ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 29 settembre 2014

Venezia, Lorenzo Lotto tra i tesori di Palazzo Cini a San Vio

Un altro ospite illustre anima il percorso espositivo della Galleria di Palazzo Cini a San Vio, straordinaria casa-museo veneziana che la Fondazione Giorgio Cini ha da poco restituito alla fruizione del pubblico grazie al sostegno delle Assicurazioni Generali e in occasione del sessantesimo anniversario del suo Istituto di storia dell’arte.
Dopo il «Ritratto di giovane con liuto» del Bronzino, in mostra da maggio a luglio, l’elegante palazzo lagunare che fu dimora di Vittorio Cini ospita, fino al prossimo 2 novembre, l’«Adorazione dei pastori» di Lorenzo Lotto, capolavoro della maturità del pittore veneziano, proveniente dalla collezione della Pinacoteca Tosio Martinengo di Brescia, ora conservata al museo di Santa Giulia.
L’iniziativa è proposta nell’ambito del serie espositiva «L’ospite a Palazzo», un’operazione che, grazie a nuove intese con istituzioni internazionali, vedrà le sale della collezione permanente di Palazzo Cini accogliere ogni anno un’opera ospite, intrecciando relazioni visive, dialogiche e di contenuto con gli altri lavori conservati nella galleria veneziana ed esprimendo sottili relazioni tra raccolte artistiche affini per valore, storia e significato.
L’«Adorazione dei pastori», realizzata intorno al 1534, è un’opera dalla funzione devozionale e fu con ogni probabilità commissionata all’artista da due membri della famiglia Baglione di Perugia, Braccio II e Sforza, i cui ritratti sarebbero celati nelle fattezze dei due pastori a destra nella composizione. La notizia della provenienza giunse dal mercante che nel 1825 vendette il dipinto al conte Paolo Tosio, il cui raffinato e colto collezionismo ha dato origine al primo nucleo della Pinacoteca bresciana, che comprende attualmente circa ottocento dipinti, databili dal XIII al XVIII secolo, realizzati da importanti artisti quali, per esempio, Raffaello, Lorenzo Lotto, Giovanni Battista Moroni, Andrea Appiani e Francesco Hayez.
Nel quadro, giocato su accostamenti cromatici di grande suggestione ed effetti luministici e atmosferici di mirabile intensità, il tema dell’adorazione dei pastori viene descritto con sensibilità bucolica. La Vergine è inginocchiata in primo piano e adora il Bambino poggiato su un panno bianco e sulla paglia, all’interno di una cesta di vimini, secondo la più antica tradizione iconografica della Madonna dell’Umiltà. Alle spalle si vedono San Giuseppe, il bue e l’asinello.
Sulla destra due angeli dalle lunghe ali spiegate, sublimi intermediari tra cielo e terra come spesso avviene nel «teatro sacro lottesco, introducono i pastori al cospetto della Sacra famiglia. Non vi è dubbio che queste due figure rappresentino i committenti, come dimostrano i loro eleganti abiti cinquecenteschi, visibili sotto le modeste tuniche. I due portano in dono un agnello, verso il quale il Bambino allunga le proprie braccia, allusione simbolica al destino sacrificale del Cristo.
Grazie a quest’iniziativa che porta a Venezia la straordinaria «Adorazione dei pastori» della Pinacoteca Tosio Martinengo, è possibile delineare anche un ideale itinerario lottesco nel sestiere di Dorsoduro, costituito dalla chiesa dei Carmini, con la pala raffigurante «San Nicola in gloria e santi» (1527-29), e dalle vicine Gallerie dell’Accademia, con lo straordinario «Ritratto di giovane» (1530 ca.). Un itinerario, questo, che si può estendere sino al sestiere di Castello, dove è ospitata, nella basilica dei Santi Giovanni e Paolo, la pala de «L’elemosina di Sant’Antonino» (1540-42).
Fino ai primi di novembe, il visitatore avrà anche l’occasione di vedere le sale del primo piano nobile del palazzo, arredate con mobili e oggetti d'arte che riflettono il carattere originario dell'abitazione e il gusto personale di Vittorio Cini. In questi spazi sono esposti una trentina di dipinti di scuola toscana, donati da Yana Cini alla fondazione veneziana nel 1984. Accanto alle opere pittoriche, tra le quali spiccano «Il giudizio di Paride» di Sandro Botticelli, la «Madonna con il Bambino e due angeli» di Piero di Cosimo e vari dipinti di scuola ferrarese del Rinascimento, come il «San Giorgio» di Cosmè Tura, sono raccolti alcuni significativi esempi di arti applicate: un servizio completo di porcellana della manifattura settecentesca veneziana dei Cozzi, placchette e cofanetti d'avorio della Bottega degli Embriachi, smalti rinascimentali, oreficerie, sculture in terracotta, credenze, cassapanche di notevole importanza, tra cui un raro cassone nuziale senese della metà del Trecento, e una portantina napoletana del Settecento.
Un’occasione, quella della riapertura di Palazzo Cini a San Vio, per scoprire il raffinato gusto collezionistico di Vittorio Cini, imprenditore e politico che Federico Zeri definì «un vero raccoglitore di pittura antica».

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Lorenzo Lotto, «L’adorazione dai pastori», 1534 ca. Olio su tela, cm 147x166. Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo; [fig. 2 e 3] Lorenzo Lotto, «L’adorazione dai pastori» - particolare, 1534 ca. Olio su tela, cm 147x166. Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo. 

Informazioni utili 
 «L’ospite a Palazzo» - «L’adorazione dai pastori» di Lorenzo Lotto. Palazzo Cini, Campo San Vio, Dorsoduro 864 – Venezia. Orari: ore 11.00–19.00, chiuso il martedì (ultimo ingresso ore 18.15). Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 8,00. Informazioni: info@cini.it. Sito web: www.cini.it. Fino al 2 novembre 2014.

venerdì 26 settembre 2014

Firenze, un «Alcesti» per pochi all’ex carcere delle Murate

Venti spettatori per rappresentazione, un solo mese di repliche, nessuna tournée e un luogo dalla storia antica, ma mai adibito a spazio scenico come il Semiottagono dell’ex carcere delle Murate a Firenze: ha tutti gli elementi per far parlare di sé lo spettacolo «Alcesti», rilettura del capolavoro di Euripide firmata da Massimiliano Civica (che ha curato anche la traduzione e l’adattamento del testo), in scena dal 30 settembre al 26 ottobre per iniziativa della Fondazione Pontedera Teatro e di Atto Due, in collaborazione con l’Amministrazione comunale guidata da Dario Nardella e con Rialto Santambrogio di Roma.
A metterà in scena la storia dell’eroina greca, diventata simbolo della sposa fedele disposta a sacrificare la propria vita per salvare quella del marito, sarà un cast pluripremiato formato da Daria Deflorian, Monica Demuru e Monica Piseddu.
I costumi della rappresentazione, che gode del riconoscimento del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e della Regione Toscana, portano, invece, la firma di Daniela Salernitano (nella cinquina finale dei Nastri d’Argento 2014 per «Song’e Napule»); mentre le maschere sono di Andrea Cavarra e le luci di Gianni Staropoli.
Massimiliano Civica racconta che il suo «Alcesti» è «uno spettacolo che mette in luce come il teatro viva solo perché muore tutte le sere». Nell’era digitale che offre l’illusione di essere «dappertutto e sempre», ciò che avviene su un palcoscenico è, infatti, mortale: accade in un luogo, davanti ad alcune persone, per una sera e quando è finito lo è per sempre. Nemmeno le riprese video possono restituire l’emozione che si vive assistendo a uno spettacolo, la fascinazione del «qui ed ora» di un racconto scritto centinaia di anni fa e ancora oggi attualissimo. Una prova, questa, del fatto che il teatro non è antico o contemporaneo, è eterno.
La regia parte dallo spazio, che non essendo riconducibile a nulla di teatrale ha il compito di purificare lo sguardo degli spettatori: alla sala del Semiottagono si accede attraverso una lunga galleria, una specie di diaframma che separa la città da questo luogo intimo, bianco, scandito nel suo vorticoso sviluppo verso l’alto, da una serie di ballatoi su cui si affacciano le porte delle vecchie celle. In alto il cielo, oltre i vetri di un lucernaio. Il pubblico disposto su un’unica fila di venti sedie bianche, circonderà l’azione scenica.
Le attrici Daria Deflorian e Monica Piseddu, attraverso l’uso delle maschere, daranno vita a tutti i personaggi della tragedia: dei e mortali, servi e nobili, uomini e donne, vecchi e giovani. Alla cantante/attrice Monica Demuru spetterà, invece, il compito di reinventare il canto della tragedia greca, ricercandone gli echi più profondi.
«L'Alcesti di Euripide -spiega il regista- è una tragedia che “dice” l’ineluttabilità della morte e l’obbligo che abbiamo di scegliere come vivere. Pone una domanda che dobbiamo imparare ad accettare come ineludibile: se dobbiamo morire, se dobbiamo ad un certo punto perdere tutto, se non possiamo esserci per sempre, che senso ha vivere? La risposta suona scandalosa alle nostre orecchie di contemporanei: la vita ha senso se scegliamo di vivere per qualcuno, se siamo pronti a sacrificarci per qualcuno. Non perché viviamo, ma per chi viviamo? Alcesti sceglie di morire affinché suo marito continui a vivere. E nella tragedia, per questo suo sacrificio, per questo suo atto d'amore, avviene il miracolo che la riporta in vita, accanto al suo amato. È solo una favola e Euripide lo sa bene, infatti non ci consola, ma ci offre in sacrificio il solo miracolo consentito agli uomini, quello di trovare un senso nell'amore».
Allo spettacolo sarà affiancato un percorso di approfondimento intitolato «Leggere il teatro»: fino al 28 settembre sarà possibile assistere alle anteprime dello spettacolo; mentre dal 20 al 24 ottobre sono in programma cinque incontri (per massimo cinque partecipanti) con il regista per indagare la relazione tra il testo e la complessa pratica di messa in scena nel teatro greco e in particolare nell’«Alcesti», un testo che evidenzia come il suo significato più profondo risieda nella rappresentazione più che nella forma letteraria.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Ex carcere delle Murate a Firenze. Foto: Duccio Burberi; [fig. 2] Daria Deflorian e Monica Piseddu. Foto: Duccio Burberi; [fig. 3] Daria Deflorian e Monica Piseddu. Foto: Duccio Burberi; 

Informazioni utili
«Alcesti». Ex carcere delle Murate, piazza della Madonna della Neve - Firenze. Orari: da martedì a sabato, ore 21.00; domenica, ore 18.00. Ingresso: intero € 12,00, ridotto € 10,00, ridotto speciale € 8,00. Informazioni e prenotazioni (obbligatorie) dello spettacolo: info@attodue.net o tel. 055.4206021. Sito internet: www.pontederateatro.it o www.attodue.net. Dal 30 settembre al 26 ottobre 2014. 

giovedì 25 settembre 2014

«Quartieri dell’Arte», Giancarlo Giannini interpreta Pietro Aretino nel Palazzo dei Papi di Viterbo

È una prima mondiale da non perdere quella che ha messo in cantiere per le serate di sabato 27 e domenica 28 settembre la diciottesima edizione del festival internazionale di teatro «Quartieri dell’Arte», manifestazione nata nel 1997 a Viterbo che vede alla direzione artistica Gian Maria Cervo e Alberto Bassetti e che quest’anno si intitola «Ci sarò non ci essendo come ci sarò essendoci», frase rubata alla commedia «Loipocrito» di Pietro Aretino, che vuole essere un invito a riflettere non tanto sui pur importanti risvolti economici della cultura o sulle relazioni tra Pil e spettacolo quanto sulla capacità che il teatro ha di creare inclusione e di ridefinire il concetto di cittadinanza.
Nel prossimo fine settimana, Giancarlo Giannini e Franco Zeffirelli, due grandi nomi della cultura italiana che si è fatta conoscere all’estero, saranno, infatti, i protagonisti dello spettacolo «Vita di Maria Vergine», uno dei più bei testi prodotti dal genio rinascimentale di Pietro Aretino, nell’ambito del suo lavoro di riscrittura della materia sacra, riadattato per l’occasione da Gian Maria Cervo, autore e traduttore napoletano i cui testi e graphic novel sono pubblicati da Editoria & Spettacolo in Italia e da Suhrkamp e Drei Masken Verlag in Germania.
Ad ospitare l’evento, una sorta di «Divina Commedia» dagli sfondi patetici e psicologici, sarà la prestigiosa e storica cornice del Palazzo dei Papi, location scelta non a caso perché fu qui, durante la festa teatrale del 1462 nella piazza San Lorenzo, che venne rappresentata l’«Assunzione della Vergine».
A dirigere la rappresentazione sarà Adriano De Santis, da molti anni strettissimo collaboratore di Giancarlo Giannini, responsabile della pianificazione e programmazione della Scuola nazionale di cinema al Centro sperimentale di cinematografia di Roma e autore di prestigiosi allestimenti presentati in prima mondiale nelle passate edizioni di «Quartieri dell’Arte», tra i quali «Se sapessi cantare mi salverei» di Juan Mayorga.
Se Pietro Aretino si preoccupa, nella composizione, di calare il suo descrittivismo pittorico (che in alcuni momenti, molto drammatici, si colora dei toni dell’ascetismo) in una struttura narrativa dai ritmi serrati, concepita per avvincere, Gian Mario Cervo adatta e sintetizza l’opera in una narrazione teatrale per flash rivelando la sua straordinaria modernità.
«È soprattutto merito della lingua efficace e spedita dello scrittore rinascimentale -afferma l’autore partenopeo-. Io mi sono limitato a spostamenti, a piccoli emendamenti nelle scelte verbali e a tradurre il principio di causalità, già fortemente presente nell’opera, in termini più contemporanei. Questo è un lavoro molto ambiguo e, quindi, politico in senso moderno. Pietro Aretino lo scrive per ottenere la porpora cardinalizia, ma nonostante ciò rivendica il suo diritto alla Inventio, alla vivacità, alla riorganizzazione dei materiali sacri per creare una struttura avvincente e affermare la sua personalità d’artista. Credo che sia importante riscoprire un autore come lui, ottusamente censurato in passato. Affidarsi a Giancarlo Giannini, il genio della recitazione italiana, in questa operazione è, poi, un’avventura entusiasmante. Il testo è, inoltre, anche un omaggio a Viterbo. Aretino era in contatto con Vittoria Colonna mentre lo componeva e la poetessa, che gli dava feedback e pareri, abitava nella città in quel periodo» .
Novità dell’ultima ora è la partecipazione allo spettacolo, che si avvale dei movimenti di scena di Silvia Perelli e delle luci di Luigi Biondi, di Franco Zeffirelli, che interpreterà la parte di Dio. Un piccolo cammeo, quello del regista fiorentino, che pur non essere fisicamente presente sul palco, darà il proprio inestimabile contributo alla riuscita dell’evento, rispolverando una tradizione che vide nella Viterbo rinascimentale personaggi in vista interpretare ruoli di spicco in rappresentazioni teatrali.
La serata sarà introdotta dai «Sermones», uno spettacolo di e con Francesca Bartellini ambientato in un futuro prossimo immaginario, nel quale una donna arcivescovo, Madre Eva, che ha raggiunto il potere sacro nelle gerarchie ecclesiastiche della Chiesa cristiano-cattolica, parla ai suoi fedeli mentre riceve missive da una collega inglese che insinua in lei un dubbio: il percorso che l'ha portata fino a lì è giusto? È possibile aprirsi a una costruzione del sacro che abbracci i due principi, il femminile e il maschile, in un unico cerchio magico fondativo? Il finale è una possibile chiave di lettura per l’adattamento dell’opera aretiniana con Giancarlo Giannini e Franco Zeffirelli, un appuntamento per scoprire la scrittura ad argomento religioso di uno dei commentatori più mordaci di uomini ed eventi del Rinascimento.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Palazzo dei Papi a Viterbo; [fig. 2] Giancarlo Giannini, protagonista dello spettacolo «Vita di Maria Vergine» al festival «Quartieri dell’Arte»; [fig. 3] Franco Zeffirelli interpreterà Dio nello spettacolo «Vita di Maria Vergine» al festival «Quartieri dell’Arte»

Informazioni utili
«Vita di Maria Vergine». Palazzo dei Papi | Sala del Conclave, piazza San Lorenzo, 8 – Viterbo. Quando: sabato 27 e domenica 28 settembre 2014, ore 21.00. Ingresso: intero € 30,00, ridotto € 27,00. Informazioni sui biglietti: ufficiostampaquartieridellarte@gmail.com o www.boxofficelazio.it. Sito web: www.quartieridellarte.it.