ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 17 settembre 2014

Manzù versus Marino Marini, scultori a confronto nel Parmense

La Villa dei capolavori di Mamiano di Traversetolo apre per la prima volta le porte alla scultura contemporanea. Nella dimora parmense, oggi sede della Fondazione Magnani Rocca, è, infatti, in corso la mostra «Manzù – Marino. Gli ultimi moderni», per la curatela di Laura D’Angelo e Stefano Roffi.
Un’ampia selezione di sculture, dipinti e lavori grafici realizzati dai due artisti negli anni compresi tra il 1950 e il 1970 documenta la loro fiduciosa apertura verso le molteplici lingue della modernità e la capacità dimostrata da entrambi nell’incontrare il gusto di un colto e sofisticato mercato internazionale.
Le opere esposte, visibili fino al prossimo 8 dicembre, provengono dalla Fondazione Marino Marini di Pistoia, dal Museo Marini di Firenze, dalla Fondazione e Museo Giacomo Manzù di Ardea (Roma) e da altre importanti collezioni private e pubbliche. Si tratta di lavori visibili molto di raro al di fuori dei loro consueti contesti museali, dei quali rimarrà documentazione in un ricco catalogo di Silvana editoriale. Grazie a questa mostra è, inoltre, possibile sperimentare un inedito confronto diretto -visivo e critico- tra Giacomo Manzù (Bergamo, 22 dicembre 1908 – Roma, 17 gennaio 1991) e Marino Marini (Pistoia, 27 febbraio 1901 – Viareggio, 6 agosto 1980), artisti che hanno offerto un’interpretazione della scultura figurativa classica in una chiave stilistica del tutto personale, i cui esiti affascinanti e sorprendenti dimostrano come la loro produzione fosse ben lontana dall’obsolescenza e dalla chiusura alla storia, bensì perfettamente in grado di esprimere il dramma e il senso dell’uomo dopo le dissoluzioni del conflitto planetario.
Il percorso espositivo si apre con due opere emblematiche, il «Grande ritratto di signora» di Manzù e il «Cavaliere» di Marino -la prima del 1946, la seconda del 1945- provenienti da prestigiose collezioni private. Si tratta di due sculture in grado di spiegare gli aspetti più importanti delle ricerche figurative compiute dai due artisti, dal riferimento a Medardo Rosso per il bergamasco, alla questione della serialità per il maestro toscano. Seguono grandi bronzi, rilievi, dipinti e lavori grafici, in una successione che tiene conto dei temi maggiormente praticati da entrambi nei decenni presi in esame, a partire dalla danza. Si trovano anche i celeberrimi «Cardinali» di Manzù e i «Giocolieri» di Marini. Una speciale attenzione viene, poi, dedicata ai ritratti; non soltanto per sottolineare l’interesse che entrambi nutrirono nei confronti di questo genere artistico, ma anche per fornire una chiave di lettura della loro personalità attraverso i nomi di artisti, galleristi, collezionisti e che ne sostennero e ne accompagnarono l’attività lungo gli anni Cinquanta e Sessanta, tra i quali si ricordano papa Giovanni XXIII, Igor Stravinskij, Marc Chagall, Jean Arp, Mies van der Rohe, John Huston, Kokoschka, oltre alle mogli, Inge Manzù e Marina Marini.
Differenti i percorsi di studio. Mentre Marino Marini si iscrive nel 1917 all’Accademia di Belle Arti di Firenze, dove frequenta i corsi di pittura e di scultura; Manzù non può vantare un’educazione accademica e, figlio di un calzolaio, si forma all’interno delle botteghe bergamasche specializzate nell’intaglio e nella doratura.
Tra la fine degli anni Venti e l’inizio dei Trenta, entrambi si trasferiscono a Milano, dove ha inizio una stagione di riflessione e di ricerca che li condurrà, nel giro di pochi anni, a imporsi nel contesto artistico nazionale, portando i primi prestigiosi riconoscimenti internazionali.
Nel 1935 Marino Marini si aggiudica, per esempio, il premio di scultura alla seconda Quadriennale d’arte nazionale di Roma; mentre all’edizione successiva dell’esposizione, nel 1939, lo stesso premio viene assegnato a Manzù. La carriera dei due artisti prosegue con intensità lungo gli anni Quaranta e alle mostre si succedono nuovi successi. Nel 1948 Manzù allestisce una sala personale alla Biennale di Venezia e si aggiudica il premio per uno scultore italiano assegnato dal Comune di Venezia; nel 1952 il medesimo riconoscimento è assegnato a Marino Marini. È all’indomani di questi premi che per i due scultori si inaugura la fase di maggior impegno sul fronte internazionale: le loro opere figurano nelle più importanti esposizioni allestite in Gran Bretagna, Francia, Germania e Stati Uniti e, mentre, dagli anni Cinquanta, l’attività di Marino Marini si sposta principalmente all’estero, Manzù inizia a lavorare alla realizzazione della Porta della Morte per la Basilica di San Pietro, la cui inaugurazione, nel 1964, segna il punto di massima popolarità raggiunto dall’artista.
L’esposizione parmense permette, dunque, una riflessione ad ampio raggio sull’attività dei due artisti con approfondimenti tematici sul genere del ritratto, sul significato della serialità in scultura, sulle fonti visive delle due produzioni e sul dialogo di entrambi gli artisti con il contesto internazionale.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giacomo Manzù, «Bambina sulla sedia», 1955; [fig. 2] Giacomo Manzù, «Cardinale seduto», 1957; [fig. 3] Marino Marini, «Danzatrice», 1952-53; [fig. 4] Marino Marini, «Cavallo e Cavaliere», 1950

Informazioni utili 
«Manzù – Marino. Gli ultimi moderni». Fondazione Magnani Rocca, via Fondazione Magnani Rocca, 4 - Mamiano di Traversetolo (Parma). Orari: martedì-venerdì, ore 10.00-18.00 (la biglietteria chiude alle ore 17.00); sabato, domenica e festivi continuato, ore 10.00-19.00 (la biglietteria chiude alle ore 18.00); lunedì chiuso, ma aperto lunedì 8 dicembre. Ingresso: intero € 9,00; scuole € 5,00. Catalogo: Silvana editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni e prenotazioni gruppi: tel. 0521.848327/848148, fax 0521.848337, info@magnanirocca.it. Sito internet: www.magnanirocca.it. Fino all’8 dicembre 2014.

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