Con questo accordo scritto, il pittore si impegnava, inoltre, a lavorare senza interruzioni e senza assumere altre committenze fino ad aver raggiunto «la perfezione» dell’opera.
Quattro anni dopo, nel 1324, Pietro Lorenzetti terminava la sua impresa pittorica raggiungendo l’eccellenza richiesta tanto da meritarsi le parole elogiative di Giorgio Vasari, che ebbe a descrivere l’elegante tempera su tavola a fondo d’oro «con molte figure piccole […] tutte veramente belle e condotte con buonissima maniera».
Nasceva, dunque, a seguito di un contratto scritto, uno tra i testi più illuminanti dell’epoca per la relazione opera-artista-committente, un quadro simbolico per la pittura del Trecento toscano e italiano, oggi presente in tutti i manuali di storia dell’arte: la «Madonna con Bambino, Santi, Annunciazione e Assunzione». Questa tavola è stata oggetto negli ultimi sei anni di un lungo e complesso lavoro di restauro, a cura di Paola Baldetti, Marzia Benini e Isabella Droandi dello studio Ricerca.
Il progetto di pulitura, consolidamento e messa in sicurezza che ha restituito all’ammirazione del pubblico, allo studio degli storici e alla devozione dei fedeli il capolavoro medioevale si è avvalso del sostegno dell’associazione Art Angels Arezzo Onlus e di altri sponsor privati, tra cui la Fondazione Cassa di risparmio di Firenze, le aziende aretine Power One Italy spa, Chimet spa, Tca spa e Centro chirurgico toscano, nonché l’ente no profit Friends of Florence, presieduto da Simonetta Brandolini d'Adda, che si è occupato di raccogliere donazioni negli Stati Uniti.
Ad oggi restano ancora da finanziare lavori per un totale di 77.980 euro. Si tratta di interventi che si sono resi indispensabili per la corretta ricollocazione dell’opera sull’altare maggiore della Pieve di Santa Maria ad Arezzo, come la disinfestazione del coro ligneo retrostante della tribuna, a cura di Marco Santi, la realizzazione di una nuova illuminazione, firmata da «I Guzzini» di Firenze, e la costruzione di un nuovo supporto di sostegno in acciaio, che ha visto al lavoro la Metalmeccanica di Valerio e Mauro Vedovini.
In questi giorni di pandemia, la ricerca di contributi si è spostata sul Web, sulla piattaforma GoFundMe, al link https://www.gofundme.com/f/progetto-restauro-lorenzetti.
Nel frattempo, agli inizi di novembre, l’opera di Pietro Lorenzetti è tornata a casa, nel luogo per il quale era stata concepita e realizzata, ovvero la Pieve di Santa Maria ad Arezzo.
Il polittico, stando a quanto racconta il contratto di commissione, doveva essere lungo 6 braccia (cm 58,36 braccio aretino = m. 3,50) e alto in media altrettante 6 braccia, ma è giunto a noi in dimensioni ridotte a causa di amputazioni subite lungo i lati delle pale, ma soprattutto a livello della carpenteria dove è stato privato delle colonnine e dei pinnacoli che dividevano i vari scomparti e della predella descritta da Giorgio Vasari. C’è il sospetto che a smontare la struttura sia stato lo stesso storiografo e artista toscano, autore nel 1560 di importanti lavori di trasformazione della pieve aretina, tra i quali la migrazione della pala del Lorenzetti verso un altare minore, quello di San Cristoforo.
Il polittico raffigura, nello specifico, la Madonna col Bambino tra i santi Donato (il patrono di Arezzo), Giovanni Evangelista, Giovanni Battista e Matteo. Nel secondo registro, di dimensioni inferiori, sono rappresentate quattro coppie di santi a mezzo busto: Giovanni e Paolo, Vincenzo e Luca, Jacopo Maggiore e Jacopo Intercisus, Marcellino e Agostino. Al di sopra della Vergine è raffigurata l’Annunciazione e nel pinnacolo terminale l’Assunzione. Nelle cuspidi si trovano, invece, le figure di santa Reparata, santa Caterina, Madonna Assunta, sant’Orsola (o Cristina?) e sant’Agata.
Il lavoro, di grande complessità, si considera maturo nel percorso artistico di Pietro Lorenzetti e nel suo rapporto con la lezione giottesca, che l'artista senese aveva appreso nei suoi giorni ad Assisi per la realizzazione del ciclo della «Passione di Cristo» nella Basilica inferiore.
Felicia Rotundo, già funzionario storico dell’arte della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo, elogia la tela e la sua «grande complessità strutturale e iconografica, di intensa ed inusitata valenza spirituale, che mostra soluzioni figurative aggiornate esemplificate nel colloquio intimo e muto tra Madre e Figlio, nella forza evocativa del volto di San Donato, nella raffinata ricchezza delle vesti, e pure nell’inserimento inusuale della scena dell’Annunciazione che costituì il modello per analoghe rappresentazioni nella produzione artistica locale».
Un altro dato importante da sottolineare è la presenza della firma dell’artista, che compare al centro della lunga iscrizione che corre in basso, sotto l’immagine della Madonna con il Bambino: «Petrus Laurentii Hanc Pinxit Dextra Senesis». Un’altra firma, quasi illeggibile per le piccole dimensioni, appare, poi, sulla spada della Santa Reparata: «Petrus Me Fecit».
Il polittico è stato fatto oggetto di vari interventi di restauro nel corso dei secoli. Uno dei primi di cui abbiamo notizia risale alla fine dell’Ottocento quando, durante i lavori che interessarono la Pieve, l'opera fu portata al riparo in Municipio per essere, poi, ricollocata nella sua sede tra il 1880 e il 1881.
Felicia Rotundo, già funzionario storico dell’arte della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo, elogia la tela e la sua «grande complessità strutturale e iconografica, di intensa ed inusitata valenza spirituale, che mostra soluzioni figurative aggiornate esemplificate nel colloquio intimo e muto tra Madre e Figlio, nella forza evocativa del volto di San Donato, nella raffinata ricchezza delle vesti, e pure nell’inserimento inusuale della scena dell’Annunciazione che costituì il modello per analoghe rappresentazioni nella produzione artistica locale».
Un altro dato importante da sottolineare è la presenza della firma dell’artista, che compare al centro della lunga iscrizione che corre in basso, sotto l’immagine della Madonna con il Bambino: «Petrus Laurentii Hanc Pinxit Dextra Senesis». Un’altra firma, quasi illeggibile per le piccole dimensioni, appare, poi, sulla spada della Santa Reparata: «Petrus Me Fecit».
Il polittico è stato fatto oggetto di vari interventi di restauro nel corso dei secoli. Uno dei primi di cui abbiamo notizia risale alla fine dell’Ottocento quando, durante i lavori che interessarono la Pieve, l'opera fu portata al riparo in Municipio per essere, poi, ricollocata nella sua sede tra il 1880 e il 1881.
In questa occasione la tavola fu sottoposta a una drastica pulitura eseguita probabilmente con soda che causò gravi svelature, concentrate soprattutto nella parte alta ma diffuse anche in altre zone del dipinto, successivamente ricoperte sotto un denso vernicione.
Nuovamente restaurato nel 1916, il polittico fu oggetto nel 1976 di un ulteriore intervento conservativo, resosi necessario a seguito del tentativo di appiccargli fuoco da parte di uno squilibrato.
«Il danno subito, fortunatamente solo una bruciatura sul retro della tavola centrale con la Madonna e di quella laterale con il San Giovanni Evangelista, che aveva consumato lo spessore del legno fino all’imprimitura, -racconta ancora Felicia Rotundo - fu riparato con l’inserimento di tasselli di legno stagionato. Su altre zone del supporto, dove necessario, furono inseriti dei cunei e su tutta la struttura furono applicate nuove traverse di noce scorrevoli entro nottole. Sul fronte della tavola furono tolti gli elementi falsi aggiunti successivamente quali le colonnette che causavano una grave alterazione della struttura generale e degli spazi interni dell’Annunciazione. Per quanto riguarda la pittura furono rimossi solo in parte gli strati di vernici bituminose utilizzate per nascondere le profonde e gravi svelature causate dalle vecchie puliture con soda. Il colore si presentava svelato su tutte le parti ma in modo assai grave in corrispondenza delle mezze figure di santi negli ordini superiori e nella teste dei profeti nei tondi. I volti apparivano quasi completamente abrasi come pure quelli del Bambino e dei santi Donato e Matteo.
Questo restauro fu eseguito da Carlo Guido e consistette, quindi, nella pulitura e nella rimozione delle vecchie vernici, nella integrazione di piccole e minuscole mancanze di colore con rigatino ad acquerello e con velature nelle minori e nel ripristino della lunga iscrizione alla base del polittico».
Quarant'anni dopo il polittico di Pietro Lorenzetti è stato fatto oggetto di un nuovo restauro, quello attuale. Dopo le opportune analisi, si è verificata la funzionalità del supporto, quindi è stata operata una pulitura della superficie pittorica che ha provveduto alla rimozione degli strati di restauro apposti nell’ultimo intervento (vernici e integrazione pittorica, alterate nel tempo). Questa operazione ha rivelato estesissime aree di pittura e di fondi oro in cui persistevano strati evidenti di sporco e di patinature antiche di difficile datazione. Si è, quindi, imposta una seconda fase di pulitura delicatissima, interamente condotta al microscopio, che ha permesso di recuperare i colori cangianti e le straordinarie decorazioni condotte a mano libera dal pittore, offrendo così un fondamentale contributo alla complessiva leggibilità del dipinto.
Gli studi fatti dalla Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo hanno portato a ipotizzare la ricostruzione, con disegno digitale, delle parti strutturali in legno della cornice monumentale, purtroppo perduta, che ne facevano una macchina autoportante di grande impatto visivo. È stata, quindi, proposta una ipotetica ricostruzione, con disegno digitale, che consentisse di restituire spaziature e proporzioni corrette all’opera, facilitandone la lettura in rapporto soprattutto con l’interno monumentale della Pieve per la quale fu concepita.
La direzione dei lavori, la proprietà e l’équipe tecnica hanno convenuto di limitare tale ricostruzione al solo recupero della larghezza del polittico: sono stati pertanto inseriti listelli dorati che distanziano le varie parti dell’opera riconducendola (almeno in larghezza) alla misura originaria.
Gli studi fatti dalla Soprintendenza di Siena, Grosseto e Arezzo hanno portato a ipotizzare la ricostruzione, con disegno digitale, delle parti strutturali in legno della cornice monumentale, purtroppo perduta, che ne facevano una macchina autoportante di grande impatto visivo. È stata, quindi, proposta una ipotetica ricostruzione, con disegno digitale, che consentisse di restituire spaziature e proporzioni corrette all’opera, facilitandone la lettura in rapporto soprattutto con l’interno monumentale della Pieve per la quale fu concepita.
La direzione dei lavori, la proprietà e l’équipe tecnica hanno convenuto di limitare tale ricostruzione al solo recupero della larghezza del polittico: sono stati pertanto inseriti listelli dorati che distanziano le varie parti dell’opera riconducendola (almeno in larghezza) alla misura originaria.
Oggi il Polittico aretino di Pietro Lorenzetti torna, dunque, nella sua casa, mostrando agli amanti dell'arte il linguaggio unico di Pietro Lorenzetti, quella sua attenzione alla qualità materica e agli effetti ottici, che guarda all'eleganza di Duccio da Boninsegna e alla salda spazialità di Giotto.