ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 15 dicembre 2016

«Andrea Doria», la storia della «nave più bella del mondo» in mostra a Genova

«Un pezzo d’Italia se ne è andato, con la terrificante rapidità delle catastrofi marine e ora giace nella profonda sepoltura dell’oceano. Proprio un pezzo d’Italia migliore, la più seria, geniale, solida, onesta, tenace, operosa, intelligente». Così il 27 luglio del 1956 lo scrittore Dino Buzzati parlava, sul quotidiano «Il Corriere della Sera», dell’«Andrea Doria», la «nave più bella del mondo» che nella notte tra il 25 e il 26 luglio era bruscamente affondata nel suo viaggio tra Europa e America.
A sessant’anni dal naufragio, il Mu-Ma - Galata Museo del mare di Genova e la Fondazione Ansaldo ricostruiscono, attraverso una mostra che si basa sui documenti ritrovati , la storia di quell’imbarcazione leggendaria, vanto della marineria italiana, la cui costruzione segnò l’inizio di una nuova era, quella caratterizzata dall’italian style come cifra dell’eleganza sul mare e del bel vivere. L’«Andrea Doria», che qualche critico considerò un anticipo di Dolce Vita, era, infatti, «una nave dove, per la prima volta in Italia, -si legge nella nota stampa- ingegneri e architetti avevano lavorato insieme e, gli architetti, avevano avuto negli artisti incaricati delle decorazioni, in primis Salvatore Fiume, dei ‘complici’, per creare un’atmosfera, un climax, che non si sarebbe più ripetuto».
L’esposizione vuole essere, secondo uno stile ormai consolidato al Galata, una Doria Experience. Nel museo genovese sono, infatti, stati ricostruiti alcuni ambienti del transatlantico a partire dalla prora, riprodotta in scala 1:5, che incombe sul visitatore mentre le pareti della mostra lo avvolgono come se si trattasse delle fiancate stesse della grande nave, segnata dalle linee bianche e rosse dello scafo.
L’esposizione è scandita dai portali presenti sulle rampe inclinate che conducono al Mirador, uno degli spazi architettonicamente più affascinanti dell’edificio genovese, rimodellato nel 2004 dall’architetto spagnolo Vazquez Consuegra.
Il primo dei portali introduce alla genesi del Doria, costruita nel secondo Dopoguerra, in un contesto caratterizzato da una marina mercantile azzerata e da una cantieristica sopravvissuta a stento.
La seconda sezione investiga l’aspetto artistico e architettonico: con fotografie e ricostruzioni 3D di alcuni degli ambienti più prestigiosi della nave come la «Suite dello Zodiaco», dove tutti gli elementi d’arredo, dalle tende ai copriletto, dal telefono alla tavoletta del wc erano disegnati nello stesso stile.
Il terzo portale è dedicato al varo e al maiden voyage, il «viaggio della vergine», ovvero la prima traversata dell’Atlantico, dove la nuova nave debuttava e, a seconda della sua accoglienza, si capiva quale sarebbe stato il suo successo di pubblico.
Per sei giorni gli ospiti del transatlantico passavano un periodo di estraniazione dalla vita comune, fatto di attività sociali a bordo, di giochi, di cucina, di letture, di bagni di sole e molta, molta piscina (l’«Andrea Doria» aveva addirittura tre vasche, una per ogni classe, secondo un lido digradante che era la vera particolarità dei transatlantici italiani).
La sezione successiva mostra il vero gioiello dell’esposizione: un modello di sei metri del transatlantico, realizzato dalla ditta Giacomo Patrone nel 1952 per essere esposto negli atri delle principali stazioni ferroviarie italiane. Ritrovato dal curatore del Galata, Pierangelo Campodonico, nella fine degli anni Novanta e donato dalla Finmare, prima della sua liquidazione, il modellino, al quale è affiancata in mostra la ricostruzione di una parte del ponte di passeggiata della nave, è stato completamente restaurato dal modellista Cambiassi di Genova.
La quinta sezione è più tecnica: spiega, attraverso un filmato realizzato appositamente dallo Studio ToonTaun, la cinematica del viaggio, proponendo una sorta di conto a rovescio che mostra, sulla base dei verbali e della documentazione esistente, che cosa avvenne prima del naufragio, che cosa è stato visto e fatto nei due ponti di comando e, infine, grazie alla visione dei tracciati di rotta, la prova che scagiona definitivamente il comando italiano. «La collisione -si legge nella nota di presentazione della mostra- avvenne in un tempo brevissimo, in seguito a una decisione sbagliata presa a bordo della nave investitrice, non più tardi di due minuti prima. Il tempo del destino».
La settima sezione è dedicata all’equipaggio. Attraverso la ricostruzione dei dialoghi che, nella notte avvennero tra le navi soccorritrici e il «Doria», il Galata vuole rappresentare quella che è stato considerato il più grande (e il più riuscito) salvataggio in mare della storia. Se è vero che parte dei cinquecentosettantuno membri dell’equipaggio si mise in salvo non appena ne ebbe la possibilità è vero che chi rimase, gli ufficiali, i macchinisti, i marinai e molti tra i camerieri e gli addetti ai servizi generali, misero in salvo la gran parte dei passeggeri.
In quella notte, il comando di bordo e quarantasette, tra uomini e donne dell’equipaggio, «meritano un particolare riconoscimento per il lodevole comportamento tenuto»: quella notte le scialuppe del «Doria» salvarono il 70% dei naufraghi e questo perché andarono avanti e indietro, senza sosta. E il manifesto della mostra è dedicato a loro: una foto, inedita, che mostra la scialuppa n. 5, una delle ultime a fermarsi, i volti dell’equipaggio con il comandante Piero Calamai, a guardarsi e a guardare la nave che affonda.
L’ottava sezione rappresenta l’impatto che la vicenda del «Doria» ebbe sui mass-media. L’affondamento del transatlantico italiano fu, infatti, la prima «tragedia in diretta» della storia: la radio, le televisioni, immortalarono attimo per attimo l’evento. Il fotografo Harry Trask conseguì il «Pulitzer Price» per le immagini scattate negli ultimi istanti della nave a galla. I giornali ne parlarono con le loro edizioni speciali, settimanali come «Life» ed «Epoca» fecero servizi che passarono alla storia del giornalismo.
Un’ultima sezione rappresenta il «Doria dopo il Doria» ed è la ricostruzione e la riflessione su ciò che avvenne dopo: le polemiche, la causa in tribunale, il processo che non si tenne mai, ma anche la storia della marineria italiana negli anni successivi. Il «Doria» rappresentò, infatti, il breve «canto del cigno» di un’epoca e di un mondo. La «nave più bella del mondo» non avrebbe, infatti, avuto eredi.

Informazioni utili 
«T/N Andrea Doria, lanave più bella del mondo». Galata Museo del Mare, Calata De Mari, 1 (Darsena - via Gramsci) – Genova. Orari: da novembre a febbraio  - martedì–venerdì, ore 10.00 – 18.00 (ultimo ingresso, ore 17.00); sabato, domenica e festivi, ore 10.00 – 19.30  (ultimo ingresso 18.00) | da marzo a ottobre  - lunedì-domenica, ore 10.00 – 19.30  (ultimo ingresso 18.00). Ingresso (solo museo): intero  € 12,00, gruppi € 9,00, ridotto € 10,00, ragazzi dai 4 ai 12 anni  7,00, scuole € 5,50, bimbi 0-3 anni gratuito. Sito internet: www.galatamuseodelmare.it. Fino al 30 maggio 2017. 

mercoledì 14 dicembre 2016

Reggia di Caserta, tre installazioni site-specific sulla Natività

La Natività, il numero tre legato alla Trinità, ma anche un concetto laico di rinascita e rinnovamento: sono questi gli elementi che compongono il progetto espositivo «The Rebirth Triad», ideato, promosso e realizzato dall’agenzia di comunicazione Uncommon di Milano e dalla Galleria Intragallery di Napoli, con la curatela di Chiara Canali.
La mostra, che si avvale del patrocinio di Michelangelo Pistoletto e del Rebirth Day da lui ideato, allinea negli spazi della Sala delle Battaglie di Spolverini alla Reggia di Caserta tre installazioni site-specific elaborate da Vincenzo Marsiglia, Anita Calà e Lapo Simeoni.
Il progetto, visibile fino al prossimo 8 gennaio, nasce con lo scopo di creare un dialogo profondo tra una delle residenze reali più importanti non solo in Italia ma anche nel mondo, spesso lasciata in secondo piano, con l'arte contemporanea.
Traendo spunto dal presepe settecentesco custodito nell’Appartamento Reale della Reggia, per il quale è stato realizzato un nuovo impianto illuminotecnico, Chiara Canali ha invitato tre artisti a reinterpretare il concetto di Natività in senso laico, parlando di nascita e di ri-nascita anche in senso culturale.
Le sculture di Vincenzo Marsiglia (1972, Belvedere Marittimo), con la loro imponente struttura esagonale in legno, sono forme di interazione che contengono nel loro interno un mondo artificiale e tecnologico: captato il volto del fruitore, un software nascosto all’interno legge le emozioni umane e genera suoni e forme diverse, mutevoli e immateriali, rispettando esternamente il cambiamento interiore dell’uomo.
L'opera di Anita Calà (1971, Roma) è formata da un grande ovale in resina trasparente, opaca all'interno e lucida all’esterno, che contiene al suo interno una sfera più piccola rossa; al di fuori si trova un’altra sfera rossa, identica a quella contenuta all’interno, in un rispecchiamento del dentro con il fuori.
Il progetto di Lapo Simeoni (1979, Orbetello) è costituito, invece, da una struttura a forma di anello che attraverso la sua forma e il suo contenuto evoca la trasposizione concreta del virtuale tradotto in reale, rendendo tangibile e materico quel portale (Internet) che rappresenta oggi lo scollegamento tra uomo e macchina.
Al tema della Ri-Nascita si rapporta il fil rouge dei simboli del cerchio e della luce, così come quello dell’infinito, sintetizzando il gesto creativo dell’artista che nelle sue mani fa risorgere e rinascere ciò che prima non aveva significato. Queste tre opere dialogano tra loro secondo il principio, formulato da Michelangelo Pistoletto, della Trinamica, cioè della dinamica del numero tre. Il simbolo-formula del triplo offre l'energia necessaria alla trasformazione della società a partire dall'arte, in quanto essa è fondamentalmente incentrata nella creazione e può portare la creazione nella società non solo come prodotto da fruire, ma come attività a cui partecipare.

Informazioni utili 
 «The Rebirth Triad». Reggia di Caserta, viale Dohuet – 81100 Caserta. Orario di visita: ore 8.30-19.30; chiusura biglietteria, ore 18.45; ultimo ingresso, ore 19.00. Ingresso: intero € 12,00 (solo appartamento € 9.00), ridotto € 6,00 (solo appartamenti € 4,00).  Informazioni: tel. (0039)0823-448084 o (0039)0823-277580. Sito internet: http://www.reggiadicaserta.beniculturali.it. Fino all'8 gennaio 2017. 

martedì 13 dicembre 2016

Venezia, tre giorni alla scoperta de «Il cinema ritrovato»

È nato nel 1986 a Bologna, ma da qualche anno ha varcato i confini del capoluogo emiliano. Stiamo parlando del festival «Il cinema ritrovato», un appuntamento importante a livello internazionale per gli appassionati, che porta alla riscoperta di pellicole poco note, con particolare riferimento alle esperienze delle origini del cinematografo.
Da mercoledì 14 a venerdì 16 dicembre la rassegna sbarca in Laguna, negli spazi del teatrino di Palazzo Grassi. A curare il programma della tappa veneziana sono Mariann Lewinsky e Antonio Bigini.
Ad aprire il cartellone è la mini-serie «Au pays des Lumière», due film dedicati al grande cinema francese delle origini con uno speciale omaggio ai fratelli Lumière, gli inventori del cinematografo, che tra il 1895 e il 1905 realizzarono ben centoquattordici film, recentemente restaurati in versione digitale in 4K con la voce narrante di Valerio Mastrandrea.
Ad inaugurare la serata, alle ore 18, è, nello specifico, il filmato «Lumière! La scoperta del cinema», girato da Thierry Frémaux nel 2015, che racconta come il duo di Lione, grazie alla sua macchina magica, ritrasse «città, paesaggi, uomini, donne, bambini, animali, il lavoro, il gioco, il mare, la folla, la solitudine»: un insieme di vedute che lascia ancora senza fiato.

A seguire, alle ore 20, ci sarà la proiezione del film «Les enfants du paradis» (Francia, 1943-1944, 189’) di Marcel Carné, un film vibrante di un'identità intima, segreta, disperata, il cui recente restauro, con tutti i suoi grigi e qualche luccicanza, ha accentuato - racconta Jacques Lourcelles- «il lato onirico, evanescente, di un'opera pronta ad affrontare l'eternità».
Giovedì 15 dicembre si prosegue con una serata consacrata alle «Donne e Dive» del cinema. Si inizia con un omaggio a Ella Maillart, fotografa e viaggiatrice svizzera che, mentre l'Europa sprofonda nella guerra, parte alla volta dell’Afghanistan e dell’India. La sua storia viene raccontata in un film di Mariann Lewinsky e Antonio Bigini: «Double Journey» (Svizzera, 2015, 40’). Seguirà, quindi, l'omaggio a Lyda Borelli con il film «Rapsodia satanica» di Nino Oxilia (Italia, 1915-1917, 45’), la storia di un'anziana dama dell'alta società, Alba d'Oltrevita, che stipula un patto con Mefisto per riacquistare la giovinezza in cambio della quale ha però il divieto di innamorarsi.
L'ultima parte della serata sarà, invece, dedicata al mito di Greta Garbo, protagonista della commedia romantica «Ninotchka» (USA, 1939, 110’).
Infine, venerdì 16 dicembre, il pubblico del teatrino di Palazzo Grassi sarà trasportato tra Mosca, Napoli e New York nel corso della serata dedicata ai «Viaggi».
Ad aprire la serata sarà la proiezione del film «Il treno va a Mosca» (Italia, 2013, 70’) di Federico Ferrone e Michele Manzolini, «un poema lirico, visivo, musicale, politico, umano, esistenziale, storico, comico, struggente –per usare le parole di Paolo Virzì- su cosa voleva dire il comunismo italiano e su cosa era l’Italia negli anni’50».
Seguirà la visione di una raccolta di preziosi «film dal vero» dei primi del Novecento restaurati dalla Cineteca di Bologna e da altri istituti italiani, per essere raccolti sotto il titolo di «Grand Tour italiano» (Italia, 45’), un raro viaggio dalla Sicilia al Cervino, in un’Italia sospesa tra Ottocento e modernità.
Sarà, quindi, la volta di grande capolavoro di Charlie Chaplin, «The Immigrant» (Usa, 1917, 25’); mentre a concludere la serata sarà «Viaggio in Italia» (Italia, 1954, 97’) di Roberto Rossellini.
Le tre serate veneziane, tutte a ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili, sono organizzate in collaborazione con la Cineteca di Bologna che, fino al 30 gennaio, dedica ai fratelli Lumière una mostra a cura di Thierry Frémaux, nello Spazio Sottopasso di piazza Re Enzo, cuore del capoluogo emiliano.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] «Les enfants du paradis» di Marcel Carné. Francia, 1943- 1944, 189’; [fig. 2] «Ninotchka» di Ernst Lubitsch. USA, 1939, 110’; [fig. 3] «The Immigrant» di Charlie Chaplin. USA, 1917, 25’

Informazioni utili 
www.palazzograssi.it.