Si tinge ancora di rosa il palcoscenico del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio. Dopo la commedia «Queste pazze donne», che lo scorso 25 gennaio ha visto in sala circa seicento spettatori, la stagione «Mettiamo in circolo la cultura», inserita nel cartellone cittadino «BA Teatro», offre nuovamente uno sguardo autentico, divertente e disincantato sul mondo femminile.
Mercoledì 21 febbraio, alle ore 21, la sala di via Calatafimi aprirà le porte a una delle novità più attese del nuovo anno teatrale: l’one woman show «Pefetta», su testo e per la regia di Mattia Torre, noto sceneggiatore, regista e autore teatrale romano, che ha, tra l’altro, scritto per il programma «Parla con me» di Serena Dandini e, dal 2007, per la prima, la seconda e la terza stagione di «Boris», andata in onda su Fox Italia, e per «Boris – il film».
Le musiche originali dello spettacolo, che debutterà il prossimo venerdì 16 febbraio al teatro Moderno di Grosseto, sono di Paolo Fresu e i costumi di Antonio Marras. Il disegno luci porta la firma di Luca Barbati; assistente alla regia è Giulia Dietrich.
Protagonista di «Perfetta» è l’ironica e tagliente Geppi Cucciari, noto volto televisivo che, dopo l’esordio a «Zelig» del 2001, si è destreggiata tra spettacoli teatrali come il musical «La famiglia Addams» e abili conduzioni radiofoniche e televisive, tra cui quelle per i programma «Un giorno da pecora» di Radio2 e per le trasmissioni televisive «Per un pugno di libri» e «Le parole della settimana» di Rai3, che la vedono rispettivamente accanto a Piero Dorfles e Massimo Gramellini.
«Perfetta» si configura come una sorta di «radiografia sociale ed emotiva, fisica, di ventotto comici e disperati giorni» raccontati attraverso le quattro fasi del ciclo femminile. Il monologo teatrale parla, dunque, -si legge nella sinossi- di «una donna che conduce una vita regolare, scandita da abitudini che si ripetono ogni giorno, e che come tutti noi lotta nel mondo. Ma è una donna, e il suo corpo è una macchina faticosa e perfetta che la costringe a dei cicli, di cui gli uomini sanno pochissimo e di cui persino molte donne non sono così consapevoli».
Ha, dunque, tutti gli ingredienti per accontentare l’affezionato pubblico del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio (quasi trecentoquaranta gli abbonati della sala) lo spettacolo «Perfetta», scelto da Maria Ricucci dell’agenzia «InTeatro» di Opera (Milano) per la stagione «Mettiamo in circolo la cultura», ideata con l’intento di offrire al pubblico occasioni di riflessione, ma anche di divertimento leggero, attraverso otto spettacoli di prosa con noti personaggi della scena contemporanea, da Lorella Cuccarini a Giampiero Ingrassia, da Vanessa Gravini a Ivano Marescotti, passando per Debora Caprioglio, Gianfraco Jannuzzo, Valentina Lodovini e Max Pisu.
La stagione teatrale del Manzoni di Busto Arsizio proseguirà nella serata di venerdì 9 marzo, alle ore 21, con la commedia «Alla faccia vostra», pièce leggera e divertente scritta da Pierre Chesnot, autore anche dell'ormai celebre «L’inquilina del piano di sopra», che promette due ore di divertimento e risate. In scena, nei panni dei protagonisti, due attori d’eccezione: l’esilarante Gianfranco Jannuzzo e la splendida Debora Caprioglio, coppia ormai collaudata del teatro brillante italiano, già vista insieme in «È ricca, la sposo e la ammazzo».
Il costo del biglietto per lo spettacolo «Perfetta» è fissato ad € 33,00 per la poltronissima, € 30,00 (intero) o € 27,00 (ridotto) per la poltrona, € 28,00 (intero) o € 25,00 (ridotto) per la galleria. Le riduzioni sono previste per studenti, over 65 e per gruppi (Cral, scuole, biblioteche e associazioni) composti da minimo dieci persone. Il diritto di prevendita è di euro 1,00.
Il botteghino del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio sarà aperto da mercoledì 14 gennaio con i seguenti orari: dal lunedì al sabato, dalle ore 17 alle ore 19. I biglietti sono già comodamente acquistabili on-line, tramite il circuito Crea Informatica, sui siti www.cinemateatromanzoni.it e www.webtic.it.
Per maggiori informazioni sulla programmazione della sala è possibile contattare il numero 339.7559644 o lo 0331.677961 (negli orari di apertura del botteghino e in orario serale, dalle ore 20.30 alle ore 21.30, tranne il martedì) o scrivere all’indirizzo info@cinemateatromanzoni.it.
Informazioni utili
Cinema teatro Manzoni, via Calatafimi, 5 - Busto Arsizio (Varese), tel. 0331.677961 (dal lunedì al venerdì, dalle 17.00 alle 19.00, e in orario serale), info@cinemateatromanzoni.it. Sito internet: www.cinemateatromanzoni.it.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
martedì 13 febbraio 2018
domenica 11 febbraio 2018
A Milano una mostra sui disegni di Fausto Melotti per «Linee»
È una mostra importante dal punto di vista storico e filologico quella che presenta in questi giorni la galleria Tonelli di Milano. Fino al prossimo 28 febbraio lo spazio espositivo di via Aurelio Saffi propone «Sul disegno», rassegna curata da Marco Meneguzzo, che allinea venti disegni di Fausto Melotti (1901-1986), di cui ben diciotto esposti per la prima volta assieme. Questi lavori, di recente acquisizione, sono tutti databili ai primi anni Settanta, uno dei periodi più fecondi dell’artista trentino, e sono stati in parte utilizzati per accompagnare la pubblicazione dei due quaderni di «Linee», editi l’uno nel 1975, l’altro nel 1978 per i tipi della casa editrice Adelphi.
Considerato uno dei maggiori scultori del Novecento, Fausto Melotti è noto anche come scrittore e poeta. Suoi sono una serie di aforismi acuti, pungenti, lirici e talvolta amari, raccolti in volume alla vigilia dell’ultima felice stagione artistica.
In questo contesto di rinnovata creatività, la pratica del disegno, come della grafica, diventa fondamentale: non tutti i disegni esposti sono progetti di sculture, ma tutti possiedono quella particolare atmosfera di sottile narratività, e stilisticamente si ricollegano ai lavori dell’anteguerra, molto più di quanto non si possano ricondurre le sculture degli anni Settanta e Ottanta a quelle degli anni Trenta.
«Linee» è un titolo che richiama alla mente «un note-book» o per usare le parole che si trovano nel risvolto di copertina scritto da Giuseppe Zampa, «uno zibaldone d’artista che raccoglie riflessioni, ricordi, moralità, poesie, agudezas, considerazioni tecniche». Si ritrova qui la purezza e la brevità delle forme dell’artista: il timbro aereo delle sculture si fa in queste pagine parola e segno. Le incisioni arricchiscono e completano il volume, conferendole, in ragione della tiratura limitata, un alto pregio bibliografico. A tal proposito Giorgio Manganelli, sulle pagine del quotidiano «Il messaggero», ha parlato per questi aforismi di «frammenti di una storia delicata, inquietante grazia; forse raccontata in una lingua in cui abbiamo accesso nei sogni, nei giochi». In occasione della mostra, di concerto col curatore Marco Meneguzzo, la Galleria Tonelli ha inteso fornire a collezionisti, studiosi e appassionati uno strumento storico-critico, basato sullo studio analitico di questo gruppo di disegni, che si è concretizzato in un ampio volume, per certi aspetti sistematico, sul disegno melottiano, e sui metodi di comparazione tra disegni e sculture, alla ricerca di temi e stilemi sia comuni che peculiari al disegno e alla scultura.
Il risultato è un volume bilingue (italiano-inglese), edito da Silvana Editoriale, di oltre centocinquanta pagine: un lungo saggio introduttivo del curatore sulla pratica del disegno, precede le singole ampie schede, sempre curate da Meneguzzo, che mostrano apparentamenti e temi ricorrenti nella poetica melottiana, attraverso l’accostamento visivo di disegni e sculture concettualmente vicini a quelli esposti; una biografia «raccontata» a cura della storica dell’arte Sarah Boglino e una bibliografia completano il volume.
Il percorso espositivo è arricchito da una ventina di sculture e ceramiche, come il «Vaso Sole» del 1950, i «Bambini» del 1953, il «Cavallino» del 1960, Il grande «Contrappunto Piano», nella versione unica, del 1973, uno dei lavori più famosi e importanti dell’artista, o ancora vasi, ciotole e altre ceramiche degli anni Cinquanta e Sessanta. Un’occasione preziosa, dunque, quella offerta da Milano per accostarsi al mondo lirico, lieve e delicato di Fausto Melotti, grande interprete dell’Astrattismo italiano.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1]Fausto Melotti, Disegno, 1978, matita e tempera su carta pesante con impronta feltro, 41x28 cm; [fig. 2] Fausto Melotti, Disegno, 1970, matita e carboncino su carta pesante con impronta feltro, 33,2x25,3 cm; [fig. 3] Fausto Melotti, Vaso, 1961, ceramica policroma smaltata, h 15 cm
Informazioni utili
Fausto Melotti. Sul disegno. Galleria Tonelli, via Aurelio Saffi, 33 (angolo corso Magenta) – Milano. Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.45; sabato, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.45. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.4812434; 333.1426971; info@galleriatonelli.it. Fino al 28 febbraio 2018.
Considerato uno dei maggiori scultori del Novecento, Fausto Melotti è noto anche come scrittore e poeta. Suoi sono una serie di aforismi acuti, pungenti, lirici e talvolta amari, raccolti in volume alla vigilia dell’ultima felice stagione artistica.
In questo contesto di rinnovata creatività, la pratica del disegno, come della grafica, diventa fondamentale: non tutti i disegni esposti sono progetti di sculture, ma tutti possiedono quella particolare atmosfera di sottile narratività, e stilisticamente si ricollegano ai lavori dell’anteguerra, molto più di quanto non si possano ricondurre le sculture degli anni Settanta e Ottanta a quelle degli anni Trenta.
«Linee» è un titolo che richiama alla mente «un note-book» o per usare le parole che si trovano nel risvolto di copertina scritto da Giuseppe Zampa, «uno zibaldone d’artista che raccoglie riflessioni, ricordi, moralità, poesie, agudezas, considerazioni tecniche». Si ritrova qui la purezza e la brevità delle forme dell’artista: il timbro aereo delle sculture si fa in queste pagine parola e segno. Le incisioni arricchiscono e completano il volume, conferendole, in ragione della tiratura limitata, un alto pregio bibliografico. A tal proposito Giorgio Manganelli, sulle pagine del quotidiano «Il messaggero», ha parlato per questi aforismi di «frammenti di una storia delicata, inquietante grazia; forse raccontata in una lingua in cui abbiamo accesso nei sogni, nei giochi». In occasione della mostra, di concerto col curatore Marco Meneguzzo, la Galleria Tonelli ha inteso fornire a collezionisti, studiosi e appassionati uno strumento storico-critico, basato sullo studio analitico di questo gruppo di disegni, che si è concretizzato in un ampio volume, per certi aspetti sistematico, sul disegno melottiano, e sui metodi di comparazione tra disegni e sculture, alla ricerca di temi e stilemi sia comuni che peculiari al disegno e alla scultura.
Il risultato è un volume bilingue (italiano-inglese), edito da Silvana Editoriale, di oltre centocinquanta pagine: un lungo saggio introduttivo del curatore sulla pratica del disegno, precede le singole ampie schede, sempre curate da Meneguzzo, che mostrano apparentamenti e temi ricorrenti nella poetica melottiana, attraverso l’accostamento visivo di disegni e sculture concettualmente vicini a quelli esposti; una biografia «raccontata» a cura della storica dell’arte Sarah Boglino e una bibliografia completano il volume.
Il percorso espositivo è arricchito da una ventina di sculture e ceramiche, come il «Vaso Sole» del 1950, i «Bambini» del 1953, il «Cavallino» del 1960, Il grande «Contrappunto Piano», nella versione unica, del 1973, uno dei lavori più famosi e importanti dell’artista, o ancora vasi, ciotole e altre ceramiche degli anni Cinquanta e Sessanta. Un’occasione preziosa, dunque, quella offerta da Milano per accostarsi al mondo lirico, lieve e delicato di Fausto Melotti, grande interprete dell’Astrattismo italiano.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1]Fausto Melotti, Disegno, 1978, matita e tempera su carta pesante con impronta feltro, 41x28 cm; [fig. 2] Fausto Melotti, Disegno, 1970, matita e carboncino su carta pesante con impronta feltro, 33,2x25,3 cm; [fig. 3] Fausto Melotti, Vaso, 1961, ceramica policroma smaltata, h 15 cm
Informazioni utili
Fausto Melotti. Sul disegno. Galleria Tonelli, via Aurelio Saffi, 33 (angolo corso Magenta) – Milano. Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.45; sabato, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.45. Ingresso libero. Informazioni: tel. 02.4812434; 333.1426971; info@galleriatonelli.it. Fino al 28 febbraio 2018.
venerdì 9 febbraio 2018
«Venezia Pop»: Luciano Zarotti e gli anni di Ca’ Pesaro
Ha scritto pagine importanti per la storia della Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro e, di conseguenza, per la storia dell’arte a Venezia. Stiamo parlando della duchessa Felicita Bevilacqua La Masa, il cui impegno per la destinazione del palazzo di San Stae quale casa delle Avanguardie e dei «giovani artisti ai quali spesso è interdetto l’ingresso nelle grandi mostre» fu determinante.
Alla figura di questa donna generosa e lungimirante sarà dedicata, nei prossimi mesi, una serie di esposizioni, la prima delle quali analizza la figura di Luciano Zarotti e la sua attività tra i primi anni Settanta e la fine degli anni Ottanta.
Dell’artista, nato a Venezia nel 1942, il museo conserva due importanti tele -«La finestra del poeta» e «Paesaggio»- provenienti dalle Esposizioni Bevilacqua La Masa, una sorta di contro-Biennale- che rappresentano l’alto traguardo di un’intera stagione artistica condensata in lavori ricchi di coraggio e ambizione.
La mostra, allestita fino al prossimo 18 febbraio, intende dare conto della prodizione di Luciano Zarotti, considerato uno dei «figli Bevilacqua La Masa», tra i primi anni Settanta e la fine degli anni Ottanta.
Nel 1967 l’artista, all'epoca venticinquenne, avvia la sua attività all'interno dell'istituzione veneziana, in uno degli studi concessi ai giovani artisti a Palazzo Carminati; qui lavorerà fino al 1975.
A Parigi, dove soggiorna a più riprese negli anni precedenti, l'impatto con la pop art europea scuote profondamente la sua cultura visiva basata sulla tradizione figurativa veneziana.
Dall'incontro con i disegni di Graham Sutherland il suo trasporto verso la natura, le isole e l'acqua della laguna s’innesta in una simbologia vegetale che diviene elemento di primo piano nella composizione dei suoi dipinti.
Assieme alla scoperta delle piscine di David Hockney, dei suoi tuffi, dei suoi blu, queste immagini si stendono in una partitura accordata su un nuovo sentimento dello spazio che il premio a Robert Rauschenberg, alla Biennale d'arte del 1964, comincia a far circolare anche a Venezia.
Le grandi tele presenti in mostra, ed esposte al secondo piano, sintetizzano i risultati di vent'anni di ricerche, in cui Zarotti fonde in una personale visione pittorica i molti stimoli provenienti dalle esperienze contemporanee, mantenendo al centro del suo racconto l’indagine sul mistero dell’esperienza umana e affiancando a una nuova sintassi compositiva il tonalismo, la tavolozza, la tecnica e le materie, l’attenzione alla luce appresi dai maestri veneziani del passato.
Completa la mostra, nelle salette al piano terra, una selezione di incisioni con le quali, fin dalla sua prima personale alla Bevilacqua La Masa, nel 1970, l’artista sperimenta composizioni, segni, effetti chiaroscurali, in lastre spesso di grandi dimensioni, cosa non consueta nella tradizione calcografica, in un percorso complementare a quello della sua pittura.
Lo stile pittorico dell’artista, a cui sarà dedicato in mostra anche un video a cura di Pierantonio Tanzola, è ben descritto da Elisabetta Barisoni, responsabile di Ca’ Pesaro, nel catalogo edito dalla casa editrice Antiga (Crocetta del Montello, TV, 2018): «Nei tormentati anni Settanta si leva un urlo umano, in cui si mescolano numerose eco, di Francis Bacon e Lucian Freud, di David Hockney e di Georg Baselitz, di David Salle e di Enzo Cucchi, di Richard Hamilton e di Chaïm Soutine, condensate in una figurazione espressiva e in una coerenza creativa che è soprattutto ed esclusivamente la firma di Luciano Zarotti».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Luciano Zarotti, «Il pittore e la modella», (lo studio del Maestro), 1979 - 2017, olio e tempera grassa su tela, cm 290x480; [fig. 2] Luciano Zarotti, «Il tuffatore», 1978, olio su tela, cm 130x185; [fig. 3] Luciano Zarotti, «La stanza», 1974, tempera magra su tela, cm 175x200
Informazioni utili
«Veneziano Pop. Luciano Zarotti e Ca' Pesaro negli anni '70-'80». Ca’ Pesaro, Galleria internazionale d’arte moderna, Santa Croce, 2076 – Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00 - 17.00 (la biglietteria chiude un’ora prima); chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 7,50, ridotto scuole € 4,00. Informazioni: info@fmcvenezia.it | 848082000 (dall’Italia) | +3904142730892 (dall’estero). Sito internet: http://capesaro.visitmuve.it/. Fino al 18 febbraio 2018.
Alla figura di questa donna generosa e lungimirante sarà dedicata, nei prossimi mesi, una serie di esposizioni, la prima delle quali analizza la figura di Luciano Zarotti e la sua attività tra i primi anni Settanta e la fine degli anni Ottanta.
Dell’artista, nato a Venezia nel 1942, il museo conserva due importanti tele -«La finestra del poeta» e «Paesaggio»- provenienti dalle Esposizioni Bevilacqua La Masa, una sorta di contro-Biennale- che rappresentano l’alto traguardo di un’intera stagione artistica condensata in lavori ricchi di coraggio e ambizione.
La mostra, allestita fino al prossimo 18 febbraio, intende dare conto della prodizione di Luciano Zarotti, considerato uno dei «figli Bevilacqua La Masa», tra i primi anni Settanta e la fine degli anni Ottanta.
Nel 1967 l’artista, all'epoca venticinquenne, avvia la sua attività all'interno dell'istituzione veneziana, in uno degli studi concessi ai giovani artisti a Palazzo Carminati; qui lavorerà fino al 1975.
A Parigi, dove soggiorna a più riprese negli anni precedenti, l'impatto con la pop art europea scuote profondamente la sua cultura visiva basata sulla tradizione figurativa veneziana.
Dall'incontro con i disegni di Graham Sutherland il suo trasporto verso la natura, le isole e l'acqua della laguna s’innesta in una simbologia vegetale che diviene elemento di primo piano nella composizione dei suoi dipinti.
Assieme alla scoperta delle piscine di David Hockney, dei suoi tuffi, dei suoi blu, queste immagini si stendono in una partitura accordata su un nuovo sentimento dello spazio che il premio a Robert Rauschenberg, alla Biennale d'arte del 1964, comincia a far circolare anche a Venezia.
Le grandi tele presenti in mostra, ed esposte al secondo piano, sintetizzano i risultati di vent'anni di ricerche, in cui Zarotti fonde in una personale visione pittorica i molti stimoli provenienti dalle esperienze contemporanee, mantenendo al centro del suo racconto l’indagine sul mistero dell’esperienza umana e affiancando a una nuova sintassi compositiva il tonalismo, la tavolozza, la tecnica e le materie, l’attenzione alla luce appresi dai maestri veneziani del passato.
Completa la mostra, nelle salette al piano terra, una selezione di incisioni con le quali, fin dalla sua prima personale alla Bevilacqua La Masa, nel 1970, l’artista sperimenta composizioni, segni, effetti chiaroscurali, in lastre spesso di grandi dimensioni, cosa non consueta nella tradizione calcografica, in un percorso complementare a quello della sua pittura.
Lo stile pittorico dell’artista, a cui sarà dedicato in mostra anche un video a cura di Pierantonio Tanzola, è ben descritto da Elisabetta Barisoni, responsabile di Ca’ Pesaro, nel catalogo edito dalla casa editrice Antiga (Crocetta del Montello, TV, 2018): «Nei tormentati anni Settanta si leva un urlo umano, in cui si mescolano numerose eco, di Francis Bacon e Lucian Freud, di David Hockney e di Georg Baselitz, di David Salle e di Enzo Cucchi, di Richard Hamilton e di Chaïm Soutine, condensate in una figurazione espressiva e in una coerenza creativa che è soprattutto ed esclusivamente la firma di Luciano Zarotti».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Luciano Zarotti, «Il pittore e la modella», (lo studio del Maestro), 1979 - 2017, olio e tempera grassa su tela, cm 290x480; [fig. 2] Luciano Zarotti, «Il tuffatore», 1978, olio su tela, cm 130x185; [fig. 3] Luciano Zarotti, «La stanza», 1974, tempera magra su tela, cm 175x200
Informazioni utili
«Veneziano Pop. Luciano Zarotti e Ca' Pesaro negli anni '70-'80». Ca’ Pesaro, Galleria internazionale d’arte moderna, Santa Croce, 2076 – Venezia. Orari: martedì-domenica, ore 10.00 - 17.00 (la biglietteria chiude un’ora prima); chiuso il lunedì. Ingresso: intero € 10,00, ridotto € 7,50, ridotto scuole € 4,00. Informazioni: info@fmcvenezia.it | 848082000 (dall’Italia) | +3904142730892 (dall’estero). Sito internet: http://capesaro.visitmuve.it/. Fino al 18 febbraio 2018.
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