ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 3 dicembre 2019

Leonardo e la vigna di Milano: una storia dimenticata. Se ne parla a Mantova

Una storia dimenticata lega Leonardo da Vinci alla città di Milano: nel 1498 il duca Ludovico Maria Sforza detto il Moro regala all'artista, come segno di riconoscenza per gli «svariati e mirabili» servigi, una vigna di circa sedici pertiche, nelle vicinanze del refettorio di Santa Maria delle Grazie e della sua «Ultima cena», sul retro della casa degli Atellani.
Il dono non è casuale. Il maestro toscano viene da una famiglia di vignaioli e il nettare di Bacco rientra fra i suoi molteplici interessi: lo dimostrano le liste della spesa, gli schizzi di parti e momenti importanti del ciclo della vite, i molti appunti rinvenuti fra le sue carte.
Tra il 1499 e il 1500 Leonardo lascia Milano, presa d’assalto dalle truppe francesi, e si sposta inizialmente a Mantova e poi a Venezia, non senza prima essersi occupato della vigna, che viene lasciata in gestione a un certo messer Pietro di Giovanni da Oppreno, padre del suo allievo prediletto: Gian Giacomo Caprotti, detto il Salai.
Due anni dopo il terreno viene confiscato dai francesi e assegnato a un tal Leonino Biglia, per poi essere restituito all’artista nel 1507. È lo stesso Leonardo a porre l’annullamento della confisca come condizione per il suo rientro in città, dove è stato invitato dal luogotenente del re di Francia Luigi XII, Carlo d'Amboise, a concludere alcune opere cominciate sotto gli Sforza.
Il terreno appare nel Codice Atlantico e nel testamento dell’artista, redatto nell’aprile del 1519, un mese prima della sua morte, quale unico bene immobile di sua proprietà. In questo documento, la vigna viene divisa in due lotti: l’uno va Salai, che su quel terreno ha costruito una casa, e l’altro a Giovanbattista Villani, il servitore che ha seguito Leonardo fino alla fine. Quest'ultimo lascia, nel 1534, la sua porzione di terra al vicino Monastero di San Gerolamo, mentre il destino legale dell’altro lotto si perde nel buio, come tanto di quello che riguarda la figura del Salai.
A ricostruire la storia della vigna -e a identificare con precisione il terreno su cui sorge, orientato secondo una direzione all’incirca parallela all’attuale via de Grassi- è stato nel 1920, in un volume edito per le edizioni Allegretti di Milano, lo storico dell’arte Luca Beltrami, massimo studioso del periodo milanese di Leonardo da Vinci.
Nello stesso anno l’architetto Piero Portaluppi avvia il cantiere per la trasformazione di Casa degli Atellani, l’unica dimora ancora in piedi del grande sogno urbanistico di Ludovico il Moro, che nell’attuale quartiere di Porta Vercellina, sui terreni della vigna grande di San Vittore, intendeva costruire un nuovo quartiere residenziale, dove alloggiare i suoi uomini più fedeli.
Oggi il palazzo quattrocentesco del nobile signor Giacometto di Lucia dell’Atella, che dal 1919 è di proprietà della famiglia Conti, è in parte aperto al pubblico, permettendo di ammirare alcuni spazi di grande bellezza come la Sala dello Zodiaco, affrescata con ogni probabilità nel Cinquecento dagli Avogadro di Tradate, la Stanza dei ritratti, che vide al lavoro Bernardino Luini, lo Studio del senatore Ettore Conti e il giardino, dove Matteo Bandello intrecciò la trama delle sue novelle pubblicate nel 1554.
Prima dell'avvio del restauro del Portaluppi, Luca Beltrami varca un cancello di quella zona, in via Zenale, e incredibilmente ritrova, fotografa e tramanda i pergolati ancora vivi di quella che quattro secoli prima era stata la vigna di Leonardo, il luogo dove riposarsi mentre sulle pareti del refettorio di Santa Maria delle Grazie nasceva l’affresco dell’«Ultima cena». Ed è proprio in quest’opera che si trova un riferimento al vitigno: in un dettaglio andato perduto durante gli attacchi aerei dell’ultimo conflitto bellico era presente un grappolo d'uva con la sua caratteristica foglia all’interno di un cesto di frutta posizionato di fronte a un apostolo.
Il restauro dell’area studiato da Piero Portaluppi abbatte la maggior parte dei filari, lasciando in piedi solo la sezione del Salai, che non sopravvive, però, alla Seconda guerra mondiale: viene distrutta da un bombardamento nel 1943.
La vigna di Leonardo, la cui vicenda spazia dal XV secolo agli anni Quaranta del XX secolo, viene dimenticata fino agli inizi del nuovo millennio, quando la Fondazione Portaluppi e gli attuali proprietari di Casa degli Atellani si attivano per restituire a Milano una pagina della sua storia. È il 2004.
Grazie al lavoro dell’enologo Luca Maroni e al contributo decisivo dell’Università degli Studi di Milano, nelle persone della genetista Serena Imazio e del professor Attilio Scienza, massimo esperto del Dna della vite, la vigna leonardesca riapre alla cittadinanza in occasione di Expo Milano 2015. I visitatori possono così scoprire un nuovo volto dell’artista toscano, che, tra i suoi svariati interessi, vanta anche una grande competenza nello studio dei cambiamenti climatici e delle loro ripercussioni sulle coltivazioni.
Durante la fase di studio, l’ateneo milanese riesce dapprima a recuperare il materiale organico sopravvissuto, sotto circa un metro e mezzo di terra e sedimenti, dalla vigna originaria distrutta durante la guerra.
Successivamente i test confermano che i reperti rinvenuti appartengono alla specie vitis vinifera, ossia la comune vite da vino europea; da qui viene ricostruito il profilo genetico completo del vitigno, sottoponendo i campioni di Dna, purificati e aumentati nella loro concentrazione con la Whole Genome Amplification, a diverse sofisticate analisi, dal barcoding ai marcatori molecolari microsatellite, per concludere che il vitigno leonardesco appartiene a un gruppo delle Malvasie, molto in voga all'epoca: la Malvasia di Candia Aromatica, proveniente dal paese di Candia Lomellina, vicino a Pavia.
Un’occasione per conoscere la storia della vigna leonardesca, oggi visitabile tutti i giorni della settimana attraverso tour audioguidati e visite con esperti, è l’incontro «Cronaca di una scoperta» che Mantova organizza per sabato 7 dicembre, alle ore 17, negli spazi della Casa del Mantegna in occasione della mostra «Similiter in pictura».
Container Lab Association ha invitato a parlare il professor Attilio Scienza, che guiderà il pubblico nell'appassionante viaggio della restituzione dell'anima genetica alla vigna leonardesca, tra storia e leggenda, erbari e curiosità scientifiche, dal Quattrocento ad oggi.
La lectio sarà preceduta dall'introduzione «Arte e vino, passione e investimento», a cura di Antonio Urbano, CEO di VintHedge, fondo di investimento a favore del settore enologico italiano. L'intervento è teso ad evidenziare i punti di contatto e le possibilità di investimento in due settori che rappresentano nel mondo due grandi eccellenze del made in Italy, il settore artistico-culturale e quello vitivinicolo.
Una bella proposta, dunque, quella ideata da Mantova per scoprire un tesoro prezioso e ancora in parte sconosciuto di Milano, un paradiso nascosto e incredibilmente affascinante, la cui storia è legata a quella di Leonardo da Vinci e alla sua passione per il nettare di Bacco.

Vedi anche
Presentazione della mostra «Similiter in pictura»

Informazioni utili
Museo Vigna di Leonardo, corso Magenta, 65 - Milano. Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 18.00 | le visite cominciano ogni 30 minuti, ultimo ingresso ore 17.30; sabato e domenica,  dalle 9.00 alle 18.00 | le visite cominciano ogni 15 minuti, ultimo ingresso ore 17.45. Ingresso: adulti € 10,00 | ridotti € 8,00 (over 65, bambini e ragazzi da 6 a 18 anni, studenti con tessera) | ridotto TreNord: € 7,00 |gruppi € 8,00 a partire da 20 visitatori | scuole: € 5,00 (contattaci per maggiori informazioni e materiali aggiuntivi) | ingresso gratuito per bambini fino a 5 anni, portatori di handicap e relativi accompagnatori, possessori della card Abbonamento Musei Milano e Lombardia. Modalità di visita: oltre al tour audio-guidato (disponibile ogni giorno) è possibile partecipare al tour guidato esclusivo, disponibile ogni sabato e domenica. Informazioni: info@vignadileonardo.com, tel.02.4816150. Sito internet: vignadileonardo.com

La vigna di Leonardo. Cronaca di una scoperta. Casa del Mantegna, via Acerbi, 47 -  Mantova. Relatori: Attilio Scienza, Antonio Urbano. Data: sabato 7 dicembre 2019, ore 17 

lunedì 2 dicembre 2019

Firenze, alla Poggiali Luca Pignatelli tra antico e contemporaneo

È conosciuto in Italia e nel mondo per le sue immagini a carattere archeologico e per un processo di raccolta, recupero, cura e editing iconografico della storia e dell’arte. Stiamo parlando di Luca Pignatelli (Milano, 1962), artista lombardo che, nell’arco di tre decenni, ha raccolto un archivio eterogeneo di immagini memorabili, in cui si riconoscono manufatti e segni figurativi di epoche antiche e moderne, testimonianza di civiltà passate e del progresso industriale, dalle statue greche e romane ai grattacieli e agli aerei in picchiata.
Dopo la rassegna dello scorso inverno al museo Bardini, Luca Pignatelli torna a Firenze, negli spazi della galleria Poggiali, per far riflettere ancora una volta il pubblico sul nostro vissuto e sapere visivo, sul concetto di memoria e di tempo che passa, grazie alla mostra «In un luogo dove gli opposti stanno», a cura di Sergio Risaliti.
L’esposizione, che si sonda nelle due sedi espositive di via della Scala e di via Benedetta, propone una serie di lavori inediti, che scavalcano la linea di demarcazione tra astratto e figurativo, tra citazione e arte povera.
Le opere esposte sono costruite con teloni pesanti tagliati a strisce e pezzature di dimensioni varie, ricucite assieme. I supporti sono assolutamente monocromi, ma le superfici non sono mai piatte: l’immagine completa, infatti, è data dalla gradazione della verniciatura, che è già un racconto e parla da sé. Ricche di significato sono anche le diverse sezioni geometriche dei teloni, ricomposte in unità visiva ed espressiva, come patchwork secondo un’usanza domestica di riciclo del nostro quotifiano e risparmio, in voga fin dai primordi della carriera dell’artista.
A queste opere –cariche di un rosso iodio o di verde petrolio, oppure del colore della malva o della prugna– si aggiungono altri lavori pittorici, coperti da una pittura metallica dalle tonalità argento. La superficie, in questi casi, è diversamente luminosa ed è lavorata con segni grafici, incisioni e abrasioni; al centro è fissata, con un procedimento meccanico, una testa di imperatore romano.
Gli opposti si mettono così in dialogo e la combinazione delle due fazioni espressive appare vincente. La povertà dei teloni ha il suo peso, il materiale porta con sé una sua storia recente, ma pur sempre una storia. L’astratto, in definitiva, non è tale: ha un’anima che ci parla di archeologia industriale. D’altro canto, i quadri iconici non appaiono riducibili al solo linguaggio figurativo, visto che alla citazione antica dominante al centro sono stati aggiunti episodi grafici significativi, di natura gestuale e informe. La fredda e vuota citazione, la superficiale suggestione del passato, è qui carica di ferite e cicatrici, di un vissuto esistenziale, di una pelle e di un corpo che ci raccontano un proprio originale vissuto.
Ancora una volta Pignatelli mette sotto indagine il suo percorso creativo, senza tradirlo, o rinnegarlo, ma insistendo nella sperimentazione, indagando le possibilità espressive e formali della pittura oggi. La presenza di linguaggi opposti innalza la poesia delle immagini a una dimensione quasi sacrale, svuotando di retorica gli stili per fare posto alla narrazione povera dei materiali, quella empatica dei monocromi, al vissuto delle superfici, armonizzando questi materiali così risonanti ed espressivi con le strutture geometriche del supporto, con il codice iconico delle teste.
Costruendo i suoi quadri, Pignatelli si comporta come un musicista classico contemporaneo che fa dell’avanguardia un repertorio tra i tanti e che nelle sue composizioni sperimentali fa stare assieme -ma stare bene e con un senso che non è solo linguaggio e forma, ma poesia ed espressione- materiali di diversa natura e provenienza, storie e contesti differenti, perfino suoni e vocaboli discordanti.
Continuando con ostinata fedeltà a fare pittura, cercando ragioni d’essere profonde alla sperimentazione in pittura, lavorando sui materiali, i repertori iconografici, i colori, l’assemblaggio, l’artista fa del quadro uno strumento possibile e praticabile della sua azione creativa, in cui centrali sono il riciclo, il recupero della memoria e l’archeologia delle immagini.
Le opere di Pignatelli si nutrono così di un fuori tempo, di un tempo differito, quello di immagini che vivono di stratificazioni temporali, annullando, nella dimensione iconica della figura memorabile, nell’eterno presente dell’arte, lo scorrere del tempo, la sequenza di ieri e oggi.
Grazie all’accostamento tra primo piano e sfondo, tra fondo povero e immagine illustre, l'artista lombardo critica, inoltre, la celebrazione di ogni classicità e ogni sua nostalgica rinascenza, chiedendoci di posare lo sguardo sulle ferite e le lacerazioni inferte all’umanità durante le epoche più gloriose del nostro passato in nome e per conto della bellezza e del sacro.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Backstage della mostra. Credit Ph. Giuseppe Anello; [fig. 2] Luca Pignatelli, «L.P./317», tecnica mista su tela; [fig. 3] Luca Pignatelli, «L.P./420», tecnica mista su tela; [fig. 4] Luca Pignatelli, «Caligola», tecnica mista su tela Luca Pignatelli

Informazioni utili
In un luogo dove gli opposti stanno. Galleria Poggiali, via della Scala, 35/A | via Benedetta, 3r – Firenze. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-13.00 / 15.00-19.00, domenica su appuntamento. Ingresso libero. Informazioni: tel. 055287748 o info@galleriapoggiali.com. Sito internet: www.galleriapoggiali.com. Fino all’8 febbraio 2020

venerdì 29 novembre 2019

Bologna, al Museo di Palazzo Poggi la mostra «Leonardo, anatomia dei disegni»

Leonardo da Vinci ci ha lasciato un tesoro di oltre seimila pagine di quaderni, appunti e semplici fogli sparsi, in cui sono contenuti circa centomila tra schizzi, diagrammi e disegni. Questi lavori testimoniano in modo eccellente la vastità dei suoi interessi e l’inesauribile ricchezza delle sue scoperte. Alla sua opera grafica guarda la mostra «Leonardo, anatomia dei disegni», promossa dalla Biblioteca universitaria di Bologna in occasione del quinto centenario dalla morte dell’artista.
Al Museo di Palazzo Poggi sono esposti fino al prossimo 19 gennaio, per la curatela di Pietro Marani, cinque fondamentali disegni del maestro toscano, tra cui il celeberrimo «Uomo Vitruviano» della Gallerie dell’Accademia di Venezia e il noto «Paesaggio, 5 agosto 1473» degli Uffizi di Firenze.
Questi lavori sono mostrati non in originale ma tramite l'applicativo ISLe, «un artefatto comunicativo digitale elaborato -spiegano dall’ateneo bolognese- per surrogare, indagare, descrivere e comunicare i disegni originali, i loro metodi di rappresentazione e i loro contenuti, riproducendone accuratamente forma, caratteri e aspetto».
Ad elaborare l’applicativo è stato un team del Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, guidato da Marco Gaiani e Fabrizio Ivan Apollonio, che ha iniziato i suoi studi nel 2010 con l’intento di ideare uno strumento capace di oltrepassare i limiti odierni nella conservazione e comunicazione dei disegni antichi.
Il visitatore ha così modo di vedere i disegni in modo nuovo. ISLe propone, infatti, la trasposizione delle opere in forma digitale come replica fotorealistica tridimensionale interattiva che -raccontano dall’Alma Mater- usa due paradigmi: «disegno come tra le mani» e «mostrare ciò che non vedi ad occhio nudo».
L’applicativo viene presentato su tavoli touchscreen da 55 pollici con risoluzione 4K, conducendo il visitatore in una dimensione virtuale che gli permette di vedere i disegni in 3D, mostrandone i più piccoli particolari.
«ISLe – spiega, a tal proposito, Marco Gaiani - è una soluzione che mira a ricostruire tridimensionalmente l’intera riflettanza spaziale degli artefatti, al fine di assicurare la visualizzazione dinamica multiscala ad alta fedeltà, in modo da rendere apprezzabili non solo i caratteri grafici dell’elaborato (segni e impressione della punta metallica per tracciare i segni), ma anche le ondulazioni e i movimenti della carta, oltre alle criticità conservative del foglio, come la corrosione dovuta all’acidità degli inchiostri. Il principale vantaggio di ISLe quindi è consentire una visualizzazione fedele che non si limita ad una semplice vista ortogonale, ma fornisce la capacità di documentare, visualizzare e analizzare i dettagli fini della superficie. Infine, il sistema è in grado di garantire, sia al semplice visitatore sia allo studioso, la possibilità non solo di vedere apparire i tanti straordinari particolari del disegno, ma anche di poterli collegare agli studi già fatti e arrivare a scoprire caratteri che fino a quel momento non erano stati resi visibili».
Applicare questa idea ai disegni di Leonardo non è certo stato semplice. «Le difficoltà che abbiamo incontrato durante il delicato lavoro di acquisizione sono soprattutto di natura dimensionale», aggiunge Fabrizio Apollonio. «Leonardo -spiega ancora lo studioso- utilizza spesso fogli assai piccoli, ad esempio il celeberrimo «Uomo Vitruviano» è realizzato su un foglio poco più grande di un comune A4, mentre il foglio 117 del Codice Atlantico, raffigurante una «Fortezza a pianta quadrata» è in un inusuale formato trapezoidale. Inoltre Leonardo utilizza un tratto straordinariamente fine, che va oltre il normale limite dell’occhio umano nel percepire i dettagli. In anni di lunga esperienza a contatto con disegni antichi non abbiamo mai riscontrato spessori grafici così sottili».
Le applicazioni multimediali sono accompagnate, oltre che da didascalie illustrative, anche da facsimili dei disegni originali, presentando inoltre il contesto storico e culturale in cui le opere sono nate.
Un’occasione, dunque, in più quella offerta da Bologna per conoscere Leonardo e capire come egli abbia trasferito nella prassi il suo «adunque è necessario figurare e descrivere», costruendo una tecnica per formare sistemi conoscitivi a tutt’oggi ineguagliata.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Disegno di Fabrizio I. Apollonio su originale per concessione del Ministero dei beni e le attività culturali e per il Turismo - Le Gallerie degli Uffizi; [fig. 2] Elaborazione creativa tramite applicativo ISLe (InSight Leonardo) di Studio di proporzioni del corpo umano detto Uomo vitruviano da originali per concessione del Ministero dei beni e le attività culturali e per il Turismo – Gallerie dell’Accademia di Venezia; [fig. 3] Elaborazione creativa tramite applicativo ISLe (InSight Leonardo) di Due mortai che lanciano palle esplosive da originali per concessione della Veneranda Biblioteca Ambrosiana/Mondadori Portfolio; [fig. 4 e seguenti] Allestimento della mostra Leonardo, anatomia dei disegni

Informazioni utili
«Leonardo, anatomia dei disegni».Museo di Palazzo Poggi, via Zamboni, 33 - Bologna. Orari: dal martedì al venerdì dalle 10 alle 16; sabato, domenica e festivi dalle 10 alle 18; chiusure 24 e 25 dicembre, 1 gennaio. Ingresso: intero € 5,00, ridotto € 3,00. Informazioni: tel. 051.2099610. Sito web: https://eventi.unibo.it/smamostre-leonardoanatomiadeidisegni/informazioni-per-la-visita. Fino al 19 gennaio 2020