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mercoledì 5 luglio 2017

Milano, quattro opere per un omaggio a Cola dell’Amatrice

Si fa interprete del desiderio di rinascita di un intero territorio, a partire dalla valorizzazione delle sue bellezze paesaggistiche e artistiche, la mostra «Ritorno a Cola dell'Amatrice. Opere dalla Pinacoteca civica di Ascoli Piceno», allestita fino al 27 agosto negli spazi del Museo Bagatti Valsecchi di Milano, con un progetto espositivo firmato dallo Studio Lissoni Associati.
All’esposizione, curata da Vittorio Sgarbi, fa da corollario e completamento l’iniziativa «Adotta un museo», promossa da Icom Italia in sostegno delle popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto, che vede la realtà milanese in prima linea nella raccolta di fondi per il restauro di una statua lignea della «Vergine», realizzata nel XV secolo, che usualmente è conservata nella chiesa di San Pellegrino a Norcia, ora si trova nel deposito del Santo Chiodo a Spoleto e, dopo il restauro, andrà al Museo diocesano di Milano.
Praticamente ignota sino agli anni Cinquanta del Novecento, quando venne riscoperta grazie agli studi di Federico Zeri nei territori appenninici oggi devastati dal sisma, la figura di Cola dell’Amatrice, nome d’arte di Nicola Filotesio (Amatrice, 9 settembre 1480 o 1489 – Ascoli Piceno, 31 agosto 1547 o 1559), pittore, scultore e architetto del Cinquecento, allievo di Dionisio Cappelli e sodale di Giulio Romano, che fu attivo tra Abruzzo e Marche firmando, tra l’altro, la facciata del Duomo di Ascoli e quella della chiesa di San Bernardino a L’Aquila, sta uscendo dall’oblio, un po’ com’è accaduto a inizio Novecento a Lorenzo Lotto.
Buon cultore della prospettiva e dello sfondo paesaggistico, Cola dell’Amatrice è citato anche da Giorgio Vasari nelle sue «Vite», in alcune righe al termine della sezione dedicata al pittore «Marco Calavrese» (Marco Cardisco). In queste pagine il biografo sottolinea che egli ebbe la «fama di un maestro raro, del migliore che fosse mai stato in quei paesi» e che sarebbe stato un artista ancora migliore, se il suo percorso creativo fosse stato meno appartato e se «avesse la sua arte esercitato in luoghi dove la concorrenza e l’emulazione l’avesse fatto attendere con più studio alla pittura, ed esercitare il bello ingegno di cui si vide che era stato dalla natura dotato».
Non interessato a competere a Roma con più grandi maestri, che studiò e ammirò, mostrandosi informato sui pensieri nuovi di Raffaello e Michelangelo, che aggiornarono così la sua formazione legata principalmente ai modelli umbro-laziali del tardo Quattrocento ben rappresentati dall’arte del Perugino e di Antoniazzo Romano, Cola dell’Amatrice si mosse sulla scia del classicismo, per giungere poi a un linguaggio antiaccademico ed eterodosso, che pone l’accento sulla drammatica espressività dei dolenti e sull’enfasi dei loro gesti, facendo spesso sottolineare alla critica l’«eccentricità» del suo percorso rispetto ai modelli normativi allora vigenti.
Il suo «Rinascimento distaccato e alternativo», documentato anche da un prezioso taccuino di disegni e appunti conservato alla Biblioteca comunale di Fermo, si respira negli affreschi per il palazzo Vitelli alla Cannoniera di Città di Castello e nelle svariate pitture di tema religioso lasciate sul territorio, tra cui si segnalano una «Sacra famiglia» (1527), miracolosamente scampata al terremoto di Amatrice, un’elegante «Comunione degli apostoli» commissionata dall’Oratorio della Confraternita del Corpus Domini di Ascoli Piceno, una «Disputa di Gesù con i Dottori» conservata a L’Aquila e la tela «Cristo in casa di Marta e Maria», di collezione privata, la cui spazialità ricorda Giulio Romano. La sua opera più ispirata è, però, senz’altro una «Dormitio Virginis», oggi ai Musei capitolini, nella quale si possono cogliere i moti dell’anima degli astanti riletti attraverso la lezione raffaelliana.
La mostra milanese vede esposte, al Museo Bagatti Valsecchi, quattro opere oggi custodite nelle sale della Pinacoteca civica di Ascoli. Si tratta di due «Angeli portacroce», facenti parte di un polittico ormai smembrato, in parte conservato National Gallery of Victoria di Melbourne e in parte disperso, e della coppia di tavole della «Vergine addolorata» e del «San Giovanni apostolo», provenienti dalla cappella del Crocifisso della chiesa dell’Annunziata nel monastero degli Osservanti, le cui figure a grandezza naturale sono di una toccante intensità emotiva e colpiscono l’attenzione per la loro luminosità cromatica.
La mostra, che sarà arricchita nella giornata del 13 luglio da un laboratorio per bambini che insegnerà a dipingere come in una bottega del Rinascimento, è completata da un filmato che ripropone, con riprese a volo d’uccello, immagini dei recenti terremoti che hanno colpito l’Italia centrale. Un’occasione, questa, per riflettere sulla precarietà del nostro vivere, ma anche per pensare al valore della nostra arte, un patrimonio da preservare «per ribaltare -come ha dichiarato Vittorio Sgarbi- la tristezza con l’euforia della bellezza».

Informazioni utili
Ritorno a Cola dell’Amatrice. Opere dalla Pinacoteca civica di Ascoli Piceno. Museo Bagatti Valsecchi, Via Gesù, 5 - Milano. Orari: da martedì a domenica, ore 13.00–17.45; chiuso tutti i lunedì, il 2 giugno e il 15 agosto. Ingresso: intero € 9,00, ridotto € 6,00. Informazioni: tel.02.7600613 o info@museobagattivalsecchi.org. Sito internet: https://museobagattivalsecchi.org/. Fino al 27 agosto 2017.

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