È conosciuto in Italia e nel mondo per le sue immagini a carattere archeologico e per un processo di raccolta, recupero, cura e editing iconografico della storia e dell’arte. Stiamo parlando di Luca Pignatelli (Milano, 1962), artista lombardo che, nell’arco di tre decenni, ha raccolto un archivio eterogeneo di immagini memorabili, in cui si riconoscono manufatti e segni figurativi di epoche antiche e moderne, testimonianza di civiltà passate e del progresso industriale, dalle statue greche e romane ai grattacieli e agli aerei in picchiata.
Dopo la rassegna dello scorso inverno al museo Bardini, Luca Pignatelli torna a Firenze, negli spazi della galleria Poggiali, per far riflettere ancora una volta il pubblico sul nostro vissuto e sapere visivo, sul concetto di memoria e di tempo che passa, grazie alla mostra «In un luogo dove gli opposti stanno», a cura di Sergio Risaliti.
L’esposizione, che si sonda nelle due sedi espositive di via della Scala e di via Benedetta, propone una serie di lavori inediti, che scavalcano la linea di demarcazione tra astratto e figurativo, tra citazione e arte povera.
Le opere esposte sono costruite con teloni pesanti tagliati a strisce e pezzature di dimensioni varie, ricucite assieme. I supporti sono assolutamente monocromi, ma le superfici non sono mai piatte: l’immagine completa, infatti, è data dalla gradazione della verniciatura, che è già un racconto e parla da sé. Ricche di significato sono anche le diverse sezioni geometriche dei teloni, ricomposte in unità visiva ed espressiva, come patchwork secondo un’usanza domestica di riciclo del nostro quotifiano e risparmio, in voga fin dai primordi della carriera dell’artista.
A queste opere –cariche di un rosso iodio o di verde petrolio, oppure del colore della malva o della prugna– si aggiungono altri lavori pittorici, coperti da una pittura metallica dalle tonalità argento. La superficie, in questi casi, è diversamente luminosa ed è lavorata con segni grafici, incisioni e abrasioni; al centro è fissata, con un procedimento meccanico, una testa di imperatore romano.
Gli opposti si mettono così in dialogo e la combinazione delle due fazioni espressive appare vincente. La povertà dei teloni ha il suo peso, il materiale porta con sé una sua storia recente, ma pur sempre una storia. L’astratto, in definitiva, non è tale: ha un’anima che ci parla di archeologia industriale. D’altro canto, i quadri iconici non appaiono riducibili al solo linguaggio figurativo, visto che alla citazione antica dominante al centro sono stati aggiunti episodi grafici significativi, di natura gestuale e informe. La fredda e vuota citazione, la superficiale suggestione del passato, è qui carica di ferite e cicatrici, di un vissuto esistenziale, di una pelle e di un corpo che ci raccontano un proprio originale vissuto.
Ancora una volta Pignatelli mette sotto indagine il suo percorso creativo, senza tradirlo, o rinnegarlo, ma insistendo nella sperimentazione, indagando le possibilità espressive e formali della pittura oggi. La presenza di linguaggi opposti innalza la poesia delle immagini a una dimensione quasi sacrale, svuotando di retorica gli stili per fare posto alla narrazione povera dei materiali, quella empatica dei monocromi, al vissuto delle superfici, armonizzando questi materiali così risonanti ed espressivi con le strutture geometriche del supporto, con il codice iconico delle teste.
Costruendo i suoi quadri, Pignatelli si comporta come un musicista classico contemporaneo che fa dell’avanguardia un repertorio tra i tanti e che nelle sue composizioni sperimentali fa stare assieme -ma stare bene e con un senso che non è solo linguaggio e forma, ma poesia ed espressione- materiali di diversa natura e provenienza, storie e contesti differenti, perfino suoni e vocaboli discordanti.
Continuando con ostinata fedeltà a fare pittura, cercando ragioni d’essere profonde alla sperimentazione in pittura, lavorando sui materiali, i repertori iconografici, i colori, l’assemblaggio, l’artista fa del quadro uno strumento possibile e praticabile della sua azione creativa, in cui centrali sono il riciclo, il recupero della memoria e l’archeologia delle immagini.
Le opere di Pignatelli si nutrono così di un fuori tempo, di un tempo differito, quello di immagini che vivono di stratificazioni temporali, annullando, nella dimensione iconica della figura memorabile, nell’eterno presente dell’arte, lo scorrere del tempo, la sequenza di ieri e oggi.
Grazie all’accostamento tra primo piano e sfondo, tra fondo povero e immagine illustre, l'artista lombardo critica, inoltre, la celebrazione di ogni classicità e ogni sua nostalgica rinascenza, chiedendoci di posare lo sguardo sulle ferite e le lacerazioni inferte all’umanità durante le epoche più gloriose del nostro passato in nome e per conto della bellezza e del sacro.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Backstage della mostra. Credit Ph. Giuseppe Anello; [fig. 2] Luca Pignatelli, «L.P./317», tecnica mista su tela; [fig. 3] Luca Pignatelli, «L.P./420», tecnica mista su tela; [fig. 4] Luca Pignatelli, «Caligola», tecnica mista su tela
Luca Pignatelli
Informazioni utili
In un luogo dove gli opposti stanno. Galleria Poggiali,
via della Scala, 35/A | via Benedetta, 3r – Firenze. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-13.00 / 15.00-19.00, domenica su appuntamento. Ingresso libero. Informazioni: tel. 055287748 o info@galleriapoggiali.com. Sito internet: www.galleriapoggiali.com. Fino all’8 febbraio 2020
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