«La verità del pittore è l’inscindibile connessione e la fusione. Il suo vero realismo non consiste nelle luce, nell'aria, nell'acqua, nelle e pietre, nel cemento, nel rame, nel ferro. La massa vede tutti questi fenomeni particolari nel quadro: vede aria, pietra, acqua. Ma, in realtà, sulla tela non c'è che un solo materiale: il colore», scriveva Kazimir Malevic, teorico del Suprematismo e pioniere della pittura non-figurativa insieme con Wassily Kandinsky e Piet Mondrian.
La sua ricerca sulle potenzialità espressive della tavolozza cromatica, unita all’elaborazione di un linguaggio aniconico sui concetti della geometria e dell’ordine, diede vita alla corrente dell’astrattismo geometrico che, nei primi decenni del Novecento, trovò sodali in tutta Europa, come testimoniano il Neoplasticismo olandese, la Bauhaus tedesca e l’Abstraction-Création francese.
In Italia, i principi dell’arte non-figurativa di matrice geometrica ebbero una prima manifestazione pubblica nel 1934, quando a Milano, negli spazi della galleria «Il Milione», si tenne una mostra di Oreste Bigliardi, Virginio Ghiringhelli e Mauro Reggiani.
Contemporaneamente anche a Como si sviluppò un orizzonte di ricerca astratto-geometrica, probabilmente stimolato dalle architetture razionaliste realizzate nella città lombarda da Pietro Lingeri e Giuseppe Terragni, autore di opere come il Monumento dei caduti (1931-1933) e la Casa del Fascio (1932-1936), importanti documenti del tempo insieme con la sede dei Canottieri Lario (1930-1931) di Gianni Mantero e la Fontana di Camerlata (1936) di Cesare Cattaneo e Mario Radice.
Questo modo di lavorare diventò subito un concreto punto di riferimento per il cosiddetto «Gruppo Como», indicando agli artisti la via del superamento di una concezione mimetica dell’arte in direzione di un linguaggio essenziale, privo di referenti legati alla realtà e radicato nei puri ritmi della forma, in rottura con il dilagante neonaturalismo e con l’emergente monumentalismo e in direzione chiaramente europea. I principali protagonisti di questa stagione pittorica furono Carlo Badiali, Aldo Galli, Mario Radice e Manlio Rho. Attorno a loro si riunì un gruppo di pittori locali interessato a percorrere la strada della geometria nell’arte, tra i quali Aristide Bianchi, Cordelia Cattaneo, Carla Prina ed Eligio Torno.
Fulcro di questo sodalizio astratto-razionalista, che nel 1942 assurse agli onori della cronaca grazie alla partecipazione alla Biennale di Venezia, fu Manlio Rho, protagonista in questi giorni di una personale alla Galleria Roberta Lietti di Como. La mostra, realizzata in collaborazione con la famiglia dell’artista, allinea una ventina di ‘guazzi’ (o nella forma francese gouache), databili tra il 1954 e il 1957, di varie dimensioni, in gran parte mai esposti. Si tratta di carte, ora dalla struttura compositiva geometrica ora dalla gestualità sorprendentemente dinamica, realizzate utilizzando un tipo di colore a tempera reso più pesante e opaco dall’aggiunta di un pigmento bianco, per esempio biacca o gesso, mescolato con la gomma arabica.
Il cromatismo di queste opere è, per usare le parole di Luciano Caramel, «limitato alle diverse luminosità di un unico valore, in contrasto con il Rho ‘classico’ delle scansioni limpide, fermamente ancorate ad una razionalità lucida».
Il rigore compositivo ha, come in molti dipinti, il pregio di non essere statico, ma vibrante. «Non ci si sente mai chiusi – scrisse, una decina di anni fa, Luigi Cavadini- dentro gli intrecci verticali-orizzontali della pittura di Manlio Rho o dei suoi disegni e certo quando compaiono le linee oblique il dinamismo assume un valore ancora più intrigante». Il rigore lascia così spazio all’immaginazione, ad «un gioco che quando riesce -per usare le parole di Fausto Melotti- è poesia».
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Manlio Rho, Composizione, 1955/1957. Pasta amido viola scuro su carta, 50 x 35 cm; [fig. 2]Manlio Rho, Composizione, 1955/1957. Pasta amido bruno su carta, 48,8 x 36 cm; [fig. 3] Manlio Rho,Composizione, 1957, 13. Tecnica mista su carta, 69,5 x 50cm
Informazioni utili
Manlio Rho - 'Guazzi'.Roberta Lietti arte contemporanea, via Diaz, 3 - Como. Orari: martedì-sabato, ore 15.30-19.00, chiuso lunedì e festivi. Ingresso libero. Informazioni: info@robertalietti.com tel. 031.242238 o info@robertalietti.com. Sito web: www.robertalietti.com. Fino al 20 dicembre 2012.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
venerdì 30 novembre 2012
mercoledì 28 novembre 2012
Fausto Melotti, l'arte della ceramica e il mito di Kore
«Io non amo molto la ceramica. E' una cosa anfibia e sotto sotto c'è sempre un piccolo imbroglio, perché non puoi sapere esattamente quello che fai. C'è un super-regista che è il fuoco, che ti monta alle spalle e alla fine dirige lui le operazioni. Per quanto tu faccia, alla fine una virgola ce la mette lui e questo a un artista darà sempre fastidio». Così nel 1974 Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) raccontava in un'intervista ad «Harper's Bazar» il difficile rapporto con l'arte ceramica, un'attività alla quale egli si dedicò febbrilmente per oltre trent'anni, inizialmente ‘costretto’ dalle necessità economiche della famiglia più che da una reale passione.
Nacquero così oltre millecinquecento lavori scultorei e oggetti d'uso comune, che, una decina di anni fa, vennero raccolti in un catalogo ragionato edito da Skira editore, frutto di un lungo e difficile lavoro di ricerca e di schedatura promosso e finanziato dal Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e dall'Archivio Melotti di Milano per rendere finalmente accessibile ai più un segmento ancora poco conosciuto e studiato della produzione dello scultore trentino.
Dopo una prima fase artigianale, avviata nel 1943 per far fronte alle spese della ricostruzione del suo studio milanese raso al suolo dai bombardamenti americani, l’artista roveretano unì alla realizzazione di oggetti più commerciali, legati alle committenze, un lavoro di sperimentazione sui materiali e di invenzione di nuove forme.
Nacquero così -accanto a servizi da tè e caffè, piatti, cornici, lampade e campanelli (molti realizzati in collaborazione con Richard Ginori)- sculture dalle sfoglie leggerissime, quasi trasparenti, e dai colori brillanti e sontuosi.
A poco a poco, il Fausto Melotti artigiano se ne andò in pensione per lasciare il posto al Fausto Melotti «acrobata invisibile del ‘900», inventore di poetiche, musicali e aeree forme in ferro, acciaio, ottone e bronzo, nelle quali è concretamente visibile la totale avversione a quella che lo stesso artista definì in «Linee» (1981) come «lo stupido amore della materia».
Di sperimentazione in sperimentazione, la fantasia fanciullesca e la voglia di divertirsi, di prendersi gioco come un bambino bricconcello della realtà, portarono l'artista ad inventare anche quelli che il filosofo Massimo Carboni ha definito «oggetti-soglia», oggetti cioè che negano la loro funzione nel momento stesso in cui la propongono. Ecco così venire alla luce quel mondo onirico e fiabesco fatto di campanelli per la servitù tanto fragili da non essere suonati, di brocche con manici che non si possono impugnare, di tazzine di caffè tanto alte da non permettere al cucchiaino di toccare il fondo e di vasi sottili come ali di farfalla, così delicati da sembrare incapaci di sopportare anche il peso di un singolo fiore.
Tra le opere scultoree melottiane più celebri si annoverano i «Teatrini», che rivelano un gusto poverista ante-litteram, e le «korai», figure femminili lunghe e sottili, dalla semplicità arcaica, sulle quali sono impressi ornamenti vegetaliformi di ascendenza secessionista. Quest’ultime sculture sono al centro della mostra «Fausto Melotti. Dei misteri eleusini. Ceramiche e opere su carta 1948–1980», in programma alla galleria Repetto Projects di Milano, nei nuovi spazi di via Senato, inaugurati lo scorso settembre con una omaggio a Andy Warhol.
L’esposizione, che si avvale della consulenza dell’Archivio Melotti, raccoglie una trentina di opere, non solo Kore (la fanciulla del grano), ma anche ciotole in terracotta, vasi in ceramica, disegni e tecniche miste, selezionati da Carlo e Paolo Repetto.
Appassionato interprete dell'antica mitologia greca, Fausto Melotti coltivò sempre un amore particolare per i misteri eleusini: antichissimi riti religiosi, risalenti al periodo miceneo e sviluppatisi in tutta la grecità a partire dal VII secolo a.c., che erano legati al mito di Persefone-Kore, di sua madre Demetra, e di Ade, il signore del regno dei morti.
L’artista, con l’arte ceramica, ha saputo reinterpretare questa liturgia connessa allo scandirsi delle stagioni sulla terra, modellando la figura di Kore, in varie dimensioni e vari colori: dal bianco al nero, dal grigio all’azzurro, in una semplice e mirabile plasticità ricolma di rito, solennità, sacrificio, grazia.
Accanto a queste sculture sono esposti a Milano vasi stilizzati a colonna, arcaico simbolo di una fascinosa origine micenea, e ciotole di vari colori, «umili contenitori - si legge nella nota stampa- del kykeon (ciceone), il distillato cerimoniale a base di orzo (probabilmente molto vicino alla nostra birra) bevuto dagli iniziati del culto». Emerge dalla opere selezionate per la mostra milanese, come dall'intera produzione melottiana, la sensibilità di un animo votato alla poesia.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Fausto Melotti, «Kore», 1955. Ceramica smaltata.
Informazioni utili
«Fausto Melotti. Dei misteri eleusini. Ceramiche e opere su carta 1948–1980». Galleria Repetto Projects, via Senato, 24 - Milano. Orari: martedì-sabato, ore 11.00-19.00, sabato su appuntamento. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.36590463, info@repettoprojects.com. Sito web: www.repettoprojects.com. Inaugurazione: giovedì 29 novembre, ore 18.00. Fino a sabato 22 dicembre 2012.
Nacquero così oltre millecinquecento lavori scultorei e oggetti d'uso comune, che, una decina di anni fa, vennero raccolti in un catalogo ragionato edito da Skira editore, frutto di un lungo e difficile lavoro di ricerca e di schedatura promosso e finanziato dal Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e dall'Archivio Melotti di Milano per rendere finalmente accessibile ai più un segmento ancora poco conosciuto e studiato della produzione dello scultore trentino.
Dopo una prima fase artigianale, avviata nel 1943 per far fronte alle spese della ricostruzione del suo studio milanese raso al suolo dai bombardamenti americani, l’artista roveretano unì alla realizzazione di oggetti più commerciali, legati alle committenze, un lavoro di sperimentazione sui materiali e di invenzione di nuove forme.
Nacquero così -accanto a servizi da tè e caffè, piatti, cornici, lampade e campanelli (molti realizzati in collaborazione con Richard Ginori)- sculture dalle sfoglie leggerissime, quasi trasparenti, e dai colori brillanti e sontuosi.
A poco a poco, il Fausto Melotti artigiano se ne andò in pensione per lasciare il posto al Fausto Melotti «acrobata invisibile del ‘900», inventore di poetiche, musicali e aeree forme in ferro, acciaio, ottone e bronzo, nelle quali è concretamente visibile la totale avversione a quella che lo stesso artista definì in «Linee» (1981) come «lo stupido amore della materia».
Di sperimentazione in sperimentazione, la fantasia fanciullesca e la voglia di divertirsi, di prendersi gioco come un bambino bricconcello della realtà, portarono l'artista ad inventare anche quelli che il filosofo Massimo Carboni ha definito «oggetti-soglia», oggetti cioè che negano la loro funzione nel momento stesso in cui la propongono. Ecco così venire alla luce quel mondo onirico e fiabesco fatto di campanelli per la servitù tanto fragili da non essere suonati, di brocche con manici che non si possono impugnare, di tazzine di caffè tanto alte da non permettere al cucchiaino di toccare il fondo e di vasi sottili come ali di farfalla, così delicati da sembrare incapaci di sopportare anche il peso di un singolo fiore.
Tra le opere scultoree melottiane più celebri si annoverano i «Teatrini», che rivelano un gusto poverista ante-litteram, e le «korai», figure femminili lunghe e sottili, dalla semplicità arcaica, sulle quali sono impressi ornamenti vegetaliformi di ascendenza secessionista. Quest’ultime sculture sono al centro della mostra «Fausto Melotti. Dei misteri eleusini. Ceramiche e opere su carta 1948–1980», in programma alla galleria Repetto Projects di Milano, nei nuovi spazi di via Senato, inaugurati lo scorso settembre con una omaggio a Andy Warhol.
L’esposizione, che si avvale della consulenza dell’Archivio Melotti, raccoglie una trentina di opere, non solo Kore (la fanciulla del grano), ma anche ciotole in terracotta, vasi in ceramica, disegni e tecniche miste, selezionati da Carlo e Paolo Repetto.
Appassionato interprete dell'antica mitologia greca, Fausto Melotti coltivò sempre un amore particolare per i misteri eleusini: antichissimi riti religiosi, risalenti al periodo miceneo e sviluppatisi in tutta la grecità a partire dal VII secolo a.c., che erano legati al mito di Persefone-Kore, di sua madre Demetra, e di Ade, il signore del regno dei morti.
L’artista, con l’arte ceramica, ha saputo reinterpretare questa liturgia connessa allo scandirsi delle stagioni sulla terra, modellando la figura di Kore, in varie dimensioni e vari colori: dal bianco al nero, dal grigio all’azzurro, in una semplice e mirabile plasticità ricolma di rito, solennità, sacrificio, grazia.
Accanto a queste sculture sono esposti a Milano vasi stilizzati a colonna, arcaico simbolo di una fascinosa origine micenea, e ciotole di vari colori, «umili contenitori - si legge nella nota stampa- del kykeon (ciceone), il distillato cerimoniale a base di orzo (probabilmente molto vicino alla nostra birra) bevuto dagli iniziati del culto». Emerge dalla opere selezionate per la mostra milanese, come dall'intera produzione melottiana, la sensibilità di un animo votato alla poesia.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Fausto Melotti, «Kore», 1955. Ceramica smaltata.
Informazioni utili
«Fausto Melotti. Dei misteri eleusini. Ceramiche e opere su carta 1948–1980». Galleria Repetto Projects, via Senato, 24 - Milano. Orari: martedì-sabato, ore 11.00-19.00, sabato su appuntamento. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.36590463, info@repettoprojects.com. Sito web: www.repettoprojects.com. Inaugurazione: giovedì 29 novembre, ore 18.00. Fino a sabato 22 dicembre 2012.
martedì 27 novembre 2012
Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione», quando l’arte è solidale
Il fotografo modenese Franco Fontana (Modena, 1933), riconosciuto a livello internazionale come uno dei più grandi «maestri del colore», ha donato uno dei suoi paesaggi tipici, «Los Angeles, 1990», dove tonalità squillanti, reali e nello stesso tempo astratte, di giallo, blu, verde e rosso mattone disegnano strutture geometriche essenziali. Il bolognese Nino Migliori (Bologna, 1926) ha, invece, scelto di regalare un suo scatto in bianco e nero del 1956, «Frati volanti», dove due monaci cappuccini appaiono sospesi nell’aria, con le vesti gonfie di vento, e intenti a giocare a pallavolo. Mentre dal reggiano Bruno Cattani (Reggio Emilia, 1964) è giunto uno scatto del 1997, appartenente alla serie «L’arte dei luoghi», nella quale l’artista ha fotografato musei, italiani e stranieri, quali affascinanti contenitori di emozioni. Le tre opere, simbolo della vivace creatività emiliana, sono state donate dai loro autori alla Fondazione di Venezia e sabato 1° dicembre, alle ore 17.30, verranno battute all’asta con l’intento di dare un aiuto concreto alle popolazioni dei territori di Ferrara, Modena, Bologna e Reggio, ma anche di Mantova e Rovigo, duramente colpite dal sisma del maggio scorso.
L’asta, che vedrà in qualità di battitore Filippo Lotti, amministratore delegato di Sotheby’s, prevede quarantuno lotti e raccoglierà proventi anche per la popolazione veneziana, in particolare quella delle isole di Sant'Elena, Certosa e Sant'Erasmo, sulle quali martedì 12 giugno si è abbattuta una violenta tromba d’aria.
Non meno generosi nel donare proprie fotografie per l’evento di solidarietà promosso dalla fondazione presieduta da Giuliano Segre sono stati così gli artisti dell’area veneta. Dall’archivio di Renato Begnoni (Villafranca di Verona, 1956) è uscita, per esempio, la fotografia «Sguardi verso la natura, 2003», un nudo femminile dalle tonalità ocra e bluastre. Paolo Gioli (Sarzano di Rovigo, 1942) ha regalato alla fondazione una sua stampa su carta del 1999 («Senza titolo, 1999»), che sembra raffigurare la lastra di una mano. Mentre Francesco Barasciutti (Venezia, 1969), con «Onda, Venezia, 1996», e Roberto Salbitani (Padova, 1945), con «Venezia circumnavigazioni e derive, 1976-96», hanno voluto rendere omaggio all’aurea magica della Laguna.
Quattordici in tutto le opere giunte da fotografi che collaborano con la Fondazione di Venezia e che partecipano alle sue attività per quest’asta, della quale saranno protagonisti anche Francesco Radino (Bagno a Ripoli, 1947), con una suggestiva veduta notturna dell'aeroporto milanese di Linate, e Giorgio Lotti (Milano, 1968) con il gioco di onde e linee di «Luce-mare, 1968».
A queste immagini se ne affiancano altre sei provenienti da collezionisti privati, tra le quali un intenso ritratto di Bob Hoskins firmato Nigel Parry e due paesaggi, «Veneto, 1998» e «Parigi, 1991», tratteggiati dal sapiente bianco e nero di Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930), che ci regala così respiri di vita di gente comune.
Nella sezione «Fotografia contemporanea» di «Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione», il cui valore di base delle opere varierà dai 400 ai 1500 euro, verranno battute anche nove immagini di proprietà della Fondazione di Venezia, provenienti dal Fondo Italo Zannier (Spilimbergo, 1932), come «Vecchi di Andogna» di Piero Racanicchi (Visso, 1929) e «Lavandaie in Valcellina, 1954» dello stesso Italo Zannier.
Sempre di proprietà della Fondazione di Venezia sono i dodici dipinti di arte classica che verranno battuti all’asta, tutti acquistati nel 2000 con la Casa dei Tre Oci. Le opere, il cui valore varia dai 2.000 ai 35.000 euro, coprono una finestra temporale che spazia dal XV al XVIII secolo e sono stati attribuiti, tra gli altri, a Lorenzo Costa («Ritratto di gentiluomo»), Giovan Battista Moroni («Ritratto d’uomo seduto») e Justus Sustermans («Ritratto di gentiluomo»).
Il pezzo più pregevole in asta è senz’altro la «Crocifissione con San Francesco» del Maestro del Dossale Correr, pittore tardogotico veneziano che crebbe nella stretta cerchia di Nicolò di Pietro, ma non meno interessante per gli appassionati del genere sacro è la «Madonna con il Bambino e un angelo» di Bonifacio de’ Pitati detto Bonifacio Veronese, il cui schema compositivo, arcaicizzante e con un esiguo numero di figure, fa supporre che l’opera fosse stata realizzata per devozione privata.
Spenti i riflettori della cronaca nazionale, nelle zone dell’Emilia colpite dal terremoto (ma anche nelle isole veneziane flagellate dalla tromba d’aria) servono ancora molti fondi per la ricostruzione e resta tantissimo da fare per la ripresa della vita normale. L’arte può dare il suo piccolo aiuto: il ricavato dalla vendita delle opere battute all'asta sabato 1° dicembre sarà devoluto alle iniziative dell’Acri, associazione delle Casse di risparmio italiane, che sta raccogliendo per i territori emiliani terremotati fondi destinati al sostegno di iniziative nel settore dell’istruzione.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Nino Migliori, «Frati volanti», 1956. Pure pigmented print su carta cotone, 2012. cm 40 x 30. Proveniente dall’artista [«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione» / Lotto n. 21]; [fig. 2] Franco Fontana, «Paesaggio urbano, Los Angeles, 1990». <i>Fujicolor Cristal Archive Paper Supreme</i>. Edizione 7/25, cm 45x30. Proveniente dall’artista [«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione» / Lotto n. 19]; [fig. 3] Maestro del Dossale Correr (Attivo a Venezia all’inizio del XV secolo, forse identificabile con un maestro Benedetto), «Crocifissione con San Francesco», s.d. Tempera e oro su tavola, cm 53,5 x 45 [«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione» / Lotto n. 12].
Informazioni utili
«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione». Fondazione di Venezia , Rio novo, Dorsoduro 3488/U - Venezia. Catalogo d’asta: www.fondazionedivenezia.org/it/attivita/arte-e-cultura/Venezia+Emila+Asta+benefica. Informazioni: dott.ssa Alessandra Gini, tel.041.2201233 o dott.ssa Adriana Stradella, tel. 041.2201235. Data dell'asta: Sabato 1° dicembre 2012, ore 17.30.
L’asta, che vedrà in qualità di battitore Filippo Lotti, amministratore delegato di Sotheby’s, prevede quarantuno lotti e raccoglierà proventi anche per la popolazione veneziana, in particolare quella delle isole di Sant'Elena, Certosa e Sant'Erasmo, sulle quali martedì 12 giugno si è abbattuta una violenta tromba d’aria.
Non meno generosi nel donare proprie fotografie per l’evento di solidarietà promosso dalla fondazione presieduta da Giuliano Segre sono stati così gli artisti dell’area veneta. Dall’archivio di Renato Begnoni (Villafranca di Verona, 1956) è uscita, per esempio, la fotografia «Sguardi verso la natura, 2003», un nudo femminile dalle tonalità ocra e bluastre. Paolo Gioli (Sarzano di Rovigo, 1942) ha regalato alla fondazione una sua stampa su carta del 1999 («Senza titolo, 1999»), che sembra raffigurare la lastra di una mano. Mentre Francesco Barasciutti (Venezia, 1969), con «Onda, Venezia, 1996», e Roberto Salbitani (Padova, 1945), con «Venezia circumnavigazioni e derive, 1976-96», hanno voluto rendere omaggio all’aurea magica della Laguna.
Quattordici in tutto le opere giunte da fotografi che collaborano con la Fondazione di Venezia e che partecipano alle sue attività per quest’asta, della quale saranno protagonisti anche Francesco Radino (Bagno a Ripoli, 1947), con una suggestiva veduta notturna dell'aeroporto milanese di Linate, e Giorgio Lotti (Milano, 1968) con il gioco di onde e linee di «Luce-mare, 1968».
A queste immagini se ne affiancano altre sei provenienti da collezionisti privati, tra le quali un intenso ritratto di Bob Hoskins firmato Nigel Parry e due paesaggi, «Veneto, 1998» e «Parigi, 1991», tratteggiati dal sapiente bianco e nero di Gianni Berengo Gardin (Santa Margherita Ligure, 1930), che ci regala così respiri di vita di gente comune.
Nella sezione «Fotografia contemporanea» di «Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione», il cui valore di base delle opere varierà dai 400 ai 1500 euro, verranno battute anche nove immagini di proprietà della Fondazione di Venezia, provenienti dal Fondo Italo Zannier (Spilimbergo, 1932), come «Vecchi di Andogna» di Piero Racanicchi (Visso, 1929) e «Lavandaie in Valcellina, 1954» dello stesso Italo Zannier.
Sempre di proprietà della Fondazione di Venezia sono i dodici dipinti di arte classica che verranno battuti all’asta, tutti acquistati nel 2000 con la Casa dei Tre Oci. Le opere, il cui valore varia dai 2.000 ai 35.000 euro, coprono una finestra temporale che spazia dal XV al XVIII secolo e sono stati attribuiti, tra gli altri, a Lorenzo Costa («Ritratto di gentiluomo»), Giovan Battista Moroni («Ritratto d’uomo seduto») e Justus Sustermans («Ritratto di gentiluomo»).
Il pezzo più pregevole in asta è senz’altro la «Crocifissione con San Francesco» del Maestro del Dossale Correr, pittore tardogotico veneziano che crebbe nella stretta cerchia di Nicolò di Pietro, ma non meno interessante per gli appassionati del genere sacro è la «Madonna con il Bambino e un angelo» di Bonifacio de’ Pitati detto Bonifacio Veronese, il cui schema compositivo, arcaicizzante e con un esiguo numero di figure, fa supporre che l’opera fosse stata realizzata per devozione privata.
Spenti i riflettori della cronaca nazionale, nelle zone dell’Emilia colpite dal terremoto (ma anche nelle isole veneziane flagellate dalla tromba d’aria) servono ancora molti fondi per la ricostruzione e resta tantissimo da fare per la ripresa della vita normale. L’arte può dare il suo piccolo aiuto: il ricavato dalla vendita delle opere battute all'asta sabato 1° dicembre sarà devoluto alle iniziative dell’Acri, associazione delle Casse di risparmio italiane, che sta raccogliendo per i territori emiliani terremotati fondi destinati al sostegno di iniziative nel settore dell’istruzione.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Nino Migliori, «Frati volanti», 1956. Pure pigmented print su carta cotone, 2012. cm 40 x 30. Proveniente dall’artista [«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione» / Lotto n. 21]; [fig. 2] Franco Fontana, «Paesaggio urbano, Los Angeles, 1990». <i>Fujicolor Cristal Archive Paper Supreme</i>. Edizione 7/25, cm 45x30. Proveniente dall’artista [«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione» / Lotto n. 19]; [fig. 3] Maestro del Dossale Correr (Attivo a Venezia all’inizio del XV secolo, forse identificabile con un maestro Benedetto), «Crocifissione con San Francesco», s.d. Tempera e oro su tavola, cm 53,5 x 45 [«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione» / Lotto n. 12].
Informazioni utili
«Venezia/Emilia insieme per la ricostruzione». Fondazione di Venezia , Rio novo, Dorsoduro 3488/U - Venezia. Catalogo d’asta: www.fondazionedivenezia.org/it/attivita/arte-e-cultura/Venezia+Emila+Asta+benefica. Informazioni: dott.ssa Alessandra Gini, tel.041.2201233 o dott.ssa Adriana Stradella, tel. 041.2201235. Data dell'asta: Sabato 1° dicembre 2012, ore 17.30.
lunedì 26 novembre 2012
Una nuova galleria all’Isola: arte e architettura per il debutto milanese di Giovanni Bonelli
Da Mantova a Milano: Giovanni Bonelli, titolare dell’omonima galleria di Canneto sull’Oglio, apre un nuovo spazio espositivo nel capoluogo lombardo, in via Porro Lambertenghi. Ad inaugurare il progetto, che vedrà alternarsi maestri storici ad artisti contemporanei, con un’attenzione particolare alla pittura italiana ed internazionale, sarà la mostra «Pianeta Vienna e dintorni», un omaggio a sei noti artisti-architetti, che hanno avuto percorsi dalle evoluzioni diverse, ma che contengono gli stessi elementi di attitudine all’osservazione, al racconto e sensibilità comuni: Raimund Abraham, Hans Hollein, Max Peintner, Gianni Pettena, Walter Pichler ed Ettore Sottsass.
Nei duecentocinquanta metri quadrati della galleria, che in passato fu sede del celebre locale «Binario Zero», punto di riferimento per i patiti del rock, troveranno spazio, a partire da giovedì 29 novembre (l’inaugurazione è fissata per le ore 18.30) e fino al prossimo 2 febbraio, una quarantina di opere tra dipinti, disegni, fotografie, fotomontaggi e modelli.
La mostra alla galleria giovanni Bonelli -che andrà ad arricchire l’offerta culturale del quartiere Isola, dove già si trovano le sedi di altre gallerie e centri di animazione quali, per esempio, 1000eVenti, Brand New Gallery, ArtAndGallery e O', Viafarini- indaga formazione, connessioni, strumenti di artisti con una comune origine geografica e culturale (l'ampia area connotata culturalmente e geograficamente dall'amministrazione austroungarica, comprendente Milano, Venezia, il Trentino e il Veneto fino al 1918) che ritrovano, in linguaggi e itinerari, un comune volere e sentire.
Abraham, Peintner, Pettena, Pichler, Sottsass -nati tutti nella prima metà del Novecento a pochi chilometri gli uni dagli altri- e Hollein, che lavorò a lungo con Pichler subendone l’influenza, sono uniti dalla rivisitazione concettuale e linguistica di un ambito, quello del progetto, che nelle loro mani si amplia e si modifica in modo talmente significativo da influenzare anche l’arte e l’architettura d’oggi.
Nel 1962, Hollein e Pichler affermavano che «tutto è architettura», annullando, di fatto, ogni confine interdisciplinare e facendo sì che la sperimentazione venisse condotta con linguaggi spesso lontani da quelli del progetto. La ricerca assumerà, quindi, varie forme: dalla visionarietà delle strutture di Abraham al rigore concettuale ed esistenziale di Pichler, dalla traduzione di concetti in forma di architettura di Hollein all’ultrarealismo grafico di Peintner, dalle performance di Pettena alle ceramiche e ai mobili sperimentali di Sottsass.
Gli anni Sessanta e Settanta, periodo sul quale si focalizza la collettiva, sono gli anni in cui la disciplina dell’architettura ha ricercato linguaggi e strategie per immaginare il futuro prossimo, di prevederlo, di prepararsi ad accoglierlo, in un senso realistico e non visionario. La volontà era quella di andare oltre l’architettura, di affinare nuove forme espressive per progettare una «città invisibile», concepita per il futuro in base alle intuizioni del presente.
Il senso della mostra, per la curatela di Gianni Pettena, sta nel rimettere all’attenzione di pubblico e critica l’attualità del lavoro di questi architetti-artisti le cui domande non hanno ancora trovato risposta e si pongono come base per il lavoro dei progettisti, ma anche degli artisti, di oggi e del futuro.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Gianni Pettena, «Ice House I», Minneapolis 1971, fotografia; [fig. 2] Ettore Sottsass jr, «Il pianeta come festival», 1973, matite colorate su carta; [fig. 3] Walter Pichler, «Compact City», 1963-64, gesso e vetro con applicazioni metalliche
Informazioni utili
«Pianeta Vienna e dintorni». Abraham Hollein Peintner Pettena Pichler Sottsass. Galleria Giovanni Bonelli, via Luigi Porro Lambertenghi 6 – Milano. Orari: martedì-sabato, ore 11.00-19.30; lunedì su appuntamento; domenica chiuso. Ingresso libero e gratuito. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel 0376.723161 o lab@bonelliarte.com. Web site: www.bonelliarte.com.Inaugurazione: 29 novembre 2012, ore 18.30. Dal 30 novembre 2012 al 2 febbraio 2013.
Nei duecentocinquanta metri quadrati della galleria, che in passato fu sede del celebre locale «Binario Zero», punto di riferimento per i patiti del rock, troveranno spazio, a partire da giovedì 29 novembre (l’inaugurazione è fissata per le ore 18.30) e fino al prossimo 2 febbraio, una quarantina di opere tra dipinti, disegni, fotografie, fotomontaggi e modelli.
La mostra alla galleria giovanni Bonelli -che andrà ad arricchire l’offerta culturale del quartiere Isola, dove già si trovano le sedi di altre gallerie e centri di animazione quali, per esempio, 1000eVenti, Brand New Gallery, ArtAndGallery e O', Viafarini- indaga formazione, connessioni, strumenti di artisti con una comune origine geografica e culturale (l'ampia area connotata culturalmente e geograficamente dall'amministrazione austroungarica, comprendente Milano, Venezia, il Trentino e il Veneto fino al 1918) che ritrovano, in linguaggi e itinerari, un comune volere e sentire.
Abraham, Peintner, Pettena, Pichler, Sottsass -nati tutti nella prima metà del Novecento a pochi chilometri gli uni dagli altri- e Hollein, che lavorò a lungo con Pichler subendone l’influenza, sono uniti dalla rivisitazione concettuale e linguistica di un ambito, quello del progetto, che nelle loro mani si amplia e si modifica in modo talmente significativo da influenzare anche l’arte e l’architettura d’oggi.
Nel 1962, Hollein e Pichler affermavano che «tutto è architettura», annullando, di fatto, ogni confine interdisciplinare e facendo sì che la sperimentazione venisse condotta con linguaggi spesso lontani da quelli del progetto. La ricerca assumerà, quindi, varie forme: dalla visionarietà delle strutture di Abraham al rigore concettuale ed esistenziale di Pichler, dalla traduzione di concetti in forma di architettura di Hollein all’ultrarealismo grafico di Peintner, dalle performance di Pettena alle ceramiche e ai mobili sperimentali di Sottsass.
Gli anni Sessanta e Settanta, periodo sul quale si focalizza la collettiva, sono gli anni in cui la disciplina dell’architettura ha ricercato linguaggi e strategie per immaginare il futuro prossimo, di prevederlo, di prepararsi ad accoglierlo, in un senso realistico e non visionario. La volontà era quella di andare oltre l’architettura, di affinare nuove forme espressive per progettare una «città invisibile», concepita per il futuro in base alle intuizioni del presente.
Il senso della mostra, per la curatela di Gianni Pettena, sta nel rimettere all’attenzione di pubblico e critica l’attualità del lavoro di questi architetti-artisti le cui domande non hanno ancora trovato risposta e si pongono come base per il lavoro dei progettisti, ma anche degli artisti, di oggi e del futuro.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Gianni Pettena, «Ice House I», Minneapolis 1971, fotografia; [fig. 2] Ettore Sottsass jr, «Il pianeta come festival», 1973, matite colorate su carta; [fig. 3] Walter Pichler, «Compact City», 1963-64, gesso e vetro con applicazioni metalliche
Informazioni utili
«Pianeta Vienna e dintorni». Abraham Hollein Peintner Pettena Pichler Sottsass. Galleria Giovanni Bonelli, via Luigi Porro Lambertenghi 6 – Milano. Orari: martedì-sabato, ore 11.00-19.30; lunedì su appuntamento; domenica chiuso. Ingresso libero e gratuito. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel 0376.723161 o lab@bonelliarte.com. Web site: www.bonelliarte.com.Inaugurazione: 29 novembre 2012, ore 18.30. Dal 30 novembre 2012 al 2 febbraio 2013.
venerdì 23 novembre 2012
Dal design autoprodotto ai «Restauri aperti»: cultura a 360° a «Venezia 2019»
Frutta all’Italia il 5,4% del Pil e dà lavoro a 1milione e 400mila persone, pari al 5,6% del totale degli occupati sull’intero territorio nazionale: è la cultura –stando ai dati della Fondazione Symbola- il vero volano per la crescita dell’economia nel nostro Paese. Prende spunto da questa riflessione «Venezia 2019 - Salone europeo della cultura», in programma da venerdì 23 a domenica 25 novembre nella città lagunare, presso l’area magazzini Ligabue, complesso costruito negli anni Venti durante la realizzazione dell’area portuale di Santa Marta, per le attività di catering delle compagnie di navigazione di Anacleto Ligabue.
Oltre centocinquanta relatori, più di cinquanta eventi, una location nuova nei pressi del terminal San Basilio, e quattro sezioni che esprimono, con diversi linguaggi, le nuove tendenze della cultura contemporanea sono i numeri della tre giorni lagunare, vetrina internazionale di beni culturali, design autoprodotto, nuove tecnologie digitali e restauro, ma anche occasione per presentare la candidatura di Venezia e del nord-est a Capitale europea per la cultura del 2019. Durante l’intensa manifestazione lagunare è, infatti, in programma anche un meeting, a cura di Nordesteuropa e di Progetto Marzotto, rivolto a operatori culturali, istituzioni e imprenditoria creativa attiva sul territorio, che prevede una sessione plenaria con Innocenzo Cipolletta e otto workshop su arti perfomative, contemporaneo, fondi europei per la cultura, food, grande guerra, musei d’impresa, makers, tesi a elaborare proposte concrete per la nomina veneziana.
Filo rosso della manifestazione sarà il tema Venezia#Berlin. Un confronto ravvicinato con la capitale tedesca, protagonista nell’ultimo trentennio di una rinascita che vede nei giovani artisti e designer i suoi attori principali, animerà, infatti, molti workshop e dibattiti, nei quali si parlerà anche dell’impatto degli eventi culturali sull’economia, del binomio cultura-turismo, delle sinergie pubblico-privato.
Due iniziative già esistenti, il concorso «Open Design Italia» e il «Salone dei beni e delle attività culturali e del restauro», e due novità assolute, «Nuove tecnologie digitali per la cultura» e «Restauri aperti», sono le quattro anime di «Venezia 2019», che vedrà tra i suoi ospiti Wolfgang Munchau (vice direttore del «Financial Times»), Thomas Mayer (senior advisor di Deutsche Bank), Alessandro Profumo (presidente di Banca Monte dei Paschi di Siena), Giovanni Bazoli (presidente del Consiglio di sorveglianza di Banca Intesa Sanpaolo), il filosofo Francesco Botturi, l’antropologo Christoph Wulf, i giornalisti Aldo Cazzullo e Gian Antonio Stella, l’architetto Hans Kollhof, Jörg Sϋrmann (direttore del DMY-International Design Festival di Berlino) e Dieter Haselbach, sociologo e co-autore di «Der Kulturinfarkt» («L’infarto della cultura»), pubblicato in Italia da Marsilio editore. Alla kermesse lagunare ci saranno anche Claudio Magris e Renata Codello, soprintendente dei Beni architettonici e paesaggistici di Venezia, che verranno premiati, insieme con i rappresentanti della Fondazione Giorgio Cini e del Palazzetto Bru Zane, con il Premio Venezia alla comunicazione culturale.
Il «Salone dei beni e delle attività culturali e del restauro», giunto alla sua sedicesima edizione, ospiterà enti, istituzioni e operatori con l’obiettivo di valorizzare quegli spazi espositivi italiani, europei e internazionali, che evidenziano sinergie tra territori, istituzioni e ambiti della vita culturale. La sezione «Nuove tecnologie digitali per la cultura», a cura di Fondazione di Venezia - M9, metterà, invece, in evidenza, in una serie di dibattiti, tutte le nuove forme con le quali la cultura si trasmette e con le quali alla cultura si può accedere e si può farne esperienza. Il pubblico, soprattutto quello dei più giovani, potrà così visualizzare e sperimentare quanto le nuove tecnologie aprano orizzonti nuovi e creino opportunità per un nuovo approccio al sapere umanistico. Mentre «Restauri aperti», progetto ideato e curato da Anna Scavezzon, permetterà di conoscere i cantieri più innovativi in città, attraverso una sezione in all’interno dei Magazzini Ligabue, dove verranno ospitati convegni internazionali e seminari specialistici, e una sezione off, dove, per la prima volta, giornalisti e addetti ai lavori (architetti, restauratori ed imprenditori) avranno modo di partecipare a visite guidate, a numero chiuso, in sei luoghi al centro di interessanti operazioni di riqualificazione: Palazzo Papadopoli, Chiesa dei Gesuiti, Gritti Palace hotel, Ca’ Corner della Regina, Camera di Commercio, Chiesa dei Tolentini.
Tra le proposte di «Venezia 2019 - Salone europeo della cultura», c’è, infine, «Open Design Italia», un concorso-mostra-mercato che promuove la pratica degli auto-produttori, figure ibride a cavallo fra designer e artigiani di nuova generazione. La manifestazione, ideata e curata da Elena Santi e Laura Succini, sarà la vetrina ideale per una ottantina di artisti provenienti da Italia, Germania, Brasile, Argentina e Hong Kong, selezionati tra oltre duecento, che esporranno le loro creazioni, entrando in contatto diretto con l’utente finale. Ridurre la filiera ha in questo caso un duplice vantaggio: per i visitatori e gli appassionati, la possibilità di acquistare oggetti unici di alto design a prezzi da km zero; per le aziende l’opportunità di ‘sbirciare’ le nuove tendenze e magari individuare un progetto per la produzione su larga scala.
Dagli orologi ottenuti dal recupero di lattine in alluminio alla lampada annaffiatoio, dai gioielli realizzati con le tecnologie digitali alla caffettiera a testa in giù sono tra i più svariati i progetti presentati, tutti raccolti in un catalogo edito da Nordesteuropa Editore, che verranno valutati da una giuria internazionale, composta, tra gli altri, da Aldo Cibic, Alessandro Molinari e Paolo Ulian. Tra le sezioni speciali fuori concorso, si segnala quella promossa dalla Regione Emilia Romagna che vede protagonisti dieci designer provenienti dalle zone colpite dal sisma.
Nell’era del digitale, comunicare in tempo reale e in maniera diretta è diventato indispensabile. Ecco allora che, per venire incontro anche alle giovani generazioni, questa edizione del Salone europeo della cultura di Venezia verrà resa disponibile a tutti attraverso i principali mezzi di comunicazione on-line. Oltre al sito internet (www.venezia2019.eu), disponibile in italiano e inglese, sarà possibile collegarsi alle pagine Facebook (Venezia2019), Twitter (@Venezia2019) con gli hashtag #venezia2019 #veneziaberlin e LinkedIn (Venezia2019 - Salone europeo della cultura) della manifestazione, attraverso le quali seguire gli aggiornamenti in tempo reale sia prima che durante gli eventi, condividere notizie e commenti sui temi trattati, ricevere informazioni utili e molto altro ancora. Un ulteriore apporto informativo verrà fornito dal blog ufficiale su WordPress (venezia2019.wordpress.com) e dagli editoriali di «Cultura in rete» su Linkiesta, che avranno il compito di tenere informati i lettori interessati all’evento tramite editoriali, focus specifici, notizie di colore, approfondimenti, comunicati stampa.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Logo di «Venezia 2019 - Salone europeo della cultura»; [fig. 2] Vista dei Magazzini Ligabue di Venezia; [fig. 3] Claudio Magris, uno dei protagonisti di «Venezia 2019 - Salone europeo della cultura»; [fog. 4] Dieter Haselbach, sociologo e co-autore di «Der Kulturinfarkt» («L’infarto della cultura»), pubblicato in Italia da Marsilio editore, uno dei protagonisti di «Venezia 2019 - Salone europeo della cultura»; [fig. 5] Esterno del Gritti Palace hotel, uno dei cantieri di «Restauri aperti»; [fig. 6] Ca’ Corner della Regina, uno dei cantieri di «Restauri aperti»; [fig. 7] Uno dei progetti della mostra «Open Design Italia»
Informazioni utili
«Venezia 2019 - Salone europeo della cultura». Area magazzini Ligabue (fermata terminal San Basilio) – Venezia. Orari: venerdì 23 novembre, ore 10.00-22.00; sabato 24 novembre, ore 10.00-20.00; domenica 25 novembre, ore 10.18.00. Prenotazioni: tutti gli eventi sono a ingresso libero, fino a esaurimento posti. È consigliata la prenotazione sul sito www.venezia2019.eu. Visite guidate: le visite ai cantieri di «Restauri aperti» sono riservate a giornalisti, architetti, costruttori, restauratori e addetti ai lavori; è necessario accreditarsi, inviando unae- mail a info@venezia2019.eu, specificando nome, azienda di affiliazione, numero di cellulare, indirizzo e-mail, data e orario della visita. Dal venerdì 23 a domenica 25 novembre 2012.
Oltre centocinquanta relatori, più di cinquanta eventi, una location nuova nei pressi del terminal San Basilio, e quattro sezioni che esprimono, con diversi linguaggi, le nuove tendenze della cultura contemporanea sono i numeri della tre giorni lagunare, vetrina internazionale di beni culturali, design autoprodotto, nuove tecnologie digitali e restauro, ma anche occasione per presentare la candidatura di Venezia e del nord-est a Capitale europea per la cultura del 2019. Durante l’intensa manifestazione lagunare è, infatti, in programma anche un meeting, a cura di Nordesteuropa e di Progetto Marzotto, rivolto a operatori culturali, istituzioni e imprenditoria creativa attiva sul territorio, che prevede una sessione plenaria con Innocenzo Cipolletta e otto workshop su arti perfomative, contemporaneo, fondi europei per la cultura, food, grande guerra, musei d’impresa, makers, tesi a elaborare proposte concrete per la nomina veneziana.
Filo rosso della manifestazione sarà il tema Venezia#Berlin. Un confronto ravvicinato con la capitale tedesca, protagonista nell’ultimo trentennio di una rinascita che vede nei giovani artisti e designer i suoi attori principali, animerà, infatti, molti workshop e dibattiti, nei quali si parlerà anche dell’impatto degli eventi culturali sull’economia, del binomio cultura-turismo, delle sinergie pubblico-privato.
Due iniziative già esistenti, il concorso «Open Design Italia» e il «Salone dei beni e delle attività culturali e del restauro», e due novità assolute, «Nuove tecnologie digitali per la cultura» e «Restauri aperti», sono le quattro anime di «Venezia 2019», che vedrà tra i suoi ospiti Wolfgang Munchau (vice direttore del «Financial Times»), Thomas Mayer (senior advisor di Deutsche Bank), Alessandro Profumo (presidente di Banca Monte dei Paschi di Siena), Giovanni Bazoli (presidente del Consiglio di sorveglianza di Banca Intesa Sanpaolo), il filosofo Francesco Botturi, l’antropologo Christoph Wulf, i giornalisti Aldo Cazzullo e Gian Antonio Stella, l’architetto Hans Kollhof, Jörg Sϋrmann (direttore del DMY-International Design Festival di Berlino) e Dieter Haselbach, sociologo e co-autore di «Der Kulturinfarkt» («L’infarto della cultura»), pubblicato in Italia da Marsilio editore. Alla kermesse lagunare ci saranno anche Claudio Magris e Renata Codello, soprintendente dei Beni architettonici e paesaggistici di Venezia, che verranno premiati, insieme con i rappresentanti della Fondazione Giorgio Cini e del Palazzetto Bru Zane, con il Premio Venezia alla comunicazione culturale.
Il «Salone dei beni e delle attività culturali e del restauro», giunto alla sua sedicesima edizione, ospiterà enti, istituzioni e operatori con l’obiettivo di valorizzare quegli spazi espositivi italiani, europei e internazionali, che evidenziano sinergie tra territori, istituzioni e ambiti della vita culturale. La sezione «Nuove tecnologie digitali per la cultura», a cura di Fondazione di Venezia - M9, metterà, invece, in evidenza, in una serie di dibattiti, tutte le nuove forme con le quali la cultura si trasmette e con le quali alla cultura si può accedere e si può farne esperienza. Il pubblico, soprattutto quello dei più giovani, potrà così visualizzare e sperimentare quanto le nuove tecnologie aprano orizzonti nuovi e creino opportunità per un nuovo approccio al sapere umanistico. Mentre «Restauri aperti», progetto ideato e curato da Anna Scavezzon, permetterà di conoscere i cantieri più innovativi in città, attraverso una sezione in all’interno dei Magazzini Ligabue, dove verranno ospitati convegni internazionali e seminari specialistici, e una sezione off, dove, per la prima volta, giornalisti e addetti ai lavori (architetti, restauratori ed imprenditori) avranno modo di partecipare a visite guidate, a numero chiuso, in sei luoghi al centro di interessanti operazioni di riqualificazione: Palazzo Papadopoli, Chiesa dei Gesuiti, Gritti Palace hotel, Ca’ Corner della Regina, Camera di Commercio, Chiesa dei Tolentini.
Tra le proposte di «Venezia 2019 - Salone europeo della cultura», c’è, infine, «Open Design Italia», un concorso-mostra-mercato che promuove la pratica degli auto-produttori, figure ibride a cavallo fra designer e artigiani di nuova generazione. La manifestazione, ideata e curata da Elena Santi e Laura Succini, sarà la vetrina ideale per una ottantina di artisti provenienti da Italia, Germania, Brasile, Argentina e Hong Kong, selezionati tra oltre duecento, che esporranno le loro creazioni, entrando in contatto diretto con l’utente finale. Ridurre la filiera ha in questo caso un duplice vantaggio: per i visitatori e gli appassionati, la possibilità di acquistare oggetti unici di alto design a prezzi da km zero; per le aziende l’opportunità di ‘sbirciare’ le nuove tendenze e magari individuare un progetto per la produzione su larga scala.
Dagli orologi ottenuti dal recupero di lattine in alluminio alla lampada annaffiatoio, dai gioielli realizzati con le tecnologie digitali alla caffettiera a testa in giù sono tra i più svariati i progetti presentati, tutti raccolti in un catalogo edito da Nordesteuropa Editore, che verranno valutati da una giuria internazionale, composta, tra gli altri, da Aldo Cibic, Alessandro Molinari e Paolo Ulian. Tra le sezioni speciali fuori concorso, si segnala quella promossa dalla Regione Emilia Romagna che vede protagonisti dieci designer provenienti dalle zone colpite dal sisma.
Nell’era del digitale, comunicare in tempo reale e in maniera diretta è diventato indispensabile. Ecco allora che, per venire incontro anche alle giovani generazioni, questa edizione del Salone europeo della cultura di Venezia verrà resa disponibile a tutti attraverso i principali mezzi di comunicazione on-line. Oltre al sito internet (www.venezia2019.eu), disponibile in italiano e inglese, sarà possibile collegarsi alle pagine Facebook (Venezia2019), Twitter (@Venezia2019) con gli hashtag #venezia2019 #veneziaberlin e LinkedIn (Venezia2019 - Salone europeo della cultura) della manifestazione, attraverso le quali seguire gli aggiornamenti in tempo reale sia prima che durante gli eventi, condividere notizie e commenti sui temi trattati, ricevere informazioni utili e molto altro ancora. Un ulteriore apporto informativo verrà fornito dal blog ufficiale su WordPress (venezia2019.wordpress.com) e dagli editoriali di «Cultura in rete» su Linkiesta, che avranno il compito di tenere informati i lettori interessati all’evento tramite editoriali, focus specifici, notizie di colore, approfondimenti, comunicati stampa.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Logo di «Venezia 2019 - Salone europeo della cultura»; [fig. 2] Vista dei Magazzini Ligabue di Venezia; [fig. 3] Claudio Magris, uno dei protagonisti di «Venezia 2019 - Salone europeo della cultura»; [fog. 4] Dieter Haselbach, sociologo e co-autore di «Der Kulturinfarkt» («L’infarto della cultura»), pubblicato in Italia da Marsilio editore, uno dei protagonisti di «Venezia 2019 - Salone europeo della cultura»; [fig. 5] Esterno del Gritti Palace hotel, uno dei cantieri di «Restauri aperti»; [fig. 6] Ca’ Corner della Regina, uno dei cantieri di «Restauri aperti»; [fig. 7] Uno dei progetti della mostra «Open Design Italia»
Informazioni utili
«Venezia 2019 - Salone europeo della cultura». Area magazzini Ligabue (fermata terminal San Basilio) – Venezia. Orari: venerdì 23 novembre, ore 10.00-22.00; sabato 24 novembre, ore 10.00-20.00; domenica 25 novembre, ore 10.18.00. Prenotazioni: tutti gli eventi sono a ingresso libero, fino a esaurimento posti. È consigliata la prenotazione sul sito www.venezia2019.eu. Visite guidate: le visite ai cantieri di «Restauri aperti» sono riservate a giornalisti, architetti, costruttori, restauratori e addetti ai lavori; è necessario accreditarsi, inviando unae- mail a info@venezia2019.eu, specificando nome, azienda di affiliazione, numero di cellulare, indirizzo e-mail, data e orario della visita. Dal venerdì 23 a domenica 25 novembre 2012.
giovedì 22 novembre 2012
Siena, sette musei per un viaggio alla scoperta del «Vino fra mito e storia»
E’ un viaggio alla scoperta delle radici della cultura del vino nelle terre di Siena, conosciute in tutto il mondo per le eccellenze enologiche e il legame autentico con la coltura della vite e la produzione vitivinicola, quello che propone la mostra diffusa «Vino fra mito e storia», promossa da Provincia di Siena e Soprintendenza per i Beni archeologici della Toscana.
Sette gli spazi coinvolti in questa esposizione, visitabile da sabato 24 novembre, che verrà presentata al pubblico in occasione della due giorni senese dedicata al vino, promossa da Regione Toscana, Toscana Promozione, Provincia di Siena, Enoteca italiana e Banca Monte di Paschi di Siena.
Al teatro dei Rozzi, sabato 24 novembre, si terrà il Forum sul vino italiano, giunto alla terza edizione. Quest’anno si parlerà delle prospettive per il comparto vitivinicolo italiano fra mercati tradizionali ed emergenti, i nuovi scenari sui territori che nel futuro potranno aprirsi al consumo di questa grande eccellenza italiana e l’aggiornamento dell’Mps Wine Index. Mentre, nel pomeriggio, Toscana Promozione presenterà, sempre al teatro dei Rozzi, la premiazione dei «Top 100» della «X Selezione dei vini di Toscana», curata da Enoteca italiana.
Il nucleo principale della mostra, un itinerario nell’antichità attorno alla vite e al vino, sarà a Siena, nella sede di Enoteca, dove sarà allestito un percorso espositivo sulla storia del vino, mentre nei musei dei cinque territori maggiormente rappresentativi dell’eccellenza vitivinicola senese saranno allestite delle mostre collaterali, integrate nelle collezioni permanenti.
Sempre nella città del Palio, nei suggestivi ambienti del Santa Maria della Scala, sarà messo in mostra un oggetto unico, il cinerario di Montescudaio. In altri luoghi indissolubilmente legati al mondo vitivinicolo, i visitatori saranno, invece, guidati a ripercorre, attraverso le testimonianza archeologiche, le tappe fondamentali dell’evolversi della cultura del vino in tutto il bacino del Mediterraneo e, in particolar modo, sul territorio toscano e su quello della provincia di Siena, dove si producono eccellenze enologiche tra le più qualificate e note nel mondo.
Numerosi oggetti in mostra documenteranno il lungo viaggio del vino, partito più di cinquemila anni fa nel vicino Oriente, passando per i greci, i romani e gli etruschi, e arrivato fino all’Italia medievale e moderna: vasi e utensili in bronzo, ma anche urne dove i defunti sono raffigurati sdraiati a banchetto e, per i visitatori più curiosi, la ricostruzione di un triclinum romano, completo di tutti gli arredi.
Nella mostra, curata da Giuseppina Carlotta Cianferoni, direttore del Museo archeologico nazionale di Firenze, sarà anche esposta, per la prima volta, una parte di un corredo funebre rinvenuto nella necropoli di Bosco Le Pici, a Castelnuovo Berardenga.
A Montalcino, invece, oggetti di uso quotidiano e parti del corredo della tavola racconteranno la vita a bordo di un piroscafo del XIX secolo. Bottiglie e bicchieri moderni saranno messi a confronto con i meravigliosi pezzi provenienti dalla collezione privata villa Banfi, a testimoniare la continuità delle forme legate al vino e al suo consumo.
In occasione dell’apertura al pubblico di tutte le sedi espositive, domenica 25 novembre, i visitatori potranno anche deliziare il palato con le produzioni testimonial del vino toscano nel mondo. Nelle splendida struttura cinquecentesca della Fortezza medicea, sede di Enoteca italiana, i wine lover potranno immergersi nel percorso millenario sulla storia del vino e concludere l’itinerario calice alla mano, degustando il meglio della tradizione enologica toscana, dai classici ai vini autoctoni.
Il viaggio potrà, poi, continuare sul territorio, nei musei delle zone di produzione maggiormente vocate: a Castellina in Chianti, nel Museo archeologico del Chianti Senese, a Castelnuovo Berardenga, nel Museo del paesaggio, a Montalcino, nel Museo civico e diocesano, a Montepulciano, nel Museo civico pinacoteca Crociani, e a San Gimignano, nel Museo archeologico e spezieria di Santa Fina. In queste sedi, in collaborazione con i Comuni, Fondazione Musei senesi e i Consorzi dei vini Docg, saranno promossi assaggi di Brunello di Montalcino, Chianti Colli senesi, Chianti classico, Vino nobile di Montepulciano e della Vernaccia di San Gimignano: un modo, gustoso, per unire la scoperta delle origini a quella dei migliori vini del territorio.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Locandina della mostra diffusa «Vino fra mito e storia»; [fig. 2] Anfora attica a figure nere, Inv. 3872. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Lato A: Dioniso coronato con un kantharos in mano; davanti a lui un satiro danzante; lato B: comasti affrontati. 500 a. C. (o fine del VI sec. a. C.); [ fig. 3] Braccio di marmo con grappolo d’uva, Inv. 14264. Lunghezza cm 59. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. II sec. d. C. Foto: Società Cooperativa Archeologica A.R.A.; [fig. 4] Kyathos attico a fondo bianco. Inv. 3903. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Lati A-B: tra occhioni, Dioniso coronato e con corno potorio trasportato da un mulo; ai lati dell’ansa, menadi. 510-500 a. C. (o fine del VI sec. a. C.). Foto: Società Cooperativa Archeologica A.R.A.
Informazioni utili
«Vino fra mito e storia». Sedi: Enoteca Italiana. Fortezza Medicea, Piazza Libertà, 1 – Siena. Orari: lunedì-sabato, ore 12.00-19.00. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 0577.228843, fax 0577.228888, enoteca@enoteca-italiana.it. Complesso Museale Santa Maria della Scala, Piazza Duomo, 1 – Siena. Orari: tutti i giorni, ore 11.00-16.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0577.534511/0577.534571, fax 0577.534510, infoscala@comune.siena.it. Museo archeologico del Chianti senese, piazza del Comune, 17 - Castellina in Chianti. Orari: sabato e domenica, ore 10.00 - 17.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0577.742090/0577.741388 o info@museoarcheologicochianti.it. Museo del Paesaggio, via Chianti, 59 - Castelnuovo Berardenga. Orari: sabato e domenica, ore 10.00-13.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0577.352035 o direttore.museopaesaggio@museisenesi.org. Musei di Montalcino, Raccolta archeologica, medievale, moderna, via Ricasoli, 31 – Montalcino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00 - 13.00/14.00 - 17.50; chiuso il lunedì (se non festivo). Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel: 0577.846014 o 0577.849331. Museo Civico Pinacoteca Crociani - Palazzo Neri Orselli, via Ricci, 10 – Montepulciano. Orari: apertura novembre*- dicembre*- gennaio*- febbraio - sabato e domenica ore 10.00-13.00/15.00-18.00, * 1 novembre - 23 dicembre - 6 gennaio ore 10.00-13.00/15.00-18.00; apertura marzo – aprile – maggio – ottobre, martedì-domenica, ore 10.00-13.00/15.00-18.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0578.717300 o civico.museo@libero.it. Museo archeologico, Spezieria di Santa Fina, Galleria d’arte moderna e contemporanea, via Folgore, 11 - San Gimignano. Orari: tutti i giorni, ore 14.00-18.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0577.940348 o musei@comune.sangimignano.si.it. Informazioni e prenotazioni turistiche: Siena, tel. 0577.280551 o incoming@terresiena.it; Chianciano Terme tel. 0578.671122 o prenota@terresiena.it. Siti internet: www.provincia.siena.it, www.terresiena.it e www.museisenesi.org. Da sabato 24 novembre 2012 a domenica 5 maggio 2013.
Mostra prorogata: il nucleo centrale delle opere esposte all’Enoteca Italiana sarà visibile fino al 19 maggio 2013; il Cinerario di Montescudaio fino al 29 maggio 2013; le collezioni a Castellina in Chianti e Montalcino fino al 31 ottobre 2013; il Cinerario di Montescudaio fino al 29 maggio
Sette gli spazi coinvolti in questa esposizione, visitabile da sabato 24 novembre, che verrà presentata al pubblico in occasione della due giorni senese dedicata al vino, promossa da Regione Toscana, Toscana Promozione, Provincia di Siena, Enoteca italiana e Banca Monte di Paschi di Siena.
Al teatro dei Rozzi, sabato 24 novembre, si terrà il Forum sul vino italiano, giunto alla terza edizione. Quest’anno si parlerà delle prospettive per il comparto vitivinicolo italiano fra mercati tradizionali ed emergenti, i nuovi scenari sui territori che nel futuro potranno aprirsi al consumo di questa grande eccellenza italiana e l’aggiornamento dell’Mps Wine Index. Mentre, nel pomeriggio, Toscana Promozione presenterà, sempre al teatro dei Rozzi, la premiazione dei «Top 100» della «X Selezione dei vini di Toscana», curata da Enoteca italiana.
Il nucleo principale della mostra, un itinerario nell’antichità attorno alla vite e al vino, sarà a Siena, nella sede di Enoteca, dove sarà allestito un percorso espositivo sulla storia del vino, mentre nei musei dei cinque territori maggiormente rappresentativi dell’eccellenza vitivinicola senese saranno allestite delle mostre collaterali, integrate nelle collezioni permanenti.
Sempre nella città del Palio, nei suggestivi ambienti del Santa Maria della Scala, sarà messo in mostra un oggetto unico, il cinerario di Montescudaio. In altri luoghi indissolubilmente legati al mondo vitivinicolo, i visitatori saranno, invece, guidati a ripercorre, attraverso le testimonianza archeologiche, le tappe fondamentali dell’evolversi della cultura del vino in tutto il bacino del Mediterraneo e, in particolar modo, sul territorio toscano e su quello della provincia di Siena, dove si producono eccellenze enologiche tra le più qualificate e note nel mondo.
Numerosi oggetti in mostra documenteranno il lungo viaggio del vino, partito più di cinquemila anni fa nel vicino Oriente, passando per i greci, i romani e gli etruschi, e arrivato fino all’Italia medievale e moderna: vasi e utensili in bronzo, ma anche urne dove i defunti sono raffigurati sdraiati a banchetto e, per i visitatori più curiosi, la ricostruzione di un triclinum romano, completo di tutti gli arredi.
Nella mostra, curata da Giuseppina Carlotta Cianferoni, direttore del Museo archeologico nazionale di Firenze, sarà anche esposta, per la prima volta, una parte di un corredo funebre rinvenuto nella necropoli di Bosco Le Pici, a Castelnuovo Berardenga.
A Montalcino, invece, oggetti di uso quotidiano e parti del corredo della tavola racconteranno la vita a bordo di un piroscafo del XIX secolo. Bottiglie e bicchieri moderni saranno messi a confronto con i meravigliosi pezzi provenienti dalla collezione privata villa Banfi, a testimoniare la continuità delle forme legate al vino e al suo consumo.
In occasione dell’apertura al pubblico di tutte le sedi espositive, domenica 25 novembre, i visitatori potranno anche deliziare il palato con le produzioni testimonial del vino toscano nel mondo. Nelle splendida struttura cinquecentesca della Fortezza medicea, sede di Enoteca italiana, i wine lover potranno immergersi nel percorso millenario sulla storia del vino e concludere l’itinerario calice alla mano, degustando il meglio della tradizione enologica toscana, dai classici ai vini autoctoni.
Il viaggio potrà, poi, continuare sul territorio, nei musei delle zone di produzione maggiormente vocate: a Castellina in Chianti, nel Museo archeologico del Chianti Senese, a Castelnuovo Berardenga, nel Museo del paesaggio, a Montalcino, nel Museo civico e diocesano, a Montepulciano, nel Museo civico pinacoteca Crociani, e a San Gimignano, nel Museo archeologico e spezieria di Santa Fina. In queste sedi, in collaborazione con i Comuni, Fondazione Musei senesi e i Consorzi dei vini Docg, saranno promossi assaggi di Brunello di Montalcino, Chianti Colli senesi, Chianti classico, Vino nobile di Montepulciano e della Vernaccia di San Gimignano: un modo, gustoso, per unire la scoperta delle origini a quella dei migliori vini del territorio.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Locandina della mostra diffusa «Vino fra mito e storia»; [fig. 2] Anfora attica a figure nere, Inv. 3872. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Lato A: Dioniso coronato con un kantharos in mano; davanti a lui un satiro danzante; lato B: comasti affrontati. 500 a. C. (o fine del VI sec. a. C.); [ fig. 3] Braccio di marmo con grappolo d’uva, Inv. 14264. Lunghezza cm 59. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. II sec. d. C. Foto: Società Cooperativa Archeologica A.R.A.; [fig. 4] Kyathos attico a fondo bianco. Inv. 3903. Firenze, Museo Archeologico Nazionale. Lati A-B: tra occhioni, Dioniso coronato e con corno potorio trasportato da un mulo; ai lati dell’ansa, menadi. 510-500 a. C. (o fine del VI sec. a. C.). Foto: Società Cooperativa Archeologica A.R.A.
Informazioni utili
«Vino fra mito e storia». Sedi: Enoteca Italiana. Fortezza Medicea, Piazza Libertà, 1 – Siena. Orari: lunedì-sabato, ore 12.00-19.00. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 0577.228843, fax 0577.228888, enoteca@enoteca-italiana.it. Complesso Museale Santa Maria della Scala, Piazza Duomo, 1 – Siena. Orari: tutti i giorni, ore 11.00-16.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0577.534511/0577.534571, fax 0577.534510, infoscala@comune.siena.it. Museo archeologico del Chianti senese, piazza del Comune, 17 - Castellina in Chianti. Orari: sabato e domenica, ore 10.00 - 17.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0577.742090/0577.741388 o info@museoarcheologicochianti.it. Museo del Paesaggio, via Chianti, 59 - Castelnuovo Berardenga. Orari: sabato e domenica, ore 10.00-13.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0577.352035 o direttore.museopaesaggio@museisenesi.org. Musei di Montalcino, Raccolta archeologica, medievale, moderna, via Ricasoli, 31 – Montalcino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00 - 13.00/14.00 - 17.50; chiuso il lunedì (se non festivo). Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel: 0577.846014 o 0577.849331. Museo Civico Pinacoteca Crociani - Palazzo Neri Orselli, via Ricci, 10 – Montepulciano. Orari: apertura novembre*- dicembre*- gennaio*- febbraio - sabato e domenica ore 10.00-13.00/15.00-18.00, * 1 novembre - 23 dicembre - 6 gennaio ore 10.00-13.00/15.00-18.00; apertura marzo – aprile – maggio – ottobre, martedì-domenica, ore 10.00-13.00/15.00-18.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0578.717300 o civico.museo@libero.it. Museo archeologico, Spezieria di Santa Fina, Galleria d’arte moderna e contemporanea, via Folgore, 11 - San Gimignano. Orari: tutti i giorni, ore 14.00-18.00. Ingresso compreso nel biglietto. Informazioni: tel. 0577.940348 o musei@comune.sangimignano.si.it. Informazioni e prenotazioni turistiche: Siena, tel. 0577.280551 o incoming@terresiena.it; Chianciano Terme tel. 0578.671122 o prenota@terresiena.it. Siti internet: www.provincia.siena.it, www.terresiena.it e www.museisenesi.org. Da sabato 24 novembre 2012 a domenica 5 maggio 2013.
Mostra prorogata: il nucleo centrale delle opere esposte all’Enoteca Italiana sarà visibile fino al 19 maggio 2013; il Cinerario di Montescudaio fino al 29 maggio 2013; le collezioni a Castellina in Chianti e Montalcino fino al 31 ottobre 2013; il Cinerario di Montescudaio fino al 29 maggio
mercoledì 21 novembre 2012
Centoventicinque «Riflessi d’Oriente» al Mao di Torino
Forse nessun altro oggetto artistico della Cina riesce a racchiudere meglio dello specchio la storia delle concezioni estetiche e cosmologiche, lo sviluppo dei motivi decorativi ed iconografici, gli interessi e le aspirazioni della società cinese di ogni epoca. Questi oggetti di uso pratico e rituale, carichi di implicazioni magiche e simboliche, ebbero grande diffusione nell'Asia orientale, grazie alla tecnica eccellente della loro fusione, alla bellezza e al mistero delle decorazioni raffigurate sul retro della faccia riflettente.
Alla cultura dello specchio in cina e nei Paesi limitrofi è dedicata la mostra «Riflessi d’Oriente», la prima del suo genere in Italia,che intende far conoscere al grande pubblico il fascino e l’importanza di questi capolavori di tecnica metallurgica, che non si limitano a costituire uno dei più importanti capitoli della storia artistica cinese, ma che stimolano anche la riflessione sulle differenze e i parallelismi tra Oriente e Occidente in un ambito culturalmente significativo.
La rassegna, in agenda al Museo d’arte orientale di Torino da venerdì 23 novembre a domenica 24 febbraio 2013,è curata da Marco Guglielminotti Trivel e ripercorre duemilacinquecento anni specchi in Cina e dintorni, dal VI secolo all'epoca moderna, attraverso centoventicinque manufatti, buona parte dei quali fanno parte di una importante collezione privata torinese. Il prestatore più importante, in termini di numero degli specchi concessi, è il Museo Nazionale di Arte Orientale (Roma), ma un contributo significativo viene anche dai musei Guimet e Cernuschi di Parigi, dai Musei Vaticani e dal Musée d’Art et d'Histoire di Saint-Denis.
Lo specchio è un oggetto da toeletta comunemente adoperato dalle più diverse culture del pianeta, ognuna delle quali lo ha caricato –nel corso del tempo e in misura diversa l’una dall’altra– di significati e implicazioni simboliche che finiscono per esulare dall’uso pratico e che sconfinano spesso nel campo delle superstizioni, della magia, della psicologia, della spiritualità. Ovunque nel mondo, sono ovviamente le stesse proprietà riflettenti dello specchio, la sua capacità di essere un universo «altro», simile e allo stesso tempo profondamente diverso da quello nel quale viviamo, a facilitare parallelismi e analogie, a stimolare fantasie, a suscitare timori o fascinazioni. Nella sola cultura occidentale, la parola «specchio» comporta un’infinità di associazioni mentali in campo mitologico, letterario, artistico, religioso quali pochi altri oggetti della nostra vita quotidiana possono vantare. Possiamo facilmente immaginare come in altri universi culturali, come quello asiatico, le implicazioni possano essere altrettanto ricche e complesse. Ma si dimentica spesso che lo specchio è composto da un recto e da un verso, il secondo di solito non dotato delle qualità riflettenti del primo e quindi meno carico, almeno in Occidente, di implicazioni simboliche. In Asia orientale invece si è prestata eguale attenzione ad entrambe le facce, con il retro che diventa il supporto privilegiato per raffigurazioni che dialogano –seppur su piani concettuali e formali diversi– con la simbologia inespressa della parte specchiante.
La mostra torinese, che presenta molti specchi per la prima volta in assoluto al pubblico, intende presentare una panoramica ragionata sui significati dello specchio in Asia orientale e sul valore culturale e artistico delle ricche raffigurazioni che ne ornano la faccia nascosta. Sulla superficie metallica –solitamente bronzea– del manufatto, i suoi ideatori e gli esecutori materiali hanno infatti condensato visioni cosmologiche, simbologie più o meno arcane, concezioni estetiche che incarnano aspirazioni e auspici della società in un determinato periodo storico. Forse nessun altro oggetto riesce a rappresentare in maniera così chiara e sintetica le tappe della cultura e dell’arte estremo-orientale nello spazio e nel tempo.
Nucleo centrale dell'esposizione e oggetto principale di attenzione saranno gli specchi prodotti in Cina tra il periodo degli Stati Combattenti e la fine della dinastia Tang, ovvero dal V secolo a.C. al X secolo d.C. ca.: questi millecinquecento anni corrispondono, infatti, al periodo di maggiore sperimentazione e di maggiore interesse artistico-culturale nei confronti dello specchio in Asia orientale. Non mancheranno tuttavia delle esemplificazioni di produzioni più antiche e più recenti, per sfiorare da un lato la questione dell’origine e della protostoria dello specchio in Cina e per mostrare dall’altro i mutamenti artistici e culturali, gli elementi di continuità e di discontinuità nella società cinese tarda. All’ampliamento puntuale dell’arco cronologico corrisponderà anche un’estensione calibrata del contesto geografico della mostra: alcuni esemplari provenienti dall’area iranica, ad esempio, serviranno da stimolo al visitatore per riflettere sulla reciproca interazione tra Cina e Asia occidentale attraverso la mediazione del vasto mondo delle steppe. Ben più approfondito sarà il rapporto con le altre regioni dell’Asia orientale (Corea, Giappone, Sud-est) che hanno adottato forme e simboli dello specchio cinese modificandoli e adattandoli alle proprie culture. Lo specchio della Cina viene così calato in una realtà storico-artistica panasiatica, a ribadirne l’importanza oltre gli attuali confini nazionali.
Il catalogo che accompagna la mostra, edito da Silvana Editoriale, è frutto degli sforzi congiunti di studiosi internazionali e si presenta come la pubblicazione più completa e aggiornata sugli specchi della Cina disponibile in lingua italiana. Il volume raccoglie i contributi critici di Marco Guglielminotti Trivel, curatore della mostra e conservatore per l’Asia Orientale del Mao, di Ma Jinhong, conservatore per i manufatti in bronzo del museo di Shanghai, di Marcello Pacini, membro del Comitato scientifico della Fondazione Torino Musei, di Gilles Béguin, già direttore del museo Cernuschi di Parigi, e di Aurora Testa, docente di Arte orientale alla Western Washington University.
Didascalie delle immagini
[fig.1 ] Specchio con decorazione di nuvole e animali. Ferro dorato e ageminato in oro, d. 16,5 cm. Cina, dinastia Jin Occidentali, III-IV sec. d.C..Collezione Jingzitang; [fig. 2] Specchio polilobato con fenici e altri uccelli. Bronzo, d. 26,9 cm. Cina, dinastia Tang, VIII sec. d.C.. Collezione Jingzitang; [fig. 3] Specchio con gru, pini e altri elementi vegetali Ottone, d. 11 cm. Giappone, periodo Edo, prima metà XIX sec. d.C.. Museo d’Arte Orientale, Torino; [fig. 4] Specchio con figure stilizzate di uccelli. Bronzo e turchesi, d. 13 cm. Cina, periodo Stati Combattenti, V sec. a.C. .Collezione Jingzitang.
Informazioni utili
«Riflessi d’Oriente. 2500 anni di specchi in Cina e dintorni». Mao-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico, 11 - Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00, chiuso il lunedì. Ingresso al museo: Ingresso al museo: intero € 10,00, ridotto € 8,00, gratuito ragazzi fino ai 18 anni. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: tel. 011.4436927 o mao@fondazionetorinomusei.it.Da venerdì 23 novembre 2012 a domenica 24 febbraio 2013.
Alla cultura dello specchio in cina e nei Paesi limitrofi è dedicata la mostra «Riflessi d’Oriente», la prima del suo genere in Italia,che intende far conoscere al grande pubblico il fascino e l’importanza di questi capolavori di tecnica metallurgica, che non si limitano a costituire uno dei più importanti capitoli della storia artistica cinese, ma che stimolano anche la riflessione sulle differenze e i parallelismi tra Oriente e Occidente in un ambito culturalmente significativo.
La rassegna, in agenda al Museo d’arte orientale di Torino da venerdì 23 novembre a domenica 24 febbraio 2013,è curata da Marco Guglielminotti Trivel e ripercorre duemilacinquecento anni specchi in Cina e dintorni, dal VI secolo all'epoca moderna, attraverso centoventicinque manufatti, buona parte dei quali fanno parte di una importante collezione privata torinese. Il prestatore più importante, in termini di numero degli specchi concessi, è il Museo Nazionale di Arte Orientale (Roma), ma un contributo significativo viene anche dai musei Guimet e Cernuschi di Parigi, dai Musei Vaticani e dal Musée d’Art et d'Histoire di Saint-Denis.
Lo specchio è un oggetto da toeletta comunemente adoperato dalle più diverse culture del pianeta, ognuna delle quali lo ha caricato –nel corso del tempo e in misura diversa l’una dall’altra– di significati e implicazioni simboliche che finiscono per esulare dall’uso pratico e che sconfinano spesso nel campo delle superstizioni, della magia, della psicologia, della spiritualità. Ovunque nel mondo, sono ovviamente le stesse proprietà riflettenti dello specchio, la sua capacità di essere un universo «altro», simile e allo stesso tempo profondamente diverso da quello nel quale viviamo, a facilitare parallelismi e analogie, a stimolare fantasie, a suscitare timori o fascinazioni. Nella sola cultura occidentale, la parola «specchio» comporta un’infinità di associazioni mentali in campo mitologico, letterario, artistico, religioso quali pochi altri oggetti della nostra vita quotidiana possono vantare. Possiamo facilmente immaginare come in altri universi culturali, come quello asiatico, le implicazioni possano essere altrettanto ricche e complesse. Ma si dimentica spesso che lo specchio è composto da un recto e da un verso, il secondo di solito non dotato delle qualità riflettenti del primo e quindi meno carico, almeno in Occidente, di implicazioni simboliche. In Asia orientale invece si è prestata eguale attenzione ad entrambe le facce, con il retro che diventa il supporto privilegiato per raffigurazioni che dialogano –seppur su piani concettuali e formali diversi– con la simbologia inespressa della parte specchiante.
La mostra torinese, che presenta molti specchi per la prima volta in assoluto al pubblico, intende presentare una panoramica ragionata sui significati dello specchio in Asia orientale e sul valore culturale e artistico delle ricche raffigurazioni che ne ornano la faccia nascosta. Sulla superficie metallica –solitamente bronzea– del manufatto, i suoi ideatori e gli esecutori materiali hanno infatti condensato visioni cosmologiche, simbologie più o meno arcane, concezioni estetiche che incarnano aspirazioni e auspici della società in un determinato periodo storico. Forse nessun altro oggetto riesce a rappresentare in maniera così chiara e sintetica le tappe della cultura e dell’arte estremo-orientale nello spazio e nel tempo.
Nucleo centrale dell'esposizione e oggetto principale di attenzione saranno gli specchi prodotti in Cina tra il periodo degli Stati Combattenti e la fine della dinastia Tang, ovvero dal V secolo a.C. al X secolo d.C. ca.: questi millecinquecento anni corrispondono, infatti, al periodo di maggiore sperimentazione e di maggiore interesse artistico-culturale nei confronti dello specchio in Asia orientale. Non mancheranno tuttavia delle esemplificazioni di produzioni più antiche e più recenti, per sfiorare da un lato la questione dell’origine e della protostoria dello specchio in Cina e per mostrare dall’altro i mutamenti artistici e culturali, gli elementi di continuità e di discontinuità nella società cinese tarda. All’ampliamento puntuale dell’arco cronologico corrisponderà anche un’estensione calibrata del contesto geografico della mostra: alcuni esemplari provenienti dall’area iranica, ad esempio, serviranno da stimolo al visitatore per riflettere sulla reciproca interazione tra Cina e Asia occidentale attraverso la mediazione del vasto mondo delle steppe. Ben più approfondito sarà il rapporto con le altre regioni dell’Asia orientale (Corea, Giappone, Sud-est) che hanno adottato forme e simboli dello specchio cinese modificandoli e adattandoli alle proprie culture. Lo specchio della Cina viene così calato in una realtà storico-artistica panasiatica, a ribadirne l’importanza oltre gli attuali confini nazionali.
Il catalogo che accompagna la mostra, edito da Silvana Editoriale, è frutto degli sforzi congiunti di studiosi internazionali e si presenta come la pubblicazione più completa e aggiornata sugli specchi della Cina disponibile in lingua italiana. Il volume raccoglie i contributi critici di Marco Guglielminotti Trivel, curatore della mostra e conservatore per l’Asia Orientale del Mao, di Ma Jinhong, conservatore per i manufatti in bronzo del museo di Shanghai, di Marcello Pacini, membro del Comitato scientifico della Fondazione Torino Musei, di Gilles Béguin, già direttore del museo Cernuschi di Parigi, e di Aurora Testa, docente di Arte orientale alla Western Washington University.
Didascalie delle immagini
[fig.1 ] Specchio con decorazione di nuvole e animali. Ferro dorato e ageminato in oro, d. 16,5 cm. Cina, dinastia Jin Occidentali, III-IV sec. d.C..Collezione Jingzitang; [fig. 2] Specchio polilobato con fenici e altri uccelli. Bronzo, d. 26,9 cm. Cina, dinastia Tang, VIII sec. d.C.. Collezione Jingzitang; [fig. 3] Specchio con gru, pini e altri elementi vegetali Ottone, d. 11 cm. Giappone, periodo Edo, prima metà XIX sec. d.C.. Museo d’Arte Orientale, Torino; [fig. 4] Specchio con figure stilizzate di uccelli. Bronzo e turchesi, d. 13 cm. Cina, periodo Stati Combattenti, V sec. a.C. .Collezione Jingzitang.
«Riflessi d’Oriente. 2500 anni di specchi in Cina e dintorni». Mao-Museo d’Arte Orientale, via San Domenico, 11 - Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00, chiuso il lunedì. Ingresso al museo: Ingresso al museo: intero € 10,00, ridotto € 8,00, gratuito ragazzi fino ai 18 anni. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: tel. 011.4436927 o mao@fondazionetorinomusei.it.Da venerdì 23 novembre 2012 a domenica 24 febbraio 2013.
lunedì 19 novembre 2012
Artcurial, debutto milanese con la collezione Liuba ed Ernesto Wolf
L'Italia attrae investimenti nell'arte, così la casa d'aste francese Artcurial Briest Poulain F. Tajan, prima in Francia e tra le prime dieci nel mondo, dopo aver aperto un ufficio di rappresentanza nel nostro Paese, sviluppa la propria presenza a Milano, inaugurando una prestigiosa sede per mostre, incontri, dibattiti e giornate expertise presso i raffinati spazi di Palazzo Crespi.
Per festeggiare l’apertura delle sale di corso Venezia 22, la cui inaugurazione si terrà mercoledì 21 novembre, Artcurial presenterà un’anteprima dei pezzi importanti che saranno battuti in asta a Parigi il prossimo dicembre, tra i quali una selezione di opere della collezione Liuba ed Ernesto Wolf, raccolta che ben dimostra l’eclettismo della coppia di collezionisti da un lato, e la capacità di Artcurial di essere presente in tutti i diversi ambiti del mercato dell’arte.
La collezione, che sarà aperta gratuitamente al pubblico dal 22 al 24 novembre, è un tesoro ancora sconosciuto ai più. Se il nome di Wolf è indissolubilmente legato alla sua collezione di vetri artistici di epoca bizantina e medievale (poi donati al Landesmuseum di Stoccarda), nondimeno egli fu, con sua moglie Liuba, un grande collezionista eclettico d’arte moderna, libri antichi e arte primitiva.
Uomo di grande gusto ed erudizione, la sua vita fu una continua ricerca del bello. La sua passione lo portò a costituire un insieme di grandissima importanza di libri illustrati, abbracciandone tutta la loro varietà e storia: dai codici miniati più preziosi, come il «Libro d’Ore» del Maestro di Talbot e Robert Boyvin del 1430 (stima 50.000 – 60.000 euro), agli incunaboli più rari, come «Ars Moriendi» di Nikolaus Goetz (Colonia, 1479; stima 300.000-500.000 €), sino ai lavori degli artisti ai quali fu legato, come Picasso e Dalì. «Daphne e Chloe», illustrato da Marc Chagall (stima 120.000-180.000 €), e «Jazz» di Matisse, entrambi editati da Tériade nel 1947 e nel 1961, si collocano a fianco della «Metamorfosi di Ovidio» , illustrata da Picasso (stima: 80 000-120 000 €). Georges Rouault illustra la parte della collezione dedicata all’arte moderna, con il «Clown di profilo», 1938-39, olio su tela (stimato 300.000-400.000 €), insieme a Max Ernst, con la sua «Testa» (stima 80.000-120.000 €).
L’arte islamica e dell’antico Oriente comprende dei pezzi d’arte cicladica, come un «Uomo in piedi» in marmo del III millennio a.C. (stima 45.000 – 65.000 €), insieme a pezzi d’arte della dinastia Abasside d’Irak, tra cui una «Grande coppa lucida a decoro d’uccello» (stima 25.000-35.000 €).
L’arte del Medioevo è rappresentata in particolare da un prezioso «Gémellion», in smalto policromo del XIII secolo (stima 20.000-30.000 €), mentre l’arte africana, apprezzata per le sue qualità estetiche ma anche per il mistero che questi oggetti esprimono, è presente con una collezione importante di antichi cucchiai provenienti da tutte le regioni del continente. Citiamo in particolare un «Cucchiaio Dan» della Costa d’Avorio, scultura in legno che rappresenta un personaggio maschile in piedi (stima 100.000-120.000 €).
In Italia, Artcurial avrà il compito di implementare nel nostro Paese la già fitta rete di relazioni della casa d’aste, operando sia sul fronte degli acquisti che su quello delle vendite. Mostre in anteprima, incontri, dibattiti, giornate expertise e partenariati culturali saranno le attività che la sede di Milano avrà il compito di sviluppare.
La sede di Milano continuerà a essere diretta da Gioia Sardagna Ferrari, che già lo scorso maggio aveva aperto gli uffici della casa d’aste a Milano. Italiana d’origine, ma con studi e un background professionale interamente maturato all’estero, Gioia Sardagna Ferrari ha conseguito due lauree, alla Sorbona e all’Ecole du Louvre a Parigi, con un master finale in arte contemporanea. Gioia Sardagna Ferrari collabora con Artcurial dal 2004, come specialista di arte italiana moderna e contemporanea. In precedenza, ha lavorato presso altri enti e istituzioni, tra cui Gagosian Gallery a New York.
Con questa apertura Artcurial manifesta un interesse programmatico e strategico nei confronti della realtà italiana, dopo aver promosso importanti appuntamenti nell’ambito delle arti del nostro tempo. In particolare a Venezia, dove in occasione della Biennale d’arte contemporanea per ogni edizione presenta –sempre sotto la guida e la collaborazione di Gioia Sardagna Ferrari– il lavoro di un artista, come lo scorso giugno, nel caso di Cyprien Gallard, vincitore nel 2010 del Premio Marcel Duchamp. La presenza continuativa e permanente in Italia di Artcurial consentirà anche di stabilire più stretti legami con i numerosi clienti italiani che ogni estate si danno appuntamento a Montecarlo, in occasione delle aste di gioielli e orologi e, dallo scorso luglio, anche di opere d’arte moderna e contemporanea.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Maître de Talbot e Robert Boyvin, «Livre d'heures», Rouen, circa 1430;: [fig. 2] Marc Chagall,« Bibbia» , Paris, Tériade, 1956
Informazioni utili
Artcurial Milano. Palazzo Crespi, corso Venezia, 22 - Milano. Informazioni: tel. 02.86337813. Sito Web: www.artcurial.com.
Per festeggiare l’apertura delle sale di corso Venezia 22, la cui inaugurazione si terrà mercoledì 21 novembre, Artcurial presenterà un’anteprima dei pezzi importanti che saranno battuti in asta a Parigi il prossimo dicembre, tra i quali una selezione di opere della collezione Liuba ed Ernesto Wolf, raccolta che ben dimostra l’eclettismo della coppia di collezionisti da un lato, e la capacità di Artcurial di essere presente in tutti i diversi ambiti del mercato dell’arte.
La collezione, che sarà aperta gratuitamente al pubblico dal 22 al 24 novembre, è un tesoro ancora sconosciuto ai più. Se il nome di Wolf è indissolubilmente legato alla sua collezione di vetri artistici di epoca bizantina e medievale (poi donati al Landesmuseum di Stoccarda), nondimeno egli fu, con sua moglie Liuba, un grande collezionista eclettico d’arte moderna, libri antichi e arte primitiva.
Uomo di grande gusto ed erudizione, la sua vita fu una continua ricerca del bello. La sua passione lo portò a costituire un insieme di grandissima importanza di libri illustrati, abbracciandone tutta la loro varietà e storia: dai codici miniati più preziosi, come il «Libro d’Ore» del Maestro di Talbot e Robert Boyvin del 1430 (stima 50.000 – 60.000 euro), agli incunaboli più rari, come «Ars Moriendi» di Nikolaus Goetz (Colonia, 1479; stima 300.000-500.000 €), sino ai lavori degli artisti ai quali fu legato, come Picasso e Dalì. «Daphne e Chloe», illustrato da Marc Chagall (stima 120.000-180.000 €), e «Jazz» di Matisse, entrambi editati da Tériade nel 1947 e nel 1961, si collocano a fianco della «Metamorfosi di Ovidio» , illustrata da Picasso (stima: 80 000-120 000 €). Georges Rouault illustra la parte della collezione dedicata all’arte moderna, con il «Clown di profilo», 1938-39, olio su tela (stimato 300.000-400.000 €), insieme a Max Ernst, con la sua «Testa» (stima 80.000-120.000 €).
L’arte islamica e dell’antico Oriente comprende dei pezzi d’arte cicladica, come un «Uomo in piedi» in marmo del III millennio a.C. (stima 45.000 – 65.000 €), insieme a pezzi d’arte della dinastia Abasside d’Irak, tra cui una «Grande coppa lucida a decoro d’uccello» (stima 25.000-35.000 €).
L’arte del Medioevo è rappresentata in particolare da un prezioso «Gémellion», in smalto policromo del XIII secolo (stima 20.000-30.000 €), mentre l’arte africana, apprezzata per le sue qualità estetiche ma anche per il mistero che questi oggetti esprimono, è presente con una collezione importante di antichi cucchiai provenienti da tutte le regioni del continente. Citiamo in particolare un «Cucchiaio Dan» della Costa d’Avorio, scultura in legno che rappresenta un personaggio maschile in piedi (stima 100.000-120.000 €).
In Italia, Artcurial avrà il compito di implementare nel nostro Paese la già fitta rete di relazioni della casa d’aste, operando sia sul fronte degli acquisti che su quello delle vendite. Mostre in anteprima, incontri, dibattiti, giornate expertise e partenariati culturali saranno le attività che la sede di Milano avrà il compito di sviluppare.
La sede di Milano continuerà a essere diretta da Gioia Sardagna Ferrari, che già lo scorso maggio aveva aperto gli uffici della casa d’aste a Milano. Italiana d’origine, ma con studi e un background professionale interamente maturato all’estero, Gioia Sardagna Ferrari ha conseguito due lauree, alla Sorbona e all’Ecole du Louvre a Parigi, con un master finale in arte contemporanea. Gioia Sardagna Ferrari collabora con Artcurial dal 2004, come specialista di arte italiana moderna e contemporanea. In precedenza, ha lavorato presso altri enti e istituzioni, tra cui Gagosian Gallery a New York.
Con questa apertura Artcurial manifesta un interesse programmatico e strategico nei confronti della realtà italiana, dopo aver promosso importanti appuntamenti nell’ambito delle arti del nostro tempo. In particolare a Venezia, dove in occasione della Biennale d’arte contemporanea per ogni edizione presenta –sempre sotto la guida e la collaborazione di Gioia Sardagna Ferrari– il lavoro di un artista, come lo scorso giugno, nel caso di Cyprien Gallard, vincitore nel 2010 del Premio Marcel Duchamp. La presenza continuativa e permanente in Italia di Artcurial consentirà anche di stabilire più stretti legami con i numerosi clienti italiani che ogni estate si danno appuntamento a Montecarlo, in occasione delle aste di gioielli e orologi e, dallo scorso luglio, anche di opere d’arte moderna e contemporanea.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Maître de Talbot e Robert Boyvin, «Livre d'heures», Rouen, circa 1430;: [fig. 2] Marc Chagall,« Bibbia» , Paris, Tériade, 1956
Informazioni utili
Artcurial Milano. Palazzo Crespi, corso Venezia, 22 - Milano. Informazioni: tel. 02.86337813. Sito Web: www.artcurial.com.
sabato 17 novembre 2012
Una nuova casa per Giorgio Morandi: il Mambo di Bologna
«C’è qualcosa di nuovo oggi […], anzi di antico». Si può prendere a prestito un verso di Giovanni Pascoli, tratto dalla poesia «L’aquilone», per descrivere la nuova operazione culturale del Mambo – Museo d’arte moderna di Bologna che, da domenica 18 novembre (la prima giornata di apertura sarà ad ingresso gratuito), presenta al pubblico un Giorgio Morandi conosciuto, quello della collezione esposta dagli anni Novanta nelle sale di Palazzo d’Accursio, ma inedito, raccontato cioè attraverso un dialogo in punta di pennello, innovatore e per nulla scontato, con artisti internazionali contemporanei quali Tony Cragg e Jean-Michel Folon.
L’occasione è offerta dallo spostamento temporaneo, presso gli spazi dell’ex Forno del Pane, delle ottantacinque tele, facenti parte della raccolta donata dalla sorella dell’artista, Maria Teresa Morandi, al Comune di Bologna.
In seguito agli eventi sismici del maggio scorso, che hanno provocato infiltrazioni d’acqua dal tetto e danni ai muri della sede storica del museo di piazza Maggiore, con possibile pericolo per la tutela dei dipinti, delle opere grafiche e del patrimonio librario, l’Amministrazione comunale felsinea, in accordo con la Galleria d'arte moderna (a cui la collezione pertiene) e Carlo Zucchini, garante testamentario del lascito, ha, infatti, deciso di trovare una nuova casa per il «pittore delle bottiglie» e per la sua opera. La scelta non poteva non ricadere sul Mambo, il vivace museo d’arte moderna della città, diretto da Gianfranco Maraniello, che vanta una ricca raccolta di opere d’arte dal secondo dopoguerra ad oggi.
Il nuovo progetto espositivo per le opere di Giorgio Morandi, che trovano collocazione all'interno della collezione permanente del museo di via don Minzoni, recentemente rinnovata nelle sue sezioni, analizza i temi e le stagioni che hanno caratterizzato l'attività dell’artista e offre una rilettura del suo percorso, anche attraverso i lavori di autori contemporanei.
Una prima area tematica, denominata «Oltre il genere», evidenzia come nature morte e paesaggi, ovvero i motivi frequentati assiduamente da Morandi, costituiscano la via privilegiata per superare i temi della rappresentazione a favore di una concentrazione sulla pratica pittorica. A seguire, la sezione «Tempo e composizione» esemplifica come nell'approccio agli oggetti comuni, allo spazio dei paesaggi, ai fiori di stoffa, l’artista individui composizioni di geometrie elementari come cubi, cilindri, sfere e triangoli, in cui si esprime l’essenza delle rispettive qualità visibili. Sulla tela il pittore spoglia l'oggetto di ogni elemento superfluo per restituire, limpido, il sentimento del visibile. Il rigore formale delle nature morte morandiane si accompagna a un'atmosfera silenziosa e contemplativa, in particolare per i celebri fiori, che qui vediamo accostati a una tela, «Tulip Sundae» (2010), che l’artista americano Wayne Thiebaud ha voluto donare al museo e che testimonia quanto sia attuale l’influenza di Morandi sulla cultura visiva contemporanea internazionale. Conclude il percorso di questa sezione l'installazione dell'opera video «Composing a Battle for Narrative» (2011) dell'artista londinese Jesse Ash, recentemente acquisita nella collezione permanente del Mambo.
L’allestimento prosegue, quindi, con il tema «La superficie pittorica», che mette in risalto l'equilibrio delle composizioni morandiane, comune a tutte le tecniche. Negli acquerelli, che caratterizzano l'ultima stagione, il colore liquido e quasi monocromo, steso secondo griglie geometriche, pur perdendo ogni valenza di contorno, esalta le forme e i volumi attraverso le diverse gradazioni tonali. La pittura, a partire dagli anni Cinquanta, è definita da un alternanza di positivo e negativo, forme piene e vuote armonicamente combinate secondo perfetti accordi compositivi e cromatici, che determinano, di volta in volta, la costruzione volumetrica degli oggetti. La presenza, in questa sala, di un opera di Sean Scully, «Long Light» (1997), mostra come il pittore irlandese abbia pienamente accolto la lezione coloristica di Morandi.
Nell'area tematica successiva, «La poetica dell'oggetto», le nature morte della maturità, con le loro forme, i lori colori e i loro giochi di luci ed ombre, divengono poco più che suggestioni. Le sagome sfumano una dentro l'altra in una fusione di luci e colori ma l'oggetto rimane nella memoria dell'artista e sulla tela come forma stabile e primaria, elemento fondante di una poetica che non prescinde mai dalla realtà. È qui visibile l'ultima natura morta dipinta e firmata da Morandi nel 1964, che rimase sul cavalletto come epilogo o possibile apertura di una nuova stagione.
Il tema dell'oggetto sempre presente e visibile seppur nella sua dissolvenza emerge con forza nel lavoro qui esposto di Tony Cragg, «Eroded Landscape» (1999), in cui i bicchieri, le bottiglie e i vasi che lo compongono trascendono la propria funzione, manifestandosi in una fisicità effimera, ma durevole.
Chiude il percorso espositivo una sezione di approfondimento sulla figura e l'opera di Giorgio Morandi, nella quale sono presentati una serie di dieci immagini fotografiche dello studio e degli oggetti dell'artista, realizzate da Jean-Michel Folon, e il video documentario «La polvere di Morandi» (2012) di Mario Chemello, prodotto con la collaborazione di Imago Orbis. Trova, inoltre, collocazione in questa parte conclusiva l'opera «Not Morandi (natura morta), 1943» (1985) dell'artista americano Mike Bidlo, recentemente entrata a far parte della collezione permanente del Mambo.
Contestualmente allo spostamento delle opere, anche il patrimonio librario del museo Morandi cambierà sede e sarà consultabile, a partire da domenica 18 novembre, presso la Biblioteca del Museo d'arte moderna; per l’occasione verrà riallestito anche il «CorrainiMAMboartbookshop», che presenterà una selezione di titoli e oggetti inerenti l'opera del pittore bolognese e che ospiterà, tra i suoi scaffali, la linea di merchandising dedicata all'artista.
Didascalie delle immagini
[figg.1,2 e 3] Collezione Museo Morandi al MAMbo, veduta dell'allestimento. Foto di Matteo Monti; [figg. 4 e 5] La collezione del Mambo, veduta dell'allestimento. Foto di Matteo Monti
Informazioni utili
Il Museo Morandi al Mambo. Mambo, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì e venerdì, ore 12.00-18.00, giovedì, sabato, domenica e festivi, ore 12.00-20.00. Ingresso: gratuito nella giornata di domenica 18 novembre; intero (comprensivo di accesso alle mostre temporanee) € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni: tel. 051.6496611, fax 051.6496637 o info@mambo-bologna.org. Sito internet: www.mambo-bologna.org.
L’occasione è offerta dallo spostamento temporaneo, presso gli spazi dell’ex Forno del Pane, delle ottantacinque tele, facenti parte della raccolta donata dalla sorella dell’artista, Maria Teresa Morandi, al Comune di Bologna.
In seguito agli eventi sismici del maggio scorso, che hanno provocato infiltrazioni d’acqua dal tetto e danni ai muri della sede storica del museo di piazza Maggiore, con possibile pericolo per la tutela dei dipinti, delle opere grafiche e del patrimonio librario, l’Amministrazione comunale felsinea, in accordo con la Galleria d'arte moderna (a cui la collezione pertiene) e Carlo Zucchini, garante testamentario del lascito, ha, infatti, deciso di trovare una nuova casa per il «pittore delle bottiglie» e per la sua opera. La scelta non poteva non ricadere sul Mambo, il vivace museo d’arte moderna della città, diretto da Gianfranco Maraniello, che vanta una ricca raccolta di opere d’arte dal secondo dopoguerra ad oggi.
Il nuovo progetto espositivo per le opere di Giorgio Morandi, che trovano collocazione all'interno della collezione permanente del museo di via don Minzoni, recentemente rinnovata nelle sue sezioni, analizza i temi e le stagioni che hanno caratterizzato l'attività dell’artista e offre una rilettura del suo percorso, anche attraverso i lavori di autori contemporanei.
Una prima area tematica, denominata «Oltre il genere», evidenzia come nature morte e paesaggi, ovvero i motivi frequentati assiduamente da Morandi, costituiscano la via privilegiata per superare i temi della rappresentazione a favore di una concentrazione sulla pratica pittorica. A seguire, la sezione «Tempo e composizione» esemplifica come nell'approccio agli oggetti comuni, allo spazio dei paesaggi, ai fiori di stoffa, l’artista individui composizioni di geometrie elementari come cubi, cilindri, sfere e triangoli, in cui si esprime l’essenza delle rispettive qualità visibili. Sulla tela il pittore spoglia l'oggetto di ogni elemento superfluo per restituire, limpido, il sentimento del visibile. Il rigore formale delle nature morte morandiane si accompagna a un'atmosfera silenziosa e contemplativa, in particolare per i celebri fiori, che qui vediamo accostati a una tela, «Tulip Sundae» (2010), che l’artista americano Wayne Thiebaud ha voluto donare al museo e che testimonia quanto sia attuale l’influenza di Morandi sulla cultura visiva contemporanea internazionale. Conclude il percorso di questa sezione l'installazione dell'opera video «Composing a Battle for Narrative» (2011) dell'artista londinese Jesse Ash, recentemente acquisita nella collezione permanente del Mambo.
L’allestimento prosegue, quindi, con il tema «La superficie pittorica», che mette in risalto l'equilibrio delle composizioni morandiane, comune a tutte le tecniche. Negli acquerelli, che caratterizzano l'ultima stagione, il colore liquido e quasi monocromo, steso secondo griglie geometriche, pur perdendo ogni valenza di contorno, esalta le forme e i volumi attraverso le diverse gradazioni tonali. La pittura, a partire dagli anni Cinquanta, è definita da un alternanza di positivo e negativo, forme piene e vuote armonicamente combinate secondo perfetti accordi compositivi e cromatici, che determinano, di volta in volta, la costruzione volumetrica degli oggetti. La presenza, in questa sala, di un opera di Sean Scully, «Long Light» (1997), mostra come il pittore irlandese abbia pienamente accolto la lezione coloristica di Morandi.
Nell'area tematica successiva, «La poetica dell'oggetto», le nature morte della maturità, con le loro forme, i lori colori e i loro giochi di luci ed ombre, divengono poco più che suggestioni. Le sagome sfumano una dentro l'altra in una fusione di luci e colori ma l'oggetto rimane nella memoria dell'artista e sulla tela come forma stabile e primaria, elemento fondante di una poetica che non prescinde mai dalla realtà. È qui visibile l'ultima natura morta dipinta e firmata da Morandi nel 1964, che rimase sul cavalletto come epilogo o possibile apertura di una nuova stagione.
Il tema dell'oggetto sempre presente e visibile seppur nella sua dissolvenza emerge con forza nel lavoro qui esposto di Tony Cragg, «Eroded Landscape» (1999), in cui i bicchieri, le bottiglie e i vasi che lo compongono trascendono la propria funzione, manifestandosi in una fisicità effimera, ma durevole.
Chiude il percorso espositivo una sezione di approfondimento sulla figura e l'opera di Giorgio Morandi, nella quale sono presentati una serie di dieci immagini fotografiche dello studio e degli oggetti dell'artista, realizzate da Jean-Michel Folon, e il video documentario «La polvere di Morandi» (2012) di Mario Chemello, prodotto con la collaborazione di Imago Orbis. Trova, inoltre, collocazione in questa parte conclusiva l'opera «Not Morandi (natura morta), 1943» (1985) dell'artista americano Mike Bidlo, recentemente entrata a far parte della collezione permanente del Mambo.
Contestualmente allo spostamento delle opere, anche il patrimonio librario del museo Morandi cambierà sede e sarà consultabile, a partire da domenica 18 novembre, presso la Biblioteca del Museo d'arte moderna; per l’occasione verrà riallestito anche il «CorrainiMAMboartbookshop», che presenterà una selezione di titoli e oggetti inerenti l'opera del pittore bolognese e che ospiterà, tra i suoi scaffali, la linea di merchandising dedicata all'artista.
Didascalie delle immagini
[figg.1,2 e 3] Collezione Museo Morandi al MAMbo, veduta dell'allestimento. Foto di Matteo Monti; [figg. 4 e 5] La collezione del Mambo, veduta dell'allestimento. Foto di Matteo Monti
Informazioni utili
Il Museo Morandi al Mambo. Mambo, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì e venerdì, ore 12.00-18.00, giovedì, sabato, domenica e festivi, ore 12.00-20.00. Ingresso: gratuito nella giornata di domenica 18 novembre; intero (comprensivo di accesso alle mostre temporanee) € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni: tel. 051.6496611, fax 051.6496637 o info@mambo-bologna.org. Sito internet: www.mambo-bologna.org.
venerdì 16 novembre 2012
Pirelli, 140 anni di storia tra ricerca scientifica e cultura
E’, dunque, uno sguardo a 360° sulle varie branche del sapere umanistico e del sapere scientifico, come è nella filosofia Pirelli, quello proposto dalla multinazionale italiana per far conoscere al pubblico il proprio patrimonio culturale, ma anche per festeggiare centoquaranta anni di attività.
Lo stile di Pirelli, basato sulla capacità di dialogo tra tecnologia, sapere umanistico e ricerca scientifica e di apertura ai vari aspetti delle attività culturali, ha portato la società a collaborare, negli anni, con i grandi nomi della grafica (Bob Noorda, Riccardo Manzi, Alessandro Mendini, Pino Tovaglia), della fotografia (Ugo Mulas, Gabriele Basilico, Annie Leibovitz) e dell’arte (Renato Guttuso, Bruno Munari) e a dare vita, dal 1948 al 1972, alla rivista «Pirelli» (ancora oggi magazine di culto per grafici, artisti e intellettuali), sulla quale, nel corso di un dibattito culturale durato oltre due decenni, hanno scritto Giulio Carlo Argan, Dino Buzzati, Italo Calvino, Gillo Dorfles, Umberto Eco, Arrigo Levi, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Alberto Ronchey, Elio Vittorini e molti altri.
Fondazione Pirelli ha deciso, recentemente, di rivalutare questo prezioso patrimonio storico del nostro Paese e di metterlo a disposizione del pubblico, con la sua completa digitalizzazione e con la possibilità di consultazione on-line, sul sito www.fondazionepirelli.org.
La rivista, insieme a numerosi bozzetti di Ezio Bonini, Riccardo Manzi, Bob Noorda, a una serie di disegni tecnici di battistrada dalla texture minimalista e ai reportage pittorici di fabbrica di Fulvio Bianconi, Ernesto Treccani e Giancarlo Cazzaniga, diventa, ora, protagonista dell’intenso programma di iniziative della Fondazione Pirelli per la XI Settimana della cultura d’impresa.
Ad aprire il programma sarà l’inaugurazione della mostra «L’Umanesimo industriale di Pirelli. Dalla natura alla produzione con gli occhiali dell’arte», in programma dal 19 novembre al 19 febbraio presso gli spazi di viale Sarca, dove sono ospitati il dipinto «La ricerca scientifica» e il grande mosaico per «Italia ’61», entrambi realizzati da Renato Guttuso.
L’esposizione offrirà l’occasione per presentare, per la prima volta, uno dei fondi più preziosi conservati presso l’archivio storico della Fondazione Pirelli: oltre trecento disegni tecnici che riproducono i modelli dei pneumatici prodotti a partire dagli anni Cinquanta, tra i quali il «Cinturato», lo «Stelvio», il «Rolle», l’«Atlante» e il «BS3». Saranno, inoltre, esposti numerosi bozzetti originali di Ezio Bonini, Riccardo Manzi, Bob Noorda e una testimonianza dei reportage pittorici di fabbrica, firmati dagli artisti Fulvio Bianconi, Ernesto Treccani e Giancarlo Cazzaniga. Sarà, infine, possibile studiare anche le innovative campagne pubblicitarie dell’azienda, che presero corpo dal dialogo tra l’ingegnere-poeta Leonardo Sinisgalli ed Arrigo Castellani.
Seguirà la presentazione del dvd «Pirelli in 35 mm – volume II», con una selezione di filmati e caroselli appena restaurati e in parte provenienti dall’archivio della Cineteca italiana. Si tratta di sette pellicole da 35 e 60 mm, che testimoniano l’influenza che il linguaggio cinematografico ha avuto sulla comunicazione aziendale. Tra questi documenti, si segnalano il film promozionale «La Lepre e la tartaruga», diretto da Hugh Hudson (1966), la pubblicità cinematografica «La ruota» dei fratelli Pagot, in animazione e technicolor, e la serie televisiva con la famiglia preistorica «Babbut, Mammut, Figliut alle Olimpiadi» (1963-1964), realizzata per Carosello.
L’incontro, programmato per la serata di mercoledì 21 novembre (alle 19.30) all’Auditorium Pirelli, vedrà la partecipazione di Raffaele De Berti, docente di Storia e critica del cinema e Cinematografia documentaria presso l’Università degli Studi di Milano.
Sarà all’insegna della settima arte anche l’appuntamento di giovedì 22 novembre all’Hangar Bicocca, tra le più significative testimonianze dell’impegno di Pirelli nella cultura, che ospiterà, a partire dalle 21.00, la rassegna «Il ritmo della tecnologia», un’occasione per esplorare, attraverso cinque rare pellicole di ricerca, realizzate tra gli anni Cinquanta e Settanta, il rapporto tra le sperimentazioni visive e cinematografiche e le tematiche legate alla tecnologia e alle innovazioni dell’industria.
Da «La canzone del Polistirene», primo cortometraggio di Alain Resnais, ad «Arte programmata», che documenta la storica mostra organizzata da Bruno Munari, ai due rari film giovanili del regista Edgar Reitz su «Velocità e comunicazione», le immagini di questo excursus cinematografico racconteranno la fascinazione di una generazione di creativi e intellettuali per il progresso e la tecnologia.
Seguirà, quindi, il convegno «Scienze, cultura e tecnologia tra le pagine della rivista «Pirelli», programmato per venerdì 23 novembre, alle 9.30, presso la sede di viale Sarca, al quale parteciperanno Giorgio Bigatti, Giuseppe Lupo e Carlo Vinti.
Mentre il week-end prevede visite guidate alle installazioni «On Space Time Foam» di Tomás Saraceno e «unidisplay» di Carsten Nicolai, allestite all’Hangar Bicocca, e un laboratorio creativo per bambini (dai 6 agli 8 anni) sulla pubblicità cinematografica, in compagnia della famiglia preistorica «Babbut, Mammut, Figliut».
Per saperne di più
www.museimpresa.com/images/stories/pdf/programma-xi-settimana-cultura-impresa.pdf
www.fondazionepirelli.org/upload/iniziative_materiali/1352714733.pdf
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Ezio Bonini, «Bozzetto per pubblicità di pneumatici da moto-scooter», 1952. Tempera e matita su carta; [fig. 2] Pirelli. Rivista di informazione e di tecnica, 1954. Copertina del n.6/1954. La scimmietta Zizì e il clown Tony disegnati da Bruno Munari, premiati al Compasso d'oro di quell'anno; [fig. 3] Pirelli. Rivista di informazione e di tecnica, Jean Michel Folon, 1970. Copertina del n.9-10/1970 dedicato al decennale del grattacielo Pirelli; [fig. 4] Armando Testa, Bozzetto per pubblicità di pneumatici, 1954. Collage, matita e tempera su carta
Informazioni utili
Pirelli per l’XI Settimana della cultura d’impresa. Ingresso libero, con accredito al numero 02.644270613 o a info@fondazionepirelli.org. Dal 19 al 25 novembre 2012.
La mostra: «L’Umanesimo industriale di Pirelli. Dalla natura alla produzione con gli occhi dell’arte». Fondazione Pirelli, viale Sarca, 222 – Milano. Inaugurazione: lunedì 19 novembre, ore 19.00. Orari: dal 25 novembre al 19 febbraio 2013, lunedì-venerdì, ore 9.00-18.00; mercoledì 21 novembre, ore 9.00-22.00; sabato 24 novembre, ore 11.00-17.00, domenica 25 novembre, ore 11.00-13.00. Ingresso libero.
Il dvd: «Pirelli in 35 mm – volume II». Fondazione Pirelli, viale Sarca, 222 – Milano. Presentazione: mercoledì 21 novembre, ore 19.30.
La rassegna filmica: «Il ritmo della tecnologia». Hangar Bicocca, via Chiese, 2 – Milano. Presentazione: giovedì 22 novembre, ore 21.00. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. Informazioni: info@hangarbicocca.org.
Il convegno: «Scienze, cultura e tecnologia tra le pagine della rivista «Pirelli». Fondazione Pirelli, viale Sarca, 222 – Milano. Presentazione: venerdì 23 novembre, ore 9.30.
Le visite guidate: le visite permetteranno l’accesso all’Archivio storico Pirelli e agli spazi espositivi della Fondazione. Successivamente ci si sposterà in HangarBicocca dove sarà possibile visitare le installazioni di Tomás Saraceno e di Carsten Nicolai. Orari: ore 11.00, 12.00, 14.30, 15.30 e 16.30. Note: sarà disponibile gratuitamente il servizio navetta dalla Fondazione Pirelli all’HangarBioccca.
Laboratorio creativo: «Ohe’ bambini, non siamo più all’età della pietra. Alla scoperta del cinema d’impresa». Fondazione Pirelli, viale Sarca 222 Milano. Presentazione: domenica 25 novembre, ore 11.00 – 12.30.
giovedì 15 novembre 2012
Tra video-arte e musica, due incontri a Venezia con Hassan Khan
L’artista e musicista Hassan Khan ritorna a Venezia. Dopo essere stato presidente nella giuria internazionale della 54° Esposizione internazionale d’arte, il giovane talento egiziano, che vanta partecipazioni alle Biennali di Sydney (2006) e di Istanbul (2003), sarà in Laguna nelle giornate di lunedì 26 e martedì 27 novembre, su invito della Fondazione François Pinault, protagonista di una conferenza e di un concerto.
La duplice iniziativa si colloca nell'ambito del calendario «Incontri con gli artisti», promosso in occasione della mostra «La voce delle immagini», allestita a Palazzo Grassi fino al 13 gennaio 2013.
La conferenza, in programma a Punta della Dogana, vedrà Hassan Khan, in esposizione a Venezia con l’opera «Jewel», conversare con Andrea Lissoni, curatore dell’Hangar Bicocca a Milano, e con Caroline Bourgeois. L’incontro, in agenda per le 18 di lunedì 26 novembre, sarà a ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Oltre alla conversazione con il pubblico, appuntamento che si rinnova mensilmente nell’ambito delle mostre «Elogio del dubbio» a Punta della Dogana e «La voce delle immagini» a Palazzo Grassi e che quest’anno ha già avuto ospite Anri Sala, l’artista egiziano sarà protagonista di uno speciale concerto, promosso con la preziosa collaborazione del Teatro Fondamenta Nuove di Venezia.
«Superstructure», questo il titolo dell’appuntamento in programma alle 21 di mercoledì 27 novembre, è stato recentemente presentato anche a Parigi, all’auditorium del Louvre. Durante l’esibizione, l’artista utilizzerà la tipica combinazione tra suoni da lui prodotti e performance live, proponendo quattro dei suoi set più significativi: «A short story based on distant memory», basato su ipnotici arrangiamenti per strumenti a corda e modulazioni di ritmi sincopati ; «The Big One», realizzato attraverso la giustapposizione di elementi musicali chaâbi rielaborati al sintetizzatore; «12 pieces for piano and electronica», che propongono brevi pezzi al piano cui sono associati arrangiamenti elettronici e, infine, «Superstructure: the ammunition of the nation», che attraverso la continua trasformazione in crescendo di una cellula sonora sapientemente decostruita segna il passaggio da un universo intimo e fragile a un esplosivo e coinvolgente momento collettivo.
Hassan Khan, nato nel 1975, vive e lavora al Cairo. Utilizza principalmente il video, ma si interessa parallelamente alla musica e alla scrittura. Dagli anni Novanta, conduce una ricerca musicale che unisce composizione e interpretazione. Da solo, con l’ausilio di un mixer, l’artista manipola e trasforma in maniera sorprendente diversi tipi di materiali sonori, prodotti da lui stesso attraverso un processo di ibridazioni multiple. Khan trae la propria ispirazione da un amplissimo ventaglio di generi e stili che vanno dalla musica popolare egiziana, come il Chaâbi, utilizzata per esempio nell’opera «Jewel», sino al linguaggio minimo della musica contemporanea o colta. La sua opera è stata presentata in esposizioni personali in numerosi musei internazionali, tra cui il Queens Museum, New York (2011), Kunst Halle Sankt Gallen (2010), e Le Plateau di Parigi (2007). L’artista ha, inoltre, partecipato a grandi esposizioni internazionali come Manifesta 8 (2010), la Yokohama Triennale (2008), la Gwangju Biennale (2008), la Biennale di Sydney (2006) e la Biennale di Istanbul (2003). Suoi concerti sono stati ospitati in città come Alessandria d´Egitto, Amsterdam, Barcellona, Beirut, Berlino, Buenos Aires, Cairo, Delhi, Ginevra, Londra, New York, Parigi, Roma, San Paolo, Stoccolma, e Zurigo.
Didascalie delle immagini
[figg. 1 e 2] Hassan Khan, «Jewel», 2010. Pellicola 35mm trasferita su video in full HD, musica originale dell'artista, 6'30''. © Hassan Khan. Courtesy the artist and Galerie Chantal Crousel, Paris
Informazioni utili
Hassan Khan. Incontro pubblico. Punta della Dogana, Dorsoduro 2 - Venezia. Orari: martedì 26 novembre, ore 18. Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili. Informazioni: tel. 199139139. Sito web: www.palazzograssi.it/punta-della-dogana/museo/arte-contemporanea-venezia.html
Hassan Khan. Superstructure. Teatro Fondamenta Nuove, Cannaregio 5013 - Venezia. Orari: mercoledì 27 novembre, ore 21. Ingresso: da € 20,00 a € 2,50. Informazioni: info@teatrofondamentanuove.it. Sito web: www.fondamentanuove.it.
La duplice iniziativa si colloca nell'ambito del calendario «Incontri con gli artisti», promosso in occasione della mostra «La voce delle immagini», allestita a Palazzo Grassi fino al 13 gennaio 2013.
La conferenza, in programma a Punta della Dogana, vedrà Hassan Khan, in esposizione a Venezia con l’opera «Jewel», conversare con Andrea Lissoni, curatore dell’Hangar Bicocca a Milano, e con Caroline Bourgeois. L’incontro, in agenda per le 18 di lunedì 26 novembre, sarà a ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili.
Oltre alla conversazione con il pubblico, appuntamento che si rinnova mensilmente nell’ambito delle mostre «Elogio del dubbio» a Punta della Dogana e «La voce delle immagini» a Palazzo Grassi e che quest’anno ha già avuto ospite Anri Sala, l’artista egiziano sarà protagonista di uno speciale concerto, promosso con la preziosa collaborazione del Teatro Fondamenta Nuove di Venezia.
«Superstructure», questo il titolo dell’appuntamento in programma alle 21 di mercoledì 27 novembre, è stato recentemente presentato anche a Parigi, all’auditorium del Louvre. Durante l’esibizione, l’artista utilizzerà la tipica combinazione tra suoni da lui prodotti e performance live, proponendo quattro dei suoi set più significativi: «A short story based on distant memory», basato su ipnotici arrangiamenti per strumenti a corda e modulazioni di ritmi sincopati ; «The Big One», realizzato attraverso la giustapposizione di elementi musicali chaâbi rielaborati al sintetizzatore; «12 pieces for piano and electronica», che propongono brevi pezzi al piano cui sono associati arrangiamenti elettronici e, infine, «Superstructure: the ammunition of the nation», che attraverso la continua trasformazione in crescendo di una cellula sonora sapientemente decostruita segna il passaggio da un universo intimo e fragile a un esplosivo e coinvolgente momento collettivo.
Hassan Khan, nato nel 1975, vive e lavora al Cairo. Utilizza principalmente il video, ma si interessa parallelamente alla musica e alla scrittura. Dagli anni Novanta, conduce una ricerca musicale che unisce composizione e interpretazione. Da solo, con l’ausilio di un mixer, l’artista manipola e trasforma in maniera sorprendente diversi tipi di materiali sonori, prodotti da lui stesso attraverso un processo di ibridazioni multiple. Khan trae la propria ispirazione da un amplissimo ventaglio di generi e stili che vanno dalla musica popolare egiziana, come il Chaâbi, utilizzata per esempio nell’opera «Jewel», sino al linguaggio minimo della musica contemporanea o colta. La sua opera è stata presentata in esposizioni personali in numerosi musei internazionali, tra cui il Queens Museum, New York (2011), Kunst Halle Sankt Gallen (2010), e Le Plateau di Parigi (2007). L’artista ha, inoltre, partecipato a grandi esposizioni internazionali come Manifesta 8 (2010), la Yokohama Triennale (2008), la Gwangju Biennale (2008), la Biennale di Sydney (2006) e la Biennale di Istanbul (2003). Suoi concerti sono stati ospitati in città come Alessandria d´Egitto, Amsterdam, Barcellona, Beirut, Berlino, Buenos Aires, Cairo, Delhi, Ginevra, Londra, New York, Parigi, Roma, San Paolo, Stoccolma, e Zurigo.
Didascalie delle immagini
[figg. 1 e 2] Hassan Khan, «Jewel», 2010. Pellicola 35mm trasferita su video in full HD, musica originale dell'artista, 6'30''. © Hassan Khan. Courtesy the artist and Galerie Chantal Crousel, Paris
Informazioni utili
Hassan Khan. Incontro pubblico. Punta della Dogana, Dorsoduro 2 - Venezia. Orari: martedì 26 novembre, ore 18. Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili. Informazioni: tel. 199139139. Sito web: www.palazzograssi.it/punta-della-dogana/museo/arte-contemporanea-venezia.html
Hassan Khan. Superstructure. Teatro Fondamenta Nuove, Cannaregio 5013 - Venezia. Orari: mercoledì 27 novembre, ore 21. Ingresso: da € 20,00 a € 2,50. Informazioni: info@teatrofondamentanuove.it. Sito web: www.fondamentanuove.it.
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