ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 4 novembre 2020

Coronavirus, il nuovo Dpcm chiude i musei. Alla Galleria Campari un ciclo di smart tour per la Settimana della cultura d’impresa

Sono giornate burrascose per il mondo dell’arte italiano. Dopo i teatri e le sale-concerto, anche i musei e le mostre, ultimo baluardo della cultura fruibile, chiudono le proprie porte a causa della seconda ondata del Coronavirus. La notizia, annunciata in televisione lo scorso 1° novembre dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini durante un collegamento da remoto con la trasmissione «Che tempo che fa», condotta da Fabio Fazio su Rai3, è stata ufficializzata nella nottata tra martedì 3 e mercoledì 4 novembre con la firma da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte dell’ennesimo Dpcm.
Nel nuovo Decreto per contrastare la diffusione del Covid-19, pubblicato oggi sulla «Gazzetta ufficiale» e operativo da venerdì 6 novembre, si legge, infatti, all’articolo 1, comma 9, lettera r: «sono sospesi le mostre e i servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42».  Rimarranno, dunque, inaccessibili al pubblico anche le biblioteche, gli archivi e i parchi archeologici; sono, invece, salvi dal rischio di chiusura le gallerie private e le librerie, che, rientrando nelle attività commerciali, potranno rimanere aperte nelle zone gialla e arancione.
Novità del nuovo Dpcm è, infatti, la suddivisione dell’Italia in tre aree geografiche in base al rischio di contagio. Nella zona rossa - della quale fanno parte Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta - si andrà, invece, incontro a un nuovo lockdown con il divieto di spostamento verso altri comuni e regioni e la chiusura di quasi tutte le attività commerciali, ad eccezione dei negozi di alimentari e di generi di prima necessità, dei tabacchi, delle edicole e – a sorpresa- dei parrucchieri.
Annunciata la sospensione delle attività in presenza, i musei italiani lanciano il cuore oltre l’ostacolo e si dichiarano già pronti a sbarcare sul Web, soprattutto suoi social, con progetti speciali, visite virtuali, laboratori digitali, interviste ad artisti e curatori, lezioni di storia dell’arte.
«L'utilizzo nella precedente fase di crisi pandemica della dimensione digitale, ha consentito -raccontano, per esempio, dal Mambo di Bologna- di comprendere la ricchezza di questi linguaggi come mezzi di educazione e intrattenimento in chiave di accesso democratico alla cultura».
Mentre dalla Peggy Guggenheim di Venezia, la direttrice Karole P. B. Vail sottolinea che «l’arte può stimolare la riflessione, il dialogo e lo scambio. Può essere fonte di conforto e ispirazione. Può unire, anche a distanza, ed essere essa stessa una forma di resilienza». Da Palazzo Venier dei Leoni viene rivolto anche un invito agli amanti dell’arte: «dobbiamo essere uniti più che mai, anche a distanza, affinché la cultura non si fermi».
Tra le prime realtà a sperimentare le potenzialità del Web in questo secondo lockdown dei musei c’è la Galleria Campari di Sesto San Giovanni. L’istituzione lombarda ha ideato un ciclo di smart tour in occasione della diciannovesima edizione della Settimana della cultura di impresa, la rassegna di eventi organizzata annualmente da Confindustria, che quest’anno si tiene dal 5 al 20 novembre.
Il tema del 2020 è «Capitale Italia. La cultura imprenditoriale per la rinascita del Paese» e si propone di sensibilizzare il pubblico sul ruolo dell’impresa e dell’imprenditore, motori di innovazione, creatori di ricchezza, propulsori di benessere e coesione sociale.
La Galleria Campari focalizzerà così l’attenzione su Davide Campari, il figlio del fondatore Gaspare, che all'inizio del secolo scorso ha svolto la sua attività imprenditoriale a 360°, gestendo in prima persona sia lo sviluppo dell'attività produttiva, sia la promozione dei suoi prodotti, e fornendo all’azienda di famiglia un imprinting unico, determinato dall’unione tra spirito imprenditoriale e artistico.
Le opere di Leonetto Cappiello, Fortunato Depero, Guido Crepax e molti altri saranno visibili in totale sicurezza direttamente dallo schermo del proprio device attraverso un percorso in 3D in alta definizione della durata di circa un'ora, illustrato da un operatore del museo. 
Durante l'appuntamento ci sarà anche la possibilità di interagire con la guida per domande e curiosità, come avviene durante una visita in presenza.
Ad arricchire ulteriormente il palinsesto di appuntamenti si aggiungono due incontri con Alessandra Tibiletti (il 12 e il 18 novembre, alle ore 18), che parlerà del restauro del manifesto «Lo Spiritello» di Leonetto Cappiello e delle opere di street art per il progetto «RedVolution»
È previsto anche un incontro su «Arte e mixologia», con uno storico dell’arte e un trainer di Campari Academy che, oltre alle opere pubblicitarie, approfondiranno fenomeni come l’invenzione del Bitter Campari, la nascita dell’aperitivo, la miscelazione futurista, il proibizionismo, il ruolo dei Caffè nella diffusione della cultura, la nascita del cocktail Negroni nel 1919.
In occasione della Settimana della cultura d’impresa sarà diffusa, sul sito www.podcast.archivio.com, anche una puntata della progetto «Il principio della Fenice», una serie podcast sugli archivi italiani realizzata e raccontata dalla giornalista Valentina De Poli. La puntata sarà  interamente dedicata alla Galleria Campari e offrirà l'occasione per conoscere meglio un museo che parla degli incroci tra arte e marketing attraverso poster su carta, disegni, bozzetti originali, affiche, manifesti e grafiche pubblicitarie firmati, tra gli altri, da Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, Fortunato Depero, Bruno Munari e Ugo Nespolo

Vedi anche

Didascalie delle immagini
[Fig. 2] Vista di una sala del Mambo di Bologna; [fig. 3] Paesaggio con macchie rosse, No.2 di Vasily Kandinsky, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia; [fig. 4] Muggiani, Campari l'aperitivo in bottiglia, 1930s, Archivio Galleria Campari; [fig. 5] Restauro de Lo spiritello di  Leonetto Cappiello. PH. Marco Curatolo; [fig. 6] Still life per Campari. PH. Marco Curatolo

Informazioni utili 
Galleria Campari. HQs Campari Group, viale Antonio Gramsci, 161 - Sesto S. Giovanni (Milano). Informazioni: tel. 02.62251 | galleria@campari.com. Sito internet: www.campari.com. Qui di seguito il calendario dettagliato: • 05 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari • 06 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari • 10 novembre 2020, h. 19.30: smart tour Arte e Mixologia, con storico dell’arte e trainer Campari Academy • 12 novembre 2020, h. 18: smart tour con Alessandra Tibiletti, restauratrice e storica dell’arte • 13 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari • 17 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari • 18 novembre 2020, h. 18: smart tour con Alessandra Tibiletti, restauratrice e storica dell’arte • 19 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari Per aderire è necessario inviare una richiesta a galleria@campari.com per ricevere i dettagli e gli slot disponibili.

martedì 3 novembre 2020

Moleskine Studio Collection: un taccuino, sei visioni creative


Ernest Hemingway
ne teneva sempre uno in tasca, riempendolo di parole e racconti, quando storie e personaggi bussavano alla porta della sua immaginazione, nei luoghi più disparati della terra: tra i viali e i bistrot di Parigi, negli alberghi di Venezia o in riva al mare a L’Avana. Pablo Picasso, Henri Matisse e Vincent Van Gogh fissavano sui suoi fogli le idee per opere d’arte che sarebbero diventate immortali. Oscar Wilde vi appuntava i suoi celebri aforismi; mentre lo scrittore inglese Bruce Chatwin ne era così innamorato da parlarne nel libro «Le vie dei canti», dove si legge la storia della sua cartolaia di fiducia, in Rue de l’Ancienne Comédie a Parigi, che gli procurava blocchi per appunti dall’inconfondibile copertina nera cerata e rigida, simile alla «pelle della talpa», con gli angoli arrotondati, i risguardi trattenuti da un elastico e le pagine color avorio. Stiamo parlando del Taccuino Moleskine, ideato in Francia tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo e prodotto fino al 1986 da un’azienda a conduzione familiare di Tours. La seconda vita del leggendario «quadernetto», immancabile compagno d’avventura dei maestri delle Avanguardie novecentesche, inizia, invece, nel 1997 quando Modo & Modo, un piccolo editore milanese, ne rinnova la tradizione grazie a una felice intuizione della scrittrice e sociologa Maria Sebregondi. Da allora il marchio Moleskine, oggi di proprietà del gruppo belga D'Ieteren, si diffonde in tutto il mondo. Quel taccuino per viaggiatori colti e moderni globetrotter, ispirato ai quaderni in cerata nera usati da Chatwin e da Van Gogh, diventa un’icona da avere nella propria valigetta.
Negli anni nascono anche progetti speciali, a tiratura limitata, dedicati, per esempio, a Frida Kahlo, a «Il mago di Oz» e alle più belle città del mondo.
Dare spazio alla voce degli artisti è sempre stata una priorità di Moleskine e in questa ottica nasce la nuova collezione Studio, comprendente sei taccuini, ognuno dei quali è stato personalizzato da artisti internazionali.
Il gruppo di artisti che ha collaborato alla collezione rappresenta il mondo globale in cui viviamo, toccando quasi tutti i continenti, da Ovest a Est e viceversa. Olimpia Zagnoli è un'illustratrice italiana. Sonia Alins è spagnola. Yukai Du è di origine cinese e ha vissuto in alcune delle città più cosmopolite del suo Paese prima di stabilirsi nel Regno Unito. Yellena James è nata e cresciuta a Sarajevo; si è poi trasferita negli Stati Uniti e ha scelto l'Oregon come casa. Dimitra Mirtalipova è originaria dell'Uzbekistan ma vive in Ohio. Jon Koko è un'artista svedese che ha vissuto in tutto il mondo, da Taipei a Berlino, e che ha una passione per il Giappone e il suo patrimonio artistico.
Ognuno di questi artisti ha una sua voce, peculiare e distintiva, che si esprime in creazioni artistiche tanto individuali quanto universali, rendendo la collaborazione perfettamente in linea con Moleskine e i suoi valori fondamentali. Dai paesaggi onirici e misteriosi di Koko si spazia al vibrante e potente mondo pop di Olimpia Zagnoli. Alla delicatezza delle composizioni floreali astratte di Yellena James fa da contraltare la realtà ultramoderna di Yukai Du, create con linee e punti. L'arte nostalgica di Mirtalipova ispirata al folklore e alla cultura uzbeka dialoga con le nuotatrici di Sonia Alins.
«La collezione Studio -raccontano da Moleskine- parla a tutti noi, invitandoci a lasciarci ispirare dalle diverse visioni dei sei artisti. La collaborazione è un invito a riempire le pagine bianche di questi taccuini con pensieri e idee personali e uniche, partendo dalle creazioni artistiche in copertina, come fossero il trampolino di lancio per tuffarsi nella propria creatività».

Per saperne di più
www.moleskine.it

lunedì 2 novembre 2020

«Castagne matte», quando l’arte incontra la dimensione della ritualità

È un focus a tematica autunnale quello che propone il Mambo di Bologna per il secondo appuntamento del progetto espositivo «Re-Collecting», nato da un’idea del direttore Lorenzo Balbi con l’intento di offrire approcci originali, e quando possibile anche inusuali, per conoscere il cospicuo patrimonio dei musei bolognesi.
Dopo la mostra su Giorgio Morandi e sul «fascino segreto dei suoi fiori», l’istituzione bolognese prosegue il viaggio all’interno delle sue collezioni permanenti, con la rassegna «Castagne matte», a cura di Caterina Molteni, che offre una composita riflessione sulla ritualità come sfera sociale, religiosa e artistica.
Il focus, visibile fino al prossimo 14 febbraio, deriva il suo titolo dall'epiteto dato al seme dell'Ippocastano e dalla credenza popolare secondo la quale, se custodito nella tasca del proprio cappotto, possa scacciare le influenze autunnali.
«In un'epoca caratterizzata da disastri ecologici, pandemie e urgenti rivendicazioni politiche, la ritualità -raccontano dal Mambo- appare una delle strategie possibili per comprendere e affrontare situazioni e condizioni di emergenza. La dimensione del rituale apre, infatti, a importanti riflessioni sull'individuo e sul suo corpo, sull'idea di comunità sociale e politica, sulla percezione della vita e della morte, basando le sue pratiche sui principi di un mondo 'magico’. Legato all'ineffabile, esso rimanda a una dimensione dell'esistenza che non può essere catturata dal linguaggio descrittivo e che sfugge a tentativi normativi».
L’esposizione presenta una selezione di opere della collezione permanente del Mambo, insieme ad oggetti provenienti dal Museo civico archeologico di Bologna e ad alcune castagne matte appartenute a Giorgio Morandi che, come molti di noi, in modo spensierato e speranzoso, probabilmente seguiva l’usanza di portarle con sé.
Dalla creazione di oggetti scaramantici e feticci all'istituzione sociale di idoli religiosi e riti collettivi laici, l’esposizione presenta vari linguaggi di trattazione del tema.
Il percorso prende avvio con l'opera «Crash» (1994), una serie di cinque diademi, realizzati da Eva Marisaldi (Bologna, 1966) con nastri colorati, fil di ferro e vetri di automobili trovati a terra. L'opera si riferisce a pratiche infantili e alla feticizzazione di ornamenti in strumenti magici. La povertà dei materiali sottolinea l'investimento immateriale – basato sul gioco o sulla spiritualità – tramite cui un oggetto, nella sua semplicità, cambia natura.
«Lettura del rituale» (1951-59) di Carlo Corsi (Nizza, 1879 – Bologna, 1966) presenta, invece, il rito come tema letterario interpretato tramite ampie campiture di colore, frutto di una pennellata piena e densa. La mutevole ricerca pittorica dell’artista è da considerare un esempio di dinamismo stilistico che trova le sue radici in una incessante indagine intima sui valori espressivi della pittura.
Mentre il rito nella sua forma collettiva intreccia l'opera «The Following Days» (2005) di Paolo Chiasera (Bologna, 1978). Il video ritrae un gruppo di ragazzi che nella campagna romagnola si imbattono in un grande masso raffigurante il volto di Pier Paolo Pasolini. Le dinamiche che si innescano tra l'oggetto e il gruppo rimandano a questioni quali la creazione di mitologie contemporanee, la problematicità del monumento e la sua distruzione nella società.
Il percorso espositivo presenta anche «Sleeping» (1991) di Gilbert & George (Gilbert Prousch, San Martino in Badia, Bolzano, 1943 & George Passmore, Plymouth, GB, 1942), parte di una serie di opere ispirate al mondo metafisico e spirituale, in cui emerge un'atmosfera alchemica e misteriosa. Giocando con l'ambiguità del rapporto arte-vita, gli artisti rappresentano se stessi come defunti, mettendo in gioco un'esorcizzazione della morte che avviene tramite la sua rappresentazione. Tra i fenomeni più temuti e inspiegabili per l'essere umano, la morte e la sua percezione hanno fortemente influenzato anche l'ultima produzione pittorica di Piero Manai (Bologna, 1951 - 1988): «Senza titolo» (1984), parte di un gruppo di lavori in cui l'anatomia umana è drammaticamente sezionata dall'interno rendendo irriconoscibili le sue parti.
«Castagne matte» affianca a questi lavori contemporanei una sezione di oggetti che raccontano le pratiche scaramantiche e magiche di epoca romana. Amuleti, lucerne, dettagli di decorazioni e tavolette con incise maledizioni testimoniano pratiche rituali comunemente diffuse nella società del tempo.
Nel solco di un’indagine che risale agli episodi nodali della storia della Galleria d'arte moderna di Bologna, la mostra propone infine un approfondimento sulla rassegna «Metafisica del quotidiano», curata nel 1978 alla Gam da Franco Solmi, che offrì una riflessione sull'ambiguità rituale dell'opera d'arte: criterio estetico che permette alla creazione artistica di sfuggire a letture unitarie, per abitare zone di attrito e di contraddizione. 

Per saperne di più
Bologna, i fiori di Giorgio Morandi per la prima tappa di «Re-Collecting»

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Castagne d'India (castagne matte) appartenute a Giorgio Morandi. Bologna, Casa Morandi. Foto Bianca Schroder; [fig. 2] Gilbert & George, Sleeping, 1991. Stampa fotografica colorata a mano su masonite, cm 253 (a) x 426 (la). Collezione permanente MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna. Courtesy Anthony D'Offay Gallery, Londra, 1998; [fig. 3] Paolo Chiasera, The Following Days, 2005. Video, 5 min. Collezione permanente MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna; [fig. 4] Piero Manai, Senza titolo, 1984. Olio su carta intelata, cm 300 (a) x 200 (la). Collezione permanente MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna; [fig. 5] Cassa armonica della Premiata Ditta Illuminazioni Artistiche Per Feste Civili e Religiose Giuseppe Paulicelli, Bari, presentata da Franco Dellerba, in Giardini d'Europa a cura di Franco Solmi (Bologna, Chiesa di Santa Lucia), parte della rassegna Metafisica del Quotidiano, Galleria d’Arte Moderna, Bologna, 1978

Informazioni utili 
Castagne matte. MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì h 14.00–18.30 . Ingresso: intero € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni utili: tel. 051.6496611. Sito web: www.mambo-bologna.org. Fino al 14 febbraio 2021.