In occasione dei settecento anni dalla morte del poeta toscano, gli animali danteschi tornano alla ribalta con Gianni Verna (Torino, 1942), instancabile artista, allievo di Francesco Casorati e Francesco Franco, che da anni si dedica alla xilografia e che, nel 1987, ha dato vita con Gianfranco Schialvino a un «operativo cenacolo a due», per usare un’espressione di Angelo Dragone, dal quale è nata anche «Smens», unica rivista stampata ancora con caratteri di piombo e direttamente dai legni originali appositamente incisi a cui collaborano importanti studiosi, scrittori poeti e artisti.
In questi giorni, il «Bestiario infernale» dell’artista torinese conclude il percorso espositivo della mostra «Omaggio a Dante 1321 - 2021», in programma al Forte di Bard, in Valle d’Aosta. Cuore dell’esposizione è un prezioso incunabolo dell’opera dantesca, «La Comedia del Divino Poeta Fiorentino Dante Aleghieri», stampato a Brescia nel 1487 da uno dei primi editori che in Italia utilizzò la stampa a caratteri mobili, appena inventata da Gutenberg. Si tratta di Bonino de Boninis, al quale si deve anche l’aver scelto di illustrare l’opera dantesca con una sessantina di xilografie di artisti a lui contemporanei.
In attesa di poter vedere la mostra in presenza, sul Web è presente, dallo scorso Dantedì, un’anteprima video, in cui l’attore Andrea Damarco legge alcune terzine del celebre poema introdotto dalla direttrice del Forte di Bard, Maria Cristina Ronc.
Nel Medioevo i «Bestiari», particolari volumi a tema letterario e figurato che raccontavano le curiosità del mondo animale accompagnate da spiegazioni moralizzanti o da riferimenti tratti dalla Bibbia, allo scopo di stupire ed erudire il volgo, erano molto in voga. Dante Alighieri si dimostra, dunque, figlio del suo tempo. I «Bestiari» sono anche per lui strumenti spirituali utili nel cammino di conversione ed espiazione dell’uomo, «fondendo nella componente semantica del loro nome -ricorda Gianfranco Schialvino in catalogo - i contenuti dei miti pagani, delle fonti bibliche e teologiche, e delle «Naturales historiae» d’età classica ed ellenistica».
Gianni Verna, artista «che non conosce soste», di ottima fama e consolidato mestiere, propone un percorso non solo tra gli animali reali raccontati da Dante Alighieri, ma anche tra creature mitologiche dai tratti insieme umani e ferini: Caronte, Minosse, Cerbero, Gerione, le Furie, le Arpie, Lucifero, Malacoda, il Minotauro, i Centauri, i Giganti, le Arpie, Proserpina, Medusa, Belzebù e i Draghi.
Nel Medioevo i «Bestiari», particolari volumi a tema letterario e figurato che raccontavano le curiosità del mondo animale accompagnate da spiegazioni moralizzanti o da riferimenti tratti dalla Bibbia, allo scopo di stupire ed erudire il volgo, erano molto in voga. Dante Alighieri si dimostra, dunque, figlio del suo tempo. I «Bestiari» sono anche per lui strumenti spirituali utili nel cammino di conversione ed espiazione dell’uomo, «fondendo nella componente semantica del loro nome -ricorda Gianfranco Schialvino in catalogo - i contenuti dei miti pagani, delle fonti bibliche e teologiche, e delle «Naturales historiae» d’età classica ed ellenistica».
Gianni Verna, artista «che non conosce soste», di ottima fama e consolidato mestiere, propone un percorso non solo tra gli animali reali raccontati da Dante Alighieri, ma anche tra creature mitologiche dai tratti insieme umani e ferini: Caronte, Minosse, Cerbero, Gerione, le Furie, le Arpie, Lucifero, Malacoda, il Minotauro, i Centauri, i Giganti, le Arpie, Proserpina, Medusa, Belzebù e i Draghi.
Tra gli animali raffigurati ci sono il veltro, il destriero, le vespe, l’aquila, le gru che «van cantando lor lai, / faccendo in aere di sé lunga riga», le colombe, i «porci in brago», la «scrofa azzurra e grossa», «la falsa vacca», il toro «che gir non sa, ma qua e là saltella», i mosconi e i serpenti, «le rane innanzi a la nimica biscia», «i ranocchi pur col muso fuori», «i dalfini, quando fanno segno a’ marinar’ con l’arco de la schiena», l’anitra, il cane «ch’abbaiando agogna, / e si racqueta poi che ’l pasto morde», e le «nere cagne, bramose e correnti», il leone e l’oca, l’orsa e il falcone e lo sparviero, i «lupicini» e il «vipistrello». Questi animali son raccontati da Gianni Verna con precisi tratti di bulino e sempre più spesso con vigorosi colpi di sgorbia, dai quali emerge lo spirito di osservazione dell’artista e il suo pregevole sforzo di interpretazione delle cantiche dantesche, lette ora con devozione e riconoscenza, ora con ironia e dissacrazione.
«La sovrabbondanza di immagini animali nei canti dell’Inferno – che l’artista ha scolpito in due lunghe lastre di noce, conducendo in processione come Noè sull’arca e Mosè attraverso il mare, decine e decine di figure ora morfologicamente inappuntabili, ora elaborate con raffinata sensibilità, ora riducendole all’essenzialità di un segno –, può essere interpretata – racconta Gianfranco Schialvino in catalogo - come un allegorico panorama della degradazione dei dannati, privati d’ogni aspetto umano a causa del peccato e della dannazione. Ma la similitudine animalesca non intende assolutamente svolgere questa generica funzione, essendo anzi numerose le analogie animali che Dante ha usato per gli spiriti del Purgatorio e del Paradiso e perfino per gli angeli: si tratta quindi di una grande varietà di riferimenti che non possono essere ridotti univocamente alla funzione generica di segni della degradazione bestiale dei dannati».
Gianni Verna ci restituisce, dunque, un suo personalissimo «Bestiario infernale», che svolge non soltanto una funzione ornamentale, di commento e di esposizione, ma contribuisce anche, «attraverso l’attivazione della propria autonomia iconica, - per usare ancora le parole di Gianfranco Schialvino - a ricostruire la rilevanza culturale di una personalissima epopea dantesca».
«La sovrabbondanza di immagini animali nei canti dell’Inferno – che l’artista ha scolpito in due lunghe lastre di noce, conducendo in processione come Noè sull’arca e Mosè attraverso il mare, decine e decine di figure ora morfologicamente inappuntabili, ora elaborate con raffinata sensibilità, ora riducendole all’essenzialità di un segno –, può essere interpretata – racconta Gianfranco Schialvino in catalogo - come un allegorico panorama della degradazione dei dannati, privati d’ogni aspetto umano a causa del peccato e della dannazione. Ma la similitudine animalesca non intende assolutamente svolgere questa generica funzione, essendo anzi numerose le analogie animali che Dante ha usato per gli spiriti del Purgatorio e del Paradiso e perfino per gli angeli: si tratta quindi di una grande varietà di riferimenti che non possono essere ridotti univocamente alla funzione generica di segni della degradazione bestiale dei dannati».
Gianni Verna ci restituisce, dunque, un suo personalissimo «Bestiario infernale», che svolge non soltanto una funzione ornamentale, di commento e di esposizione, ma contribuisce anche, «attraverso l’attivazione della propria autonomia iconica, - per usare ancora le parole di Gianfranco Schialvino - a ricostruire la rilevanza culturale di una personalissima epopea dantesca».
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