Ci sono la filosofa greca Ipazia e le sfogline bolognesi, un santo come papa Giovanni XXIII e la regina delle pornostar Moana Pozzi, Il pacifico Gandhi e il ribelle Giuseppe Garibaldi, Ronald Regan e Michail Gorbaciov ai tempi della Guerra fredda, Charlie Chaplin nei panni del comico Charlot e Giulietta Masina nelle vesti di un clown triste per il film «La strada»: gioca sugli opposti il Presepio di Wolfango, un bizzarro, sorprendente impasto di sacro e profano, presente e passato, storia e quotidiano, immaginario e reale, con cui la città di Bologna festeggia, negli spazi della chiesa di Santa Maria della Vita, il Natale 2019.
Quella a cui ha dato vita l’artista emiliano, che si è interessato a lungo all’illustrazione di classici della letteratura come la «Divina Commedia» (1972), «Pinocchio» (1980), «Alice nel paese delle meraviglie» (2012) e «Cappuccetto rosso» (2016), è una personalissima Corte dei miracoli, «un’ideale ed enorme piazza della vita, con la sua serietà e banalità, con la sua santità e la sua drammaticità […] in cui si intersecano -per usare le parole del cardinale Matteo Zuppi, nel catalogo pubblicato da Minerva edizioni- la tradizione sacra, le vicende personali dell’autore, la storia civica ed ecclesiale di Bologna e dell’Italia e, infine, l’attualità mondiale, con volti noti e conosciuti dell’arte e della politica».
Non ci sono gerarchie e differenze in questo racconto perché la storia di Gesù che si fa uomo tra gli uomini riguarda tutti e tutti interessa. Ecco così che un personaggio di fantasia come Mickey Mouse può stare vicino a Barack Obama, l’ex presidente degli Stati Uniti, o a Carlo V d’Asburgo.
Con loro ad animare il presepio di Wolfango ci sono anche personaggi cari a Bologna come lo storico dell’arte (e politico) Eugenio Riccòmini, padre Olinto Marella, il fotografo Nino Migliori e l’ex rettore dell’Alma Mater Fabio Roversi-Monaco, raffigurato nei panni del giurista che emanò il «Liber Paradisus».
In tutto le statuine in mostra fino al prossimo 16 gennaio, per la curatela di Alighiera Peretti Poggi (la figlia dell’artista), sono duecento e sono plasmate in terracotta, accostando all’iconografia religiosa classica -dai Magi ai pastori, dalla stella cometa al bue e all’asinello – luoghi, simboli, oggetti e personaggi che intrecciano la storia con la S maiuscola alla dimensione intima e familiare di Wolfango, con l’immancabile sagoma della Madonna di San Luca che si staglia nella neve.
Non poteva mancare in questo gruppo di personaggi San Francesco, autore del primo presepio, quello del 1223, al quale Wolfango disse di essersi ispirato in quanto ne aveva «messo in pratica il dettato», in una sorta di manifesto tridimensionale che invita all’inclusione, all’accoglienza e alla bellezza della diversità.
L’artista, che era solito definirsi «l’agnostico a cui piace il presepio», iniziò a costruire le statuine a partire dal 1964, anno di nascita della figlia Alighiera, e ha continuato a farlo, anno dopo anno, per oltre cinquant’anni, con l’obiettivo di rendere magiche le feste della sua famiglia, con un’opera che fosse un tenero omaggio alla tradizione e alla ritualità del Natale e al tempo stesso la traccia di una memoria, di un filo rosso in grado di legare tra loro tutte le cose.
Quello di Wolfango è, dunque, un presepe che racconta «la vita, soprattutto quella di Bologna e dei suoi abitanti, più o meno illustri, più o meno famosi. Maestri, insegnanti, medici, artigiani, imprenditori, professori, sacerdoti, politici, persone care, familiari: tutti sono entrati a far parte, di anno in anno, della grande opera», racconta Alighiera Peretti Poggi. «Era una felicità -spiega ancora la figlia dell’artista- trovarsi in mezzo a queste statue, spesso alte come me, che erano amici, giganti buoni, compagni di avventure, personaggi animati che mi proteggevano ed ancora oggi li vivo così. Tutte le statue hanno un nome e ci aiutano a ricordare la storia, a riviverla, a conoscerla».
Alla mostra si accompagna un bel catalogo di Minerva edizioni di oltre quattrocento pagine, che uniscono alle fotografie delle duecento statue del presepio le schede scritte negli anni dallo stesso Wolfango e i disegni preparatori. Questi stessi disegni sono in mostra al piano superiore del complesso monumentale di Santa Maria della Vita, insieme con l’opera «La cornamusa nel muschio»: «un acrilico su tela del 2006, nel quale -si legge nella nota di presentazione- Wolfango dipinge e riporta alla memoria le sue statuine avvolte nel muschio, che la guerra distrusse», quelle amate statuine che gli regalò lo zio Peppino, uno dei tanti personaggi del suo presepio, domestico e mondano allo stesso tempo.
Informazioni utili
Il presepio di Wolfango. Chiesa di Santa Maria della Vita, via Clavature, 8-1 – Bologna. Orari: da martedì a domenica, ore 10.00 - 19.00; martedì 24 dicembre e 31 dicembre, ore 10.00-16.00; aperto anche il 25, 26 dicembre e il 1° e 6 gennaio. Ingresso libero. Sito internet: www.genusbononiae.it. Ufficio stampa: ufficiostampa@minervaedizioni.com | patrizia.semeraro@mec-partners.it | luciana.apicella@mec-partners.it. Fino al 16 gennaio 2020.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
venerdì 20 dicembre 2019
giovedì 19 dicembre 2019
Milano, da Palazzo Marino al Museo Diocesano: quadri come strenne di Natale
Puntuali, con l’avvicinarsi del Natale, tornano le mostre dedicate a un solo quadro: un ospite da ammirare con attenzione scrupolosa, come un diamante prezioso in uno scrigno.
A Milano c’è l’imbarazzo della scelta. A Palazzo Marino, in Sala Alessi, sono arrivati dalla Pinacoteca civica di San Gimignano due grandi tondi (del diametro di 162 centimetri con la cornice e di 110 senza), che compongono «L’Annunciazione» (nella seconda foto) realizzata da Filippino Lippi tra il 1483 e il 1484, a 26 anni, quando era allievo di Sandro Botticelli ed era già impegnato in importanti committenze come quella della Cappella Brancacci a Firenze.
Le due opere, raffiguranti «L’Angelo annunziante» e «L’Annunziata» (nella prima foto), furono commissionate all’artista dal Comune per ornare la Sala del Municipio. Sei anni dopo, nel 1490, i Priori e i Capitani di San Gimignano vollero dotare i dipinti di due preziose cornici, intagliate, dipinte e dorate, eseguite da un anonimo artigiano, forse locale, che gli studiosi identificano con Antonio da Colle, attivo nella città toscana nella seconda metà del Quattrocento.
All’iniziativa natalizia di Palazzo Marino, in programma fino al 12 gennaio, si uniscono i Municipi 2, 3, 7 e 8 del Comune di Milano, dove sarà possibile ammirare due importanti opere delle collezioni civiche del Castello Sforzesco: «L’Adorazione dei pastori», attribuita dalla bottega di Paolo Caliari detto il Veronese, in mostra prima villa Scheibler (fino al 18 dicembre) e poi all’Emeroteca di via Cimarosa (dal 21 dicembre al 12 gennaio), e «L’Annunciazione» di Panfilo Nuvolone, allestita prima alla Cascina Turro (fino al 18 dicembre) e quindi all’Auditorium Cerri (dal 21 dicembre al 12 gennaio).
La prima tela mostra il momento in cui i pastori, avvertiti dagli angeli, si recano a rendere omaggio a Gesù, appena nato in una capanna, addossata a un edificio monumentale.
Questo tipo di composizione è in linea con quanto elaborato dal maestro veneto nella fase tarda della sua attività: la struttura del dipinto è allargata e le figure sono affondate in più marcate zone d’ombra, come si può rilevare anche nell’«Adorazione dei pastori» conservata nelle raccolte del Castello di Praga. La struttura dello sfondo è semplificata rispetto ai più tipici dipinti del Veronese, tuttavia la critica ritiene ipotizzabile un suo intervento diretto.
«L’Annunciazione» di Panfilo Nuvolone è, invece, un chiaro esempio della scuola di pittura lombarda. Per molto tempo fu ascritta a Camillo o a Giulio Cesare Procaccini, ma oggi trova il suo punto di riferimento nella fase tarda e meno conosciuta dell’artista, la cui ultima opera, la pala di San Giuseppe per l’oratorio di Grumello, firmata e datata, costituisce un punto di riferimento per questa tela come mostrano le affinità con le figure angeliche e le impalpabili velature dei bianchi con cui è reso il bouquet di gigli. Nella rappresentazione dei fiori è evidente la celebrata esperienza di Nuvolone come pittore di nature morte.
Mentre al Museo diocesano, nei Chiostri di Sant’Eustorgio, i riflettori sono puntati su Artemisia Gentileschi e la sua «Adorazione dei magi» (nella terza e nella quarta foto), concessa eccezionalmente dalla Diocesi di Pozzuoli, per la cui Cattedrale fu eseguita tra il 1636 e il 1637.
Il dipinto è parte di un ciclo commissionato dal vescovo spagnolo Martín de Léon y Cárdenas dopo il 1631, anno dell’eruzione del Vesuvio che risparmiò la città puteolana.
Ad Artemisia Gentileschi furono affidate ben tre tele (oltre all’«Adorazione dei Magi», i «Santi Procolo e Nicea» e «San Gennaro nell’anfiteatro») che eseguì fra il 1635 e il 1637, anno della sua partenza per l’Inghilterra. In questo dipinto la pittrice elabora la lezione caravaggesca alla luce dei nuovi contatti con gli artisti napoletani: la sua predilezione per una gamma cromatica essenziale, risolta sulle variazioni dei toni marroni, rossi, blu e gialli si associa alla straordinaria attenzione per la verità delle cose, come si nota, ad esempio, nello splendido oggetto d’argento portato dal re mago in ginocchio e ad una attenta e scenografica resa degli effetti luce-ombra.
La figura della Vergine è descritta con grande dignità, mentre con dolcezza porge il bambino alla venerazione dei Magi, sotto gli occhi di San Giuseppe che, secondo la tradizione iconografica dell’episodio evangelico, resta defilato sullo sfondo.
La composizione è dominata dalle imponenti figure dei Magi in primo piano, riccamente abbigliati, e alla moda con manti di stoffe preziose (la figura del re moro appare rovinata in seguito all’incendio che colpì la cattedrale nel 1964).
La solennità dell’evento epifanico e dei gesti di riverenza e rispetto dei Magi si coniugano all’atmosfera di affettuosa intimità che si crea grazie ad un sapiente gioco di sguardi.
Milano offre così molteplici occasioni ai suoi cittadini e ai turisti per riflettere sul mistero della nascita di Gesù, Verbo che si fa carne per amore del mondo e degli uomini.
Informazioni utili
L'Annunciazione di Filippino Lippi. Palazzo Marino, Sala Alessi, piazza della Scala, 2 - Milano. Orari: tutti i giorni dalle ore 9.30 alle ore 20.00 (ultimo ingresso alle ore 19.30), giovedì dalle ore 9.30 alle ore 22.30 (ultimo ingresso alle ore 22.00); chiusura anticipata alle ore 18 il 24 e 31 dicembre 2019 (ultimo ingresso alle ore 17.30) | Festività del 25 e 26 dicembre, del 1° e 6 gennaio, dalle ore 9.30 alle ore 20.00 (ultimo ingresso alle ore 19.30). Ingresso libero. Informazioni: tel. 800.167.619. Sito: www.comune.milano.it. Fino al 16 gennaio 2020.
L’adorazione dei Magi di Artemisia Gentileschi. Museo Diocesano Carlo Maria Martini, ingresso da piazza Sant’Eustorgio, 3 – Milano. Orari: da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle ore 18.00; chiuso il lunedì (eccetto festivi); la biglietteria chiude alle ore 17.30. Biglietto Museo Diocesano Carlo Maria Martini: intero € 8,00; ridotto e gruppi € 6,00; scuole e oratori € 4,00. Biglietti cumulativi (Museo Diocesano, Museo della Basilica di Sant’Eustorgio, Cappella Portinari, Cimitero paleocristiano): intero € 10,00; ridotto e gruppi € 8,00; scuole e oratori € 6,00. Catalogo: Silvana Editoriale. Informazioni: tel. 02.89420019; 02 89402671; info.biglietteria@museodiocesano.it. Fino al 26 gennaio 2020
A Milano c’è l’imbarazzo della scelta. A Palazzo Marino, in Sala Alessi, sono arrivati dalla Pinacoteca civica di San Gimignano due grandi tondi (del diametro di 162 centimetri con la cornice e di 110 senza), che compongono «L’Annunciazione» (nella seconda foto) realizzata da Filippino Lippi tra il 1483 e il 1484, a 26 anni, quando era allievo di Sandro Botticelli ed era già impegnato in importanti committenze come quella della Cappella Brancacci a Firenze.
Le due opere, raffiguranti «L’Angelo annunziante» e «L’Annunziata» (nella prima foto), furono commissionate all’artista dal Comune per ornare la Sala del Municipio. Sei anni dopo, nel 1490, i Priori e i Capitani di San Gimignano vollero dotare i dipinti di due preziose cornici, intagliate, dipinte e dorate, eseguite da un anonimo artigiano, forse locale, che gli studiosi identificano con Antonio da Colle, attivo nella città toscana nella seconda metà del Quattrocento.
All’iniziativa natalizia di Palazzo Marino, in programma fino al 12 gennaio, si uniscono i Municipi 2, 3, 7 e 8 del Comune di Milano, dove sarà possibile ammirare due importanti opere delle collezioni civiche del Castello Sforzesco: «L’Adorazione dei pastori», attribuita dalla bottega di Paolo Caliari detto il Veronese, in mostra prima villa Scheibler (fino al 18 dicembre) e poi all’Emeroteca di via Cimarosa (dal 21 dicembre al 12 gennaio), e «L’Annunciazione» di Panfilo Nuvolone, allestita prima alla Cascina Turro (fino al 18 dicembre) e quindi all’Auditorium Cerri (dal 21 dicembre al 12 gennaio).
La prima tela mostra il momento in cui i pastori, avvertiti dagli angeli, si recano a rendere omaggio a Gesù, appena nato in una capanna, addossata a un edificio monumentale.
Questo tipo di composizione è in linea con quanto elaborato dal maestro veneto nella fase tarda della sua attività: la struttura del dipinto è allargata e le figure sono affondate in più marcate zone d’ombra, come si può rilevare anche nell’«Adorazione dei pastori» conservata nelle raccolte del Castello di Praga. La struttura dello sfondo è semplificata rispetto ai più tipici dipinti del Veronese, tuttavia la critica ritiene ipotizzabile un suo intervento diretto.
Mentre al Museo diocesano, nei Chiostri di Sant’Eustorgio, i riflettori sono puntati su Artemisia Gentileschi e la sua «Adorazione dei magi» (nella terza e nella quarta foto), concessa eccezionalmente dalla Diocesi di Pozzuoli, per la cui Cattedrale fu eseguita tra il 1636 e il 1637.
Il dipinto è parte di un ciclo commissionato dal vescovo spagnolo Martín de Léon y Cárdenas dopo il 1631, anno dell’eruzione del Vesuvio che risparmiò la città puteolana.
Ad Artemisia Gentileschi furono affidate ben tre tele (oltre all’«Adorazione dei Magi», i «Santi Procolo e Nicea» e «San Gennaro nell’anfiteatro») che eseguì fra il 1635 e il 1637, anno della sua partenza per l’Inghilterra. In questo dipinto la pittrice elabora la lezione caravaggesca alla luce dei nuovi contatti con gli artisti napoletani: la sua predilezione per una gamma cromatica essenziale, risolta sulle variazioni dei toni marroni, rossi, blu e gialli si associa alla straordinaria attenzione per la verità delle cose, come si nota, ad esempio, nello splendido oggetto d’argento portato dal re mago in ginocchio e ad una attenta e scenografica resa degli effetti luce-ombra.
La figura della Vergine è descritta con grande dignità, mentre con dolcezza porge il bambino alla venerazione dei Magi, sotto gli occhi di San Giuseppe che, secondo la tradizione iconografica dell’episodio evangelico, resta defilato sullo sfondo.
La composizione è dominata dalle imponenti figure dei Magi in primo piano, riccamente abbigliati, e alla moda con manti di stoffe preziose (la figura del re moro appare rovinata in seguito all’incendio che colpì la cattedrale nel 1964).
La solennità dell’evento epifanico e dei gesti di riverenza e rispetto dei Magi si coniugano all’atmosfera di affettuosa intimità che si crea grazie ad un sapiente gioco di sguardi.
Milano offre così molteplici occasioni ai suoi cittadini e ai turisti per riflettere sul mistero della nascita di Gesù, Verbo che si fa carne per amore del mondo e degli uomini.
Informazioni utili
L'Annunciazione di Filippino Lippi. Palazzo Marino, Sala Alessi, piazza della Scala, 2 - Milano. Orari: tutti i giorni dalle ore 9.30 alle ore 20.00 (ultimo ingresso alle ore 19.30), giovedì dalle ore 9.30 alle ore 22.30 (ultimo ingresso alle ore 22.00); chiusura anticipata alle ore 18 il 24 e 31 dicembre 2019 (ultimo ingresso alle ore 17.30) | Festività del 25 e 26 dicembre, del 1° e 6 gennaio, dalle ore 9.30 alle ore 20.00 (ultimo ingresso alle ore 19.30). Ingresso libero. Informazioni: tel. 800.167.619. Sito: www.comune.milano.it. Fino al 16 gennaio 2020.
L’adorazione dei Magi di Artemisia Gentileschi. Museo Diocesano Carlo Maria Martini, ingresso da piazza Sant’Eustorgio, 3 – Milano. Orari: da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle ore 18.00; chiuso il lunedì (eccetto festivi); la biglietteria chiude alle ore 17.30. Biglietto Museo Diocesano Carlo Maria Martini: intero € 8,00; ridotto e gruppi € 6,00; scuole e oratori € 4,00. Biglietti cumulativi (Museo Diocesano, Museo della Basilica di Sant’Eustorgio, Cappella Portinari, Cimitero paleocristiano): intero € 10,00; ridotto e gruppi € 8,00; scuole e oratori € 6,00. Catalogo: Silvana Editoriale. Informazioni: tel. 02.89420019; 02 89402671; info.biglietteria@museodiocesano.it. Fino al 26 gennaio 2020
mercoledì 18 dicembre 2019
Dall'Ermitage a Roma: alla Rhinocerhos di Alda Fendi i «Santi Pietro e Paolo» di El Greco
Un rinoceronte in resina a grandezza naturale, realizzato nei laboratori di Cinecittà, troneggia sotto l’Arco di Giano. A esaltarne il profilo sono le luci calde del premio Oscar Vittorio Storaro, che vanno a comporre la scritta «Roma esisterà finché esisteranno gli uomini». È questo il biglietto da visita con cui la Fondazione Alda Fendi – Esperimenti accoglie, dall’autunno 2018, il pubblico negli spazi della sua galleria Rhinocerhos, un palazzo del Seicento tra il Velabro, il Palatino e la Bocca della Verità, riqualificato dall’estro creativo dell’architetto francese Jean Nouvel.
Lo spazio, distribuito su 3500 metri quadrati e sei piani, è ispirato ai «Passages di Parigi» di Walter Benjamin e propone una modalità innovativa e straordinaria, con mostre, creazioni multimediali, action, interferenze artistiche che vanno dalle arti visive a quelle performative come documenta il progetto «Istantanee dell’assurdo», una ricognizione sulla surrealtà come punto di vista, che vede protagonisti Eugène Ionesco e Samuel Beckett.
Nel 2018, in occasione dell’apertura, la galleria ha avviato anche una collaborazione con il Museo statale dell’Ermitage di San Pietroburgo, grazie alla quale è stato concesso in prestito «L’adolescente» di Michelangelo, visto da oltre ventiduemila visitatori. Quest’anno, grazie all’accordo triennale firmato con l’ente russo, si replica: il Natale porta alla Rhinocerhos un vero e proprio omaggio a Roma e ai suoi patroni con l’esposizione dei «Santi Pietro e Paolo» di El Greco.
Entrata nelle collezioni del museo sulla Neva nel 1911, quale dono di Pëtr Pavlovič Durnovo, governatore generale di Mosca durante la Rivoluzione russa del 1905, l’opera è esposta abitualmente nella sala dei capolavori dell’arte spagnola, accanto a una delle «Skylight Halls», che caratterizzano il cosiddetto Nuovo Ermitage, realizzato tra il 1839 e il 1851.
Il quadro è emblematico dello stile ormai pienamente maturo di El Greco, «entrato nella storia della pittura come il più grande autore della Spagna del XVI secolo - scrive il curatore dell’esposizione Svyatoslav Savvateev nel saggio del catalogo pubblicato da Il Cigno GG Edizioni - e divenuto uno degli artisti più conosciuti e celebrati di tutta la storia dell’arte europea».
Le opere dell’artista - grande precursore del primo modernismo e padre nobile delle nuove generazioni artistiche, secondo la definizione dello storico dell’arte tedesco Julius Meier-Graefe- danno vita a uno stile tormentato e tragico, dove si scontrano attualità realistica ed evocazione visionaria, che unisce e rielabora il colore di Tiziano, il luminismo di Tintoretto ed elementi tratti da Correggio, Parmigianino, Raffaello e Dürer. Anche il dipinto dell’Ermitage, realizzato dall’artista probabilmente tra il 1587 e il 1592, è un’opera profonda e spiritualmente intensa.
I due apostoli vengono rappresentati insieme, secondo una consuetudine di antica origine, all’interno di uno spazio buio - cosa piuttosto eccezionale nell’opera del pittore greco - e con la propria tradizionale iconografa: Pietro con la chiave della porta del Paradiso e Paolo mentre tiene in mano un libro aperto, in riferimento alle sue lettere scritte alle prime comunità cristiane.
Paolo, deciso e scapigliato, è in primo piano e con la mano sinistra compie un gesto fermo, con l’indice puntato su un volume; l’apostolo Pietro è in una posizione serena, eretta, ha uno sguardo contemplativo ma allo stesso tempo penetrante e riflessivo. Il suo sguardo è volto nella stessa direzione di quello di Paolo in modo da conferire alla composizione unità e finalità espressive, come suggerisce anche la dinamica della mano destra dei due santi, che sembrano muoversi l’una verso l’altra per dar vita a un insieme inscindibile.
L’esposizione è affiancata dalla proiezione di immagini tratte da due film dedicati a El Greco, diretti rispettivamente da Luciano Salce (1966) e Iannis Smaragdis (2007), e dalla riproduzione in formato 1:1 di alcune tra le più importanti opere della collezione spagnola dell’Ermitage, che permetteranno al pubblico di contestualizzare l’opera esposta alla Rhinocerhos. In particolare si incontreranno Francisco de Zurbarán, ammirato per un naturalismo tipicamente caravaggesco e un «realismo drammatico», e Luis de Morales, attivo soprattutto in Estremadura, ma apprezzato in tutta la Spagna e soprannominato «El divino Morales» per la spiccata predilezione per i soggetti religiosi.
In linea con la politica culturale della Fondazione Alda Fendi – Esperimenti la mostra è a ingresso gratuito: un messaggio simbolico e concreto, questo, perché la cultura deve essere di tutti. Deve essere -dicono dalla galleria- «un patrimonio dell’umanità».
Informazioni utili
I Santi Pietro e Paolo di El Greco. Palazzo rhinoceros, via dei Cerchi, 21 - Roma. Orari: martedì-domenica, ore 12.00-24.00. Ingresso gratuito. Informazioni: 340.6430435, info@fondazionealdafendi- esperimenti.it. Fino al 15 marzo 2020.
Lo spazio, distribuito su 3500 metri quadrati e sei piani, è ispirato ai «Passages di Parigi» di Walter Benjamin e propone una modalità innovativa e straordinaria, con mostre, creazioni multimediali, action, interferenze artistiche che vanno dalle arti visive a quelle performative come documenta il progetto «Istantanee dell’assurdo», una ricognizione sulla surrealtà come punto di vista, che vede protagonisti Eugène Ionesco e Samuel Beckett.
Nel 2018, in occasione dell’apertura, la galleria ha avviato anche una collaborazione con il Museo statale dell’Ermitage di San Pietroburgo, grazie alla quale è stato concesso in prestito «L’adolescente» di Michelangelo, visto da oltre ventiduemila visitatori. Quest’anno, grazie all’accordo triennale firmato con l’ente russo, si replica: il Natale porta alla Rhinocerhos un vero e proprio omaggio a Roma e ai suoi patroni con l’esposizione dei «Santi Pietro e Paolo» di El Greco.
Entrata nelle collezioni del museo sulla Neva nel 1911, quale dono di Pëtr Pavlovič Durnovo, governatore generale di Mosca durante la Rivoluzione russa del 1905, l’opera è esposta abitualmente nella sala dei capolavori dell’arte spagnola, accanto a una delle «Skylight Halls», che caratterizzano il cosiddetto Nuovo Ermitage, realizzato tra il 1839 e il 1851.
Il quadro è emblematico dello stile ormai pienamente maturo di El Greco, «entrato nella storia della pittura come il più grande autore della Spagna del XVI secolo - scrive il curatore dell’esposizione Svyatoslav Savvateev nel saggio del catalogo pubblicato da Il Cigno GG Edizioni - e divenuto uno degli artisti più conosciuti e celebrati di tutta la storia dell’arte europea».
Le opere dell’artista - grande precursore del primo modernismo e padre nobile delle nuove generazioni artistiche, secondo la definizione dello storico dell’arte tedesco Julius Meier-Graefe- danno vita a uno stile tormentato e tragico, dove si scontrano attualità realistica ed evocazione visionaria, che unisce e rielabora il colore di Tiziano, il luminismo di Tintoretto ed elementi tratti da Correggio, Parmigianino, Raffaello e Dürer. Anche il dipinto dell’Ermitage, realizzato dall’artista probabilmente tra il 1587 e il 1592, è un’opera profonda e spiritualmente intensa.
I due apostoli vengono rappresentati insieme, secondo una consuetudine di antica origine, all’interno di uno spazio buio - cosa piuttosto eccezionale nell’opera del pittore greco - e con la propria tradizionale iconografa: Pietro con la chiave della porta del Paradiso e Paolo mentre tiene in mano un libro aperto, in riferimento alle sue lettere scritte alle prime comunità cristiane.
Paolo, deciso e scapigliato, è in primo piano e con la mano sinistra compie un gesto fermo, con l’indice puntato su un volume; l’apostolo Pietro è in una posizione serena, eretta, ha uno sguardo contemplativo ma allo stesso tempo penetrante e riflessivo. Il suo sguardo è volto nella stessa direzione di quello di Paolo in modo da conferire alla composizione unità e finalità espressive, come suggerisce anche la dinamica della mano destra dei due santi, che sembrano muoversi l’una verso l’altra per dar vita a un insieme inscindibile.
L’esposizione è affiancata dalla proiezione di immagini tratte da due film dedicati a El Greco, diretti rispettivamente da Luciano Salce (1966) e Iannis Smaragdis (2007), e dalla riproduzione in formato 1:1 di alcune tra le più importanti opere della collezione spagnola dell’Ermitage, che permetteranno al pubblico di contestualizzare l’opera esposta alla Rhinocerhos. In particolare si incontreranno Francisco de Zurbarán, ammirato per un naturalismo tipicamente caravaggesco e un «realismo drammatico», e Luis de Morales, attivo soprattutto in Estremadura, ma apprezzato in tutta la Spagna e soprannominato «El divino Morales» per la spiccata predilezione per i soggetti religiosi.
In linea con la politica culturale della Fondazione Alda Fendi – Esperimenti la mostra è a ingresso gratuito: un messaggio simbolico e concreto, questo, perché la cultura deve essere di tutti. Deve essere -dicono dalla galleria- «un patrimonio dell’umanità».
Informazioni utili
I Santi Pietro e Paolo di El Greco. Palazzo rhinoceros, via dei Cerchi, 21 - Roma. Orari: martedì-domenica, ore 12.00-24.00. Ingresso gratuito. Informazioni: 340.6430435, info@fondazionealdafendi- esperimenti.it. Fino al 15 marzo 2020.
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