ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

domenica 6 febbraio 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte dal 31 gennaio al 6 febbraio 2022

All’asta da ArtCurial «Il cestino di fragole di bosco» di Jean Siméon Chardin
ArtCurial è pronta per la sua nuova stagione di aste. Il 15 febbraio il dipartimento Old Master & 19th Century Art dell’azienda parigina presenterà la sua prima vendita dell'anno: cento ritratti di personalità francesi del XVII secolo che per oltre quaranta anni sono stati raccolti da un appassionato collezionista parigino.
La selezione propone al pubblico un viaggio tra i volti di membri della famiglia reale, figure della corte di Versailles, uomini di legge e militi, plebei e prelati, tutti resi maestosi da pittori come Louis-Michel van Loo, Joseph-Siffrède Duplessis ed Élisabeth Vigée Le Brun. Tra i vari ritratti al centro dell’asta spiccano quelli di Luigi XV, Luigi XVI e Maria Antoinetta, quest’ultima raffigurata dalla celebre Élisabeth Louise Vigée-Le Brun.
Le aste proseguiranno il 23 marzo con un appuntamento imperdibile. All’incanto andrà un capolavoro di Jean Siméon Chardin (1699-1779): «Il cestino di fragole di bosco», stimato intorno ai 12-15 milioni di euro.
Esposta dall’artista al Salone del 1761, riscoperto da François-André o Eudoxe Marcille un secolo dopo, prima di scomparire dalla vista del pubblico sino alle retrospettive dedicate al pittore organizzate a Parigi nel XX secolo, questa piccola tela è diventata nel mentre un’icona dell’arte occidentale.
Ideale proseguo delle rare raffigurazioni di coppe di fragole di pittori nordici e francesi del XVII secolo come Jacob van Hulsdonck, Adriaen Coorte e Louyse Moillon, questo dipinto, che combina una composizione di sublime semplicità geometrica con un’eccezionale qualità esecutiva, collega i due secoli, mentre si dirige con risolutezza verso la modernità. Infatti, il soggetto qui è quasi meno importante della sua rappresentazione in volumi e forme, come dimostrano il cilindro dei bicchieri e il triangolo formato dalle fragole.
Il dipinto all’asta è direttamente paragonabile con «Il cestino di prugne» (Parigi, Louvre) e «Il bicchiere d’acqua e la tazza di caffè» (Pittsburgh, Carnegie Institute of Art), datate allo stesso periodo ed entrambe considerate come capolavori assoluti. All’epoca, Chardin era all’apice della sua carriera come artista. La virtuosità del pittore è evidente nell’incredibile trasparenza dell’acqua nel bicchiere. La rappresentazione della frutta è sia precisa sia fluida, come se si trattasse di un’unica forma messa in rilievo dai segni bianchi.
Per maggiori informazioni: https://www.artcurial.com/

La londinese Richard Saltoun Gallery apre un secondo spazio espositivo a Roma
Nell’immaginario collettivo è la strada degli artisti, una vera e propria Montmartre romana. Qui, nel Medioevo, sorsero le prime botteghe di arti e mestieri e, nell’Ottocento, aprì il suo atelier lo scultore veneto Antonio Canova. Mentre nel Novecento, vi trovarono casa o ispirazione per la propria arte alcuni fra i più grandi protagonisti culturali del tempo, pittori come Pablo Picasso e Giorgio de Chirico, musicisti come Giacomo Puccini e Pietro Mascagni, scrittori come Gabriele d’Annunzio, Jean Paul Sartre, Simone de Beauvoir, Elsa Morante, Alberto Moravia e Sibilla Aleramo. Stiamo parlando di via Margutta, stradina nel rione Campo Marzio, situata tra piazza di Spagna e piazza del Popolo, che lo storico dell’arte Winkelmann elogiò per la sua «nobile semplicità e quieta grandezza».
In questo scenario iconico, reso celebre anche da film come «Vacanze romane» e «La dolce vita», la londinese Richard Saltoun Gallery apre la sua seconda sede. A inaugurare lo spazio sarà, nella giornata dell’8 marzo, una mostra personale di Bertina Lopes (1924–2012), amica di importanti personaggi, da Nelson Mandela a Carlo Levi, da Enrico Berlinguer all'ex presidente portoghese Mario Soares, considerata la madre della pittura africana contemporanea.
Obbligata nel 1961 a fuggire dal proprio Paese natale, la pittrice si trasferì in Portogallo, dove lavorò grazie a una borsa di studio della Fondazione Calouste Gulbenkian di Lisbona e dove entrò in contatto con pittori come Carlo Botelho, Albertina Mantua, Costa Pinheiro, Nuno Sampaio ed altri ancora. Due anni dopo arrivò a Roma, città dove trascorse il resto della sua vita.
Il lavoro di Bertina Lopes è per tutti sinonimo di attivismo politico e critica sociale. Le sue opere sono esposte in numerosi musei di tutto il mondo, da New York a Teheran, da Madrid a Roma. Le ultime esposizioni sono state quelle al Palazzo dei Congressi a Roma, al Museo campano di Capua, alla Fortezza da Basso di Firenze.
In occasione del decimo anniversario della morte, la mostra alla Richard Saltoun Gallery di Roma ripercorre i settanta anni di carriera dell'artista, riunendo, fino al 7 maggio, una delle più grandi selezioni di suoi dipinti, tra cui «Grido grande» (1970) e «In memoriam de Picasso» (1974).
L’Archivio Bertina Lopes, fondato nel 2012, ha svolto un ruolo fondamentale nella realizzazione di questa esposizione, che segna l’esordio della collaborazione della galleria con la Lopes Estate e la prima rappresentazione commerciale internazionale dell’artista.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina Facebook @RichardSaltounGallery.

Un nuovo allestimento per «The homo sapiens». Continua a Parma la mostra di Arturo Delle Donne
Sono venti le immagini che dal 12 febbraio andranno ad arricchire il percorso espositivo della mostra «The Homo Sapiens», progetto fotografico e antropologico di Arturo Delle Donne, per la curatela di Chiara Allegri, in programma al Museo d’arte cinese ed etnografico di Parma.
Le origini delle persone fotografate in questo nuovo allestimento, visibile fino al prossimo 8 marzo, sono indonesiane, russe, ruandesi, ivoriane, etiopiche, filippine, marocchine e bangladesi.
Arturo Delle Donne prosegue così nel suo impegno di documentazione e ritrattistica di cittadini italiani di origine straniera, immortalando alcuni gruppi di persone con i propri abiti tradizionali, simbolo del loro legame con la terra natia. L’obiettivo di questo progetto, che si articola in più di un’ottantina di immagini di grande formato, è, dunque, quello di focalizzare l’attenzione sui valori di rispetto e fratellanza attraverso l’abbigliamento, o meglio quell’insieme di vestiti, accessori e acconciature che sono la prima forma di comunicazione di un popolo.
«Con il flusso migratorio in entrata, che dagli anni Settanta del secolo scorso ha superato quello in uscita, hanno iniziato a far parte del nostro sistema culturale nuove tradizioni, religioni, usi e costumi, lingue. Ma non solo. Sono entrati – raccontano da Parma - nuovi beni etnici come l’abbigliamento, che è universalmente considerato come la prima forma di comunicazione di un popolo. Il primo linguaggio messo in moto quando due persone si incontrano sono la fisiognomica e l’abbigliamento, inteso in senso visivamente ampio, quale vestiario, accessori, acconciatura, segni permanenti». Questi segni, una volta lontani da noi, ora sono parte integrante della nostra cultura e Arturo Delle Donne ce li svela con fotografie semplici, ma significative.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.museocineseparma.org/

Building e l’arte pubblica, un ciclo di installazioni alla Domus Lascaris di Torino
È Gabriele Garbolino Rù a inaugurare il ciclo di progetti di arte pubblica che il Gruppo Building, presieduto da Piero Boffa, ha in programma per i prossimi mesi alla galleria d’arte open air e indoor di Domus Lascaris, palazzo razionalista di Torino. Il primo intervento, visibile fino al 31 marzo, si intitola i «Dioscuri» e presenta tre sculture in resina, raffiguranti i mitici figli di Zeus.
Gabriele Garbolino Rù, primo tra gli artisti a intervenire nello spazio di via Lascaris, è uno scultore che guarda ai linguaggi della contemporaneità con un occhio formato nella tradizione figurativa. La sua ricerca è orientata al recupero del’’atto creativo, come processo lento di lavoro e di disciplina, vicino a quello dell’artigiano. Le sue opere, però, lasciano sempre intendere la presenza di una realtà altra, con la quale lo spettatore entra in contatto, pur non potendola vedere. Per questo molti suoi soggetti sono immersi nell’acqua, altri sono il doppione del loro riflesso e altri, come nel caso dei Dioscuri, le sculture a Domus Lascaris, sorgono dal terreno.
A Gabriele Garbolino Rù seguiranno le esposizioni di Nazareno Biondo e Peter Ott©, previste per aprile e luglio.
«Da sempre, - racconta Piero Boffa - l’arte caratterizza i nostri interventi e progetti urbani, nell'ottica di mettere la bellezza al centro di un processo di trasformazione pubblica. Con le opere che animeranno periodicamente la galleria open air di Domus Lascaris, l’idea è regalare uno spazio urbano in continua mutazione permettendo a un palazzo, la cui natura è quella di restare a lungo uguale, di cambiare la propria natura e di trasmettere nuovi impulsi continuamente, modificando il contesto della città».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.building.it.

«13 fotografi per 13 musei»: al via il nuovo progetto comunicativo della Direzione regionale Musei Lombardia
È questo il titolo del progetto proposto dalla Direzione regionale Musei Lombardia, afferente al Ministero della Cultura, per far conoscere le realtà che fanno parte della sua rete. Si tratta di musei, parchi archeologici, testimonianze importanti dell’epoca medievale e rinascimentale, architetture del Novecento, unite in un percorso che spazia dal Cenacolo leonardesco alla Certosa di Pavia, dalle Grotte di Catullo a Sirmione alla Villa Romana a Desenzano del Garda, senza dimenticare il Parco archeologico di Castelseprio.
I fotografi individuati, le cui opere saranno esposte in autunno (dal prossimo 26 settembre) al Palazzo Litta di Milano, sono Marina Caneve, Alessandro Sambini, Claudio Beorchia, Flavia Rossi, Vaste Programme, Alessandro Calabrese, Arianna Arcara, Caterina Morigi, Federico Clavarino, Fabio Barile, Roberto Boccaccino, Delfino Sisto Legnani, Rachele Maistrello. Sono professionisti giovani (nati tra il 1979 e il 1991), ma già affermati e più volte premiati, alla cui selezione hanno partecipato Gabriella Guerci e Matteo Balduzzi del Mufoco – Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo.
La Direzione regionale Musei Lombardia sta anche riflettendo sulla possibilità di concretizzare un progetto parallelo: chiedere ad altrettanti poeti di scrivere alcuni versi da affiancare alle immagini delle tredici sedi. Un’occasione per raccontare in modo diverso l’arte che potrebbe continuare negli anni a venire con il coinvolgimento di fumettisti, videomaker e non solo.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.museilombardia.cultura.gov.it.

L’«Ercole in Tebe» torna in scena, al teatro della Pergola di Firenze, 360 anni dopo la «prima»
È un appuntamento da non perdere quello che andrà in scena mercoledì 9 febbraio, alle ore 20:30, al teatro della Pergola di Firenze. Ritorna in scena, dopo più di trecentosessanta anni, l’«Ercole in Tebe», festa teatrale in musica su libretto di Andrea Moniglia e con le musiche di Jacopo Melani, presentata per l’occasione in forma di concerto dal coro e dall’orchestra de «I Musici del Gran Principe», sotto la direzione del maestro Samuele Lastrucci.
Lo spettacolo, i cui biglietti sono in vendita sul circuito TicketOne, si avvale della regia di Massimo Pizzi Gasparon Contarini e di un cast composto dalle voci di Filippo Mineccia, Marco Angioloni, Eleonora Bellocci, Valeria La Grotta, Eleonora Ronconi, Alessandro Ravasio, Benedetta Corti, Vincenzo Franchini e Valentina Vitolo.
La rappresentazione, realizzata grazie all’interessamento del Museo de’ Medici con la Fondazione Teatro della Toscana, nasce dalla scoperta dello spartito originale dell’opera del Melani, ritrovato in quattro copie in tre diverse biblioteche, ovvero alla Forteguerriana di Pistoia, alla Vaticana di Roma e alla Nazionale di Parigi.
Il lavoro teatrale, rappresentato per la prima volta il 12 luglio 1661, in occasione delle nozze tra Cosimo III e Marguerite Louise d'Orléans, inaugurò anche il teatro della Pergola di Firenze, primo teatro «all'italiana» del mondo, già parzialmente funzionante sin dal 1657, realizzato da Ferdinando Tacca grazie al patronato del cardinale Giovan Carlo de' Medici, fratello di Ferdinando II.
La «prima» dell’«Ercole in Tebe» fu un vero e proprio kolossal teatrale di cinque ore per il quale furono ingaggiati più di trecento interpreti e utilizzate dodici scenografie. Si trattò di una delle manifestazioni più emblematiche del Seicento fiorentino, che riprendeva la lunga tradizione degli spettacoli di corte fiorentini.
Dopo quella storica «prima», l’opera non fu mai più replicata fino al momento della scoperta delle quattro copie dello spartito originale che ne hanno permesso una rielaborazione in forma di concerto fortemente voluta da Samuele Lastrucci, direttore d’orchestra e del Museo dei Medici di Firenze, che si è avvalso per la trascrizione della collaborazione di Dimitri Betti.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.museodemedici.com.

Parte da Modena la nuova tournée dello spettacolo «Il Purgatorio. La notte lava la mente»
È la più umana delle cantiche dantesche, un vero e proprio inno alla speranza. Dopo il debutto nazionale, avvenuto con grande successo lo scorso luglio al teatro Grande di Pompei, le recite fiorentine in un luogo di suggestioni dantesche per eccellenza come il Secondo Chiostro del Complesso monumentale di Santa Croce, e le repliche a Napoli e Prato, lo spettacolo «Il Purgatorio. La notte lava la mente» di Mario Luzi, per la regia di Federico Tiezzi, che firma anche la drammaturgia con Sandro Lombardi, arriva al teatro Storchi di Modena.
Lo spettacolo, cofinanziato e patrocinato dal Comitato nazionale per la celebrazione dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, sarà in cartellone sul palcoscenico emiliano dal 4 al 6 febbraio, per proseguire, poi, la sua tournée a Siena (teatro dei Rinnovati; 18/20 marzo), Arezzo (teatro Petrarca, 23/24 marzo), Pisa (teatro Verdi, 26/27 marzo) e, infine, al Piccolo di Milano (teatro Strehler, 29 marzo/3 aprile).
Sul palco saliranno Alessandro Averone, Dario Battaglia, Alessandro Burzotta, Giampiero Cicciò, Francesca Ciocchetti, Martino D’Amico, Salvatore Drago, Giovanni Franzoni (nel ruolo di Virgilio), Francesca Gabucci, Leda Kreider, Sandro Lombardi (nel ruolo di Dante), David Meden, Annibale Pavone, Luca Tanganelli, Debora Zuin. Scene, costumi e luci sono rispettivamente di Marco Rossi, Gregorio Zurla e Gianni Pollini. Regista assistente è Giovanni Scandella, assistente scenografa Francesca Sgariboldi. Mentre Francesca Della Monica e Cristiana Morganti hanno curato, rispettivamente, canto e movimenti coreografici.
Si apre così un progetto triennale, che nei prossimi anni vedrà l’allestimento da parte di Federico Tiezzi dell’Inferno e del Paradiso, nelle drammaturgie create rispettivamente da Edoardo Sanguineti («Commedia dell’Inferno. Un travestimento dantesco») e Giovanni Giudici («Il Paradiso. Perché mi vinse il lume d’esta stella»).
Il Purgatorio è una cantica umana. Qui «esiste il tempo». Splende lo stesso sole che illumina la terra abitata. Le notti succedono ai giorni, i tramonti alle albe. Mentre le anime parlano della vita passata con nostalgia e dolcezza. I personaggi sono soprattutto musicisti, pittori e poeti. L’arte è ciò di cui si discorre ed è vista, forse, come la strada della salvezza. «Il Purgatorio – si legge nella presentazione dello spettacolo - è anche la cantica della speranza: quella speranza di cui il momento storico presente ha bisogno più di ogni altra cosa, quella speranza che è volontà di un mondo diverso e anelito e movimento verso una migliore coscienza della realtà. Quella speranza che è trasformazione e aspirazione al bene».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.teatridipistoia.it

[Le fotografie sono di Luca Manfrini]
 
Firenze, un nuovo allestimento per la Sala del Colosso alla Galleria dell’Accademia. Per l’occasione ritornano a casa due dipinti del Botticelli
La Galleria dell’Accademia di Firenze, la casa del «David» di Michelangelo, è quasi pronta per presentare il nuovo allestimento della Sala del Colosso, la cui inaugurazione si terrà il prossimo 7 febbraio. Stanno, infatti, tornando dai loro viaggi all’estero due dipinti attribuiti a Sandro Botticelli, che verranno presentati proprio in questo spazio.
Una delle due opere è la «Madonna col Bambino Giovanni Battista e due angeli» (nella foto), prestata al Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum di Innsbruck per la mostra dedicata alle Madonne di Botticelli, terminata il 30 gennaio. Datata 1468, l’opera del pittore rinascimentale, risalente al periodo giovanile, pur rimanendo legato allo stile dei maestri, quali Verrocchio e Filippo Lippi, mostra una volontà di emanciparsi dagli illustri modelli.
L’altro lavoro è la Pala del Trebbio, esposta fino al 24 gennaio nella grande mostra dedicata dal Museo Jacquemart-André di Parigi alla bottega del Botticelli e che ha celebrato il genio dell'artista e l'attività del suo atelier. Il dipinto, così denominato perché proveniente dall’oratorio del Castello mediceo del Trebbio, nella campagna a nord di Firenze, vede la Madonna col Bambino attorniata dai Santi più cari alla famiglia Medici: si riconoscono San Lorenzo e i santi martiri Cosma e Damiano, tutti nomi ricorrenti nella nobile famiglia fiorentina. Il prestito si inserisce in un rapporto di collaborazione reciproca con altre istituzioni internazionali, sempre in linea con gli scambi internazionali voluti anche dal MiC - Ministero della Cultura e che vedrà, il prossimo 15 febbraio, il busto di Michelangelo, appartenente alla collezione del museo parigino, arrivare alla Galleria dell'Accademia di Firenze per la mostra che raccoglierà, per la prima volta, le nove effigi in bronzo attribuite a Daniele da Volterra che ritraggono Michelangelo Buonarroti.
Per maggiori informazioni: www.galleriaaccademiafirenze.it.

Alla Fabbrica del Vapore di Milano la mostra «CoviDiaries – Cronaca | Memoria | Futuro»
Ci sono date che rimangono impresse nella memoria collettiva. Una di queste è il 9 marzo 2020, il giorno in cui l’Italia entra ufficialmente in lockdown e inizia la sua guerra, non ancora vinta, con il Covid. Due anni dopo i fotogiornalisti dell’agenzia Parallelozero provano a ripercorrere la storia degli ultimi mesi con una mostra e un calendario di incontri, in programma fino al prossimo 25 febbraio alla Fabbrica del Vapore di Milano.
«CoviDiaries – Cronaca | Memoria | Futuro», questo il titolo della rassegna, arriva nel capoluogo lombardo, dopo l’esposizione nel 2020 a Bergamo, in occasione di un’edizione speciale di Fotografica - Festival di Fotografia, e nel 2021 al Salone Internazionale del libro di Torino.
Voci, volti e avvenimenti emblematici della pandemia italiana sono al centro di una serie di proiezioni e di circa sessanta foto, che raccontano le diverse linee narrative di questi mesi: emergenza sanitaria, impatto sociale, conseguenze economiche, ritorno alla normalità e, poi, ripartenza e campagna vaccinale. La fruizione della mostra è accompagnata dai brani di «Quarantine Scenario» dei Casino Royale.
A partire dal 3 febbraio, ogni giovedì, sempre alle ore 18, esperti e rappresentanti di rilievo di diversi ambiti (ricercatori, scienziati, innovatori, imprenditori, filosofi, urbanisti, sociologi, virologi, economisti e policy maker) si confronteranno sul presente in un confronto aperto e rivolto al futuro sui temi cruciali imposti dalla pandemia: le nuove povertà e il welfare, la socialità e i giovani, la cultura e lo spettacolo, la sanità locale e globale, il lavoro e l’impresa.
A proposito di «CoviDiaries», Sergio Ramazzotti, giornalista, fotografo e cofondatore di Parallelozero, afferma: «Oggi che si avvicina il secondo anniversario dell’inizio della pandemia, benché non siamo ancora usciti dal tunnel, ci sembra il momento giusto di aprire quella scatola, e vedere cosa contiene. È un atto simbolico, che ci auguriamo possa tenere vivi o riportare a galla i ricordi di un’esperienza collettiva durante la quale ci siamo scoperti capaci di cose che non sospettavamo, e che ci hanno resi orgogliosi di essere cittadini del nostro Paese. Ed è anche un modo per rendere un tributo e, ci auguriamo, dare un senso alle troppe vittime del virus».
Per tutti gli aggiornamenti è possibile consultare il sito https://www.covidiaries.it/.

Nella fotografia: Bergamo, medici e infermieri attorno a un paziente Covid-19 che sta per andare in arresto cardiaco nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Giovanni XXIII, nei giorni in cui l’afflusso di nuovi pazienti ha messo in grave crisi la capacità di risposta della struttura.© Sergio Ramazzotti/Parallelozero

Sanremo: con «The Box» riflettori puntati anche sull’arte contemporanea

C’è anche l’arte contemporanea tra i protagonisti di questa settimana sanremese. In occasione del Festival della canzone italiana, Villa Ormond ospita Melanie Francesca, artista visiva e scrittrice che vive tra Dubai e la Svizzera, con la sua «The box». Si tratta di un'imponente installazione luminosa in tela e metallo – 400 chilogrammi per 3 metri per lato e 2,5 in altezza – nella quale si può entrare per immergersi nella storia mito del vaso di Pandora, leggendario contenitore di tutti i mali che si riversano nel mondo alla sua apertura.
All’interno dell’opera, che ricalca gli stilemi del «Giudizio Universale», trova posto un mondo - contemporaneamente reale e immaginario -, popolato da uomini e donne, angeli e demoni, animali e insetti, architetture e alberi, elementi vari disegnati con uno stile netto e determinato che molto deve all’arte di maestri nordici come Dürer.
«The box» contiene anche decine di poesie e rime dell’artista scritte appositamente: una recita verbale che si unisce al racconto in nero di china. Il verso 94, «l’arpa che incarta il corpo suona sull’uomo nuovo, per cui vibra variabile il presente, instabile ma sposo della spinta sul futuro», è segno di come quest’opera sia anche un invito alla speranza.
Melanie Francesca ci ricorda così – racconta Francesco Alberoni – «che i contrasti, i chiaroscuri e le contraddizioni fanno parte della vita di ciascuno di noi, che la bellezza riluce ulteriormente emergendo dalle tenebre e che in tutto ciò risiede la forza e la potenza del genere umano».
«The box» può essere visitata anche on-line al link: https://www.melaniefrancesca.com/enter-the-box/.

Su Zoom e al museo Poldi Pezzoli di Milano un incontro su Federico Zeri e il Maestro dei Baldraccani
Si parlerà del «Maestro dei Baldraccani» nel prossimo appuntamento promosso dal Museo Poldi Pezzoli di Milano in occasione della mostra «Giorno per giorno nella pittura. Federico Zeri e Milano».
Lunedì 7 febbraio, in presenza e in diretta streaming sulla piattaforma Zoom, la direttrice Annalisa Zanni parlerà con lo storico dell’arte Vincenzo Gheroldi e con Angelo Mazza, conservatore delle Collezioni d'arte e di storia della Fondazione Cassa di risparmio in Bologna, della pala del «Maestro dei Baldraccani», opera che verrà esposta il prossimo aprile nell’ambito della mostra felsinea «La quadreria del Castello. Dipinti emiliani dalla collezione Michelangelo Poletti».
Il «Maestro dei Baldraccani» è una creatura di Federico Zeri. Fu, infatti, lo studioso a coniare questa espressione per indicare un artista di primo piano nel contesto del Rinascimento in Romagna alla fine del Quattrocento. A questo pittore è stata attribuita la «Madonna e il Bambino in trono tra i santi Pietro, Paolo, Francesco d’Assisi e Antonio da Padova», pala di destinazione francescana commissionata dalla potente famiglia forlivese dei Baldraccani.
Il dipinto, mai esposto in pubblico, per oltre trent’anni noto per le sole fotografie in bianco e nero utilizzate da Federico Zeri, è entrato recentemente nella collezione di Michelangelo Poletti nel castello di San Martino in Soverzano.
La pala è stata restaurata tra il 2018 e il 2019 ed esaminata attraverso indagini diagnostiche condotte da Vincenzo Gheroldi allo scopo di raccogliere informazioni utili alla programmazione del restauro dell’opera. Per le due campagne è stata messa a punto una particolare metodologia non invasiva che ha permesso di produrre referti da cui sono emerse interessanti informazioni di carattere storico riguardanti le peculiarità tecniche dell’opera, la sua collocazione cronologica e le modalità del suo utilizzo.
L’appuntamento è in programma alle ore 18. Per partecipare è necessario scrivere una e-mail all’indirizzo relazioni_istituzionali@museopoldipezzoli.it. Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito www.museopoldipezzoli.it.

Da Archinto due volumi su Roberto Longhi e Giulio Briganti
Archinto pubblica due libri che raccontano il lungo e ininterrotto dialogo tra due protagonisti della storia dell’arte del ventesimo secolo: Roberto Longhi (1890-1970), professore alle università di Bologna e Firenze, nonché autore di importanti saggi su Caravaggio e Piero della Francesca, e il suo allievo Giuliano Briganti (1918-1992), docente all’ateneo di Siena, firma de «L’Espresso» e de «la Repubblica», autore di libri fondamentali quali «La Maniera italiana» (1961) e «I pittori dell’immaginario» (1977).
Il primo volume, intitolato semplicemente «Roberto Longhi» (2021, pp. 168, € 18.00, collana Le Mongolfiere), raccoglie gli scritti che in quasi quarant’anni Giuliano Briganti ha dedicato al grande studioso: una sorta di esame di coscienza, in pubblico, sulla natura dei rapporti tra maestro e allievo. I testi raccolti, per la curatela di Giovanni Agosti, coprono l’arco che corre dalla celebrazione di Roberto Longhi, nel 1955, sulle pagine della «Fiera letteraria», in cui Giuliano Briganti festeggiava il maestro in compagnia di Cecchi, Toesca, Contini, Bassani, Bertolucci, Volpe, Pallucchini, Soldati, fino ai molti interventi pubblicati sulle pagine de «la Repubblica».
In questo campionario di scritture non manca una prova narrativa, in cui il ricorso al sogno è un altro modo per affrontare l’ombra del maestro. Sullo sfondo scorre il panorama della storia dell’arte in Italia nel secondo Novecento, tra editoria, università e inesorabile, progressiva, perdita di autorevolezza culturale.
Il secondo volume si intitola, invece, «Incontri. Corrispondenza 1939-1969» (2021, pp. 208¬, € 18.00; collana Lettere) ed è a cura di Laura Laureati. Contiene l’intero carteggio Longhi-Briganti e indaga il versante più privato del rapporto fra i due studiosi. 
Il primo documento è un telegramma dell’agosto 1939. L’ultimo, datato 2 aprile 1969, è un’affettuosa lettera di Longhi, ormai ottantenne e vicino alla morte (3 giugno 1970), inviata al figlio del compagno di gioventù. Briganti ha quasi cinquant’anni ed è già maestro, ma non ha dimenticato che «gli allievi e non solo i libri […] sono fatti per riunire gli uomini al di là della morte e difenderci contro il nemico più implacabile di tutta la vita: la dimenticanza».
Per maggiori informazioni: www.archinto.it.

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