ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 26 novembre 2024

«Restituzioni», Intesa Sanpaolo finanzia il restauro degli affreschi di Castelseprio

«Castrum Seprum destruatur, et destructum perpetuo teneatur et nullus audeat vel praesumat in ipso Monte habitare»
. «Castel Seprio sia smantellato e perpetuamente tenuto tale, né alcuno osi o presuma di potervi ancora abitare». Con queste parole, nella notte tra il 28 e il 29 marzo 1287, l'arcivescovo Ottone Visconti, signore di Milano, dopo aver sconfitto la famiglia dei Torriani, proclamava la fine del castrum sorto, nel IV secolo d.C., lungo la via che collegava Como a Novara, a difesa dei confini al di qua delle Alpi.
Alla distruzione sopravvisse la sola chiesa di santa Maria foris portas, luogo sacro inserito dal giugno 2011 nella lista dei Patrimoni mondiali dell'Umanità di Unesco, insieme con altri sei siti densi di testimonianze architettoniche e pittoriche dell’età longobarda.
La fama di questo luogo, che fu scoperta il 7 maggio 1944 dallo storico e archeologo lombardo Gian Piero Bognetti, è legata al ciclo di affreschi che decora il vano dell'abside, considerato una tra le più alte testimonianze della pittura muraria nell'alto Medioevo.
Si rivela, dunque, prezioso l’intervento di monitoraggio e di manutenzione delle opere pittoriche in programma fino alla primavera del 2025, che vedrà al lavoro Luigi Parma e che è stato promosso nell’ambito di «Restituzioni», il programma biennale di restauri di opere d’arte appartenenti al patrimonio culturale italiano, a cura di Intesa Sanpaolo.
L’intervento conservativo, a cui potranno assistere i visitatori nei consueti orari di apertura della chiesa, consentirà una mappatura completa dello stato di conservazione degli affreschi, una spolveratura e una pulitura a secco, agendo con iniezioni di malta idraulica naturale laddove si rilevassero distacchi dell’intonaco.

Le origini del piccolo edificio religioso, ora sconsacrato, sono difficilmente ricostruibili: in passato si è pensato che l’edificazione della chiesa fosse databile al VII-VIII secolo; oggi, in seguito a un’accurata ricerca di Carlo Bertelli (supportata dall’esame della termoluminescenza), si è spostata l’epoca di fondazione intorno al secondo quarto del IX secolo, all’interno della temperie culturale carolingia. Sebbene edificata con materiali poveri e rinvenuti in zona, quali ciottoli di fiume, l'architettura è raffinata e mostra forti influenze mediorientali (siriache per la precisione), come ben documenta la pianta a trifoglio, non comune in Occidente.
Delle tre absidi, una sola sussiste, ed è quella dove si trovano le pitture rinvenute da Giampiero Bognetti e rimaste a lungo nascoste sotto uno strato d'intonaco quattrocentesco.

Il programma pittorico, la cui squisita ricchezza contrasta con la disadorna umiltà delle pareti dell’aula, racconta, con un linguaggio fortemente naturalistico e impressionistico, storie dell’infanzia di Gesù (dall’Annunciazione alla presentazione al tempio) e celebra il dogma dell’Incarnazione, tema caro alla teologia dei cristiani d’Oriente, nel quale si «parla» della consustanzialità di Cristo, ovvero della perfetta unione tra natura umana, implicita nei soggetti della vita di Cristo incarnato, e natura divina, come nella rappresentazione del Cristo pantocrator. Anche la fonte ha provenienza orientale: ai Vangeli canonici si è preferito un testo apocrifo, compilato in Egitto e diffuso con il nome di Protovangelo di Giacomo.
Difficile datare le pitture, che risalgono in ogni caso a prima della metà del X secolo, per via di un'iscrizione, graffita al di sopra della superficie pittorica, che ricorda Arderico, arcivescovo di Milano, eletto nel 936 e morto nel 948. Tre sono le principali ipotesi: l’età tardo antica (VI secolo), quando a seguito della guerra greco-gotica la penisola fu conquistata dai bizantini; l’età Longobarda (VII secolo) quando, per contrastare l’eresia ariana che negava la natura divina di Cristo, si ribadirono le miracolose storie legate al suo concepimento; e il IX secolo, nel contesto della contrapposizione tra Chiesa orientale e papato sul culto rivolto alle immagini sacre.

La straordinaria libertà nelle composizioni, l'uso di uno spazio illusionistico e scenografico, insieme alle figure allungate e a una tecnica rapida, di grande freschezza, giocata su una combinazione di pochi, essenziali colori (ocra, calce, nero di carbone) ci riportano a un'atmosfera anticheggiante, memore della grande pittura romano-classica.
La tecnica pittorica del frescante, conosciuto come Maestro di Castelseprio e forse originario di Costantinopoli dato che i nomi dei personaggi sono riportati in caratteri greci, appare sapiente: la sua mano sembra veloce e sicura (in alcuni casi il disegno dei contorni è fatto direttamente col colore), le velature danno una luminosità diffusa, le ombre sono ben definite e le lumeggiature appaiono pastose.
Il ciclo affrescato, disposto su due ordini e non diviso da riquadri, ha inizio, nell’emiciclo absidale, in alto a sinistra, con la scena dell’Annunciazione, dove l’angelo sorprende Maria intenta a filare, il tutto sotto lo sguardo comprensibilmente meravigliato di una giovane donna, forse un’amica della Vergine.
Seguono l’episodio della Visitazione, del quale una larga crepa ha purtroppo cancellato la figura di santa Elisabetta, e quello con la cosiddetta «Prova delle acque amare», prescritta dalla legge ebraica per accertare le gravidanze sospette e a cui anche Maria, secondo i Vangeli apocrifi, si sottopose. Dopo un tondo con il busto del Cristo benedicente, a cui ne corrispondeva uno oggi perduto con l’immagine del Battista, ci troviamo davanti all’Apparizione dell’angelo a san Giuseppe, scena maestosa e delicata al medesimo tempo, ricca di dettagli finissimi. La narrazione riprende con la raffigurazione del viaggio a Betlemme, con un tenero dialogo tra i due sposi, Maria sull’asino e Giuseppe che la segue a piedi.
Passando dalla fascia superiore a quella inferiore, si vedono raffigurate la Natività e l’annuncio ai pastori: su un fondo roccioso illuminato dalla cometa, la Madonna, adagiata su un giaciglio, ha di fronte a sé l’incredula levatrice Salomè, mentre in basso altre due donne lavano il Bambino. Giuseppe siede in disparte, in attesa pensosa; sopra di lui, dietro a una roccia, in vista di una città, l’angelo annuncia la nascita del Cristo. Solo un albero divide questa scena dalla successiva: l’Adorazione dei Magi. Ritornando verso il centro dell’abside, incontriamo, infine, la presentazione al tempio: la Vergine, attorniata da Giuseppe e da altri due personaggi, porge il Bambino al vecchio sacerdote Simeone che lo accoglie con la mano sinistra velata.

L’ultimo importante intervento di restauro sul ciclo di affreschi risale ai primi anni Novanta e fu eseguito dalla nota restauratrice lombarda Pinin Brambilla, il cui nome è legato agli interventi conservativi alle pitture di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova e agli affreschi di Masolino da Panicale nel Battistero di Castiglione Olona, ma soprattutto all’impresa ventennale per salvare dall’incuria del tempo «Il Cenacolo» di Leonardo da Vinci, nel monastero del santuario di Santa Maria delle Grazie di Milano.

Quest’ultimo restauro degli affreschi di Castelseprio – racconta Luigi Parma - «rimane ancora molto valido e storicizzato» e «sarà preservato». L’intervento tecnico avrà, dunque, carattere conservativo e manutentivo. «Si procederà» – spiega, con precisione, il restauratore - «con un’attenta osservazione degli affreschi accompagnata da una documentazione fotografica preliminare con riprese a luce diffusa e in luce radente per verificare la complanarità dell’intonaco e la presenza di eventuali sollevamenti e decoesioni della materia pittorica. Tramite battitura sarà verificato lo stato di adesione dell’intonaco alle murature con la stesura di una mappatura di ogni scena, redatta digitalmente in formato editabile con relative legende, dove verranno segnalate eventuali zone di distacco, problemi di adesione o di coesione dell’intonachino con l’arriccio e tra l’arriccio e supporto murario. Si interverrà con una leggera spolveratura con pennellesse morbide allo scopo di rimuovere il materiale lipofilo superficiale senza intervenire sulle aree con decoesione ed eventuali sollevamenti della materia pittorica.
Successivamente si procederà con una pulitura a secco mediante spugne Wishab per rimuovere la stratificazione lipofila più tenace. Quindi si procederà con il consolidamento profondo delle zone di intonaco decoeso dal supporto murario con iniezioni di malta idraulica naturale tipo Ledan. Le eventuali zone di decoesione tra intonachino e arriccio verranno risolte con iniezioni di resina acrilica Primal. Le incongruenze materiche riscontrate sul supporto murario nelle zone inferiori saranno rimosse meccanicamente con micro-scalpelli. La successiva stesura materica sarà effettuata con malta a base di calce Lafarge e sabbia selezionata di granulometria e cromatismo simile all’intonaco. Eventuali decoesioni e sollevamenti di materia pittorica saranno risolte localmente mediante l’impiego di nanotecnologie».

La chiesa di santa Maria foris portas a Castelseprio, tra il verde lussureggiante della natura, è, dunque, pronta a vivere una nuova stagione, diventando anche scenario di un cantiere di restauro aperto, un’occasione sempre di grande interesse per il pubblico.

Didascalie delle immagini
[fig.1] Veduta esterna della chiesa di santa Maria foris portas, a Castelseprio; [fig. 2 e fig. 3] Veduta interna della chiesa di santa Maria foris portas, a Castelseprio; [fig. 4] Maestro di Castelseprio, «Cristo benedicente», s.d..Castelseprio, chiesa di santa Maria foris portas; [fig. 5] Maestro di Castelseprio, «Presentazione al Tempio», s.d..Castelseprio, chiesa di santa Maria foris portas; [fig. 6] Maestro di Castelseprio, «Sogno di san Giuseppe», s.d..Castelseprio, chiesa di santa Maria foris portas; [fig. 7] Maestro di Castelseprio, «Andata a Betlemme», s.d..Castelseprio, chiesa di santa Maria foris portas

Informazioni utili 
Chiesa di Santa Maria Foris Portas, via Castelvecchio, 1514 - Castelseprio (Varese). Orari: martedì e mercoledì, ore 9.00-14.00; giovedì, venerdì e sabato ore 13.30-18.30; domenica e festivi* ore 13.30-18-30 [*Per tutto il mese di Novembre e Dicembre 2024 il Parco Archeologico resterà chiuso domeniche e i festivi]. Informazioni: tel. +39 0331820438 e fax +39 0331855816, parcoarcheologico.castelseprio@beniculturali.it. Sito internet: http://www.antiquarium.castelseprio.beniculturali.it/

lunedì 25 novembre 2024

«Il sole d’autunno»: un «capolavoro ritrovato» di Giovanni Segantini


Era il 2 maggio del 1887 quando a Venezia, all’interno dei Giardini napoleonici, poco distante dalla Basilica di San Marco e dal Palazzo dei Dogi, si apriva, alla presenza del re Umberto I di Savoia, la quinta Esposizione nazionale di belle arti.

Nei mesi precedenti alcuni pittori veneziani, maestri della locale scuola del vero e del colore, come Giacomo Favretto, Lugi Nono, Beppe Ciardi e Antonio Rotta, tutti membri del Comitato esecutivo, si erano incontrati ripetutamente ai tavolini del vicino caffè Florian, sotto le Procuratie Vecchie, per discutere in merito alla scelta delle opere da esporre. Tutti desideravano che da quella rassegna potesse emanare la fisionomia di una nuova arte nazionale non più divisa in scuole regionali. L’intento, alla fine, riuscì: dopo un’accurata selezione, a Venezia arrivarono da tutta Italia centinaia di opere di pittura, scultura, architettura e arti applicate all’industria, rappresentative dei più differenti generi.

Incoraggiato dal proprio mercante, Alberto Grubicy, anche Giovanni Segantini (Arco, 1858 – Monte Schafberg, 1899) - che allora viveva nei Grigioni svizzeri, immerso nella natura e nella solitudine dell’alta montagna di Savognino - decise di proporre la sua recente produzione per la mostra lagunare e, alla fine, presentò cinque dipinti. Erano «Alla stanga», «Ritratto», «Tosatura», «Ave Maria» e «Sole d’autunno», tele dalle pennellate larghe e corpose, animate da un nuovo senso del colore e della luce, che fanno propria la frammentazione ottica del Divisionismo.

Una di queste opere è esposta, fino al 26 gennaio 2025, alla Galleria civica «Giovanni Segantini» di Arco in un allestimento, a cura del giovane storico dell’arte Niccolò D’Agati, intitolato «Il capolavoro ritrovato». Si tratta de «Il sole d’autunno», un dipinto di grandi dimensioni (novanta centimetri d'altezza per quasi due metri di larghezza, senza cornice), del quale il carteggio segantiniano con le lettere per la partecipazione alla quinta Esposizione nazionale di belle arti del 1887, conservato nell’Archivio storico della Biennale di Venezia (Asac), fornisce qualche informazione in più: quel quadro, chiamato dall’artista altoatesino anche «Vacca bianca all’abbeveratoio», fu il suo primo dipinto realizzato nei Grigioni e fu il frutto di un «lavoro di cinque anni», nel «tener calcolo del colore come bellezza armonica».

Giunto di recente nelle raccolte d’arte del Comune di Arco
, dopo una spesa di 3 milioni di euro, che ne fanno – si legge nella nota stampa - «uno dei più grandi acquisti pubblici mai avvenuti di un’opera del nostro Ottocento e in particolare la maggiore acquisizione segantiniana a partire dal 1927», il quadro ha una storia collezionistica di grande prestigio. Dapprima è nelle mani del mercante Alberto Grubicy (1887), poi passa a quelle dell’importante famiglia Dall’Acqua (1894), transitando, infine, nella raccolta del banchiere milanese Mario Rossello (ante 1926), che nella sua vita, con curiosità e discrezione, ha acquisito opere di importanti maestri dell’arte italiana del XIX secolo quali Giovanni Boldini, Tranquillo Cremona, Giuseppe De Nittis, Francesco Hayez, Domenico Induno, Mosè Bianchi e Giovanni Fattori, come ha raccontato nel 2016 il libro «La collezione segreta», a cura di Elisabetta Staudacher e Francesco Luigi Maspes.

Non più esposto al pubblico dal 1954, l’anno della rassegna «Pittori lombardi del secondo Ottocento», tenutasi a Como, nella sale della Villa comunale dell’Olmo, «Il sole d’autunno» ritorna, dunque, a farsi ammirare dal pubblico dopo settant’anni, mostrando un paesaggio agreste, privo di cielo, con in primo piano una donna, ripresa di spalle, che si abbevera a una fontana, e una mucca, aggiogata a un carretto, e sullo sfondo i prati e le poche case di Savognino.

Strettamente connessa all’opera «Alla Stanga» (1885-1886), oggi conservata alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, la tela di Arco, che si presenta in ottimo stato di conservazione, costituisce un vero e proprio momento di frattura nel lessico stilistico dell’artista trentino. Con questo lavoro, Giovanni Segantini supera, infatti, l’impasse letteraria dell’idillio tragico ed elegiaco che aveva caratterizzato i primi anni Ottanta del XIX secolo. Dal «paesaggio crepuscolare» del periodo in Brianza, dove si era trasferito dopo gli studi a Milano, documentato da tele come «Il bacio alla croce» del 1883 (Amsterdam, Stedelijk Museum) e «A messa prima» del 1885 (Saint-Moritz, Museo Segantini»), l’artista altoatesino approda a un «simbolismo naturalistico», che esalta la natura nei suoi valori essenziali, svincolandola così da una rilettura sentimentale per avvicinarla, invece, a una concezione panica e universale.

Per quanto riguarda il soggetto, tratto dal mondo agreste di cui Giovanni Segantini ama la semplicità e la quiete, «Il sole d’autunno» si presenta in linea di continuità con altri capolavori del periodo come «Ave Maria a trasbordo» del 1886 (St. Mortiz, Segantini Museum), «Allo sciogliersi delle nevi» del 1888 (St. Moritz, Segantini Museum) e «Vacche aggiogate» del 1888 (Basilea, Kunstmuseum).

C'è, in questi lavori, tutto il legame mistico e viscerale con il territorio montano, che l'artista raccontava così: «la Natura era divenuta per me come un istrumento che suonava accompagnando ciò che cantava il mio cuore. Ed esso cantava le armonie calme dei tramonti ed il senso intimo delle cose, nutrendo così il mio spirito d’una melanconia grande, che producevami nell’anima una dolcezza infinita».

Didascalie delle immagini
Giovanni Segantini, Sole d’autunno, 1887, Olio su tela, 90 x 192 cm

Informazioni utili

venerdì 22 novembre 2024

Milano Drawing Week 2024: nove giorni e tredici sedi per raccontare la varietà del disegno

Siamo stati educati a pensare al disegno come un momento fondamentale, perché primigenio, per il processo creativo di ogni opera d’arte. Che sia un acquerello, un collage, una gouache, un pastello, una china, uno schizzo a carboncino, un segno con la sanguigna o un semplice tratto di grafite, questa forma espressiva è sempre stata considerata come il mezzo per fissare sulla carta, con uno stile rapido e asciutto, il primo abbozzo di un progetto da realizzare o, soprattutto negli anni del Grand Tour (e comunque prima dell’avvento della fotografia), un modo per conservare la memoria di ciò che si era visto. Ma, sin dal Rinascimento, il disegno non è solo funzionale, è anche autonomo, cioè fine a se stesso, tanto che Leonardo da Vinci lo definì «uno strumento conoscitivo della natura in ogni suo aspetto, bello o caricaturale» e Giorgio Vasari lo considerò «il padre delle tre arti nostre: architettura, pittura e scultura».

Da quattro anni la Collezione Ramo, che il grande pubblico ha conosciuto solo nel 2018 grazie a una mostra che è stata presentata anche all’Estorick Collection di Londra e al Menil Drawing Institute di Houston, è impegnata nella valorizzazione di questa forma espressiva con la Milano Drawing Week. L’iniziativa, a cura di Irina Zucca Alessandrelli, che si occupa anche della sezione «Disegni» di «Artissima», quest’anno è in programma da sabato 23 novembre a domenica 1° dicembre.

Per nove giorni tredici spazi cittadini - prevalentemente gallerie private quali Ciaccia Levi, kaufmann repetto, Loom Gallery, Monica De Cardenas, Nashira Gallery, Settantaventidue, Spazio Lima e Vistamare - ospiteranno una serie di mostre con maestri del secolo scorso, artisti contemporanei già affermati e giovani emergenti, con l’obiettivo di valorizzare la produzione su carta, o meglio la polifonia delle voci che la animano, e promuovere così la sua conoscenza presso un pubblico sempre più ampio.

Il progetto espositivo vedrà anche la partecipazione di due gallerie in trasferta: la APalazzoGallery di Brescia, che sarà ospitata da Ace, ed Ex Elettrofonica di Roma, che avrà la sua sede temporanea da ArtNoble Gallery.

In questa grande festa diffusa del disegno, che ha il suo cuore nella ricca Collezione Ramo, il cui catalogo generale è stato pubblicato nel 2018 da Silvana editoriale, sono coinvolte, poi, anche tre istituzioni civiche, ovvero il Gabinetto dei disegni del Castello Sforzesco, la Cittadella degli Archivi e la Casa degli artisti.

Enrico Baj (Milano, 1924 – Vergiate, 2003), Alberto Burri (Città di Castello, 1915 - Nizza, Francia, 1995), Domenico Gnoli (Roma, 1933 - New York, New York, Stati Uniti, 1970), Piero Manzoni (Soncino, 1933 - Milano 1963), Fausto Melotti (Rovereto, 1901 - Milano, 1986), Mario Merz (Milano, 1925 - Torino, 2003), Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), Carol Rama (Torino, 1918 - Torino, 2015), Emilio Scanavino (Genova, 1922 - Milano, 1986) e Irma Blank (Celle, Germania, 1934 - Milano, 2023), tutti artisti ormai storicizzati, sono messi in dialogo con Alexandra Barth (Malacky, Slovakia, 1989), Monia Ben Hamouda (Milano, 1991), Sergio Breviario (Bergamo, 1974), Corydon Cowansage (Philadelphia, Pennsylvania, Stati Uniti, 1985), Giulia Dall’Olio (Bologna, 1983), Leonardo Devito (Firenze, 1997), Tom Friedman (Louis Park, Minnesota, Stati Uniti, 1953), Alex Katz (Brooklyn, New York, Stati Uniti, 1927), Marco Paleari (Desio, 1998) e Nathlie Provosty (Cincinnati, Ohio, Stati Uniti, 1981).

La festa di inaugurazione si terrà venerdì 22 novembre, alle ore 18:30, alla Casa degli artisti, con una performance musicale di Steasy, alla batteria, ed Enrico Bondi, al sintetizzatore modulare, e con l’inaugurazione della mostra «Carta rampante e attrezzo disegnante» di Manuel Scano Larrazàbal. Si tratta di una grande installazione, frutto di una residenza d’artista, la prima alla Collezione Ramo, che comprende un gigantesco disegno rotante e una macchina che disegna in tempo reale con pennarelli sospesi.

Un’altra novità della Milano Design Week è il coinvolgimento della Cittadella degli Archivi, nel quartiere Bicocca Niguarda, che ospiterà la collettiva «Attitudine politica. Artisti dell’America Latina dall’Archivio di Paulo Bruscky», esposta in Italia per la prima volta dopo la presentazione, nel 2023, all’Instituto de arte contemporanea Iac di San Paolo. La mostra, curata da Jacopo Crivelli Visconti, direttore della Albuquerque Foundation di Sintra (Portogallo), presenta opere sfuggite alla censura delle dittature dell’America Latina e raccolte nell’archivio di arte postale dell’artista brasiliano, classe 1949, mai esposto prima al di fuori dei confini brasiliani. Per conoscere meglio questo progetto è stato organizzato anche un talk, alla presenza di Paulo Bruscky, per la mattinata di domenica 24 novembre.

Mentre al Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco sarà visibile la mostra «Alberto Martini: la Danza macabra», in dialogo con il lavoro «Libro dimenticato a memoria» di Vincenzo Agnetti.

Altro spazio affascinante di Milano che parteciperà alla Milano Drawing Week è la Pinacoteca ambrosiana, che nel pomeriggio di sabato 30 novembre farà da scenario all’incontro «L’unicità del disegno italiano. Dialogo tra Rinascimento e ‘900», con Irina Zucca Alessandrelli e Furio Rinaldi, curatore del Dipartimento disegni e stampe del Fine Arts Museums di San Francisco.
Il festival propone, infatti, in anteprima per questa edizione un ricco programma di talk, visite guidate e laboratori sulla pratica del disegno, concepito per essere accessibile e coinvolgente verso ogni tipo di pubblico. Il calendario include anche workshop con attività strutturate per adulti e bambini, mirate alla realizzazione di un elaborato ogni volta diverso e che permetta di sperimentare le molteplici tecniche che caratterizzano il lavoro su carta.

Torna, inoltre, per il secondo anno anche il Premio Milano Drawing Week (del valore di 3mila euro, grazie al sostegno del gruppo Censeo). Si tratta di pochissimi riconoscimenti dedicati al disegno in Italia e verrà assegnato a uno degli artisti contemporanei partecipanti come incentivo per la continuità nella produzione su carta. 

Il progetto della quarta edizione della settimana milanese ideata, con passione e competenza, da sIrina Zucca Alessandrelli i configura, dunque, vario e ben strutturato, in grado di poter suscitare l’interesse di un largo pubblico verso un linguaggio espressivo che, già alla fine del XIV secolo, Cennino Cennini definiva «il fondamento dell’arte».

Didascalie delle immagini 
1. Manuel Scano Larrazàbal, Senza titolo, 2024, inchiostro su carta, 400 x 300 cm (dettaglio). Dalla mostra Carta Rampante e Attrezzo Disegnante prodotta e organizzata da Collezione Ramo presso Casa degli Artisti; 2. Diego Barboza, Arte como gente ente como arte, 35.5 x 32.2 cm. Dall'Archivio Paulo Bruscky in mostra alla Cittadella degli Archivi del Comune di Milano nell'ambito di Attitudine politica. Artisti dell'America Latina dall'Archivio di Paulo Bruscky, a cura di Jacopo Crivelli Visconti; 3. Alberto Martini, La guerra, circa 1905-1906, penna e inchiostro, inchiostro di china su cartoncino, 35.8 x 50 cm. Courtesy Gabinetto dei Disegni, Castello Sforzesco, Milano: 4. Irma Blank, Ur-schrift ovvero Avant-testo, 2000-2001, penna su carta, 25 x 17.6 cm. Courtesy Collezione Ramo, Milano; 5. Monia Ben Hamouda, Rage moving through generations (97), 2024, carboncino, pastelli e pastelli a olio su carta avorio, 29.7 x 21 cm.Courtesy dell’artista e ChertLüdde, Berlino. Foto di Giulio Boem;  6. Enrico Baj, Senza titolo, studio per La nascita degli dei, 1986, matita grafite e penna su carta, 33.4 x 32.9 cm. Courtesy Collezione Ramo, Milano; 7. Corydon Cowansage, Blue, Red, Pink, 2024, acrilico su carta, 24 x 24 cm, Courtesy l’artista e kaufmann repetto Milano/New York, Foto di Olivia Divecchia; 8. Alex Katz, Vivien, 2016, carboncino su carta, 38 × 57 cm. Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milano

Sedi espositive e artisti coinvolti
#Castello Sforzesco - Alberto Martini (Oderzo, 1876 - Milano, 1954) e Vincenzo Agnetti (Milano 1926 - 1980) - Indirizzo: Piazza Castello, 20121 Milano - Ingresso Porta Santo Spirito (lato Cadorna) - Salette della Grafica- Orari: lun chiuso – mar-dom 10.00-17.30
#Cittadella degli Archivi - L’Archivio di Paolo Bruscky - Indirizzo: Via Ferdinando Gregorovius 15, 20162 Milano - Orari: lun chiuso – mar-dom 09.00 – 19.00
#Casa degli Artisti - Mostra di Manuel Scano Larrazàbal (Padova, 1981) - Indirizzo: Via Tommaso da Cazzaniga, Corso Garibaldi 89/A, 20121 Milano - Orari: lun chiuso – mar-sab 12.30-19.30 – dom 12.30-17.30
#APalazzoGallery - Artisti: Nathlie Provosty (Cincinnati, Ohio, 1981) e Carol Rama (Torino, 1918-2015), per Collezione Ramo - Indirizzo: c/o ACE, Via dei Piatti 6, cit. 10, 20123 Milano - Orari: lun-dom 11.00-19.00
# Ciaccia Levi - Artisti: Leonardo Devito (Firenze, 1997) e Domenico Gnoli (Roma, 1933 - New York, 1970), per Collezione Ramo - Indirizzo: Via Gioacchino Rossini 3, 20122 Milano - Orari: lun chiuso – mar-ven 12.00-19.00 – sab 11.00-19.00 – dom 14.00-19.00 (solo 24 novembre)
#Ex Elettrofonica - Artisti: Sergio Breviario (Bergamo, 1974) e Mario Merz (Milano, 1925-2003), per Collezione Ramo - Indirizzo: c/o ArtNoble gallery, Via Ponte di Legno, 9, 20134 Milano - Orari: lun chiuso – mar-dom 15.30-19.30
#kaufmann repetto - 
Artisti: Corydon Cowansage (Philadelphia, 1985) e Irma Blank (Celle, Germania,1934 - Milano, 2023), per Collezione Ramo - Indirizzo: Via di Porta Tenaglia, 7, 20121 Milano - Orari: lun chiuso – mar-sab 10.30-19.00 – dom chiuso
#Loom Gallery - Artisti: Alexandra Barth (Malacky, Slovacchia, 1989) e Fausto Melotti (Rovereto, 1901 - Milano, 1986), per Collezione Ramo - Indirizzo: Piazza Luigi di Savoia, 24, 20124 Milano - Orari: lun-mar chiuso – mer-sab 14.00-19.00 – dom chiuso
#Monica De Cardenas - Artisti: Alex Katz (Brooklyn, New York, 1927) e Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933), per Collezione Ramo - Indirizzo: Via Francesco Viganò, 4, 20124 Milano - Orari: lun chiuso – mar-sab 11.00-19.00 – dom chiuso
# Nashira Gallery - Artisti: Giulia Dall’Olio (Bologna, 1983) e Emilio Scanavino (Genova,1922 - Milano, 1986), per Collezione Ramo - Indirizzo: Via Valpetrosa 1, 20123 Milano - Orari: lun chiuso – mar-dom 10.30-19.30
# Settantaventidue - Artisti: Marco Paleari (Desio, 1998) ed Enrico Baj (Milano, 1924 - Vergiate, 2003), per Collezione Ramo
Indirizzo: Via Ludovico il Moro, 1, 20143 Milano - Orari: lun chiuso – mar-ven 14.30-19.30 – sab 10.00-13.30 e 14.30-19.30 – dom chiuso
# Spazio Lima - Artisti: Monia Ben Hamouda (Milano, 1991) e Alberto Burri (Città di Castello, 1915 - Nizza, 1995), per Collezione Ramo - Indirizzo: Via Benedetto Marcello 2, 20124 Milano - Orari: lun-ven 11.00-18.00 – sab-dom 12.00-18.00
#Vistamare - Artisti: Tom Friedman (Saint Louis, Missouri, 1965) e Piero Manzoni (Soncino,1933 - Milano, 1963), per Collezione Ramo - Indirizzo: Via Gaspare Spontini 8, 20131 Milano - Orari: lun-sab 10.30-19.00 – dom chiuso

Informazioni utili