ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 26 settembre 2025

Giornate europee del patrimonio, un fine settimana per riscoprire la nostra eredità culturale

Ci sono giorni in cui le città sembrano respirare all’unisono con la loro memoria. Accade quando palazzi, archivi, musei, giardini, biblioteche e siti archeologici aprono le proprie porte al grande pubblico per dare voce a storie secolari. Le GEP - Giornate europee del patrimonio, in inglese European Heritage Days, offrono questo dal 1991, ovvero da quando il Consiglio d’Europa ha messo in rete le istituzioni culturali degli Stati membri per sviluppare nei cittadini del «Vecchio Continente» la consapevolezza delle proprie radici comuni, ovvero di una trama condivisa di memorie, suoni e visioni da trasmettere alle generazioni future. Perché il patrimonio non è solo ciò che ereditiamo, ma anche ciò che siamo chiamati a custodire e a reinventare giorno per giorno.
La manifestazione, che dal 1999 gode anche dell'egida della Commissione europea, ritorna in Italia nel prossimo fine settimana, nelle giornate di sabato 27 e domenica 28 settembre, con un articolato calendario di eventi, una vera e propria festa dell’arte, coordinata dal Ministero della Cultura, che vedrà istituzioni pubbliche e private, fondazioni e associazioni organizzare mostre, installazioni, incontri, laboratori didattici, conferenze, presentazioni, passeggiate tematiche, spettacoli, ma soprattutto visite guidate e aperture straordinarie in orario serale (nei musei statali al costo simbolico di un euro).

Lo slogan europeo dell'edizione 2025 è «Heritage and Architecture: Windows to the Past, Doors to the Future», la cui declinazione italiana è «Architetture: l'arte di costruire», un invito a esplorare il nostro ricco e variegato paesaggio architettonico, anche quello immateriale, legato alle conoscenze e alle tecniche dei singoli individui. Dai monumenti celebri delle città d’arte alle costruzioni meno note delle aree rurali e industriali, il carnet delle proposte è ampio ed è anche un invito a ricercare nei vari edifici «le tracce delle persone che, nel costruirli, trasformarli o demolirli, - si legge nella presentazione - hanno lasciato segni di conoscenze, pratiche culturali e artistiche, credenze religiose, abilità artigianali e agricole, innovazioni tecniche, visioni, idee o ideologie, bisogni e desideri di convivenza».

Dalle visite al Ninfeo delle Fate a Lecce (una delle architetture ipogee più suggestive del Salento) all’apertura serale del Cenacolo di Leonardo da Vinci a Milano, passando per i tanti eventi nelle residenze sabaude del Piemonte (come i Castelli di Racconigi e Moncalieri), l’open day nei cantieri di scavo ad Aquileia (sito archeologico friulano, patrimonio mondiale dell’Unesco) o le passeggiate d’arte al Dorsoduro Museum Mile di Venezia (ovvero alle Gallerie dell’Accademia, a Palazzo Cini, alla Collezione Peggy Guggenheim e a Punta della Dogana – Pinault Collection): sono migliaia le iniziative in agenda, tutte consultabili sul portale del Ministero della Cultura (https://cultura.gov.it/); mentre il calendario europeo è reperibile sul sito https://www.europeanheritagedays.com/.

Vale la pena sottolineare che a Bologna, dove saranno aperti in orario serale tutti i musei civici (tra cui le Collezioni comunali di Palazzo Accursio e il Mambo), faranno il loro debutto nel cartellone delle Giornate europee del patrimonio tre luoghi simbolo della storia cittadina: il trecentesco Palazzo Pepoli, la Torre dell’Orologio e il Padiglione de l’Esprit Nouveau, costruito nel 1977 da Giuliano Gresleri e José Oubrerie nel quartiere fieristico, replicando il progetto originale di Le Corbusier per l'Esposizione internazionale delle arti decorative di Parigi nel 1925, unico esemplare esistente al mondo del prototipo abitativo ideato dal celebre architetto svizzero.

Interessante è anche il programma messo a punto nelle Marche, dove le Giornate europee del patrimonio faranno da sfondo a due importanti presentazioni, rivolte non solo al pubblico ma anche alla comunità scientifica. 

Il Palazzo Ducale di Urbino svelerà per la prima volta il cosiddetto «Codice Santini», prezioso manoscritto su pergamena redatto nel pieno fervore del Rinascimento, che è entrato lo scorso 19 febbraio nelle collezioni museali marchigiane dopo essere stato acquisito dal Ministero della Cultura, per la cifra di 330 mila euro, alla casa d’aste milanese «Il Ponte». 
Databile tra il 1480 e il 1530 circa, il prezioso volume, che potrebbe essere stato fonte di ispirazione anche per le ricerche di Leonardo da Vinci, raccoglie oltre un centinaio di studi di strumenti, macchine e sistemi ingegneristici, documentando l’interesse per le discipline matematiche e scientifiche a Urbino, durante le dinastie dei Montefeltro e dei Della Rovere.
L’autore del manoscritto è tuttora sconosciuto, per quanto si presuma possa essere una personalità legata alla cerchia di Francesco di Giorgio Martini (1439-1501), allievo di Mariano di Jacopo detto il Taccola (1381-1453 ca.), meglio noto come l’Archimede di Siena, e autore dell’«Opusculum de Architectura», che dal 1476 fu al servizio dei Montefeltro, ideando anche i disegni preparatori per le settantadue formelle a composizione del «Fregio dell’Arte della Guerra», recentemente riallestite nelle Soprallogge al piano nobile del Palazzo Ducale di Urbino. 
Tra gli studiosi c’è anche chi ipotizza che l’autore del «Codice Santini» sia, invece, Giovan Battista Commandino, padre del più illustre Federico, nonché autore della Cinta muraria di Urbino, quella tuttora esistente, ideata su incarico di Francesco Maria I della Rovere.
Unico fra i manoscritti urbinati a non essere stato trasferito alla Biblioteca apostolica vaticana nel 1657, rimanendo, dunque, a Urbino per i secoli successivi, tramandato da alcune nobili famiglie locali fino all’ultimo proprietario, il volume, ancora con la sua legatura originale, si presenta in uno stato conservativo eccellente. Al suo interno ci sono disegni di estrema bellezza, testimonianza fondamentale della stagione rinascimentale urbinate, che trovò nella scienza e nella matematica una chiave di lettura per raccontare la bellezza e l’armonia dell’universo.
In linea con gli altri musei statali italiani, nella giornata di sabato 27 settembre la Galleria nazionale delle Marche prolungherà l’orario di apertura e l’ingresso, durante le ore serali (fino alle 22:15, con ultimo accesso alle 21:15), costerà un solo euro.

Sempre nelle Marche, le Giornate europee del patrimonio faranno da cornice alla presentazione al pubblico, e alla comunità scientifica internazionale, del Cofanetto da Belmonte Piceno, prezioso manufatto d’avorio e d’ambra, risalente a metà del VI secolo avanti Cristo, restituito alla fruizione della collettività dalla Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le province di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata, dopo gli scavi del 2018 nella necropoli picena di Belmonte (in provincia di Fermo, nelle Marche) e in seguito al successivo intervento di studio e di restauro conservativo nei laboratori della ditta Coobec di Spoleto (in Umbria). 
L’importante reperto archeologico - al quale è stata dedicata nel 2024 una monografia in lingua tedesca («Die Rezeption griechischer und etruskischer Kunst in Belmonte Piceno», ISBN 978-3-534-64029-4) dalla casa editrice Philipp von Zabern - Herder/WBG, a cura di Joachim Weidig dell'Università Albert Ludwig di Friburgo - sarà al centro di una mostra al Palazzo Ferretti di Ancona, nel Salone delle feste, in programma da sabato 27 settembre a martedì 26 gennaio 2026. L’esposizione offrirà anche l’occasione per vedere riunite le altre preziose ambre figurate di Belmonte Piceno, in parte già esposte al Man Marche e al Museo archeologico nazionale di Ascoli Piceno.
Il cofanetto, rinvenuto alle spalle di un grande vaso di terracotta, in una sepoltura maschile che era già stata scoperta nel 1910 dall’archeologo Innocenzo Dell’Osso, durante la prima campagna di scavi nella necropoli marchigiana, condensa elevate capacità artistiche e artigianali e messaggi figurativi densi di significati da decifrare.
Realizzato da un artigiano che lavorò a Chiusi, Cortona e forse proprio a Belmonte Piceno tra il 560 e il 540 a.C., dando vita a un nuovo stile artistico che combina elementi greci, etruschi e italici, l’antico manufatto, con ben ventisei secoli di storia alle spalle, presenta un coperchio con quattro sfingi scolpite e traforate, con visi e ali d’ambra. Il contenitore è, invece, realizzato con lastrine di avorio intagliato, sulle quali sono inserite figure in ambra ricche di dettagli incisi sulla superficie retrostante, così da poter essere viste, in origine, attraverso la trasparenza della pietra fossile.
Le immagini della fascia in alto raccontano scene di vita fra figure regali e divinità, con probabili riferimenti anche a una cerimonia matrimoniale. Mentre nella fascia bassa sono rappresentati i «fotogrammi» di antichi miti e racconti epici, con storie dal finale tragico: Perseo e Medusa, Aiace che trasporta il corpo senza vita di Achille, Cassandra ai piedi della statua di Atena con re Priamo e Aiace alle sue spalle.
La presentazione al pubblico è prevista per sabato 27 settembre, alle ore 18, all’auditorium del Man Marche, alla presenza del direttore Diego Voltolini e di Joachim Weidig (responsabile scientifico delle ricerche a Belmonte Piceno), Francesco Belfiori (funzionario archeologo Sabap AP-FM-MC) e Nicola Bruni (funzionario restauratore). A seguire è in programma (dalle 19:30 alle 23:30) l’ingresso, al costo simbolico di un euro, alla mostra con il Cofanetto di Belmonte Piceno, ma anche alle collezioni permanenti del museo.

Didascalie delle immagini
1. Immagine promozionale delle Giornate europee del patrimonio 2025; 2. Aquileia; 3. Ninfeo delle fate, Lecce; 4. Leonardo da Vinci, Ultima cena, 1494-1498. Milano, Santa Maria delle Grazie; 5. Bologna, Padiglione Esprit Nouveau; 6. Codice Santini, Urbino, Galleria nazionale delle Marche; 7. Cofanetto da Belmonte Piceno. Ancona, Palazzo Ferretti 

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mercoledì 24 settembre 2025

Nell’inferno di Gaza con Samar Abu Elouf. In Gallura una mostra fotografica della vincitrice del «World Press Photo Of The Year»

«Mentre la sua famiglia fuggiva da un attacco israeliano, Mahmoud si è voltato indietro per incitare gli altri ad andare avanti. Un'esplosione gli ha reciso un braccio e mutilato l'altro. La famiglia è stata evacuata in Qatar, dove, dopo le cure mediche, Mahmoud sta imparando a giocare con il suo telefono, a scrivere e ad aprire le porte con i piedi. Il sogno di Mahmoud è semplice: vuole avere delle protesi e vivere la sua vita come qualsiasi altro bambino». Inizia così la didascalia dell’immagine scattata nel 2024 dalla fotogiornalista palestinese Samar Abu Elouf per il quotidiano «The New York Times» - «Mahmoud Ajjour, Aged Nine» -, insignita lo scorso aprile del «World Press Photo Of The Year», prestigioso riconoscimento sulla fotografia documentaria, giunto al suo settantesimo anniversario, al centro di una mostra internazionale itinerante che, in questi giorni, si può vedere nel nostro Paese all’Accademia Albertina di Torino (fino all’8 dicembre), al MuA di Sinnai – Cagliari (fino al 12 ottobre) e alla Fondazione Banca popolare di Lodi a Lodi (dal 27 settembre al 26 ottobre).

La forza di questa fotografia, con una calda luce obliqua dal taglio caravaggesco che illumina dolcemente il volto malinconico di un bambino con gli occhi persi nel vuoto e i moncherini delle braccia che fuoriescono da una canottiera bianca, sta nella sua capacità di raccontare una storia universale, quella delle cicatrici visibili e invisibili che segnano l’infanzia di chi vive in un paese in guerra, attraverso una dolorosa vicenda individuale, testimonianza concreta delle tante storie che si celano dietro ai numeri dei bollettini bellici e alle statistiche dei rapporti diffusi dagli operatori umanitari e dagli osservatori indipendenti dell’Onu.
Il toccante ritratto di Mahmoud Ajjour, lontano dall’iconografia del dolore gridato e proprio per la sua forza silenziosa ancora più potente nell’affermare il valore della fotografia non solo come strumento di memoria storica ma anche come viatico per smuovere la coscienza civile, è tra i lavori esposti nella mostra «Gaza When Emotions Suffocate» («Gaza, quando le emozioni vengono soffocate»), aperta fino al 12 ottobre a Palau (Sassari), in Gallura, nell'ambito della XXIX edizione del festival internazionale «Isole che parlano», promosso dall'associazione «Sartitudine» e diretto dai fratelli Paolo e Nanni Angeli.

Negli spazi del Cineteatro Montiggia una sessantina di immagini ripercorrono il lavoro di Samar Abu Elouf, la neovincitrice del «World Press Photo Of The Year», collaboratrice del quotidiano «The New York Times», dell’agenzia di stampa Reuters e del giornale locale «Al Ghaidaa», il cui racconto sulle conseguenze intergenerazionali del conflitto israelo-palestinese, con un’attenzione particolare al punto di vista delle donne e dei bambini, è stato premiato anche con il «George Polk Award» nel 2023, l’«Unicef Photo Of The Year» nel 2024 e l’«Anja Niedringhaus Courage in Photojournalism Award», sempre nel 2024.
Attraverso le sue immagini, Samar Abu Elouf, che dal dicembre 2023 vive in esilio forzato in Qatar con i suoi quattro figli, dopo la distruzione della sua casa a Gaza City, non racconta solo ciò che sta succedendo nel territorio palestinese che si affaccia sulla costa orientale del Mar Mediterraneo, ma ci offre anche il punto di vista di chi quella devastazione e quel dolore li ha vissuti e li ha subiti sulla propria pelle, dovendo dire addio a parte della sua famiglia.

Con uno sguardo intimo, profondo e coinvolgente, la fotogiornalista quarantaduenne, che in passato ha documentato eventi significativi per il territorio palestinese come le proteste del 2018-2019 e il conflitto del maggio 2021, ci mette, dunque, di fronte agli occhi le asprezze della guerra, con svariate immagini, tra cui quelle del servizio pubblicato dal quotidiano «The New York Times», nel novembre 2024, con il titolo «Out of Gaza». Volti che guardano terrorizzati il cielo durante i bombardamenti israeliani, scorci di palazzi sventrati dai missili, macerie, semplici interni domestici che custodiscono il dolore di chi ha dovuto abbandonare la propria casa, corpi avvolti in sudari bianchi e riconoscibili solo per i nomi scritti in arabo, ritratti di persone - sfollate a Doha - con gravi danni permanenti e invalidanti mutilazioni scorrono lungo le pareti del Cineteatro Montiggia. Ogni scatto è un invito a trasformare il nostro sguardo in consapevolezza e in responsabilità, a riconoscere il peso umano delle guerre che seguiamo da lontano, nella sicurezza delle nostre case, davanti a uno schermo televisivo o uno smartphone.

Con questa sua personale in Sardegna, Samar Abu Elouf ci restituisce anche il volto della Striscia di Gaza prima del 7 ottobre 2023, ovvero nei mesi antecedenti al vile attacco di Hamas nei kibbutz, con più di milleduecento vittime, e ai successivi bombardamenti ai luoghi del vivere quotidiano dei gazawi, la crudele e spropositata risposta all'attacco terroristico islamista da parte del Governo presieduto da Benjamin Netanyahu. Da allora, in ventidue mesi, i continui attacchi di Israele hanno causato tra la popolazione civile palestinese circa 65mila morti, di cui 20mila bambini, e più di 165mila feriti: una vera e propria carneficina accompagnata dallo sfollamento di massa del territorio e dal blocco degli aiuti umanitari con la conseguente carestia di cibo, di acqua e di tutti i beni primari, comprese le medicine e i dispositivi sanitari.
Seppure già prima del 7 ottobre 2023 la Striscia Gaza era «la più grande prigione a cielo aperto del mondo», dove i palestinesi subivano con fatalità il proprio destino di incolpevoli reclusi, il territorio era pieno di colore e di vita. Lungo le pareti scorrono immagini di ragazzi che giocano sulla spiaggia, di bambini che saltano fuori e dentro le onde del mare, di persone che festeggiano un compleanno o che praticano il loro sport preferito. Non si tratta solo di ricordi. Si tratta di un inno alla speranza. Samar Abu Elouf sogna, infatti, che i colori e le piccole gioie del quotidiano tornino ad animare il suo Paese, la Palestina. Sogna di non essere condannata all’esilio perpetuo, ma di rimpatriare nella sua Gaza, una città finalmente in pace.

 Informazioni utili
«Gaza When Emotions Suffocate» - Mostra personale di Samar Abu Elouf. Cineteatro Montiggia, via Nazionale 113 (Loc. Montiggia) - Palau (Sassari). Orari: dal martedì alla domenica, dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 20:00. Ingresso gratuito. Informazioni: Associazione Sarditudine, via Nazionale 113, 07020 Palau, tel. +39 379 1657637 - infoisole@tiscali.it. Sito web: https://www.isolecheparlano.it. Fino al 12 ottobre 2025