Bologna e la moto: una storia d’amore lunga trent’anni. Va, infatti, dal 1929 al 1959 il periodo d’oro della città emiliana nel settore produttivo motociclistico. Sono questi gli anni in cui il territorio felsineo diviene un centro di importanza nazionale, grazie a una concentrazione senza eguali di piccole e medie aziende produttrici di moto finite (oltre settanta quelle attive con alterne fortune in quegli anni) e un numero ancora maggiore di ditte in grado di fornire tutto ciò che serve per assemblare qualsiasi motociclo.
In quegli stessi anni si situa l’avventurosa storia della
CM, al centro di un volume fresco di stampa, edito da
Giorgio Nada Editore, per la curatela di
Enrico Ruffini e
Antonio Campigotto.
A questa storia guarda anche la mostra allestita fino al 3 giugno al Museo del patrimonio industriale di Bologna, che presenta una quindicina di modelli della CM, tra i più significativi esemplari presenti nelle collezioni di Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, insieme a un ricco apparato di immagini fotografiche e di cataloghi, in gran parte inedito, e a tre proiezioni su schermo e a video.
Mario Cavedagni, il fondatore, e il suo tecnico di fiducia,
Renato Sceti, si formano come meccanici presso la GD, la prima importante marca locale, distinguendosi anche come piloti-collaudatori. Ne sono ancora dipendenti nel 1929 quando viene registrata una nuova ditta, la CM, che fin dagli esordi si avvale di prestigiose collaborazioni esterne, come quella dei
fratelli Laurenti e
Alfonso Drusiani. Per trent’anni, senza altre risorse che una piccola officina e pochi operai diretti con grande competenza, la CM mantiene una presenza significativa sul mercato, facendo fronte alle sue volubili richieste, ma anche alle avversità, in primo luogo la scomparsa di Mario Cavedagni, grazie alla coraggiosa gestione della moglie
Irma Ginepri negli anni Quaranta.
Le macchine proposte dalla CM sono eccellenti per il turismo, lo sport e l’impiego commerciale; i modelli abbracciano tutte le cilindrate con ogni possibile variante, ma sempre con adeguati criteri costruttivi e finiture curate ed eleganti.
Il primo esemplare della casa bolognese, una 175 con distribuzione a tiges, pronta già alla fine del 1929, si impone nella Milano-Roma-Napoli del 1932 con
Cavaciuti,
Zini e
Pagani, richiamando l’attenzione dei clienti cui sono subito proposte le versioni Turismo, Gran Turismo e Sport.
Durante il quinquennio 1935-’40 non si contano i perfezionamenti e le modifiche: teste lubrificate, tubi di scarico unici o doppi, bassi o rialzati, cambi comandati a mano o a pedale, telai rigidi o elastici, strumentazioni di bordo più o meno ricche, mozzi e freni delle migliori marche. Ancora oggi si stenta a credere come tale variatissimo listino sia potuto uscire da una fabbrica con solo venticinque operai, dieci apprendisti e cinque impiegati.
Dopo l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, la vendita delle moto si riduce drasticamente per essere infine vietata, lasciando solo qualche spazio ai motocarri. Mario Cavedagni muore il 14 novembre 1940 e alla conduzione della CM subentra la vedova, Irma Ginepri, che affronta con coraggio le difficoltà del periodo bellico assistita da fedeli collaboratori. Così, già verso la fine del 1945, la ditta è nuovamente presente sul mercato con qualche moto di tipo pre-bellico prodotta con rimanenze di magazzino o avventurosi acquisti. Nel 1946 il listino offre pochi, ma aggiornati articoli: moto 250 e 500 con distribuzione a tiges, nonché un motocarro 600, utile nei cantieri della ricostruzione.
La nuova produzione inizia nel 1948 con una motoleggera 125, economica e facile da guidare, che vedrà poi le versioni Turismo, Sport, Gran Sport.
L’anno seguente è la volta della 250 bicilindrica a due tempi, massima espressione della tecnica CM, destinata a continui aggiornamenti. Aggiornato il listino, forse troppo assortito, vengono introdotte alcune novità organizzative e tecniche: gli operai, riassunti o nuovi, sono circa venti; mancando le forniture di Drusiani, vengono montati in ditta i componenti del motore e del cambio ordinati a case specializzate.
Ritorna, infine, in azienda
Renato Sceti che, dando il suo apporto alla messa a punto della celebre Mondial 125 brevettata da Drusiani, fa parte dell’
equipe che la segue nelle prime grandi affermazioni e nella conquista dei prestigiosi Record mondiali di velocità del 1948-’49.
Nel 1949
Franco Cavedagni, divenuto maggiorenne, condivide con la madre Irma la conduzione della ditta, con una nuova ragione sociale. Questo accordo coincide con una svolta nell'indirizzo produttivo: abbandonata la linea classica a quattro tempi di grossa o media cilindrata, viene sviluppata quella a due tempi, moderna e gradita, di cilindrata 125 e 250.
La 250, creata nel 1949 da Sceti, avrà una carriera sportiva tale da essere considerata una delle più interessanti quarto di litro fabbricate in Italia. Dai primi modelli Turismo si ricavano moto dalle caratteristiche eccezionali come la Sport e la Supersport SS.
Nel settore quattro tempi viene proposto nel 1954 il Francolino 175 nei tipi Turismo con distribuzione a tiges e Sport o Centauro con distribuzione ad albero a camme in testa.
Per il mercato dei mezzi di trasporto a tre ruote sono, infine, proposti il mototriciclo 49, il furgoncino 48, il Muletto 160 e, soprattutto, il motocarro 175 a quattro tempi.
L’aggiornamento del catalogo e l’assidua presenza nelle competizioni assicurano alla CM, fino al 1955, un costante aumento nelle vendite.
L’impiego utilitario della moto cederà spazio, di lì a poco, a quello dell’automobile, divenuta accessibile nel prezzo per larghi strati della popolazione.
Inizia una fase negativa, a danno soprattutto delle moto di grossa cilindrata o di classe, a vantaggio di ciclomotori e
scooter. Ne soffre gravemente la CM, che ha spesso adottato motori veloci, ciclistica speciale, finiture impeccabili. Il crollo delle vendite nei settori alti della produzione non è compensato dal recupero con le cilindrate minori o con i motocarri.
Il marchio CM viene concesso alla
Ditta Negrini di Vignola per i suoi ciclomotori.
La CM vede crescere le passività, così nel 1958 viene imposta l’amministrazione controllata, seguita dalla procedura fallimentare nel 1959.
È la fine di una storia che ha dato molto anche all'attività agonistica del settore.
L’esordio sportivo della CM avviene l’8 maggio 1930 al V Gran Premio Reale di Roma, dove il pilota
Primo Zini, che della casa è anche meccanico collaudatore, giunge al secondo posto. Memorabile, poi, il successo nel 1932 di
Celeste Cavaciuti,
Primo Zini e
Nello Pagani, ai primi tre posti alla Milano-Roma-Napoli. A seguire, qualche altra affermazione e diversi piazzamenti, soprattutto nelle gare di regolarità, allora molto in voga. Dal 1934, con la 250, gareggiano per la regolarità
Giuseppe Boselli, poi titolare di FB e Mondial, per la velocità
Guglielmo Sandri e
Nino Martelli. Ma nel 1935-’36 diminuiscono le competizioni a causa delle restrizioni dei carburanti imposte dalla Società delle nazioni per la guerra d’Etiopia. La CM si fa valere nella 350 dove le grandi case italiane sono assenti, modificando il tipo monoalbero a seconda delle esigenze dei piloti, come
Nino Martelli,
Marino Guarnieri e
Domenico Carancini.
Nel dopoguerra le moto tradizionali non ottengono grandi successi, fatta eccezione per quelli di
Hugo Moradei su Gheppio 250 in Brasile, di
Luigi Albertazzi su 500 nel motocross e di
Guido Borri su 560 side nella Milano-Taranto. Le nuove 125, 160, 175 sono, invece, adatte alle gare di regolarità, di velocità in piano ed in salita, di gran fondo come la Milano-Taranto, la 12 Ore di Imola, il Motogiro, dove si fanno valere.
La CM non può permettersi piloti ufficiali, ma le sue moto, semplici, sicure, veloci, di prezzo ragionevole, sono utilizzate fino agli anni Sessanta da molti piloti privati nelle categorie MSDS, Cadetti e Juniores. Una storia, dunque, quella della casa bolognese che ha dato tanto allo sport, ma anche alla quotidianità delle persone.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Anselmo Ronzieri viene festeggiato dai tifosi entusiasti dopo la vittoria con la C.M nella Classe 250 sul Circuito di Melzo, il 17 luglio 1938; [fig. 2] Il titolare della C.M, Mario Cavedagni, con la 250 Corsa da poco realizzata (1934 ca.); [fig. 3] In sella ad una C.M 250, in gara nella 24 Ore di Regolarità del 1936, Giuseppe, Boselli, industriale dalle nobili origini, titolare della lombarda F.B. A Bologna trovò i tecnici in grado di costruirgli la mitica F.B-Mondial 125 Campione del Mondo nel triennio 1949-’51; [fig. 4] Guido Borri, alla guida della C.M side-car, ed il passeggero Italo Neri sono qui impegnati in un passaggio acrobatico nell’edizione 1956 della Milano-Taranto, una delle più prestigiose gare di regolarità italiane dell’epoca; [fig. 5] Questi due centauri parteciparono nel 1948 alla Cronoscalata Bologna-Osservanza. Franco Cavedagni, con la C.M 350 monoalbero (n. 37), arrivò 4°; Arciso Artesani, sulla Gilera Saturno 500 (n. 101) per noie al magnete si fermò poco dopo la partenza; [fig. 6] Sulla C.M 175 Super Sport è seduto Claudio Martelli, giovane pilota emergente, in gara a Cortemaggiore il 30 settembre 1934.
Informazioni utili
«Moto Bolognesi C.M - Trent’anni memorabili 1929-1959». Museo del Patrimonio Industriale | Fornace Galotti, via della Beverara 123 – Bologna. Orari di apertura: fino al 28 febbraio 2018 - dal martedì al venerdì, ore 9.00 – 13.00, sabato, ore 9.00 – 18.30. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00; gratuito Card Musei Metropolitani Bologna e la prima domenica del mese. Informazioni: tel. 051.6356611 e museopat@comune.bologna.it. Sito internet: www.museibologna.it/patrimonioindustriale. Fino al 3 giugno 2018