Era il terzo decennio dell’Ottocento quando Alessandro Manzoni chiedeva all’amico Francesco Hayez, allora il più grande pittore attivo a Milano, di realizzare le illustrazioni per la seconda edizione della sua opera più celebre: «I Promessi Sposi». Di quell’impresa rimangono, oggi, solo alcuni rapidi schizzi, tutti conservati presso l’Accademia di Brera. Lo scrittore lombardo, probabilmente insoddisfatto dai disegni preparatori, si rivolse, infatti, a Francesco Gonin, pittore storico di buona fama ma soprattutto abilissimo vignettista, al quale si deve la prima edizione illustrata del romanzo, quella pubblicata nel 1840.
Nei decenni successivi, furono numerosi gli artisti di fama mondiale che si vollero cimentare con la travagliata vicenda d’amore di Renzo e Lucia. Da Gaetano Previati a Giorgio De Chirico, da Renato Guttuso ad Aligi Sassu, in molti rimasero affascinati dalla storia di quel matrimonio che «non s’ha da fare», ambientato sulle sponde del «ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi».
Ora, in occasione dei 150 anni dell’Italia unita, il capolavoro manzoniano incontra uno dei linguaggi pittorici più moderni, senz’altro il più amato dai giovani: l’aerosol art. Succede a Lecco, presso il Centro Meridiana, dove, da sabato 7 maggio a mercoledì 8 giugno, va in scena l'evento artistico-culturale «Non le solite balle. I Promessi Sposi come non li avete mai visti», ideato da Mario Casiraghi, Fabrizio Pirovano e Paola Grossi.
Nascosto dietro il titolo ironico e provocatorio si cela un progetto solidale e green, cioè attento all’ambiente. L’iniziativa sarà, infatti, legata a un’asta benefica, i cui proventi verranno donati al Sistema museale urbano lecchese, e ad essere dipinte, con bombolette spray ecologiche, saranno delle grandissime (roto)balle di fieno, coperte di materiale plastico. All’opera sarà possibile vedere, nel week-end di sabato 7 e domenica 8 maggio, i giovanissimi membri della crew di «Dipingimi le balle», movimento nato tra le colline della Brianza con l’obiettivo di estrarre il graffito dal contesto associato al degrado urbano e di trasformarlo in un mezzo di comunicazione capace di parlare soprattutto ai più giovani. Non è un caso, dunque, che la manifestazione «Non le solite balle» si rivolga anche alle scuole della provincia di Lecco ad indirizzo artistico e grafico, affinché i ragazzi non si limitino a leggere passivamente il testo manzoniano, ma partecipino attivamente e “costruiscano” anche loro la storia di Renzo e Lucia. «La mia speranza -dichiara Paola Grossi, una delle creatrice del progetto- è che, chiamando giovani artisti a interagire in maniera innovativa e moderna con il romanzo, cambi anche l’approccio degli studenti e nascano curiosità ed interesse nei confronti di un’opera letteraria dal valore unico».
«Non le solite balle» parte sabato 7 maggio con un evento live, che vedrà in azione alcuni tra i più abili e talentuosi writers in circolazione, chiamati a rappresentare su quindici balle di fieno altrettante scene tratte da «I Promessi Sposi». Le (roto)balle dipinte rimarranno esposte al pubblico per tutto il mese di maggio presso il Centro Meridiana di Lecco, dove i visitatori avranno la possibilità di votare la loro opera preferita, ma anche di presentare un loro bozzetto ispirato al capolavoro manzoniano (l’opera vincitrice verrà realizzato da un writer professionista; i lavori vanno consegnati entro il 25 maggio).
La premiazione delle (roto)balle d’autore si terrà nella giornata di mercoledì 8 giugno; il giorno successivo è, invece, prevista, presso Palazzo Falk, l’asta benefica, i cui proventi verranno donati al Sistema museale urbano lecchese per il restauro dell’opera «La mia famiglia» di Orlando Sora (1933, olio su tela cm 161 x 120) e per l’acquisto della tela «Ritratto di Lucia Stoppani Pecoroni» di Giovanni Battista Todeschini (1889, olio su tela, cm 170 x 65 senza cornice, cm 141 x 100 con cornice).
Didascalie utili
[fig. 1, fig. 2 e fig. 3] Interventi del movimento «Dipingimi le balle»
[Le immagini sono state messe a disposizione da Sandra Marchetti di Tramite R.P. & Comunicazione]
Informazioni utili
«Non le solite balle. I Promessi Sposi come non li avete mai visti». Centro Meridiana, largo Caleotto – Lecco. Orari: lunedì-venerdì, 9.30-20.30; sabato 8.30-20.30; domenica 9.00-20.30. Ingresso libero. Fasi del progetto: realizzazione opere - sabato 7 maggio 2011 – domenica 8 maggio 2011; esposizione - domenica 8 maggio 2011 – mercoledì 8 giugno 2011; asta benefica giovedì 9 giugno 2011 (c/o Palazzo Falk, piazza Garibaldi, 4 – Lecco). Informazioni: www.dipingimileballe.com. Fino all’8 giugno 2011.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
venerdì 6 maggio 2011
A Bergamo i segreti del rosso di Fra’ Galgario
Quale era il segreto del rosso vinoso e brillante di Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario? E’ questa la domanda alla quale si propone di rispondere la prima edizione del progetto «La Camera delle Meraviglie», promosso dalle Assicurazioni Generali di Bergamo e ideato da Barbara Mazzoleni con l’intento di offrire al pubblico un appuntamento fisso, a cadenza annuale, con aspetti del meraviglioso artistico, finora poco o per nulla indagati. La rassegna, che per questo suo debutto si intitola «Fra’ Galgario e il segreto della lacca», è allestita fino a domenica 19 maggio presso lo Spazio Viterbi della Provincia di Bergamo.
Conosciuto come uno dei più grandi e originali ritrattisti del Settecento italiano, Vittore Ghislandi (Bergamo, 1655-1743) ha sempre affascinato artisti, critici e pubblico per le tonalità rosse dei suoi quadri, uniche e inconfondibili nella storia dell’arte. Il pittore bergamasco, infatti, era famoso già nel suo tempo per quelle luminosissime lacche, «forti come sangue raggrumato», da lui personalmente prodotte e stese nei ritratti su rossi opachi come il cinabro, o anche da sole, per velare gli incarnati e far brillare i tessuti sfarzosi indossati da nobili e dame. È così che celebri artisti del suo tempo, come Sebastiano Ricci, erano disposti a fare carte false e a scomodare -come testimoniano i carteggi- le loro illustri amicizie a Bergamo, perché il pittore concedesse loro una libbra di quella lacca finissima e ineguagliabile.
La ricetta di Fra’ Galgario è rimasta fino ad oggi un mistero, ma recenti scoperte nelle fonti e i risultati di indagini scientifiche condotte sui dipinti con le più moderne tecnologie diagnostiche, hanno finalmente consentito di svelarne i segreti. La ricerca incrociata di storici dell’arte e scienziati conferma come l’esperienza del pittore nella preparazione di lacche e di pigmenti fosse in parte debitrice della grande tradizione veneziana e bergamasca dei tintori della seta, dai quali il pittore prendeva in prestito materiali e residui della colorazione delle stoffe, per poi confezionare per i suoi dipinti rossi rimasti unici e inconfondibili in tutta la storia della ritrattistica settecentesca.
La rassegna allo Spazio Viterbi di Bergamo, che fa seguito alla grande retrospettiva che la città lombarda dedicò all’artista nel 2004, permette di ammirare una selezione di queste raffinate opere, accese da lacche rosse e blu e da una strabiliante resa ottica e materica delle stoffe. Ecco così i ritratti di Elisabetta Piavani Ghidotti, del conte Giovan Battista Vailetti, di Claudia Erba Odescalchi Visconti e del conte Giovanni Secco Suardo col servo “dialogare” con preziosi tessuti coevi: damaschi, broccati in filo d’oro e d’argento e tessuti bizarre provenienti principalmente da Gandino, centro della Val Seriana, conosciuto, dal XV al XVIII secolo, per la produzione di pannilana e la raccolta di tessuti di alto pregio provenienti da tutta Europa.
L’esposizione, alla quale fanno da colonna sonora brani sacri e profani diffusi in area veneziana e bergamasca nel Settecento, ha, inoltre, consentito la riscoperta di un «Ritratto di giovane», del tutto sconosciuto in Italia e mai visto dal 1928, e di un affascinante ciclo di tre dipinti, finora poco indagati, raffiguranti l’Allegoria dei Sensi, nei quali la mano di Fra’ Galgario si intreccia a quella dei suoi allievi, con i quali aveva probabilmente condiviso quei “segreti” che noi riusciamo solo oggi, almeno in parte, a dipanare. Due ritratti femminili, di autore ignoto ma coevo a Fra’ Galgario, chiudono il percorso espositivo, documentando il magistero esercitato dal Ghislandi, anche nella resa di tessuti e merletti.
I percorsi nel colore proposti dalla mostra ci riportano, quindi, ad un’epoca precedente all’invenzione dei colori “in tubetto”, quando Fra’ Galgario, pittore-alchimista, sperimentava personalmente la preparazione dei propri colori, a partire da sostanze di origine animale, vegetale e minerale. A conclusione del percorso espositivo i visitatori potranno idealmente entrare nel “laboratorio” del pittore, per conoscere gli ingredienti dei suoi colori, tra polveri preziose di cocciniglia, carminio e lapislazzuli, ma anche un antico manichino, simile a quello che il pittore utilizzava come “modello” da abbigliare di tessuti preziosi.
Arte, moda, musica, scienza e pigmenti misteriosi si intrecciano, dunque, nella mostra di Bergamo, proponendo un’immersione nell’arte di Fra’ Galgario, un’arte capace con i suoi tratti di scandagliare e di restituire sulla tela, in modo sottile ma talvolta tagliente, vizi e virtù della società del suo tempo. Un’arte che è anche un magico gioco di alchimie, con quei rossi inediti, quelle «lacche fini, di una estrema bellezza», che incantarono anche il Longhi e Testori.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Ritratto del conte Giovan Battista Vailetti», 1720 circa. Olio su tela, cm 226 x 137. Venezia, Gallerie dell'Accademia; [fig. 2] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Ritratto di Elisabetta Piavani Ghidotti», 1725 circa. Olio su tela, cm 146 x 110. Bergamo, Accademia Carrara, Deposito Ospedali Riuniti di Bergamo; [fig. 3] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Autoritratto», 1732. Olio su tela, cm 73 x 58. Bergamo, Accademia Carrara
Vedi anche
«Vincere il tempo», una mostra sui collezionisti della Carrara di Bergamo
Conosciuto come uno dei più grandi e originali ritrattisti del Settecento italiano, Vittore Ghislandi (Bergamo, 1655-1743) ha sempre affascinato artisti, critici e pubblico per le tonalità rosse dei suoi quadri, uniche e inconfondibili nella storia dell’arte. Il pittore bergamasco, infatti, era famoso già nel suo tempo per quelle luminosissime lacche, «forti come sangue raggrumato», da lui personalmente prodotte e stese nei ritratti su rossi opachi come il cinabro, o anche da sole, per velare gli incarnati e far brillare i tessuti sfarzosi indossati da nobili e dame. È così che celebri artisti del suo tempo, come Sebastiano Ricci, erano disposti a fare carte false e a scomodare -come testimoniano i carteggi- le loro illustri amicizie a Bergamo, perché il pittore concedesse loro una libbra di quella lacca finissima e ineguagliabile.
La ricetta di Fra’ Galgario è rimasta fino ad oggi un mistero, ma recenti scoperte nelle fonti e i risultati di indagini scientifiche condotte sui dipinti con le più moderne tecnologie diagnostiche, hanno finalmente consentito di svelarne i segreti. La ricerca incrociata di storici dell’arte e scienziati conferma come l’esperienza del pittore nella preparazione di lacche e di pigmenti fosse in parte debitrice della grande tradizione veneziana e bergamasca dei tintori della seta, dai quali il pittore prendeva in prestito materiali e residui della colorazione delle stoffe, per poi confezionare per i suoi dipinti rossi rimasti unici e inconfondibili in tutta la storia della ritrattistica settecentesca.
La rassegna allo Spazio Viterbi di Bergamo, che fa seguito alla grande retrospettiva che la città lombarda dedicò all’artista nel 2004, permette di ammirare una selezione di queste raffinate opere, accese da lacche rosse e blu e da una strabiliante resa ottica e materica delle stoffe. Ecco così i ritratti di Elisabetta Piavani Ghidotti, del conte Giovan Battista Vailetti, di Claudia Erba Odescalchi Visconti e del conte Giovanni Secco Suardo col servo “dialogare” con preziosi tessuti coevi: damaschi, broccati in filo d’oro e d’argento e tessuti bizarre provenienti principalmente da Gandino, centro della Val Seriana, conosciuto, dal XV al XVIII secolo, per la produzione di pannilana e la raccolta di tessuti di alto pregio provenienti da tutta Europa.
L’esposizione, alla quale fanno da colonna sonora brani sacri e profani diffusi in area veneziana e bergamasca nel Settecento, ha, inoltre, consentito la riscoperta di un «Ritratto di giovane», del tutto sconosciuto in Italia e mai visto dal 1928, e di un affascinante ciclo di tre dipinti, finora poco indagati, raffiguranti l’Allegoria dei Sensi, nei quali la mano di Fra’ Galgario si intreccia a quella dei suoi allievi, con i quali aveva probabilmente condiviso quei “segreti” che noi riusciamo solo oggi, almeno in parte, a dipanare. Due ritratti femminili, di autore ignoto ma coevo a Fra’ Galgario, chiudono il percorso espositivo, documentando il magistero esercitato dal Ghislandi, anche nella resa di tessuti e merletti.
I percorsi nel colore proposti dalla mostra ci riportano, quindi, ad un’epoca precedente all’invenzione dei colori “in tubetto”, quando Fra’ Galgario, pittore-alchimista, sperimentava personalmente la preparazione dei propri colori, a partire da sostanze di origine animale, vegetale e minerale. A conclusione del percorso espositivo i visitatori potranno idealmente entrare nel “laboratorio” del pittore, per conoscere gli ingredienti dei suoi colori, tra polveri preziose di cocciniglia, carminio e lapislazzuli, ma anche un antico manichino, simile a quello che il pittore utilizzava come “modello” da abbigliare di tessuti preziosi.
Arte, moda, musica, scienza e pigmenti misteriosi si intrecciano, dunque, nella mostra di Bergamo, proponendo un’immersione nell’arte di Fra’ Galgario, un’arte capace con i suoi tratti di scandagliare e di restituire sulla tela, in modo sottile ma talvolta tagliente, vizi e virtù della società del suo tempo. Un’arte che è anche un magico gioco di alchimie, con quei rossi inediti, quelle «lacche fini, di una estrema bellezza», che incantarono anche il Longhi e Testori.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Ritratto del conte Giovan Battista Vailetti», 1720 circa. Olio su tela, cm 226 x 137. Venezia, Gallerie dell'Accademia; [fig. 2] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Ritratto di Elisabetta Piavani Ghidotti», 1725 circa. Olio su tela, cm 146 x 110. Bergamo, Accademia Carrara, Deposito Ospedali Riuniti di Bergamo; [fig. 3] Vittore Ghislandi, detto Fra’ Galgario, «Autoritratto», 1732. Olio su tela, cm 73 x 58. Bergamo, Accademia Carrara
Vedi anche
«Vincere il tempo», una mostra sui collezionisti della Carrara di Bergamo
Informazioni utili
«Fra’ Galgario e il segreto della lacca». Palazzo della Provincia di Bergamo - Spazio Viterbi, via Torquato Tasso, 8 – Bergamo. Orari: martedì-venerdì 16.00-19.00; sabato, domenica e festivi 10.00-12.00 e 16.00-19.00; chiuso il lunedì. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 035.358411 e info@lacameradellemeraviglie.it. Catalogo: numero speciale de «La rivista di Bergamo» (edizioni Grafica&Arte). Fino al 19 giugno 2011.
Torino, quattro nuovi percorsi tra le collezioni della Gam
Era l'autunno del 2009 quando la Gam di Torino rivoluzionava completamente la disposizione delle sue collezioni, abbandonando l’ordine cronologico a favore di un criterio tematico. «Genere, Veduta, Infanzia e Specularità» furono gli argomenti scelti per quel primo allestimento, che suscitò consensi e discussioni tra il pubblico e la critica.
Nel marzo 2011, lo spazio espositivo torinese si è modificato nuovamente, esponendo nelle sale del primo e del secondo piano più di 160 opere, alcune delle quali frutto di recenti acquisizioni. A fare da fil rouge tra questi lavori sono quattro nuovi temi, scelti da altrettanti docenti universitari: «Anima, Informazione, Malinconia e Linguaggio».
Vito Mancuso, professore ordinario di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, ha inteso soffermarsi -si legge nella nota stampa- «sulle difficoltà contemporanee nel riconoscere l’anima come entità persino all’interno degli organi ecclesiastici, e sulla necessità, quindi, di rielaborarne il senso sulla scorta del nuovo contesto scientifico e filosofico». Nel suo percorso al primo piano, si passa così dalla religiosità cristiana delle opere ottocentesche di Andrea Gastaldi e Innocenzo Spinazzi ai paesaggi d'anima di Antonio Fontanesi, fino alla concezione di anima come spiritualità assoluta, partecipazione al mondo, che si fa letteraria in Gino De Dominicis, rituale in Hermann Nitsch o poetica in Anselm Kiefer, di cui si presenta il capolavoro «Einschüsse», grande opera recentemente acquisita dalla Gam.
Di tutt’altro tenore il tema dell’informazione, sempre al primo piano, scelto da Mario Rasetti, professore ordinario di fisica teorica, modelli e metodi matematici al Politecnico di Torino.
«L’informazione, nel campo della fisica, è intesa -precisano gli organizzatori- come una grandezza paragonabile a massa, energia, velocità. Si riferisce alla capacità delle molecole di essere portatrici di simboli, codici e segnali, di operare cioè come un messaggio necessario alla propagazione della vita». La concezione dell’uomo e della natura è per questo motivo analizzata confrontando diverse interpretazioni: la ciclicità delle stagioni nella serie di Luigi Baldassarre Reviglio, i segni biomorfi di Carla Accardi, la visione analitica dello spazio di Dadamaino e l’elemento naturale che trova una ridefinizione nelle ricerche dell’Arte povera, con le energie cosmiche di Giovanni Anselmo, l’aspetto alchemico di Gilberto Zorio e la crescita naturale di Giuseppe Penone.
Al secondo piano del museo incontriamo la «Malinconia», tema scelto da Eugenio Borgna, primario emerito di psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara e libero docente in Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università di Milano. La malinconia è intesa qui come condizione umana e mentale, come ben raccontano il tragico «Asfissia!» di Angelo Morbelli, le nature morte di Giorgio de Chirico e Filippo De Pisis, i paesaggi sospesi di Carlo Carrà.
Sempre al secondo piano della Gam è possibile confrontarsi con le scelte di Sebastiano Maffettone, professore ordinario di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze politiche della Luiss «Guido Carli». A fare da filo conduttore è il tema del linguaggio. Dopo un prologo che evidenzia il rapporto dell’arte con la letteratura nelle opere ottocentesche di Antonio Canova, Massimo D’Azeglio, Carlo Arienti, il percorso si sofferma sulla nascita ed evoluzione dei linguaggi artistici, dalle diverse avanguardie di Giacomo Balla e Lucio Fontana, al neorealismo pop italiano di Tano Festa e Mario Schifano in dialogo con quello internazionale di Andy Warhol e Mark Dion, per chiudersi con il ritorno alla letteratura nell’utilizzo del carattere tipografico di Nanni Balestrini.
Alcune novità differenziano questo allestimento dal precedente. In alcuni casi si è trattato di scelte curatoriali, come la decisione di identificare ogni artista con un solo percorso, ponendone in evidenza l’intera poetica invece che ogni singola opera, in altre una normale evoluzione di avvicinamento al pubblico, per cui si è deciso di fornire ad ogni visitatore una brevissima guida che spieghi le motivazioni che hanno condotto alla definizione dei percorsi.
La Gam di Torino, in questi giorni, si è, inoltre, arricchita di una nuova opera: «In limine» di Giuseppe Penone, una scultura monumentale, composta di marmo di Carrara, bronzo, tiglio ed edera, posta all'ingresso dell'edificio per iniziativa Fondazione De Fornaris in occasione dei 150 anni dell'Italia unita.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Anselm Kiefer, «Einschüsse», 2010. Olio, emulsioni, acrilico e tecnica mista su tela, cm 380(h) x 380(b). Acquisto da White Cube, Londra, 2010 [fig. 2] Atanasio Soldati, «Composizione», 1940. Olio su tela, 55(h) x 55(b). Acquisto presso la IV Mostra pittori d'oggi Francia-Italia, 1955, Torino; [fig. 3] Angelo Morbelli, «Asfissia»,1884. Olio su tela, cm199 x 159.; [fig. 4] Lucio Fontana, «Attese», 1968. Smalto opaco su tela con cornice laccata, 73 x 89 x 6.5 cm. Dono del prof. Eugenio Battisti, Genova, 1966; [fig. 5] Giuseppe Penone, «In limine, matita, inchiostro, pittura acrilica, vernice dorata su carta giapponese, 33 x 48 cm. Disegni preparatori all’opera In Limine alla Gam di Torino. Foto © Archivio Penone
Informazioni utili
«Anima, Informazione, Malinconia e Linguaggio». Gam – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, via Magenta, 31 - Torino. Orari: martedì-domenica, 10.00-18.00, chiuso lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 7,50, ridotto € 6,00. Informazioni per il pubblico: tel. 011.4429518. Sito Internet: www.gamtorino.it.
Nel marzo 2011, lo spazio espositivo torinese si è modificato nuovamente, esponendo nelle sale del primo e del secondo piano più di 160 opere, alcune delle quali frutto di recenti acquisizioni. A fare da fil rouge tra questi lavori sono quattro nuovi temi, scelti da altrettanti docenti universitari: «Anima, Informazione, Malinconia e Linguaggio».
Vito Mancuso, professore ordinario di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di Filosofia dell’Università San Raffaele di Milano, ha inteso soffermarsi -si legge nella nota stampa- «sulle difficoltà contemporanee nel riconoscere l’anima come entità persino all’interno degli organi ecclesiastici, e sulla necessità, quindi, di rielaborarne il senso sulla scorta del nuovo contesto scientifico e filosofico». Nel suo percorso al primo piano, si passa così dalla religiosità cristiana delle opere ottocentesche di Andrea Gastaldi e Innocenzo Spinazzi ai paesaggi d'anima di Antonio Fontanesi, fino alla concezione di anima come spiritualità assoluta, partecipazione al mondo, che si fa letteraria in Gino De Dominicis, rituale in Hermann Nitsch o poetica in Anselm Kiefer, di cui si presenta il capolavoro «Einschüsse», grande opera recentemente acquisita dalla Gam.
Di tutt’altro tenore il tema dell’informazione, sempre al primo piano, scelto da Mario Rasetti, professore ordinario di fisica teorica, modelli e metodi matematici al Politecnico di Torino.
«L’informazione, nel campo della fisica, è intesa -precisano gli organizzatori- come una grandezza paragonabile a massa, energia, velocità. Si riferisce alla capacità delle molecole di essere portatrici di simboli, codici e segnali, di operare cioè come un messaggio necessario alla propagazione della vita». La concezione dell’uomo e della natura è per questo motivo analizzata confrontando diverse interpretazioni: la ciclicità delle stagioni nella serie di Luigi Baldassarre Reviglio, i segni biomorfi di Carla Accardi, la visione analitica dello spazio di Dadamaino e l’elemento naturale che trova una ridefinizione nelle ricerche dell’Arte povera, con le energie cosmiche di Giovanni Anselmo, l’aspetto alchemico di Gilberto Zorio e la crescita naturale di Giuseppe Penone.
Al secondo piano del museo incontriamo la «Malinconia», tema scelto da Eugenio Borgna, primario emerito di psichiatria dell’Ospedale Maggiore di Novara e libero docente in Clinica delle malattie nervose e mentali dell’Università di Milano. La malinconia è intesa qui come condizione umana e mentale, come ben raccontano il tragico «Asfissia!» di Angelo Morbelli, le nature morte di Giorgio de Chirico e Filippo De Pisis, i paesaggi sospesi di Carlo Carrà.
Sempre al secondo piano della Gam è possibile confrontarsi con le scelte di Sebastiano Maffettone, professore ordinario di Filosofia politica presso la Facoltà di Scienze politiche della Luiss «Guido Carli». A fare da filo conduttore è il tema del linguaggio. Dopo un prologo che evidenzia il rapporto dell’arte con la letteratura nelle opere ottocentesche di Antonio Canova, Massimo D’Azeglio, Carlo Arienti, il percorso si sofferma sulla nascita ed evoluzione dei linguaggi artistici, dalle diverse avanguardie di Giacomo Balla e Lucio Fontana, al neorealismo pop italiano di Tano Festa e Mario Schifano in dialogo con quello internazionale di Andy Warhol e Mark Dion, per chiudersi con il ritorno alla letteratura nell’utilizzo del carattere tipografico di Nanni Balestrini.
Alcune novità differenziano questo allestimento dal precedente. In alcuni casi si è trattato di scelte curatoriali, come la decisione di identificare ogni artista con un solo percorso, ponendone in evidenza l’intera poetica invece che ogni singola opera, in altre una normale evoluzione di avvicinamento al pubblico, per cui si è deciso di fornire ad ogni visitatore una brevissima guida che spieghi le motivazioni che hanno condotto alla definizione dei percorsi.
La Gam di Torino, in questi giorni, si è, inoltre, arricchita di una nuova opera: «In limine» di Giuseppe Penone, una scultura monumentale, composta di marmo di Carrara, bronzo, tiglio ed edera, posta all'ingresso dell'edificio per iniziativa Fondazione De Fornaris in occasione dei 150 anni dell'Italia unita.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Anselm Kiefer, «Einschüsse», 2010. Olio, emulsioni, acrilico e tecnica mista su tela, cm 380(h) x 380(b). Acquisto da White Cube, Londra, 2010 [fig. 2] Atanasio Soldati, «Composizione», 1940. Olio su tela, 55(h) x 55(b). Acquisto presso la IV Mostra pittori d'oggi Francia-Italia, 1955, Torino; [fig. 3] Angelo Morbelli, «Asfissia»,1884. Olio su tela, cm199 x 159.; [fig. 4] Lucio Fontana, «Attese», 1968. Smalto opaco su tela con cornice laccata, 73 x 89 x 6.5 cm. Dono del prof. Eugenio Battisti, Genova, 1966; [fig. 5] Giuseppe Penone, «In limine, matita, inchiostro, pittura acrilica, vernice dorata su carta giapponese, 33 x 48 cm. Disegni preparatori all’opera In Limine alla Gam di Torino. Foto © Archivio Penone
Informazioni utili
«Anima, Informazione, Malinconia e Linguaggio». Gam – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, via Magenta, 31 - Torino. Orari: martedì-domenica, 10.00-18.00, chiuso lunedì. La biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 7,50, ridotto € 6,00. Informazioni per il pubblico: tel. 011.4429518. Sito Internet: www.gamtorino.it.
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