorama, tra i quali Domiziano Cristopharo o Ivan Zuccon. Un cartellone, dunque, ricco quello della rassegna goriziana, che come consuetudine permetterà di riflettere e divertirsi davanti al grande schermo, di incontrare protagonisti del cinema italiano, di rivedere film famosi, di scoprire qualche vecchia pellicola in bianco e nero mai vista o qualche giovane talento del cinema indipendente.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Ritratto di Carlo Mazzacurati; [fig. 2] Un frame del film «La sedia della felicità» di Carlo Mazzacurati; [fig. 3] Un frame del film «Maudite soit la guerre» di Alfred Machin; [fig. 4] Un frame del film «J’accuse!» di Abel Gance; [fig. 5] Un frame del film «La mafia uccide solo d’estate» di Pif
Informazioni utili
Premio internazionale «Sergio Amidei». Gorizia, sedi varie. Sito internet: www.amidei.com. Dal 18 al 24 luglio 2013
Ricordato e celebrato con grande affetto da tutto il mondo del cinema, l'artista veneto verrà omaggiato nelle sette giornate di programmazione della rassegna, che vede alla direzione organizzativa Giuseppe Longo e al coordinamento artistico Mariapia Comand, attraverso la sua opera completa, dai primi anni Ottanta ai giorni nostri.
La retrospettiva -dalla quale non mancheranno lavori di sceneggiatura come «Marrakech Express» (venerdì 18 luglio, ore 16.16) e «Domani accadrà» (venerdì 18 luglio, ore 14.00)– offrirà un punto di vista privilegiato sull’opera di Carlo Mazzacurati andando oltre i lavori di regia per approdare al campo della scrittura cinematografica, il cuore dell’attività di promozione e divulgazione portata avanti dal premio goriziano in oltre tre decenni di attività.
Tra i film in agenda, che animeranno gli spazi della Sala 2 del Kinemax Gorizia o del parco di villa Coronini Cronberg, si segnalano «Un’altra vita» (sabato 19 luglio, ore 10.15), «Il toro» (domenica 20 luglio, ore 14), «Vesna va veloce» (domenica 20 luglio, ore 10.15), i ritratti dedicati a Mario Rigoni Stern (mercoledì 23 luglio, ore 10.15) e a Andrea Zanzotto (mercoledì 23 luglio, ore 10.15), oltre all’ultima gioiosa opera del regista, uscita postuma nei cinema italiani, «La sedie della felicità» (sabato 19 luglio, ore 21). Anima della retrospettiva dedicata a Carlo Mazzacurati, che è eccezionalmente patrocinata dall’autorevole associazione «100 autori» e dall’Agis Tre Venezie, sarà la tavola rotonda «Avventure di frontiera» (sabato 19 luglio, ore 18.30), incentrata sulla sceneggiatura del regista veneto, che vedrà la presenza di numerosi scrittori che hanno collaborato con lui, da Enzo Monteleone, con il quale condivise gli esordi, a Doriana Leondeff, sceneggiatrice di fiducia dell’ultimo decennio, passando per Francesco Bruni, Massimo Gaudioso e Marco Pettenello, tra gli autori del film «La sedie della felicità».
Grande spazio nella rassegna goriziana avrà, poi, la sezione «La Grande Guerra - L'occhio del cinema», dedicata al primo conflitto bellico nel centenario del suo inizio, grazie alla quale verranno trattati, attraverso tavole rotonde e retrospettive, argomenti quali la memoria storica, i destini individuali e collettivi degli uomini, la forza di denuncia della scrittura cinematografica.
Il premio goriziano offrirà così l’occasione per rivedere film importanti, alcuni noti, altri meno come «Maudite soit la guerre», girato in Belgio nel 1914 da Alfred Machin, che viene considerato il primo lungometraggio pacifista della storia del grande schermo e che verrà presentato al pubblico in tecnologia digitale e nella versione appena restaurata, con accompagnamento musicale dal vivo, come avveniva nei primi decenni del Novecento, grazie alla collaborazione del gruppo Demodè (domenica 20 luglio, ore 18.30). Altra pellicola in cartellone, oggetto di un recente intervento di restauro, è «J’accuse!» (Francia, 1938), raro film di Abel Gance che, per l’occasione, esce dagli archivi della Gaumont (sabato 19 luglio, ore 14). Spazio, poi, all’indimenticabile «Orizzonti di gloria» (Paths of Glory, USA, 1957) di Stanley Kubrick nell’edizione digitale restaurata dalla Park Circus (domenica 20 luglio, ore 16.15), a «Uomini contro» (Italia/ Jugoslavia, 1971) di Francesco Rosi (lunedì 21 luglio, ore 10.15), e a molti altri lavori ancora, tutti lucidi, struggenti e duri racconti di una tra le più drammatiche pagine della storia moderna.
I film saranno introdotti da brevi filmati o documentari su Gorizia e sugli altri teatri di guerra della regione, documenti visivi d’archivio (reperiti dalla Cineteca del Friuli) che con la forza straordinaria delle immagini, ricordano la ‘vicinanza’ della guerra volendo ribadire il valore della pace.
La sezione dedicata alla riflessione sulla prima guerra mondiale sarà, poi, arricchita da una tavola rotonda intitolata «In trincea e sul fronte: il cinema contro la guerra» (domenica 20 luglio, ore 18.30), che vedrà la presenza che vedrà la presenza di Luca Mazzei, docente all’Università di Roma Tor Vergata, e di Alessandro Faccioli, insegnante all’ateneo di Padova.
Ci sarà ovviamente la sezione dedicata alla miglior sceneggiatura cinematografica, asse portante di tutte le edizioni del premio, che prevede la proiezione di sette pellicole tra i titoli europei usciti nelle sale nell'ultima stagione, la cui selezione è stata effettuata dai registi Ettore Scola e Marco Risi, dagli sceneggiatori Francesco Bruni e Massimo Gaudioso, dall’attrice Giovanna Ralli e dalla produttrice Silvia D’Amico.
A contendersi il prestigioso riconoscimento conferito per l’originalità e capacità di sperimentare nuove formule narrative, oltre che per l’attenzione alla realtà sociale e ai temi emergenti del mondo contemporaneo saranno i film «Blue Jasmine» (regia, soggetto, sceneggiatura di Woody Allen), «In grazia di Dio» (regia di Edoardo Winspeare), «Il capitale umano» (regia di Paolo Virzì), «La Mafia uccide solo d’estate» (regia di Pif - Pierfrancesco Diliberto), «Locke» (regia, soggetto, sceneggiatura di Steven Knight), «Smetto quando voglio» (regia di Sidney Sibilia) e «Still Life» (regia, soggetto, sceneggiatura di Uberto Pasolini).
Un altro premio che verrà assegnato dal «Sergio Amidei» nella settimana di eventi goriziani è quello per la cultura cinematografica, che andrà alla trasmissione radiofonica di Radio3, «Hollywood Party», che proprio nel 2014 festeggia i suoi primi vent’anni di vita.
La rassegna prevede, inoltre, una rassegna con proiezioni dedicate ai più piccoli e una sezione dedicata all’horror politico italiano degli anni Sessanta e Settanta,con opere come «Il demonio» (Italia/Francia, 1963) di Brunello Rondi, «Un tranquillo posto di campagna» (Italia/Francia, 1968) di Elio Petri, «Hanno cambiato faccia» (Italia, 1971) di Corrado Farina e «La corta notte delle bambole di vetro» (Germania/Italia/Jugoslavia, 1971) di Aldo Lado, solo per citarne alcuni.
Il premio Amidei proporrà, poi, un focus sul cinema indipendente, interamente incentrato sull'horror indie italiano: durante tre «notti nere» (20-22 luglio) saranno mostrati i lungometraggi più significativi degli ultimi anni firmati da nomi di spicco del panorama, tra i quali Domiziano Cristopharo o Ivan Zuccon. Un cartellone, dunque, ricco quello della rassegna goriziana, che come consuetudine permetterà di riflettere e divertirsi davanti al grande schermo, di incontrare protagonisti del cinema italiano, di rivedere film famosi, di scoprire qualche vecchia pellicola in bianco e nero mai vista o qualche giovane talento del cinema indipendente.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Ritratto di Carlo Mazzacurati; [fig. 2] Un frame del film «La sedia della felicità» di Carlo Mazzacurati; [fig. 3] Un frame del film «Maudite soit la guerre» di Alfred Machin; [fig. 4] Un frame del film «J’accuse!» di Abel Gance; [fig. 5] Un frame del film «La mafia uccide solo d’estate» di Pif
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Premio internazionale «Sergio Amidei». Gorizia, sedi varie. Sito internet: www.amidei.com. Dal 18 al 24 luglio 2013
sabato 12 luglio 2014
«Summer on the Rocks», musica e teatro in una cava abbandonata del Conero
È una delle arene più suggestive dell’intero panorama geografico italiano. Stiamo parlando del teatro alla Cave, palcoscenico naturale ai piedi del monte Conero, tra le cittadine di Sirolo e Portonovo, scavato a colpi di martello nella pietra calcarea bianca e rosa che è tipica di questo angolo delle Marche. Qui, dal 19 luglio al 10 agosto, va in scena la prima edizione di «Summer on the Rocks», manifestazione promossa e prodotta da Format e Duncan Eventi, con la direzione artistica di Sante Giavazzi, che si configura come un vero e proprio festival della musica e della comicità made in Italy.
La rassegna, che gode del patrocinio del Comune di Sirolo, «vuole non solo rappresentare una preziosa opportunità per polarizzare, a livello regionale e nazionale, un pubblico multigenerazionale di fruitori, ma anche -affermano gli organizzatori- essere occasione di rilancio di uno storico luogo che nel passato ha visto esibirsi artisti di fama internazionale e che, in tempi recenti, non ha purtroppo goduto di una continuità performativa».
Corrado Pani e Carmelo Bene, Valeria Moriconi e Carla Fracci, Gigi Proietti e Nino Manfredi, Beppe Grillo e Benigni, Panariello e Fiorello, Lucio Dalla e Francesco De Gregori sono, infatti, alcuni degli attori, ballerini e cantanti che si sono esibiti, in passato, in questo suggestivo spazio scenico marchigiano, che può accogliere fino a duemilacinquecento spettatori.
L’incantevole e incontaminata cornice del teatro delle Cave torna ora a riaprirsi per alcuni dei beniamini giovanili più in voga del momento e per artisti storicamente affermati nel mondo della musica leggera e dell’affabulazione comica.
Ad inaugurare il cartellone della rassegna marchigiana sarà il comico siciliano Antonello Costa; sarà, quindi, la volta dello spettacolo «C’è qualcosa in te», atteso one man show di Enrico Montesano (20 luglio). Il secondo fine settimana del festival vedrà, invece, alternarsi il rapper più giovane e gettonato d’Italia, Emis Killa (25 luglio), Max Paiella (26 luglio) e Franco Battiato, in scena con il progetto «Joe Patti’s experimental live group» (27 luglio).
Seguiranno la performance a tutto tondo di Max Giusti (1° agosto), un appuntamento musicale con gli Avion Travel (3 agosto) e il concerto «Esperanto» con la cantante Tosca (2 agosto). A chiudere il festival saranno, invece, i concerti di Deborah Iurato, Simona Molinari (9 agosto) e Simone Cristicchi (10 agosto).
Un debutto estivo importante, dunque, tutto «on the rocks» (come recita il titolo della rassegna marchigiana), quello portato avanti a Sirolo, che, stando a quanto raccontano gli organizzatori, «intende anticipare –con primizie comunque di assoluta qualità–future stagioni aperte anche ad una programmazione internazionale, sempre all’insegna del giusto equilibro tra godimento intellettuale e puro divertimento».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Teatro alle Cave di Sirolo; [fig. 2] Enrico Montesano, tra i protagonisti di «Summer on the Rocks»; [fig. 3] Franco Battiato
Informazioni utili
«Summer on the Rocks». Teatro alle Cave, Strada del Monte – Sirolo (Ancona). Orario spettacoli: ore 21.30. Ingresso: € 15,00-€40,00. Biglietteria on-line: Ticketone e Ciaotickets. Biglietteria sul posto: attiva tutte le sere di spettacolo, dalle ore 20.00 alle ore 21.30. Informazioni: tel. 3738001538. Sito internet: www.summerontherocks.com. Dal 19 luglio al 10 agosto 2014.
La rassegna, che gode del patrocinio del Comune di Sirolo, «vuole non solo rappresentare una preziosa opportunità per polarizzare, a livello regionale e nazionale, un pubblico multigenerazionale di fruitori, ma anche -affermano gli organizzatori- essere occasione di rilancio di uno storico luogo che nel passato ha visto esibirsi artisti di fama internazionale e che, in tempi recenti, non ha purtroppo goduto di una continuità performativa».
Corrado Pani e Carmelo Bene, Valeria Moriconi e Carla Fracci, Gigi Proietti e Nino Manfredi, Beppe Grillo e Benigni, Panariello e Fiorello, Lucio Dalla e Francesco De Gregori sono, infatti, alcuni degli attori, ballerini e cantanti che si sono esibiti, in passato, in questo suggestivo spazio scenico marchigiano, che può accogliere fino a duemilacinquecento spettatori.
L’incantevole e incontaminata cornice del teatro delle Cave torna ora a riaprirsi per alcuni dei beniamini giovanili più in voga del momento e per artisti storicamente affermati nel mondo della musica leggera e dell’affabulazione comica.
Ad inaugurare il cartellone della rassegna marchigiana sarà il comico siciliano Antonello Costa; sarà, quindi, la volta dello spettacolo «C’è qualcosa in te», atteso one man show di Enrico Montesano (20 luglio). Il secondo fine settimana del festival vedrà, invece, alternarsi il rapper più giovane e gettonato d’Italia, Emis Killa (25 luglio), Max Paiella (26 luglio) e Franco Battiato, in scena con il progetto «Joe Patti’s experimental live group» (27 luglio).
Seguiranno la performance a tutto tondo di Max Giusti (1° agosto), un appuntamento musicale con gli Avion Travel (3 agosto) e il concerto «Esperanto» con la cantante Tosca (2 agosto). A chiudere il festival saranno, invece, i concerti di Deborah Iurato, Simona Molinari (9 agosto) e Simone Cristicchi (10 agosto).
Un debutto estivo importante, dunque, tutto «on the rocks» (come recita il titolo della rassegna marchigiana), quello portato avanti a Sirolo, che, stando a quanto raccontano gli organizzatori, «intende anticipare –con primizie comunque di assoluta qualità–future stagioni aperte anche ad una programmazione internazionale, sempre all’insegna del giusto equilibro tra godimento intellettuale e puro divertimento».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Teatro alle Cave di Sirolo; [fig. 2] Enrico Montesano, tra i protagonisti di «Summer on the Rocks»; [fig. 3] Franco Battiato
Informazioni utili
«Summer on the Rocks». Teatro alle Cave, Strada del Monte – Sirolo (Ancona). Orario spettacoli: ore 21.30. Ingresso: € 15,00-€40,00. Biglietteria on-line: Ticketone e Ciaotickets. Biglietteria sul posto: attiva tutte le sere di spettacolo, dalle ore 20.00 alle ore 21.30. Informazioni: tel. 3738001538. Sito internet: www.summerontherocks.com. Dal 19 luglio al 10 agosto 2014.
giovedì 10 luglio 2014
Cosenza, la grafica di Umberto Boccioni trova casa a Palazzo Arnone
Mattia Preti e Luca Giordano, ma anche Paolo De Matteis, Pacecco de Rosa, Carlo Maratta e Sebastiano Conca: è un bel viaggio nell’arte italiana di produzione prevalentemente meridionale quello proposto al visitatore dalla Galleria nazionale di Cosenza, ubicata negli spazi di Palazzo Arnone, attuale sede della Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etno-antropologici della Calabria.
Da giovedì 10 luglio, ad arricchire il già interessante percorso espositivo del museo, riaperto al pubblico nel 2008 dopo un importante progetto di riallestimento delle sale, sarà una sezione dedicata ad Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 – Sorte, 1916), esponente di rilievo del futurismo e dell’arte italiana del primo Novecento, al quale si devono opere come «Rissa in galleria» (1910) e «Forme uniche della continuità nello spazio» (1913).
La nuova ala espositiva di Palazzo Arnone, la cui curatela è firmata da Fabio De Chirico e il cui coordinamento organizzativo è realizzato da Nella Mari, ospita, nello specifico, un nutrito gruppo di disegni su carta eseguiti a grafite, penna, china, pastelli colorati e acquerelli, nonché una ricca selezione di incisioni ad acquaforte e a puntasecca per un totale di sessantacinque opere realizzate dal maestro calabrese in un arco temporale che spazia dal 1906 al 1915, dagli anni della formazione alla piena maturità.
I lavori, che compongono una sorta di diario per immagini dell’intera evoluzione artistica di Umberto Boccioni, provengono dalla prestigiosa collezione dell'americana Lydia Winston Malbin, che verso la metà degli anni Cinquanta, acquistò in Italia da Raffaella Callegari, la sorella del pittore e scultore futurista, numerose opere.
Esposta nel 1961 al Museum of Modern Art di New York, nell’ambito dell’importante mostra «The Graphic Work of Umberto Boccioni», la raccolta venne smembrata nel 1990, alla morte della sua proprietaria, e venne riformata nel 1996 quando il Ministero per i beni e le attività culturali la acquistò dalla Finarte di Lugano per destinarla alla Galleria nazionale di Cosenza.
Il materiale esposto, al quale fanno da corredo accurati sussidi didattici e didascalici, è estremamente pregevole, non solo per la difficoltà di reperire opere del maestro calabrese sul mercato antiquario, ma anche per il valore estetico che l’attività grafica del pittore ricopre nel suo percorso artistico.
Il disegno rappresenta, infatti, un momento importante nella formazione di Umberto Boccioni, che mosse i suoi primi passi da artista nello studio di Giovanni Mataloni, un cartellonista romano che gli insegnò quel segno fortemente espressivo e quella definizione sintetica delle masse che sono cifre stilistiche significative di tutta la sua opera grafica.
Questo «sintetismo robusto» dell'artista calabrese ha fatto sì che la critica parlasse spesso di una similitudine con Toulouse Lautrec. Giulio Carlo Argan sostenne, per esempio, che Umberto Boccioni prese a prestito dal grande maestro francese il «disegno elastico, stringente, caratterizzante, ma anche il gusto dell'arabesco espressivo, dell'avventura grafica, del tratto e del tocco sferzanti».
Tra i pezzi in mostra spiccano alcuni capolavori come l’acquaforte «La madre con l'uncinetto» (1907), che rievoca fortemente la pittura successiva di Umberto Boccioni, gli studi preparatori per il dipinto «La risata» e per le tele «Contadini al lavoro» e «Campagna lombarda», nonché il pastello su cartoncino raffigurante «Gisella», proveniente dalla collezione d’arte della Banca Carime e in comodato d’uso presso la Galleria nazionale di Cosenza.
Nell'occasione sarà presentata la scultura bronzea «Forme uniche di continuità dello spazio» che Roberto Bilotti ha deciso di donare al museo calabrese; si tratta di uno dei molti esemplari in circolazione della celebre opera futurista così significativa per l'arte italiana da essere stata scelta come immagine per la moneta da venti centesimi di euro.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Umberto Boccioni, Studio per «Contadini al lavoro», 1908. Matita su carta. 11,8 x 15 cm. Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza BSAE della Calabria; [fig. 2] Umberto Boccioni, «La madre con l’uncinetto», 1907. Acquaforte e puntasecca. Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza BSAE della Calabria; [fig. 3] Umberto Boccioni, «Gisella», 1907 (datato). Pastello su cartoncino, cm 68 x 98. Collezione Banca Carime in comodato d’uso alla Galleria nazionale di Cosenza
Informazioni utili
Collezione Umberto Boccioni. Palazzo Arnone, Via Gian Vincenzo Gravina - Cosenza. Orari: martedì-domenica, 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 0984.795639/5556 e sbsae-cal@beniculturali.it. Sito internet: www.articalabria.it. Dal 10 luglio 2014.
Da giovedì 10 luglio, ad arricchire il già interessante percorso espositivo del museo, riaperto al pubblico nel 2008 dopo un importante progetto di riallestimento delle sale, sarà una sezione dedicata ad Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 – Sorte, 1916), esponente di rilievo del futurismo e dell’arte italiana del primo Novecento, al quale si devono opere come «Rissa in galleria» (1910) e «Forme uniche della continuità nello spazio» (1913).
La nuova ala espositiva di Palazzo Arnone, la cui curatela è firmata da Fabio De Chirico e il cui coordinamento organizzativo è realizzato da Nella Mari, ospita, nello specifico, un nutrito gruppo di disegni su carta eseguiti a grafite, penna, china, pastelli colorati e acquerelli, nonché una ricca selezione di incisioni ad acquaforte e a puntasecca per un totale di sessantacinque opere realizzate dal maestro calabrese in un arco temporale che spazia dal 1906 al 1915, dagli anni della formazione alla piena maturità.
I lavori, che compongono una sorta di diario per immagini dell’intera evoluzione artistica di Umberto Boccioni, provengono dalla prestigiosa collezione dell'americana Lydia Winston Malbin, che verso la metà degli anni Cinquanta, acquistò in Italia da Raffaella Callegari, la sorella del pittore e scultore futurista, numerose opere.
Esposta nel 1961 al Museum of Modern Art di New York, nell’ambito dell’importante mostra «The Graphic Work of Umberto Boccioni», la raccolta venne smembrata nel 1990, alla morte della sua proprietaria, e venne riformata nel 1996 quando il Ministero per i beni e le attività culturali la acquistò dalla Finarte di Lugano per destinarla alla Galleria nazionale di Cosenza.
Il materiale esposto, al quale fanno da corredo accurati sussidi didattici e didascalici, è estremamente pregevole, non solo per la difficoltà di reperire opere del maestro calabrese sul mercato antiquario, ma anche per il valore estetico che l’attività grafica del pittore ricopre nel suo percorso artistico.
Il disegno rappresenta, infatti, un momento importante nella formazione di Umberto Boccioni, che mosse i suoi primi passi da artista nello studio di Giovanni Mataloni, un cartellonista romano che gli insegnò quel segno fortemente espressivo e quella definizione sintetica delle masse che sono cifre stilistiche significative di tutta la sua opera grafica.
Questo «sintetismo robusto» dell'artista calabrese ha fatto sì che la critica parlasse spesso di una similitudine con Toulouse Lautrec. Giulio Carlo Argan sostenne, per esempio, che Umberto Boccioni prese a prestito dal grande maestro francese il «disegno elastico, stringente, caratterizzante, ma anche il gusto dell'arabesco espressivo, dell'avventura grafica, del tratto e del tocco sferzanti».
Tra i pezzi in mostra spiccano alcuni capolavori come l’acquaforte «La madre con l'uncinetto» (1907), che rievoca fortemente la pittura successiva di Umberto Boccioni, gli studi preparatori per il dipinto «La risata» e per le tele «Contadini al lavoro» e «Campagna lombarda», nonché il pastello su cartoncino raffigurante «Gisella», proveniente dalla collezione d’arte della Banca Carime e in comodato d’uso presso la Galleria nazionale di Cosenza.
Nell'occasione sarà presentata la scultura bronzea «Forme uniche di continuità dello spazio» che Roberto Bilotti ha deciso di donare al museo calabrese; si tratta di uno dei molti esemplari in circolazione della celebre opera futurista così significativa per l'arte italiana da essere stata scelta come immagine per la moneta da venti centesimi di euro.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Umberto Boccioni, Studio per «Contadini al lavoro», 1908. Matita su carta. 11,8 x 15 cm. Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza BSAE della Calabria; [fig. 2] Umberto Boccioni, «La madre con l’uncinetto», 1907. Acquaforte e puntasecca. Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza BSAE della Calabria; [fig. 3] Umberto Boccioni, «Gisella», 1907 (datato). Pastello su cartoncino, cm 68 x 98. Collezione Banca Carime in comodato d’uso alla Galleria nazionale di Cosenza
Informazioni utili
Collezione Umberto Boccioni. Palazzo Arnone, Via Gian Vincenzo Gravina - Cosenza. Orari: martedì-domenica, 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso libero. Informazioni: tel. 0984.795639/5556 e sbsae-cal@beniculturali.it. Sito internet: www.articalabria.it. Dal 10 luglio 2014.
martedì 8 luglio 2014
A Bagni di Lucca un festival tra arte, musica e circo
«Non si vedono che inglesi, non si ode che parlare inglese». Così Mary Shelley raccontava la passione che gli stranieri avevano nell’Ottocento, e soprattutto in epoca romantica, per Bagni di Lucca, antica cittadina termale nella valle del fiume Lima, a poca distanza dalla Garfagnana e dalla Versilia. Da Lord Byron a Heinrich Heine, da Johann Strauss a Nikolaj Platonovič Ogarëv, passando per Alexandre Dumas (padre) e Franz Liszt furono, infatti, molti i musicisti, i pittori e gli scrittori europei che rimasero affascinati dalle bellezze naturali del territorio e che ne fecero luogo di vacanza prediletto. La cittadina fu anche meta di ritrovo della nobiltà e dei diplomatici accreditati presso la corte di Lucca e il Gran Ducato di Toscana, a cominciare da Maria Luisa di Spagna e Leopoldo II di Lorena, tanto da prendere il nome di «terra di principi e poeti». Non meno numerosi furono gli artisti italiani che scelsero, in passato, di ritemprare il corpo e lo spirito alla sorgenti di questa amena località termale; basti pensare a Giacomo Puccini, Pietro Mascagni, Giuseppe Verdi, Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli.
Proprio per ricordare il legame speciale di pittori, poeti e compositori europei per questo affascinante angolo d’Italia, immerso nel verde degli Appennini, l’associazione culturale «Il Ponte in Arte» ha lanciato lo scorso anno la prima edizione del «Bagni di Lucca Art Festival», manifestazione ideata da Jaqueline Varela e Jacob Cartwright che questa estate porterà nel pittoresco borgo di Ponte a Serraglio oltre una cinquantina di artisti, compresi apprezzati performer di arte circense e acrobatica.
Cuore pulsante della manifestazione sono le gallerie di via Vittorio Emanuele: alcuni vecchi negozi, inattivi da anni, recuperati e trasformati in dieci spazi espositivi, per un totale di più trecento metri di vetrina, dove artisti locali e internazionali esporranno per quasi un mese le loro creazioni di pittura, fotografia, scultura, video-arte e le loro installazioni. Attualmente sono in mostra i lavori del pittore statunitense Paul Gervais, della fotografa napoletana Andrea De Franciscis, della scozzese Jenny Mcintosh, della lucchese Laura Gori, della scultrice svedese Inger Sannes e dell’inglese Richard Sweeney,ma è possibile vedere anche la rassegna «Who we are», con le opere di cinque giovani artisti emergenti provenienti da Cina, Francia e Australia. Dal 25 luglio al 10 agosto sarà, invece, la volta dell’artista multimediale Giorgio Brogi, della fotografa statunitense Alyssia Lazin, del milanese Glauco Di Sacco, del lucchese Simone Franchi, del pittore ceco Pavel Kapic e dei ceramisti inglesi Carol Newmarch e Wren Miller.
Per tutta la durata del festival, una delle gallerie verrà messa a disposizione per i manufatti di «Home of Artisans»: uno spazio curato da Belinda Hall, che ospiterà produzioni e laboratori artigianali di tutto il mondo, con la lavorazione del legno, della ceramica, della terracotta e la tessitura.
È, inoltre, in programma un’installazione sull’acque del torrente Lima. Non mancherà, poi, la musica. Dopo il concerto del gruppo italiano Triad Vibration (4 luglio), è previsto un omaggio alla grande tradizione del dramma lirico, nella splendida cornice del Casinò più antico d'Europa, con lo spettacolo «A night at the Opera», un percorso tra arie di Mozart, Puccini e Verdi (19 luglio). Il palcoscenico sarà, poi, tutto per Neco Novellas, musicista del Mozambico che spazia dal pop al jazz, passando per l’afro-beat, il rock e la musica classica (2 e 8 agosto). Mentre a chiudere le serata sarà il concerto «Hollywood Hotel Swing Night» (10 agosto), un percorso tra le atmosfere jazz degli Anni Trenta e Quaranta.
La magia del festival di Bagni di Lucca sarà, inoltre, arricchita da alcune performance acrobatiche di altissimo valore, a cura di James Kingsford Smith (11, 12, 25, 26 luglio), artista del Cirque du Soleil, che,accompagnato dalla violoncellista Lih-Qun Wong, si esibirà in alcun estratti dagli spettacoli «In search of light» e «The glass menagerie».
Chiudono il programma della rassegna toscana una serie di interessanti corsi di pittura, scultura, ceramica e teatro.
Informazioni utili
«Bagni di Lucca Art Festival». Sedi varie – Bagni di Lucca (Lucca). Ingresso libero alle mostre e agli spettacoli. Informazioni: www.artfestivalbagnidilucca.org. Fino al 10 agosto 2014.
Proprio per ricordare il legame speciale di pittori, poeti e compositori europei per questo affascinante angolo d’Italia, immerso nel verde degli Appennini, l’associazione culturale «Il Ponte in Arte» ha lanciato lo scorso anno la prima edizione del «Bagni di Lucca Art Festival», manifestazione ideata da Jaqueline Varela e Jacob Cartwright che questa estate porterà nel pittoresco borgo di Ponte a Serraglio oltre una cinquantina di artisti, compresi apprezzati performer di arte circense e acrobatica.
Cuore pulsante della manifestazione sono le gallerie di via Vittorio Emanuele: alcuni vecchi negozi, inattivi da anni, recuperati e trasformati in dieci spazi espositivi, per un totale di più trecento metri di vetrina, dove artisti locali e internazionali esporranno per quasi un mese le loro creazioni di pittura, fotografia, scultura, video-arte e le loro installazioni. Attualmente sono in mostra i lavori del pittore statunitense Paul Gervais, della fotografa napoletana Andrea De Franciscis, della scozzese Jenny Mcintosh, della lucchese Laura Gori, della scultrice svedese Inger Sannes e dell’inglese Richard Sweeney,ma è possibile vedere anche la rassegna «Who we are», con le opere di cinque giovani artisti emergenti provenienti da Cina, Francia e Australia. Dal 25 luglio al 10 agosto sarà, invece, la volta dell’artista multimediale Giorgio Brogi, della fotografa statunitense Alyssia Lazin, del milanese Glauco Di Sacco, del lucchese Simone Franchi, del pittore ceco Pavel Kapic e dei ceramisti inglesi Carol Newmarch e Wren Miller.
Per tutta la durata del festival, una delle gallerie verrà messa a disposizione per i manufatti di «Home of Artisans»: uno spazio curato da Belinda Hall, che ospiterà produzioni e laboratori artigianali di tutto il mondo, con la lavorazione del legno, della ceramica, della terracotta e la tessitura.
La magia del festival di Bagni di Lucca sarà, inoltre, arricchita da alcune performance acrobatiche di altissimo valore, a cura di James Kingsford Smith (11, 12, 25, 26 luglio), artista del Cirque du Soleil, che,accompagnato dalla violoncellista Lih-Qun Wong, si esibirà in alcun estratti dagli spettacoli «In search of light» e «The glass menagerie».
Chiudono il programma della rassegna toscana una serie di interessanti corsi di pittura, scultura, ceramica e teatro.
Informazioni utili
«Bagni di Lucca Art Festival». Sedi varie – Bagni di Lucca (Lucca). Ingresso libero alle mostre e agli spettacoli. Informazioni: www.artfestivalbagnidilucca.org. Fino al 10 agosto 2014.
domenica 6 luglio 2014
Siena, in viaggio nell’antica Etruria con Michael Franke
È un viaggio pittorico nell’anima e nell’essenza dell’Etruria quello che l’artista tedesco Michael Franke (Bonn, 1957) propone con la mostra «Ántron – Divinità etrusche tra inferi ed estasi. Genesi pittorica dell’Europa», promossa dall'amministrazione comunale di Siena, con il patrocinio dell’Ambasciata della Repubblica federale di Germania e con il contributo economico della Banca Monte dei Paschi, negli antichi spazi dei Magazzini del Sale di Palazzo pubblico, nell’ambito degli eventi promossi per la candidatura di Siena a Capitale della cultura 2019.
Settantasette opere tra astrazione e figurazione, alcune delle quali di dimensioni monumentali, popolano le sale espositive che, con i loro spessi muri in mattoni e la struttura a labirinto, rievocano alla mente gli antri sotterranei etruschi, in uno sottile gioco di rimandi tra idea espositiva e genius loci che trasforma il cammino espositivo in un percorso iniziatico di passaggio dalla dimensione dell’oltretomba verso quelli che sull’«Art Weekly» del Monte dei Paschi sono stati definiti «mondi superiori, permeati di luce e gioia estatica».
L’esposizione, che si avvale dell’allestimento degli architetti Francesca e Gabriele Pulselli, si articola, infatti, sui due livelli: al piano inferiore dei Magazzini del Sale è possibile ammirare opere che illustrano le profondità della terra e l’oscurità; al piano superiore si trovano, invece, lavori ispirati al paesaggio esuberante e vulcanico dell’Etruria, dove la natura si mostra, secondo l’autore, nel suo triplice volto di maestra, madre e divinità.
La mostra prevede anche una sezione al Santa Maria della Scala, nei suggestivi spazi del Museo archeologico nazionale, nel quale sono raccolte testimonianze della civiltà etrusca e che vede l’artista esporre due opere intitolate «Porte dell'oltretomba», raffiguranti un motivo ricorrente nell'iconografia dell’antica Etruria, e alcuni disegni di studio così da creare una feconda interazione tra arte contemporanea e archeologia, presente e storia, con uno sguardo verso il futuro culturale della città toscana e dell’Europa.
I luoghi raffigurati da Michael Franke esistono, non sono immaginari: sono posti che l’artista ha visitato, studiato e disegnato con il suo cavalletto, durante il lungo soggiorno nei pressi del Lago di Bolsena. Per quattro anni, infatti, il pittore tedesco ha viaggiato tra i paesi toscani e nell’alto Lazio per ritrovare le tracce archeologiche degli etruschi e tratteggiare così un suo personalissimo ritratto della storia europea, nel quale l’antico diventa archetipo e paradigma per una nuova e rinnovata alleanza tra uomo e natura.
Michael Franke «è entrato nelle grotte, ha camminato lungo le vie cave, addentrandosi –raccontano Francesca e Gabriele Pulselli- negli squarci profondi scavati nella terra, nascosti da una fitta vegetazione, ricca di biodiversità. […] Vere e proprie opere di land-art ante litteram che disegnano il territorio, dove la natura e l’opera dell’uomo si compenetrano». L’artista ha riletto questi spazi con gli occhi dell’anima e gli ha dato nuova forma attraverso tecniche antiche e pigmenti naturali della grande tradizione pittorica come le tempere all’uovo e alla caseina.
A tal proposito, Claudio Strinati scrive in catalogo che il pittore tedesco «concepisce la sua pittura come un filtro dell’intelligenza e della sensibilità attraverso la quale passano tutte le percezioni e le sensazioni della realtà. La sua, inoltre, non è una percezione diretta quanto un’interpretazione del dato reale entro quello culturale. Franke ha approfondito, attraverso un lungo soggiorno nelle zone dell’alto Lazio, un’esperienza storica immane come quella degli etruschi, del loro mondo e del loro territorio. Ed è proprio il dato territoriale a diventare nella sua pittura lo spunto figurativo primario. L’artista, in particolare, è affascinato da quegli incredibili passaggi stretti scavati nel tufo dove sembra quasi inconcepibile che siano stati aperti e praticati varchi a testimonianza di una civiltà di cui sembra di avvertire una componente magica e enigmatica sulla quale l’artista elabora le sue immagini. Franke è arrivato, dopo anni di esperienze e sondaggi, a costruire un universo figurativo ricco di echi e implicazioni, fortemente vissuto, capace di parlare a tutti, nel nome di quel supremo principio dell’arte che è la condivisione».
Nota
In occasione delle Notti dell’Archeologia, in programma il 9 luglio, Michael Franke accompagnerà i visitatori alla scoperta dell’anima e dell’essenza del territorio e del paesaggio dell’Etruria, in un percorso che prenderà il via, alle ore 17, dal Santa Maria della Scala, e toccherà, quindi, l’Antico Spedale e Magazzini del Sale di Palazzo Pubblico. Si può prenotare la visita al numero 0577.534507 o al numero elettronica infoscala@comune.siena.it.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Michael Franke, «Armenta», Trittico, cm 150 x 150; [fig. 2] Michael Franke, «Porte dell’oltretomba I», cm 175 x 110; [fig. 3] Michael Franke, «Via degli inferi II», cm 150 x 200; [fig. 4 ] Michael Franke, «Adyton», cm 170 x 130
Informazioni utili
«Ántron – Divinità etrusche tra inferi ed estasi. Genesi pittorica dell’Europa». Magazzini del Sale, Palazzo pubblico di Siena, Piazza del Campo, 1 – Siena. Orari: ore 11.00-17.00; gli orari possono subire variazioni al 27 giugno al 3 luglio e dall’11 agosto al 17 agosto per attività inerenti ai Palii. Catalogo: disponibile in mostra (con testi di testi di Immacolata Amodeo, Martin Bentz, Hans-Dietrich Genscher, Giovanni Feo, Jürgen Fohrmann e Hedwig Pompe, Andreas Marneros, Michael Meyer-Blanck, Fulvio Ricci, Reinhard Schäfers, Claudio Strinati, Gabriele Uelsberg e Bruno Valentini). Informazioni: tel. 0577.292232 o e-mail: info@comune.siena.it. Sito internet: www.comune.siena.it o www.michaelfranke.eu. Fino al 28 settembre 2014. [mostra prorogata fino al 12 ottobre 2014]
Settantasette opere tra astrazione e figurazione, alcune delle quali di dimensioni monumentali, popolano le sale espositive che, con i loro spessi muri in mattoni e la struttura a labirinto, rievocano alla mente gli antri sotterranei etruschi, in uno sottile gioco di rimandi tra idea espositiva e genius loci che trasforma il cammino espositivo in un percorso iniziatico di passaggio dalla dimensione dell’oltretomba verso quelli che sull’«Art Weekly» del Monte dei Paschi sono stati definiti «mondi superiori, permeati di luce e gioia estatica».
L’esposizione, che si avvale dell’allestimento degli architetti Francesca e Gabriele Pulselli, si articola, infatti, sui due livelli: al piano inferiore dei Magazzini del Sale è possibile ammirare opere che illustrano le profondità della terra e l’oscurità; al piano superiore si trovano, invece, lavori ispirati al paesaggio esuberante e vulcanico dell’Etruria, dove la natura si mostra, secondo l’autore, nel suo triplice volto di maestra, madre e divinità.
La mostra prevede anche una sezione al Santa Maria della Scala, nei suggestivi spazi del Museo archeologico nazionale, nel quale sono raccolte testimonianze della civiltà etrusca e che vede l’artista esporre due opere intitolate «Porte dell'oltretomba», raffiguranti un motivo ricorrente nell'iconografia dell’antica Etruria, e alcuni disegni di studio così da creare una feconda interazione tra arte contemporanea e archeologia, presente e storia, con uno sguardo verso il futuro culturale della città toscana e dell’Europa.
I luoghi raffigurati da Michael Franke esistono, non sono immaginari: sono posti che l’artista ha visitato, studiato e disegnato con il suo cavalletto, durante il lungo soggiorno nei pressi del Lago di Bolsena. Per quattro anni, infatti, il pittore tedesco ha viaggiato tra i paesi toscani e nell’alto Lazio per ritrovare le tracce archeologiche degli etruschi e tratteggiare così un suo personalissimo ritratto della storia europea, nel quale l’antico diventa archetipo e paradigma per una nuova e rinnovata alleanza tra uomo e natura.
Michael Franke «è entrato nelle grotte, ha camminato lungo le vie cave, addentrandosi –raccontano Francesca e Gabriele Pulselli- negli squarci profondi scavati nella terra, nascosti da una fitta vegetazione, ricca di biodiversità. […] Vere e proprie opere di land-art ante litteram che disegnano il territorio, dove la natura e l’opera dell’uomo si compenetrano». L’artista ha riletto questi spazi con gli occhi dell’anima e gli ha dato nuova forma attraverso tecniche antiche e pigmenti naturali della grande tradizione pittorica come le tempere all’uovo e alla caseina.
A tal proposito, Claudio Strinati scrive in catalogo che il pittore tedesco «concepisce la sua pittura come un filtro dell’intelligenza e della sensibilità attraverso la quale passano tutte le percezioni e le sensazioni della realtà. La sua, inoltre, non è una percezione diretta quanto un’interpretazione del dato reale entro quello culturale. Franke ha approfondito, attraverso un lungo soggiorno nelle zone dell’alto Lazio, un’esperienza storica immane come quella degli etruschi, del loro mondo e del loro territorio. Ed è proprio il dato territoriale a diventare nella sua pittura lo spunto figurativo primario. L’artista, in particolare, è affascinato da quegli incredibili passaggi stretti scavati nel tufo dove sembra quasi inconcepibile che siano stati aperti e praticati varchi a testimonianza di una civiltà di cui sembra di avvertire una componente magica e enigmatica sulla quale l’artista elabora le sue immagini. Franke è arrivato, dopo anni di esperienze e sondaggi, a costruire un universo figurativo ricco di echi e implicazioni, fortemente vissuto, capace di parlare a tutti, nel nome di quel supremo principio dell’arte che è la condivisione».
Nota
In occasione delle Notti dell’Archeologia, in programma il 9 luglio, Michael Franke accompagnerà i visitatori alla scoperta dell’anima e dell’essenza del territorio e del paesaggio dell’Etruria, in un percorso che prenderà il via, alle ore 17, dal Santa Maria della Scala, e toccherà, quindi, l’Antico Spedale e Magazzini del Sale di Palazzo Pubblico. Si può prenotare la visita al numero 0577.534507 o al numero elettronica infoscala@comune.siena.it.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Michael Franke, «Armenta», Trittico, cm 150 x 150; [fig. 2] Michael Franke, «Porte dell’oltretomba I», cm 175 x 110; [fig. 3] Michael Franke, «Via degli inferi II», cm 150 x 200; [fig. 4 ] Michael Franke, «Adyton», cm 170 x 130
Informazioni utili
«Ántron – Divinità etrusche tra inferi ed estasi. Genesi pittorica dell’Europa». Magazzini del Sale, Palazzo pubblico di Siena, Piazza del Campo, 1 – Siena. Orari: ore 11.00-17.00; gli orari possono subire variazioni al 27 giugno al 3 luglio e dall’11 agosto al 17 agosto per attività inerenti ai Palii. Catalogo: disponibile in mostra (con testi di testi di Immacolata Amodeo, Martin Bentz, Hans-Dietrich Genscher, Giovanni Feo, Jürgen Fohrmann e Hedwig Pompe, Andreas Marneros, Michael Meyer-Blanck, Fulvio Ricci, Reinhard Schäfers, Claudio Strinati, Gabriele Uelsberg e Bruno Valentini). Informazioni: tel. 0577.292232 o e-mail: info@comune.siena.it. Sito internet: www.comune.siena.it o www.michaelfranke.eu. Fino al 28 settembre 2014. [mostra prorogata fino al 12 ottobre 2014]
venerdì 4 luglio 2014
Dora Maar, la musa di Pablo Picasso, e la fotografia
Henriette Theodora Markovitch, meglio nota come Dora Maar (Parigi, 1907-1997), nell’immaginario e nel ricordo dei posteri è stata soprattutto l’amante e la musa del grande Pablo Picasso, la donna di rara bellezza e dalla personalità enigmatica che aveva sedotto il massimo pittore del secolo e, abbandonata, era sprofondata nella pazzia, vivendo isolata dal mondo per i restanti cinquant’anni. «Sacrificata al Minotauro», «Segregata con i suoi fantasmi ammuffiti», «Dora, lacrime dipinte»: titolarono i giornali quando i suoi beni vennero messi all’asta, dopo la morte. Ma la Maar non fu solo questo. Fu anche e soprattutto una straordinaria artista e la mostra promossa dalla Fondazione musei civici di Venezia, nell’ambito della rassegna «Primavera a Palazzo Fortuny», ne rivela il singolare talento. Un centinaio le opere esposte, tra le quali alcuni lavori inediti, che Victoria Combalía ha scelto per comporre il percorso espositivo di questo primo omaggio italiano alla fotografa parigina, una donna certamente complessa e tormentata come appare nei dipinti di Pablo Picasso, ma anche acuta, intelligente e politicamente impegnata.
Dopo aver vissuto con la famiglia tra Parigi e Buenos Aires, e dopo aver frequentato l’École et Ateliers d’Arts Décoratif e l’Accademia di André Lhot, Dora Maar viene convinta a studiare fotografia all’École de Photographie de la Ville de Paris dal critico Marcel Zahar, anche se sarà soprattutto Emmanuel Sougez a fornirle preziosi consigli tecnici.
Risalgono al 1928 i primi lavori realizzati su commissione; nel 1930 l’artista inizia a collaborare come assistente di Harry Ossip Meerson. È degli appena anni successivi il connubio con Pierre Kéfer, il giovane che aveva creato le scene per il film «La caduta della casa degli Usher» di Jean Epstein. Le loro opere vengono firmate con il timbro Kéfer-Maar, ma gli scatti di strada sono quasi totalmente di Dora Maar. Si tratta di immagini meno note, eppure di grande interesse per l’attenzione alle frange marginali della società, al mondo dell’infanzia, alla vita quotidiana che si svolge nelle strade e all’eccentrico.
«Lo sguardo di Dora -scrive la curatrice della mostra- non ha il distacco documentario di Atget, né la crudezza di Brassaï, né l’obiettività di Cartier-Bresson. Lei non è direttamente interessata ai bassifondi, ai bordelli o ai cabaret». A volte il suo sguardo si fa pietoso come nel «Mendicante accasciato su una sedia pieghevole» (1932 c.), altre volte è pieno di ironia come in «Niente elemosina. Voglio un lavoro» (1934), dove un impeccabile signore con tanto di bombetta vende fiammiferi mostrando un cartello con scritto: «ho perso tutto negli affari». L’attenzione di Dora Maar per i meno abbienti in una Parigi colpita dalla grande crisi del ‘29 «si colora anche di politica». All’epoca l’artista ha una relazione con un giovane e intelligente cineasta Louis Chavance e frequenta il mondo di Montparnasse con Paul Éluard, i fratelli Jacques e Pierre Prévert, Luis Buñuel, ma cosciente delle disuguaglianze sociali, decide anche di impegnarsi nella lotta in favore delle classi umili ed entra a far parte nel 1933 del gruppo Masses, dove conosce il filosofo e rivoluzionario Georges Bataille. La loro relazione dura pochi mesi, la loro amicizia molto più a lungo.
L'attenzione di Dora Maar per quelli che erano considerati gli ultimi della scala sociale la vede andare spesso alla Zone di Parigi, una serie di terreni incolti nelle vicinanze della città, dove gente poverissima (gli zonards) viveva nelle baracche. È questo lo scenario per scatti come «Due bambini davanti a una roulotte» (1931-’36), «Ragazzino con le scarpe spaiate» (1933), «Donna e bambino alla finestra» (1935), efficaci ritratti di povertà.
Tra le «foto di strada» un posto particolare hanno anche quelle scattate nel viaggio solitario a Barcellona e in Costa Brava negli anni Trenta: l'artista ritrae il mercato della Boquería con le venditrici, le macellaie, i mendicanti, i bambini e i colori. Fa degli scatti al parco Güell di Gaudí, scegliendo gli stessi motivi ripresi quell’anno da Man Ray. Fissa immagini del villaggio di Tossa con i suoi pescatori.
L’impegno sociale, e quindi politico, di Dora Maar coincide con il suo ingresso al gruppo surrealista. Oltre a schierarsi dalla parte dei diseredati, l'artista ha un’istintiva e forte inclinazione per il misterioso, il magico e il soprannaturale, temi fondamentali del credo estetico e ideologico dei surrealisti. «Rivelare l’inquietante stranezza del quotidiano» diventa uno dei talenti dell'artista e nascono così scatti con monumenti visti da dietro («Scultura di pietra») o manichini iperrealistici dall’ammaliante sguardo («Busto di donna»). Famosa in questa tipologia di immagini è la foto «Il simulatore» (1936), una veduta capovolta delle arcate dell’Orangerie del castello di Versailles, nella quale il soffitto diventa pavimento, arcuato come la curva descritta dal corpo del ragazzino che sembra in precario equilibrio.
Alla fotografia sperimentale Dora Maar alterna quella commerciale. Esegue ritratti, foto di nudi, pubblicità e servizi per giornali di moda e piccole riviste erotiche come «Beautés Magazine» o «Amours de Paris».
Tra i tanti ritratti, sono bellissimi quelli di Nusch Éluard, Jean-Louis Barrault, Marie-Laure de Noailles, del poeta René Crevel e della piccola Aube Breton, figlia di André Breton e Jacqueline Lamba.
È il 7 gennaio 1936 quando Paul Éluard presenta all’artista Pablo Picasso; tra i due ha inizio una relazione, passionale e tormenta, che ha ripercussioni nel mondo del lavoro: Dora Maar fotografa, per esempio, le diverse fasi di realizzazione di «Guernica», lasciandoci uno straordinario documento sulla genesi e l’evoluzione di questo capolavoro.
Nel 1937 c’è il riavvicinamento della fotografa parigina alla pittura che non abbandonerà più fino alla fine della sua vita, mentre, negli stessi anni, Pablo Picasso la immortala in innumerevoli tele: all’inizio, la donna appare bella e malinconica con un corpo bianchissimo e sensuale, ma a partire dal ‘38 viene ritratta chiusa in un intreccio di linee sottili, «come una rete o una griglia -nota la Combalìa- metafora del suo carattere tormentato e incostante». Un rapporto, quello con il pittore spagnolo, troppo complicato per Dora Maar e costellato da tradimenti. Nel 1945, è la fine. La donna cade in depressione, a salvarla è la psicoanalisi di Jacques Lacan e la tortura degli elettrochoc. Ma la contropartita della salvezza è la perdita della creatività e la scelta di una vita ritirata, fino alla sua morte, avvenuta nel 1997.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Man Ray, Portrait de Dora Maar (solarisation), 1936. Gelatina al bromuro d'argento, solarizzazione, cm 28,7x21,6. Parigi, Collezione J -P. Godeaut. Photo credit: Xavier Grandsart; [fig. 2] Dora Maar, No Dole, Work wanted (Pas d´aumône. Je veux du travail, Londres, 1934. Vintage, gelatina al bromuro d'argento, cm 39,3x29,6. Parigi, collezione privata. © Dora Maar, by Siae 2014. Photo credit: Xavier Grandsart; [fig. 3] Dora Maar, Sans titre (main et coquillage, circa 1934).Gelatina al bromuro d'argento, stampa moderna, cm 23,4x17,5. Parigi, Centre Pompidou, Musée national d'art moderne/Centre de création industrielle. © Dora Maar by Siae 2014; [fig. 4] Dora Maar, Aube Breton en 1936, 1936. Vintage, gelatina al bromuro d'argento, cm 14x9. Parigi,Collezione privata. Courtesy Galerie 1900-2000. © Dora Maar, by Siae 2014
Dopo aver vissuto con la famiglia tra Parigi e Buenos Aires, e dopo aver frequentato l’École et Ateliers d’Arts Décoratif e l’Accademia di André Lhot, Dora Maar viene convinta a studiare fotografia all’École de Photographie de la Ville de Paris dal critico Marcel Zahar, anche se sarà soprattutto Emmanuel Sougez a fornirle preziosi consigli tecnici.
Risalgono al 1928 i primi lavori realizzati su commissione; nel 1930 l’artista inizia a collaborare come assistente di Harry Ossip Meerson. È degli appena anni successivi il connubio con Pierre Kéfer, il giovane che aveva creato le scene per il film «La caduta della casa degli Usher» di Jean Epstein. Le loro opere vengono firmate con il timbro Kéfer-Maar, ma gli scatti di strada sono quasi totalmente di Dora Maar. Si tratta di immagini meno note, eppure di grande interesse per l’attenzione alle frange marginali della società, al mondo dell’infanzia, alla vita quotidiana che si svolge nelle strade e all’eccentrico.
«Lo sguardo di Dora -scrive la curatrice della mostra- non ha il distacco documentario di Atget, né la crudezza di Brassaï, né l’obiettività di Cartier-Bresson. Lei non è direttamente interessata ai bassifondi, ai bordelli o ai cabaret». A volte il suo sguardo si fa pietoso come nel «Mendicante accasciato su una sedia pieghevole» (1932 c.), altre volte è pieno di ironia come in «Niente elemosina. Voglio un lavoro» (1934), dove un impeccabile signore con tanto di bombetta vende fiammiferi mostrando un cartello con scritto: «ho perso tutto negli affari». L’attenzione di Dora Maar per i meno abbienti in una Parigi colpita dalla grande crisi del ‘29 «si colora anche di politica». All’epoca l’artista ha una relazione con un giovane e intelligente cineasta Louis Chavance e frequenta il mondo di Montparnasse con Paul Éluard, i fratelli Jacques e Pierre Prévert, Luis Buñuel, ma cosciente delle disuguaglianze sociali, decide anche di impegnarsi nella lotta in favore delle classi umili ed entra a far parte nel 1933 del gruppo Masses, dove conosce il filosofo e rivoluzionario Georges Bataille. La loro relazione dura pochi mesi, la loro amicizia molto più a lungo.
L'attenzione di Dora Maar per quelli che erano considerati gli ultimi della scala sociale la vede andare spesso alla Zone di Parigi, una serie di terreni incolti nelle vicinanze della città, dove gente poverissima (gli zonards) viveva nelle baracche. È questo lo scenario per scatti come «Due bambini davanti a una roulotte» (1931-’36), «Ragazzino con le scarpe spaiate» (1933), «Donna e bambino alla finestra» (1935), efficaci ritratti di povertà.
Tra le «foto di strada» un posto particolare hanno anche quelle scattate nel viaggio solitario a Barcellona e in Costa Brava negli anni Trenta: l'artista ritrae il mercato della Boquería con le venditrici, le macellaie, i mendicanti, i bambini e i colori. Fa degli scatti al parco Güell di Gaudí, scegliendo gli stessi motivi ripresi quell’anno da Man Ray. Fissa immagini del villaggio di Tossa con i suoi pescatori.
L’impegno sociale, e quindi politico, di Dora Maar coincide con il suo ingresso al gruppo surrealista. Oltre a schierarsi dalla parte dei diseredati, l'artista ha un’istintiva e forte inclinazione per il misterioso, il magico e il soprannaturale, temi fondamentali del credo estetico e ideologico dei surrealisti. «Rivelare l’inquietante stranezza del quotidiano» diventa uno dei talenti dell'artista e nascono così scatti con monumenti visti da dietro («Scultura di pietra») o manichini iperrealistici dall’ammaliante sguardo («Busto di donna»). Famosa in questa tipologia di immagini è la foto «Il simulatore» (1936), una veduta capovolta delle arcate dell’Orangerie del castello di Versailles, nella quale il soffitto diventa pavimento, arcuato come la curva descritta dal corpo del ragazzino che sembra in precario equilibrio.
Alla fotografia sperimentale Dora Maar alterna quella commerciale. Esegue ritratti, foto di nudi, pubblicità e servizi per giornali di moda e piccole riviste erotiche come «Beautés Magazine» o «Amours de Paris».
Tra i tanti ritratti, sono bellissimi quelli di Nusch Éluard, Jean-Louis Barrault, Marie-Laure de Noailles, del poeta René Crevel e della piccola Aube Breton, figlia di André Breton e Jacqueline Lamba.
È il 7 gennaio 1936 quando Paul Éluard presenta all’artista Pablo Picasso; tra i due ha inizio una relazione, passionale e tormenta, che ha ripercussioni nel mondo del lavoro: Dora Maar fotografa, per esempio, le diverse fasi di realizzazione di «Guernica», lasciandoci uno straordinario documento sulla genesi e l’evoluzione di questo capolavoro.
Nel 1937 c’è il riavvicinamento della fotografa parigina alla pittura che non abbandonerà più fino alla fine della sua vita, mentre, negli stessi anni, Pablo Picasso la immortala in innumerevoli tele: all’inizio, la donna appare bella e malinconica con un corpo bianchissimo e sensuale, ma a partire dal ‘38 viene ritratta chiusa in un intreccio di linee sottili, «come una rete o una griglia -nota la Combalìa- metafora del suo carattere tormentato e incostante». Un rapporto, quello con il pittore spagnolo, troppo complicato per Dora Maar e costellato da tradimenti. Nel 1945, è la fine. La donna cade in depressione, a salvarla è la psicoanalisi di Jacques Lacan e la tortura degli elettrochoc. Ma la contropartita della salvezza è la perdita della creatività e la scelta di una vita ritirata, fino alla sua morte, avvenuta nel 1997.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Man Ray, Portrait de Dora Maar (solarisation), 1936. Gelatina al bromuro d'argento, solarizzazione, cm 28,7x21,6. Parigi, Collezione J -P. Godeaut. Photo credit: Xavier Grandsart; [fig. 2] Dora Maar, No Dole, Work wanted (Pas d´aumône. Je veux du travail, Londres, 1934. Vintage, gelatina al bromuro d'argento, cm 39,3x29,6. Parigi, collezione privata. © Dora Maar, by Siae 2014. Photo credit: Xavier Grandsart; [fig. 3] Dora Maar, Sans titre (main et coquillage, circa 1934).Gelatina al bromuro d'argento, stampa moderna, cm 23,4x17,5. Parigi, Centre Pompidou, Musée national d'art moderne/Centre de création industrielle. © Dora Maar by Siae 2014; [fig. 4] Dora Maar, Aube Breton en 1936, 1936. Vintage, gelatina al bromuro d'argento, cm 14x9. Parigi,Collezione privata. Courtesy Galerie 1900-2000. © Dora Maar, by Siae 2014
Informazioni utili
Dora Maar. Nonostante Picasso. Palazzo Fortuny, San Marco 3780 - Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00 (la biglietteria chiude un'ora prima); chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: tel. 041.5200995 o fortuny@fmcvenezia.it. Sito web: http://fortuny.visitmuve.it. Fino al 14 luglio 2014.
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