ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
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mercoledì 9 giugno 2021

Il «Bestiario infernale»: Dante Alighieri e gli animali della «Divina Commedia» nelle xilografie di Gianni Verna

Dalle «tre fiere» del primo Canto dell’«Inferno» - la lonza, il leone e la lupa – alle api citate nel Canto XXXI del «Paradiso», paragonate agli angeli dell’Empireo: la presenza degli animali nella «Divina Commedia» è inaspettatamente ampia e variegata. Si spazia dai mosconi, dalle vespe, dai serpenti, dai cani e da altre bestie che tormentano le anime dei dannati, incontrate ‘realmente’ da Dante e Virgilio nel loro viaggio ultraterreno, ad animali chiamati alla ribalta attraverso metafore, similitudini, allusioni e perifrasi. È il caso, per esempio, degli «stornei», delle gru e delle colombe, a cui il «Sommo poeta» paragona le anime dei lussuriosi nel Canto V dell’«Inferno», o del grifone cristologico e dell’aquila imperiale, citati nel «Paradiso». Agli animali della «Commedia» dantesca è stato dedicato recentemente, nel 2019, il libro «Il bestiario dell’aldilà» di Giuseppe Ledda, docente all’Università degli studi di Bologna, che ha scritto anche altri volumi sullo scrittore toscano: «La guerra della lingua. Ineffabilità, retorica e narrativa nella Commedia di Dante» (2002), «Dante» (2008), «La Bibbia di Dante» (2015) e «Leggere la Commedia» (2016).
In occasione dei settecento anni dalla morte del poeta toscano, gli animali danteschi tornano alla ribalta con Gianni Verna (Torino, 1942), instancabile artista, allievo di Francesco Casorati e Francesco Franco, che da anni si dedica alla xilografia e che, nel 1987, ha dato vita con Gianfranco Schialvino a un «operativo cenacolo a due», per usare un’espressione di Angelo Dragone, dal quale è nata anche «Smens», unica rivista stampata ancora con caratteri di piombo e direttamente dai legni originali appositamente incisi a cui collaborano importanti studiosi, scrittori poeti e artisti.
In questi giorni, il «Bestiario infernale» dell’artista torinese conclude il percorso espositivo della mostra «Omaggio a Dante 1321 - 2021», in programma al Forte di Bard, in Valle d’Aosta. Cuore dell’esposizione è un prezioso incunabolo dell’opera dantesca, «La Comedia del Divino Poeta Fiorentino Dante Aleghieri», stampato a Brescia nel 1487 da uno dei primi editori che in Italia utilizzò la stampa a caratteri mobili, appena inventata da Gutenberg. Si tratta di Bonino de Boninis, al quale si deve anche l’aver scelto di illustrare l’opera dantesca con una sessantina di xilografie di artisti a lui contemporanei. 
In attesa di poter vedere la mostra in presenza, sul Web è presente, dallo scorso Dantedì, un’anteprima video, in cui l’attore Andrea Damarco legge alcune terzine del celebre poema introdotto dalla direttrice del Forte di Bard, Maria Cristina Ronc.
Nel Medioevo i «Bestiari», particolari volumi a tema letterario e figurato che raccontavano le curiosità del mondo animale accompagnate da spiegazioni moralizzanti o da riferimenti tratti dalla Bibbia, allo scopo di stupire ed erudire il volgo, erano molto in voga. Dante Alighieri si dimostra, dunque, figlio del suo tempo. I «Bestiari» sono anche per lui strumenti spirituali utili nel cammino di conversione ed espiazione dell’uomo, «fondendo nella componente semantica del loro nome -ricorda Gianfranco Schialvino in catalogo - i contenuti dei miti pagani, delle fonti bibliche e teologiche, e delle «Naturales historiae» d’età classica ed ellenistica».
Gianni Verna, artista «che non conosce soste», di ottima fama e consolidato mestiere, propone un percorso non solo tra gli animali reali raccontati da Dante Alighieri, ma anche tra creature mitologiche dai tratti insieme umani e ferini: Caronte, Minosse, Cerbero, Gerione, le Furie, le Arpie, Lucifero, Malacoda, il Minotauro, i Centauri, i Giganti, le Arpie, Proserpina, Medusa, Belzebù e i Draghi. 
Tra gli animali raffigurati ci sono il veltro, il destriero, le vespe, l’aquila, le gru che «van cantando lor lai, / faccendo in aere di sé lunga riga», le colombe, i «porci in brago», la «scrofa azzurra e grossa», «la falsa vacca», il toro «che gir non sa, ma qua e là saltella», i mosconi e i serpenti, «le rane innanzi a la nimica biscia», «i ranocchi pur col muso fuori», «i dalfini, quando fanno segno a’ marinar’ con l’arco de la schiena», l’anitra, il cane «ch’abbaiando agogna, / e si racqueta poi che ’l pasto morde», e le «nere cagne, bramose e correnti», il leone e l’oca, l’orsa e il falcone e lo sparviero, i «lupicini» e il «vipistrello». Questi animali son raccontati da Gianni Verna con precisi tratti di bulino e sempre più spesso con vigorosi colpi di sgorbia, dai quali emerge lo spirito di osservazione dell’artista e il suo pregevole sforzo di interpretazione delle cantiche dantesche, lette ora con devozione e riconoscenza, ora con ironia e dissacrazione.
«La sovrabbondanza di immagini animali nei canti dell’Inferno – che l’artista ha scolpito in due lunghe lastre di noce, conducendo in processione come Noè sull’arca e Mosè attraverso il mare, decine e decine di figure ora morfologicamente inappuntabili, ora elaborate con raffinata sensibilità, ora riducendole all’essenzialità di un segno –, può essere interpretata – racconta Gianfranco Schialvino in catalogo - come un allegorico panorama della degradazione dei dannati, privati d’ogni aspetto umano a causa del peccato e della dannazione. Ma la similitudine animalesca non intende assolutamente svolgere questa generica funzione, essendo anzi numerose le analogie animali che Dante ha usato per gli spiriti del Purgatorio e del Paradiso e perfino per gli angeli: si tratta quindi di una grande varietà di riferimenti che non possono essere ridotti univocamente alla funzione generica di segni della degradazione bestiale dei dannati».
Gianni Verna ci restituisce, dunque, un suo personalissimo «Bestiario infernale», che svolge non soltanto una funzione ornamentale, di commento e di esposizione, ma contribuisce anche,  «attraverso l’attivazione della propria autonomia iconica, - per usare ancora le parole di Gianfranco Schialvino -  a ricostruire la rilevanza culturale di una personalissima epopea dantesca».

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giovedì 20 maggio 2021

In cammino con Dante: a Verona sulle tracce del «Sommo Poeta»

Il «primo rifugio e 'l primo ostello»: così Dante Alighieri nel «Paradiso», al verso 70 del canto XVII, definisce Verona, la città che lo accolse dopo l’esilio da Firenze. Qui, all'ombra dello stemma scaligero adorno delle ali dell'aquila imperiale, lo scrittore visse circa sette anni: dal 1303 al 1304, a casa di Bartolomeo della Scala, e dal 1312 al 1318, ospitato dal fratello Cangrande. Qui trovò ispirazione per la sua opera più celebre: la «Divina Commedia». 
In occasione dei settecento anni dalla morte del poeta, il Comune di Verona propone un’inedita mostra diffusa, che permette di scoprire lo scrittore in maniera inusuale, percorrendo le sue stesse strade, contemplando un paesaggio, entrando nei palazzi, visitando le chiese, osservando le immagini dipinte e scolpite che, oltre settecento anni fa, lo stesso Dante poté scoprire e ammirare.
Il percorso e le tappe della mostra diffusa sono contenuti e illustrati in un'agile mappa cartacea, preziosa guida che conduce i visitatori alla scoperta dei luoghi direttamente legati alla presenza di Dante e dei suoi figli ed eredi, che ancora oggi risiedono a Gargagnago in Valpolicella, ma che permette anche di scoprire la tradizione dantesca, che nei secoli continuò ad alimentarsi e a crescere, fino a diventare, nell'Ottocento, punto di riferimento per l’identità nazionale. 
Ogni luogo dantesco della mappa è segnalato in situ con un apposito pannello; con un semplice tocco sul proprio cellulare tramite QRcode, il visitatore potrà accedere a un'espansione digitale dei contenuti della mappa, ulteriore approfondimento del proprio itinerario. 
Prima tappa del percorso è piazza dei Signori, cuore della città, dove è collocata una statua del poeta, in marmo di Carrara, realizzata dallo scultore Ugo Zannoni nel 1865 e recentemente sottoposta a un accurato intervento di restauro. La storia racconta che l’opera, commissionata in occasione del sesto centenario della nascita di Dante, fu inaugurata la notte tra il 13 e il 14 maggio alle 4 del mattino per scongiurare la censura degli austriaci, allora al governo della città scaligera.
La visita può proseguire verso Palazzo della Ragione, edificio costruito verso la fine del XII secolo quale palazzo comunale, uno tra i primi in Italia, che oggi ospita la Galleria d’arte moderna «Achille Forti».
In questi spazi, la mostra diffusa trova un prezioso raccordo e ulteriori sviluppi tematici a carattere storico-artistico nelle esposizioni in programma. Si inizia con «La mano che crea. La galleria pubblica di Ugo Zannoni», a cura di Francesca Rossi. Si proseguirà in estate, dall’11 giugno al 3 ottobre, con «Tra Dante e Shakespeare. Il mito di Verona», a cura di Francesca Rossi, Tiziana Franco, Fausta Piccoli. La mostra presenta una significativa selezione di opere d’arte e testimonianze storiche dal Trecento all’Ottocento, che permettono di approfondire due precisi fulcri tematici: il rapporto tra Dante e la Verona di Cangrande della Scala e il successivo revival sette-ottocentesco della «Divina Commedia» e di un Medioevo ideale, ma anche il mito, tutto scaligero e shakespeariano, di Giulietta e Romeo.
Si può, quindi, proseguire verso Palazzo del Capitanio, inizialmente residenza scaligera e costruzione recente ai tempi di Dante, quindi sede, sotto il dominio della Serenissima (1405-1796), del Capitano veneto – da qui il nome attuale – e poi, dal tardo Ottocento, degli uffici giudiziari.
Si può, poi, fare tappa al Palazzo della Provincia, oggi sede della Prefettura, dimora fatta costruire da Cangrande della Scala, e alle Arche Scaligere, sepolcro nella chiesa di Santa Maria Antica, dove sono conservate le spoglie mortali di Alberto I (morto nel 1301) e dei suoi figli Bartolomeo I (1304), Alboino (1311) e Cangrande (1329). L’arca di Bartolomeo si distingue per l’insegna della scala sormontata da un’aquila. Di Cangrande restano sia il primo sarcofago, dove fu deposto subito dopo la morte improvvisa e misteriosa (l’enigma sarà svelato prossimamente dall’indagine sul DNA condotto dalle Università di Verona e di Firenze in collaborazione con il Civico museo di storia naturale di Verona), sia il sontuoso monumento che gli fece realizzare Mastino II, suo nipote, sopra la porta della chiesa, quando diede avvio alla trasformazione monumentale e dinastica del cimitero.
Sempre sulle orme dell’Alighieri, si arriva, quindi, alla chiesa di San Zeno Maggiore, capolavoro del romanico lombardo. Sul fianco sud dell’edificio religioso, c’è un’epigrafe incisa che ricorda l’abate Gerardo, figura citata dal poeta nel XVIII canto del «Purgatorio», e le opere da lui promosse al tempo del Barbarossa.
Di qui si prosegue per Sant’Elena, adiacente alla Cattedrale, che conserva in buona parte la sua compagine altomedievale. Il 20 gennaio 1320, Dante tenne in questa sede una lezione pubblica per spiegare il fenomeno dell’emersione delle terre sopra la superficie dell’acqua. Forse sperava di conquistare così l'ammissione all'insegnamento nello Studio, la scuola superiore di Verona che stava diventando una rinomata Università, ma gli venne preferito il maestro di logica Artemisio. Alla fine del testo della «Questio de aqua et terra» si legge: «[…] definita da me, Dante Alighieri, il minimo dei filosofi, durante il dominio dell’invitto Signore messer Cangrande della Scala, Vicario del Sacro Romano Impero, nell’inclita città di Verona, nel tempietto della gloriosa Elena […]».
Durante il suo primo soggiorno veronese, il poeta frequentò quasi certamente anche la Biblioteca Capitolare, una delle più antiche del mondo, il cui scriptorium era attivo forse già dal VI secolo. In queste sale, erano presenti, già allora, antichi manoscritti di alcuni fra i classici meno noti al Medioevo, come la «Naturalis Historia» di Plinio il Vecchio e le «Historiae» di Livio. I due autori sono citati in un breve passaggio del «De vulgari eloquentia», scritto tra il 1303 e il 1305, nel quale lo scrittore rivela che una «amichevole insistenza» lo invitava a consultarli («Quos amica sollicitudo nos visitare invitat»).
La mappa ci conduce, poi, verso tre chiese. Si inizia con Sant’Anastasia, solo un cantiere durante i soggiorni danteschi a Verona, che un tempo ospitava nel suo primo chiostro la più antica tomba veronese di famiglia degli Alighieri. Si prosegue a San Fermo Maggiore, anch’essa in costruzione negli anni in cui Dante era presente a Verona, che nel transetto destro della chiesa conserva l’elegante cappella funeraria che Pietro IV e Ludovico Alighieri, discendenti del poeta, fecero allestire a metà del Cinquecento. Infine, si può visitare Sant’Eufemia, legata a Dante solo per via indiretta: il teologo Egidio Romano espose nel suo «De regimine principum» – opera composta prima del 1285 – alcune teorie cosmologiche che il poeta avrebbe affrontato nella «Questio de aqua et terra». Alcuni studiosi hanno ipotizzato che la «Questio» fosse un falso composto da qualche teologo di Sant’Eufemia e attribuito a Dante per avvalorare le dottrine del Romano. A Sant’Eufemia, inoltre, furono sepolti i figli di Guido Novello da Polenta, che ospitò Dante a Ravenna e che il poeta menziona nella sua «Egloga» a Giovanni del Virgilio.
Sulla mappa sono segnalati anche alcuni luoghi legati ai discendenti del poeta, da piazza delle Erbe, dove, secondo l’umanista Moggio Moggi, Pietro Alighieri, il figlio di Dante, recitò un capitolo in terzine sulla «Commedia», a San Michele Arcangelo, monastero di una comunità religiosa femminile benedettina dove presero i voti anche Alighiera, Gemma e Lucia, figlie di Pietro e di Jacopa Salerni. In questo elenco ci sono anche Palazzo Serego Alighieri, edificio dal caratteristico prospetto neoclassico, che al suo interno custodisce una statua di Dante, opera di Francesco Zoppi, e Villa Serego Alighieri, che è tuttora proprietà e residenza (non visitabile) dei discendenti del poeta.
L’ultima parte del percorso è, infine, una passeggiata tra i luoghi della tradizione dantesca. In questo elenco si trova il trecentesco Palazzo Marogna, che vantava, nel Cinquecento, un’articolata decorazione ad affresco – oggi purtroppo appena visibile – che, secondo il pittore ottocentesco Pietro Nanin, raffigurava due scene della «Commedia»: Dante che corre verso Virgilio, inseguito dalle fiere, e Beatrice su un carro, dipinta nell’atto di svelarsi il volto, secondo quanto riporta il XXXI canto del «Purgatorio». 
Tra i luoghi della tradizione c’è anche il Ponte di Veja, un poderoso arco naturale a Sant’Anna d’Alfaedo, la cui conformazione rimanda ai ponti in pietra del cerchio VIII dell’«Inferno», come ricordava, a fine Ottocento, il dantista tedesco Alfred Bassermann.
Tappa finale della mostra diffusa è Castelvecchio, che Dante non vide (fu costruito a partire dal 1354 per iniziativa di Cangrande II della Scala) ma che oggi accoglie, come sede museale, importanti testimonianze della Verona dell’età di Dante: sculture del Maestro di Sant’Anastasia, dipinti di stretta influenza giottesca, parte del corredo funerario della tomba di Cangrande della Scala e gli originali delle statue equestri di Cangrande e Mastino II, provenienti dalle Arche Scaligere. In queste sale è allestita anche la mostra «Dante negli archivi. L’Inferno di Mazur», a cura di Francesca Rossi, Daniela Brunelli, Donatella Boni, con 41 acqueforti e acquetinte ispirate alla prima cantica della «Divina Commedia». 
 Il percorso non è stato pensato solo per i turisti, ma anche per i veronesi che potranno così riscoprire luoghi simbolo della loro città, come portati per mano da Dante Alighieri. 

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Chiostro di San Zeno, Verona; [fig. 2] Basilica di San Zeno, Verona; [fig. 3] Piazza dei Signori, Verona; [fig. 4]  Ponte Veja. Foto di Gianni Crestani; [fig. 5] Verona. Foto di Fabio Tura; [fig. 6] Ga, Verona; [fig. 7] Museo di Castelvecchio, Verona; [fig. 8]  Luigi Ferrari (Venezia, 1810 - 1894) Busto di Dante, 1864. Marmo; 81 × 57 × 37 cm. Vicenza, Istituzione pubblica culturale Biblioteca civica Bertoliana. Opera esposta nella mostra «Tra Dante e Shakespeare. Il mito di Verona», a cura di Francesca Rossi, Tiziana Franco, Fausta Piccoli

mercoledì 5 maggio 2021

#Dante700, a Firenze una call for artist per la scenografia dello spettacolo «In fuga dall’ingiusta pece»

«[…] Condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, […] a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia». Con questa sentenza del 10 marzo 1302, racchiusa nel «Libro del Chiodo», attualmente conservato all'Archivio di Stato di Firenze, Dante Aligheri, allora appena trentasettenne, iniziava la sua vita da esule. Le accuse erano pretestuose, frutto di una vendetta per la sua attività tra i Guelfi bianchi. Ma lo scrittore, che allora si trovava a Roma per un tranello di papa Bonifacio VIII, vicino agli avversari politici del «Sommo poeta», la fazione dei Neri, che aveva preso il potere della città toscana sul finire del 1301, con il sostegno di Carlo di Valois, non rivide mai più la sua patria. L’autore della «Divina Commedia» preferì non difendersi da quella che considerava una «giustizia ingiusta»; trascorse la sua vita da esule, di corte in corte, sperimentando «come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e 'l salir per l'altrui scale» («Paradiso», canto XVII, vv. 55-60); e ancora oggi le sue spoglie mortali sono conservate a Ravenna.
Alla storia di Dante Alighieri esule sarà dedicato lo spettacolo «In fuga dall’ingiusta pece» dell’associazione culturale «Arte e arti» e della compagnia teatrale «Attori e convenuti», inserito tra il centinaio di progetti che compongono il cartellone ufficiale delle celebrazioni per i settecento anni dalla morte dello scrittore.
Il lavoro consiste in una rievocazione in forma drammaturgico-poetica della vicenda personale e processuale nella quale fu coinvolto Dante, di cui si trovano più volte richiami nella «Divina Commedia»: dall’incontro con Ciacco («Inferno», Canto VI) a quello con Farinata degli Uberti («Inferno», Canto X), dalla profezia di Brunetto Latini («Inferno», Canto XV) a quella di Corrado Malaspina («Purgatorio», Canto VIII), fino al colloquio con l’avo Cacciaguida («Paradiso», Canto XVII).
Nel titolo «In fuga dall’ingiusta pece» sono riassunti i temi trattati nello spettacolo, ovvero la condizione di esule del poeta e l'ingiustizia della  sua condanna; la pece a cui si fa riferimento è quella nella quale lo scrittore immerge, nei Canti XXI e XXII dell’«Inferno», i condannati per baratteria, il reato del quale egli fu accusato.
Nella solitudine dell’esilio, Dante riflette sul suo stato di migrante «forzato», sull’uso distorto della giustizia quale strumento per estromettere gli avversari e sulla sua scelta di non difendersi da false accuse infamanti. Il testo teatrale, che debutterà il prossimo 14 settembre a Ravenna, per poi fare tappa a Firenze e Verona, si sofferma su tutti questi aspetti ed è costituito dall'intreccio dei brani tratti dalle opere dantesche con commenti elaborati da studiosi e critici d'arte.
«In un’atmosfera tra l’onirico e il reale, - spiegano dalla compagnia fiorentina - sulla scena si materializzeranno i personaggi che hanno popolato questa tragica fase della vita di Dante e sono stati trasfigurati o citati nella sua «Commedia»: dai «neri diavoli» dei Canti XXI e XXII dell’«Inferno» - i quali assumono le sembianze dei suoi persecutori -, ai signori che lo hanno accolto e ospitato. Davanti a loro, lo scrittore da accusato si trasforma in accusatore, anche se rimarrà per sempre un confinato».
La call for artist, aperta fino al 20 giugno (informazioni all'indirizzo redazione@artearti.net), nasce con l’intento di creare una scenografia poliedrica ottenuta con la proiezione, anche simultanea, delle immagini realizzate per l’occasione dagli artisti. Il processo a Dante - evento ignorato dai pittori di ogni epoca - diventerà così un gioco caleidoscopico, nel quale le varie opere, che potranno essere realizzate con qualsiasi tecnica espressiva bidimensionale, si intersecheranno e si dissolveranno l’una nell’altra, disegnando il clima evocato dal testo.
La scelta dell’immagine per la promozione di questo concorso non è casuale ed è caduta su «Giotto dipinge il ritratto di Dante», opera del 1859 di Dante Gabriel Rossetti. «L’acquerello - raccontano gli organizzatori - rappresenta Giotto, con le fattezze dell'artista Rossetti, mentre ritrae il «Sommo poeta». Così come l'artista preraffaellita si è concesso la licenza di dare il suo volto al pittore di Vicchio, così gli artisti contemporanei sono invitati a creare una rappresentazione del processo a Dante, in totale libertà espressiva e adottando metafore, simbologie o licenze artistiche, tanto più che l’evento dell’udienza non vide la presenza dell’Alighieri».
Aldilà dei fatti storicamente accaduti, gli artisti del nostro tempo sono così chiamati a celebrare lo scrittore e la sua opera più famosa, la «Divina Commedia», figlia proprio dell’esilio.

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venerdì 16 aprile 2021

A Grosseto la primavera è «Dinamica». In piazza Dante sei sculture di Sauro Cavallini

A Grosseto l’arte esce dai musei e anima piazza Dante. In occasione dei settecento anni dalla morte dell’autore della «Divina Commedia», il padre della lingua italiana, la città toscana organizza la mostra en plein air «Dinamica», dedicata alle sculture monumentali di Sauro Cavallini (La Spezia, 1927 – Fiesole, 2016), artista le cui opere si trovano in collezioni di elevato spessore come quelle della Città del Vaticano, del Principato di Monaco e del Parlamento europeo di Strasburgo, che accoglie il famoso «Monumento alla Vita», il cui bronzo di oltre tre metri di altezza è collocato proprio davanti al Palazzo del Consiglio d’Europa. 
In un momento storico che ci sta tenendo lontani dalla cultura dal vivo, con i musei e i teatri chiusi a causa del Coronavirus e delle sue varianti, la città toscana permette così ai suoi abitanti di passeggiare tra sei opere monumentali dell’artista spezzino, poi naturalizzato fiorentino, selezionate da Maria Anna Di Pede, direttrice del Centro studi Cavallini, attivo a Fiesole dal 2017, proprio sulle colline dove lo scultore aveva il suo atelier.
Realizzate tra il 1967 e il 1984
, le opere esposte traggono in parte ispirazione dalla mitologia. È il caso di «Icaro» (1983, bronzo, cm 200x220), figura imponente e straordinariamente plastica, che raffigura il giovane colto nell’atto di lanciarsi per spiccare il volo e fuggire dal labirinto che il padre, Dedalo, aveva costruito per rinchiudere il Minotauro. Sauro Cavallini rappresenta Icaro quale esempio di libertà e di coraggio, di tenacia e determinazione, con le braccia aperte, con il corpo ricurvo in avanti e la testa china, con la gamba sinistra piegata sul basamento (unico punto di appoggio dell’opera) e con la destra slanciata lateralmente a riprendere il movimento delle braccia.
Alla mitologia greca guarda anche «Centauro», (1967, bronzo, cm 80x338x85). Ancorato al basamento con le zampe posteriori, questo essere fantastico a metà tra uomo e cavallo esprime tutta la sua natura ferina nella tensione del corpo che si allunga verso l’alto, fremendo e scalpitando con le zampe anteriori, e nel braccio sinistro alzato e minaccioso. Ispirandosi alle antiche leggende che descrivono i centauri come esseri inclini alla brutalità e alla violenza, lo scultore realizza un’opera in cui la moltiplicazione di gesti, di scatti e di tensioni sembra non avere mai fine.
Ci sono, poi, le due sculture della serie «Titani» (1968, bronzo, cm 60x310 e cm 50x210), qui presentati in tutta la loro grandiosità: alti, snelli, con le braccia lungo il corpo o sollevate al cielo, carichi di un’energia interiore trattenuta, ma pronta ad esplodere. 
Le storie mitologiche, e in particolare i miti greci, sono state un punto di riferimento costante per Sauro Cavallini che ispirandosi ai protagonisti di favolose leggende, ha realizzato opere cariche di significati simbolici, che spesso gli hanno consentito di esprimere i suoi profondi ideali.
Con «Amore Universo» (1974, bronzo, cm230x350x170) e «Balletto Multiplo» (1984, bronzo, cm 260x280x250) l’artista ha, invece, voluto omaggiare il più profondo dei sentimenti, in un caso, e l’armonia assoluta espressa da corpi che danzano nello spazio, nell’altro.
Nella prima opera due figure asessuate si abbracciano teneramente fondendo i loro corpi in un unico essere. Esili e flessuose si muovono nello spazio, si estendono in un sapiente gioco di equilibri e rispondenze che esalta la leggerezza e l’assoluta libertà della composizione. «Amore» e «Universo» sono per Sauro Cavallini il simbolo di un legame universale indissolubile, di un amore che avvolge il creato e le creature con la stessa straordinaria intensità. Tutta la sua opera tende in questa direzione: «Amore ad oltranza - scriveva l’autore tra le sue riflessioni - verso i profondi ideali e il creato».
«Balletto Multiplo» è, invece, composta da tre sinuose silhouette che si muovono armoniosamente e, nel rispetto di un serrato gioco di equilibri, si sfiorano, si intrecciano e si dispongono secondo una coreografia che si sviluppa intorno alla figura centrale, sollevata in un agile slancio. 
La danza è stata una fonte di ispirazione inesauribile per Sauro Cavallini che ha realizzato ballerine e figure danzanti atteggiate in un’incredibile varietà di gesti e di pose. Il movimento del corpo in sintonia con la musica è stato a lungo indagato dallo scultore che ha saputo tradurre nel bronzo la leggerezza e l’eleganza di quest’arte con estrema sensibilità.
La mostra, che rimarrà aperta per tutta la primavera e l’estate (fino al prossimo 30 settembre), getta così uno sguardo completo sull’opera di Sauro Cavallini, artista eclettico e curioso, le cui opere scultoree, nell’alternanza di pieni e di vuoti, sono caratterizzate da un movimento sinuoso, da una spinta verso l’alto e verso l’altro, che ci parla dell’amore dell’artista per il mondo e le persone.

Didascalie delle opere 
[Fig. 1] Sauro Cavallini, Amore Universo,1974. Bronzo, cm230x350x170; [fig. 2]Sauro Cavallini, Balletto Multiplo, 1984. Bronzo, cm 260x280x250; [fig. 3] Sauro Cavallini, Icaro, 1983. Bronzo, cm 200x220; [fig. 4] Sauro Cavallini, Centauro, 1967. Bronzo, cm80x338x85; [fig. 5] Sauro Cavallini,Titano 1,1968

Informazioni utili 
Dinamica. Le sculture monumentali di Sauro Cavallini. Via e piazza Dante Alighieri – Grosseto. Accesso libero. Informazioni utili: tel. +39.335.7877373, art@saurocavallini.it. Sito internet: www.saurocavallini.com. Fino al 30 settembre 2021

martedì 30 marzo 2021

Tre virtual tour per il progetto ravennate «Dante. Gli occhi e la mente»

È visibile anche sul Web il progetto «Dante. Gli occhi e la mente», che riunisce le tre mostre promosse dal Comune di Ravenna e organizzate dal Mar - Museo d'arte della città e dalla Biblioteca classense, in occasione del settimo centenario della morte di Dante Alighieri.
In un momento storico così particolare e difficile, che ha reso inagibili tanti luoghi di cultura su tutto il territorio nazionale, in molti non si sono fermati, ma anzi hanno lavorato intensamente per portare mostre e collezioni museali nelle case degli italiani e non solo.
Punta sull’offerta digitale anche la città di Ravenna che, in collaborazione con Zeranta Edutainment Srl, ha dato vita a una piattaforma con tre virtual tour, che permettono di visionare ben sette ambienti virtuali a 360°, oltre un centinaio di opere e circa sessanta contenuti multimediali tra interviste, piccoli documentari e un divertente video musicale pop, che contiene un brano composto ed eseguito per l’occasione dal cantautore e teatrante Ivan Talarico. La popolarità dei versi di «Dante, il sommo poeta dal naso importante, persona volgare e talvolta scostante», come recita con ironia l’incipit della canzone, viene ripercorsa, con questo contributo, attraverso la citazione di brani di noti cantautori, da Antonello Venditti e Fabrizio De Andrè, che si solo fatti suggestionare dalla storia di Paolo e Francesca, a Luciano Ligabue e Daniele Silvestri, che hanno preso a prestito il verso «nel mezzo del cammin di nostra vita», senza dimenticare Francesco Gabbani, Franco Battiato e Gianluca Grignani. Il video fa parte del percorso promozionale di «Un’epopea pop», la mostra curata da Giuseppe Antonelli, professore di linguistica all’Università di Pavia, la cui inaugurazione è prevista per il prossimo 4 settembre al Mar - Museo d’arte della città.
Dalle illustrazioni di Gustav Dorè alle figurine dei dadi Liebig, dall’«Inferno» di Topolino alla pubblicità della Magnesia San Pellegrino, dalle monete ai francobolli, il virtual tour racconta la fortuna dell’Alighieri e della sua «Commedia» in un viaggio che spazia dal Trecento ai giorni nostri. Nel video iniziale Giuseppe Antonelli spiega, infatti, che il poeta era già famoso ai suoi tempi e, a conferma di questa tesi, riporta un episodio tramandato nelle «Trecentonovelle» di Franco Sacchetti, nel quale si racconta di Dante che, passeggiando per Firenze, sente prima un fabbro poi un asinaio cantare pezzi del suo libro. E tutte e due le volte si arrabbia: col primo perché «tramestava i versi suoi, smozzicando e appiccando»; col secondo perché, «quando avea cantato un pezzo, toccava l’asino, e diceva: Arri».
Intrecciato alla mostra, il Mar propone un percorso d’arte contemporanea, a cura di Giorgia Salerno, con una selezione di opere di artisti contemporanei scelte in attinenza concettuale a riferimenti danteschi con temi guida come le anime, la figura femminile, il sogno, il viaggio e la luce. Edoardo Tresoldi, Richard Long, Kiki Smith e Robert Rauschenberg sono solo alcuni degli artisti che sarà possibile incontrare nel virtual tour, che si chiude con «Stella-acidi» di Gilberto Zorio, uno tra i maggiori esponenti dell’Arte Povera.
Un’altra mostra non ancora allestita, ma che si può già in parte visitare on-line, è «Le arti al tempo dell’esilio», a cura di Massimo Medica, direttore dei Musei civici di arte antica di Bologna, in programma dal 24 aprile al 4 luglio nella Chiesa di San Romualdo. Brevi interventi audio spiegano alcune delle preziose opere trecentesche che comporranno il percorso espositivo, a partire dal «Polittico di Badia» di Giotto - importante prestito delle Gallerie degli Uffizi - che l'artista realizzò per l'altare maggiore della Badia Fiorentina, chiesa vicina all'allora abitazione di Dante a Firenze, e che, con ogni probabilità, il poeta ebbe modo di vedere durante la sua realizzazione. Cimabue, Arnolfo di Cambio, Giovanni e Nicola Pisano sono gli altri artisti documentati nella mostra virtuale, che si chiude con la visita a 360° del ciclo di affreschi per Santa Chiara in Ravenna, attribuito a Pietro da Rimini.
Sul portale, realizzato con la consulenza di Jader Giraldi e la produzione multimediale di Flatmind Videoproduction, è possibile vedere anche la mostra «Inclusa est flamma. Ravenna 1921: Il secentenario della morte di Dante», a cura di Benedetto Gugliotta, attualmente allestita nel Corridoio Grande della Biblioteca Classense. Libri, manifesti, fotografie, dipinti, manoscritti e numerosi oggetti d'arte offerti come omaggio a Dante e alla città che fu il suo «ultimo rifugio» raccontano l'amore degli italiani verso quello che viene considerato il padre della nostra lingua. A scandire il percorso ci sono diversi Albi di firme della Tomba di Dante e della Classense, con autografi di visitatori illustri, ma anche di comuni cittadini. 
Lungo il percorso espositivo sono presenti, inoltre, il manifesto realizzato da Galileo Chini per il seicentenario e i sacchi in tela di juta, contenenti foglie di alloro in omaggio a Dante, donati da Gabriele D'Annunzio e decorati da Adolfo De Carolis con il motto «Inclusa est flamma» («la fiamma è all'interno»). Sul portale non manca, infine, una testimonianza dei lavori di restauro alla Tomba di Dante, con un intervento di Maurizio Tarantino, il direttore della Biblioteca Classense, che racconta come il titolo del progetto ravennate sia ispirato a un verso del canto XXVII del «Paradiso»: «pigliare occhi, per aver la mente», ovvero catturare l'attenzione attraverso lo sguardo dello spettatore per averne il pensiero.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] [Fig. 1] Galileo Chini, Dante, 1921, manifesto per il secentenario della morte di Dante Alighieri. È esposta nella mostra «Dante. Gli occhi e la mente. Inclusa est flamma. Ravenna 1921: il Secentenario della morte di Dante», Biblioteca Classense; [fig. 2] Virtual tour della mostra «Un’epopea pop»; [fig. 3] Giotto, «Polittico di Badia», tempera su tavola, 142x337cm, 1300 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi; [fig. 4] Maestro della Croce 434, «San Francesco riceve le stimmate», tempera e oro su tavola, 81x51cm, 1250 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi; [fig. 5] Virtual tour della mostra «Le arti al tempo dell’esilio» 
 
Informazioni utili
Per accedere alla piattaforma: www.mar.ra.it/dante-vitual-tour-2021

giovedì 11 marzo 2021

«Dante. La visione dell’arte», una mostra a Forlì per i settecento anni dalla morte del «sommo poeta»


Presentazione video della mostra «Dante. La visione dell'arte», a cura di Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi

Nel suo pellegrinare da esule, costretto a lasciare Firenze per due sentenze del 1302 che lo condannavano al rogo e alla distruzione delle sue proprietà, Dante Alighieri fece tappa anche a Forlì. Ci arrivò nell’autunno del 1302, lasciata Arezzo, trovando rifugio presso gli Ordelaffi, signori ghibellini della città, e ci fece, occasionalmente, ritorno anche in seguito. La città romagnola e il territorio circostante finirono così per essere più volte citati nella «Divina Commedia». Nel Canto XXVII dell’«Inferno» viene, per esempio, ricordata la resistenza dei forlivesi all’assedio delle milizie francesi inviate nel 1282 da papa Martino IV per sottomettere la città ghibellina; mentre nel Canto XVI, sempre dell’«Inferno» la cascata dell’Acquacheta viene paragonata a quella del fiume infernale Flagetonte. Forlì non poteva, dunque, esimersi dal ricordare il poeta nel settecentesimo anniversario della morte.
Dal 30 aprile, dopo un rinvio di qualche settimana a causa delle restrizioni per la pandemia, la città ospiterà così, ai Musei di San Domenico, la mostra «Dante. La visione dell’arte», un viaggio nella storia dell’arte tra Medioevo ed età contemporanea, con circa trecento opere di artisti del calibro di Giotto, Beato Angelico, Filippino Lippi, Lorenzo Lotto, Michelangelo, Tintoretto, fino ad arrivare a Giulio Aristide Sartorio, Umberto Boccioni, Felice Casorati e altri maestri del contemporaneo.
Il progetto, parte di una strategia di valorizzazione di un luogo e di un territorio che è ponte naturale tra Toscana ed Emilia-Romagna, nasce da un’idea di Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, e di Gianfranco Brunelli, direttore delle grandi mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì.
Curatori della mostra sono il professor Antonio Paolucci e il professor Fernando Mazzocca, coadiuvati da un prestigioso comitato scientifico.
L'esposizione, uno degli eventi più importanti del settecentesimo anniversario dantesco, affronta, per la prima volta, l’intimo rapporto tra Dante e l’arte, presentando una selezione di artisti che si sono cimentati nella grande sfida di rendere in immagini la potenza visionaria del «Sommo poeta», delle sue opere e in particolare della «Divina Commedia». Lungo il percorso espositivo ci sono anche lavori che hanno trattato tematiche simili a quelle dantesche o, ancora, che hanno tratto da lui episodi o personaggi singoli, sganciandoli dall’intera vicenda e facendoli vivere in sé.
Sono circa cinquanta, tra dipinti, sculture e disegni, le opere che le Gallerie degli Uffizi, ente co-organizzatore del grande evento espositivo, ha messo a disposizione della mostra. Tra queste, ci sono un corpus di opere grafiche a tema realizzate Michelangelo e da Federico Zuccari (attualmente al centro di una «Ipervisione» del museo fiorentino), i celebri ritratti del poeta firmati da Andrea del Castagno e di Cristofano dell’Altissimo, e, infine, una selezione di opere ottocentesche di Nicola Monti, Pio Fedi, Giuseppe Sabatelli, Raffaello Sorbi, oltre al capolavoro di Vogel von Volgestein, «Episodi della Divina Commedia».
In questo periodo, - racconta a proposito della mostra Eike Schmidt, direttore degli Uffizi - è importante ritrovare in Dante non solo un simbolo di unità nazionale, ma anche un conforto spirituale e un riferimento culturale comune. La mostra sarà un’occasione per ripensare al padre della lingua italiana e offrirà materia per riflettere sull’importanza che l’opera dantesca – i suoi versi, i personaggi e gli eventi da lui narrati – riveste ancora nei nostri tempi».
Non solo gli Uffizi, però, hanno aperto i loro «scrigni danteschi» per la mostra. Arriveranno, infatti, prestiti da altre importanti istituzioni internazionali come l’Ermitage di San Pietroburgo, la Walker Art Gallery di Liverpool, dalla National Gallery di Sofia, la Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, il Museum of Art di Toledo, i Musei Vaticani. Non mancheranno, lungo il percorso espositivo, opere provenienti dal territorio italiano e più precisamente dalla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, dalla Galleria Borghese, dal Museo di Capodimonte, ma non solo.
Con uno stile magniloquente e antologico, l’esposizione, aperta fino all’11 luglio, condurrà il visitatore alla scoperta della crescente leggenda di Dante attraverso i secoli. 
L’iniziale fortuna critica del poeta verrà mostrata attraverso le prime edizioni della «Commedia» e alcuni dei più importanti codici miniati del XIV e XV secolo. Apposite sezioni saranno, quindi, dedicate alla fama del poeta nella stagione rinascimentale, alla sua riscoperta in epoca neoclassica e preromantica, alle interpretazioni romantiche e novecentesche della sua opera ed eredità. Capitoli a parte verranno dedicati all’ampia e fortunata ritrattistica dedicata di Dante nella storia dell’arte, ma anche al tema del rapporto tra il poeta e la cultura classica. Non mancherà, poi, un focus sulla figura di Beatrice, che lo scrittore eleva ad emblema del rinnovamento dell’arte e delle sue stesse positive passioni.
Protagonisti della mostra saranno anche le molteplici raffigurazioni che alcuni tra i più grandi artisti hanno offerto nel corso della storia della narrazione dantesca del Giudizio universale, dell’«Inferno», del «Purgatorio» e del «Paradiso». Il percorso si concluderà con capolavori ispirati, nella loro composizione, al XXXIII canto del «Paradiso». 
Un evento da non perdere, dunque, quello di Forlì, la cui importanza appare palpabile nelle parole di Gianfranco Brunelli, direttore delle Grandi mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì: «Penso di poter dire che se c’è un’esposizione davvero completa e davvero nazionale, nell’anno centenario di Dante, quella forlivese si iscrive ad esserlo. Non solo la «Commedia» viene ricondotta lungo i rispecchiamenti che l’arte ne ha tratto, ma tutto Dante. Un viaggio dell’arte e un viaggio nell’arte che ci consente di rivedere Dante, il suo tempo e il nostro».

Vedi anche


Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cristofano dell'Altissimo (Firenze, 1525 – 1605), «Ritratto di Dante Alighieri», 1552-1568; [fig. 2] Andrea del Castagno (Castagno, 1421 – Firenze, 1457), «Dante Alighieri», 1448-1449. Affresco strappato e applicato su tela, 250 x 150 cm. Firenze, Gallerie degli Uffizi; [fig. 3] Henry James Holiday (Londra, 1839 – 1927), «Dante Alighieri», 1875 circa. Matita, acquerello e gomma arabica su carta, 63,5 x 49,5 cm. Collezione privata c/o Christie’s; [fig. 4] Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban, 1780 – Paris, 1867), «Paolo e Francesca sorpresi da Gianciotto», 1819. Olio su tela, 50,3 x 40,7 cm. Angers, Musée des Beaux-Arts; [fig. 5] Dante Gabriel Rossetti (Londra, 1828 – Kent, 1882), «Il saluto di Beatrice», 1880-1882. Olio su tela, 154,3 x 91,4 cm. Toledo (Ohio), Museum of Art

Informazioni utili
Dante. La visione dell'arte. Musei di san Domenico, piazza Giudo da Montefeltro, 12 - Forlì. Orari: da lunedì a venerdì, dalle ore 9.30 alle ore 19.00; sabato, domenica, giorni festivi, dalle ore 9.30 alle ore 20.00 (compatibilmente con le indicazioni contenute nel Dpcm in corso); la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 13,00, ridotto € 11,00, ridotto speciale (scolaresche) € 5,00, biglietto speciale famiglia € 26,00, altre tipologie di tagliandi (compreso quello integrato con gli eventi in programma a Ravenna) sono reperibili sul sito della mostra. Informazioni: tel. 199.151134; tel. 0543.36217; mostraforli@civita.it (orario call center: dal lunedì al venerdì, ore 9.00-13.00 e ore 14.30-17.30; sabato e domenica chiuso). Normativa anti-Covid: La visita è regolamentata da un sistema di fasce orarie. La prenotazione o l’acquisto on-line del biglietto sono fortemente consigliati nei giorni feriali e obbligatori nei week end e nei festivi. La visita è consentita solo adottando le seguenti misure di sicurezza: - accertamento della temperatura corporea di tutti i visitatori attraverso sistemi certificati di misurazione istantanea. Non potranno entrare i visitatori con una temperatura corporea superiore ai 37,5°C. , - obbligo di indossare la mascherina e procedere alla sanificazione delle mani con apposito disinfettante, - accesso alla biglietteria di un solo visitatore alla volta, anche per i nuclei famigliari. Gli altri visitatori attenderanno in coda mantenendo la distanza di sicurezza di 2 metri e seguendo le indicazioni fornite dagli operatori, - obbligo di mantenere sempre la distanza di sicurezza di almeno 2 mt. tra un visitatore e l’altro all’interno delle sale espositive e in tutti gli ambienti condivisi, - la durata massima di visita è fissata in 2 ore, - l’utilizzo dell’ascensore è consentito esclusivamente a persone con disabilità e relativo accompagnatore, - l’accesso al bookshop è consentito ad un massimo di due visitatori alla volta, - in tutti gli ambienti si consiglia di limitare all’indispensabile il contatto con le superfici comuni (tavoli, ringhiere, maniglie) ed evitare il contatto con gli oggetti in esposizione, - informare prontamente il personale museale in caso di malessere. Sito internet: www.mostradante.it. Da 30 aprile all'11 luglio 2021

giovedì 25 febbraio 2021

«Baci dal mondo», le Terre Malatestiane festeggiano on-line l’anno dantesco con il «Francesca Day»

Dalle tragedie di Silvio Pellico e Gabriele D’Annunzio alla «Fantasia sinfonica» di Pëtr Il'ič Čajkovskij, senza dimenticare l’opera scultorea di Auguste Rodin, il ciclo incisorio di Gustave Dorè e la parodia teatrale di Antonio Petito. Ma anche i disegni e le pitture di Jean Auguste Dominique Ingres, Dante Gabriele Rossetti, Mosè Bianchi e Gaetano Previati. Sono innumerevoli gli artisti che, dal Settecento a oggi, hanno rivolto la propria attenzione all’appassionante storia d’amore e di morte tra Francesca da Polenta e Paolo Malatesta. Tanto è vero che si stima l’esistenza di 1078 componimenti letterari, 85 tragedie, 599 opere d’arte visiva, 435 eventi musicali, una decina di film e persino un fotoromanzo dedicati alla coppia adulterina che Dante Alighieri rese immortale nelle pagine del Canto V dell’«Inferno», quello incentrato sui «peccatori carnali che la ragion sommettono al talento», puniti da una «bufera infernal che mai non resta».
La storia dell’avvenente e sfortunata fanciulla ravennate, per la quale Gabriele D’Annunzio coniò l’espressione «un fiore in mezzo a tanto ferro», e del suo amante, il giovane uomo che Giovanni Boccaccio definì «piacevole» e «costumato», non poteva non tornare sotto i riflettori nell’anno in cui si celebra il settecentesimo anniversario dalla morte di Dante Alighieri.
Si aprirà, infatti, con il «Francesca Day», in programma l’8 marzo, il cartellone dei festeggiamenti danteschi promosso dai Comuni di Rimini e Gradara, con i territori malatestiani e le Regioni Emilia Romagna e Marche.
La scelta della data non è casuale. Si è, infatti, deciso di celebrare Francesca da Rimini nel giorno della festa della donna perché il suo «mito, che appare con Dante, -racconta Ferruccio Farina - esplode con l’Illuminismo e il Romanticismo per affermare una donna non più peccatrice, ma vittima innocente di inganni e di violenze, emblema di bellezza, libertà e coraggio». Francesca è, dunque, una donna a tutto tondo, «una donna guerriera», costretta a un matrimonio di interesse, per ragioni di guerra e potere, con il crudele e deforme signore di Rimini, ingannata anche dal padre che le fa credere che il suo futuro sposo sia «Paolo il bello», il cognato, e capace, con coraggio, di scegliere l’amore vero a costo della sua stessa vita.
«Baci dal mondo» è il titolo dell’iniziativa organizzata per l’occasione: un «flash mob ecumenico», nato da un’idea di Ferruccio Farina, che vedrà la regia del teatro Amintore Galli di Rimini e la partecipazione di ventuno università di tutto il mondo, «da Adelaide a Siena, da Parigi a San Paolo, da Quito a Ekaterinburg, da Friburgo a Buenos Aires, da Ravenna a Shanghai, da Santiniketan a New York, da Barcellona a Los Angeles, da Gottinga a Toronto, da Amsterdam a Johannesburg».
Insegnanti e universitari dai quattro angoli del pianeta reciteranno, animeranno e commenteranno, nella lingua del loro Paese, il canto V dell’«Inferno» con i versi più celebri al mondo dedicati alla passione e al bacio.
Le animazioni si susseguiranno on-line, in diretta streaming, a partire dalle ore 9.30 del mattino (UTC+1) e verranno diffuse attraverso il sito dedicato – www.bacidalmondo.com – e vari canali social. Dai filmati verrà ricavato un documentario e una pubblicazione a stampa da diffondere con finalità didattiche e divulgative.
Con «Baci dal mondo» si apre «Francesca 2021», un calendario di trenta appuntamenti all’insegna di Francesca da Rimini, uno dei personaggi più noti e amati della «Divina Commedia», che vedrà la straordinaria eroina d’amore e di passione invadere città e castelli delle vallate riminesi, con mostre, spettacoli teatrali, musicali e cinematografici, convegni, rievocazioni storiche e giornate di studio.
I vari appuntamenti, che verranno presentati entro il 28 febbraio, avranno per protagonista – si legge nella nota stampa - «Francesca non solo in veste di espressione poetica, di icona del bacio e della fedeltà, ma anche come simbolo di libertà e di affermazione di diritti, come, tra Otto e Novecento, l’hanno sentita, vissuta e descritta più di duemila artisti romantici d’ogni paese d’Europa e d’America». Emblematica, in tal senso, è la mostra «Rodin a Gradara», con «Il bacio», capolavoro dello scultore francese Auguste Rodin, in una fusione originale di proprietà della prestigiosa Fondazione Gianadda di Martigny, che avrà come sede la Rocca, scenario della passione infelice e contrastata tra Paolo e Francesca, di cui «galeotto fu ’l libro» sull’amore tra Ginevra e Lancillotto.
Multidisciplinarietà
, rigore scientifico, internazionalità, divulgazione e attenzione alla didattica sono le parole chiave che animeranno il programma, all’interno del quale ci saranno, tra l’altro, un convegno internazionale e numerose Lecturae Dantis con sessioni nei castelli della Valmarecchia, alle quali parteciperanno le più preparate autorità accademiche al mondo. Il tutto per raccontare il volto di una donna che è diventata, nei secoli, simbolo di valori positivi come l’amore, la passione, la fedeltà, il coraggio, la libertà, il rispetto della vita e dei diritti della persona, affascinando molti artisti, da Byron a Boccioni, da Keats a Guttuso, da Zandonai a Borges. (sam)

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Locandina per il progetto Francesca 2021. Sullo sfondo: Gustave Doré, Paolo e Francesca,  disegno preparatorio della tavola Poeta volentieri dell’Inferno, inchiostro a guazzo bianco su carta, 1861. Strasbourg, Musée d’Art Moderne et Contemporain; [fig. 2] Locandina per l'iniziativa Baci dal mondo. Sullo sfondo: Auguste Rodin, Le baiser, Il bacio, già Paolo e Francesca, 1886. Scultura, marmo, ht. 182,2 cm. Realizzata nel 1904 da Rodin per l’archeologo inglese Edward Perry Warren. Londra, Tate Gallery; [fig. 3] Amos Cassioli (1832-1891), Il bacio, olio su tela, 1870 ca.  Replica della prima versione del dipinto oggi disperso. È l’immagine più popolare del bacio di Paolo e Francesca ; [fig. 4] Ary Scheffer, Francesca da Rimini e Paolo Malatesta, 1855, olio su tela, cm 171 × 239. Parigi, Louvre. Provenienza: Legato del 1900 di Mme Marjolin-Scheffer, figlia dell’artista. E' una delle dieci repliche, almeno, della celebre tela del 1835; [fig. 5] Franz von Bayros, Francesca da Rimini, illustrazione per Dante Alighieri, Die Gottliche Komedie, Lipsia e Vienna, 1921

venerdì 5 febbraio 2021

Settecento anni senza Dante Alighieri. Progetti virtuali e in presenza omaggiano il «Sommo poeta»

Dopo Leonardo da Vinci e Raffaello Sanzio, l’Italia ricorda un altro dei suoi figli illustri. Nel 2021 ricorrono i settecento anni dalla scomparsa di Dante Alighieri, l’autore della «Divina Commedia», simbolo e icona della cultura italiana nel mondo. 
Il calendario delle iniziative messo in cantiere per omaggiare il «sommo poeta» è veramente fitto e, pandemia permettendo, si potrà viaggiare sulle tracce dello scrittore facendo tappa in vari luoghi italiani: dalla natia Firenze a Ravenna, la città dove riposano le sue spoglie mortali, passando per Verona e Forlì, senza dimenticare Roma,Torino, Arezzo, Pisa e Bologna (con tutta la Via Emilia).
Mostre e spettacoli, restauri e convegni, manifestazioni di approfondimento scientifico e attività formative, restauri ed eventi on-line, ma anche itinerari turistici e pubblicazioni di libri compongono il ricco cartellone, che viene presentato attraverso vari siti, tra i quali www.vivadante.it, www.700dantefirenze.itwww.danteverona.it e www.dantesettecen-to.it.
Ora che i musei hanno riaperto in zona gialla, pur nell’incertezza della continuità che potrebbe avere l’offerta culturale legata al mantenimento dell’Rt sotto l’uno nelle varie regioni italiane, può ripartire la macchina organizzativa per celebrare degnamente l’anniversario, che cade il prossimo 13 settembre, ma che avrà un primo momento ufficiale con il DanteDì, previsto per il 25 marzo, la data nella quale, secondo gli studiosi, il poeta toscano avviò il suo viaggio nell’aldilà, iniziando la stesura della «Divina Commedia».

Da Zuccari a Dorè: disegni e incisioni sulla «Divina Commedia» per il primo omaggio fiorentino 
Tra gli eventi che hanno già preso il via c’è «Dante. Il poeta eterno», un progetto «multimodale» di Felice Limosani per il Complesso monumentale di Santa Croce, a Firenze, che prende spunto dalla straordinaria opera dell'incisore francese Gustave Dorè (Strasburgo, 6 gennaio 1832 – Parigi, 23 gennaio 1883), pubblicata nel 1861, con centotrentacinque tavole sulla «Divina Commedia» - settantacinque sull’«Inferno», quarantadue sul «Purgatorio» e diciotto sul «Paradiso» -, che emanano un indubbio gusto romantico e un grande virtuosismo tecnico.
La mostra, visitabile fino al 22 gennaio 2022, prende spunto dalla digitalizzazione in altissima risoluzione di queste immagini, rese disponibili dalla collezione privata della Fratelli Alinari e messe in esposizione in un percorso perfettamente in armonia con il Chiostro del Brunelleschi, la Cappella Pazzi, la Cripta e il Cenacolo di Santa Croce. 
«L’allestimento – si legge nella nota stampa - prevede tre livelli di esposizione con immagini statiche retro illuminate, immagini animate con proiezioni e movimento nelle immagini attraverso la realtà virtuale, per una fruizione intimistica e contemplativa abbinata all’esperienza interattiva e digitale. Un unicum che offrirà un’esperienza museale aggiornata ai nuovi linguaggi, rispettosa del luogo ed evoluta nella sua narrazione».
Sempre made in Firenze è il progetto espositivo «A riveder le stelle», promosso dagli Uffizi, una rassegna virtuale, o meglio un’«ipervisione», dedicata all’intero corpus di disegni realizzato alla fine del Cinquecento dal pittore Federico Zuccari per illustrare la «Divina Commedia». 
Si tratta di ottantotto fogli appartenenti alla raccolta del museo fiorentino, digitalizzati in alta definizione e presentati per l’occasione nella loro totalità con un apparato didattico scritto da Donatella Fratini, curatrice dei disegni dal Cinquecento al Settecento degli Uffizi.
Ideata tra il 1586 e il 1588, durante il soggiorno di Federico Zuccari in Spagna, l’intera raccolta è entrata nella collezione degli Uffizi nel 1738, grazie alla donazione di Anna Maria Luisa de’ Medici
Da allora, custodita nel Gabinetto dei disegni e delle stampe, è stata esposta al pubblico, parzialmente, soltanto in due occasioni: nella grande mostra dantesca tenuta a Firenze, in Palazzo Medici-Riccardi, nel 1865 e alla Casa di Dante, in Abruzzo, nel 1993.
A parte questi episodi, i disegni di Federico Zuccari - uno dei maestri del Manierismo, famoso per aver affrescato la Cupola di Santa Maria del Fiore - sono rimasti perlopiù noti a un pubblico ristretto di studiosi e appassionati: infatti, come tutte le opere su carta, sono normalmente custoditi in ambienti protetti, termoregolati, senza luce e possono (salvo limitate esigenze di studio) essere esposti solo ogni cinque anni. Anche da qui deriva la scelta degli Uffizi di digitalizzare nella sua completezza, rendendolo disponibile a tutti, questo consistente nucleo di fogli fisicamente fragile e per sua natura non adatto ad esser consultato regolarmente.
Il percorso creativo di Federico Zuccari, la più imponente compagine illustrativa della «Commedia» realizzata prima dell’Ottocento, si dipana dalla «selva oscura» in cui Dante smarrisce la «diritta via» fino alle alte sfere del «Paradiso», in un complesso gioco di rimandi tra parole e immagini. I fogli erano, infatti, anticamente rilegati in un volume: aprendolo, all’illustrazione sulla pagina destra corrispondeva, a sinistra, la trascrizione dei versi del poema e un breve commento dello stesso artista.
Sempre nella sezione «Ipervisioni» del museo fiorentino, è presente il percorso virtuale «Non per foco ma per divin’arte», una scelta di undici lavori dalle suggestioni dantesche, presentate da Paolo Procaccioli, tra cui il celeberrimo affresco di Andrea del Castagno raffigurante il poeta, ma anche scene dalla «Divina Commedia» come «La selva oscura» di Federico Zuccari e l’«Ingresso nell’Ade con Virgilio» di Livio Mehus, oltre a capolavori di Cimabue, Giotto, Botticelli e Pio Fedi.

Da Firenze a Verona, passeggiate «sulle tracce» di Dante
Racconta il rapporto tra Dante e Firenze anche il volume «Emergenze dantesche» (pp. 144; 14,5X20 cm; brossura; 15,00 euro; ISBN: 978-88-314991-9-4) del giornalista Marco Ferri, appena pubblicato dalla casa editrice Linea di Padova, con una prefazione di Cristina Acidini, già Soprintendente per il Polo museale fiorentino.
Del «Sommo poeta» non è noto alcun documento autografo, ma la sua presenza a Firenze è un po’ ovunque, a cominciare dal Battistero di San Giovanni, in piazza Duomo, dove, davanti ai suggestivi mosaici di Coppo di Marcovaldo, lo scrittore trasse quasi certamente ispirazione per la sua «Commedia». Il viaggio dove «incontrare» le «tracce» del poeta toscano porta, poi, al Museo nazionale del Bargello, all’antica sede dell’Arte dei giudici e notai, all’ex-Chiesa di San Pier Scheraggio, oggi inglobata negli Uffizi, a piazza Santa Croce, alle storiche biblioteche di città e alla Società dantesca.
Una passeggiata per la città viene proposta anche da Verona, primo approdo del poeta dopo l’esilio da Firenze e luogo nel quale videro la luce il «De vulgari eloquentia» e buona parte del «Paradiso». 
Dalla chiesa di Sant’Elena ai palazzi scaligeri affacciati su piazza dei Signori, dalle Arche scaligere alle chiese di San Zeno, San Fermo e Sant’Anastasia, il visitatore potrà seguire le tracce dello scrittore, percorrendo le sue stesse strade, entrando nei palazzi e nelle chiese che egli ammirò.
Il percorso e le tappe della mostra diffusa sono contenuti in un'agile mappa, un prezioso vademecum cartaceo e virtuale per guidare il visitatore in un immaginario viaggio spazio-temporale. 
Questa iniziativa è il primo tassello di un ricco programma ideato da Verona per ricordare Dante Alighieri.
Tra la primavera e l’autunno sono, infatti, in calendario la rassegna «Dante e Shakespeare: il mito di Verona» alla Gam, la mostra «L’Inferno di Michael Mazur» a Castelvecchio, il restauro della Statua di Dante di Ugo Zannoni, in piazza dei Signori, ma anche il convegno «Con altra voce omai, con altro vello. Dante tra antico e moderno» e, quando i teatri riapriranno, gli spettacoli «Visioni di Dante» del Teatro Stabile del Veneto, «Dantexperience», con la Budapest National Philarmonic Orchestra e Sonia Bergamasco, e «Cantiere Dante» di Marco Martinelli e Ermanna Montanari.
 
Dall’Inferno ai luoghi e ai personaggi danteschi, quando la mostra è virtuale 
Tra le mostre già inaugurate, visibile sia in presenza che on-line, c’è, poi, «Visioni dell’Inferno» a Rovigo, nelle sale di Palazzo Roncale. L'esposizione allinea le opere di grandi artisti come il francese Gustave Doré (Strasburgo, 6 gennaio 1832 – Parigi, 23 gennaio 1883), lo statunitense Robert Rauschenberg (Port Arthur, 22 ottobre 1925 – Captiva Island, 12 maggio 2008) e la tedesca (a noi contemporanea) Brigitte Brand, che si sono lasciati ispirare dalla Cantica più ricca di potenza evocativa dell'opera simbolo dantesca.
A completare la rassegna ci sono, poi, alcune preziose edizioni della «Commedia», la prima del 1512, importanti per le glosse o per le illustrazioni, proprietà dell’Accademia dei Concordi e della Biblioteca del seminario, realtà entrambe rodigine.
Lungo il percorso sono presenti anche le illustrazioni di Patrick Waterhouse e Walter Hutton, due giovani artisti in residenza a Fabrica, il laboratorio artistico Benetton, e «L’Inferno di Topolino», l’edizione speciale del celebre fumetto, disegnata da Angelo Bioletto e sceneggiata in terzine dantesche da Guido Martina.
In modalità virtuale è visibile anche «Dante 700», un racconto del mondo lirico, politico e biografico di Dante Alighieri attraverso venti fotografie, a cura del fotoreporter Massimo Sestini, che ritraggono il volto del poeta in luoghi che ne conservano memoria, da Firenze a Ravenna, passando per Venezia, Roma, Verona Poppi e la sorgente dell'Arno sul Monte Falterona.      
Anche la Fondazione Creberg di Bergamo partecipa al cartellone di #Dante700 con un docu-film sui personaggi della «Divina Commedia». Il filmato, della durata di circa quarantacinque minuti, si avvale delle suggestive illustrazioni di Angelo Celsi.  Le musiche originali sono state appositamente composte ed eseguite da Alessandro Fabiani; mentre l'elaborazione grafica è di Eleonora Valtolina. Nato da un progetto di Angelo Piazzoli ed Enzo Noris, il docu-film - disponibile su tutti i canali social della fondazione bergamasca - narra nel dettagli personaggi più o meno noti delle tre Cantiche, da Paolo e Francesca a Ciacco, da Farinata degli Uberti a Pier Delle Vigne, da Ulisse al Conte Ugolino, da Piccarda Donati a San Bernardo di Chiaravalle.                            
Si apre così il ricco calendario di appuntamenti che nei prossimi mesi celebrerà Dante Alighieri e l’attualità della sua scrittura. Una scrittura capace di descrivere, oggi come ieri, i vizi e i difetti dell’uomo e, dunque, sempre di interessante lettura. (sam)