Nel 2016 la Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris ha acquistato per la Gam – Galleria d’arte moderna di Torino un capolavoro della cultura romantica sinora noto come «Autoritratto» di Massimo d’Azeglio.
L’acquisizione ha posto le basi per uno studio sul dipinto. Si è così tentato di rispondere a varie domande che sono sorte durante il lavoro di ricerca: si tratta realmente di un «Autoritratto» o piuttosto di un «Ritratto»? E se è così, chi ne è l’autore? Per chi fu eseguito? A quale tipo di gusto collezionistico appartiene? Quando fu presentato per la prima volta? Cosa ci restituisce della cultura del suo tempo?
Il risultato della ricerca, che ha ricostruito la storia del dipinto anche in relazione viene presentato, dal 29 novembre al 25 febbraio, in una piccola mostra allestita da Virginia Bertone, con Alessandro Botta, negli spazi della Wunderkammer della Gam di Torino.
Il percorso dell’esposizione, di cui rimarrà documentazione in un catalogo edito dalla Fondazione De Fornaris, invita il visitatore a ripercorre le fasi cruciali della ricerca, presentando venti capolavori della cultura figurativa romantica, di cui almeno dieci mai esposti a Torino, insieme a fotografie d’epoca, manoscritti e documenti originali, che portano a svelare il mistero del dipinto.
L’opera può essere oggi restituita a Giuseppe Molteni (1800-1867), uno dei maggiori ritrattisti della Milano romantica, che fu legato da un rapporto di stretta e duratura amicizia con Massimo d’Azeglio (1798 – 1866).
Dopo un lungo soggiorno a Roma, d’Azeglio era tornato a Torino nel 1829 per trasferirsi definitivamente a Milano nel marzo del 1831. Poco dopo il suo arrivo l’artista chiedeva la mano della primogenita di Alessandro Manzoni, Giulia, che avrebbe sposato nel maggio del 1831. Accanto ad un sincero affetto, d’Azeglio non trascurava i benefici che potevano derivare alla sua carriera dall’appartenenza ad una delle famiglie culturalmente più in vista della città. Quello stesso anno egli si presentava con successo all’esposizione di Belle Arti di Brera, ponendo le basi per consolidare la sua affermazione artistica.
A quel felice periodo corrisponde la selezione delle opere in mostra, che si concentra su dipinti realizzati entro gli anni 1831-1836, periodo che vide una singolare collaborazione tra d’Azeglio e Molteni sul piano artistico e commerciale.
Lo testimonia un interessante acquerello di Francesco Gonin, realizzato a Milano nello stesso 1835, che raffigura d’Azeglio intento a dipingere nell’ampio e confortevole atelier di Giuseppe Molteni: sul cavalletto si riconosce la grande tela «Bradamante che combatte col mago Atlante per liberar Ruggero dal castello incantato», che avrebbe presentato a Brera quello stesso anno. Tra le tele poste sullo sfondo è riconoscibile il grande «Ritratto di Alessandro Manzoni», pervaso di impeto romantico, realizzato a quattro mani da due artisti (Molteni per la figura, d’Azeglio per lo sfondo che rievoca le sponde del lago di Como), ma che Manzoni non permise mai di esporre.
Questa tela, raramente concessa in prestito per la sua fragilità, si affianca in mostra a un altro capolavoro, per la prima volta esposto a Torino: si tratta del monumentale «Ritratto della famiglia Belgiojoso», eseguito da Molteni ed esposto a Brera in quello stesso 1831.
Si tratta di un dipinto di grande interesse poiché rinnova l’impianto tradizionale del ritratto di famiglia e che qui assume un particolare rilievo essendo intimamente legato alla committenza del dipinto protagonista.
Il «Ritratto di Massimo d’Azeglio» offre, quindi, lo spunto per ripercorrere un momento centrale nella carriera dei due artisti. Attraverso l’intensità dello sguardo il ritratto restituisce tutto il fascino di un artista maturo - d’Azeglio aveva compiuto 37 anni - che aveva ormai assunto a Milano un indiscutibile ruolo di primo piano. Con effetto attentamente studiato, la figura si staglia sullo sfondo che trascolora dall’arancio all’azzurro creando una sorta di icona dell’artista romantico. Altrettanto interessante è la scelta di rappresentarlo non con pennello e tavolozza, o all’interno dello studio, ma esaltandone le doti intellettuali, una variante che in Italia non aveva ancora molti precedenti, ma che per il talento di d’Azeglio, che si era già autorevolmente affermato nella pittura e nella scrittura, riusciva calzante.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giuseppe Molteni (Affori, MI 1800 – Milano, 1867), «Ritratto di Massimo d’Azeglio (Ritratto d’uomo)», 1835. Olio su tela, 50,5 x 43,5 cm. Acquisto Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris, 2016. Torino, GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea; [fig. 2] Giuseppe Molteni (Affori, MI, 1800 – Milano, 1867) - Massimo d’Azeglio (Torino, 1798 – 1866), «Ritratto di Alessandro Manzoni», 1835. Olio su tela, 103 x 80,5 cm. Milano, Biblioteca Nazionale Braidense; [fig. 3] Giuseppe Molteni (Affori, MI 1800 – Milano, 1867), «Ritratto di Alessandro Manzoni», 1835 circa. Carboncino su carta, 485 x 345 mm. Torino, Collezione privata
Informazioni utili
Un mistero svelato: «Il ritratto di Massimo D’Azeglio». Gam – Galleria civica d’arte moderna e contemporanea, via Magenta, 31 – Torino. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00 - 18.00, lunedì chiuso | la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00, Ingresso libero Abbonamento Musei e Torino Card. Informazioni: tel. 011.4429518 – 011.4436907, email: gam@fondazionetorinomusei.it. Sito internet: www.gamtorino.it. Dal 29 novembre al 25 febbraio 2018.
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