ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 30 ottobre 2021

#Notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 25 al 31 ottobre 2021

IL «QUARTO STATO»: ON-LINE IN HALTADEFINIZIONE IL CAPOLAVORO DI PELLIZZA DA VOLPEDO
È il manifesto pittorico del proletariato italiano, simbolo delle battaglie politico-sociali dei lavoratori, ed è uno dei dipinti che meglio rappresenta il passaggio dal Divisionismo di fine ’800 alla modernità. Stiamo parlando dell’olio su tela «Quarto Stato» di Giuseppe Pellizza da Volpedo, usualmente conservato al Museo del Novecento di Milano.
L’opera si aggiunge al prezioso archivio di immagini digitali di Haltadefinizionetech company della casa editrice Franco Cosimo Panini, che ha avviato da tempo, in collaborazione con i musei di tutta Italia, un progetto per rendere l’arte accessibile al pubblico in ogni momento e in ogni parte del mondo. L'idea di poter visitare le opere nel profondo attraverso la riproduzione digitale, che rivela nel dettaglio ogni singola pennellata, è un'esperienza affascinante che contribuisce alla conoscenza dei nostri artisti e dei nostri musei.
Di grandi dimensioni (293×545 cm), il «Quarto Stato» è il risultato finale di un processo creativo durato dieci anni. Giuseppe Pellizza da Volpedo la termina nel 1901 dopo vari tentativi insoddisfacenti, tra i quali si ricorda la «Fiumana», il bozzetto preparatorio realizzato tra 1895 e il 1896, oggi conservato alla Pinacoteca di Brera, anch’esso disponibile sul sito di Haltadefinizione.
Dopo essere stato acquisito con una tecnica fotografica ad altissima risoluzione, il «Quarto Stato» è ora accessibile in gigapixel e può, quindi, essere ingrandito infinite volte grazie al visore multimediale che rivela nel dettaglio ogni particolare, dalle tre figure in primo piano (due uomini e una donna, con in braccio un bambino) al cielo violaceo alle spalle, che fa da scenario a un popolo di lavoratori che costruisce il suo stato di diritto marciando verso il futuro.
Per maggiori informazioni: https://www.haltadefinizione.com/

TERMINATO A TORINO IL RESTAURO DEL «GRANDE ASSENTE». RITORNA NELLA GALLERIA DELLA SINDONE IL DIPINTO DEL CONTE VERDE
Il «Grande Assente» è ritornato ai Musei Reali di Torino. Dopo diversi mesi di attente indagini diagnostiche e scrupoloso restauro, il dipinto «Amedeo VI presenta a Urbano V il patriarca di Costantinopoli», dedicato al celebre Conte Verde, è finalmente stato ricollocato al suo posto d'onore nella Galleria della Sindone.
Nell’autunno del 2020 l’importante tela, realizzata nel 1849 dal pittore livornese Tommaso Gazzarrini su commissione di re Carlo Alberto e gravemente danneggiata nel 1997 durante l’incendio della Cappella della Sindone, è stata protagonista di una raccolta fondi digitale, promossa dal Rotary Club Torino Palazzo Reale e da un team di giovani partecipanti al corso di alta formazione «Talenti per il Fundraising» della Fondazione Crt. Trecentosettantadue donatori hanno partecipato alla campagna, intitolata proprio «Il Grande Assente», per la quale sono stati raccolti 15mila euro.
L’intervento conservativo, realizzato tra l’aprile e il luglio 2021 da Koiné Conservazione beni culturali, ha interessato il consolidamento della tela di supporto e degli strati pittorici, nonché la pulitura della pellicola pittorica, le cui ritrovate cromie appaiono ora particolarmente vivide e brillanti.
La grande tela di Tommaso Gazzarrini - quattro metri e sessanta di altezza per metri metri e settanta di larghezza - mostra un ampio concorso di persone: più di quaranta figure circondano il papa, seduto sul suo seggio e ritratto in un ambiente ecclesiastico di stampo classicista, caratterizzato da colonne, pilastri, architravi e lunette dipinte. Riconoscibile, al centro della tela, c’è Amedeo VI di Savoia, in età giovanile, con casacca rossa con croce sabauda bianca, e mantello dai risvolti appunto verdi.
«Il quadro come si disse all’epoca, ha quell’elemento di bravura illusionistica che caratterizza certi spazi, dove si fatica a numerare la moltitudine dei presenti, che si accalcano fin su di uno sfondo remoto, – scrive Franco Gualano nella brochure realizzata per l’occasione - e fu sempre molto ammirato». Si ritrovano, infatti, in questa tela tutti i tratti caratteristici della pittura di Tommaso Gazzarrini: l’influenza dei modelli del classicismo cinquecentesco di Raffaello e di fra’ Bartolomeo, l’apertura al gusto verista, lo stile pittorico sintetico e personale, fatto di pennellate ora robuste, ora appena accennate, e di un disegno maggiormente svincolato dalle norme accademiche.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina museireali.beniculturali.it.

DAL «CONCERTO A PEDALI» AL TANGO DI PIAZZOLLA: AL VIA IL MONCALIERI JAZZ FESTIVAL
Dal Green jazz day a Fred Buscaglione, da Astor Piazzolla a Dante e Beatrice: sono questi i fili conduttori della ventiquattresima edizione del Moncalieri Jazz Festival, in programma dal 30 ottobre al 14 novembre.
A tenere a battesimo la manifestazione sarà un appuntamento con le sette note a impatto zero. Alla Cascina «Le Vallere» il gruppo Magasin Du Cafè si esibirà nel «Concerto a pedali», dove l’energia sufficiente ad alimentare l’audio e le luci per tutta la band sarà prodotta dalle pedalate di un musicista.
Mentre a chiudere il festival sarà un appuntamento promosso in occasione del settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri: l’opera epica-jazz «Beatrice», le cui musiche sono di Roger Treece, nella quale sarà la donna cardine del Dolce Stil Novo a prendere parola in un ribaltamento di specchi e ad accompagnare il poeta durante il suo viaggio lungo tutta una vita. Scenario dell'appuntamento, in prima assoluta, sarà l’auditorium Rai Toscanini di Torino. Sul palco saliranno l’Orchestra sinfonica nazionale della Rai, la grande pianista solista Rita Marcotulli, il fisarmonicista Ugo Viola, Albert Hera con il soundteller narrativo, il gruppo vocale Real Circle Project, il coro di voci bianche della Scuola musicale di Mondovì e dell’Istituto civico musicale «Giuseppe Verdi» di Asti, diretti da Maurizio Fornero, insieme con gli attori Alessia Navarro e Pino Insegno, nel ruolo di Dante e Beatrice.
Il cartellone ricorderà, poi, due centenari di spicco, quelli di Astor Piazzolla e Fred Buscaglione. Giovedì 11 novembre, alle Fonderie teatrali Limone, il pubblico sarà ammaliato dalle note del tango, negli arrangiamenti di Andrea Ravizza e nell'esecuzione di musicisti del calibro del fisarmonicista Ugo Viola (direttore artistico del Mjf) e di Gegè Telesforo, Flavio Boltro, Fulvio Albano e Fabrizio Bosso, nonché del Sestetto Renacerò e dell'Orchestra filarmonica di Torino. Sabato 13 novembre, sempre alle Fonderie teatrali Limone, si terrà, invece, «Che notte questa notte!!!», con Fred Chiosso e gli AsterVjas. Oltre a questo concerto, a Fred Buscaglione verrà dedicata la tavola rotonda «Parole & musica», con interventi, tra gli altri, di Fred Chiosso, Maurizio Tarnavasio e Franco Bergoglio.
Sul palco del Moncalieri jazz festival saliranno anche i Rhythm and Bones, Gegè Telesforo 4tet, Fabrizio Bosso e il suo quartetto, nonché l’ensemble di giovani talenti italiani e svizzeri, creatosi in occasione della prima edizione dell’Italian&Swiss Jazz Festival per il Consolato d’Italia in Basilea.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.moncalierijazz.com. 

«HIGH-KEY ON JAZZ»: UNA MOSTRA FOTOGRAFICA DI ROBERTO CIFARELLI PER JAZZMI
Eleganza e serenità: sono questi due sentimenti ad animare le immagini in mostra al Blue Note di Milano, nell’ambito della nuova edizione di JAZZMI, la kermesse, in programma fino al 31 ottobre, che offre al pubblico più di duecento eventi in oltre sessanta diverse location.
«High-Key on Jazz», questo il titolo dell’esposizione, raccoglie tredici scatti di Roberto Cifarelli realizzati con la tecnica dell’High-Key, grazie alla quale la luce invade le superfici e i contrasti vengono ridotti al minimo. Dal sapiente utilizzo di questa particolare tecnica nascono immagini molto chiare, con una netta predominanza del colore bianco, e caratterizzate da un’intensa luminosità che elimina quasi del tutto i giochi di ombra e conferisce allo scatto un’aura di brillantezza.
I soggetti ritratti da Roberto Cifarelli, tutti musicisti jazz, sono avvolti da una luminosità innaturale che a volte sottolinea ed esalta sorrisi ed espressioni di gioia, a volte edulcora con l’inganno e nasconde concentrazione e tensione suggerendo sensazioni di pace e di misticismo, rendendo i protagonisti delle fotografie eteree presenze.
«Roberto Cifarelli - racconta Daniele Genovese, direttore generale di Blue Note Milano - stupisce ancora una volta con la sua capacità di rappresentare e interpretare il mondo della musica in modo davvero autentico». I toni chiari che predominano in questi scatti vogliano anche essere un augurio di serenità per il mondo dello spettacolo, dopo il periodo buio appena trascorso e i tanti mesi di chiusura di teatri e luoghi della cultura.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.bluenotemilano.com.

ROMA, A VILLA MEDICI UNA NOTTE BIANCA ALL’INSEGNA DELL’ARTE
Torna la Notte bianca dell’Accademia di Francia a Roma. L’appuntamento è per giovedì 4 novembre, dalle ore 19:00 a mezzanotte, quando i sedici borsisti in residenza a villa Medici fino all’estate del 2022 - artisti visivi, storici dell’arte, compositori, scrittori, architetti, designer e videomaker - presenteranno un saggio delle loro ricerche individuali e multidisciplinari.
Opere di arte visiva, performance, videoproiezioni, installazioni, interventi sonori, conferenze creeranno un percorso dinamico che unirà il grande parco alla sede centrale dell’Accademia di Francia, una dimora del XVI secolo sulle colline del Pincio, svelando anche ambienti solitamente non accessibili al pubblico. Da questo punto di vista, la Notte bianca rappresenta un’occasione unica di visita alla villa romana, in una condizione – di notte e con i contributi dei borsisti – densa di suggestioni.
Parteciperanno alla serata: Kaouther Adimi (scrittrice), Ivàn Argote (artista visivo e regista), Charlie Aubry (artista visivo e musicista), Théodora Barat (artista visiva), Samir Boumediene (dottore in storia), Nidhal Chamekh (artista visivo), Aude Fourel (cineasta), Marta Gentilucci (compositrice), Noémie Goddard (architetta d'interni), Evangelia Kranioti (artista visiva), Marielle Macé (scrittrice), Benoît Maire (artista visivo), Hèctor Parra Esteve (compositore), Julie Pellegrin (critica e curatrice), Mathieu Peyroulet Ghilini (designer) e Guy Regis Jr. (scrittore e regista teatrale). Cura il progetto Saverio Verini.
La Notte bianca avrà una dimensione laboratoriale. Non sarà cioè una vera e propria mostra e nemmeno un tradizionale open studio, ma una serata in cui i borsisti avranno l’opportunità di presentarsi a Roma e al suo pubblico, e di prendere confidenza con gli spazi di villa Medici.
Per questa edizione è stato scelto il titolo «Presto, la notte», riferimento al contesto in cui l’iniziativa ha luogo, tra il crepuscolo e le prime ore della notte; e esortazione a riappropriarsi delle ore estreme della giornata, a margine di un periodo nel quale il nostro rapporto con esse è stato messo in discussione nei periodi di confinamento e coprifuoco.
Per maggiori informazioni: www.villamedici.it.

 DAI PRIMI DAGHERROTIPI ALLE PIÙ RECENTI SPERIMENTAZIONI DIGITALI: IN UN LIBRO DI DAVE BATE LA STORIA DELLA FOTOGRAFIA

La fotografia è stata definita un’arte democratica, perché è una tecnologia alla portata di tutti. Ma, al giorno d’oggi, avere una fotocamera a disposizione fa di ciascuno di noi un fotografo? Parte da questo quesito il viaggio tra le pagine del libro «Fotografia» (brossura 14 x 21,5 cm, 176 pp. corredate da 100 illustrazioni, € 14,90, ISBN 978-88-6648-552-0), nuovo volume della collana «Art Essentials» di 24 Ore Cultura.
L’autore, David Bate, ripercorre la nascita e l’evoluzione del mezzo fotografico, dai primi dagherrotipi alle più recenti sperimentazioni digitali, rivelandone la natura eclettica, le molteplici forme e l’impatto sulla storia dell’arte e della cultura. Il libro offre anche suggerimenti bibliografici essenziali per comprendere al meglio i principali argomenti trattati, nonché riferimenti a importanti mostre che hanno segnato un cambiamento di prospettiva.
Il viaggio parte dai primi esperimenti compiuti dai pionieri della fotografia, tra cui Joseph Nicéphore NiépceLouis-Jacques-Mandé Daguerre e William Henry Fox Talbot, chimici che si cimentavano in complesse formule, calcolavano i tempi di esposizione, valutavano le condizioni della luce e la composizione delle immagini. Si prosegue, poi, con il Pittorialismo, uno dei primi movimenti artistici legato alla fotografia, e con le continue sperimentazioni delle avanguardie dei primi decenni del Novecento, tra cui il Costruttivismo russo e il Surrealismo francese.
Il racconto continua, quindi, con la fotografia «umanista» del dopoguerra di Henri Cartier-Bresson e la nascita della fotografia istantanea grazie all’avvento della Polaroid, fino ad arrivare al movimento concettuale e postmoderno.
A chiudere il percorso, è la fotografia contemporanea, che vede una molteplicità di approcci e tendenze, e nuove tecnologie che espandono il concetto tradizionale di immagine.
Bate si discosta da un racconto di stampo euro-americano e include opere che hanno avuto un profondo impatto in ogni parte del mondo, come quelle di Tsuneko Sasamoto (1914), prima fotogiornalista del Giappone, dei coniugi Mu Chen e Shao Yinong (1961 e 1970), che fotografano spazi sociali in Cina risalenti all’epoca della Rivoluzione culturale degli anni Sessanta, e di Farah Al Qasimi (1991), che documenta i nuovi scenari culturali dei Paesi arabi.
Nelle pagine del libro viene dato ampio spazio anche a fotografi che, con i loro scatti, hanno dato un volto a minoranze e comunità spesso emarginate. È il caso di James Van Der Zee (1886-1983), uno dei fotografi più importanti a operare all’inizio del XX secolo nel quartiere afroamericano newyorkese di Harlem, o di Nan Goldin (1954), riconosciuta come una maestra della fotografia a colori e icona per donne e artisti Lgbtq.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.24orecultura.com.

«STRAPPI», A PALAZZO GRASSI DI VENEZIA UN «CANTIERE DI RESTAURO A SCENA APERTA» 
Prenderà il via mercoledì 27 ottobre a Venezia, negli spazi di Palazzi Grassi, «Strappi», cantiere di restauro aperto al pubblico di due dipinti murali di grandi dimensioni di Carlo Innocenzo Carloni (Scaria d'Intelvi, 1687 – Scaria d'Intelvi, 17 maggio 1775), realizzati tra il 1740 e il 1745 per la Villa Colleoni Capigliata di Calusco d’Adda. Si tratta delle opere «L’imperatore Federico II riceve dal Colleoni un salvacondotto per recarsi a Roma» e «Papa Paolo II riceve Colleoni e gli affida l’incarico di combattere i Turchi», oggi parte del patrimonio mobile della Pinault Collection.
Strappati negli anni Cinquanta dal loro contesto originale e riportati su supporti rigidi per ragioni conservative legate allo stato di abbandono della villa, questi dipinti murali sono stati acquistati dall'azienda milanese Snia Viscosa sul mercato antiquario e sono entrati a Palazzo Grassi come elementi di arredo. Negli anni Ottanta sono finiti in deposito e ora, in accordo con la Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, vengono restaurati da Paolo Roma, Laura Ruggieri, Sara Savian, Martina Serafin e Marina Vece di Seres Srl.
Il progetto, che si avvale di un allestimento firmato ad hoc dallo studio di grafica e design Zaven, si sviluppa prima al secondo piano espositivo e, poi, nell’atrio di Palazzo Grassi, il luogo dove i dipinti di Carlo Innocenzo Carloni erano allestiti prima degli anni Ottanta. Dal 27 ottobre - ogni mercoledì alle ore 11, 12, 15 e 15:45 - il pubblico potrà scoprire le operazioni più delicate che si svolgono orizzontalmente sulle opere ripristinandone la foderatura. Nei mesi successi, dopo il trasferimento dei dipinti nell'atrio piccolo, si potranno, invece, osservare gli aspetti più dinamici dei lavori che riguardano direttamente la pellicola pittorica per restituirne l’originale splendore.
Il progetto proseguirà, nei prossimi mesi, con il restauro dei dipinti «Colleoni riceve dal Doge il bastone del comando».
Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito https://www.palazzograssi.it/it/

[Foto di Matteo De Fina]

A MILANO SEI INCONTRI PER SCRIVERE IL «MANIFESTO DELLA NUOVA CERAMICA»
La Fondazione Ica – Istituto contemporaneo per le arti di Milano prova a scrivere un «Manifesto della nuova ceramica» e lo fa attraverso sei talk, in programma da giovedì 28 ottobre a giovedì 3 marzo.
Gli appuntamenti sono curati da Irene Biolchini, autrice del libro «Viva. Ceramica arte libera», edito da Gli Ori, e porteranno alla stesura di un documento a firma unitaria, un’occasione per «tornare ad affermare – si legge nella nota stampa - chi sono oggi gli artisti della ceramica accettando le molteplici contraddizioni di ogni identità e di qualsiasi dichiarazione di intenti».
Il primo appuntamento (giovedì 28 ottobre, ore 18:30) ha visto la presenza di Ugo La Pietra, che ha recentemente pubblicato, per Marsilio editore, il libro «Terre. Artigianato artistico italiano nella ceramica contemporanea».
I talk che seguiranno sono organizzati per gruppi di ceramisti accomunati dal contesto geografico di provenienza o dall’appartenenza ad aree di ricerca limitrofe. Biolchini metterà così a fuoco gli ultimi sviluppi della plastica in ceramica, caratterizzati da un nuovo modo di creare che nasce «senza padri né madri, senza ombelichi e senza cordoni». Tra gli artisti al centro degli incontri ci sono Liliana Moro, una delle voci di «Milano chiama terra» (11 novembre, ore 18:30), Claudia Losi, tra i protagonisti del talk «L'incontro. Il workshop, la performance e la ceramica» (18 novembre, ore 18:30), Sissi e Francesco Simeti, le cui produzioni saranno trattate nell’appuntamento «Natura e terra, organi e rami» (3 marzo, ore 18:30). Completano il calendario gli incontri «La plastica, la scultura, il ritratto e l'autoritratto» (9 dicembre, ore 18:30) e «Oggetto, non oggetto, opera» (10 febbraio, ore 18:30). Gli incontri sono aperti al pubblico previa prenotazione obbligatoria all’indirizzo rsvp@icamilano.com. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.icamilano.com.
 
INAUGURATA «THE JOURNEY», LA NUOVA OPERA DEL PARCO ARTE SELLA
Da più di trent’anni Arte Sella è sinonimo di arte nella natura. Eduardo Souto de Moura, Kengo Kuma, Michelangelo Pistoletto, Edoardo Tresoldi, Michele de Lucchi, Stefano Boeri, Giulio Mauri e Aldo Cibic sono solo alcuni degli artisti che hanno dato vita a opere di land art e installazioni site specifc, trasformando questo inedito parco tra i boschi della Valsugana, in Trentino, in una meta turistica per gli amanti dell’arte contemporanea.
In questi ultimi giorni il percorso si è arricchito di una nuova installazione architettonica: «The Journey», realizzata dai giovani progettisti di YACademy, sotto la guida di MC A - Mario Cucinella Architects e con il contributo di Scrigno.
Il risultato è un’architettura nomade, insieme riparo per i viandanti e luogo di meditazione, che invita al viaggio inteso come percorso interiore. La struttura, che ricorda quella di una tenda, è formata da aste lignee che partono da due basi disegnate sul profilo della sezione aurea, per incontrarsi alla sommità, per lasciando libera la vista del cielo. All’interno si trova un grande masso proveniente dal torrente Moggio, che scorre vicino a pochi metri. L’incontro tra l’elemento della terra e quello del cielo vuole simboleggiare il ritorno alle origini così come il carattere precario e nomade della permanenza dell’uomo su questo pianeta.
L’intero progetto è stato concepito per essere climate positive prevedendo, quindi, di assorbire più gas serra di quello emesso durante la costruzione dell’opera e incarnando così la volontà di lasciare alle nuove generazioni un mondo migliore. Per ottenere questo risultato, sono stati piantumati nuovi alberi di varie specie - aceri, betulle, sorbi, faggi, carpini, noccioli e abeti rossi - nelle vicinanze della struttura, creando così una sinergia concreta fra arte e natura.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.artesella.it.
 
[Le immagini fotografiche sono di Giacomo Bianchi

ARRIVA A TORINO LA MOSTRA «GRANI D’AUTORE: DALLA SEMINA AL RACCOLTO DEL GRANO DURO BARILLA»
Palazzo Madama
apre le proprie porte alla mostra itinerante «Arte e cucina grani d’autore: dalla semina al raccolto del grano duro Barilla», in programma a Torino dal 28 ottobre al 1° novembre in occasione di «Buonissima» 2021, manifestazione che intreccia gastronomia, cultura e creatività.
Punto di partenza e ispirazione del progetto artistico, già presentato a Milano e Parma, è l’innovativa visione di prodotto e di filiera riassunta nel «Manifesto del grano duro, un prospetto in dieci punti con gli impegni e i valori guida dell’azienda emiliana per una pasta di qualità prodotta responsabilmente.
Undici artisti italiani, professionisti di calibro internazionale e talenti emergenti, raccontano in illustrazioni uniche e originali la loro visione di questo programma, attraverso l’utilizzo di linee, forme, simboli e colori ispirati alla nuova pasta. Sono, dunque, le cromie calde dell’azzurro, del giallo e del rosso a fare da fil rouge tra tutte le illustrazioni. Mentre i temi trattati spaziano dalla sostenibilità al territorio, dalla sicurezza alla condivisione, dall’innovazione alla tradizione, dalla filiera alla collaborazione, e molto altro ancora.
Ospite di casa è la talentuosa e visionaria Elisa Seitzinger, le cui immagini si ispirano all’arte classica, medioevale sacra e cortese, alla pittura primitiva e alle icone russe e ai mosaici bizantini. Insieme a lei, espongono a Torino la romana Irene Rinaldi, la palermitana Giulia Conoscenti, la napoletana Andrea Boatta, la fiorentina Celina Elmi, la ferrarese Emiliano Ponzi, il parmigiano Cristian Grossi, il vicentino Ale Giorgini, il leccese Massimiliano di Lauro, la pesarese Alessandro Baronciani e il milanese Francesco Poroli.
L’esposizione, curata Maria Vittoria Baravelli, è una vera e propria mostra esperienziale: grazie alla realtà aumentata, le illustrazioni prendono vita diventando dinamiche e interattive. L’esperienza di visita può continuare on-line, dove è possibile scoprire le storie degli artisti e il loro pensiero. Il sito offre, inoltre, la possibilità di partecipare a un tour guidato virtuale e di scaricare i wallpaper delle opere per stampa e riproduzione.
Per scoprire di più sul progetto è possibile consultare la pagina barilla.it/granidautore.

«THROWING BALLS AT NIGHT»: UNA PERFORMANCE DI JACOPO MILIANI PER TORINO CAPITALE MONDIALE DEL TENNIS
L’arte celebra Torino capitale mondiale del tennis. In occasione delle Nitto Atp Finals, importante torneo indoor maschile in programma nella città piemontese 14 al 21 novembre, ORG presenta «Throwing Balls at Night» di Jacopo Miliani (ingresso libero fino al raggiungimento della capienza massima).
Ispirata al poème-dansé «Jeux» di Claude Debussy, Sergej Diaghilev e Vaslav Nijinsky, la performance intreccia cultura sportiva ed espressione artistica, descrivendo l’incontro fortuito, in un parco di notte, di tre giocatori di tennis che, non potendo riprendere il gioco, si intrattengono in un corteggiamento reciproco, lasciando spazio a momenti di ambiguo erotismo.
Opera del 1913, «Jeux» è passato alla storia come un balletto profetico e anticonvenzionale per tre motivi: il suo uso dello sport sulla scena, lo spazio dedicato a identità sessuali all’epoca oggetto di censura, e la scelta di un linguaggio privato, da club, che sembrava presagire la cultura giovanile degli Anni Venti. Mescolando danza accademica e atteggiamenti tratti dalla vita moderna, il balletto ha avuto una fortuna critica molto contestata, ma si è guadagnato un posto nella storia della danza per la sua visionarietà, in seguito associata alla nascita del cosiddetto balletto neoclassico.
Partendo da queste suggestioni, Jacopo Miliani fonde in «Throwing Balls at Night» l’assoluta modernità delle tecniche coreutiche e delle concezioni rivoluzionarie di Nijinsky con il «Vogueing» degli anni Ottanta newyorkesi. Così, dopo qualche minuto di ascolto di Debussy, i danzatori/performer iniziano a muoversi al ritmo di MikeQ – leggenda del ballroom sound – scaldando il lungo catwalk allestito per la serata con movimenti, gesti, pose.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.ogrtorino.it.
 
Nella foto: Jacopo Miliani, Throwing Balls at Night, 2016. Performance at David Roberts Art Foundation, London. Performers divaD Magnifique, Prince Maya Magnifique, Benjamin Milan, Eve Stainton. Photo Sylvain Deleu Still from documentation Reynir Hutber

UNA MOSTRA DI RON GALELLA, IL «RE DEI PAPARAZZI», SUL SITO DI PHOTOLOGY
John Travolta
e Sylvester Stallone, Elvis Presley e Louis Amstrong, Frank Sinatra e Marlon Brando, Maria Callas, Sophia Loren, Frank Zappa e Richard Burton, Elton John e Yves Saint Lauren, Mick Jagger e Jackie Kennedy, Truman Capote e Andy Warhol: è un viaggio nella storia americana dagli anni Cinquanta in poi quello che propone la nuova mostra on-line di Photology, a cura di Davide Faccioli.
Protagonista è Ron Galella, «il re dei paparazzi», che per oltre sessant’anni ha inseguito e fotografato per strada, fuori dai locali più famosi, nei vernissage delle mostre o alle anteprime cinematografiche attori, registi, cantanti e politici, narrando, rigorosamente in bianco e nero, il mondo delle celebrities. Ne è nato un archivio di oltre 3 milioni di fotografie meticolosamente custodite nell’immensa villa che il fotografo americano ha in un angolo di campagna del New Jersey.
La mostra sul sito di Photology, visibile fino al prossimo 30 novembre, allinea, nello specifico, una quarantina di opere fotografiche, tratte dal libro «Exclusive Diary», pubblicato da Photology nel 2004. Si tratta di immagini edite sui principali magazine di tutto il mondo e oggi presenti nei musei più prestigiosi, suddivise in due categorie: singole o «sequenze d’azione», composte da due o tre stampe ciascuna.
La piattaforma 3D è disponibile con un sistema di navigazione semplice e intuitivo che permette agli utenti di muoversi all’interno di uno spazio virtuale ma allo stesso tempo del tutto realistico, dove i lavori esposti possono essere ingranditi, guardati nei dettagli e visti da varie angolazioni. I testi, i contributi video e gli apparati informativi sono inseriti nel contesto espositivo per una omogeneità di informazione.
La mostra è visibile al link http://www.photology.com/rongalella/.

Nella foto: Ron Galella, Sophia Loren, Americana Hotel, NYC 22 December 1965, Vintage gelatin silver print. @2004 by Ron Galella-Courtesy Photology Milano

DA DEUTSCHE BANK UN DIBATTITO ON-LINE SULL’INVISIBILITÀ DELLE DONNE NELL’ARTE
«La discriminazione di genere si può manifestare in tutti gli ambiti della vita di una persona e il mondo dell’arte non ne è esente: le donne hanno una minor rappresentatività nei musei e nelle esposizioni, minor visibilità sui libri, minori riconoscimenti e minore valorizzazione economica delle loro opere». Partendo da questo spunto di riflessione, Deutsche Bank ha organizzato l’incontro digitale «Da Gentileschi ad Abramovic: conversazione sull’invisibilità delle donne nel mondo dell’arte», in programma nel pomeriggio di martedì 9 novembre.
Sul tema dell’invisibilità delle donne nel mondo dell’arte si confronteranno, a partire dalle ore 15, tre esponenti d’eccezione: Liliana Moro, artista milanese affermata in Italia e all’estero, Raffaella Cortese, fondatrice dell’omonima galleria d’arte a Milano, nella quale su 30 artisti rappresentati, 22 sono donne, e Patrizia Sandretto Re Rebaudengo (nella foto), collezionista e presidente dell’omonima fondazione torinese, fra le donne più autorevoli nel panorama artistico e nelle istituzioni d’arte in Italia e nel mondo. Modererà la discussione Patrizia Zambianchi.
L’evento, parte dei progetti di Deutsche Bank dedicati alla diversità e all’inclusione, si inserisce nella cornice di «4 Weeks 4 Inclusion» (#4W4I), una grande maratona interaziendale di quattro settimane, in programma fino al 22 novembre, in cui oltre duecento partner si alternano in una staffetta di 187 tra webinar ed eventi condivisi dedicati alla valorizzazione delle diversità e all’inclusione.
Per partecipare, è possibile iscriversi al link https://dbevents.cventevents.com/event/6993a557-d419-4f6f-9997-3a41e1231fe1.
Maggiori informazioni sono disponibili su www.4w4i.it.

mercoledì 27 ottobre 2021

Martini, Morandi e De Pisis a Palazzo Cini: Venezia va alla scoperta della collezione Malabotta

Non è solo la storia di una donazione quella che va in scena in questo scorcio di fine ottobre alla Galleria di Palazzo Cini a San Vio, nel cuore del quartiere veneziano di Dorsoduro. Ma è anche la storia di un amore, quello tra Franca Fenga Malabotta (1924-2020), la «signora dei sestanti» come l’ha definita icasticamente Daniele Del Giudice nel romanzo «Lo stadio di Wimbledon» (1983), e il marito Manlio Malabotta (1907-1975), notaio triestino, critico d’arte, poeta e collezionista, tra le personalità più affascinanti del Novecento giuliano.
Per più di quarant’anni, - racconta Alessandro Martoni - Franca Fenga Malabotta «è stata custode ammirevolmente tenace e magistralmente competente» della collezione d’arte e di libri del marito. Ne è stata anche una «lungimirante ambasciatrice» con lasciti, donazioni, mostre e pubblicazioni, mostrando «una dedizione profonda, segno estroflesso di un amore serbato con dolcezza e riserbo», che non la faceva mai essere stanca, sino agli ultimi giorni, di occuparsi del patrimonio che custodiva.
Con garbo e con saggezza, con intelligenza e generosità, Franca Fenga Malabotta ha, infatti, sempre intessuto relazioni con persone e istituzioni perché il nome del marito Manlio fosse adeguatamente ricordato e studiato. Nel 1996, il corpus della raccolta dedicato a Filippo de Pisis - composto da ventiquattro oli, settanta disegni, centodiciassette litografie, insieme a lettere e documenti - è stato, per esempio, donato alla Galleria d’arte moderna e contemporanea di Ferrara. Palazzo Massari si è arricchito così di capolavori come «La bottiglia tragica» (1927), «I pesci marci» (1928), «La coupole» (1928), «Il gladiolo fulminato» (1930), «L’aviatore» (1949), «Ritratto di Allegro» (1940), «Pesci nel paesaggio di Pomposa» (1928), «Una rosa sta buttando» (1938), «Viale di Parigi» (1938), già di Umberto Saba, «Il galletto» (1934), appartenuto a Leonor Fini, e «La falena» (1945), ceduto del grande amico editore, libraio, critico d’arte italo-svizzero Giovanni Scheiwiller.
Nel 2011 è seguita la donazione all’Archivio di Stato di Trieste dei settantadue fascicoli con le carte di Manlio Malabotta, un prezioso fondo documentale, ricchissimo di corrispondenza, che ha permesso la ricostruzione puntuale della poliedrica personalità del collezionista e del côté delle sue frequentazioni intellettuali. Al 2015 risale, invece, la donazione delle opere triestine della collezione al Museo Revoltella - Galleria d’arte moderna.
Mentre, con lascito testamentario disposto nel 2013 e perfezionato nel 2020, Franca Fenga Malabotta ha legato il resto della raccolta al nome della Fondazione Giorgio Cini. Le collezioni dell’Istituto di storia dell’arte, diretto da Luca Massimo Barbero, si sono così arricchite dell’intera raccolta d’arte grafica novecentesca (disegni e stampe di Attardi, Biasion, Cassinari, Chagall, Dova, Guacci, Guidi, Kubin, Lilloni, Maccari, Marini, Mascherini, Minguzzi, Morandi, Morlotti, Reggiani, Vedova, Zigaina), di un significativo nucleo di libri d’artista (con illustrazioni di Barbisan, Bartolini, Carmelich, Carrà, Cesetti, Clerici, De Chirico, De Pisis, Gentilini, Guttuso, Maccari, Martini, Rosai, Sassu, Scipione, Viviani, Zancanaro), di alcuni pregevoli volumi illustrati ottocenteschi di interesse istriano e giuliano provenienti dalla ricca biblioteca. 
A rendere speciale il lascito Malabotta è senza dubbio il nucleo di opere, in particolare sculture, di Arturo Martini, rivoluzionario protagonista della plastica nel Novecento italiano. La sezione martiniana della collezione risulta essere – scrive, a tal proposito, Nico Stringa - un «rappresentativo microcosmo di quel punto di osservazione, laterale e periferico, delle ‘gesta’ dell’artista che è diventata, dagli anni Trenta in poi, la terra trevigiana».
In questi giorni la Fondazione Cini rende un primo omaggio all’importante donazione con la mostra «Arturo Martini, Giorgio Morandi, Filippo De Pisis. Il lascito Franca Fenga Malabotta», visitabile fino al 31 ottobre.
Tra le opere martiniane esposte a Venezia è possibile vedere il gesso «La sete» (1932), preparatorio per l’omonima scultura in pietra di Finale del 1934, oggi al Museo del Novecento di Milano: «corpi scabri e belluini di madre e figlio – racconta Alessandro Martoni - protesi nella tensione spasmodica che anela all’acqua, ispirati, nella sintesi tra simbolico e mitico, ai giacenti pompeiani sorpresi dall’eruzione e alle loro pose estreme» che l’artista aveva visto nel 1931. Dal gesso deriva anche un bronzo con lo stesso titolo, presente in mostra, di cui non è però documentata l’acquisizione.
Altro pezzo importante della collezione e della rassegna lagunare è la splendida formella in terracotta «Ofelia» (1932), appartenuta a Giovanni Comisso. «Di toccante poesia, plasmata con rapida sprezzatura nella morbida e calda materia della creta che si fa gesto lirico di vibrante pittoricismo, quasi un ritorno nel grembo dell’informe bergsoniano nel segno di Medardo Rosso, l’«Ofelia» – spiega ancora Alessandro Martoni - è opera cardine nella serie delle opere che Martini dedica all’eroina tragica shakespeariana e alla sua ‘folle’ morte per annegamento».
La mostra presenta anche il bronzo «Donna al mare» (1932), dalle forme più raccolte, compatte, levigate, di matrice sintetista, che dimostra come sia difficile racchiudere in rigidi schemi evolutivi lo stile polimorfo, inquieto, sperimentale del genio di Martini. È, poi, visibile la scultura in bronzo «Cavallino» (1943 ca.), acquistata dall’albergatore e collezionista veneziano Arturo Deana nel 1951, fusione dalla superficie resa crepitante dalla modellazione a colpi di stecca. 
Alle sculture si affianca una rara prova di Martini pittore: un olio su cartone con «Natura morta» del 1945, dalla trama segnica nella quale le paste cromatiche sono percorse da «solchi scultorei» che rendono grassa e fremente la superficie pittorica.
Di Arturo Martini è, infine, visibile anche un libro d’artista: il volume «Lirici minori del XIII e XIV secolo», a cura di Anceschi e Salvatore Quasimodo (Edizioni della Conchiglia, 1941, con 70 tavole di cui 11 fuori testo, 14/150, con litografie), con opere arricchite dalle potenti linee plastiche del segno litografico martiniano.
Sono, poi, visibili tre lavori di Giorgio Morandi: l’acquaforte «Natura morta con scatole e bottiglie su sfondo ovale» (1921), l’acquaforte «Natura morta con vasetto e tre bottiglie» (1945-1946) e l’acquerello «Natura morta» (1963), il cui disegno fu realizzato nell’ultima estate a Grizzana, trovando nella smaterializzazione e provvisorietà dell’umile oggetto la sua forza evocativa. Completano l’esposizione due opere di Filippo de Pisis: «Bobby», tavola litografica del volume «Alcune poesie e dieci litografie a colori di Filippo de Pisis» (Il Tridente, Venezia 1945), «Gli amanti», prova di stampa litografica per una delle illustrazioni del volume «I carmi di Catullo» (Verona, Officina Bodoni/Hoepli 1945), di cui si espone l’esemplare integro.
La mostra permette così un primo approccio conoscitivo allo stile collezionistico del notaio triestino, di cui Luca Massimo Barbero racconta: in Malabotta e nel suo «vivere l’idea di collezionare» vi è «una sorta d’inarrestabile anelito di completezza, di ricerca che superando la filologia, giunge alla volontà ferma e al tempo stesso inarrestabile, di riunire, ricostruire, e infine catalogare tutte le immagini di un racconto artistico. Immagini che in forma d’opera o di oggetto, di lettera o documento, fotografia o libro, riflettono non solo i suoi interessi, ma raccolgono (…) appunto la ricchezza di un mondo ch’egli si accanisce a riunire e quasi contemporaneamente a consegnare ordinato ai posteri».

Didascalie delle immagini
1. Arturo Martini, Natura morta, 1945, olio su cartone; 2. Giorgio Morandi, Natura morta con vasetto e tre bottiglie, 1945-1946, acquaforte; 3. Filippo de Pisis, Bobby, tavola litografica del volume, Alcune poesie e dieci litografie a colori di Filippo de Pisis, Il Tridente, Venezia 1945; 4. Arturo Martini, Donna al mare, 1932, scultura in bronzo; 5. Arturo Martini, Morte di Ofelia, 1932, terracotta; 6 e 7. Foto dell’allestimento della mostra «Arturo Martini, Giorgio Morandi, Filippo De Pisis. Il lascito Franca Fenga Malabotta». Foto: Noemi La Pera

Informazioni utili 
Palazzo Cini, Campo San Vio, Dorsoduro 864 Venezia. Orari: venerdì, sabato e domenica, ore 12 – 20 (ultimo ingresso ore 19:15). Ingresso: intero 10,00€ , ridotto 8,00€ (Gruppi superiori a 8 persone/Ragazzi 15–25 anni/over 65/Soci Touring Club Italiano/Soci Coop/Soci ALI); ridotto Voucher Guggenheim 7,00€ (per possessori di voucher Peggy Guggenheim Collection/Assicurazioni Generali), ridotto 5,00€ (Residenti Comune di Venezia/Soci Guggenheim/studenti e docenti universitari U.E. delle facoltà di architettura, conservazione dei beni culturali, scienze della formazione, iscritti ai corsi di laurea in lettere o materie letterarie con indirizzo archeologico, storico artistico delle facoltà di lettere e filosofia, iscritti alle Accademie delle Belle Arti); gratuito per minori di 15 anni (i minori devono essere accompagnati)/ membri ICOM (International Council of Museums)/diversamente abili accompagnati da un familiare o da un assistente socio-sanitario/giornalisti accreditati con tesserino/dipendenti Assicurazioni Generali/guide turistiche accreditate. Informazioni: palazzocini@cini.it. Apertura stagionale fino al 31 ottobre 2021

Arriva al cinema il documentario «Napoleone. Nel nome dell’arte»



Durante «l’angosciosa deriva di Sant’Elena», prima della morte, Napoleone Bonapoarte si dedicò con impegno sistematico a mettere ordine nei ricordi del lungo periodo storico del quale era stato protagonista assoluto. Dalle «Memorie», apprendiamo che il generale francese era convinto che i posteri lo avrebbero ammirato non solo per le battaglie, ma anche per l’apporto dato al mondo della cultura e della bellezza. Al suo nome si legano, infatti, la creazione della scuola pubblica e l’idea moderna di museo universale. Nasce da questo premessa il documentario «Napoleone. Nel nome dell’arte», prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital, in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d'Italia, in arrivo nelle sale italiane solo nelle giornate di lunedì 8, martedì 9 e mercoledì 10 novembre.
Su soggetto di Didi Gnocchi, che firma la sceneggiatura con Matteo Moneta, il film è diretto da Giovanni Piscaglia e vede nelle vesti di guida eccezionale il premio Oscar Jeremy Irons. La colonna sonora originale, in uscita il 5 novembre per Sony Classical, è del compositore e pianista Remo Anzovino.
Scrittore mancato, lettore compulsivo, ammiratore dell’arte e della sua forza di comunicazione, Napoleone fu spinto alle sue imprese dalla brama di potere e di gloria, ma anche dal bisogno di conoscenza e dall’ambizione di associare la sua immagine alle grandi civiltà del passato. Durante le campagne militari, promosse ricerche, colossali furti di opere e scavi archeologici, soprattutto in Italia e in Egitto, da cui nacquero scoperte come quella della Stele di Rosetta e la fondazione dei primi musei pubblici del mondo: il Louvre di Parigi e, sul suo esempio, la Pinacoteca di Brera di Milano.
Mente infaticabile, memoria prodigiosa, appassionato di ogni disciplina, Napoleone trasformò il suo naturale senso di superiorità in istinto paterno: i cittadini dell’Impero erano per lui figli da educare, con i dipinti, le sculture, la musica, il teatro. Nei territori conquistati portò riforme scolastiche, rivoluzioni architettoniche e urbanistiche e un nuovo modo di intendere il classicismo: lo Stile Impero, di cui parte integrante è la figura del sovrano, effigiato in busti di marmo, monete e tabacchiere, oppure solo citato attraverso la celebre N. Punto di partenza del film è l’incoronazione di Napoleone a re d’Italia nel Duomo di Milano il 26 maggio 1805: un momento che sottolinea lo stringente legame col mondo greco-romano, con quello rinascimentale e persino con l’eredità longobarda, rappresentata dalla Corona ferrea che Napoleone volle indossare al culmine della cerimonia. Inoltre, per la prima volta da allora, è stato fatto trascrivere, orchestrare ed eseguire in Duomo il Te Deum di Francesco Pollini, che fu composto e suonato per l’incoronazione e che è stato solo recentemente ritrovato tra le carte dell’Archivio di Stato: nel film lo vediamo eseguito in prova generale nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale e poi nella cattedrale di Milano dall'Orchestra Fondazione «I Pomeriggi Musicali», diretta da Marco Pace, con il mezzosoprano Giuseppina Bridelli. Per l’occasione seguiremo anche il restauro del manto indossato quel giorno da Napoleone e degli oggetti cerimoniali che lo accompagnavano, preziosa opera di recupero legata al progetto «Restituzioni» di Intesa Sanpaolo.
Milano, scelta come prima capitale del regno d’Italia, città di forti simpatie napoleoniche, è luogo fondamentale del film. Dalla Biblioteca nazionale Braidense - con il manoscritto autografo de «Il cinque maggio» di Manzoni e i volumi della «Description de l’Egypte» - alla Pinacoteca di Brera, uno dei fulcri della narrazione. Se infatti, a partire dalla campagna d’Italia, la penisola fu oggetto di meticolose spoliazioni di opere d’arte, è vero che con Brera venne fondato il primo «museo universale» italiano, un «piccolo Louvre» dove converge il meglio della produzione italiana. Se Milano fu centro di ricezione e smistamento di opere, Roma fu certamente luogo privilegiato di estrazione, nonché portale attraverso cui riconnettersi ai miti di Alessandro Magno, Augusto e Adriano. Dal Museo Pio Clementino e dai Musei Capitolini, il film racconta l’odissea delle opere partite per Parigi e tornate a casa, in silenzio, di notte, nel 1816, grazie all’impegno di Canova. Si tratta di alcune delle opere più importanti della tradizione occidentale: l’Apollo del Belvedere, il Laocoonte, il Galata morente e anche il Bruto capitolino, divenuto a Parigi icona di libertà repubblicana e lotta tirannicida e portato in trionfo nei cortei che celebravano la morte di Robespierre. Nelle sale del Louvre possiamo approfondire i criteri scientifici ed enciclopedici con cui era organizzata l’esposizione delle opere e ammirare l’«Incoronazione di Napoleone e Giuseppina di Beauharnais il 2 dicembre 1804, in Notre-Dame», opera monumentale di Jacques-Louis David. Una parentesi toscana conduce poi lo spettatore a San Miniato, luogo d’origine dei Bonaparte, e all’Isola d’Elba, dove i libri che l’Imperatore portò con sé nell’esilio permettono di parlare del suo amore ossessivo per la lettura, della sua memoria eccezionale.
Per comprendere appieno la figura del Bonaparte, il film raccoglie svariati interventi, tra i quali quelli di James Bradburne, direttore della Pinacoteca di Brera, Jean-Luc Martinez, presidente e direttore del Museo del Louvre, di Luigi Mascilli Migliorini, direttore della rivista italiana di studi napoleonici, dell’archeologo Salvatore Settis, dello scrittore Ernesto Ferrero, di Charles Bonaparte, ultimo discendente della famiglia Bonaparte, di Christophe Beyeler, curatore del Castello di Fontainebleau, e di Marco Pupillo del Museo napoleonico di Roma.

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martedì 26 ottobre 2021

L’eredità di Milva: donate alla Galleria d’arte di Gradisca cinque opere di Luigi Spazzapan

Si arricchisce di cinque nuove opere il percorso espositivo della Galleria regionale d’arte contemporanea «Luigi Spazzapan» di Gradisca d’Isonzo, in Friuli Venezia Giulia. 
La storica dell'arte Martina Corgnati, figlia di Milva Biolcati e Maurizio Corgnati, ha appena donato al museo una piccola raccolta di oli su tela e tempere su carta e cartone appartenenti alla sua famiglia. Si tratta di lavori significativi per ricostruire la storia artistica di Luigi Spazzapan (Gradisca d'Isonzo, 18 aprile 1889 – Torino, 18 febbraio 1958), artista friulano di nascita e torinese d'adozione, dotato di un pungente istinto disegnativo e di un vivace senso del colore, la cui pittura potente e dinamica ebbe estimatori tra molti professionisti e intellettuali del tempo, a partire da Lionello Venturi ed Edoardo Persico
Le opere donate sono: «Pesci sul tavolo» (1932), «La camicia bianca» (1935 c.), «Deposizione (con angelo)» (1945), «Cosma e Damiano benedicenti» (1951) e «Santone (evangelista)» (1955-56).
«Il fondo - racconta Martina Corgnati - vuole essere omaggio permanente alle figure di mio padre, per la sua cultura, generosità e umana condivisione dei valori dell’arte, e di mia madre, per il suo grande viaggio nella musica e nella vita». 
Come spiega ancora la storia dell'arte, Maurizio Corgnati «ammirava incondizionatamente la libertà di espressione, il coraggio, l’attualità della pittura di ‘Spazza’, l’originalità e la forza del suo segno che da sensibilità quasi secessioniste attraversava con impeto l’intero secolo, passando per l’espressionismo e approdando al magma informale».
La passione per la pittura di Luigi Spallanzan venne trasferita da Maurizio Corgnati alla moglie Milva: «mia madre – racconta ancora Martina Corgnati - non ha potuto conoscere Luigi Spazzapan, visto che alla morte dell’artista, nel febbraio del 1958, lei aveva solo diciott’anni e non era ancora arrivata a Torino. La sua pittura, però, si può dire che fosse entrata in lei, tanto che, dopo la separazione e il trasferimento a Milano, i dipinti che ora approdano a Gradisca d’Isonzo hanno costituito il suo paesaggio domestico per cinquant’anni, senza essere mai una volta spostati, prestati o messi in dubbio. Il Santone blu in sala, i Pesci sul tavolo da pranzo, la Deposizione sulla testata del suo letto».
Le cinque opere sono visibili per la prima volta al pubblico, fino al prossimo 18 aprile, in un percorso al secondo piano della Galleria Spazzapan, insieme con una selezione di sue opere appartenenti alle collezioni Giletti e Citelli, in un allestimento che ripercorre l’intero iter artistico di Spazzapan: dai primi richiami all’Espressionismo che si condensano nell’incisività del segno e nella forza del colore, ai tratti più morbidi di derivazione impressionista francese, verso i quali l’artista virò dopo l’arrivo a Torino; dalle strutturazioni geometriche degli anni ’40, all’ultima fase informale, tutta puntata sulla predominanza del colore sulla linea.
Grazie alla collaborazione di Rai Teche, all'interno della mostra viene proiettato il film «Ricordo di Luigi Spazzapan», realizzato da Maurizio Corgnati nel 1956, prezioso documento audiovisivo con testimonianze storiche, tra gli altri, di Lionello Venturi e Jettà Donegà.
Ad arricchire ulteriormente il percorso espositivo è stata attivata la postazione permanente Spazzapan VR, realizzata da Ikon digital Farm. L'esperienza virtuale consente al visitatore di affrontare con cuffie e visore un viaggio sorprendente, altamente immersivo ed emozionale nel mondo dell’artista friulano, nella genesi del suo segno pittorico e della sua arte, accompagnati da pensieri e note tratte dalla sua autobiografia. Nel ripercorrere alcuni momenti salienti della sua formazione e del suo iter creativo, si scoprono le relazioni con i movimenti culturali e pittorici che dai primi del Novecento hanno animato dibattiti, mostre e incontri nelle grandi capitali europee e nel panorama italiano. Dalla Secessione viennese, al Liberty e Futurismo, le figure pittoriche si decostruiscono e confluiscono nelle esperienze cubiste, espressioniste e infine grafiche ed astratte in una continua evoluzione di forme, figure e geometrie che raccontano di un mondo in rapida evoluzione, dove la vicenda pittorica di Spazzapan si intreccia indissolubilmente con gli eventi tragici dei due conflitti mondiali.

Didascalie delle immagini
1. Luigi Spazzapan, La camicia bianca, 1935 c., tempera su carta, 48 x 61 cm; 2. Luigi Spazzapan, Cosma e Damiano benedicenti, 1951, tempera su cartone, 73 x 100 cm; 3. Luigi Spazzapan, Pesci sul tavolo, 1932, olio su tavola, 59 x 66 cm 

Informazioni utili
Fondo Milva Biolcati - Maurizio Corgnati.Galleria regionale d'arte contemporanea Luigi Spazzapan, via Marziano Ciotti, 51- 34072 Gradisca d'Isonzo (Gorizia). Orari: da mercoledì a domenica, ore 10-13 e ore 15-19. Ingresso libero. Informazioni: galleriaspazzapan@regione.fvg.it.  Sito Web: www.musei.regione.fvg.it. Dal 24 ottobre 2021 al 18 aprile 2022

lunedì 25 ottobre 2021

Al via «Amart», la mostra degli antiquari milanesi

Undici protagonisti eccellenti dell'architettura e del design internazionale «ci mettono la faccia» per raccontare l’attualità dell’antico e il futuro dell’arte antiquaria. Nicolò Castellini Baldissera, Gaia Chaillet Giusti, Aldo Cibic, Terry Dwan, Massimo Iosa Ghini, Massimiliano Locatelli, Fabio Novembre, Palomba-Serafini, Filippo Perego, Laura Sartori Rimini e Roberto Peregalli, Verde Visconti sono gli undici testimonial che Paolo Landi ha scelto per la campagna pubblicitaria della terza edizione di «Amart», la mostra degli antiquari milanesi in programma dal 27 al 31 ottobre (tutti i giorni, dalle ore 11 alle ore 21) al Museo della Permanente.
Maki Galimberti ha fotografato questi protagonisti del mondo della progettazione al Superstudio13, dando vita a una galleria di ritratti dai colori vivaci e dallo stile moderno e dinamico.
Ogni foto è affiancata da una riflessione sul binomio antiquariato-design. «Un oggetto antico non va visto come il retaggio di un mondo scomparso ma come punto di forza e suggestione per vivere meglio il presente», dichiarano, per esempio, Roberto Peregalli e Laura Sartori Rimini. «Cos'ha saputo selezionare la storia? Opere di qualità, che sono rimaste» è la riflessione che regala al pubblico Massimo Iosa Ghini. Mentre Gaia Chaillet Giusti dice: «L'antiquariato può essere usato anche in un giardino, illuminandolo. Come una quercia centenaria illuminata dal sole». Aldo Cibic, invece, afferma: «Mi innamoro delle cose a prescindere che siano antiche o moderne». «Il design di oggi sarà l'antiquariato di domani» è, poi, il pensiero di Terry Dwan. «Amore senza tempo» è, infine, il messaggio che Fabio Novembre regala ai visitatori della fiera milanese, una vera e propria wunderkammer con trecento anni di capolavori che celebrano l’arte pittorica e grafica in tutte le sue espressioni.
Il percorso spazia dalla «Madonna con il Bambino e San Giovannino» di Lorenzo Lippi alla «Camozza» di Marzio Tamer, passando per lo «Sposalizio della Vergine» di Giovanni Battista Crespi e bottega, la «Madonna col Bambino» di Francesco Albani, il «Vaso istoriato di fiori con pappagallo» di David De Coninck, «Battaglia tra cavallerie cristiane e turche» di Marzio Masturzo, «Ritrovamento di Mosè» di Giuseppe Antonio Pianca, «Ritratto di Antonio Canova» di Giovanni Battista Lampi junior. Ci sono, poi, in mostra «Neve a Milano» di Mosè Bianchi, «Paesaggio a Castiglioncello» di Giovanni Fattori, «All'Acquabella» di Emilio Longoni, «San Siro» di Pompeo Mariani, «L’amatore d’arte», «La tenda rossa» e «Signora elegante di spalle» di Giovanni Boldini, «Dopo il bagno» di Camillo Innocenti, «Notturno metafisico» di Mario Reviglione, l’acquaforte «Paesaggio con ciminiera» di Giorgio Morandi e il disegno «Pellicano» di Fortunato Depero.
In un continuum di scoperte e di sorprese, la proposta espositiva focalizza l’attenzione anche su sculture e oggetti inattesi come la «Natività» in cera rossa di Antonio Giorgetti, una «Figura femminile» di Joseph Gott, una terracotta quattrocentesca di Niccolò Baroncelli, il «Nettuno fanciullo» in legno, perle, e corallo del messinese Ignazio Brugnami, una rara coppa rinascimentale in diaspro di Ottavio Miseroni, l’elegante «Arianna dormiente» attribuita a Benedetto Cacciatori e un pendente decò di brillanti, corallo, zaffiri e perla naturale.
La fiera antiquaria ospita anche rarità storiche e artistiche come lo straordinario «Grande murale» (1965) in bronzo di Mario Negri, i candelieri retour d’Égypte, la crisoelefantina «Figlia del sultano Bou-Sadaa» di Ernest Barrias, uno Shiva pakistano del VII-IX secolo, un sofisticato paravento giapponese del Seicento, un Suzuribako nipponico in lacca e oro, un Kawari Kabuto con maschera e un piatto laccato e intarsiato firmato Yasumasa, anch’essi di produzione nipponica.
Un altro pezzo molto atteso dai collezionisti è, infine, lo «Stipo architettonico con arione con arpa su un Delfino» (1550-1600) del Museo Poldi Pezzoli, un mobile dotato di nove cassetti – otto minori e uno, inferiore, più ampio –, chiuso da una ribalta decorata, con decorazioni a sbalzo e ad agemina in oro e argento, già sottoposto un intervento di restauro eseguito a Tolone nel 1902.
«Allestimenti di livello, qualità dell'esposizione, eccellenza nell'offerta» rimarranno gli elementi distintivi della fiera, che quest’anno, per iniziativa dei Giovani antiquari milanesi, avrà anche il suo Fuorisalone: Mog - Milano Open Galleries, un cartellone di esposizioni, talk, incontri, degustazioni in programma dal 25 al 29 ottobre in quaranta gallerie antiquarie della città, divise idealmente in due zone contrassegnate da altrettanti colori, il magenta e l’ottanio (Brera, via Pisacane/Porta Venezia, Quadrilatero).
Il piacere di interagire con il fascino dell’antico, per tornare a vivere l’arte in presenza in una fiera e nelle tante gallerie della città che tramandano al futuro il bello del passato è, dunque, quello che offre questa nuova edizione dell’«Amart», raffinata vetrina per la bellezza, wundekammer da visitare con curiosità e desiderio.

Didascalie delle immagini
1. Francesco Albani (Bologna, 1578-1660), Madonna col Bambino, 1610 circa. Olio su tela, cm 116 x 90. Provenienza: Francia, collezione privata. Iscrizioni: “Hannibal Caracci”, in grafia antica sul retro della tela. Stato di conservazione: buono. Bibliografia: D. BENATI, in Fondantico Tefaf Maastricht 2019, catalogo della mostra, Bologna, 2019, pp. 25-29, n. 4. Opera esposta da Fondantico di Tiziana Sassoli - Bologna; 2. Natale Schiavone (Chioggia, 1777 - Venezia, 1858),Venere. Olio su tela, cm 100 x 150. Perizia del Prof. Fernando Mazzocca; 3. Brun Fine Art - Joseph Gott Londra 1786 - Roma 1860. Scultura raffigurante figura femminile, cani e cestino, marmo bianco e scolpito, h. 108 cm, l. 65 cm.Firmato sul restro J. GOTT Ft., 4. Francesco Hayez (Venezia, 1791 – Milano, 1882), Giuseppe interpreta i sogni ai prigionieri, 1810-1815. Olio su tela, 97,5 x 136 cm. Firmato in basso a sinistra: “Hayez”

Informazioni utili
Informazioni e modalità d’accesso sui siti www.amart-milano.com o www.mogmilano.art

sabato 23 ottobre 2021

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 18 al 25 ottobre 2021

DA FIRENZE A INNSBRUCK: LA MADONNA CON IL BAMBINO, GIOVANNI BATTISTA E DUE ANGELI DI SANDRO BOTTICELLI IN PRESTITO AL TIROLER LANDESMUSEUM FERDINANDEUM
Dalla Toscana a Innsbruck, nel cuore del Tirolo austriaco: è questo il viaggio che ha fatto in questi giorni la tavola «Madonna con il Bambino, Giovanni Battista e due angeli» della Galleria dell'Accademia di Firenze, protagonista della mostra «Ein Botticelli für Innsbruck (Un Botticelli per Innsbruck)», allestita fino al 30 gennaio al Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum (il museo aperto dal martedì alla domenica, dalle ore 10 alle ore 18, con costo del biglietto che varia dai 12,00 ai 7,00 euro).
L’opera è una delle numerose tavole che il pittore rinascimentale, uno degli artisti più importanti in assoluto, conosciuto soprattutto per la «Primavera e «La nascita di Venere», ha dedicato alla rappresentazione della Vergine con il Figlio, un tema ricorrente nella pittura del tempo sia in Italia che a nord delle Alpi, come documentano altri due dipinti, provenienti dalla collezione dei musei statali tirolesi, selezionati dai curatori Pietro Scholz e Pietro Assmann per la mostra austriaca.
La «Madonna con il Bambino, Giovanni Battista e due angeli» (tempera su tavola, 98x97 cm), datata 1468, è un’opera giovanile di Sandro Botticelli (1445-1510) che, pur rimanendo legato allo stile dei maestri del tempo, quali Verrocchio e Filippo Lippi, mostra una volontà di emanciparsi dagli illustri modelli. L’artista utilizzò più volte questo modello iconografico, perfetta sintesi di elementi reali e ideali di bellezza e virtù. Lo schema compositivo, con la Vergine che tiene in braccio con grazia e amore il Bambino, «è arricchita – raccontano dalla Galleria dell’Accademia - dalla presenza di due angeli e di San Giovanni Battista. Un cherubino sorregge Gesù, mentre l’altro volge lo sguardo idealmente verso l’osservatore. Il Bambino non è rivolto verso la madre, ma sembra concentrato su qualcosa di più lontano. San Giovannino e la Vergine sono invece assorti, come se fossero in uno stato di profonda meditazione».
L’abito della Madonna, finemente dipinto, rispecchia la moda dell’epoca. L’abilità tecnica dell’artista, conosciuto per le sue fisionomie eleganti e di una aggraziata bellezza ideale, è riscontabile anche nella complessa esecuzione a tempera dei tessuti in trasparenza, come documenta l’incresparsi del velo sulla fronte e il suo ricadere ondulato sul collo.
La tavola, per il piccolo formato probabilmente era destinata alla devozione domestica. Non sono note né la committenza né la collocazione originaria: dai documenti risulta che fino al 1900 si trovava all’Ospedale di Santa Maria Nuova e dal 1919 è esposta alla Galleria dell’Accademia di Firenze. L’opera è stata restaurata dall’Opificio delle Pietre dure nel 1979. L’ultimo intervento di manutenzione risale, invece, al 2011.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina https://www.tiroler-landesmuseen.at/ausstellung/ein-botticelli-fuer-innsbruck/.

«SURFACE AND DEPTH», LA ROME ART WEEK 2021 RACCONTA IL RICAMO CONTEMPORANEO
Si intitola «Surface and Depth» la mostra sull’arte del ricamo in programma dal 26 al 31 ottobre a Roma, negli spazi di Palazzo Velli, vero e proprio hub creativo nel cuore di Trastevere.
Curata da Cat Frampton, Felicity Griffin Clark e Olga Teksheva, la rassegna allinea circa settanta artisti, provenienti da tredici Paesi, che hanno liberamente interpretato il tema della «superficie e della profondità» rendendo il ricamo un vero e proprio materiale scultoreo, come fosse addirittura pietra, e sdoganandolo così dalla sua visione classica bidimensionale, «fino a spingerlo – si legge nella nota stampa - nelle nuove frontiere del 3D e magari, in un prossimo futuro, anche in 4K».
Per la seconda volta a livello internazionale, dopo la rassegna di Londra del 2019, la Society for Embroidered Work mette, dunque, in mostra nella Capitale lavori che usano il filo come se fosse pittura o scultura. Nelle opere esposte, l’idea vecchia del ricamo come «decorazione» e «lavoro artigianale» viene stravolta, rivisitata e attualizzata; gli artisti dedicano la loro ricerca a importanti temi sociali, scientifici e ambientali.
La mostra è inserita nel calendario ufficiale della Rome Art Week 2021, la settimana dedicata all’arte contemporanea promossa e organizzata da Kou - Associazione culturale per la promozione delle arti visive, che coinvolge, tra gli altri, la Casa argentina, il Forum austriaco di cultura, la Real Academia de España, la Temple University Rom e l’Aaie Contemporary Art Center. 
Mostre personali e collettive, open studio, performance, talk, visite guidate gratuite, eventi e appuntamenti virtuali animeranno la città per una settimana, dal 25 al 30 ottobre. Si conta sul coinvolgimento di 142 gallerie e istituzioni, 339 artisti, 58 curatori e oltre 376 eventi sparsi in musei, gallerie, spazi espositivi di tutti e 35 quartieri della città.
Tra gli eventi in programma si segnalano: «Per un prossimo reale», personale di Antonio della Guardia alla Fondazione Pastificio Cerere, la collettiva «Rescue it! Artisti in movimento» sui temi dell’Agenda 2030 dell’Onu all’Ex Garage, la mostra «Subversiones» di Estibaliz Sádaba Murguía alla galleria AlbumArte, e l’incontro on-line con l’autore Marco Ciccolella e il suo progetto «People and Places».
Oltre agli eventi in presenza, Rome Art Week offre una vetrina accesa 356 giorni su 365 a tutti i partecipanti: il sito www.romeartweek.com, un vero e proprio portale di networking attivo in cui ogni artista, curatore e struttura può continuare a promuovere il proprio lavoro; la piattaforma è anche uno strumento per trovare tutte le informazioni riguardanti gli eventi, le visite guidate gratuite e i percorsi suggeriti durante la manifestazione. 

Nelle foto: 1. Opera di Rima Day; 2. Opera di Linda McBain

TORNA DESIGN200, UNA DELLE ASTE DI MAGGIOR SUCCESSO DELLA MAISON CAMBI
Ritorna in scena il design da Cambi. Dopo i soddisfacenti risultati di «Fine design» a giugno (185% di venduto per valore) e di «Design 200» a marzo (stime di partenza più che raddoppiate), la maison milanese propone per il prossimo 27 ottobre, nella sua sede di via San Marco 22, una seconda asta dedicata al «Design 200», con una selezione di maestri italiani e internazionali dagli anni ’50 ai primi anni ’70.
Il top lot del catalogo è un «Lampadario Dahlia» del ’54, firmato dal maestro vetraio e decoratore Max Ingrand, con struttura in ottone zapponato e nichelato (stima: 15.000 - 20.000). Un altro imperdibile lotto del designer francese è la «Lampada da terra modello 2020», con struttura in ottone e metallo laccato, degli anni ’60 (stima: 6.000 - 8.000 euro).
L’asta proporrà anche un’ampia selezione di sedute come lo scenografico «Divano modello Camaleonda composto da quattro moduli e due pouf» di Mario Bellini (stima: 6.000 - 8.000 euro), un’icona dell’arredamento negli anni ’70. Un’altra coppia di divani - sempre di quegli anni - da tenere d’occhio durante la vendita è il modello Soriana (stima: 4.000 - 6.000 euro), firmato da Afra e Tobia Scarpa, Il disegno originale vinse il Compasso d’oro nel 1969 e diede vita a un divano di design dalle linee morbide e generose, nato per offrire comfort e rendere l’ambiente di casa ancora più raffinato.
Meritano una menzione, tra i pezzi all’asta, anche il «Tavolo modello Rosa dei venti» di Mario Ceroli, prodotto da Poltronova nel 1973 e marchiato a fuoco (stima: 5.000 - 7.000 euro), l’«Attaccapanni modello AT16» di Osvaldo Borsani, con struttura in allumino e acciaio degli anni ‘60 (stima: 2.500 - 3.000 euro), e la «Specchiera con struttura in metallo e ottone con cornice in cristallo curvato colorato molato e inciso» di Santambrogio e de Berti (stima: 1.500 - 2.000 euro).
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito cambiaste.com.

Nella foto: Max Ingrand, Lampadario Dahlia mod. 1563 con struttura in ottone zapponato e ottone nichelato. Diffusori in cristallo colorato, curvato e molato. Prod. Fontana Arte, Italia, 1954

«IL GIARDINO E LA LUNA», MARCO GOLDIN RACCONTA IN UN LIBRO L’ARTE DELL’OTTOCENTO
Esce in libreria giovedì 21 ottobre il nuovo libro di Marco Goldin: «Il giardino e la luna. Arte dell’Ottocento dal romanticismo all’impressionismo» (La nave di Teseo, 600 pagine, 200 illustrazioni a colori nel testo, 24 euro).
Con una scrittura coinvolgente anche dal punto di vista letterario, l’autore si muove agevolmente su un terreno che studia da molti anni e che conosce alla perfezione, quello dell’arte internazionale del XXI secolo tra Europa e America, inseguendo il tema, decisivo, della natura e dando voce non soltanto agli artisti più noti, ma anche ad esperienze poche studiate.
Il libro parte dalla straordinaria stagione romantica, tra Germania e Inghilterra, in un viaggio che spazia da Friedrich a Turner a Constable. Ci si sposta, quindi, in Francia, il cuore dell’arte del secolo, con Corot, Millet e la scuola di Barbizon, esperienze che aprono alla nascita dei vari realismi e che mostrano i legami con la fotografia. Il percorso prosegue in America, con gli affascinanti pittori della Hudson River School, da Thomas Cole a Edwin Church, ma anche con l’impressionismo a stelle e strisce e con Winslow Homer, un autore che precorre le atmosfere sospese di Hopper. Il libro racconta, poi, il magico e incantato realismo della Scandinavia, con incursioni nel centro e nell’est dell’Europa.
Sfogliando il volume, di pagina in pagina, si trova, infine, un’ampia ricostruzione, sia storica che artistica, dell’impressionismo. Il conflittuale rapporto con il Salon, le otto mostre impressioniste dal 1874 al 1886, i grandi pittori che ne hanno decretato il successo, da Monet a Renoir, da Cézanne a Degas, senza dimenticare Manet sono i temi trattati.
In appendice, è possibile leggere tre capitoli riservati ad altrettanti poeti - T.S Eliot, Attilio Bertolucci e Goffredo Parise - che sono stati fondamentali nella formazione sentimentale per lo scrivere di pittura di Marco Goldin Goldin. A loro l’autore riserva alcune decine di pagine incentrate soprattutto sul rapporto tra uomo e natura, quello stesso da cui muovono i suoi due testi poetici e che il critico pone, con il titolo «Luce del principio», all’inizio del libro.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito http://www.lanavediteseo.eu/

AL VIA «ART RAIDERS – CACCIA AI TOMBAROLI», LA SERIE DI SKY SUI FURTI DI OPERE ANTICHE
«L’Italia è lo scrigno di uno dei patrimoni artistici più importanti del mondo, ma è anche il Paese dove migliaia di preziosi reperti archeologici vengono trafugati ogni anno, costituendo uno dei più grandi traffici illeciti globali». Secondo i dati a disposizione, «una ragnatela di intrighi e interessi ha polverizzato più di 3 milioni di opere d’arte in cinquant’anni, legando a doppio filo tombaroli e collezionisti bramosi di possesso, la criminalità organizzata e alcuni dei più prestigiosi musei del mondo». A questa storia guarda il nuovo prodotto televisivo di Sky Arte, «Art Raiders. Caccia ai tombaroli», che racconta le storie di chi ha scavato per rubare capolavori dimenticati, di chi li ha venduti come una merce qualsiasi e dei Carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale, primo nucleo investigativo al mondo che dal 1969 lavora sui crimini legati alla cultura.
Per la regia di Simona Risi, scritta da Donato Dallavalle e Cecilia Ferrara, l’inedita docu-serie (visibile anche in streaming su Now) ha preso il via martedì 19 ottobre, alle ore 21:15, con una puntata sul cratere di Eufronio, un vaso di grandi dimensioni a figure rosse, quasi intatto, risalente al V secolo a.C. e firmato da uno degli artisti più famosi dell’epoca, il ceramista Eufronio. L’opera, entrata in modi non chiari a far parte del patrimonio del Metropolitan Museum of Arts di New York nel 1972, è stata oggetto di un’indagine lunga trent’anni, che ha portato gli investigatori da Cerveteri a Ginevra passando per Parigi, fino a quando è stata restituita nel 2008 all’Italia.
Sono previste in tutto quattro puntate. Come in un noir, protagonista di ogni episodio sarà l’opera d’arte stessa, una sorta di «sequestrato speciale» coinvolto in un caleidoscopio di incredibili storie che intrecciano arte, antichi miti, indagini impossibili, traffici pericolosi, organizzazioni criminali e i più grandi musei del mondo.
Il secondo appuntamento televisivo sarà focalizzato sulla Dea di Morgantina (26 ottobre, alle ore 21.15), una statua di scuola greca apparsa magicamente nell’estate del 1988 al museo J.P. Getty di Los Angeles e proveniente molto probabilmente da uno scavo siciliano.
La serie televisiva parlerà, poi, della Triade Capitolina (2 novembre, ore 21:15) e del Vaso di Assteas (9 novembre, ore 21:15), opere che legano il loro nome alle figure di due celebri tombaroli: Pietro Casasanta e Pasquale Camera.
La serie si avvale di interviste, riprese girate nei luoghi degli scavi e nei musei che oggi ospitano le opere d’arte recuperate, ricostruzioni in studio e animazioni – realizzate da TIWI – che ripercorrono i momenti salienti della storia.
«Art Raiders. Caccia ai tombaroli» racconta così un momento storico in cui tutto sembrava permesso, anche svendere preziosi aspetti della nostra identità. Un momento storico che, speriamo, sia morto e sepolto.

«WOMAN'S WORLD», A FIRENZE IL MONDO VISTO DALLE DONNE
È stata dedicata alle «Next Generation Women», la nuova generazione di donne europee e del mondo in dialogo con le voci storiche del femminismo, la quarta edizione del festival «L'eredità delle donne», con la direzione artistica di Serena Dandini, che si è tenuta a Firenze in Manifattura Tabacchi dal 22 al 24 otto-bre (via delle Cascine 35) e on-line su www.ereditadelledonne.eu. Tra i nomi più attesi nella città toscana ci sono la femminista americana Gloria Steinem, la ricercatrice Hatice Cengiz, l’economista Noreena Hertz, il premio Oscar Geena Da-vis e il filosofo e scrittore Paul B. Preciado.
In occasione dell0a manifestazione, promossa da Elastica con la Fondazione CR Firenze e la partnership di Gucci, è stato organizzato un calendario Off con concerti, trekking, visite guidate, mostre, laboratori ma anche sessioni di counseling, sfilate di moda e attività sportive: oltre centoottanta eventi che hanno coinvolto più di centosettanta realtà.
Per l’occasione, «Informacittà – L'arte di comunicare», freepress di informa-zione culturale nata nel 1997 e oggi distribuita in tutta la Toscana, si è tinta di rosa e sta ospitando nei suoi spazi di via San Gallo una rassegna con le opere di alcune delle più interessanti street artist. I lavori esposti parlano del mondo delle donne, ma sono anche una denuncia sociale e una riflessione sui temi del diritto, della rinascita e della crescita.
Tra le artiste in mostra ci sono la fiorentina Footoose_Footloose con i suoi paste up che raffigurano le scarpette rosse, simbolo della lotta contro la violenza sulle donne, la giovanissima illustratrice italobrasiliana Giújuba con i suoi disegni che raccontano il disagio sociale del nostro tempo, il collettivo femminile veneto Dare Hood con i suoi slogan militanti, e le ineffabili LeDiesis con la loro Madonna di Kabul e i SuperBlack, una serie di lavori grafici realizzati durante il lungo lockdown.
La mostra, aperta dal 22 ottobre al 14 novembre (dal lunedì al venerdì, dalle ore 10 alle ore 12.30 e dalle ore 15.30 alle ore 17; sabato e domenica su appuntamento telefonando al numero 348 2416549), vedrà anche la presenza dell’attivista romana Laika MCMLIV, al suo debutto sulla scena artistica di Firenze, e di Ale Senso, street artist italiana, di base a Berlino, che ha all’attivo collaborazioni con aziende quali Budweiser, Fiat, Raitunes, Amica Magazine, La Rinascente, Adidas.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.informacitta.net.

LA SCENOGRAFA E COSTUMISTA SANTUZZA CALÌ DONA IL SUO ARCHIVIO ALLA FONDAZIONE CINI DI VENEZIA
Artista raffinata e fantasiosa, Santuzza Calì (Pulfero, 28 marzo 1934) è stata assistente del pittore Oskar Kokoschka e preziosa collaboratrice di Emanuele Luzzati, con il quale ha stretto un sodalizio artistico tra i più fecondi e proficui della scena teatrale italiana. Dall’inizio della sua carriera a oggi, l’artista ha disegnato i costumi e le scene per circa quattrocento spettacoli di prosa, opera e teatro ragazzi, collaborando con registi come Tonino Conte, Filippo Crivelli, Gianfranco De Bosio, Franco Enriquez, Alessandro Fersen, Vittorio Gassman, Ermanno Olmi, Paolo Poli, Maurizio Scaparro e Aldo Trionfo.
Per ricostruire questa storia, dal prossimo mercoledì 20 ottobre, si potrà andare a Venezia, sull’isola di San Giorgio Maggiore. La costumista e scenografa friulana ha, infatti, donato il suo ricco archivio all’Istituto per il teatro e il melodramma della Fondazione Cini, diretto da Maria Ida Biggi.
La donazione è composta da disegni originali, figurini e bozzetti a cui si affianca un cospicuo numero di schizzi e studi preparatori. I documenti, suddivisi e ordinati in oltre duecentocinquanta cartelle, coprono l’intero arco di attività di Santuzza Calì, dal 1969 a oggi.
La donazione è stata ufficializzata mercoledì 20 ottobre con un incontro aperto al pubblico (per informazioni tel. 041.2710236, e-mail teatromelodramma@cini.it), che ha visto la presenza della stessa Santuzza Calì, di Gianfranco de Bosio e di Lorenzo Salveti. Sono, inoltre, stati previsti un contributo video di Maurizio Scaparro e la testimonianza di amici e collaboratori della Calì.
Durante la presentazione è stato possibile ammirare anche una selezione di materiali d’archivio mai esposta prima d’ora. La mostra, allestita in Sala dei Cipressi, sarà visitabile fino al 26 ottobre, dalle ore 10 alle ore 16, solo su appuntamento.
Per prenotare la propria visita alla mostra è possibile telefonare al numero 041.2710236 o scrivere a teatromelodramma@cini.it.

«I FARNESE A VITERBO»: MANOSCRITTI RARI E REPERTI CERAMICI RACCONTANO LA STORIA DI UNA NOBILE FAMIGLIA RINASCIMENTALE
Viterbo celebra la famiglia Farnese. Fino al 14 novembre, al Museo della ceramica della Tuscia vengono ricostruite, attraverso una mostra documentaria, le biografie e le storie di papa Paolo III, di suo figlio Pier Luigi, della nuora Girolama Orsini e del nipote Alessandro Farnese, «il grande cardinale», del quale lo scorso anno si sono celebrati i 500 anni dalla nascita.
Lo sfondo su cui si intrecciano le vicende di questi personaggi è la Viterbo tra Quattro e Cinquecento, una città gloriosa e vitale, punto nevralgico dell’amministrazione del Patrimonio di San Pietro.
L’esposizione, promossa dalla Fondazione Caravit, mette in relazione reperti bibliografici e archivistici provenienti dalla Biblioteca consorziale di Viterbo – nello specifico importanti manoscritti mai esposti al pubblico, libri e incisioni - con reperti ceramici esposti nel Museo della ceramica della Tuscia.
Le sale che ospitano la mostra rappresentano un valore aggiunto per l’esposizione: Palazzo Brugiotti è, infatti, un’opera architettonica costruita in concomitanza con il grande piano urbanistico della Via Farnesiana (oggi via Cavour), voluto da papa Paolo III e portato a termine dal nipote, il cardinale Alessandro Farnese.
Per informazioni e prenotazioni sulla mostra «I Farnese a Viterbo» (aperta dal martedì alla domenica, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18, con ingresso libero) è possibile inviare una e-mail all’indirizzo museoceramicatuscia@fondazionecarivit.it o telefonare al numero 0761.223674.

«IN TOUR»: IN LOMBARDIA TRE GIORNI TRA LUOGHI DEL DESIGN, ARCHIVI D’ARTISTA E MUSEI D’IMPRESA
È un incentivo al turismo di prossimità quello che propone la prima edizione di «In tour - Design, artisti, made in Italy», programma ideato dall’associazione MuseoCity - con il Circuito lombardo musei design, l’Aitart - associazione italiana archivi d’artista e Museimpresa - per il fine settimana dal 22 al 24 ottobre.
Grazie ad aperture coordinate, visite guidate e incontri di approfondimento on-line, ma anche a mostre, conferenze ed eventi speciali, sarà possibile viaggiare in varie località della Lombardia per conoscere musei, archivi-museo, studi e case-museo, che sono stati testimoni nella nascita del design e del progetto, ma anche per scoprire archivi d’artista, depositari di patrimoni affascinanti in cui vicende personali, fatti d’arte e avvenimenti storici si intrecciano, e per visitare musei e archivi d’impresa, luoghi che offrono un racconto della storia produttiva e imprenditoriale del Paese.
Tra le aperture da non perdere ci sono quelle dell’Archivio Cassinari, visitabile per la prima volta, della Fondazione Remo Bianco, la cui sede si trova all'interno di un complesso industriale, del nuovo Museo Molteni, da poco inaugurato, e di Galleria Riva, che mostrerà straordinariamente al pubblico il Cantiere e la Galleria storica di Sarnico.
Tra le altre iniziative da segnalare ci sono: la visita guidata alla Project room dell’Archivio atelier Pharaildis Van den Broeck, nata dalla collaborazione tra l’artista Sara Enrico e il fashion designer Fabio Quaranta, il concerto degli studenti del conservatorio Donizetti di Bergamo all’Associazione Longaretti, e le degustazioni di vino al Museo agricolo e del vino Ricci Curbastro.
Come anteprima, fino a giovedì 21 ottobre, le guide turistiche di Milanoguida proporranno una nuova serie di podcast - pubblicati su Spotify, Apple e Google Podcast - per far scoprire ai visitatori nuovi itinerari in Lombardia. MuseoCity pubblicherà, invece, sulla sua App e in una nuova sezione del sito internet, che rimarrà visibile anche dopo la tre giorni di «InTour», alcuni itinerari culturali da percorrere autonomamente, a piedi, in bicicletta, con mezzi di trasporto pubblico o privato.
A Milano, in questi stressi giorni, è in programma anche la nona edizione del Milano Design Film Festival, manifestazione a cura di Silvia Robertazzi e Porzia Bergamasco che, dal 21 al 24 ottobre, animerà la città con la proiezione di documentari, inchieste, biopic, fiction e film d’animazione in vari luoghi, dal teatro Franco Parenti a villa Scheibler, dalla cascina ottocentesca sede di Lom (Locanda Officina Monumentale) alla sede milanese dell’Ordine degli architetti. L’intero programma può essere consultato sul sito www.milanodesignfilmfestival.com, che propone anche un palinsesto di film in streaming. Per maggiori informazioni su «InTour» è, invece, possibile consultare il sito https://www.museocity.it/.

Nelle foto: 1. Fondazione Museo Vico Magistretti; 2. Museo agricolo e del vino Ricci Curbastro

«CURATELA E CONSERVAZIONE: ABITI E TESSUTI NEI MUSEI», UN CONVEGNO INTERNAZIONALE A TORINO
Il vestito dell’imperatrice Elisabetta d’Austria e l’abito da ballo della regina Margherita, le creazioni di Elsa Schiapparelli, la casula del vescovo di Ravenna Giovanni Angelopte (477 - 479 d.C.) e gli abiti da Oscar del «Casanova» di Federico Fellini: sono questi alcuni dei preziosi oggetti raccontati, giovedì 21 e venerdì 22 ottobre, al convegno internazionale «Curatela e Conservazione: abiti e tessuti nei musei».
Organizzato al Ccr - Centro conservazione e restauro La Venaria Reale e realizzato da The Association of Dress Historians - ente benefico della Charity Commission for England and Wales, che supporta e promuove lo studio e la pratica professionale nell’ambito della storia degli abiti, dei tessuti e degli accessori di tutte le culture e regioni del mondo, dall’antichità al giorno d’oggi - il convegno è stata un’occasione unica per approfondire lo studio del restauro di abiti e tessuti e di conoscere alcune delle più importanti esperienze internazionali.
Esperti provenienti dalla University of Applied Arts di Vienna, dal Metropolitan Museum of Art di New York, dal Victoria & Albert Museum, dall’Ecole du Louvre e molti altri, hanno affrontato i temi più disparati, attraversando un arco temporale che va dall’antico Egitto al Medioevo, dagli anni Sessanta alla contemporaneità, sempre attraverso la lente dei più importanti progressi scientifici.
Tecnica e strumentazioni scientificamente e tecnologicamente più avanzate, si affiancheranno anche a confronti sulle modalità di esposizione museale dei patrimoni legati alla moda, o sulle ultime possibilità concesse dall’uso del 3D.
«Curatela e Conservazione: abiti e tessuti nei musei» offre non solo una full immersion nelle tecniche del restauro e della conservazione, ma anche un’occasione preziosa per conoscere i laboratori del Ccr - Centro conservazione e restauro La Venaria Reale che vantano le più avanzate strumentazioni, e professionisti impegnati su manufatti di valore inestimabile.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina https://www.centrorestaurovenaria.it/.
 
Nella foto: Campioni di tintura su seta e lana, colori estratti da: Crocus sativus L. (fiore), Iris germanica L. (fiore), Iris florentina (fiore), Crocus sativus L. (stimmi)., Dactylopius coccus (estratto di insetto), Sambucus nigra L. (bacche), Punica granatum L. (buccia del frutto), Urtica dioica L. (foglia), Castanea sativa (riccio), Rubia Tinctorum L. (radice). Foto: Elisabetta Milani.

VENEZIA, AL VIA CON «C'ERA UNA VOLTA... IL MOSE E LA MEDUSA» IL CICLO «ATELIER DES ENFANTS»
Si apre a Venezia con l’artista albanese Driant Zeneli (1983, Shkoder, Albania) «Atelier des Enfants», un ciclo di appuntamenti promossi da Palazzo Grassi per i più piccoli. L’originale format, riservato ai bambini dai 7 agli 11 anni, privilegia il rapporto diretto con gli artisti e le loro pratiche ponendole in relazione con la pedagogia.
Il progetto di Driant Zeneli, in cartellone nelle giornate di sabato 23 (ore 10:30 – 12:30 e ore 15:30 – 17:00) e domenica 24 ottobre (ore 10:30 – 12:30), si intitola «C'era una volta... il Mose e la Medusa» ed è un atelier dedicato alla relazione tra natura e robotica che prende ispirazione da Venezia.
L’artista invita i bambini a immaginare mondi possibili disegnando e costruendo meduse robotiche capaci di pulire il Mose, complessa architettura moderna della città per risolvere il problema dell’acqua alta, presentato in questa occasione come un grande mostro marino. A partire dal dialogo diretto con alcuni degli autori del volume «Effetto Mose. Le sfide di un progetto per il futuro», edito da Marsilio Editori (2021), Driant Zeneli ha tratto documenti, fotografie, video su cui i bambini lavoreranno esaminando il tema delle interazioni tra uomo e macchina. Per meglio sviluppare la componente ludica e meccanica, l’atelier si avvale della competenza offerta da un team di giovani ricercatori genovesi inventori di Hydrocarbot, un robot che pulisce il mare dagli idrocarburi raccogliendoli e riciclando.
Il costo del laboratorio, di cui si possono avere maggiori informazioni all’indirizzo e-mail education@palazzograssi.it, è di euro 20,00 a testa ed euro 15,00 per i fratelli.
«Atelier des Enfants» proseguirà nelle giornate da lunedì 13 a venerdì 18 dicembre con Quattrox4, compagnia che dal 2011 promuove la cultura del Circo contemporaneo in Italia come linguaggio artistico. La classe di creazione è liberamente ispirata alla figura del contrapposto. Al termine degli incontri, la compagnia si esibirà in una restituzione aperta al pubblico nell’atrio del museo.
Per maggiori informazioni sui progetti educativi di Palazzo Grassi è possibile visitare la sezione «Education» del sito www.palazzograssi.it.
 
MILANO, ALESSANDRO HABER LEGGE «ROVINE» DI GABRIELE TINTI

Verrà presentato al Mudec – Museo delle culture di Milano il nuovo libro di Gabriele Tinti, «Rovine», edito da Libri Scheiwiller e disponibile alla lettura dal prossimo 28 ottobre. L’incontro, fissato per le ore 19:30 di martedì 26 ottobre, vedrà la presenza dell’attore Alessandro Haber, che per l’occasione leggerà alcune poesie dello scrittore e critico d’arte italiano.
Ispirandosi ad alcuni fra i più grandi capolavori di arte antica, Gabriele Tinti muove dal tragico senso di morte e di vacuità con l’obiettivo di donare nuova vita e pensiero alla statuaria greco romana e a tutte quelle reliquie di un’umanità oramai scomparsa che vorremmo rendere eterne.
Il testo, destinato alla «scultura vivente dell’attore», è il frutto di letture dal vivo che, nel corso degli ultimi anni, alcune personalità note al grande pubblico come Kevin Spacey, Malcolm McDowell, Abel Ferrara, Stephen Fry, James Cosmo, Joe Mantegna, Robert Davi, Burt Young, Franco Nero, Alessandro Haber, Michele Placido, Marton Csokas, Jamie McShane e Vincent Piazza hanno tenuto di fronte alle opere d’arte antica che hanno ispirato l’autore. Le letture sono state realizzate al Metropolitan di New York, al J. Paul Getty Museum e al Lacma di Los Angeles, al British Museum di Londra, ai Musei capitolini di Roma, al Museo dell’Ara Pacis, al Museo nazionale romano, al Museo archeologico di Napoli, al Parco archeologico del Colosseo e alla Glyptothek di Monaco.
A rendere ancora più prezioso il volume sono gli interventi di alcuni eminenti studiosi dell’arte antica come Sean Hemingway (Metropolitan Museum), Kenneth Lapatin (Getty Museum), Christian Gliwitzky (Staatliche Antikensammlungen und Glyptothek), Andrew Stewart (UC Berkley), Nigel Spivey (University of Cambridge) e Lynda Nead (Birkbeck, University of London).
L'ingresso all'evento è su registrazione tramite eventbrite.it, con Certificazione verde Covid 19. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.24orecultura.com.

«VARIAZIONI», UN AUTUNNO DI CONCERTI AL MUSEO DEL SAXOFONO 
L’agente 007 arriva al Museo del saxofono di Fiumicino. Sabato 23 ottobre, dalle ore 21, il «New Hammond 4tet», guidato da Riccardo Fassi, presenta «The James Bond Project», un viaggio tra le colonne sonore di alcuni film entrati nell'immaginario collettivo come «Thunderball», «From Russia With Love», «Gold Finger», «Diamonds Are Forever» e «Dr. No.», rivisitate in chiave jazz e funk, con un groove molto marcato e caratterizzato dal suono dell’Hammond, dalle tastiere e dalla sezione di sax che crea una interessante tessitura orchestrale. «La musica del gruppo - assicurano gli organizzatori - si sviluppa attraverso un intenso dialogo tra i musicisti, nel quale la vitalità e la vivacità dell’improvvisazione raggiungono livelli di grande intensità emotiva, che unita alla bellezza di temi leggendari e molto famosi dei film di 007, crea un mix molto speciale in grado di coinvolgere ed appassionare il pubblico».
Si inaugura così il cartellone autunnale di «Variazioni», che proseguirà, nella notte delle streghe, con la «Halloween Jazz Night», che vedrà in scena Alberto Botta, il mitologico batterista di Renzo Arbore e di «Quelli della Notte», con alcuni dei migliori musicisti swing della capitale - Attilio Di Giovanni (pianoforte), Giuseppe Ricciardo (sax tenore), Carlo Ficini (trombone e voce) e Giulio Scarpato (contrabasso)-, impegnati in «un repertorio tenebrosamente frizzante e oscuramente coinvolgente».
A novembre sarà, quindi, di scena il duo formato dal talentuoso e giovanissimo saxofonista Jacopo Taddei e dal pianista Antonino Fumara (sabato 6). A seguire, i riflettori saranno accesi sul progetto «Saxophobia» (domenica 7), portato avanti con successo da Attilio Berni, grande collezionista di sax, per raccontare la storia e le straordinarie metamorfosi dello strumento divenuto l’icona multiforme del Novecento. Sempre a novembre, il 20, si esibirà il sestetto di Gianluca Galvani con un progetto tutto dedicato al grande Louis Armstrong, a cinquant’anni dalla scomparsa, e un repertorio che si snoda dai brani del periodo New Orleans fino ai grandi successi degli anni ‘60.
La programmazione invernale, che prenderà il via il 4 dicembre con un concerto in duo di Greg e Max Pirone, sarà comunicata nelle prossime settimane.
L’ingresso ai concerti, previa presentazione di Certificazione verde Covid-19, è di euro 15,00. I biglietti sono acquistabili in prevendita al sito Liveticket.it o direttamente al museo. È prevista prima di ogni concerto, per chi lo desiderasse, un’apericena a pagamento al costo di euro 15,00.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito https://www.museodelsaxofono.com/.