Cinque nuovi progetti espositivi, venticique appuntamento tra convegni, giornate di studio e seminari, più di dieci concerti, trenta borse di studio, oltre quaranta pubblicazioni e un premio per la traduzione poetica: questi sono questi i numeri delle attività culturali ideate dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia per il 2016.
Il nuovo anno vedrà, inoltre, l’ultimazione del restauro dello Squero, l’antica officina per la riparazione delle imbarcazioni sull’Isola di Giorgio Maggiore, costruita alla metà del XVIII secolo sul modello dell’Arsenale, che verrà trasformata in un auditorium da duecento posti. A segnare il debutto dello spazio sarà l’esecuzione integrale de «I quartetti per archi di Ludwig van Beethoven», ciclo di sei appuntamenti organizzato in collaborazione con il Quartetto di Venezia e l’associazione Asolo Music (23 aprile, 21 maggio, 25 giugno, 17 settembre, 22 ottobre, 19 novembre 2016).
Sul fronte musicale si segnalano anche il «Concerto per cinque pianoforti e sei voci», evento conclusivo dell’ottava edizione della Solti Peretti Répétiteurs Masterclass (15 aprile 2016) e i due appuntamenti della rassegna «Musica, suono e sfera del sacro», uno intitolato «Marocco M'elmat e Jilala: musica per i jinn a Meknes» (20 ottobre 2016) e l’altro «Cuba. I tamburi batà nei rituali della santeria» (3 novembre 2016).
Per quanto riguarda l’arte, come ogni anno, da aprile a novembre, riaprirà Palazzo Cini a San Vio con il suo consueto programma di attività espositive, culturali e didattiche. Il programma inizierà in primavera con una mostra dedicata alla collezione di dipinti veneti di Vittorio Cini, ospitata al secondo piano. In autunno, invece, all’interno degli stessi spazi, è previsto un progetto espositivo dedicato all’attrice Lyda Borelli, a cura del Centro Studi Teatro della Fondazione Cini. Il 2016 vedrà, inoltre, la continuazione della rassegna «L’ospite a Palazzo» con l’esposizione del dipinto «San Marco di Andrea Mantegna, concesso dallo Städel Museum di Francoforte.
Mentre quattro sono le mostre in programma sull’Isola di San Giorgio Maggiore. Dal 26 maggio al 18 settembre, in concomitanza con la Biennale Architettura, si terrà «Cosmic Dance Two, by Lin Utzon», progetto dell’artista danese Lin Utzon ispirato alla celebre frase di Albert Einstein: «Esseri umani, vegetali, o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile». L’installazione comprende circa duecento opere tra ceramiche dipinte, sculture, dipinti a olio e disegni, realizzate dall’artista nel corso di più di vent’anni di lavoro.
In autunno è, invece, in agenda la mostra «Mani sapienti. Capolavori della miniatura italiana della Fondazione Giorgio Cini», curata da Federica Toniolo e Massimo Medica. L’esposizione presenta opere appartenenti all’istituzione veneziana, una delle più importanti sillogi di pagine e iniziali miniate del mondo, per lo più provenienti da libri liturgici dal XI al XVI secolo.
Le Stanze del Vetro apriranno la loro stagione espositiva con la mostra «Il vetro degli architetti. Vienna 1900 – 1937» (18 aprile – 31 luglio 2016), a cura di Rainald Franz, che allineerà oltre trecento opere provenienti dalla collezione del MAK – Austrian Museum of Applied Arts / Contemporary Art di Vienna e da collezioni private, realizzate da artisti come Josef Hoffmann, Koloman Moser, Joseph Maria Olbrich, Leopold Bauer, Otto Prutscher, Oskar Strnad, Oswald Haerdtl e Adolf Loos. Seguirà, quindi, la mostra «Paolo Venini e la sua fornace» (11 settembre 2016 - 8 gennaio 2017), curata da Marino Barovier, che racconterà la storia della vetreria veneziana e dei suoi designer, tra i quali si ricordano la ceramista svedese Tyra Lundgren, l’architetto Gio Ponti, Piero Fornasetti, il pittore Riccardo Licata, gli artisti e creativi Ken Scott, Charles Lin Tissot, Massimo Vignelli e Tobia Scarpa.
Tra i molti seminari e convegni internazionali che saranno organizzati nel corso dell’anno si segnalano la giornata di studi «Giovanni Bellini nel secolo d’oro di Venezia» (20-21 ottobre 2016), la conferenza «Experimental Music Theatre in Europe: 1950-1975 » (28-29 ottobre 2016) e l’incontro «Il futuro dei beni locali comuni con valore globale: Venezia e la sua laguna» (novembre 2016), organizzato in occasione dei cinquant’anni dall’alluvione del 1966. L’isola di San San Giorgio Maggiore ospiterà, inoltre, la quinta edizione del seminario di alta formazione sulla musica ottomana, diretto dal maestro Kudsi Erguner, «Bîrûn. I compositori greci nella musica classica ottomana» (14 – 19 marzo 2016) e «The Shylock Project. Shakespeare in Venice» (15 - 30 luglio 2016), summer school dedicata al grande poeta inglese e alla sua opera «Il mercante di Venezia», in occasione dei 400 anni dalla morte di Shakespeare e dei 500 anni dalla costituzione del Ghetto di Venezia.
Tra i progetti speciali si segnalano la terza edizione del Premio internazionale di traduzione poetica intitolato alla memoria di Benno Geiger e l’undicesima edizione di «Libri a San Giorgio», la rassegna che, con sei appuntamenti l’anno, presenta le novità editoriali della Fondazione Cini, frutto delle attività di ricerca dei suoi Istituti in diverse aree disciplinari: dalla storia dell’arte alla musica del ‘900, dalla storia della Serenissima a Vivaldi, dal teatro all’etnomusicologia.
Informazioni utili
Fondazione Giorgio Cini, Isola di San Giorgio Maggiore - Venezia, tel. 041.2710357, fax 041.2710221. Sito internet: www.cini.it.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
mercoledì 16 dicembre 2015
giovedì 26 novembre 2015
Benozzo Gozzoli, la «Madonna della Cintola» ritorna a Montefalco
Era il 1450 quando il giovane Benozzo Gozzoli dipingeva a Montefalco, per l’altare maggiore della Chiesa francescana di San Fortunato, una splendida pala raffigurante la Vergine Assunta al cielo nell’atto di donare la cintola a San Tommaso, come prova della sua assunzione.
Quell’opera, donata a papa Pio IX nel 1848 in occasione della concessione al borgo umbro del titolo di città e di solito conservata nella Pinacoteca vaticana, è ritornata questa estate nella sua sede originaria grazie al sostegno della Regione Umbria, della Fondazione Cassa di risparmio di Foligno, della Camera di commercio di Perugia e dell’Accademia di Montefalco.
L’occasione è stata offerta dal restauro che nei mesi scorsi ha interessato l’opera, realizzato nei laboratori del Musei vaticani da Alessandra Zarelli e Massimo Alesi, sotto la direzione di Arnold Nesselrath, grazie al protocollo d’intesa sottoscritto dal Comune di Montefalco, dal Consorzio Tutela Vini Montefalco, da Sistema Museo e dal Club dei Lions di Foligno.
Bellezza, armonia spirituale e mistica poesia regnano sovrane nella pala d’altare di Benozzo Gozzoli, che resterà in Umbria fino al prossimo 30 dicembre accostata agli altri affreschi commissionati dai conventuali all’artista, allievo del Beato Angelico, per la chiesa montefalchese. Il pubblico può così apprezzare la visione paradisiaca della «Madonna della Cintola» di San Fortunato accanto alla decorazione ad affresco delle leggiadre storie di San Francesco, in gran parte perduta, di cui sono conservate all’ingresso la lunetta con la «Madonna tra i Santi Francesco d’Assisi e Bernardino da Siena» e sulla parete nord due opere frammentarie, una ieratica figura di «San Fortunato» e una «Madonna col Bambino e un angelo» di incredibile bellezza. Benozzo dipinse la pala della «Madonna della Cintola» per l’altare maggiore della chiesa secondo i più aggiornati dettami del gusto rinascimentale fiorentino, non più divisa in pannelli e ornata da pinnacoli, ma costituita da un’unica tavola quadrata tra due pilastri corinzi, conclusa da una cornice, e completata in basso da una predella continua, dove le «Storie della Vergine» sono separate da pilastrini dipinti.
Nella tavola centrale della Pala di Montefalco, la Madonna, ispirata alle incantevoli Vergini dell’Angelico, appare seduta su un trono di nubi, mentre sale al cielo in una mandorla di luce dorata costituita da serafini delicatamente tratteggiati e incisi sull’oro del fondo con tocchi leggeri, delicate lumeggiature in oro e velature di colore rosso. Nella nube che funge da seggio per Maria occhieggiano due testine rosse che potrebbero essere interpretate sia come cherubini che come troni, dal momento che ogni artista era abbastanza libero nell’interpretazione dell’invisibile.
Una schiera di giovani angeli biondi, gli spiriti custodi, dalle vesti eleganti e multicolori e dalle acconciature raffinate, attornia la Vergine: due intenti a suonare il tamburello e il liuto, gli altri uniti nel coro celestiale che inneggia alla gloria di Maria. Sulle loro vesti, tra arabeschi e lettere cufiche ornamentali, si leggono gli epiteti con cui è invocata la Madonna negli inni e nelle Sacre Scritture.
Sull’orlo dorato del mantello della Vergine sono incise le invocazioni: «[Av]e Regina Madre Santa» e «Ave Regina C[i]elo». Nella veste dell’angelo abbigliato di azzurro a sinistra della Madonna si leggono sulla spalla le parole «Reg[i]na [Coeli]» e sul fianco «[S]a[n]cta V[i]r[go]».
L’angelo abbigliato in verde chiaro, posto in alto dietro alla Madonna, reca su una spalla la scritta in oro «Ave Maria», con cui ha inizio la preghiera mariana per eccellenza, la salutazione angelica.
L’evento dell’Assunzione di Maria al cielo è strettamente connesso nelle fonti al momento che lo precede, ovvero alla morte della Madonna. Nella nostra tavola la Madonna mentre sale al cielo si volge dolcemente verso l’apostolo Tommaso per offrirgli la sua cintura.
Tommaso, che già aveva dubitato della resurrezione di Cristo, riceve il dono a testimonianza dell’evento miracoloso dell’assunzione al cielo di Maria in anima e corpo. Il giovane Santo è raffigurato di profilo, con i capelli biondi e ricciuti alla moda, inginocchiato accanto al sarcofago e abbigliato con un ricco mantello rosa foderato di verde che si solleva per l’impeto e l’emozione dell’incontro con Maria dopo la sua morte e risurrezione. Sul bordo del mantello corre un’iscrizione in caratteri cufici ornamentali non leggibile. La cintura è verde e intessuta d’oro: si tratta di una reliquia che Benozzo e i devoti hanno probabilmente visto esposta nel Duomo di Prato durante alcune cerimonie solenni e in occasioni particolari in cui si invocava la fine di un’epidemia o di una guerra o del maltempo.
In posizione simmetrica rispetto alla figura di San Tommaso, è raffigurato un rigoglioso albero che si riconosce come un leccio. Negli scritti agiografici su San Fortunato si narra come alla sua morte i devoti raccolsero il suo bastone che miracolosamente prese vita germogliando e mettendo le radici. Intorno al convento di San Fortunato tuttora si estende uno splendido bosco di lecci. L’albero, quindi, raffigura l’attributo del Santo e richiama il bosco locale.
La rappresentazione della «Madonna che porge la cintola a San Tommaso» è molto diffusa in Toscana dove questo particolare culto mariano è vivo fin dal Medioevo e dove si conserva a Prato la reliquia di quella che è ritenuta la sacra cintura di Maria, costituita da una striscia di tessuto di colore verde intessuta d’oro.
A testimonianza della grande venerazione attribuita a tale reliquia anche in ambito francescano, lo stesso San Francesco nel 1212 vi si recò in pellegrinaggio e così pure San Bernardino da Siena nel 1424, mentre nel 1439 volle omaggiarla il pontefice Eugenio IV.
Informazioni utili
Benozzo Gozzoli. La Madonna della cintola. Complesso museale di San Francesco, via Ringhiera dell’Umbria, 6 - Montefalco (Perugia). Orari di apertura: ore 10.30-13.00 e ore 14.30-17.00; chiuso il lunedì e il martedì. Ingresso: intero € 7,00; ridotto € 5,00 (da 18 a 25 anni; convenzionati Tci); omaggio fino a 17 anni, giornalisti accreditati, soci Icom, residenti. Catalogo: Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: Sistema Museo, call center 199151123 (dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 15.00) e callcenter@sistemamuseo.it; Museo di Montefalco, tel. 0742.379598 o montefalco@sistemamuseo.it. Sito internet: www.museodimontefalco.it. Fino al 30 aprile 2016.
Quell’opera, donata a papa Pio IX nel 1848 in occasione della concessione al borgo umbro del titolo di città e di solito conservata nella Pinacoteca vaticana, è ritornata questa estate nella sua sede originaria grazie al sostegno della Regione Umbria, della Fondazione Cassa di risparmio di Foligno, della Camera di commercio di Perugia e dell’Accademia di Montefalco.
L’occasione è stata offerta dal restauro che nei mesi scorsi ha interessato l’opera, realizzato nei laboratori del Musei vaticani da Alessandra Zarelli e Massimo Alesi, sotto la direzione di Arnold Nesselrath, grazie al protocollo d’intesa sottoscritto dal Comune di Montefalco, dal Consorzio Tutela Vini Montefalco, da Sistema Museo e dal Club dei Lions di Foligno.
Bellezza, armonia spirituale e mistica poesia regnano sovrane nella pala d’altare di Benozzo Gozzoli, che resterà in Umbria fino al prossimo 30 dicembre accostata agli altri affreschi commissionati dai conventuali all’artista, allievo del Beato Angelico, per la chiesa montefalchese. Il pubblico può così apprezzare la visione paradisiaca della «Madonna della Cintola» di San Fortunato accanto alla decorazione ad affresco delle leggiadre storie di San Francesco, in gran parte perduta, di cui sono conservate all’ingresso la lunetta con la «Madonna tra i Santi Francesco d’Assisi e Bernardino da Siena» e sulla parete nord due opere frammentarie, una ieratica figura di «San Fortunato» e una «Madonna col Bambino e un angelo» di incredibile bellezza. Benozzo dipinse la pala della «Madonna della Cintola» per l’altare maggiore della chiesa secondo i più aggiornati dettami del gusto rinascimentale fiorentino, non più divisa in pannelli e ornata da pinnacoli, ma costituita da un’unica tavola quadrata tra due pilastri corinzi, conclusa da una cornice, e completata in basso da una predella continua, dove le «Storie della Vergine» sono separate da pilastrini dipinti.
Nella tavola centrale della Pala di Montefalco, la Madonna, ispirata alle incantevoli Vergini dell’Angelico, appare seduta su un trono di nubi, mentre sale al cielo in una mandorla di luce dorata costituita da serafini delicatamente tratteggiati e incisi sull’oro del fondo con tocchi leggeri, delicate lumeggiature in oro e velature di colore rosso. Nella nube che funge da seggio per Maria occhieggiano due testine rosse che potrebbero essere interpretate sia come cherubini che come troni, dal momento che ogni artista era abbastanza libero nell’interpretazione dell’invisibile.
Una schiera di giovani angeli biondi, gli spiriti custodi, dalle vesti eleganti e multicolori e dalle acconciature raffinate, attornia la Vergine: due intenti a suonare il tamburello e il liuto, gli altri uniti nel coro celestiale che inneggia alla gloria di Maria. Sulle loro vesti, tra arabeschi e lettere cufiche ornamentali, si leggono gli epiteti con cui è invocata la Madonna negli inni e nelle Sacre Scritture.
Sull’orlo dorato del mantello della Vergine sono incise le invocazioni: «[Av]e Regina Madre Santa» e «Ave Regina C[i]elo». Nella veste dell’angelo abbigliato di azzurro a sinistra della Madonna si leggono sulla spalla le parole «Reg[i]na [Coeli]» e sul fianco «[S]a[n]cta V[i]r[go]».
L’angelo abbigliato in verde chiaro, posto in alto dietro alla Madonna, reca su una spalla la scritta in oro «Ave Maria», con cui ha inizio la preghiera mariana per eccellenza, la salutazione angelica.
L’evento dell’Assunzione di Maria al cielo è strettamente connesso nelle fonti al momento che lo precede, ovvero alla morte della Madonna. Nella nostra tavola la Madonna mentre sale al cielo si volge dolcemente verso l’apostolo Tommaso per offrirgli la sua cintura.
Tommaso, che già aveva dubitato della resurrezione di Cristo, riceve il dono a testimonianza dell’evento miracoloso dell’assunzione al cielo di Maria in anima e corpo. Il giovane Santo è raffigurato di profilo, con i capelli biondi e ricciuti alla moda, inginocchiato accanto al sarcofago e abbigliato con un ricco mantello rosa foderato di verde che si solleva per l’impeto e l’emozione dell’incontro con Maria dopo la sua morte e risurrezione. Sul bordo del mantello corre un’iscrizione in caratteri cufici ornamentali non leggibile. La cintura è verde e intessuta d’oro: si tratta di una reliquia che Benozzo e i devoti hanno probabilmente visto esposta nel Duomo di Prato durante alcune cerimonie solenni e in occasioni particolari in cui si invocava la fine di un’epidemia o di una guerra o del maltempo.
In posizione simmetrica rispetto alla figura di San Tommaso, è raffigurato un rigoglioso albero che si riconosce come un leccio. Negli scritti agiografici su San Fortunato si narra come alla sua morte i devoti raccolsero il suo bastone che miracolosamente prese vita germogliando e mettendo le radici. Intorno al convento di San Fortunato tuttora si estende uno splendido bosco di lecci. L’albero, quindi, raffigura l’attributo del Santo e richiama il bosco locale.
La rappresentazione della «Madonna che porge la cintola a San Tommaso» è molto diffusa in Toscana dove questo particolare culto mariano è vivo fin dal Medioevo e dove si conserva a Prato la reliquia di quella che è ritenuta la sacra cintura di Maria, costituita da una striscia di tessuto di colore verde intessuta d’oro.
A testimonianza della grande venerazione attribuita a tale reliquia anche in ambito francescano, lo stesso San Francesco nel 1212 vi si recò in pellegrinaggio e così pure San Bernardino da Siena nel 1424, mentre nel 1439 volle omaggiarla il pontefice Eugenio IV.
Informazioni utili
Benozzo Gozzoli. La Madonna della cintola. Complesso museale di San Francesco, via Ringhiera dell’Umbria, 6 - Montefalco (Perugia). Orari di apertura: ore 10.30-13.00 e ore 14.30-17.00; chiuso il lunedì e il martedì. Ingresso: intero € 7,00; ridotto € 5,00 (da 18 a 25 anni; convenzionati Tci); omaggio fino a 17 anni, giornalisti accreditati, soci Icom, residenti. Catalogo: Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (Milano). Informazioni: Sistema Museo, call center 199151123 (dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 15.00) e callcenter@sistemamuseo.it; Museo di Montefalco, tel. 0742.379598 o montefalco@sistemamuseo.it. Sito internet: www.museodimontefalco.it. Fino al 30 aprile 2016.
mercoledì 25 novembre 2015
Marchesi Antinori, un’installazione permanente di Giorgio Andreotta Calò per la cantina di Bargino
È Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979) l’artista scelto dalla Marchesi Antinori per arricchire il progetto artistico ideato nel 2012, in occasione dell’inaugurazione della nuovo cantina a Bargino, con l’intento di promuovere le arti visive contemporanee. È, infatti, del giovane veneziano, che ha partecipato alla cinquantaquattresima edizione della Biennale di Venezia e che per anni ha collaborato con Ilya ed Emilia Kabakov, l’opera «Clessidra (serie AB)», da pochi giorni collocata nella monumentale e seducente struttura scavata nelle terre del Chianti classico dall’architetto Marco Casamonti.
Dopo Yona Friedman, Rosa Barba, Jean-Baptiste Decavèle e Tomàs Saraceno, la curatrice Ilaria Bonacossa ha scelto, quindi, di puntare su un giovane talento italiano, con all’attivo studi alla KunstHochSchule (2003-2004) di Berlino e una residenza d’artista alla Villa Arson di Nizza.
L’opera, che è stata presentata contemporaneamente al libro monografico «Prima che sia notte» della Archive Books, è una scultura nata dalla riproduzione in bronzo di una bricola, il massiccio palo di legno usato per ormeggiare le barche a Venezia. Corroso dal perenne movimento delle maree della laguna, questo oggetto viene sdoppiato dall’artista: la parte superiore è il riflesso simmetrico di quello inferiore, evocando nuovamente la laguna e il suo orizzonte specchiato. La scultura parla così del tempo e del suo scorrere, matrice d’incessanti trasformazioni, e lo fa catturando in bronzo il processo di corrosione, appena prima che le due parti del tronco si rompano separandosi. La clessidra non è, quindi, solo una forma, ma è anche simbolo del tempo e del suo lavoro.
Giorgio Andreotta Calò fa così un richiamo simbolico alla cantina Antinori, dove un vino perfetto non è solo frutto del lavoro della mano umana, ma anche dell’imprescindibile contributo del tempo.
Lo spazio scelto per la collocazione dell’opera è uno dei più suggestivi della cantina di Bargino: le grandi vetrate che corrono lungo tutto il fronte della struttura accolta nel ventre della collina, da cui si possono vedere i filari di giovani viti scandire il paesaggio del Chianti. Luogo di raccordo tra natura e opera umana, il punto scelto per l’allestimento enfatizza l'opera con la sua atmosfera immersiva. La verticalità della scultura dialoga con l’orizzonte e riporta il tronco da cui è nata l’opera a un nuovo rapporto con la natura. «Clessidra (serie AB)» s’inserisce nella ricerca formale di Giorgio Andreotta Calò, giovane artista che mette in discussione le tradizionali tecniche scultoree e converte forme rubate al paesaggio in opere concettuali che cristallizzano la forza creativa e distruttiva della Natura, in un’ode all’entropia dell’universo.
Con l’acquisizione di questa nuova opera, Antinori nel Chianti classico prosegue l’impegno per le arti del nostro tempo avviato con Antinori Art Project, piattaforma che porta avanti l’attività di collezionismo della famiglia toscana, indirizzandola però verso il contemporaneo. Ma chi accede alla cantina di Bargino ha anche la possibilità di visionare parte della collezione di famiglia comprendente dipinti, ceramiche, tessuti pregiati e antichi manoscritti, prima conservati nello storico Palazzo Antinori di Firenze e ora, grazie al contributo di Giovanna Giusti, collaboratrice degli Uffizi, resi accessibili a chi, giornalmente, visita la zona del Chianti classico, alla ricerca di esplorazioni legate alle degustazioni e a esperienze sinestetiche.
Didascalie delle immagini
[Figg.1, 2 e 3] Giorgio Andreotta Calò, Clessidra (serie AB), veduta dell’installazione e dettagli @Cantina Antinori. Foto di Nuvola Ravera.
Informazioni utili
Antinori nel Chianti Classico, via Cassia per Siena, 133 | Località Bargino - 50026 San Casciano Val di Pesa (Firenze). Come raggiungere la cantina: a 15 km da Firenze in direzione Siena, sulla superstrada Autopalio, uscita Bargino | Coordinate GPS : +43° 36’ 43.30”, +11° 11’ 29.76”. Orari: ore 11.00-18.00 (apertura della sezione museale con visite guidate); è obbligatoria la prenotazione per i gruppi. Informazioni: tel. 055.2359700, visite@antinorichianticlassico.it. Sito internet: www.antinorichianticlassico.it o www.antinoriartproject.it.
Dopo Yona Friedman, Rosa Barba, Jean-Baptiste Decavèle e Tomàs Saraceno, la curatrice Ilaria Bonacossa ha scelto, quindi, di puntare su un giovane talento italiano, con all’attivo studi alla KunstHochSchule (2003-2004) di Berlino e una residenza d’artista alla Villa Arson di Nizza.
L’opera, che è stata presentata contemporaneamente al libro monografico «Prima che sia notte» della Archive Books, è una scultura nata dalla riproduzione in bronzo di una bricola, il massiccio palo di legno usato per ormeggiare le barche a Venezia. Corroso dal perenne movimento delle maree della laguna, questo oggetto viene sdoppiato dall’artista: la parte superiore è il riflesso simmetrico di quello inferiore, evocando nuovamente la laguna e il suo orizzonte specchiato. La scultura parla così del tempo e del suo scorrere, matrice d’incessanti trasformazioni, e lo fa catturando in bronzo il processo di corrosione, appena prima che le due parti del tronco si rompano separandosi. La clessidra non è, quindi, solo una forma, ma è anche simbolo del tempo e del suo lavoro.
Giorgio Andreotta Calò fa così un richiamo simbolico alla cantina Antinori, dove un vino perfetto non è solo frutto del lavoro della mano umana, ma anche dell’imprescindibile contributo del tempo.
Lo spazio scelto per la collocazione dell’opera è uno dei più suggestivi della cantina di Bargino: le grandi vetrate che corrono lungo tutto il fronte della struttura accolta nel ventre della collina, da cui si possono vedere i filari di giovani viti scandire il paesaggio del Chianti. Luogo di raccordo tra natura e opera umana, il punto scelto per l’allestimento enfatizza l'opera con la sua atmosfera immersiva. La verticalità della scultura dialoga con l’orizzonte e riporta il tronco da cui è nata l’opera a un nuovo rapporto con la natura. «Clessidra (serie AB)» s’inserisce nella ricerca formale di Giorgio Andreotta Calò, giovane artista che mette in discussione le tradizionali tecniche scultoree e converte forme rubate al paesaggio in opere concettuali che cristallizzano la forza creativa e distruttiva della Natura, in un’ode all’entropia dell’universo.
Con l’acquisizione di questa nuova opera, Antinori nel Chianti classico prosegue l’impegno per le arti del nostro tempo avviato con Antinori Art Project, piattaforma che porta avanti l’attività di collezionismo della famiglia toscana, indirizzandola però verso il contemporaneo. Ma chi accede alla cantina di Bargino ha anche la possibilità di visionare parte della collezione di famiglia comprendente dipinti, ceramiche, tessuti pregiati e antichi manoscritti, prima conservati nello storico Palazzo Antinori di Firenze e ora, grazie al contributo di Giovanna Giusti, collaboratrice degli Uffizi, resi accessibili a chi, giornalmente, visita la zona del Chianti classico, alla ricerca di esplorazioni legate alle degustazioni e a esperienze sinestetiche.
Didascalie delle immagini
[Figg.1, 2 e 3] Giorgio Andreotta Calò, Clessidra (serie AB), veduta dell’installazione e dettagli @Cantina Antinori. Foto di Nuvola Ravera.
Informazioni utili
Antinori nel Chianti Classico, via Cassia per Siena, 133 | Località Bargino - 50026 San Casciano Val di Pesa (Firenze). Come raggiungere la cantina: a 15 km da Firenze in direzione Siena, sulla superstrada Autopalio, uscita Bargino | Coordinate GPS : +43° 36’ 43.30”, +11° 11’ 29.76”. Orari: ore 11.00-18.00 (apertura della sezione museale con visite guidate); è obbligatoria la prenotazione per i gruppi. Informazioni: tel. 055.2359700, visite@antinorichianticlassico.it. Sito internet: www.antinorichianticlassico.it o www.antinoriartproject.it.
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