È dedicata all’analisi delle prospettive introdotte dalle nuove tecnologie in ambito culturale e imprenditoriale il progetto «All is New in Art», promosso dalla Regione Lazio e dalla Fondazione Pastificio Cerere come piattaforma di partenza per le attività di Cinta - Centro italiano nuove tecnologie e arte, un osservatorio rivolto alle nuove forme di comunicazione e alle novità in campo formativo nei settori della cultura e dell’imprenditoria.
Otto le lezioni in programma, a cura di Marcello Smarrelli, che vedranno al tavolo dei relatori, tra gli altri, Marco Delogu, Pippo Ciorra, Domenico Quaranta, Lorenzo De Rita, Alberto Iacovoni, Massimo Coen Cagli e Luigi Capello.
Ad aprire gli incontri -rivolti a studenti universitari, neolaureati e persone interessate ad ampliare la propria formazione- sarà la conferenza «Osservazione. Per una visione del ritratto in fotografia», in programma giovedì 10 aprile alla Fondazione Pastificio Cerere, realtà nata nel 2004 con l’intento di realizzare e promuovere progetti formativi e programmi di residenze dedicati a giovani artisti e curatori, insieme a un ricco programma di mostre, conferenze, workshop e studio visit.
Marco Delogu, direttore artistico di Fotografia – Festival Internazionale di Roma, parlerà ai presenti di come le nuove tecnologie abbiano modificato il nostro modo di scattare immagini.
In un momento in cui tutti fotografano, ritraggono e si auto-ritraggono, cosa rimane del genere accademico del ritratto, sviluppatosi nella seconda metà dell’Ottocento?: è la domanda che fa da filo conduttore all’incontro, al quale prenderanno parte anche lo storico dell’arte Matteo Lafranconi, la curatrice di mostre Valentina Tanni e il fotografo Alessandro Giuliani.
La lezione, a ingresso gratuito (previa prenotazione), si aprirà con un’introduzione su quei fotografi che sentono il ritratto come esigenza personale, ossia quella di fotografare il conosciuto o indagare il conoscibile: la New York di Leonard Freed, gli americani di Paul Fusco, la famiglia di Bernard Plossu, le maghe di Graciela Iturbide, la gang di Finsbury Park di Don McCullin, il cafè di Anders Petersen, il Central Park di Tod Papageorge e la Sardegna di Pablo Volta.
Questa prima parte sarà indispensabile per contestualizzare e leggere le opere di artisti che, attraverso alcune pratiche nate dall'uso quotidiano delle nuove tecnologie come ad esempio quella dello screenshot, secondo cui si fotografa quanto succede sul monitor– traducono l'attività fotografica coniugandola con il mondo digitale. Saranno, quindi, illustrati gli esempi dell’artista canadese Jon Rafman, con il progetto «The Nine Eyes of Google Street View», e dell’artista greco Miltos Manetas con «BlackBerry Paintings».
Le lezioni -che si articoleranno in laboratori e momenti di approfondimento teorico, i cui video verranno raccolti sul sito www.cintarte.it- proseguiranno con un appuntamento sull’arte contemporanea e l’impresa, a cura di Marcello Smarrelli (giovedì 8 maggio, ore 9); si continuerà, quindi, con un incontro dal titolo «Vitruvio nel XXI secolo: ars utilitas comunicatio» che vedrà Pippo Ciorra, senior curator al Maxxi, parlare delle relazioni tra architettura e nuove tecnologie (giovedì 12 giugno, ore 9). Sarà, poi, la volta di Domenico Quaranta (giovedì 10 luglio, ore 9), docente, critico, curatore e direttore artistico del Link Art Center, che racconterà come gli strumenti dell'information technology si relazionino, dagli anni Sessanta ad oggi, con il mondo dell’arte.
Lorenzo De Rita proporrà, invece, l’incontro «Una tranquilla giornata di lavoro». L’11 settembre, per il direttore del Soon Institute, sarà un giorno come un altro. Andrà al lavoro, aprirà il suo computer, farà telefonate, invierà e-mail, navigherà su internet, farà qualche chiacchierata su Skype, riceverà colleghi e amici e probabilmente s’inventerà qualcosa di nuovo. Ma, a differenza degli altri giorni, Lorenzo De Rita farà tutto questo non nella stanza del suo studio di Amsterdam, ma di fronte alla platea di «All is New in Art». Un’occasione unica, questo incontro, per capire dall’interno il mondo della comunicazione e dei new media e conoscere come lavora e pensa un inventore con interessi che vanno dall’editoria sperimentale all’educazione innovativa, dalla costruzione di nuove forme di comunicazione all’ideazione di nuovi linguaggi.
Toccherà, quindi, ad Alberto Iacovoni, coordinatore culturale di Ied Roma, raccontare la profonda trasformazione subita dagli oggetti di design con l’evoluzione delle nuove tecnologie nell’incontro «Dalla pietra alla nuvola» (giovedì 9 ottobre, ore 9). Seguirà un incontro con Massimo Coen Cagli sul fundraising culturale (giovedì 13 novembre, ore 9), mente, in chiusura del programma, Luigi Capello parlerà delle imprese creative (giovedì 11 dicembre, ore 9). Un progetto, dunque, interessante quello della Fondazione Pastificio Cerere per comprendere quali nuove sfide attendono il sistema dell’arte e il mondo della cultura.
Didascalie delle immagini
[Figg. 1, 2, 3] Fondazione Pastificio Cerere di Roma
Informazioni utili
«All is New in Art». Fondazione Pastificio Cerere, via degli Ausoni, 7 - Roma. Ingresso gratuito. Informazioni: Fondazione Pastificio Cerere, via degli Ausoni, 7 - Roma, info@pastificiocerere.it o tel./fax 06.45422960.
Quando: gli incontri si svolgono il secondo giovedì di ogni mese, da aprile a dicembre, dalle ore 9.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14.00 alle ore 18.00.
A chi: studenti universitari (è previsto il riconoscimento di crediti formativi per gli studenti del Dipartimento di Storia dell'arte e spettacolo della Sapienza di Roma e dello Ied – Istituto europeo di design di Roma), neolaureati, e tutti coloro che intendono ampliare la propria formazione.
Come: Ogni incontro prevede una classe di 50 persone e sarà possibile prenotarsi fino ad esaurimento posti scrivendo a info@cintarte.it.
Social Media: hastag #cintarte e #allisnewinart
fb: Fondazione Pastificio Cerere
tw: @FondCerere
ig: fondazionepastificiocerere
La lezione sarà disponibile, nei giorni successivi sul sito cintarte.it.
Dal 10 aprile all'11 dicembre 2014.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
giovedì 10 aprile 2014
mercoledì 9 aprile 2014
Torino, Caravaggio va in visita da Ettore Spalletti
Caravaggio arriva a Torino con uno dei suoi più straordinari capolavori e la Galleria d’arte moderna gli riserva un’accoglienza speciale. Da giovedì 10 aprile il percorso espositivo della mostra «Ettore Spalletti Un giorno così bianco, così bianco» sarà arricchita da una celebre opera del maestro seicentesco della luce: la tela «Ragazzo morso dal ramarro», proveniente dalla Fondazione Longhi di Firenze.
Non è la prima volta che il museo piemontese mette in dialogo l’antico con il contemporaneo: negli ultimi cinque anni sono stati accostati, lungo il percorso espositivo, Mario Merz e Antonio Fontanesi, Giorgio Morandi e Fausto Melotti, Antonio Canova e Marina Abramović, Giorgio De Chirico e Pierre-Auguste Renoir.
Il dipinto ad olio del Caravaggio, del quale esiste anche una versione conservata alla National Gallery di Londra, è stato realizzato tra il 1595 e il 1596, e raffigura il dolore sordo e lo spavento di un giovanetto per l’inatteso morso di un ramarro, nascosto tra i fiori, i frutti e gli oggetti della natura morta raffigurata.
La forte contrazione del volto e il rigore plastico del ragazzo dipinto, accostato da alcuni al «David» di Michelangelo, attenuano il tono elegiaco proprio di altre opere giovanili caravaggesche ed evidenziano una maggiore violenza espressiva e mimetica che Mina Gregori collega «con le ricerche sulle reazioni psico-fisiche, sia del riso che del dolore», approfondite in Lombardia nel Cinquecento e sollecitate anche da Leonardo.
Punto di contatto tra l’opera di Michelangelo Merisi e quella di Ettore Spalletti è l’uso dell’elemento luminoso.
Il chiarore diffuso e intenso e le sfumature di bianco, rosa e azzurro che caratterizzano il lavoro del maestro di Cappelle sul Tavo vengono stravolte da una sorta di inversione, un coup de théâtre espositivo che si avvale di un allestimento raccolto e che enfatizza la potenza della luce fuori campo del quadro «Ragazzo morso dal ramarro», proveniente da una finestra chiaramente riflessa sulla caraffa.
La luce come espressione della quiete e della pace interiore che caratterizza l’opera di Ettore Spalletti viene, dunque, contrapposta alla visione del Merisi, per cui l’elemento luministico è un mezzo per esaltare la forza e la drammaticità delle emozioni.
La mostra torinese, parte di un ampio omaggio che coinvolge anche il Maxxi di Roma e il Madre di Napoli, si propone di ricostruire l’atmosfera dello studio del maestro pescarese. L’intento non è quello di riprodurre fisicamente lo spazio in sé quanto di trasmettere la poetica dell’artista ricreando l’energia che si respira in quell’ambiente.
Ettore Spalletti vive emotivamente i suoi luoghi: qui trascorre le sue giornate, e lo studio, al pari della sua casa, è a tutti gli effetti un rifugio protetto, un punto di osservazione privilegiato del mondo circostante, in cui nasce la sua personale riflessione e interpretazione dell’essenza delle cose che lo circondano. È il luogo che accoglie i pensieri da cui nascono le sue opere, fedeli compagne di vita. La convivenza con esse è continua e persistente: non si riduce al momento creativo o al lungo periodo di lavorazione durante il quale l’artista sceglie con cura i materiali, studia e controlla la trasformazione dei pigmenti e l’effetto finale dei colori.
Le opere che popolano lo studio abbracciano un arco temporale molto ampio che va dagli anni ’80 ad oggi, ma convivono armoniosamente abitando lo stesso spazio fisico, in una dimensione temporale sospesa. Sono loro che accolgono l’artista ogni giorno in maniera nuova, inaspettata a seconda delle luci o della collocazione, sempre diversa, con cui vengono disposte nello spazio, in una costante ricerca di ordine e di equilibrio perfetto.
Per ricreare l’atmosfera di queste stanze sono state scelte dalla Gam di Torino venticinque tele, tra le quali sarà possibile vedere un’opera proveniente da una importante collezione privata belga, «Coppa» del 1982, e un disegno a mano libera del 1981, presentato in anteprima nazionale.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Michelangelo Merisi da Caravaggio, «Ragazzo morso dal ramarro», 1595-1596. Olio su tela, cm 65,8 cm × 52,3. Fondazione Longhi, Firenze; [fig. 2] Ettore Spalletti, «Salle des départs, Garches», 1996. Foto: Attilio Maranzano; [fig. 3] Ettore Spalletti, «Fontana», 2004. Foto: Attilio Maranzano
Informazioni utili
«Ettore Spalletti Un giorno così bianco, così bianco». Gam, via Magenta, 31 – Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: centralino, tel. 011 4429518; segreteria, tel. 011 4429595. Sito web: www.gamtorino.it. Fino al 15 giugno 2014.
Non è la prima volta che il museo piemontese mette in dialogo l’antico con il contemporaneo: negli ultimi cinque anni sono stati accostati, lungo il percorso espositivo, Mario Merz e Antonio Fontanesi, Giorgio Morandi e Fausto Melotti, Antonio Canova e Marina Abramović, Giorgio De Chirico e Pierre-Auguste Renoir.
Il dipinto ad olio del Caravaggio, del quale esiste anche una versione conservata alla National Gallery di Londra, è stato realizzato tra il 1595 e il 1596, e raffigura il dolore sordo e lo spavento di un giovanetto per l’inatteso morso di un ramarro, nascosto tra i fiori, i frutti e gli oggetti della natura morta raffigurata.
La forte contrazione del volto e il rigore plastico del ragazzo dipinto, accostato da alcuni al «David» di Michelangelo, attenuano il tono elegiaco proprio di altre opere giovanili caravaggesche ed evidenziano una maggiore violenza espressiva e mimetica che Mina Gregori collega «con le ricerche sulle reazioni psico-fisiche, sia del riso che del dolore», approfondite in Lombardia nel Cinquecento e sollecitate anche da Leonardo.
Punto di contatto tra l’opera di Michelangelo Merisi e quella di Ettore Spalletti è l’uso dell’elemento luminoso.
Il chiarore diffuso e intenso e le sfumature di bianco, rosa e azzurro che caratterizzano il lavoro del maestro di Cappelle sul Tavo vengono stravolte da una sorta di inversione, un coup de théâtre espositivo che si avvale di un allestimento raccolto e che enfatizza la potenza della luce fuori campo del quadro «Ragazzo morso dal ramarro», proveniente da una finestra chiaramente riflessa sulla caraffa.
La luce come espressione della quiete e della pace interiore che caratterizza l’opera di Ettore Spalletti viene, dunque, contrapposta alla visione del Merisi, per cui l’elemento luministico è un mezzo per esaltare la forza e la drammaticità delle emozioni.
La mostra torinese, parte di un ampio omaggio che coinvolge anche il Maxxi di Roma e il Madre di Napoli, si propone di ricostruire l’atmosfera dello studio del maestro pescarese. L’intento non è quello di riprodurre fisicamente lo spazio in sé quanto di trasmettere la poetica dell’artista ricreando l’energia che si respira in quell’ambiente.
Ettore Spalletti vive emotivamente i suoi luoghi: qui trascorre le sue giornate, e lo studio, al pari della sua casa, è a tutti gli effetti un rifugio protetto, un punto di osservazione privilegiato del mondo circostante, in cui nasce la sua personale riflessione e interpretazione dell’essenza delle cose che lo circondano. È il luogo che accoglie i pensieri da cui nascono le sue opere, fedeli compagne di vita. La convivenza con esse è continua e persistente: non si riduce al momento creativo o al lungo periodo di lavorazione durante il quale l’artista sceglie con cura i materiali, studia e controlla la trasformazione dei pigmenti e l’effetto finale dei colori.
Le opere che popolano lo studio abbracciano un arco temporale molto ampio che va dagli anni ’80 ad oggi, ma convivono armoniosamente abitando lo stesso spazio fisico, in una dimensione temporale sospesa. Sono loro che accolgono l’artista ogni giorno in maniera nuova, inaspettata a seconda delle luci o della collocazione, sempre diversa, con cui vengono disposte nello spazio, in una costante ricerca di ordine e di equilibrio perfetto.
Per ricreare l’atmosfera di queste stanze sono state scelte dalla Gam di Torino venticinque tele, tra le quali sarà possibile vedere un’opera proveniente da una importante collezione privata belga, «Coppa» del 1982, e un disegno a mano libera del 1981, presentato in anteprima nazionale.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Michelangelo Merisi da Caravaggio, «Ragazzo morso dal ramarro», 1595-1596. Olio su tela, cm 65,8 cm × 52,3. Fondazione Longhi, Firenze; [fig. 2] Ettore Spalletti, «Salle des départs, Garches», 1996. Foto: Attilio Maranzano; [fig. 3] Ettore Spalletti, «Fontana», 2004. Foto: Attilio Maranzano
Informazioni utili
«Ettore Spalletti Un giorno così bianco, così bianco». Gam, via Magenta, 31 – Torino. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-18.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: centralino, tel. 011 4429518; segreteria, tel. 011 4429595. Sito web: www.gamtorino.it. Fino al 15 giugno 2014.
martedì 8 aprile 2014
Tra totem africani e tarocchi, un viaggio nell’arte di Enrico Prometti
La città di Bergamo e i suoi musei si uniscono in un percorso comune per raccontare il multiforme itinerario artistico di Enrico Prometti (Bergamo, 1945-2008), artista viaggiatore che ha esplorato le culture di alti Paesi, soprattutto delle civiltà Dogon e Tuareg, durante i suoi lunghi viaggi in Africa, dando vita a una ricerca figurativa, unica nel panorama nazionale, che ha attraversato i terreni della pittura, della scultura, della grafica, della realizzazione di gioielli e di oggetti d’uso quotidiano.
L’articolato progetto espositivo, intitolato «Prometti dal mito dalla storia dalla strada», è promosso dall’Accademia Carrara di Belle arti, dalla Fondazione Bergamo nella storia, dalla Fondazione Credito bergamasco e dalla Gamec – Galleria d’arte moderna e contemporanea, in collaborazione con il Museo civico di Scienze naturali «Enrico Caffi». E nasce da un’idea di Maria Grazia Recanati, che si è avvalsa della consulenza di Serena e Vania Prometti e del fondamentale apporto organizzativo di Roberta Marchetti, Rosanna Paccanelli, Angelo Piazzoli, Maria Cristina Rodeschini, Marco Valle e Claudio Visentin.
Il risultato è una mostra diffusa sul territorio, che si propone non solo di ricordare la figura dell’artista bergamasco, ma anche di costruire un percorso di conoscenza e incontro della poetica del viaggio e della cultura africana di cui Enrico Prometti era grande estimatore e conoscitore.
Insofferente ad ogni cristallizzazione intellettuale, l’autore lombardo ha indagato con assoluta libertà le potenzialità della materia e gli sviluppi della ricerca formale contemporanea, senza cedimenti né a facili esotismi né alle mode talora imperanti del mercato, contaminando elementi naturali e artificiali per generare risultati misteriosi, potentemente espressivi nelle loro infinite combinazioni.
Enrico Prometti ha restituito al nostro immaginario un mondo popolato di fantasmi totemici, maternità ancestrali, bestiari fantastici, pianeti colorati, soli e tarocchi. È stato non solo scultore di fervidissima ispirazione, abile pittore e incisore, ma anche autore di affascinanti gioielli e oggetti d’uso come coltelli, maschere e sedie.
Il racconto del suo viaggio artistico prende il via dal Museo storico di Bergamo con una sezione che ospita grandi dipinti, tra i quali una drammatica «Crocefissone», realizzata a collage con frammenti di giornali, diari, disegni e fotografie con visioni dell’Africa e dell’arte rupestre Dogon. Si entra, poi, nel mondo delle grandi sculture fatte con materie naturali (come il legno) o con materiali di riciclo (quali il cartone, la gomma, la plastica); tra di esse colpiscono l’attenzione la serie dei «Pianeti», grandi globi scolpiti in legno di iroko e dipinti, e alcune opere in pietra e tufo.
La sezione etnografica del Museo civico di scienze naturali «Enrico Caffi» -che conserva anche la collezione di reperti africani donata nel 1989 da Aldo Perolari alla città di Bergamo, ordinata nell’attuale allestimento da Walter Barbero in collaborazione con Enrico Prometti- ospita, invece, la «Grande maternità afro». Mentre la Gamec accoglie gioielli realizzati in legno, intarsi d’ambra e madreperla, pietre dure, coltelli-scultura, maschere, ornamenti per il corpo, sedie scolpite e una serie di «Arcani Maggiori», fotolitografie colorate a mano, testimonianza di un interesse per l’elaborazione dei Tarocchi che l’artista ha coltivato per tutta la vita e che rappresenta uno dei risultati più affascinanti della sua produzione.
Contemporaneamente alla mostra, Bergamo ospiterà una serie di eventi collaterali, da un concerto del mediatore museale Dudù Kouate al ciclo di conferenze «Arte, cura, memoria: dialoghi con l’Africa», dal progetto sonoro di Francesco Crovetto a laboratori di fotografia e di scrittura sul tema del viaggio, senza dimenticare la mostra «Punti di vista: l’Africa nello sguardo di Tito e Sandro Spini, Carlo Leidi, Walter Barbero», aperta dal 19 aprile al 18 maggio e promossa dagli Amici del museo storico di Bergamo.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Enrico Prometti, «Pianeta bianco», 2005. Legno di iroko intagliato e dipinto, h cm 45. © Foto Virgilio Fidanza. Archivio Fondazione Credito Bergamasco; [fig.2] Enrico Prometti, «Tarocchi, Arcani Maggiori: La Papessa, L'Imperatrice, Il Papa, L'Eremita», 1978. Fotolitografie colorate a mano, cm 26 x 16. © Foto Virgilio Fidanza. Archivio Fondazione Credito Bergamasco; [fig. 3] Enrico Prometti, «Sedia», anni 2000. Legno, stracci, cm 74x66. © Foto Virgilio Fidanza. Archivio Fondazione Credito Bergamasco
Informazioni utili
Enrico Prometti (1945-2008). Dal mito dalla storia dalla strada.
- Museo storico di Bergamo - Convento di San Francesco, piazza Mercato del Fieno 6/a – Bergamo Alta. Orari: martedì-domenica, ore 9.30-13.00 e ore 14.30-18.00; chiuso il lunedì non festivo. Ingresso libero: Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 035.247116. Sito internet: www.bergamoestoria.it.
- Gamec - Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo, via San Tomaso 53 – Bergamo. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-13.00 e ore 15.00-19.00; chiuso lunedì. . Ingresso libero: Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 035.270272. Sito internet: www.gamec.it.
- Museo civico di scienze naturali «Enrico Caffi», piazza Cittadella, 10 – Bergamo Alta. Orari: ore 9.00-12.30 e ore 14.30-18.00; sab e festivi 9.00-19.00; chiuso il lunedì. . Ingresso libero: Catalogo: disponibile in mostra.Informazioni: tel. 035.286011. Sito internet: www.museoscienzebergamo.it.
Fino al 2 giugno 2014.
L’articolato progetto espositivo, intitolato «Prometti dal mito dalla storia dalla strada», è promosso dall’Accademia Carrara di Belle arti, dalla Fondazione Bergamo nella storia, dalla Fondazione Credito bergamasco e dalla Gamec – Galleria d’arte moderna e contemporanea, in collaborazione con il Museo civico di Scienze naturali «Enrico Caffi». E nasce da un’idea di Maria Grazia Recanati, che si è avvalsa della consulenza di Serena e Vania Prometti e del fondamentale apporto organizzativo di Roberta Marchetti, Rosanna Paccanelli, Angelo Piazzoli, Maria Cristina Rodeschini, Marco Valle e Claudio Visentin.
Il risultato è una mostra diffusa sul territorio, che si propone non solo di ricordare la figura dell’artista bergamasco, ma anche di costruire un percorso di conoscenza e incontro della poetica del viaggio e della cultura africana di cui Enrico Prometti era grande estimatore e conoscitore.
Insofferente ad ogni cristallizzazione intellettuale, l’autore lombardo ha indagato con assoluta libertà le potenzialità della materia e gli sviluppi della ricerca formale contemporanea, senza cedimenti né a facili esotismi né alle mode talora imperanti del mercato, contaminando elementi naturali e artificiali per generare risultati misteriosi, potentemente espressivi nelle loro infinite combinazioni.
Enrico Prometti ha restituito al nostro immaginario un mondo popolato di fantasmi totemici, maternità ancestrali, bestiari fantastici, pianeti colorati, soli e tarocchi. È stato non solo scultore di fervidissima ispirazione, abile pittore e incisore, ma anche autore di affascinanti gioielli e oggetti d’uso come coltelli, maschere e sedie.
Il racconto del suo viaggio artistico prende il via dal Museo storico di Bergamo con una sezione che ospita grandi dipinti, tra i quali una drammatica «Crocefissone», realizzata a collage con frammenti di giornali, diari, disegni e fotografie con visioni dell’Africa e dell’arte rupestre Dogon. Si entra, poi, nel mondo delle grandi sculture fatte con materie naturali (come il legno) o con materiali di riciclo (quali il cartone, la gomma, la plastica); tra di esse colpiscono l’attenzione la serie dei «Pianeti», grandi globi scolpiti in legno di iroko e dipinti, e alcune opere in pietra e tufo.
La sezione etnografica del Museo civico di scienze naturali «Enrico Caffi» -che conserva anche la collezione di reperti africani donata nel 1989 da Aldo Perolari alla città di Bergamo, ordinata nell’attuale allestimento da Walter Barbero in collaborazione con Enrico Prometti- ospita, invece, la «Grande maternità afro». Mentre la Gamec accoglie gioielli realizzati in legno, intarsi d’ambra e madreperla, pietre dure, coltelli-scultura, maschere, ornamenti per il corpo, sedie scolpite e una serie di «Arcani Maggiori», fotolitografie colorate a mano, testimonianza di un interesse per l’elaborazione dei Tarocchi che l’artista ha coltivato per tutta la vita e che rappresenta uno dei risultati più affascinanti della sua produzione.
Contemporaneamente alla mostra, Bergamo ospiterà una serie di eventi collaterali, da un concerto del mediatore museale Dudù Kouate al ciclo di conferenze «Arte, cura, memoria: dialoghi con l’Africa», dal progetto sonoro di Francesco Crovetto a laboratori di fotografia e di scrittura sul tema del viaggio, senza dimenticare la mostra «Punti di vista: l’Africa nello sguardo di Tito e Sandro Spini, Carlo Leidi, Walter Barbero», aperta dal 19 aprile al 18 maggio e promossa dagli Amici del museo storico di Bergamo.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Enrico Prometti, «Pianeta bianco», 2005. Legno di iroko intagliato e dipinto, h cm 45. © Foto Virgilio Fidanza. Archivio Fondazione Credito Bergamasco; [fig.2] Enrico Prometti, «Tarocchi, Arcani Maggiori: La Papessa, L'Imperatrice, Il Papa, L'Eremita», 1978. Fotolitografie colorate a mano, cm 26 x 16. © Foto Virgilio Fidanza. Archivio Fondazione Credito Bergamasco; [fig. 3] Enrico Prometti, «Sedia», anni 2000. Legno, stracci, cm 74x66. © Foto Virgilio Fidanza. Archivio Fondazione Credito Bergamasco
Informazioni utili
Enrico Prometti (1945-2008). Dal mito dalla storia dalla strada.
- Museo storico di Bergamo - Convento di San Francesco, piazza Mercato del Fieno 6/a – Bergamo Alta. Orari: martedì-domenica, ore 9.30-13.00 e ore 14.30-18.00; chiuso il lunedì non festivo. Ingresso libero: Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 035.247116. Sito internet: www.bergamoestoria.it.
- Gamec - Galleria d’arte moderna e contemporanea di Bergamo, via San Tomaso 53 – Bergamo. Orari: martedì-domenica, ore 10.00-13.00 e ore 15.00-19.00; chiuso lunedì. . Ingresso libero: Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 035.270272. Sito internet: www.gamec.it.
- Museo civico di scienze naturali «Enrico Caffi», piazza Cittadella, 10 – Bergamo Alta. Orari: ore 9.00-12.30 e ore 14.30-18.00; sab e festivi 9.00-19.00; chiuso il lunedì. . Ingresso libero: Catalogo: disponibile in mostra.Informazioni: tel. 035.286011. Sito internet: www.museoscienzebergamo.it.
Fino al 2 giugno 2014.
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