Quattordici eventi in tre giorni, all’interno di sette spazi riscoperti come luoghi di spettacolo e con artisti e compagnie provenienti da sei Paesi europei, che proporranno prime assolute, prime nazionali o anteprime regionali: ecco i numeri di «Omissis–Festival dello spettacolo contemporaneo», in programma da giovedì 28 a sabato 30 giugno a Gradisca d’Isonzo, nel Goriziano.
Italia, Spagna, Olanda, Germania, Ungheria e Inghilterra: le nazioni coinvolte in questa ottava edizione della manifestazione friulana, ideata dall’associazione culturale «Mattatoioscenico» con l’intento di promuovere e divulgare tra il pubblico e gli addetti ai lavori il meglio dell’avanguardia performativa del XXI secolo, i linguaggi dell’innovazione e della sperimentazione nei campi del teatro, della danza, della performance e del video.
«Emotive e tattili, sonore e visive, presenti e visionarie, intime e viscerali»: così gli organizzatori raccontano le emozioni che il pubblico sarà invitato a vivere durante questa edizione del festival, intitolata «Novae Experientiae», ed incentrata proprio sull’analisi delle situazioni vissute dallo spettatore, qui «invitato a partecipare in forma attiva, complice, a condividere in modo diretto, fisico, emotivo l’idea artistica e la sua realizzazione scenica».
Ad aprire il festival, dopo un brindisi inaugurale all’enoteca regionale «La Serenissima», sarà il gruppo inglese «Me and the Machine», con la prima nazionale del progetto multimediale «When we meet again», uno spettacolo unico in tutti i sensi che coinvolgerà uno spettatore per volta (è obbligatoria la prenotazione) in un’esperienza, della durata di appena otto minuti, che sarà insieme fisica, estetica e atmosferica, visto che lo spettacolo si svolgerà nella cornice originale del Bastione di san Giorgio, «luogo storico della fortezza di Gradisca –raccontano gli organizzatori- che da solo vale il prezzo del biglietto». L’appuntamento è fissato per giovedì 28, alle 18.30. A seguire, alle 20, la Loggia dei Mercanti (Lapidario civico) farà da scenario a «Labor», monologo a più voci nato da un’idea di al duo Giulio Morgan (voce) e Giorgio Pacorig (piano fender rhodes, suoni, effetti), che riflette su un tema attualissimo quale quello del lavoro. La performance, esperimento di rinnovamento del genere del teatro sociale, che destruttura la drammaturgia facendola ricostruire agli spettatori, sarà seguita dall’anteprima regionale di «City», che vedrò in scena, al Nuovo Teatro Comunale e alle 21, il giovane collettivo internazionale di danza «Bloom!», formato da cinque danzatori provenienti da Italia, Ungheria, Inghilterra, Spagna e Slovacchia.Mentre, alle 22, un altro luogo storico della città di Gradisca, il seicentesco Palazzo Monte di Pietà, ospiterà l’atteso ritorno del duo italo/tedesco «VestAndPage» con l’anteprima mondiale di «Terra nova», performance ispirata alle storie degli esploratori antartici d’inizio ‘900, nella quale si parla di ghiaccio, isolamento, luce e buio, passione e disperazione, vita e morte (i posti sono limitati).
Ad aprire la seconda giornata del festival sarà la replica della performance «When we meet again», con gli inglesi «Me and the Machine», che andrà in scena continuativamente, dalle 18 alle 21.30, presso gli spazi del Bastione di san Giorgio. Mentre, a partire dalle 20 (e in replica alle 22), il Palazzo Monte di Pietà ospiterà l’anteprima regionale della performance «La carezza del vetro» (anche in questo caso i posti sono limitati), con la giovane compagnia italiana «Three minutes ago / Quiet ensemble». Uno spettacolo suggestivo, questo, che unisce danza, video, tecnica scenografica, musica e che radunerà gli spettatori attorno a una teca che contiene una performer, sul corpo della quale verranno proiettati dei video.
La giornata di venerdì 29 giugno, alle 21 e alle 23, vedrà anche due prime nazionali, entrambe proposte negli spazi della Sala Bergamas: «Lesiones incompatibles con la vida» (consigliato ad un pubblico adulto), azione scenica dalla performer Angelica Liddell, e «Broken Blossoms» di Angelica Liddell.
Sabato 30 giugno il festival prenderà avvio con la terza e ultima sessione della performance multimediale «When we meet again» degli artisti inglesi «Me and the machine». Sarà, poi, la volta della replica del monologo «Labor», che animerà, a partire dalle 20, la Loggia dei Mercanti (Lapidario civico), e della ripresa della performance «Terra nova» del duo italo/tedesco «VestAndPage», in programma, alle 20.30, al Palazzo Monte di Pietà.
Novità dell’ultima giornata di festival sarà la prima nazionale «Nude studies», che il gruppo olandese «United-C» proporrà, alle 21.30, negli spazi del Nuovo Teatro Comunale: quattro assoli di danza, ispirati dalla fascinazione degli antichi greci per il corpo umano, la sua bellezza, la sua grazia, la sua forza, in contrapposizione alla moderna mercificazione della nudità.
Il gran finale spetterà, alle 23 alla Sala Bergamas, all'anteprima nazionale del film «Sin Fin» di «VestAndPage», una produzione internazionale realizzata nel programma culturale in Antartide nel gennaio-febbraio 2012, indetto dalla Direzione nazionale dell’Antartico (Argentina).
Anche quest’anno «Omissis» attiverà il servizio Media Center, ideato allo scopo di seguire, passo dopo passo, tutti gli eventi in calendario e di amplificarne la fruizione mediante la realizzazione di video pubblicati on-line sul sito del festival; mentre l’uso dei social network permetterà di proiettare la manifestazione e la città di Gradisca d’Isonzo su uno scenario internazionale, sfruttando il «web» come piattaforma. La città friulana si prepara, dunque, per il suo week-end all’insegna del teatro contemporaneo, dove ogni spettacolo sarà un’esperienza da vivere in maniera fisica ed emotiva, diventando protagonisti sulla scena. Che il futuro del teatro sia l’attore-spettatore?
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Locandina dell'ottava edizione di «Omissis–Festival dello spettacolo contemporaneo»; [fig. 2] Il collettivo internazionale di danza «Bloom!», in scena con «City»; [fig. 4] Una scena del film film «Sin Fin» di «VestAndPage»; [fig. 4] Una scena della performance «La carezza del vetro», con la giovane compagnia italiana «Three minutes ago / Quiet ensemble»; [fig. 5] Una scena della performance «Nude studies», con il gruppo olandese «United-C»
Informazioni utili
«Omissis-Festival del teatro contemporaneo» - VIII edizione. Biglietti: When we meet again (prenotazione obbligatoria), Labor (posti limitati), Terranova (posti limitati), La carezza del vetro (posti limitati) € 5,00; City, Lesiones incompatibles con la vida, Broken Blossom, Who Cycle € 10,00 (per under 26 e over 65 vale la riduzione di € 5,00); Lesiones incompatibles con la vida + Broken Blossom € 15,00; Sin Fin di VestAndPage ingresso libero. Informazioni e prenotazioni: tel. 0481.961345 o cell. 345.4450657 (orari: 10.00-12.00 e 16.00-19.00), e-mail mattatoioscenico@gmail.com. Biglietteria: dal 28 al 30 giugno, a partire dalle 18.00, presso la Sala Bergamas. Siti: www.omissisfestival.com; www.facebook.it/omissisfestival; www.youtube.com/mattatoioscenico; www.mattatoioscenico.com. Dal 28 al 30 giugno 2012.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
giovedì 28 giugno 2012
mercoledì 20 giugno 2012
Lucio Fontana e i suoi «Tagli d'artista» in mostra ad Arezzo
«La scoperta del cosmo è una dimensione nuova, è l'infinito: allora io ho bucato questa tela, che era alla base di tutte le arti e ho creato una dimensione infinita, una x che per me è alla base di tutta l'arte contemporanea». Così Lucio Fontana (Rosario di Santa Fè, 1899 – Varese, 1968) dava ragione, sul finire degli anni Quaranta, della svolta dei «Buchi», capitolo fondamentale della sua esperienza spazialista. A questa stagione creativa, ma anche a quella dei «Tagli», che fece entrare l'artista italo-argentino nell'Olimpo dei grandi della seconda metà del Novecento, e a quella delle «Pietre» (1951-1956), dei «Barocchi» (1954-1957) e dei «Teatrini» (1964-1966) è dedicata la mostra «Lucio Fontana. Hic et nunc», promossa dall’assessorato alla Cultura e Spettacolo del Comune di Arezzo, in collaborazione con la galleria Tornabuoni Arte di Firenze, presso i rinnovati spazi espositivi della Galleria comunale d’arte contemporanea nell’aretina piazza san Francesco.
Attraverso una quarantina di lavori, fra buchi, tagli, teatrini, pietre, barocchi, gessi, inchiostri, carte e oli, provenienti dalla collezione di Roberto Casamonti, viene esplorata la produzione del maestro della serie «Fine di Dio» dal secondo dopoguerra alla morte, e più precisamente dal 1949 al 1968.
Il progetto espositivo -curato da Fabio Migliorati e già proposto, in una veste più ricca, a Parigi nell’autunno del 2009- si sofferma, dunque, sull'esperienza spazialista degli anni Cinquanta e Sessanta, su quella stagione dell’«oltraggio alla materia» che è la più nota, ma anche la più problematica e la più feconda dell'artista. Un taglio e un buco sembrano, infatti, apparentemente facili da realizzare, ma così non fu. Lo documenta bene il catalogo bilingue (in italiano e in inglese) edito da Forma Edizioni, con un testo di Enrico Crispolti, che pone le opere esposte in relazione con immagini fotografiche tese a documentare la fase progettuale, la lenta maturazione alla base dell'esperienza fontaniana del bucare e del tagliare la tela.
«C’è l’infinito là dentro», spiegò Lucio Fontana ad Umberto Eco nel 1956, davanti ai suoi squarci. Squarci che erano frutto di un gesto privato ed erano preceduti sempre da un lungo travaglio, da una preparazione mentale non dissimile da quella degli atti zen. Lo ricorda chiaramente il fotografo Ugo Mulas, in un’intervista raccolta da Angela Vettese: «Pensavo di riprenderlo mentre lavorava, ma Fontana non volle e me ne spiegò la ragione: “[…] non potrei mai fare questi grandi tagli mentre qualcuno si muove intorno a me. Sento che se faccio un taglio così, tanto per fare una foto, sicuramente non viene…magari potrebbe anche riuscire, ma non mi va di fare questa cosa alla presenza di un fotografo, o di chiunque altro. Ho bisogno di concentrazione. Cioè non è che entro in studio, mi levo la giacca, e trak, faccio tre, quattro tagli. No, a volte la tela la lascio lì appesa per delle settimane prima di essere sicuro di sapere cosa ne farò, e solo quando mi sento sicuro, parto […]». Essere, divenire, vivere, morire, rincorrere un sogno: scorre, dunque, la vita davanti agli occhi di Lucio Fontana prima di graffiare, di lacerare la tela e, in quel gesto, c’è il desiderio tutto umano di andare oltre le barriere dell’umana conoscenza. Nelle ultime opere, l’artista consegna anche frammenti di sé, lasciando sul retro delle tele giochi di parole e brevi note autobiografiche, per accrescerne l’evidenza dell’autenticità.
Fra le opere esposte ad Arezzo, si ritrovano due ceramiche policrome, «Natura morta. Piatto» (1949-1950) e «Piatto con fiori» (1950), una tela gialla e un’altra rossa del ciclo «Pietre» (1957), con vetri e lustrini a dialogare con piccoli fori sulla tela, e, poi, i famosi «Tagli», da un «Concetto spaziale. Attese» su fondo oro (1961) al trittico bianco, rosso e verde «Il Cielo sopra Torino» (1961), un omaggio all’Italia unita, emblematico della ritmica gestuale del maestro che, ebbe a scrivere Enrico Crispolti nel catalogo generale edito da Electa nel 1986, «va dall'assolutezza composta di un unico taglio al furor dell'iterazione molteplice».
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Lucio Fontana, «Concetto spaziale. Attese», 1968; [fig. 2] Lucio Fontana, «Concetto spaziale»,1962; [fig. 3] Lucio Fontana, «Piatto con fiori», 1949
Informazioni utili
«Lucio Fontana. Hic et nunc». Galleria comunale d'arte contemporanea, piazza San Francesco, 4 - Arezzo. Orari:mercoledì-domenica, ore 10.00-13.00 e ore 16.00-20.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 0575.377508 o tel. 0575.377852 Catalogo: Forma edizioni, Poggibonsi (Siena). Fino a domenica 24 giugno 2012.
Attraverso una quarantina di lavori, fra buchi, tagli, teatrini, pietre, barocchi, gessi, inchiostri, carte e oli, provenienti dalla collezione di Roberto Casamonti, viene esplorata la produzione del maestro della serie «Fine di Dio» dal secondo dopoguerra alla morte, e più precisamente dal 1949 al 1968.
Il progetto espositivo -curato da Fabio Migliorati e già proposto, in una veste più ricca, a Parigi nell’autunno del 2009- si sofferma, dunque, sull'esperienza spazialista degli anni Cinquanta e Sessanta, su quella stagione dell’«oltraggio alla materia» che è la più nota, ma anche la più problematica e la più feconda dell'artista. Un taglio e un buco sembrano, infatti, apparentemente facili da realizzare, ma così non fu. Lo documenta bene il catalogo bilingue (in italiano e in inglese) edito da Forma Edizioni, con un testo di Enrico Crispolti, che pone le opere esposte in relazione con immagini fotografiche tese a documentare la fase progettuale, la lenta maturazione alla base dell'esperienza fontaniana del bucare e del tagliare la tela.
«C’è l’infinito là dentro», spiegò Lucio Fontana ad Umberto Eco nel 1956, davanti ai suoi squarci. Squarci che erano frutto di un gesto privato ed erano preceduti sempre da un lungo travaglio, da una preparazione mentale non dissimile da quella degli atti zen. Lo ricorda chiaramente il fotografo Ugo Mulas, in un’intervista raccolta da Angela Vettese: «Pensavo di riprenderlo mentre lavorava, ma Fontana non volle e me ne spiegò la ragione: “[…] non potrei mai fare questi grandi tagli mentre qualcuno si muove intorno a me. Sento che se faccio un taglio così, tanto per fare una foto, sicuramente non viene…magari potrebbe anche riuscire, ma non mi va di fare questa cosa alla presenza di un fotografo, o di chiunque altro. Ho bisogno di concentrazione. Cioè non è che entro in studio, mi levo la giacca, e trak, faccio tre, quattro tagli. No, a volte la tela la lascio lì appesa per delle settimane prima di essere sicuro di sapere cosa ne farò, e solo quando mi sento sicuro, parto […]». Essere, divenire, vivere, morire, rincorrere un sogno: scorre, dunque, la vita davanti agli occhi di Lucio Fontana prima di graffiare, di lacerare la tela e, in quel gesto, c’è il desiderio tutto umano di andare oltre le barriere dell’umana conoscenza. Nelle ultime opere, l’artista consegna anche frammenti di sé, lasciando sul retro delle tele giochi di parole e brevi note autobiografiche, per accrescerne l’evidenza dell’autenticità.
Fra le opere esposte ad Arezzo, si ritrovano due ceramiche policrome, «Natura morta. Piatto» (1949-1950) e «Piatto con fiori» (1950), una tela gialla e un’altra rossa del ciclo «Pietre» (1957), con vetri e lustrini a dialogare con piccoli fori sulla tela, e, poi, i famosi «Tagli», da un «Concetto spaziale. Attese» su fondo oro (1961) al trittico bianco, rosso e verde «Il Cielo sopra Torino» (1961), un omaggio all’Italia unita, emblematico della ritmica gestuale del maestro che, ebbe a scrivere Enrico Crispolti nel catalogo generale edito da Electa nel 1986, «va dall'assolutezza composta di un unico taglio al furor dell'iterazione molteplice».
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Lucio Fontana, «Concetto spaziale. Attese», 1968; [fig. 2] Lucio Fontana, «Concetto spaziale»,1962; [fig. 3] Lucio Fontana, «Piatto con fiori», 1949
Informazioni utili
«Lucio Fontana. Hic et nunc». Galleria comunale d'arte contemporanea, piazza San Francesco, 4 - Arezzo. Orari:mercoledì-domenica, ore 10.00-13.00 e ore 16.00-20.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. 0575.377508 o tel. 0575.377852 Catalogo: Forma edizioni, Poggibonsi (Siena). Fino a domenica 24 giugno 2012.
martedì 19 giugno 2012
«I luoghi del cuore», al via il sesto censimento del Fai
Per Percy Bysshe Shelley uno dei luoghi più amati erano le terme di Caracalla, tre le cui rovine scrisse il secondo e il terzo atto del suo «Prometeo liberato». Stendhal portò sempre impressa nella sua mente la basilica di Santa Croce, a Firenze, che, con la sua maestosità quasi austera e le sue bellezze artistiche, gli fece battere il cuore fino a stare male. Lord Byron rimase, invece, soggiogato dal fascino selvaggio della Liguria: luoghi come il castello di Lerici e il borgo di Portovenere, con le sue case dalle tinte vivaci e la sua piccola e semplice chiesa di san Pietro, gli regalarono un caleidoscopio di emozioni. Mentre Goethe, rapito dalla bellezza del paesaggio italiano, scrisse: «Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni? Nel verde fogliame splendono arance d'oro. Un vento lieve spira dal cielo azzurro. Tranquillo è il mirto, sereno l'alloro».
L’elenco dei viaggiatori stranieri rimasti incantati dall’Italia, con la sua storia millenaria e il suo straordinario patrimonio artistico e naturalistico, potrebbe continuare all’infinito. Ed è proprio anche a chi vive fuori dai nostri confini nazionali che si rivolge, per la prima volta, il censimento «I luoghi del cuore», promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano), in collaborazione con Intesa San Paolo, sotto l’Alto Patronato della presidenza della Repubblica e con il patrocinio dei ministeri dei Beni culturali e degli Affari esteri.
Fino al 31 ottobre, dunque, italiani e stranieri, maggiorenni e minorenni potranno segnalare «un bene -si legge nella nota di presentazione dell’iniziativa- che si ama e la cui sorte ci sta a cuore, perché in pericolo o semplicemente perché lo si vuole tutelare non solo per noi, ma anche per i nostri figli».
Partecipare al censimento, che nell’ultima edizione (quella del 2010) ha raccolto circa mezzo milione di segnalazioni e che, fino ad ora, ha salvato undici beni, tra i quali il mulino di Baresi a Roncobello (secondo segnalato nel 2003) e l’oratorio di san Martino a Clavi (settimo segnalato nel 2004), «è un modo -spiegano gli organizzatori- per raccontarsi intimamente e al tempo stesso tutti insieme» ed è anche «l’occasione per mostrare al mondo un’Italia civile che si identifica nel proprio patrimonio artistico e ambientale e si mobilita quando sono in gioco le proprie bellezze e la propria Storia. Per farlo basta una firma. Meglio se unita a quelle di migliaia di altre persone».
Ed a chiedere una firma, in questa sesta edizione e in questa prima campagna internazionale del Fai, sono al momento ben oltre 12.000 beni: spiagge, chiese, teatri, monumenti, biblioteche, aree marine, castelli, boschi, borghi, sentieri e alberi, importanti non solo per la geografia e la storia del nostro Paese, ma anche per la memoria e la sfera emotiva dei suoi abitanti e di chi ha scelto l’Italia come «patria del cuore».
Qualcuno di questi beni ha un testimonial vip. E’ il caso del borgo di Vernazza e dei suoi muretti a secco, portati via dalla furia dell’acqua nell’ottobre del 2011 (a loro darà il suo voto l’attrice Lella Costa), ma anche della chiesa di San Michele in Insula, a Trino Vercellese («luogo del cuore» di Roberto Bolle), e dell’abbazia di san Pietro al Monte, nel comune di Civate (bene segnalato dal canoista Antonio Rossi). Indicazioni vip sono giunte anche dall’estero, che considera il nostro Paese la «culla della storia, della bellezza e dell’arte»: Woody Allen ha scelto Roma e la sua villa Borghese; Penelope Cruz si è dichiarata innamorata dell’isola di Salina.
Ci sono, poi, luoghi, la cui segnalazione è partita da vivaci e ben organizzati comitati cittadini, come il già votatissimo Rione Sanità di Napoli, che sogna di costruire una statua per onorare la memoria del grande Totò, o l'intera città di Santa Lucia della Mela, nel Messinese, (dodici i beni candidati e già in vetta alla top ten dei più votati sul Web) o, ancora, il faro del Monte della Guardia a Ponza.
Ci sono, infine, beni che temono per il proprio futuro, che hanno evidente bisogno di restauro e che sono stati candidati a diventare «luoghi del cuore» da gente comune, da chi li vive tutti i giorni, da chi li ama come un figlio: è il caso della chiesa di San Giovanni Battista di Bassano del Grappa, del teatro Sociale di Busto Arsizio, della chiesa degli Olandesi di Livorno, del teatro Sociale di Novi di Modena, del convento di santa Maria del Tempio a Casale Monferrato e del teatro Comunale di Crevalcore, solo per fare qualche nome.
Per votare questi e tanti luoghi sarà sufficiente compilare le cartoline presenti nelle filiali Intesa Sanpaolo e nei beni e nelle delegazioni Fai oppure registrarsi on-line sul sito www.iluoghidelcuore.it. Il censimento sarà, inoltre, pubblicizzato in occasione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, in programma dal 19 al 25 agosto a Rimini, e al Festival della letteratura di Mantova, che si svolgerà dal 5 al 9 settembre.
Per questa campagna internazionale, verrà rinnovata anche la veste grafica del sito internet: «per la prima volta -spiega l’ufficio stampa del Fai- il portale sarà bilingue e disponibile in versione mobile. Oltre a segnalare direttamente il proprio luogo del cuore, gli utenti potranno condividere l’iniziativa attraverso il proprio profilo Facebook, trovare notizie sui beni votati con classifiche web costantemente aggiornate e inviare in ogni momento foto, commenti e informazioni sui propri luoghi del cuore. A ciascun luogo segnalato verrà infatti associata una scheda dedicata che gli utenti potranno costantemente aggiornare. Sarà inoltre potenziata l’interattività del sito grazie a una nuova sezione chiamata «Social Hub», che sarà un vero e proprio collettore di tutte le attività svolte dal censimento nell’ambito dei social network (Facebook, Twitter e GooglePlus)». Perché «la bellezza non ha confini» e viaggia anche sul web.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Campagna promozionale per la sesta edizione del censimento «I luoghi del cuore», promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano), in collaborazione con Intesa San Paolo; [fig. 2] Chiesa di San Michele in Insula, a Trino Vercellese («luogo del cuore» di Roberto Bolle); [fig. 3] Il borgo di Vernazza («luogo del cuore» di Lella Costa); [fig. 4] Isola di Salina («luogo del cuore» di Penelope Cruz); [fig. 5 e 6] Campagna promozionale per la sesta edizione del censimento «I luoghi del cuore», promosso dal Fai (Fondo per l'ambiente italiano, con Intesa San Paolo.
Informazioni utili
«I luoghi del cuore», censimento promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano), in collaborazione con Intesa San Paolo. Sito internet: www.iluoghidelcuore.it. Fino al 31 ottobre 2012.
L’elenco dei viaggiatori stranieri rimasti incantati dall’Italia, con la sua storia millenaria e il suo straordinario patrimonio artistico e naturalistico, potrebbe continuare all’infinito. Ed è proprio anche a chi vive fuori dai nostri confini nazionali che si rivolge, per la prima volta, il censimento «I luoghi del cuore», promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano), in collaborazione con Intesa San Paolo, sotto l’Alto Patronato della presidenza della Repubblica e con il patrocinio dei ministeri dei Beni culturali e degli Affari esteri.
Fino al 31 ottobre, dunque, italiani e stranieri, maggiorenni e minorenni potranno segnalare «un bene -si legge nella nota di presentazione dell’iniziativa- che si ama e la cui sorte ci sta a cuore, perché in pericolo o semplicemente perché lo si vuole tutelare non solo per noi, ma anche per i nostri figli».
Partecipare al censimento, che nell’ultima edizione (quella del 2010) ha raccolto circa mezzo milione di segnalazioni e che, fino ad ora, ha salvato undici beni, tra i quali il mulino di Baresi a Roncobello (secondo segnalato nel 2003) e l’oratorio di san Martino a Clavi (settimo segnalato nel 2004), «è un modo -spiegano gli organizzatori- per raccontarsi intimamente e al tempo stesso tutti insieme» ed è anche «l’occasione per mostrare al mondo un’Italia civile che si identifica nel proprio patrimonio artistico e ambientale e si mobilita quando sono in gioco le proprie bellezze e la propria Storia. Per farlo basta una firma. Meglio se unita a quelle di migliaia di altre persone».
Ed a chiedere una firma, in questa sesta edizione e in questa prima campagna internazionale del Fai, sono al momento ben oltre 12.000 beni: spiagge, chiese, teatri, monumenti, biblioteche, aree marine, castelli, boschi, borghi, sentieri e alberi, importanti non solo per la geografia e la storia del nostro Paese, ma anche per la memoria e la sfera emotiva dei suoi abitanti e di chi ha scelto l’Italia come «patria del cuore».
Qualcuno di questi beni ha un testimonial vip. E’ il caso del borgo di Vernazza e dei suoi muretti a secco, portati via dalla furia dell’acqua nell’ottobre del 2011 (a loro darà il suo voto l’attrice Lella Costa), ma anche della chiesa di San Michele in Insula, a Trino Vercellese («luogo del cuore» di Roberto Bolle), e dell’abbazia di san Pietro al Monte, nel comune di Civate (bene segnalato dal canoista Antonio Rossi). Indicazioni vip sono giunte anche dall’estero, che considera il nostro Paese la «culla della storia, della bellezza e dell’arte»: Woody Allen ha scelto Roma e la sua villa Borghese; Penelope Cruz si è dichiarata innamorata dell’isola di Salina.
Ci sono, poi, luoghi, la cui segnalazione è partita da vivaci e ben organizzati comitati cittadini, come il già votatissimo Rione Sanità di Napoli, che sogna di costruire una statua per onorare la memoria del grande Totò, o l'intera città di Santa Lucia della Mela, nel Messinese, (dodici i beni candidati e già in vetta alla top ten dei più votati sul Web) o, ancora, il faro del Monte della Guardia a Ponza.
Ci sono, infine, beni che temono per il proprio futuro, che hanno evidente bisogno di restauro e che sono stati candidati a diventare «luoghi del cuore» da gente comune, da chi li vive tutti i giorni, da chi li ama come un figlio: è il caso della chiesa di San Giovanni Battista di Bassano del Grappa, del teatro Sociale di Busto Arsizio, della chiesa degli Olandesi di Livorno, del teatro Sociale di Novi di Modena, del convento di santa Maria del Tempio a Casale Monferrato e del teatro Comunale di Crevalcore, solo per fare qualche nome.
Per votare questi e tanti luoghi sarà sufficiente compilare le cartoline presenti nelle filiali Intesa Sanpaolo e nei beni e nelle delegazioni Fai oppure registrarsi on-line sul sito www.iluoghidelcuore.it. Il censimento sarà, inoltre, pubblicizzato in occasione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, in programma dal 19 al 25 agosto a Rimini, e al Festival della letteratura di Mantova, che si svolgerà dal 5 al 9 settembre.
Per questa campagna internazionale, verrà rinnovata anche la veste grafica del sito internet: «per la prima volta -spiega l’ufficio stampa del Fai- il portale sarà bilingue e disponibile in versione mobile. Oltre a segnalare direttamente il proprio luogo del cuore, gli utenti potranno condividere l’iniziativa attraverso il proprio profilo Facebook, trovare notizie sui beni votati con classifiche web costantemente aggiornate e inviare in ogni momento foto, commenti e informazioni sui propri luoghi del cuore. A ciascun luogo segnalato verrà infatti associata una scheda dedicata che gli utenti potranno costantemente aggiornare. Sarà inoltre potenziata l’interattività del sito grazie a una nuova sezione chiamata «Social Hub», che sarà un vero e proprio collettore di tutte le attività svolte dal censimento nell’ambito dei social network (Facebook, Twitter e GooglePlus)». Perché «la bellezza non ha confini» e viaggia anche sul web.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Campagna promozionale per la sesta edizione del censimento «I luoghi del cuore», promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano), in collaborazione con Intesa San Paolo; [fig. 2] Chiesa di San Michele in Insula, a Trino Vercellese («luogo del cuore» di Roberto Bolle); [fig. 3] Il borgo di Vernazza («luogo del cuore» di Lella Costa); [fig. 4] Isola di Salina («luogo del cuore» di Penelope Cruz); [fig. 5 e 6] Campagna promozionale per la sesta edizione del censimento «I luoghi del cuore», promosso dal Fai (Fondo per l'ambiente italiano, con Intesa San Paolo.
Informazioni utili
«I luoghi del cuore», censimento promosso dal Fai (Fondo per l’ambiente italiano), in collaborazione con Intesa San Paolo. Sito internet: www.iluoghidelcuore.it. Fino al 31 ottobre 2012.
«Art Night Venezia», una lunga notte di cultura sul Canal Grande e tra i campielli
Sarà Ottavia Piccolo la madrina della seconda edizione di «Art Night Venezia», manifestazione ideata e coordinata dall’Università Ca’ Foscari, in collaborazione con il Comune di Venezia, che, nella serata di sabato 23 giugno, vedrà tutti i soggetti che si occupano di cultura nella città lagunare aprire i propri spazi oltre l’abituale orario di chiusura e offrire al pubblico un ricco calendario di performance musicali, spettacoli, inaugurazioni di mostre, ma non solo.
Il via ufficiale scoccherà alle ore 17. A batterlo, nel cortile dell’Università Ca’ Foscari, sarà il Magnifico rettore, Carlo Carraro, insieme ai rappresentanti di tutte le istituzioni coinvolte nel progetto, a partire dal circuito dei Musei civici veneziani.
Dopo lo start up ufficiale, dalla porta d’acqua dell’ateneo salperà un suggestivo corteo lungo il Canal Grande e le altre vie d’acqua della città. Si tratta di «InstaArtNightVenezia»: un «Instameet» alla scoperta delle sedi coinvolte nella notte più «magmatica e magica» della Serenissima. L’evento, su prenotazione fino ad esaurimento dei posti disponibili, regalerà ai veneziani e ai turisti un continuo flusso di immagini, scattate ed editate da venti instagramers scelti tra blogger, fotografi e popular, permettendo così di far vedere cosa accade in Laguna anche a chi non è presente in città e di distribuire sui social network e nel web immagini geolocalizzate e notizie dell'evento.
Alle ore 21.30, tutti gli instagramers si ritroveranno nel cortile principale dell'ateneo per fotografare l’appuntamento clou di questa seconda edizione della notte bianca veneziana: la performance dell’attrice Ottavia Piccolo, che, al centro di una installazione luminosa di Marco Nereo Rotelli, leggerà dieci poesie della grande Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura, recentemente scomparsa. L’appuntamento, intitolato «Preferisco i gatti», sarà accompagnato dalle note del sax di Milena Angele e proseguirà, subito dopo la mezzantotte, con un altro omaggio alla poetessa polacca: l’anteprima del film «La vita a volte è sopportabile. Ritratto ironico di Wyslawa Szymborska», girato da Katarzyna Kolenda-Zaleska, e con testimonianze di Woody Allen, Umberto Eco e molti altri intellettuali.
A Ca’ Foscari, dove sarà possibile vedere anche una grande retrospettiva di William Congdon, verranno distribuite le mappe con tutti gli appuntamenti pensati per questa speciale notte veneziana, illuminata da una mezzaluna che termina con la prua di una gondola: oltre quattrocento le proposte, disseminate in più di duecento luoghi, che accontenteranno i gusti di giovani e meno giovani.
La Fondazione Musei civici veneziani offrirà, per esempio, l'apertura straordinaria e gratuita di quattro delle sue più prestigiose sedi: Ca’ Pesaro, Palazzo Mocenigo, il Museo di storia naturale e la casa di Carlo Goldoni. La proposta si articolerà in orari “sfalsati” da sede a sede, coprendo l’arco che va dalle 18 alle 24, in modo da consentire una più ampia fruizione da parte del pubblico. Si inizierà idealmente da Palazzo Mocenigo, dove, dalle 18 alle 22, sarà possibile visitare anche spazi solitamente non aperti al pubblico, con itinerari speciali nei depositi ricchissimi di tessuti rari e di straordinarie collezioni di abiti originali, tra cui spicca la moda del Settecento. Si farà, quindi, tappa al Museo di storia naturale, amatissimo dai bambini, le cui sale saranno rese ancor più suggestive da un modernissimo allestimento interattivo. Sarà, poi, la volta di Ca’ Pesaro, dove si visiterà la mostra «Spirito klimtiano. Galileo Chini, Vittorio Zecchin e la grande decorazione a Venezia» e dove sarà possibile ascoltare i «Liuti in contrappunto», un programma di musiche dal vivo a cura del conservatorio «Benedetto Marcello», ma anche vedere la performance «Arte e disciplina marziale», nella quale maestri italiani e giapponesi presenteranno alcune tra le forme più antiche di discipline provenienti da Cina, Corea e Giappone, dal Karate al Tai chi chuan, dal Judo al Kung fu. Si potrà, infine, fare una sosta nella casa di Carlo Goldoni, nello splendido palazzetto di Ca’ Centanni, dove sarà possibile ammirare il nuovo allestimento che mette in luce la figura del grande commediografo veneziano.
Tra le altre importanti istituzioni veneziane che saranno aperte al pubblico gratuitamente, a partire dalle ore 18, si ricordano Palazzo Grassi con la personale di Urs Fischer, la Casa dei tre Oci con la rassegna «Elliott Erwitt- Personal Best», la Fondazione Bevilacqua La Masa con la mostra «Doppio gioco. L’ambiguità dell’immagine fotografica».
Non mancheranno, poi, iniziative per i bambini come l’entusiasmante caccia al tesoro della Fondazione Querini Stampalia ai laboratori creativi a Ca’ Giustinian, in previsione della Biennale di Architettura.
«Art Night Venezia» sarà anche solidarietà: nelle principali sede culturali e istituzionali che prenderanno parte alla manifestazione verrà, infatti, allestita una raccolta fondi per contribuire al restauro dei monumenti artistici danneggiati dal sisma che ha colpito l'Emilia Romagna.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Locandina di «Art Night Venezia»;[fig. 2]Ca' Foscari con la pubblicità di «Art Night Venezia»; [fig. 3] l'Università Ca' Foscari di sera
Informazioni utili
«Art Night Venezia». Venezia, sedi varie. Sabato 23 giugno 2012, dalle ore 17.00. Sito ufficale della giornata: www.artnight.it; special Page: www.followgram.me/special/InstArtNight, tag della giornata: #artnightvenezia; live blogging: www.veneziadavivere.com/liveblogging/artnightvenezia; FB: www.facebook.com/ArtNightVenezia; Twitter: @artnightvenezia e #artn12.
Il via ufficiale scoccherà alle ore 17. A batterlo, nel cortile dell’Università Ca’ Foscari, sarà il Magnifico rettore, Carlo Carraro, insieme ai rappresentanti di tutte le istituzioni coinvolte nel progetto, a partire dal circuito dei Musei civici veneziani.
Dopo lo start up ufficiale, dalla porta d’acqua dell’ateneo salperà un suggestivo corteo lungo il Canal Grande e le altre vie d’acqua della città. Si tratta di «InstaArtNightVenezia»: un «Instameet» alla scoperta delle sedi coinvolte nella notte più «magmatica e magica» della Serenissima. L’evento, su prenotazione fino ad esaurimento dei posti disponibili, regalerà ai veneziani e ai turisti un continuo flusso di immagini, scattate ed editate da venti instagramers scelti tra blogger, fotografi e popular, permettendo così di far vedere cosa accade in Laguna anche a chi non è presente in città e di distribuire sui social network e nel web immagini geolocalizzate e notizie dell'evento.
Alle ore 21.30, tutti gli instagramers si ritroveranno nel cortile principale dell'ateneo per fotografare l’appuntamento clou di questa seconda edizione della notte bianca veneziana: la performance dell’attrice Ottavia Piccolo, che, al centro di una installazione luminosa di Marco Nereo Rotelli, leggerà dieci poesie della grande Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura, recentemente scomparsa. L’appuntamento, intitolato «Preferisco i gatti», sarà accompagnato dalle note del sax di Milena Angele e proseguirà, subito dopo la mezzantotte, con un altro omaggio alla poetessa polacca: l’anteprima del film «La vita a volte è sopportabile. Ritratto ironico di Wyslawa Szymborska», girato da Katarzyna Kolenda-Zaleska, e con testimonianze di Woody Allen, Umberto Eco e molti altri intellettuali.
A Ca’ Foscari, dove sarà possibile vedere anche una grande retrospettiva di William Congdon, verranno distribuite le mappe con tutti gli appuntamenti pensati per questa speciale notte veneziana, illuminata da una mezzaluna che termina con la prua di una gondola: oltre quattrocento le proposte, disseminate in più di duecento luoghi, che accontenteranno i gusti di giovani e meno giovani.
La Fondazione Musei civici veneziani offrirà, per esempio, l'apertura straordinaria e gratuita di quattro delle sue più prestigiose sedi: Ca’ Pesaro, Palazzo Mocenigo, il Museo di storia naturale e la casa di Carlo Goldoni. La proposta si articolerà in orari “sfalsati” da sede a sede, coprendo l’arco che va dalle 18 alle 24, in modo da consentire una più ampia fruizione da parte del pubblico. Si inizierà idealmente da Palazzo Mocenigo, dove, dalle 18 alle 22, sarà possibile visitare anche spazi solitamente non aperti al pubblico, con itinerari speciali nei depositi ricchissimi di tessuti rari e di straordinarie collezioni di abiti originali, tra cui spicca la moda del Settecento. Si farà, quindi, tappa al Museo di storia naturale, amatissimo dai bambini, le cui sale saranno rese ancor più suggestive da un modernissimo allestimento interattivo. Sarà, poi, la volta di Ca’ Pesaro, dove si visiterà la mostra «Spirito klimtiano. Galileo Chini, Vittorio Zecchin e la grande decorazione a Venezia» e dove sarà possibile ascoltare i «Liuti in contrappunto», un programma di musiche dal vivo a cura del conservatorio «Benedetto Marcello», ma anche vedere la performance «Arte e disciplina marziale», nella quale maestri italiani e giapponesi presenteranno alcune tra le forme più antiche di discipline provenienti da Cina, Corea e Giappone, dal Karate al Tai chi chuan, dal Judo al Kung fu. Si potrà, infine, fare una sosta nella casa di Carlo Goldoni, nello splendido palazzetto di Ca’ Centanni, dove sarà possibile ammirare il nuovo allestimento che mette in luce la figura del grande commediografo veneziano.
Tra le altre importanti istituzioni veneziane che saranno aperte al pubblico gratuitamente, a partire dalle ore 18, si ricordano Palazzo Grassi con la personale di Urs Fischer, la Casa dei tre Oci con la rassegna «Elliott Erwitt- Personal Best», la Fondazione Bevilacqua La Masa con la mostra «Doppio gioco. L’ambiguità dell’immagine fotografica».
Non mancheranno, poi, iniziative per i bambini come l’entusiasmante caccia al tesoro della Fondazione Querini Stampalia ai laboratori creativi a Ca’ Giustinian, in previsione della Biennale di Architettura.
«Art Night Venezia» sarà anche solidarietà: nelle principali sede culturali e istituzionali che prenderanno parte alla manifestazione verrà, infatti, allestita una raccolta fondi per contribuire al restauro dei monumenti artistici danneggiati dal sisma che ha colpito l'Emilia Romagna.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Locandina di «Art Night Venezia»;[fig. 2]Ca' Foscari con la pubblicità di «Art Night Venezia»; [fig. 3] l'Università Ca' Foscari di sera
Informazioni utili
«Art Night Venezia». Venezia, sedi varie. Sabato 23 giugno 2012, dalle ore 17.00. Sito ufficale della giornata: www.artnight.it; special Page: www.followgram.me/special/InstArtNight, tag della giornata: #artnightvenezia; live blogging: www.veneziadavivere.com/liveblogging/artnightvenezia; FB: www.facebook.com/ArtNightVenezia; Twitter: @artnightvenezia e #artn12.
giovedì 14 giugno 2012
Caravaggio, «La resurrezione di Lazzaro» in mostra dopo il restauro
E’ una notizia di grande interesse per gli amanti dell’arte e del Caravaggio. «La resurrezione di Lazzaro», una delle opere più importanti dell’ultimo periodo di vita del pittore lombardo, è tornata alla sua bellezza originaria, al termine di un complesso intervento di restauro, della durata di otto mesi, che ha visto al lavoro la direttrice Anna Maria Marcone, con le colleghe Carla Zaccheo ed Emanuela Ozino Caligaris, presso i laboratori dell’Iscr (Istituto superiore per la conservazione e il restauro), struttura afferente al ministero per il Beni e le Attività culturali.
L’opera, commissionata nel 1609 dal mercante genovese Giovan Battista de’ Lazzari per la cappella di famiglia nella chiesa dei Padri Crociferi di Messina, sarà in mostra da sabato 16 giugno a domenica 15 luglio presso il Museo Braschi di Roma, che, per l’occasione, aprirà per la prima volta al pubblico, dopo i lavori di restauro, il suo grande Salone d’onore e l’attigua Cappella Valadier.
La monumentale pala (3,80 per 2,75 metri), riqualificata grazie all’intervento economico dell’associazione romana «Metamorfosi», tornerà, quindi, permanentemente a Messina, al Museo regionale, dove, da martedì 25 luglio, sarà esposta accanto a un’altra importante opera caravaggesca di recente restauro, «L’adorazione dei magi», e dove sarà affiancata, fino all’11 novembre, da una mostra con materiale esplicativo del restauro e del lavoro dell'Iscr.
A sessant’anni dal precedente intervento conservativo, datato 1951 ed eseguito sotto la supervisione di Cesare Brandi, «La resurrezione di Lazzaro» è ritornata, quindi, sotto gli occhi e tra le mani degli esperti, che hanno potuto approfondire le ricerche e sciogliere le problematiche all’epoca irrisolte, grazie all’evoluzione dei metodi diagnostici, delle tecniche di intervento e dei materiali da impiegare per la pulitura.
Su questa tela, a pochi decenni dalla sua esecuzione, si erano, infatti, già riscontrati problemi conservativi. Un episodio –non è chiaro se reale o romanzesco– racconta, a titolo esplicativo, che nel 1670 il primo restauratore, Andrea Suppa, accingendosi alla pulitura con semplice acqua, si trovò ad asportare del colore nero, evidente segnale di preparazione del fondo non canonica da parte dell’artista, forse dovuta ai tempi serrati di esecuzione e consegna. Il restauratore, accusato dalla città di aver danneggiato il prezioso dipinto, morì di dolore.
Il nuovo intervento conservativo del capolavoro caravaggesco, eseguito subito dopo la rocambolesca fuga da Malta, ha restituito leggibilità all’intera raffigurazione e messo in luce particolari fondamentali, ma ormai nascosti sotto la patina del tempo, come il profilo del Cristo, le braccia spalancate di Lazzaro smaniose di vita dopo il rigore della morte, l'autoritratto di Caravaggio confuso tra la piccola folla che assiste al miracolo.
La tela, di fortissima suggestione e ottima espressione di quel gioco di luci e ombre che ha reso celebre l'artista, rappresenta, secondo quanto scrive Giovan Pietro Bellori, nel volume seicentesco «Le Vite de' pittori scultori e architetti moderni», «la Risurrezione di Lazzaro, il quale sostentato fuori del sepolcro, apre le braccia alla voce di Cristo che lo chiama estende verso di lui la mano. Piange Marta e si maraviglia Madalena, e vi è uno che si pone la mano al naso per ripararsi dal fetore del cadavero. Il quadro è grande, e le figure hanno il campo d'una grotta, col maggior lume sopra l'ignudo di Lazzaro e di quelli che lo reggono, ed è sommamente in istima per la forza dell'imitazione. Ma la disgrazia di Michele non l'abbandonava, e 'ltimore lo scacciava di luogo in luogo[...]».
La tela mostra i personaggi di questo evento miracoloso serrati in primo piano su uno sfondo scuro, che lascia immaginare l’ambientazione architettonica di una chiesa. La raffigurazione del Cristo, con il volto in ombra e l’indice puntato imperiosamente verso il corpo di Lazzaro –ancora rigido e gonfio– ricorda la «Vocazione di San Matteo», nella Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, opera ispirata a sua volta al gesto della «Creazione di Adamo» di Michelangelo, nella Cappella Sistina. La tristezza delle espressioni rimanda alla «Deposizione» dell’ultimo Tiziano, eseguita per la propria tomba: il volto centrale rivolto verso il Cristo, con la fronte aggrottata e la bocca semiaperta, racconta il miracolo nell’espressione di stupore. Due proiezioni indietro nel tempo, una consuetudine nelle opere tardive di Caravaggio che usava riutilizzare motivi compositivi del suo repertorio figurativo precedente.
Dopo otto mesi di restauro, il pubblico ritrova, dunque, un capolavoro che, nel corso dei secoli, non ha mai smesso di far parlare, affascinare, coinvolgere.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, «La resurrezione di Lazzaro», 1609. Olio su tela, 380×275 cm. Messina, Museo regionale
Informazioni utili
Caravaggio. «La resurrezione di Lazzaro». Museo di Roma – Palazzo Braschi, piazza San Pantaleo, 10 - Roma. Orari: martedi-domenica, ore 10.00–20.00; chiuso il lunedi. Ingresso: biglietto unico integrato museo + mostra intero € 11,00, ridotto € 9,00. Catalogo: Palombi editore, Roma. Informazioni: tel. 060608. Sito internet: www.museodiroma.it. Dal 16 giugno al 15 luglio 2012.
L’opera, commissionata nel 1609 dal mercante genovese Giovan Battista de’ Lazzari per la cappella di famiglia nella chiesa dei Padri Crociferi di Messina, sarà in mostra da sabato 16 giugno a domenica 15 luglio presso il Museo Braschi di Roma, che, per l’occasione, aprirà per la prima volta al pubblico, dopo i lavori di restauro, il suo grande Salone d’onore e l’attigua Cappella Valadier.
La monumentale pala (3,80 per 2,75 metri), riqualificata grazie all’intervento economico dell’associazione romana «Metamorfosi», tornerà, quindi, permanentemente a Messina, al Museo regionale, dove, da martedì 25 luglio, sarà esposta accanto a un’altra importante opera caravaggesca di recente restauro, «L’adorazione dei magi», e dove sarà affiancata, fino all’11 novembre, da una mostra con materiale esplicativo del restauro e del lavoro dell'Iscr.
A sessant’anni dal precedente intervento conservativo, datato 1951 ed eseguito sotto la supervisione di Cesare Brandi, «La resurrezione di Lazzaro» è ritornata, quindi, sotto gli occhi e tra le mani degli esperti, che hanno potuto approfondire le ricerche e sciogliere le problematiche all’epoca irrisolte, grazie all’evoluzione dei metodi diagnostici, delle tecniche di intervento e dei materiali da impiegare per la pulitura.
Su questa tela, a pochi decenni dalla sua esecuzione, si erano, infatti, già riscontrati problemi conservativi. Un episodio –non è chiaro se reale o romanzesco– racconta, a titolo esplicativo, che nel 1670 il primo restauratore, Andrea Suppa, accingendosi alla pulitura con semplice acqua, si trovò ad asportare del colore nero, evidente segnale di preparazione del fondo non canonica da parte dell’artista, forse dovuta ai tempi serrati di esecuzione e consegna. Il restauratore, accusato dalla città di aver danneggiato il prezioso dipinto, morì di dolore.
Il nuovo intervento conservativo del capolavoro caravaggesco, eseguito subito dopo la rocambolesca fuga da Malta, ha restituito leggibilità all’intera raffigurazione e messo in luce particolari fondamentali, ma ormai nascosti sotto la patina del tempo, come il profilo del Cristo, le braccia spalancate di Lazzaro smaniose di vita dopo il rigore della morte, l'autoritratto di Caravaggio confuso tra la piccola folla che assiste al miracolo.
La tela, di fortissima suggestione e ottima espressione di quel gioco di luci e ombre che ha reso celebre l'artista, rappresenta, secondo quanto scrive Giovan Pietro Bellori, nel volume seicentesco «Le Vite de' pittori scultori e architetti moderni», «la Risurrezione di Lazzaro, il quale sostentato fuori del sepolcro, apre le braccia alla voce di Cristo che lo chiama estende verso di lui la mano. Piange Marta e si maraviglia Madalena, e vi è uno che si pone la mano al naso per ripararsi dal fetore del cadavero. Il quadro è grande, e le figure hanno il campo d'una grotta, col maggior lume sopra l'ignudo di Lazzaro e di quelli che lo reggono, ed è sommamente in istima per la forza dell'imitazione. Ma la disgrazia di Michele non l'abbandonava, e 'ltimore lo scacciava di luogo in luogo[...]».
La tela mostra i personaggi di questo evento miracoloso serrati in primo piano su uno sfondo scuro, che lascia immaginare l’ambientazione architettonica di una chiesa. La raffigurazione del Cristo, con il volto in ombra e l’indice puntato imperiosamente verso il corpo di Lazzaro –ancora rigido e gonfio– ricorda la «Vocazione di San Matteo», nella Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, opera ispirata a sua volta al gesto della «Creazione di Adamo» di Michelangelo, nella Cappella Sistina. La tristezza delle espressioni rimanda alla «Deposizione» dell’ultimo Tiziano, eseguita per la propria tomba: il volto centrale rivolto verso il Cristo, con la fronte aggrottata e la bocca semiaperta, racconta il miracolo nell’espressione di stupore. Due proiezioni indietro nel tempo, una consuetudine nelle opere tardive di Caravaggio che usava riutilizzare motivi compositivi del suo repertorio figurativo precedente.
Dopo otto mesi di restauro, il pubblico ritrova, dunque, un capolavoro che, nel corso dei secoli, non ha mai smesso di far parlare, affascinare, coinvolgere.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, «La resurrezione di Lazzaro», 1609. Olio su tela, 380×275 cm. Messina, Museo regionale
Informazioni utili
Caravaggio. «La resurrezione di Lazzaro». Museo di Roma – Palazzo Braschi, piazza San Pantaleo, 10 - Roma. Orari: martedi-domenica, ore 10.00–20.00; chiuso il lunedi. Ingresso: biglietto unico integrato museo + mostra intero € 11,00, ridotto € 9,00. Catalogo: Palombi editore, Roma. Informazioni: tel. 060608. Sito internet: www.museodiroma.it. Dal 16 giugno al 15 luglio 2012.
mercoledì 13 giugno 2012
Da Johan & Levi una biografia su Mario Schifano
«Mi conoscono anche quelli che non mi conoscono, quindi inventate quello che volete». Così Mario Schifano era solito allontanare gli aspiranti biografi che lo assediavano. A quattordici anni dalla sua scomparsa (Roma, gennaio 1998), con una narrazione a più voci, spesso anche in contraddizione tra loro, il volume «Mario Schifano. Una biografia», edito dalla casa editrice monzese Johan & Levi nella collana «Biografie», racconta la vita di uno degli artisti più prolifici e amati, nonché falsificati e chiacchierati, ma anche paradossalmente poco conosciuti.
Il libro verrà presentato venerdì 15 giugno, alle ore 18.30, al Macro di Roma, in un incontro gratuito, che vedrà la presenza dell’autore, accanto a Achille Bonito Oliva, Fulvio Abbate e Stefano Chiodi. Lo scenario di questo viaggio nel tempo propostoci da Luca Ronchi, regista televisivo e autore del documentario «Mario Schifano Tutto», presentato alla cinquantottesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, non può che essere Roma, una città che una volta «c’era» nella cultura e nell’arte.
Sotto i cieli della Città eterna, sulla terrazza di piazza Scanderbeg che fungeva da studio en plein air, nei primi anni Sessanta, Schifano inizia a dipingere quei monocromi che lo renderanno uno dei protagonisti dell’arte italiana del secondo Novecento. Ed è sempre a Roma che decide di continuare la sua avventura pittorica e di costruire in un vortice di lucida follia il suo universo underground all’insegna della trasversalità.
Fonda un gruppo pop-rock, si cimenta in filmati sperimentali, frequenta intellettuali, aristocratici e malavitosi, cambia macchine, donne, abiti e televisori con una rapidità sconvolgente, viene arrestato e messo alla gogna per consumo di sostanze stupefacenti.
Simile ad un «piccolo puma», molto elegante nei movimenti e nei comportamenti, dotato di un fascino innato e di una bellezza alla Rodolfo Valentino, Schifano era da tutte le parti, non stava mai fermo. Forse nell’immaginario popolare resterà sempre l’incarnazione perfetta della concezione romantica che vede nell’artista genio e sregolatezza. Oltre alla fama, però, spenti i flash delle cronache mondane, c’è un pittore ancora tutto da scoprire che amava ripetere: «the man is nothing, the work is everything».
Ritenuto il rappresentante italiano della Pop art, l'artista romano guarda con le sue opere, soprattutto quelle caratterizzate dal lavoro su brand commerciali come «Coca Cola» ed «Esso», alle tele di grandi artisti americani quali Andy Warhol, Jasper Johns e Robert Rauschenberg. Sostenuto da importanti gallerie italiane e internazionali (Plinio de Martiis e Ileana Sonnabend), insieme ai «pittori maledetti» (tra cui Franco Angeli e Tano Festa) ha rappresentato un momento fondamentale dell’arte contemporanea italiana ed europea, anche per la sua capacità di avvicinarsi a nuove tecniche pittoriche, di usare il computer per creare, di sperimentare innesti tra pittura e altre forme d’arte come musica, cinema, video, fotografia.
Su questo protagonista dell’arte italiana, nel volume di Luca Ronchi (un volume dal format inusuale), parlano molti testimoni illustri, fra cui, solo per citarne alcuni Furio Colombo, Maurizio Calvesi, Anita Pallenberg, Giorgio Marconi, Fabio Mauri, Achille Bonito Oliva, Marco Meneguzzo, Monica De Bei e Sandro Chia. Ricordi, documenti, aneddoti, racconti: un mosaico di testimonianze che compone un ritratto corale di Mario Schifano uomo e artista, ma anche della ricchezza e della complessità dello scenario artistico e sociale di quel periodo.
L’apparato iconografico, frutto della collaborazione con l’Archivio Schifano, apre al lettore il mondo più privato dell’uomo Schifano attraverso immagini inedite e opere poco conosciute. Offre la possibilità di scoprire il volto nascosto di un personaggio pubblico, che la “cronachetta pettegola” voleva tutto sesso, droga e rock'n'roll.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Copertina del libro «Mario Schifano. Una biografia» di Luca Ronchi
Informazioni utili
Luca Ronchi,«Mario Schifano. Una biografia», Johan & Levi (collana «Biografie»), Monza 2012. ISBN: 978-88-6010-078-8. Formato: 15,5 x 23 cm; pp. 432. Illustrazioni: 145 b/n - 20 colore. Rilegatura: Brossura: Prezzo: € 29,00.
Il libro verrà presentato venerdì 15 giugno, alle ore 18.30, al Macro di Roma, in un incontro gratuito, che vedrà la presenza dell’autore, accanto a Achille Bonito Oliva, Fulvio Abbate e Stefano Chiodi. Lo scenario di questo viaggio nel tempo propostoci da Luca Ronchi, regista televisivo e autore del documentario «Mario Schifano Tutto», presentato alla cinquantottesima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, non può che essere Roma, una città che una volta «c’era» nella cultura e nell’arte.
Sotto i cieli della Città eterna, sulla terrazza di piazza Scanderbeg che fungeva da studio en plein air, nei primi anni Sessanta, Schifano inizia a dipingere quei monocromi che lo renderanno uno dei protagonisti dell’arte italiana del secondo Novecento. Ed è sempre a Roma che decide di continuare la sua avventura pittorica e di costruire in un vortice di lucida follia il suo universo underground all’insegna della trasversalità.
Fonda un gruppo pop-rock, si cimenta in filmati sperimentali, frequenta intellettuali, aristocratici e malavitosi, cambia macchine, donne, abiti e televisori con una rapidità sconvolgente, viene arrestato e messo alla gogna per consumo di sostanze stupefacenti.
Simile ad un «piccolo puma», molto elegante nei movimenti e nei comportamenti, dotato di un fascino innato e di una bellezza alla Rodolfo Valentino, Schifano era da tutte le parti, non stava mai fermo. Forse nell’immaginario popolare resterà sempre l’incarnazione perfetta della concezione romantica che vede nell’artista genio e sregolatezza. Oltre alla fama, però, spenti i flash delle cronache mondane, c’è un pittore ancora tutto da scoprire che amava ripetere: «the man is nothing, the work is everything».
Ritenuto il rappresentante italiano della Pop art, l'artista romano guarda con le sue opere, soprattutto quelle caratterizzate dal lavoro su brand commerciali come «Coca Cola» ed «Esso», alle tele di grandi artisti americani quali Andy Warhol, Jasper Johns e Robert Rauschenberg. Sostenuto da importanti gallerie italiane e internazionali (Plinio de Martiis e Ileana Sonnabend), insieme ai «pittori maledetti» (tra cui Franco Angeli e Tano Festa) ha rappresentato un momento fondamentale dell’arte contemporanea italiana ed europea, anche per la sua capacità di avvicinarsi a nuove tecniche pittoriche, di usare il computer per creare, di sperimentare innesti tra pittura e altre forme d’arte come musica, cinema, video, fotografia.
Su questo protagonista dell’arte italiana, nel volume di Luca Ronchi (un volume dal format inusuale), parlano molti testimoni illustri, fra cui, solo per citarne alcuni Furio Colombo, Maurizio Calvesi, Anita Pallenberg, Giorgio Marconi, Fabio Mauri, Achille Bonito Oliva, Marco Meneguzzo, Monica De Bei e Sandro Chia. Ricordi, documenti, aneddoti, racconti: un mosaico di testimonianze che compone un ritratto corale di Mario Schifano uomo e artista, ma anche della ricchezza e della complessità dello scenario artistico e sociale di quel periodo.
L’apparato iconografico, frutto della collaborazione con l’Archivio Schifano, apre al lettore il mondo più privato dell’uomo Schifano attraverso immagini inedite e opere poco conosciute. Offre la possibilità di scoprire il volto nascosto di un personaggio pubblico, che la “cronachetta pettegola” voleva tutto sesso, droga e rock'n'roll.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Copertina del libro «Mario Schifano. Una biografia» di Luca Ronchi
Informazioni utili
Luca Ronchi,«Mario Schifano. Una biografia», Johan & Levi (collana «Biografie»), Monza 2012. ISBN: 978-88-6010-078-8. Formato: 15,5 x 23 cm; pp. 432. Illustrazioni: 145 b/n - 20 colore. Rilegatura: Brossura: Prezzo: € 29,00.
venerdì 8 giugno 2012
Tintoretto, «L’ultima cena» in mostra a Milano
Da Roma a Milano, per ritornare definitivamente a Venezia. E’ questo il viaggio che compirà nei prossimi giorni «L’ultima cena» di Jacopo Robusti, detto Tintoretto (1519- 1594), opera recentemente sottoposta a un attento restauro conservativo, grazie al finanziamento della banca Cariparma-Crédit Agricole.
Dopo essere stata esposta alle Scuderie del Quirinale, nella grande antologica che Vittorio Sgarbi ha voluto dedicare al maestro veneziano, la tela, da sempre conservata in Laguna, nella chiesa di San Polo, sarà eccezionalmente esposta, da giovedì 14 a martedì 19 giugno 2012 (e per i soli clienti Vodafone anche nella giornata di mercoledì 13 giugno 2012), al Museo diocesano di Milano, nella Sala dell’Arciconfraternita.
L’opera, realizzata tra il 1574 e il 1575, fu commissionata all’artista veneto, definito da Giorgio Vasari «il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura», dalla Scuola del Sacramento della chiesa di San Polo.
Soggetto della raffigurazione, che è stata riportata a nuova vita nell’arco di soli tre mesi, grazie ad un’equipe diretta da Giulio Manieri Elia, direttore del Museo di Palazzo Grimani e Vicedirettore delle Gallerie dell’Accademia, è il noto episodio evangelico dell'ultima cena, ambientato in un interno domestico.
Rispetto a precedenti tele di uguale soggetto, il Tintoretto fissa il suo occhio non sull’annuncio del tradimento di Giuda, ma sul momento dell’Eucarestia sub specie panis. Un dettaglio, questo, evidenziato da Carlo Ridolfi nel 1648, all’interno del volume «Le maraviglie dell'arte, ovvero Le vite degli illustri pittori veneti e dello Stato»: «In san Polo ammirasi un'altra Cena, ove Nostro Signore comunica gli Apostoli, diversandosi in quella dalle inventioni operate in questo proposito, non mancando al Tintoretto materia di nuovi concetti, poiché era l'ingegno suo un'Erario d'ogni più rara curiosità».
In questo modo, l'artista traduceva in immagine la disposizione del concilio di Trento nella quale si affermava che sotto la sola specie del pane è contenuto interamente il corpo di Cristo e la corredava di una serie di episodi, dedicati a illustrare il lavoro dei suoi committenti, che erano tenuti ad assistere gli ammalati, a sfamare gli indigenti, e a portare l'ostia consacrata per la comunione ai parrocchiani incapaci di raggiungere la chiesa.
«I protagonisti dell'evento -afferma Margaret Binotto, nella scheda dell’opera- recitano la parte loro assegnata dal testo evangelico, ma nel contempo si fanno portatori di altri più sottesi e simbolici significati. Cristo si alza all'improvviso e spalanca le braccia per distribuire il pane ai due discepoli con un gesto che prefigura l'imminente sacrificio sulla croce: al movimento dei due che si chinano a ricevere il pane consacrato si contrappone dinamicamente l'atto caritatevole degli apostoli che si allontanano dalla mensa pasquale per sfamare il mendicante infermo in primo piano e, a destra, la bimbetta, dando così concretezza d'immagine alla benedizione monastica della Cena. Tra i partecipanti al rito il più riconoscibile è Giuda, che porta alla cintura la bisaccia e appoggia la mano traditrice sul tavolo».
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Jacopo Robusti, detto Tintoretto, «Ultima Cena», 1574-75. Olio su tela, 228 x 535 cm. Venezia, Chiesa di San Polo. Tela completa; [fig. 2, fig. 3 e fig. 4] Jacopo Robusti, detto Tintoretto, «Ultima Cena», 1574-75. Olio su tela, 228 x 535 cm. Venezia, Chiesa di San Polo. Particolare
Informazioni utili
«Tintoretto. L’ultima cena». Museo diocesano, Corso di Porta Ticinese, 95 – Milano. Orari: da giovedì 14 a martedì 19 giugno, ore 10.00–24.00; lunedì 18 giugno, ore 10.00-18.00. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 02.89420019; info.biglietteria@museodiocesano.it. Sito web: www.museodiocesano.it. Da giovedì 14 a martedì 19 giugno 2012.
Dopo essere stata esposta alle Scuderie del Quirinale, nella grande antologica che Vittorio Sgarbi ha voluto dedicare al maestro veneziano, la tela, da sempre conservata in Laguna, nella chiesa di San Polo, sarà eccezionalmente esposta, da giovedì 14 a martedì 19 giugno 2012 (e per i soli clienti Vodafone anche nella giornata di mercoledì 13 giugno 2012), al Museo diocesano di Milano, nella Sala dell’Arciconfraternita.
L’opera, realizzata tra il 1574 e il 1575, fu commissionata all’artista veneto, definito da Giorgio Vasari «il più terribile cervello che abbia mai avuto la pittura», dalla Scuola del Sacramento della chiesa di San Polo.
Soggetto della raffigurazione, che è stata riportata a nuova vita nell’arco di soli tre mesi, grazie ad un’equipe diretta da Giulio Manieri Elia, direttore del Museo di Palazzo Grimani e Vicedirettore delle Gallerie dell’Accademia, è il noto episodio evangelico dell'ultima cena, ambientato in un interno domestico.
Rispetto a precedenti tele di uguale soggetto, il Tintoretto fissa il suo occhio non sull’annuncio del tradimento di Giuda, ma sul momento dell’Eucarestia sub specie panis. Un dettaglio, questo, evidenziato da Carlo Ridolfi nel 1648, all’interno del volume «Le maraviglie dell'arte, ovvero Le vite degli illustri pittori veneti e dello Stato»: «In san Polo ammirasi un'altra Cena, ove Nostro Signore comunica gli Apostoli, diversandosi in quella dalle inventioni operate in questo proposito, non mancando al Tintoretto materia di nuovi concetti, poiché era l'ingegno suo un'Erario d'ogni più rara curiosità».
In questo modo, l'artista traduceva in immagine la disposizione del concilio di Trento nella quale si affermava che sotto la sola specie del pane è contenuto interamente il corpo di Cristo e la corredava di una serie di episodi, dedicati a illustrare il lavoro dei suoi committenti, che erano tenuti ad assistere gli ammalati, a sfamare gli indigenti, e a portare l'ostia consacrata per la comunione ai parrocchiani incapaci di raggiungere la chiesa.
«I protagonisti dell'evento -afferma Margaret Binotto, nella scheda dell’opera- recitano la parte loro assegnata dal testo evangelico, ma nel contempo si fanno portatori di altri più sottesi e simbolici significati. Cristo si alza all'improvviso e spalanca le braccia per distribuire il pane ai due discepoli con un gesto che prefigura l'imminente sacrificio sulla croce: al movimento dei due che si chinano a ricevere il pane consacrato si contrappone dinamicamente l'atto caritatevole degli apostoli che si allontanano dalla mensa pasquale per sfamare il mendicante infermo in primo piano e, a destra, la bimbetta, dando così concretezza d'immagine alla benedizione monastica della Cena. Tra i partecipanti al rito il più riconoscibile è Giuda, che porta alla cintura la bisaccia e appoggia la mano traditrice sul tavolo».
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Jacopo Robusti, detto Tintoretto, «Ultima Cena», 1574-75. Olio su tela, 228 x 535 cm. Venezia, Chiesa di San Polo. Tela completa; [fig. 2, fig. 3 e fig. 4] Jacopo Robusti, detto Tintoretto, «Ultima Cena», 1574-75. Olio su tela, 228 x 535 cm. Venezia, Chiesa di San Polo. Particolare
Informazioni utili
«Tintoretto. L’ultima cena». Museo diocesano, Corso di Porta Ticinese, 95 – Milano. Orari: da giovedì 14 a martedì 19 giugno, ore 10.00–24.00; lunedì 18 giugno, ore 10.00-18.00. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 02.89420019; info.biglietteria@museodiocesano.it. Sito web: www.museodiocesano.it. Da giovedì 14 a martedì 19 giugno 2012.
giovedì 7 giugno 2012
Da Shakespeare a Vermeer: tutte le arti sul palco di «The Season»
Compie otto anni «The Season», festival promosso dalla New York University Firenze presso villa La Pietra. Dal 15 al 27 giugno, attori, scrittori, musicisti e artisti di fama internazionale sfileranno negli scenografici giardini all’italiana dell’elegante residenza toscana (in passato anche sede di rappresentanza dell’Ambasciata di Prussia) per presentare spettacoli, concerti di musica classica e jazz, documentari, coreografie danzate, letture di opere letterarie, il tutto rigorosamente in lingua originale.
A inaugurare la manifestazione, i cui eventi saranno tutti ad ingresso gratuito, sarà, al cinema Oden di Firenze, la prima italiana di «Auf Wiedersehen, ‘Til We Meet Again» (15 giugno 2012, ore 10.15), un documentario non convenzionale che racconta la storia di una famiglia attraverso gli occhi di un ragazzino di dieci anni. Madrina dell’evento sarà Chelsea Clinton, figlia dell’ex presidente degli Stati Uniti, che dialogherà con la regista e attivista Linda G. Mills.
Sarà, dunque, la volta dello spettacolo «Macbeth» di William Shakespeare (21 giugno 2012, ore 19.30), su musiche di Jonathan Batiste e della Stay Human Band, che vedrà in scena Jacob Olesen, Lucas Caleb Rooney, Erica Tazle e Teagle Bougere, attori della Continuum Company della NYU Tisch School of the Arts.
Da villa La Pietra, «The Season» si sposterà, quindi, a Palazzo Strozzi, dove si terrà «Vermeer's Daughter» (22 giugno 2012, ore 18), una conversazione di Benjamin Binstock, autore del libro «Vermeer’s Family Secrets: Genius, Discovery and the Unknown Apprentice», con Lawrence Weschler, firma del «New Yorker» e autore di svariati libri.
Toccherà, poi, alla prova generale aperta al pubblico di «Flora - Essences of Dance» (22 giugno 2012, ore 20.30), coreografia di Giorgio Mancini, con il GM Ballet Firenze e su musica di Philip Glass, che verrà presentata in anteprima il giorno successivo (23 giugno 2012, ore 20.30), subito dopo una conferenza di Lawrence Weschler, dal titolo «Art and Science as Parallel and Divergent Ways of Knowing» (23 giugno 2012, ore 18.30).
In questi due giorni, la rassegna fiorentina ospiterà anche Jonathan Batiste con il suo gruppo di jazz moderno, Stay Human Band, (22 giugno 2012, ore 21.00), e la presentazione di due filmati, «Light is Calling» e «Spark of Being» (23 giugno 2012, ore 21.00), del regista americano Bill Morrison.
Dal cinema si passerà alla letteratura con l’incontro «Writers Reading» (24 giugno 2012, ore 17.00), in programma a Palazzo Grassi: un pomeriggio con quattro poeti e scrittori di fama internazionale, Francine Prose, Dorothea Lasky, Yusef Komunyakaa e Ben Okri, che leggeranno brani delle loro opere.
Da Palazzo Strozzi si ritornerà a villa La Pietra per il gran finale. Tre gli eventi in programma. Si inizierà con la prima italiana della nuova colonna sonora pwe il film tedesco d’animazione «The Adventures of Prince Achmed», diretto nel 1926 da Lotte Reiniger (25 giugno 2012, ore 21.00). L’opera, primo lungometraggio animato al mondo, è creato con la tecnica delle ombre cinesi e dimostra come gli effetti speciali possano essere creati usando semplicemente sagome in bianco e nero su sfondi colorati. La musica originale era di Wolfgang Zeller ed è stata riscritta, per questo progetto, da cinque compositori contemporanei: Andrea Cavallari, Gwyn Pritchard, Diego Uzal, Elia al Koussa, Rudolf Hild.
Toccherà, quindi ad un adattamento in lingua inglese dello spettacolo «Il servitore di due padroni» di Carlo Goldoni (26 giugno 2012, ore 18.00), con diciotto studenti del corso avanzato di Commedia dell’arte. Mentre a chiudere il cartellone sarà la prima mondiale del «Flora - Essences of Dance» (27 giugno 2012, ore 19.00), una serie di duetti coreografati da Giorgio Mancini, su musica di Philip Glass, che faranno rivivere la magia della danza tra le architetture di gusto rinascimentale del giardino, costruito nella prima metà del Novecento per volontà di Arthur e Hortence Acton.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Logo di «The Season 2012»; [fig. 2] Villa La Pietra, Firenze; [fig. 3] Una scena del film d’animazione «The Adventures of Prince Achmed»</b>, diretto da Lotte Reiniger; [fig. 4] Copertina del libro «Vermeer’s Family Secrets: Genius, Discovery and the Unknown Apprentice» di Benjamin Binstock
Informazioni utili
«The Season 2012». Rassegna di musica, teatro, danza, cinema, letteratura e animazione, promossa dalla New York University Firenze. Orari e programma: http://www.nyu.edu/global/lapietra/season/. Ingresso libero, con prenotazione obbligatoria al numero 055.5007212 o all’e-mail lapietra.reply@nyu.edu. Informazioni: Villa La Pietra, via Bolognese, 120 – Firenze, tel. 055.5007210 (Ufficio eventi). Dal 15 al 27 giugno 2012.
A inaugurare la manifestazione, i cui eventi saranno tutti ad ingresso gratuito, sarà, al cinema Oden di Firenze, la prima italiana di «Auf Wiedersehen, ‘Til We Meet Again» (15 giugno 2012, ore 10.15), un documentario non convenzionale che racconta la storia di una famiglia attraverso gli occhi di un ragazzino di dieci anni. Madrina dell’evento sarà Chelsea Clinton, figlia dell’ex presidente degli Stati Uniti, che dialogherà con la regista e attivista Linda G. Mills.
Sarà, dunque, la volta dello spettacolo «Macbeth» di William Shakespeare (21 giugno 2012, ore 19.30), su musiche di Jonathan Batiste e della Stay Human Band, che vedrà in scena Jacob Olesen, Lucas Caleb Rooney, Erica Tazle e Teagle Bougere, attori della Continuum Company della NYU Tisch School of the Arts.
Da villa La Pietra, «The Season» si sposterà, quindi, a Palazzo Strozzi, dove si terrà «Vermeer's Daughter» (22 giugno 2012, ore 18), una conversazione di Benjamin Binstock, autore del libro «Vermeer’s Family Secrets: Genius, Discovery and the Unknown Apprentice», con Lawrence Weschler, firma del «New Yorker» e autore di svariati libri.
Toccherà, poi, alla prova generale aperta al pubblico di «Flora - Essences of Dance» (22 giugno 2012, ore 20.30), coreografia di Giorgio Mancini, con il GM Ballet Firenze e su musica di Philip Glass, che verrà presentata in anteprima il giorno successivo (23 giugno 2012, ore 20.30), subito dopo una conferenza di Lawrence Weschler, dal titolo «Art and Science as Parallel and Divergent Ways of Knowing» (23 giugno 2012, ore 18.30).
In questi due giorni, la rassegna fiorentina ospiterà anche Jonathan Batiste con il suo gruppo di jazz moderno, Stay Human Band, (22 giugno 2012, ore 21.00), e la presentazione di due filmati, «Light is Calling» e «Spark of Being» (23 giugno 2012, ore 21.00), del regista americano Bill Morrison.
Dal cinema si passerà alla letteratura con l’incontro «Writers Reading» (24 giugno 2012, ore 17.00), in programma a Palazzo Grassi: un pomeriggio con quattro poeti e scrittori di fama internazionale, Francine Prose, Dorothea Lasky, Yusef Komunyakaa e Ben Okri, che leggeranno brani delle loro opere.
Da Palazzo Strozzi si ritornerà a villa La Pietra per il gran finale. Tre gli eventi in programma. Si inizierà con la prima italiana della nuova colonna sonora pwe il film tedesco d’animazione «The Adventures of Prince Achmed», diretto nel 1926 da Lotte Reiniger (25 giugno 2012, ore 21.00). L’opera, primo lungometraggio animato al mondo, è creato con la tecnica delle ombre cinesi e dimostra come gli effetti speciali possano essere creati usando semplicemente sagome in bianco e nero su sfondi colorati. La musica originale era di Wolfgang Zeller ed è stata riscritta, per questo progetto, da cinque compositori contemporanei: Andrea Cavallari, Gwyn Pritchard, Diego Uzal, Elia al Koussa, Rudolf Hild.
Toccherà, quindi ad un adattamento in lingua inglese dello spettacolo «Il servitore di due padroni» di Carlo Goldoni (26 giugno 2012, ore 18.00), con diciotto studenti del corso avanzato di Commedia dell’arte. Mentre a chiudere il cartellone sarà la prima mondiale del «Flora - Essences of Dance» (27 giugno 2012, ore 19.00), una serie di duetti coreografati da Giorgio Mancini, su musica di Philip Glass, che faranno rivivere la magia della danza tra le architetture di gusto rinascimentale del giardino, costruito nella prima metà del Novecento per volontà di Arthur e Hortence Acton.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Logo di «The Season 2012»; [fig. 2] Villa La Pietra, Firenze; [fig. 3] Una scena del film d’animazione «The Adventures of Prince Achmed»</b>, diretto da Lotte Reiniger; [fig. 4] Copertina del libro «Vermeer’s Family Secrets: Genius, Discovery and the Unknown Apprentice» di Benjamin Binstock
Informazioni utili
«The Season 2012». Rassegna di musica, teatro, danza, cinema, letteratura e animazione, promossa dalla New York University Firenze. Orari e programma: http://www.nyu.edu/global/lapietra/season/. Ingresso libero, con prenotazione obbligatoria al numero 055.5007212 o all’e-mail lapietra.reply@nyu.edu. Informazioni: Villa La Pietra, via Bolognese, 120 – Firenze, tel. 055.5007210 (Ufficio eventi). Dal 15 al 27 giugno 2012.
A Siena un’università a tutto jazz
In Toscana si va a scuola di Jazz. Sono aperte, fino al 18 settembre, le iscrizioni alla neonata SJU - Siena Jazz University, scuola d’alta formazione della Fondazione Siena Jazz, prima istituzione italiana non statale autorizzata dal Ministero a rilasciare titoli accademici equiparati a quelli dei conservatori statali e dei corsi di laurea universitari italiani ed europei.
La nuova offerta formativa senese, riservata a un massimo di novantasei allievi selezionati, prevede dieci corsi di diploma accademico e dodici cattedre, una per ciascuno dei corsi di strumento (pianoforte jazz, chitarra jazz, contrabbasso jazz, basso elettrico, tromba jazz, trombone jazz, clarinetto jazz, sassofono jazz, batteria e percussioni jazz e canto jazz), più una cattedra aggiuntiva di sassofono jazz ed una di batteria e percussioni jazz. Trentanove i docenti, tutti musicisti di fama internazionale, che verranno coinvolti in questa nuova offerta formativa della fondazione senese, che si occupa già di ricerca con il Centro nazionale studi sul jazz «Arrigo Polillo».
I corsi annuali si svolgeranno in quattro giorni intensivi, previsti ogni due settimane, per un periodo complessivo di otto mesi nell’arco dell’anno accademico. Le ore di lezione saranno trecentonovantadue per anno accademico, per un totale di millecentosettantasei ore nel triennio. Nel piano di studi sono previste trentadue ore individuali di strumento, sessantaquattro ore di lezione di musica d’insieme, con formazioni composte da massimo sei elementi, in cui ogni docente insegna suonandovi come leader della formazione. Rientrano nell’offerta formativa la realizzazione di produzioni musicali specifiche, da eseguire in festival jazz italiani ed europei convenzionati, stage e laboratori con musicisti nazionali e internazionali e concerti e esibizioni di allievi e docenti durante il percorso di formazione.
Gli allievi avranno a disposizione venti aule completamente attrezzate con strumentazione musicale, elettronica ed informatica di eccellenza e potranno utilizzarle per le lezioni, ma anche per lo studio individuale e di gruppo. Ogni aula ha una dotazione strumentale unica nel settore a livello europeo, che, nel complesso, si compone di sedici pianoforti a coda e mezza coda, trentadue tastiere elettroniche a tasti pesati, ventisette batterie complete, cinquanta amplificatori per chitarra e basso, undici impianti voce per i cantanti, venti impianti hi-fi, quaranta computer Apple, con software musicali, tre contrabbassi, due bassi elettrici, un vibrafono, percussioni brasiliane e africane. Le aule sono aperte non stop, dalle 9 a mezzanotte, dal lunedì al venerdì.
Tra i servizi per gli allievi c’è anche l’accesso all’archivio e alla biblioteca del centro studi, nel quale sono conservati e disponibili oltre tremila volumi, oltre diecimila riviste ed infine oltre quarantamila supporti sonori, dai primi cilindri di Edison agli attuali supporti audio-video: cd, dvd, ecc. Assistenza per tesi e dissertazioni. A disposizione degli allievi anche la biblioteca didattica con oltre seicento volumi tra manuali e video, integralmente indicizzata e informatizzata.
Tutti gli studenti iscritti saranno dotati di un proprio account e di una password, con le quali sarà garantito l’accesso alla rete informatica che offre servizi intranet, come la consultazione di spartiti e basi musicali on-line, specifici software musicali per lo studio del jazz predisposti dalla scuola, e un accesso internet per la consultazione delle risorse web.
Durante il triennio saranno attivati progetti Erasmus attraverso le convenzioni con prestigiosi istituti musicali europei e convenzioni specifiche per collaborazioni e scambi di allievi e docenti con alcune delle più prestigiose istituzioni europee e statunitensi, come il Dipartimento di jazz del Conservatorio superiore di musica di Parigi, il Conservatorio di Maastricht, il Dipartimento di jazz della New York University, il «Global Jazz Institute» del Berklee College of Music, il Conservatorio di Amsterdam ed altri ancora.
Grazie all’intervento delle istituzioni e degli enti locali, regionali e nazionali, la Fondazione Siena Jazz concederà borse di studio a studenti meritevoli che si siano distinti nell’esame d’ammissione. Saranno, inoltre, a disposizione degli studenti alloggi nelle case dello studente presenti sul territorio e alle mense universitarie.
Informazioni utili
SJU - Siena Jazz University. Corsi di diploma accademico. Informazioni e iscrizioni: Fondazione Siena Jazz - Fortezza Medicea, piazza della libertà, 10 – Siena, tel. 0577.271401 o info@sienajazz.it. Web Site: www.sju.sienajazz.it. Iscrizioni fino al 18 settembre 2012.
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