ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 20 novembre 2020

I musei? «Servizi pubblici essenziali», ma chiusi al pubblico. E l’arte va on-line e in piazza

I musei e i siti archeologici hanno qualcosa in comune con gli ospedali e i trasporti. Sono servizi pubblici essenziali.
A stabilirlo è stato il «Decreto Colosseo» del 20 settembre 2015, convertito in una legge dello Stato italiano, la n. 182 del 12 novembre dello stesso anno. Quel provvedimento sulla fruizione del nostro patrimonio storico-artistico, legiferato in attuazione dell’articolo 9 della nostra Costituzione, fu la risposta ferma del Governo di allora, guidato da Matteo Renzi, alle proteste sindacali dei lavoratori del Parco archeologico del Colosseo che, in un momento incredibilmente positivo per il turismo italiano -nei giorni del Giubileo straordinario della misericordia a Roma e dell’Expo a Milano- avevano deciso, senza preavviso, di tenere chiusi i cancelli del complesso monumentale romano tra lo sbigottimento dei tanti visitatori stranieri in fila e l’interesse dei media internazionali.

I MUSEI? SERVIZI ESSENZIALI, CHE FANNO BENE ALLA SALUTE 
In occasione del Question Time che portò all’approvazione del «Decreto Colosseo» in Parlamento, l’allora ministro dei Beni culturali Dario Franceschini definì «una conquista di civiltà» la scelta di inserire i musei e i siti archeologici tra i servizi pubblici essenziali.
Cinque anni dopo, in questo 2020 che è stato definito l’annus horribilis del Coronavirus, anche queste realtà, come altre forme di attività produttiva, sono state sacrificate in virtù del «diritto alla salute», sancito dall’articolo 32 della Costituzione. 
Musei e siti archeologici sono stati così chiusi per ben due volte nell’arco di otto mesi, prima in ottemperanza al Dpcm del 9 marzo e ora, dopo la riapertura dello scorso 18 maggio, in virtù del Dpcm del 3 novembre, che avrà efficacia per un intero mese (salvo proroghe).
Ma se è vero che l’arte fa bene alla salute (soprattutto a quella mentale), come ha di recente confermato l’Organizzazione mondiale della sanità con lo studio «What is the evidence of the role of the arts in improving health and well-being?» (disponibile anche in italiano grazie alla versione redatta dal Cultural Welfare Center), i musei, attenti da subito a tutti i protocolli di sicurezza e oggettivamente poco frequentati negli ultimi mesi, avrebbero meritato una chance in più.
Saltato il sistema di tracciamento nelle Ats, è certamente difficile da confutare la tesi di Dario Franceschini -ancora ministro dei Beni culturali, ora nella formazione di governo capitanata dal premier Giuseppe Conte- che in televisione, intervistato su RaiTre da Fabio Fazio, ha definito i musei «luoghi di possibile contagio». Ma in un momento storico nel quale anche le nostre case non sono posti sicuri, anzi sembrano essere tra i maggiori diffusori del virus, la visita a una mostra o alla collezione di una pinacoteca è davvero meno prudente per la salvaguardia della salute -nostra e degli altri- di una piega dal parrucchiere o di un viaggio in treno? È lecito avere qualche dubbio e motivare la chiusura dei musei con la necessità di diminuire gli spostamenti e i contatti tra le persone rende la decisione del Governo ancora più dolorosa, soprattutto dopo le scene folli viste, all’inizio di questa settimana, nei supermercati Lidl di tutta Italia per acquistare sneakers e ciabatte griffate con il logo della nota catena low cost

ARTE A PORTATA DI CLIC PER IL SECONDO LOCKDOWN DELLA CULTURA
La seconda ondata del virus non ha, però, trovato impreparati i musei italiani, che -come abbiamo già raccontato- hanno reagito al nuovo «lockdown della cultura» (sono chiusi al pubblico anche i teatri, i cinema e le biblioteche) tornando immediatamente fruibili on-line, sul sito istituzionale e sui profili social, ma anche su piattaforme come Zoom, Google Meet, WhatsApp.
La Rete si è trasformata così in una piazza virtuale, nella quale condividere esperienze e conoscenze, dove continuare a sperimentare l’arte grazie un ricco programma (fin troppo ricco) di visite guidate virtuali, talk con artisti e curatori, podcast, approfondimenti sulle collezioni permanenti, laboratori per bambini, contenuti multimediali di approfondimento sulle mostre allestite (e purtroppo non visitabili in presenza), recital artistico-teatrali, presentazioni di libri, visione di cinema d’artista e molto altro ancora.
Di giorno in giorno, l’agenda si infittisce di appuntamenti; nessuno vuole mancare all’appello. È, per esempio, fresco di presentazione il progetto «DuaFoto», spazio espositivo virtuale dedicato alla fotografia contemporanea, nato a Siena da un’idea del giovane programmatore Juljan Kaci, che racconta la bellezza del nostro Paese proponendo un viaggio virtuale, di regione in regione, attraverso luoghi, persone, tradizioni, stili di vita ed espressioni del meglio del made in Italy.
L’associazione MuseoCity, in collaborazione con Milanoguida, presenta, invece, «Connessioni culturali», un ciclo di quattro appuntamenti su Zoom - in programma dal 24 novembre al 15 dicembre, ogni martedì alle ore 21 – grazie ai quali si potrà conoscere meglio il capoluogo lombardo e il suo patrimonio museale, ma anche scambiare idee e commenti con i propri compagni di viaggio o rivolgere domande alla guida turistica. 
Si inizierà con un incontro su «Il Quarto Stato» di Giuseppe Pellizza da Volpedo, il grande quadro che apre il percorso di visita al Museo del Novecento. Si proseguirà con un approfondimento sulla Sala dell’Asse al Castello sforzesco, all’interno della quale è stata riscoperta, grazie a un accurato restauro, un’opera di Leonardo da Vinci, tra i vertici della sua pittura. Gli intrecci di rami, nastri, frutti e radici svelano, infatti, tutta la sapienza di pittore scientifico, di studioso di ottica e di grande botanico del maestro toscano. Si passeggerà, poi, tra le strade della Milano ottocentesca, accompagnati da foto d'epoca e da suggestivi dipinti realizzati da artisti che, nel XIX secolo, trovarono il successo immortalando scorci, angoli e panorami cittadini oggi non più visibili. Mentre a chiudere il programma sarà un incontro dal titolo «Dialoghi tra arte e architettura milanese 1930 -1960»
I partecipanti potranno ritrovare tutti i luoghi visitati virtualmente, a titolo gratuito e previa prenotazione sul sito istituzionale della rassegna, sulla App di MuseoCity.  


«MISSING MASTERPIECES», UNA MOSTRA DIGITALE PER SAMSUNG 
Mentre Samsung ha da poco lanciato la mostra digitale «Missing Masterpieces», una raccolta di opere iconiche non più accessibili al pubblico, perché rubate o perse per sempre, disponibile gratuitamente, tramite App Store, su tutti i TV Samsung The Frame, televisori dal design unico in grado di fondersi armoniosamente con l’arredamento di casa quando non sono in uso. 
Questa collezione, che sarà live per i prossimi tre mesi e che può essere visionata anche sul sito istituzionale dell’azienda, include dodici opere selezionate da Noah Charney, esperto di crimini d'arte e fondatore della Association for Research into Crimes Against.
Nella selezione sono inclusi lavori di valore inestimabile come «Anatra bianca» di Jean Baptiste Oudry e «Ritratto del dottor Gachet» di Vincent Van Gogh, entrambi visti per l'ultima volta quasi trent’anni fa. In questa pinacoteca virtuale è possibile ammirare anche «Vista di Auvers-sur-Oise» di Paul Cézanne, un quadro rubato come in un film con i ladri che, approfittando dei festeggiamenti per il Capodanno 1999, si sono arrampicati su un’impalcatura, hanno sfondato un lucernario, calato una scala di corda e schermato le telecamere con una bomba fumogena. Altre due opere dalla storia sorprendente inserite nella galleria di Samsung sono «Il ponte di Waterloo» e «Il ponte di Charing Cross», tele entrambe di Claude Monet, rubate nell'ottobre 2012 dal Kunsthal di Rotterdam e probabilmente bruciate dalla madre del ladro poco prima del recupero.
Mentre ad aprire simbolicamente la mostra virtuale di «Missing Masterpieces» è la tela «Giardino di primavera» di Vincent Van Gogh, scomparsa il 30 marzo di quest’anno, nel giorno della nascita dell’artista, in un furto a sorpresa. L’opera non è stata ancora trovata, ma si spera possa esserci presto un lieto fine e per aiutare chi è attivamente coinvolto nella ricerca di questa tela (e degli altri pezzi perduti) Samsung invita gli amanti dell'arte e gli aspiranti detective a condividere qualsiasi suggerimento, teoria o indizio su Instagram, taggando @samsungitalia e usando l’hashtag #MissingMasterpieces. L'interazione con l'utente è, infatti, uno dei punti di forza dell'esperienza digitale. 

UNA VIRTUAL EXHIBITION PER IL CENTENARIO DELLA MORTE DI MODIGLIANI
Un’altra virtual exhibition da non perdere è quella promossa, sotto la direzione artistica di Roberto Pantè e con il contributo della Regione Lazio, per ricordare i cento anni dalla morte di Amedeo Modigliani (1920-2020), pittore geniale e trasgressivo, «senza maestri e senza allievi», soffocato dalla malattia che l’ha costretto a un’esistenza breve, ma intensa, drammatica e memorabile.
Sul sito www.nelsegnodimodigliani.it è possibile conoscere la vita e le opere dell'artista attraverso un percorso, guidato da voci narranti, che si articola in otto stanze con sessanta opere, decine di fotografie storiche, alcuni video e oggetti d’uso quotidiano, dall’ultima tavolozza al taccuino con gli appunti.
Ad accogliere il visitatore in mostra è lo stesso Amedeo Modigliani che presenta il suo atelier, allestito nella casa paterna a Grugua, in Sardegna. Kiki di Montparnasse svela, poi, i nudi. L’amata Jeanne Hébuterne introduce alla visione delle tele a lei dedicate. L’amico pittore Moïse Kisling guida i visitatori virtuali nella stanza dei ritratti. La poetessa e giornalista Beatrice Hasting fa conoscere più da vicino i mentori dell’artista livornese, dal mercante Paul Alexandre all’amica Lunia Czechowska, dal poeta e gallerista Leopold Zborowski ad Hanka Zborowska.
Durante la visita virtuale, offerta a titolo gratuito, l'utente può avvicinarsi ai quadri, interagire con essi, ingrandirli per coglierne la qualità pittorica, leggerne le didascalie, i commenti tecnici e storici esattamente come all’interno di un'esposizione fisica.
Ad arricchire il percorso, al quale fa da sottofondo la musica del compositore e pianista francese Éric Alfred Leslie Satie, sono la stanza dei ricordi, con all’interno alcune foto degli affetti più cari, e una sala del cinema con tre video, tra i quali si segnala il docufilm sulla storia d’amore tra l’artista e Jeanne Hébuterne, realizzato da Sky Arte e presentato dall'attrice Samantha Morton per il ciclo «Artists in Love».
Non manca, poi, il bookshop (modigliani.joyd.it), dove il visitatore potrà acquistare i prodotti di merchandising della mostra, tenendo con sé un ricordo dell’esperienza, come fosse davvero avvenuta in presenza. 

DA MILANO A NAPOLI, ARTE ALL'ARIA APERTA 
 Ma c’è anche chi, in questi giorni difficili della seconda ondata del virus, ha deciso di esporre all’aperto e di dialogare con un mondo in costante trasformazione, anche se «stranamente congelato» per via delle restrizioni imposte dall’ultimo Dpcm. È il caso di Base a Milano che lo scorso 12 novembre ha inaugurato il progetto pluriennale «In-Beetween» con un'inedita installazione site specific dell’artista e poeta scozzese Robert Montgomery. Sulla soglia dell’ex Ansaldo è stata collocata la scritta luminosa «The future is an invisible playground», una light poem che parla del domani e delle sfide che ci attendono.
Luci e parole sono al centro anche dell’installazione artistica «Nessuno escluso», che il duo Bianco e Valente ha ideato per Napoli, nell’ambito del progetto di riqualificazione di via Marina, porta orientale del capoluogo campano. L’opera, collocata nella notte tra il 10 e l’11 novembre, all’altezza della rotatoria tra via Vespucci e corso Lucci, racconta lo spirito di una città che ha fatto dell’accoglienza e della tolleranza il suo punto di forza.
Mentre, con l’avvicinarsi del Natale, Torino non rinuncia alle sue «Luci d’artista»: ventisei installazioni, quattordici collocate nel centro storico e dodici nelle circoscrizioni, firmate da importanti artisti internazionali come Daniel Buren, Michelangelo Pistoletto, Mario Airò, Giulio Paolini e molti altri ancora.
Infine, a Roma, in cento luoghi all’aperto, è allestita fino al prossimo 6 dicembre la mostra «Volontà di ferro», a cura di Werner Bortolotti, nella quale i fratelli Cristiano e Patrizio Alviti espongono, grazie all'inconsueto utilizzo degli spazi dedicati alla cartellonistica pubblicitaria, una vasta selezione di incisioni monotipo, prove d'autore e lastre, opere tutte scaturite nel periodo di isolamento forzato. 

CONTENUTI PLUS E A PAGAMENTO: IL FUTURO DA SPERIMENTARE 
Non c’è, dunque, che l’imbarazzo della scelta per godere dell’arte in questi nuovi giorni di chiusura dei musei e delle mostre. Ma se nel primo lockdown il moltiplicarsi delle iniziative serviva soprattutto a mantenere un legame di fiducia con il proprio pubblico e a offrire occasioni di conoscenza e sollievo in un momento di sospensione della quotidianità, ora l’uso del digitale andrebbe ridefinito. 
Qualità dei contenuti e sostenibilità dell’offerta, in un’ottica legata non alla semplice contingenza del momento, dovrebbero diventare le parole chiave della futura programmazione Web e social dei luoghi della cultura (il discorso vale anche per i teatri). Se è, infatti, certo che sul fronte museale, le varie iniziative digitali e i virtual tour servono a incuriosire gli utenti nella speranza che l’esperienza in streaming o on demand si trasformi in una visita in presenza, è anche vero che è arrivato il tempo di far pagare quell’offerta culturale quando dietro c’è un lavoro di ricerca. 
In quest’ottica si muove, per esempio, BreraPlus, un abbonamento sperimentale - totalmente gratuito fino alla fine del 2020 e in seguito a pagamento - che consente l'accesso fisico alla Pinacoteca (quando riaprirà) e, parallelamente, propone contenuti multimediali esclusivi, a partire dal documentario «Performing Raffaello», in agenda il prossimo 23 novembre.
Quello della Pinacoteca di Brera è un primo passo, ma è la direzione da seguire. Perché anche se è piacevole vedere che a fronte di un lockdown delle strutture museali (e di quelle teatrali) non c’è stato un lockdown dell’offerta culturale, una domanda aleggia nella mente: la gratuità dei tanti eventi digitali in programma non finirà, alla fine, per penalizzare il settore, facendo credere ancora una volta che la cultura è un hobby e non un lavoro?

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giovedì 19 novembre 2020

La bellezza di Parma in un libro di Franco Maria Ricci

«Alla mia Parma, come a una donna amata, dedico oggi un’opera di quelle che so fare bene. Se avessi avuto la ventura di nascere floricoltore, le farei dono della più bella delle mie violette, ma faccio l’editore, e mi accontento di offrirle un libro». Viene presentato con queste parole di Franco Maria Ricci, raffinato collezionista d’arte che ha dato vita al Labirinto del Masone (tra i più grandi dedali al mondo) e che è stato l’ideatore di una delle più belle riviste d’arte italiane, «FMR», definita da Federico Fellini «la perla nera», il volume «Parma».
Il libro, realizzato in collaborazione con Crédit Agricole Italia, è un omaggio non solo alla città emiliana, che in un periodo tanto difficile come quello della pandemia da Coronavirus si trova a vestire i panni di Capitale italiana della Cultura. Ma è anche un tributo a Franco Maria Ricci, editore, bibliofilo, graphic designer e cultore del bello, scomparso a ottantadue anni lo scorso settembre nella sua dimora di Fontanellato, antico borgo della provincia parmense con la splendida Rocca affrescata dal Parmigianino.
Più volte Franco Maria Ricci ha incrociato la sua storia di editore con quella di Parma e dei suoi monumenti (si pensi, per esempio, al bel volume sulla Cattedrale, edito nel 2015, o a quello sul Battistero, stampato nel 1993). E più volte l’ha raccontata con il suo stile, caratterizzato dall’assoluta devozione al carattere Bodoni, inno all’armonia e alla proporzione, tappa primigenia di una lunga avventura nel mondo dell’editoria all’insegna della cura del dettaglio e della qualità estetica e contenutistica. 
Il primo volume pubblicato da Franco Maria Ricci, non ancora trentenne, fu, infatti, la ristampa, in novecento copie e in tre tomi di raffinato nero in pelle, di un’opera allora introvabile anche sul mercato antiquario: il «Manuale tipografico» di Giambattista Bodoni, direttore della Stamperia ducale di Parma negli ultimi decenni del Settecento. 
Da allora -era il 1963- dalla casa editrice parmense sono uscite collane di culto come «I segni dell’uomo», «Morgana», «Quadreria», «Luxe, calme et volupté», «Curiosa», «La Biblioteca di Babele», «Iconographia», «La biblioteca blu», «Guide impossibili», «Italia/Antichi Stati», «Grand Tour», un insieme di libri preziosi che è sempre stato un piacere sfogliare, guardare, leggere, mettere in bella mostra nella propria libreria.
Eleganza e bellezza, le due parole che meglio raccontano la storia di FMR, tessono il racconto anche del nuovo libro dedicato a Parma, un ritratto della città con immagini spettacolari e schede, una per ogni monumento importante o angolo curioso e poco conosciuto.
Lo splendore medievale del Battistero, la grande pittura manierista del Parmigianino, gli affreschi pieni di movimento e di grazia soffusa del Correggio, i palazzi e le chiese del centro storico, la magnificenza della dinastia Farnese, che ha la sua massima espressione visiva nel Palazzo della Pilotta con l’annesso teatro, la grandeur che pervade i monumenti dell’epoca della duchessa Maria Luigia d’Austria, a partire dal bel teatro Regio (allora Nuovo Ducale Teatro), si offrono, pagina dopo pagina, agli occhi del lettore. Non manca, poi, un focus sui nuovi linguaggi del Novecento di Carlo Mattioli e di Amedeo Bocchi.
La forma del volume ricalca quella della città, con la divisione tra le due sponde dell’acqua, ma l’itinerario viene arricchito da una sortita fuori città, alla scoperta dei luoghi più affascinanti del territorio circostante, dai castelli della Bassa parmense al Labirinto della Masone, dalla sorprendente collezione custodita negli spazi di villa Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo agli oggetti della civiltà contadina del Museo Guatelli a Ozzano Taro.
Il volume si apre con un’introduzione a firma di Michele Guerra, assessore alla cultura del Comune di Parma. Ad accompagnare il lettore in questo viaggio per immagini alla scoperta di uno dei più suggestivi angoli d’Italia -patria di Benedetto Antelami, Giuseppe Verdi, Arturo Toscanini e Bernardo Bertolucci- sono, poi, le puntuali schede curate da Maria Cristina Chiusa e i due saggi introduttivi, dedicati uno al tempo e uno allo spazio: il primo, di Gianni Guadalupi, narra col piglio del racconto le alterne vicende storiche della nostra città, il secondo, di Marzio Dall’Acqua, ne descrive la forma.
Parma, città di aristocratiche tradizioni locali e di opere d’arte da sindrome di Stendhal, si mostra così agli occhi del lettore curioso e dell’amante del bello in tutto il suo fascino. Un fascino che aveva colpito anche Maria Luigia, come si legge in un passaggio di una lettera alla duchessa di Montebello del maggio 1816: «il paese nel quale vivo è un vero giardino; ho nelle mani il modo di rendere quattrocentomila anime felici; di proteggere le scienze e le arti; non sono ambiziosa ed ho la speranza di passare qui un grande numero d'anni, che si rassomiglieranno tutti ma che tutti saranno dolci e tranquilli». 

Informazioni utili
«Parma». FMR, Fontanellato (Parma) – Milano 2020. Testi di Marzio Dall’Acqua, Gianni Guadalupi; schede dei luoghi a cura di Maria Cristina Chiusa, Francesca Grignaffni, Elisa Rizzardi, Pietro Mercogliano. 258 pagine. Formato: 28,5 x30 cm. Prezzo: 80 euro. Data di uscita: 1° novembre 2020. Informazioni: Masone Srl, tel. 0521.827081 o tel. 02.41299934. Sito: www.francomariaricci.com

mercoledì 18 novembre 2020

La rivista «Ferrania» rivive in digitale grazie alla Fondazione 3M

Era il gennaio del 1947 quando faceva la sua comparsa - in occasione della commercializzazione di Ferraniacolor, la prima pellicola a colori prodotta in Europa - il mensile «Ferrania», nato dall’acquisizione della rivista «Notiziario fotografico», fondata a Ivrea nel 1940 sotto la guida di Aristide Bosio.
Diffusa in un momento storico come quello del secondo Dopoguerra, dove la fotografia trovava sempre più spazio sui rotocalchi patinati -da «L'Espresso» a «L'Europeo», da «Epoca» a «Il Mondo»- ma anche in testate di carattere culturale, a partire dalla raffinata rivista «Il Politecnico», diretta da Elio Vittorini e impaginata da Albe Steiner, «Ferrania» si distinse subito per non essere un mero bollettino aziendale, ma un «veicolo di pubbliche relazioni», un prodotto di alto profilo culturale anche grazie all’illuminata direzione di Guido Bezzola, cattedratico di letteratura italiana, e di Alfredo Ornano, fotografo e grande esperto di chimica.
Su quelle pagine, che lo storico della fotografia Italo Zannier definì «una specie di Camera Work italiana», scrissero autori del calibro di Giuseppe Turroni, Ugo Casiraghi, Morando Morandini, Folco Quilici, Dino Formaggio, solo per citarne qualcuno.
L'impaginazione e la direzione artistica potevano, invece, contare sull'esperienza di Luigi Veronesi, fotografo e pittore astrattista, che diede alla rivista -come a tutte le pubblicità dell’azienda Ferrania- un’impronta di straordinaria modernità.
Sin dai primi numeri, il periodico dedicò ampio spazio alla fotografia in bianconero (la prima copertina a colori è del 1955 in contemporanea con la comparsa del sottotitolo «Rivista mensile di fotografia e cinematografia») pubblicando sia portfolio di grandi autori internazionali come Édouard Boubat, Brassaï, Izis e Otto Steinr sia opere di bravi fotoamatori, alcuni dei quali, come Mario De Biasi, Cesare Colombo, Gianni Berengo Gardin, Fulvio Roiter, si sarebbero poi imposti come professionisti.
La scoperta di nuovi talenti era strettamente legata al lancio di bandi fotografici, base per la creazione del prestigioso archivio dell’azienda Ferrania, un patrimonio di centodieci mila immagini (tra lastre, cartoline fotografiche, negativi, stampe vintage e riproduzioni), acquisito negli anni Sessanta da 3M.
Tirata in tremila e cinquecento copie per fascicolo nell’invariato formato A4 (24 x 30 centimetri) di quaranta pagine su carta patinata, «Ferrania» si caratterizzò, nel corso degli anni, per una struttura organizzata in una successione di articoli di natura critica, tra saggi, recensioni e profili degli autori. Le ultime pagine del periodico erano, invece, dedicate a schede monografiche relative a personalità artistiche del passato. Non mancavano, poi, consigli tecnici e suggerimenti sugli obiettivi, ovvero articoli che permettevano ai fotoamatori di conoscere i nuovi prodotti dell’azienda milanese.
Vicina all’estetica crociana, cara a una delle firme più attive della rivista - quella di Giuseppe Cavalli, sperimentatore della cosiddetta tecnica high-key e firmatario del celebre «Manifesto della Bussola» -, la rivista era attenta anche al mondo del cinema, che raccontava da un punto privilegiato visto che l'azienda Ferrania forniva le pellicole ai più grandi registi italiani, da Federico Fellini a Pier Paolo Pasolini.
Questa ossatura editoriale venne mantenuta fino all’ultimo numero, uscito nel dicembre 1967. Con il consueto annuario del meglio della fotografia dell’anno, pubblicato a partire dal 1957, «Ferrania» chiudeva i battenti, ma il suo stile – ricorda Roberto Mutti- «lasciava un’importante eredità con cui ancora oggi si fanno i conti».
È, dunque, prezioso il lavoro fatto dalla Fondazione 3M, istituzione culturale permanente, snodo di divulgazione e formazione, dove scienza e ricerca, arte e cultura, discipline economiche e sociali, vengono approfondite, tutelate, promosse e valorizzate, nella consapevolezza dei valori d'impresa e della cultura dell'innovazione. 
Si deve, infatti, a questo prestigioso ente italiano, con sedi a Roma e Milano, la digitalizzazione di tutti i numeri della rivista «Ferrania». Il progetto, che è stato realizzato in collaborazione con la Scuola normale superiore di Pisa, permette così, con un semplice clic, di sfogliare e di consultare la rivista comodamente da casa. Un’ottima occasione, questa, per gli studiosi (ma anche per i semplici appassionati di fotografia) nei giorni del secondo lockdown della cultura, con le biblioteche chiuse e la necessità di affidarsi solo a Internet (e alla propria biblioteca personale) per le ricerche e gli studi.

Informazioni utili 
Tutti i numeri della rivista sono disponibili al sito: https://www.fondazione3m.it/page_rivistaferrania.php

martedì 17 novembre 2020

«Cento anni di Fila», Corraini edizioni racconta in un libro un secolo di storie di colori e lapis

Era il 23 giugno 1920 quando a Firenze veniva costituita - su iniziativa di un gruppo di imprenditori, capitanato dal conte Giuseppe delle Gherardesca- la Fabbrica italiana di lapis e affini. Da quell’estate sono trascorsi cento anni e le aspettative dei fondatori «di fabbricare e commerciare lapis, oggetti e articoli di cancelleria e di durare per cinquant’anni» sono state ampiamente superate. Da allora Fila – che dialoga con il mondo attraverso il linguaggio senza confini e senza tempo della creatività – è, infatti, parte della storia, del costume, della quotidianità di intere generazioni di persone.
Alla vicenda ricca e intensa di questa società – oggi quotata alla Borsa di Milano, nel segmento Star, con tutti i suoi intramontabili e iconici marchi come, per esempio, Giotto, Tratto, Das, Didò e Pongo - hanno dato vita la penna dello scrittore Valerio Millefoglie e le matite dell’illustratore bolognese Andrea Antinori. È nato così il volume «Cento anni di Fila», appena uscito in libreria (e on-line) per i tipi di Corraini edizioni.
Scritto in doppia lingua, italiano e inglese, il libro è stato concepito come un viaggio tra i ricordi di quei milioni di uomini, donne e ragazze che hanno stretto tra le mani gli strumenti realizzati da Fila per scrivere, disegnare, colorare, modellare e dipingere, per dare ancora più colore alle loro storie variopinte. 
 Il volume si discosta così dal cliché del classico libro aziendale. «Cento anni di Fila» -commenta a tal proposito Massimo Candela, Ceo del gruppo- «parla del nostro heritage, delle nostre ambizioni, della nostra passione e della nostra visione per il futuro, ma lo fa – permettetemi il gioco di parole – in punta di matita, mettendo al centro le persone e il valore condiviso generato dalla potenza dirompente della creatività».
La struttura narrativa si sviluppa su un doppio livello. Nella prima parte, la penna di Valerio Millefoglie, dopo un certosino lavoro di analisi degli archivi aziendali e di ricostruzione storica, racconta al lettore cento anni di avvenimenti. Delinea in forma di racconto, attraverso evidenze storiche e aneddoti, la storia di Fila in un percorso che spazia dai documenti costituitivi dell’azienda (corrispondenze con fornitori e clienti, fotografie delle prime fiere campionarie, appunti di lavoro, bozzetti di nuove realizzazioni) alle innovazioni di prodotto, dalla strategia di acquisizioni internazionali avviata negli anni Novanta alle curiosità e alle testimonianze di chi ha contribuito a rendere l’azienda ciò che è oggi e che sarà domani. Il tutto è inserito nel contesto storico, che viene cadenzato per decenni, in una connessione continua tra società, cultura, costumi e vicende aziendali.
Così scopriamo tante piccole curiosità. La matita Telefono degli anni Trenta è indissolubilmente legata al cinema dei «telefoni bianchi» e delle dive. Si deve ad Alberto Candela (la cui famiglia è a capo del gruppo dal 1956) l’invenzione della matita per il trucco, del Tratto Pen (oggi esposto al MoMa di New York) e del Tratto Clip. Tra gli estimatori di Fila c’era Federico Fellini, che sulle pagine de «La Stampa» di Torino ricordò le matite colorate Giotto della sua infanzia. 
La narrazione è accompagnata e resa vivida da una selezione di immagini storiche e dalle illustrazioni prodotte dalla matita di Andrea Antinori che visualizzano i passaggi cruciali e sottolineano il legame tra Fila, la società e il colore.
La seconda parte è composta da cento testimonianze di persone diverse tra loro per vissuto e professione che hanno scelto di raccontarsi: il fil rouge che le accomuna è l’emozione, il ricordo e il senso di appartenenza a una grande comunità. Nel racconto corale la testimonianza del banchiere si fonde con quella della maestra, l’esperienza creativa dell’illustratore e dello scrittore si lega al ricordo della professoressa della stenografia in pensione, del taxista, della logopedista, dello studente.
  Il flusso narrativo si apre con il contributo di Simonetta Agnello Hornby che ci riporta all’Agrigento della sua infanzia e si chiude con il racconto di Matilde Rini, una bambina di nove anni che da grande vorrebbe lavorare nell’ufficio «non lo so», un luogo dove quello che fai lo scopri solo quando sei entrato.
Da un punto di vista grafico, i contributi si contraddistinguono da un font che ci riporta a una dimensione quasi diaristica, da un titolo che ci trasporta in un mondo personale e da un’immagine di prodotto che richiama il legame con Fila.
Il volume parla anche dei progetti educativi sviluppati negli anni da enti come il teatro alla Scala di Milano, la Biennale di Venezia o la Città della Scienza di Napoli con l’azienda di Pero.  
«Cento anni di Fila» è, poi, un libro per tutti, anche per il lettore. Il Lapiscento prodotto ad hoc per il centenario – una matita di grafite realizzata con un sistema di recupero degli scarti di legno cedro da filiera certificata Pefc – e inserito nel volume, è un invito ad alimentare la storia condivisa, a lasciare il proprio segno, a mischiare il proprio vissuto con quello degli altri per creare un arcobaleno di racconti e di colori.

Informazioni utili
Valerio Millefoglie, Andrea Antinori, «1920-2020. Cento anni di FILA. Un secolo di storie di colore, di lapis ed affini». Corraini edizioni, Mantova 2020. Dimensioni: 16.5 x 23.0 cm. Lingue: italiano e inglese. Rilegatura: cartonato con sovraccoperta e matita inserita. Pagine: 240. Edizione corrente: 11/2020. ISBN: 9788875708771. Prezzo: € 28,00. Informazioni: sales@corraini.com, www.corraini.com. Ufficio stampa: Benedetta Lelli, press@corraini.com, tel. 3286156940 | Antonella Laudadio – Cantiere di Comunicazione, a.laudadio@cantieredicomunicazione.com, 345.7131424, 02.87383180

lunedì 16 novembre 2020

«The Coluring Book», centocinquanta disegni di artisti contemporanei da colorare

Colorare fa bene alla salute e c’è chi definisce questa pratica addirittura terapeutica perché ci permette di dimenticare momentaneamente tutti i pensieri superflui. Adesso che il Coronavirus ci costringe ancora una volta a passare del tempo tra le pareti di casa può essere un’idea comprarsi una scatola di pennarelli e un album da colorare, magari il nuovo «The Coluring Book. 150 disegni di artisti contemporanei», il volume edito da 24 Ore Cultura, per la curatela di Rossella Farinotti e Gianmaria Biancuzzi, in libreria e on-line dal prossimo 19 novembre.
Il progetto ha preso avvio durante il lockdown della scorsa primavera grazie a un’idea di Milano Art Guide, che si è avvalsa per la realizzazione della collaborazione di Lara Facco P&C.
Per contribuire a rendere le distanze e il contenimento un po’ meno gravosi durante il periodo di quarantena, i curatori hanno invitato artisti di tutto il mondo e di diverse generazioni - tra i quali Maurizio Cattelan, Nico Vascellari, Patrick Tuttofuoco, Adrian Paci, Emilio Isgrò, Marzia Migliora, Vedovamazzei, Goldschmied & Chiari, Thomas Braida, Nathalie Du Pasquier, Ugo La Pietra e molti altri - a creare un «Colouring Book» per gli amanti dell’arte.
La risposta non si è fatta attendere, in pochi giorni sono state messe in rete decine e decine di disegni, molti dei quali realizzati ad hoc per l’occasione, che tutti da casa hanno potuto scaricare in formato A4 sui propri dispositivi, stampare e colorare.
Già dai primi trenta giorni il numero dei download è stato altissimo e a oggi i disegni sono stati scaricati in centodiciotto Paesi nel mondo.
L’arte è così entrata nelle case e, durante la quarantena forzata, è stata data a tutti la possibilità di distrarsi in un modo nuovo e fantasioso.
«The Colouring Book» è, dunque, diventato un album diffuso, composto nel tempo grazie al contributo unico degli artisti che, con la loro personale visione, hanno interpretato i momenti che stiamo vivendo in questi mesi.
Adesso, mentre siamo nel vivo della seconda ondata della pandemia (con zone gialle, rosse e arancioni a seconda della gravità della situazione), il progetto diventa un libro cartaceo, che è un vero e proprio «kit di sopravvivenza» - citando uno dei soggetti pubblicati- per passare bene il tempo, ma che contiene in sé anche un grande messaggio di speranza, soprattutto per le generazioni future.
I disegni di questo album nascono nei modi più diversi e nei luoghi più vari: dagli studi in cui gli artisti si erano trasferiti a vivere, fino a case isolate dove anche un foglio di carta era difficile da reperire.
Per questo, supporti e tematiche sono differenti e ingegnosi. Si spazia da carte da forno a fogli strappati dai quaderni di scuola dei figli, da piccole narrazioni quotidiane indicate attraverso una sola immagine a intime riflessioni più complesse, da istruzioni per l’uso a creazioni di giochi e passatempi. «Così -raccontano a 24 Ore Cultura- si susseguono ritratti di familiari, amici e animali domestici, dettagli casalinghi con cui ogni giorno si aveva a che fare, da un termosifone al cibo da mettere in tavola, forme geometriche per restituire un’evasione, elementi del corpo riscoperti e immortalati sulla carta come le mani, un soggetto ricorrente, o dettagli di occhi, bocche, nasi». 
Ci sono anche frasi scritte, scelte tra quelle che spesso pronunciamo nella quotidianità o pensiamo ripetutamente nei momenti difficili. «Sono off», per esempio, rappresenta una chiara indicazione di un sentimento diventato collettivo nei mesi della quarantena, mentre «In dark times we should dream with open eyes» è un monito positivo, quasi un mantra da ripetere quando il mondo sembra cascarci addosso.
Non mancano, poi, autoritratti, disegni di case, paesaggi naturali, alberi, fiori, funghi e foglie, rose e carciofi, un clown rovesciato, giochi di costruzioni, divertenti fumetti, favole – da «Cappuccetto rosso» alla «Bella addormentata nel bosco» – motociclette con cui farsi un giro e gabbie e reti da cui scappare. 
Ci sono anche storie inventate e luoghi immaginari: un ristoro dove prendere un caffè in mezzo al nulla, una casa con un cuore, un pericolo o un uomo che fuma guardando il cellulare.
«The Colouring Book» diventa così una traccia di questo 2020: un album di istantanee in continuo evolversi, di momenti condivisi e vissuti da tutti. Con approcci molto differenti, gli artisti ci mostrano il loro punto di vista e la loro testimonianza, offrendoci affascinanti risposte e domande a quello che ci circonda.
Ma non è tutto. Il libro uscirà anche dai suoi confini cartacei. Da fine novembre verrà lanciata una speciale call to action per dare forma alle mille risposte possibili di un’unica domanda, solo in apparenza semplice: «perché abbiamo bisogno di arte?».
A questo quesito il pubblico potrà rispondere creativamente reinterpretando a proprio gusto la copertina del libro con il disegno di «L.O.V.E», la scultura raffigurante un dito medio creata da Maurizio Cattelan per piazza Affari a Milano.
Ciascuno sarà chiamato a usare la tavolozza del proprio vissuto personale, innestandola sul lavoro dell’artista, attraverso i colori, il commento della parola, l’evocazione poetica o la riflessione intima, l'inserimento di frammenti materiali e di altre immagini (fotografie, ritagli di giornale o frammenti di altre opere d'arte) e qualsiasi altra tecnica.
Il gesto creativo, che sarà premiato anche con un buono del valore di 50 euro per cinquanta persone, darà vita a una mappa emozionale in grado di restituire i valori legati al bisogno di arte nella nostra società, veicolo di conoscenza, ma anche strumento per migliorare l’umore e liberare la nostra creatività. Perché, come diceva Pablo Picasso, «l’arte scuote dall’anima la polvere accumulata dalla vita di tutti i giorni». 

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Copertina del libro «The Coluring Book»; [fig. 2] Ugo La Pietra/ Tutto passa | © Ugo La Pietra; [fig. 3] Stefano Serusi / Non riesco a nascondere che tutto ciò che mi ispira sia fuori dalla porta di casa | © Stefano Serusi Courtesy of the artist; [fig. 4] Goldschmied e Chiari / Survival is a full time job | © Goldschmied & Chiari  

Informazioni utili
The Colouring Book A cura di: Rossella Farinotti e Gianmaria Biancuzzi. 24 ORE Cultura, Milano 2020. Formato: cartonato 24 x 33 cm. Pagine: 160 pp. Prezzo: € 39,00. Codice ISBN: 978-88-6648-525-4. In vendita dal 19 novembre in libreria e acquistabile on-line

venerdì 13 novembre 2020

La cultura non si ferma: mostre virtuali e iniziative digitali per il secondo lockdown dei musei

Tornano a sventolare le bandiere d’artista sul pennone davanti al Centro per l’arte contemporanea «Luigi Pecci» di Prato. Nato durante il lockdown della scorsa primavera quale simbolo di resistenza e resilienza, il progetto «Extra Flags» diventa oggi il segno concreto di un’attività culturale che l’emergenza sanitaria per il Covid-19 non ferma.

Dalle «#KeyWords» sul presente ai live streaming sul futuro della cultura: tutto il programma di «PecciON»
Chiuse le mostre e i musei per effetto dell’ultimo Dpcm della Presidenza del Consiglio, il Centro per l’arte contemporanea «Luigi Pecci» sposta, infatti, ancora una volta la sua attività on-line e lascia on-site il segno tangibile della sua voglia di non lasciarsi abbattere dal virus: «un messaggio reale per rispondere all’emergenza e riflettere sul momento straordinario e complesso che stiamo vivendo».
A inaugurare il nuovo capitolo di «Extra Flags», che ogni lunedì vedrà issare sul pennone una nuova bandiera, è stata martedì 10 novembre la street artist, illustratrice e artista MP5, il cui lavoro è soprattutto legato alla scena queer e femminista.
«Third Eye – Terzo occhio»
è la sua opera per il Pecci di Prato. Al centro della bandiera c'è una figura femminile rappresentata mentre si copre gli occhi con una mano.
«L’immagine che ho pensato – dichiara l'artista – è una celebrazione delle arti visive e un invito a guardare oltre ciò che è visibile. Quello che sembra un gesto di resa o di paura di fronte a un’attualità difficile è in realtà una spinta a guardare oltre, a comprendere più a fondo l’essenza non sempre immediata di ciò che i nostri sensi percepiscono».
Dopo MP5 sarà la volta di Thomas Hirschhorn (Berna - Svizzera, 1975).La sua bandiera, intitolata «We art still alive», è un invito a resistere, ad avere fede, a portare avanti il proprio lavoro in tutte le circostanze. «Il proposito di «We art still alive» -racconta l'artista- è di non mollare mai, di non sentirsi mai indeboliti, mai piegati – pur affrontando le più dure opposizioni». La bandiera vuole dirci - spiega ancora Thomas Hirschhor - «noi, le persone che amano l'arte, siamo vivi, stiamo in piedi, stiamo lavorando, stiamo combattendo, continuiamo a credere - puoi contare su di noi!»  
Dal 10 novembre è, inoltre, partito il programma di «PecciON», che presenta sul sito e sui social del museo appuntamenti «Online», con contenuti sulle collezioni e sulle varie attività artistiche, e conversazioni in live streaming «ONair». Quest’ultima parte del programma si articola in due momenti: «#Museum2b», da martedì 17 novembre, e «#KeyWords. Parole che aprono il presente», da martedì 24 novembre.
Il primo ciclo di incontri metterà in dialogo figure di spicco del panorama internazionale – direttori di musei, curatori, operatori e professionisti in ambito museale – per interrogarsi sul ruolo delle istituzioni culturali in un momento di forte cambiamento come quello che stiamo vivendo. L’altro cartellone, nato in collaborazione con LabCom – Ricerca e azione per il benessere psicosociale – spin-off accademico dell’Università degli studi di Firenze, proporrà, invece, un dialogo tra arte e psicologia, un tema quanto mai attuale in questo frangente storico caratterizzato dal senso di impotenza e dallo sguardo incerto nei confronti del futuro, sul quale si rifletterà partendo da parole come trauma, limite, fiducia.
Ogni giovedì sarà, invece, il turno delle presentazioni di libri con «#PecciBooks» o delle conversazioni con gli artisti per approfondire le mostre in corso di «#PecciArtistTalk». Non mancherà l'atteso appuntamento «Pecci Cinema», che porterà tutti i giorni (alle 11.00, alle 16.00 alle 18.15 e alle 21.15) in streaming sul sito del museo un’ampia selezione di film in prima visione. Ogni mercoledì torneranno, infine, gli appuntamenti di «#PecciSchool», dal titolo «L’arte di un mondo che cambia (1989-2001)»: un ciclo di incontri sull’arte contemporanea dalla caduta del Muro di Berlino al nuovo millennio, aperti gratuitamente agli studenti e a pagamento di un biglietto minimo per il pubblico generico.

«L’arte è vita», lezioni on-line dalla Peggy Guggenheim di Venezia
In questi giorni di chiusura dei musei e delle mostre, anche la Peggy Guggenheim Collection di Venezia porta avanti la sua missione educativa e mantiene vivo il dialogo con i visitatori attraverso il progetto «L’arte è vita» (informazioni al numero 041.2405429 - il lunedì, mercoledì e giovedì, dalle 10.00 alle 18.00 – o all’indirizzo membership@guggenheim-venice.it).
Dopo il successo della serie «Incontri», che ha animato l’aprile di molte persone, da lunedì 23 novembre prende il via su Zoom un nuovo ciclo di lezioni di storia dell’arte con Alessandra Montalbetti, assistente culturale alla Pinacoteca di Brera a Milano.
«Mai come oggi, -raccontano dalla Peggy Guggenheim- vale l’affermazione che c’è bisogno di arte nella vita di ciascuno e talvolta sfugge, nella nostra quotidianità, la sua portata profondamente ispiratrice, quale fonte inesauribile di suggerimenti per molti mondi che non sempre sono così facilmente riconducibili all’arte».
Da questa riflessione prende spunto la nuova rassegna, riservata ai soli soci, che sarà divisa in due moduli. Dopo un incontro introduttivo su «Arte e Alchimia» (23 novembre, alle 19) le prime lezioni indagheranno il rapporto di pittura, scultura e fotografia con discipline come la pubblicità (30 novembre, ore 19) e la musica (14 dicembre, ore 19), ma anche con il mondo del cibo (21 dicembre, ore 19). Il progetto proseguirà, quindi, tra febbraio e marzo con altri quattro incontri dedicati al rapporto tra il mondo dell’arte e la letteratura, la moda, la filosofia e il cinema.
I proventi del corso, sotto forma di una liberalità di 50 euro a ciclo deducibile fiscalmente, andranno a sostegno del museo, in questo momento tanto difficile per il settore della cultura e per i suoi lavoratori. La Collezione Peggy Guggenheim si presenta anche in formato reloaded sui social con contenuti nuovi e ogni giorno diversi così da portare l’arte e la bellezza a tutti e trascorrere insieme questo nuovo periodo di lontananza. Art Talk dedicati ai capolavori e agli artisti della collezione, brevi tutorial che portano ogni domenica i Kids Day direttamente nelle case degli utenti, curiosità sulle opere del museo e aneddoti sugli artisti più amati sono le proposte dello staff di Palazzo Venier dei Leoni per questo secondo lockdown della cultura. 
Il museo veneziano porta nel mondo digitale anche la terza tappa del progetto «SuperaMenti. Pratiche artistiche per un nuovo presente», un ciclo di quattro laboratori riservati agli under 25. Nel corso di sei giornate tra il 20 e il 29 novembre la generazione Z potrà partecipare al workshop gratuito «Oltre il muro: arte e contesto», con Alice Pasquini, in arte Alicè, street artist, illustratrice e scenografa romana. 
«Partendo da una riflessione sulla trasformazione e il recupero urbano attraverso lo studio di diverse tecniche e la progettazione di una o più opere di arte pubblica, l'iniziativa -raccontano dalla Collezione Peggy Guggenheim- intende esaminare cosa significa 'fare' street art, sotto quali forme la street art si manifesta e quale sia stata l’evoluzione di questo linguaggio artistico dagli anni '50 a oggi. I partecipanti, divisi in gruppi di lavoro, familiarizzeranno così con le relative tecniche di pittura, come gli stencil e l’uso di bombolette spray, e nel corso dei vari momenti di incontro, sempre virtuale, prenderanno confidenza con le tecniche e gli strumenti di lavoro. Da questi incontri, e dal dialogo attivo con l’artista, svilupperanno diversi percorsi per progettare un’opera, sia essa immaginaria o digitale, che dovrà non solo essere un’espressione artistica, ma anche parlare alla cittadinanza, raccontare una storia e avere una funzione pubblica creativa». 
Sarà da remoto anche il quarto appuntamento di «SuperaMenti. Pratiche artistiche per un nuovo presente», in programma dal 22 al 24 gennaio. Protagonista del workshop sarà l’artista svedese Cecilia Jansson che affronterà attraverso il disegno il tema del corpo umano inteso come strumento di misura e limite.  

Dagli Uffizi di Firenze alla Pinacoteca di Brera: i grandi musei sono aperti in digitale

Come era già accaduto con il lockdown della scorsa primavera, la piazza virtuale di Internet sta diventando per molte realtà museali italiane lo spazio dove condividere conoscenze e offrire un momento di svago colto ai tanti amanti dell'arte. In molti stanno mettendo a punto programmi ricchi di approfondimenti da seguire collegandosi con un semplice click sui vari profili social o sul sito istituzionale. Rimanendo a Venezia, Le stanze del vetro propongono, per esempio, un tour virtuale in 3 D alla mostra «Venezia e lo studio glass americano», curata da Tina Oldknow e William Warmus, nella quale è esposta, tra l'altro, la monumentale installazione di Dale Chihuly, «Laguna Murano Chandelier», realizzata nel 1996 con i maestri veneziani Lino Tagliapietra e Pino Signoretto
Sempre a Venezia sfrutta le potenzialità della Rete il museo di Punta della Dogana. La mostra collettiva «Untitled, 2020. Tre sguardi sull’arte di oggi» si sposta, infatti, on-line grazie a video dedicati a ciascuna sala, podcast e interviste con gli artisti, riunite nel progetto «Ten minutes with», sempre disponibili sui canali social e sul sito istituzionale. 
Gli Uffizi di Firenze sono, invece, partiti subito, nella giornata del 6 novembre, con le loro dirette On Air: ogni martedì e venerdì, alle ore 13, il direttore Eike Schmidt, i curatori e gli specialisti del museo fiorentino porteranno il pubblico di Facebook alla scoperta dei loro tesori, raccontandone aneddoti, dettagli e segreti. Il pubblico verrà coinvolto attivamente, tramite uno spazio dove poter interagire  con domande e commenti.
Sono, poi, in programma altre attività come la fruizione on-line delle ultime mostre inaugurate: «Imperatrici, Matrone, Liberte. Volti e segreti delle donne romane», «L'esperimento di Joseph Wright of Derby» e la rassegna sul ritorno a Firenze del «Leone X» di Raffaello.
Torna in rete anche il Museo egizio di Torino, protagonista indiscusso del lockdown di questa primavera con le passeggiate organizzate dal direttore Christian Greco. Questa volta l’istituzione sabauda offre, il ciclo di incontri «Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri», le «Istantanee dalla collezione», il virtual tour della mostra «Archeologia invisibile» ed eventi per i più piccoli come le belle «Storie egizie della sera», in programma dal venerdì alla domenica, alle ore 20.30, su Zoom.
Sempre a Torino, la Fondazione Merz parte il 19 novembre con un ciclo di visite guidate virtuali alle sue collezioni e due rassegne di incontri da vedere sui canali social Instagram, Facebook e Youtube. #ScusiNonCapisco proporrà dialoghi a due voci aperti al pubblico, tesi ad approfondire i linguaggi e il pensiero che stanno dietro alle opere di arte contemporanea; tra gli ospiti ci saranno il sociologo e scrittore Nicola Palmisano e il giornalista televisivo Filippo Landi.
#RaccontoCaptivus è, invece, un ciclo di appuntamenti su brevi storie inedite incentrate sul tema della chiusura, della paralisi, della prigionia, che narrano -si legge nella nota stampa- «i silenzi, la solitudine, le paure e le speranze dei luoghi e delle anime in tempi di pandemia».
Non meno interessante è la proposta della Fondazione Torino Musei, che ha pensato ad attività digitali per le scuole, le famiglie e il pubblico adulto. La programmazione comprende numerose conferenze, incontri, attività didattiche, contenuti multimediali agevolmente fruibili sui canali social dei singoli musei (Mao, Palazzo Madama e Gam) o su piattaforme di condivisione gratuite. Si spazia dal progetto «In Onda», per gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado, ai «Dietro le quinte», che portano virtualmente il pubblico nel backstage, alla scoperta dei disallestimenti e allestimenti delle mostre, dello smontaggio e della movimentazione delle opere, degli archivi, dei lavori di restauro conservativo. 
Fondazione Torino Musei partecipa anche al programma «Autunno della fotografia. Torino 2020», realizzato in collaborazione con Camera, i Musei reali, il Museo Ettore Fico e La Venaria Reale. Tra i prossimi appuntamenti ci sono «Fotografare la società contemporanea», con Guido Harari e Massimo Vitali (martedì 24 novembre, ore 18), e «Raccontare la guerra fra giornalismo e arte», con Paolo Pellegrin, Edoardo Accattino e Paolo Ventura (martedì 9 dicembre, ore 18). 
Anche i principali musei di Roma - dal Macro al Maxxi, dal Chiostro del Bramante al Parco archeologico del Colosseo (Foro Romano, Palatino, Colosseo e Domus Aurea) - hanno spostato la propria attività sui social, offrendo al pubblico dirette, approfondimenti, talk, visite guidate, passeggiate virtuali, laboratori didattici. 
Video sulle mostre, pillole sul patrimonio e sugli archivi del Novecento, interviste, playlist musicali, gallery fotografiche e tanti progetti per i bambini e le scuole caratterizzano anche l’offerta digitale del Mart di Rovereto, fruibile su Facebook, YouTube e IGTV. Caravaggio, Burri e Pasolini, Giovanni Boldini, Nicola Samorì e Luciano Ventrone sono gli artisti al centro dei vari appuntamenti on-line, che saranno animati dal presidente Vittorio Sgarbi e dai curatori del museo. Tra i primi appuntamenti si segnalano gli incontri con la giornalista Simona Zecchi («L’inchiesta spezzata. Perché hanno ucciso Pier Paolo Pasolini» | venerdì 27 novembre, ore 17.30) e con il regista Paolo Benvenuti («La rivoluzione di Caravaggio» | giovedì 10 dicembre, ore 18.30), oltre al webinar sulla piattaforma Zoom «GestaltArt: tra arte, terapia e neuroscienze» (domenica 29 novembre).
A Milano Palazzo Reale ha scelto di non abbandonare il suo pubblico offrendo il commento a distanza, sui profili Facebook e Instagram, delle opere esposte nelle mostre «Prima, donna. Margaret Bourke-White» e «Divine e avanguardie. Le donne nell'arte russa». 
 Rimanendo nel capoluogo lombardo merita una segnalazione anche il progetto «Triennale Upside Down», con video, podcast, visite guidate, attività didattiche, incontri e performance on-line e masterclass. Le due grandi mostre aperte recentemente, dedicate a Enzo Mari e a Claudia Andujar, il Museo del design italiano, il Fog-Festival della performing art e tutto ciò che rende straordinariamente ricco il programma della Triennale di Milano continua così in questi giorni a essere accessibile sui canali e le piattaforme digital
Anche la Pinacoteca di Brera è On-air con varie iniziative: dalle video-pillole della rassegna «Appunti di una resistenza culturale», molto apprezzata la scorsa primavera, alle letture del programma «C’era una volta la Biblioteca», senza dimenticare i concerti. Novità di questo secondo lockdown della cultura sarà BreraPlus+, contenuto on-line che il museo propone a tutti gli utenti che si abbonano (per ora gratis), con due appuntamenti su Raffaello Sanzio nel cinquecentenario della sua morte. 
Altra iniziativa che parte da Milano per raggiungere tutti gli utenti del Web è quello promossa dalle Gallerie d’Italia con la visita, più acustica che visiva, alla mostra di Giambattista Tiepolo; ad accompagnare il pubblico tra le opere, in giro per l’Europa, sarà una guida d’eccezione: un attore che vestirà i panni del figlio dell’artista, Giandomenico. 

Appuntamenti giornalieri dalla Biennale di Venezia 
Anche la Biennale di Venezia è sbarcata sul Web in occasione di questo secondo lockdown dei luoghi della cultura. Giovedì 12 novembre ha preso il via «Sneak Peek», un progetto digitale di avvicinamento alla diciassettesima Mostra internazionale di architettura (22 maggio – 21 novembre 2021), intitolata «How will we live together?», che vedrà la curatela di Hashim Sarkis. Si tratta di un’occasione unica per dare una «sbirciatina» alla rassegna, secondo una programmazione giornaliera sul sito internet della Biennale di Venezia e le sue piattaforme digitali (Twitter, Facebook, Instagram, YouTube), che alternerà i contributi degli architetti invitati a quelli dei Paesi partecipanti.
Sarkis condividerà pensieri e riflessioni sulle cinque scale della mostra anche in un programma di podcast. Gli episodi saranno disponibili in lingua inglese e avranno come filo conduttore uno sguardo particolare alla città di Venezia, alla sua storia e al modo in cui si relaziona a queste scale di convivenza. «Between Mose and Tiepolo» è il titolo del primo appuntamento disponibile lunedì 16 novembre su Spotify, Apple Podcasts, Google Podcasts.
Il viaggio virtuale verso la mostra vivrà anche sul nuovo profilo Spotify della Biennale, dove verrà presentata una playlist con i brani scelti dai partecipanti: una musica, una canzone o un componimento che ha ispirato il loro lavoro e che ne rappresenta l’identità e l’attività professionale. 
Una tappa obbligata rimane, poi, per gli amanti dell’arte un collettore di esperienze virtuali come Google Arts and Culture
L’offerta da remoto è, dunque, più ricca che mai. Nonostante la chiusura dei musei e delle mostre imposta dall’ultimo Dpcm, l’arte non si ferma, anzi reagisce all’emergenza Coronavirus e propone un ricco palinsesto di visite guidate virtuali, talk, approfondimenti sulle collezioni permanenti, laboratori per bambini e molto altro ancora. Resta da capire quanto il moltiplicarsi di queste iniziative, quasi sempre proposte a titolo gratuito, avrà una risposta in termini di fruizione alla riapertura dei musei. È lì che si gioca per molti il futuro.

(aggiornato il 18 novembre 2020, alle ore 17.00)

Didascalie delle immagini
[Fig. 3] MP5, Third Air, 2020. Courtesy: Centro Pecci, Prato; [fig. 6] Laguna Murano Chandelier, di Dale Chihuly, ph. Enrico Fiorese; [fig. 7] Ritratto di Alice Pasquini; [fig. 8]  «Venezia e lo studio glass americano». Installation view, ph. Enrico Fiorese; [fig. 11] Christian Greco, direttore del museo egizio di Torino 

giovedì 12 novembre 2020

«Gentilivicini», a Torino una mostra per i soli abitanti di un condominio-museo

A Torino, nel quartiere di Porta Palazzo, sede del più grande mercato all’aperto d’Europa, c'è un condominio-museo, che in passato ha ospitato anche contributi di grandi maestri come Giorgio Griffa o Michelangelo Pistoletto. È viadellafucina16 (vecchio nome dell'attuale via San Giovanni Battista La Salle).
A creare questo originale spazio espositivo è stata, nel 2016, l’associazione Kaninchen-Haus, che ha dato così vita a un’idea dell’artista Brice Coniglio (parte del duo ConiglioViola).
Cuore del progetto è un innovativo programma di residenza, quest’anno realizzato con il sostegno del Mibact e della Siae nell’ambito dell’iniziativa «Per chi crea», che invita i vincitori di una open call internazionale a realizzare interventi site-specific per gli spazi comuni del palazzo al fine di attivare il dialogo tra le diverse comunità che lo abitano e favorire anche la riqualificazione della maestosa architettura ottocentesca, oggi in stato di trentennale degrado e abbandono.
I progetti vincitori dell’ultima edizione sono stati selezionati dagli stessi abitanti del condominio, circa duecento persone di differenti nazionalità, con la mediazione di un comitato scientifico composto da a.titolo, la collezionista Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, il gallerista Guido Costa, gli artisti Emilio Fantin e Beatrice Merz, il professor Pier Luigi Sacco, Anna Pironti del Castello di Rivoli, Catterina Seia della Fondazione FitzCarraldo e Alessandra Pioselli, direttore dell'Accademia di belle arti «G. Carrara» di Bergamo.
È nata così la mostra «Gentilivicini», a cura (o forse sarebbe meglio dire a cova) della pennuta Donna Piera Valentina Gallov, una gallina con un curriculum di tutto rispetto, che -racconta, con ironia, la nota stampa- ha studiato a L’aia, ha un master in chickens development, una lunga militanza per i diritti dei diversamente volatili e un profilo Instagram da vera star (@divapiera).
Nel rispetto delle regole imposte dal nuovo Dpcm per contrastare la pandemia da Coronavirus, la mostra, che avrebbe dovuto aprire le porte il 7 novembre, è chiusa ai torinesi, ma è aperta ai duecento abitanti del condominio che la ospita.
Brice Coniglio, artista e ideatore del progetto viadellafucina16, motiva la scelta di aprire comunque la mostra, anche se ai soli condomini, con queste parole: «pensare una mostra chiusa al pubblico esterno, ma fruibile soltanto da chi abita gli stessi spazi espositivi, è un gesto simbolico che vuole testimoniare quanto l’arte possa creare vicinanza, identità e offrire rifugio nei momenti di maggiore incertezza –. «gentilivicini» è un progetto espositivo innovativo, non a caso il primo a cura di una gallina, che si inserisce in un format artistico come quello del condominio – museo, a sua volta unico e innovativo a livello internazionale».
Protagonisti dell’esposizione sono gli artisti Raffaele Cirianni (Torino, 1994), Daniele Costa (Castefranco Veneto, 1992), Genuardi/Ruta (Antonella Genuardi, Sciacca, 1986 e Leonardo Ruta, Ragusa, 1990), Simona Anna Gentile (Taranto, 1993), Diego Miguel Mirabella (Enna, 1988) e Matteo Vettorello (Venezia, 1986). Le loro opere, realizzate durante i mesi di lockdown, o in quelli successivi, caratterizzati comunque dalle restrizioni portate dalla pandemia, mettono in discussione i tradizionali canoni della «produzione artistica» per essere al servizio di una committenza collettiva ed eterogenea, nel nome di sentimenti come gentilezza e vicinanza, capaci di mettere in dialogo percorsi e poetiche diverse.
Un arazzo ricamato con le storie degli abitanti del palazzo, un tappeto dove ci si può sedere per ascoltare storie, pregare o mangiare, una finestra immaginaria sul passato, un percorso visivo nella vita quotidiana del quartiere, un dispositivo per misurare l’energia positiva e un bassorilievo composto dai fregi dei palazzi torinesi sono le opere visibili lungo il percorso espositivo, che coniuga le istanze di rigenerazione sociale con una proposta artistica di alta qualità, dimostrando come l'arte possa essere anche uno strumento efficace per avvicinare le persone.
«Gentilivicini» è anche l’occasione per presentare i primi esiti del lavoro del collettivo SezioneAurora – «comunità di pratica» composta da giovani artisti torinesi, nata grazie al sostegno del Premio Creative Living Lab– che si interroga su come la pratica artistica possa attivare la comunità del quartiere. Agli artisti del collettivo è stato chiesto di progettare nuove forme di utopia locale, di immaginare come trasformare l’habitat di appartenenza a partire dal modello del condominio-museo, esempio felice di trasformazione di un luogo trascurato in contesto di socialità aperta. Perché l’arte unisce le diversità di opinioni e di culture.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Uno spaccato di viadellafucina16 a Torino; [fig. 2] Piera Valentina Gallov e Brice Coniglio, 2020, courtesy Viadellafucina; [fig. 3] Ogni aurora sulla terra di Raffaele Cirianni (Torino, 1994); [fig. 4] Ball Lightining di Antonella Genuardi (Sciacca, 1986) e Leonardo Ruta (Ragusa, 1990); [fig. 5] Dove crollano i condomini di Daniele Costa (Castefranco Veneto, 1992)

Informazioni utili
Viadellafucina16 Condominio - Museo, via S. Giovanni Battista La Salle, 16 – Torino. Sito internet: www.condominiomuseo.it