ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 16 marzo 2021

«We Will Design», aperta la call to action di Base per partecipare alla prossima Milano Design Week

Ha appena preso il via «We will design», la call to action lanciata da Base Milano, progetto di contaminazione culturale tra arti, imprese, tecnologia e innovazione sociale, nato nel 2016 all’interno degli edifici industriali dell’ex-Ansaldo, un’area di 12mila metri quadrati usati per esposizioni, spettacoli, workshop, conferenze e residenze d’artista. Fino al 31 marzo sarà possibile inviare la propria proposta per partecipare alla Design Week 2021, in programma dal 5 al 12 settembre. Il bando è rivolto ad atenei italiani e internazionali, ma anche ad accademieluoghi di formazione non convenzionaledesigner e brand emergenti, tutti chiamati a esplorare e ripensare nuovi modi di vivere, attraverso il design, in risposta all’attuale e inevitabile fase di ripensamento globale.
A tal proposito, va ricordato che sono numerose le domande e le riflessioni che ci guideranno verso la prossima edizione della Design Week.  «Negli ultimi mesi - ricordano, a questo proposito, gli organizzatori - la nostra vita quotidiana è stata sospesa; nuovi codici di condotta hanno messo alla prova il senso della coesistenza e della coabitazione, del nostro essere connessi al di là del mezzo digitale. In questo contesto il design diventa lo strumento per rispondere a un progetto più vasto che coinvolge l’ambiente, l’habitat, i rituali domestici o sociali, le relazioni tra spazio pubblico e privato e altre nuove forme di design antropologico. Dal design di prodotto a quello dei servizi, dalla moda al design d’interazione, dal branding all’experience design, di conseguenza i campi di azione del design si sono estesi e sempre di più si infittiscono le sfere della sua influenza: il design ci aiuta a indagare dove sta andando la nostra società».
A partire da questo presente e con la volontà di costruire un nuovo futuro, Base guarda, dunque, al prossimo Fuorisalone scegliendo di indagare le tematiche più attuali scaturite da questo particolare momento storico, abbracciando un concetto di design antropologico, dalla costruzione identitaria ai comportamenti sociali. Oggi più che mai il design diventa, infatti, una lente per guardare alla nostra società, uno strumento fondamentale di cooperazione e costruzione comune, in cui le realtà della formazione hanno un ruolo cruciale nel ri-progettare relazioni e co-abitazioni del futuro. In questo senso, il design si è avvicinato all’arte, alle scienze sociali, alla sociologia e ancora di più all’antropologia.
Coinvolgimento di lungo periodoco-progettazione e transettorialità sono al centro dell’approccio di Base. Alla luce di quanto abbiamo vissuto nell’ultimo periodo, all’ex Ansaldo si è voluto ripensare la Design Week come un percorso di lungo termine, destinato a non esaurirsi durante la settimana del Fuorisalone, ma a costruire collaborazioni e progettualità prima e dopo questo momento. «We Will Design» si svilupperà, infatti, in diversi appuntamenti nel corso dell’anno - coinvolgendo ospiti ed eventuali espositori interessati - e troverà il suo apice nella settimana dal 5 al 12 settembre, nei giorni della prossima Design Week, da sempre uno dei momenti di massima espressione creativa a livello internazionale della città di Milano.
Nella scelta dei progetti selezionati, di cui verrà dato un feedback entro il 12 aprile, con la call to action, verrà dato spazio all’esposizione, ma anche alla creazione di progetti site specific sviluppati a quattro mani insieme a Base e alle realtà coinvolte attraverso residenze, workshop e un public program per approfondire le tematiche indagate. Il design e l'arte racconteranno così il mondo che ci attende. 

Informazioni utili 
Base, Via Bergognone, 34 - Milano.  Tutti i dettagli su: www.base.milano.it/designweek2021/Per maggiori informazioni scrivere a: design@base.milano.it 


lunedì 15 marzo 2021

Una nuova sede in Salento per la Red Lab Gallery. In estate una mostra di Ulderico Tramacere

Raddoppia i suoi spazi la Red Lab Gallery, realtà attiva a Milano, in via Salari, dal 2018. Mentre all’ombra della Madonnina ci si stava preparando all'allestimento della mostra «Nebulosa 11. Beside Walden» di Dacia Manto (attualmente la Lombardia è in zona rossa), Lucia Pezzulla ha deciso di aprire una nuova sede nel cuore del Salento, a Lecce, sua città di origine.
«Credo che in questo momento storico, dove le restrizioni imposte per contenere la diffusione del Covid-19 hanno impedito l’accesso a luoghi tradizionali pensati per l’arte e la cultura, sia necessario - racconta la gallerista - cambiare nuovamente le regole del gioco, sparigliare idee e convenzioni e proporre format espositivi innovativi, in grado di arrivare e sensibilizzare un pubblico sempre più vasto».
Da questa considerazione è nata l’idea di implementare l'offerta espositiva, accostando alla sede di Milano uno spazio-laboratorio a Lecce, in via Bonaventura Mazzarella 18, in cui, di volta in volta, autori differenti trascorreranno un periodo di residenza, al termine del quale organizzeranno una mostra che sarà presentata come risultato del lavoro svolto sul territorio.
Il primo progetto, per la curatela artistica di Giovanna Gammarota, avrà per protagonista il fotografo Ulderico Tramacere (Lecce, 1975), artista intimamente legato al Salento, che in passato, nella primavera del 2019, ha proposto nella sede milanese di Red Lab Gallery la mostra fotografica «Nylon», presentata nel gennaio dello scorso anno anche alla Bocconi, negli spazi di via Sarfatti 25, per iniziativa di Mia Photo Fair, in collaborazione con la A100 Gallery di Galatina, diretta da Nunzia Perrone.
Con questo progetto, che nel 2018 si è aggiudicato il Premio Ram Sarteano, il fotografo salentino ha presentato una selezione di scatti in bianco e nero che documentano, rinunciando però al mero taglio reportagistico, le operazioni di espianto degli ulivi in Salento, nell’agro di Melendugno, a causa del progetto Tap, il gasdotto trans Adriatico che si snoda per trentatré chilometri nel territorio italiano e che ha suscitato grandi polemiche (anche a livello politico).
Ulderico Tramacere ha, dunque, liberato le immagini dalla propria contingenza e le ha inserite in una visione lirica, metafora di una natura svilita e manipolata, raccontando il momento in cui gli ulivi, con chiome coperte da teli di plastica e radici avvolte in sacchi di juta, lasciano la terra, apparendo enormi arti recisi.
Il risultato del progetto è ben descritto da Gigliola Foschi, parte del comitato di Mia Photo Fair: queste fotografie – ha raccontato la storica e critica della fotografia - «compongono una sorta di inquietante e affascinante danza macabra; ci fanno avvertire il grido di dolore di una natura sempre più dominata dall’uomo ma, al contempo, ne fanno emergere la forza arcaica».
«Nylon» concludeva la trilogia «Film plastici», nata con precisi obiettivi etici e con l’intento di riflettere sull’opacità dell’informazione, che nel 2016 ha dato vita ai progetti «Cellophane», sul dramma dei migranti alla frontiera greco-macedone, e «Pluriball», sulle devastazioni del terremoto nell’Italia centrale.
Ulderico Tramacere, che per sua stessa ammissione impiega nella fotografia la stessa dedizione che avrebbe avuto nel fare il pilota, il pompiere, il palombaro, l'inventore, il poeta o il pittore, precisa: «faccio fotografie e non voglio informare. Mi piace invece pensare che le mie immagini creino, stimolando il desiderio dell'informazione».
Nell’ambito della residenza, che si chiuderà con una mostra programmata per l'inizio dell'estate, l'artista intende porsi all’ascolto della terra che lo circonda ritrovando le inquietudini e i nessi che legano indissolubilmente territori e individui, i quali si amalgamano in un coagulo di umori e respiri troppo spesso rassegnati dinanzi al destino.
«La pietas che Tramacere prova - afferma la curatrice Giovanna Gammarota - per il proprio territorio flagellato, come un novello Cristo, e i corpi di coloro che si addensano lungo i confini di un’Europa sempre meno propensa ad accoglierli, è la base dalla quale egli parte per creare un corale di immagini cantato da più voci che solo apparentemente sembrano contrastare tra loro ma che, invece, si completano».
Il cellophan, il nylon o il pluriball, materiali sui quali Tramacere lavora da tempo, proprio attraverso la nuova residenza creata da Red Lab Gallery, troveranno la loro piena realizzazione divenendo, come sottolinea lo stesso artista, «drammatici Sudari che avvolgono la storia di un intero Paese […] sipari interposti tra lo sguardo e il mondo […] paesaggi surreali irrimediabilmente mutati», per dare, infine, vita a quelle immagini che «stimolano il desiderio di informazione».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Red Lab Gallery, Lecce. Interno; [fig. 2] Red Lab Gallery, Lecce. Esterno; [fig. 3] Ulderico Tramacere, serie Nylon, 2017; [fig. 4]  Ulderico Tramacere, serie Cellophan, 2016

Informazioni utili

venerdì 12 marzo 2021

Tre mostre, un convegno internazionale e un’estate di eventi performativi: Mantova riparte da «Venere divina»

È «la dea delle dee». Di tutte le divinità dell’Olimpo pagano nessuna è venerata e ammirata quanto lei. Il suo nome viene associato all’amore, alla bellezza, all’eros, alla fertilità, al mare scintillante e alla primavera quale simbolo di rinascita. Venere, Afrodite per i greci, è una delle figure che più hanno attratto scrittori e pittori. Esiodo, Omero, Lucrezio e Ovidio sono solo alcuni degli autori che ci hanno tramandato storie sul suo mito, come la nascita dalla bianca schiuma del mare o il suo amore infelice per Adone. Anche la storia dell’arte ci ha lasciato una carrellata incredibile di raffigurazioni, realizzate dai più grandi artisti di tutti i tempi: Sandro Botticelli, Giorgione, Tiziano, Lorenzo Lotto, ma anche Andy Warhol, Michelangelo Pistoletto e molti altri ancora.
Al mito della «dea della bellezza», una figura ben radicata nella tradizione greca, che ha attraversato il mondo romano e rinascimentale, per giungere fino a noi, è dedicato il progetto espositivo promosso per il 2021 dal Comune di Mantova a Palazzo Te, con il patrocinio del Ministero per i beni culturali e con il contributo della Fondazione Banca agricola mantovana
«Venere divina. Armonia sulla terra» è il titolo dell’iniziativa, che si avvale di un comitato scientifico composto da Stefano Baia Curioni, Francesca Cappelletti, Claudia Cieri Via e Stefano L’Occaso.
Il progetto, che completa la riflessione sul femminile avviata nel 2018 con la mostra «Tiziano/Gerhard Richter. Il cielo sulla terra» e proseguita nel 2019 con «Giulio Romano: arte e desiderio», si sviluppa in tre momenti espositivi.
La prima tappa, la cui inaugurazione si sarebbe dovuta tenere il 21 marzo, ma che a causa della pandemia è stata posticipata al 26 aprile,  è «Il mito di Venere a Palazzo Te», un percorso tra le oltre venticinque raffigurazioni dedicate alla dea che ornano l’edificio costruito tra il 1524 e il 1534 su commissione di Federico II Gonzaga, un luogo di otia che vide Giulio Romano artefice di una rivoluzione estetica in grado di mutare il corso dell’architettura e della pittura stessa, diventando punto supremo di sintesi tra gli ideali della Grecia classica, della Roma antica e della nuova Roma di Raffaello.
L’immagine di Venere esaltata nel percorso museale, soprattutto nella Camera del Sole e della Luna e in quella di Amore e Psiche, è illustrata a fondo in una guida cartacea, a cura di Claudia Cieri Via, e in una app multimediale scaricabile gratuitamente
Tra affreschi e stucchi, tra sculture e decorazioni, Palazzo Te, già definito il «sacrario di Venere», mette a confronto il visitatore con varie tipologie di raffigurazione della dea, spaziando dalla Venere pudica alla Venere velata, dalla Venere vincitrice a quella narrata nelle favole mitologiche, che la vedono coinvolta in un matrimonio con l’anziano Vulcano, in una passione erotica con Marte, in un coinvolgimento amoroso fino alla morte con Adone.
Il percorso è arricchito dall’esposizione di due opere legate alla produzione di Giulio Romano, entrambi provenienti dalla collezioni mantovane: la scultura di «Venere velata», appartenuta all’artista, fonte di ispirazione della Venere in stucco sul soffitto della Camera del Sole e della Luna, e l’arazzo «Venere nel giardino con putti», eseguito da tessitori fiamminghi su disegno dello stesso Giulio Romano, di recente ritornato a Mantova grazie a una complessa operazione d’acquisto condotta dalla reggia gonzaghesca e dalla Direzione generale musei del Mibact.
Durante il periodo primaverile, nella giornata del 16 aprile, sarà, inoltre, organizzato un convegno digitale dedicato al tema di Venere con studiosi internazionali, tra i quali, per esempio, Georges Didi-Huberman, Philippe Morel, Emilio Russo e Giuseppe Capriotti.
Il secondo momento espositivo, in programma dal 22 giugno al 5 settembre, prevede l’esposizione di un capolavoro assoluto di Tiziano, di solito conservato alla Galleria Borghese di Roma, tra i vertici della rappresentazione della divinità nel Cinquecento: «Venere che benda Amore». La tela del maestro cadorino, che verrà presentata con un corredo di note e informazioni predisposto da Francesca Cappelletti, raffigura la dea nell’atto di bendare il piccolo Eros appoggiato sul suo grembo, mentre un altro putto, probabilmente Anteros, osserva la scena con aria assorta.
«L’immagine, sgretolata e sognante, è costruita – si legge nella presentazione della mostra - con grande maestria: al centro del quadro non c’è nessuno dei protagonisti della scena, ma un’apertura verso un paesaggio al tramonto. In un accordo cromatico sofisticato, il rosa e l’azzurro si ritrovano sulle piccole ali del Cupido bendato, e da un lato nel blu del panneggio di Venere, opposto al rosso cremisi dell’ancella con le frecce. I bianchi delle vesti e gli incarnati sono percorsi dalla luce e i delicati passaggi alle ombre colorate contribuiscono a rendere meno definiti i contorni delle figure, affidati all’occhio dello spettatore e alle sue capacità di afferrarle».
In occasione di questa esposizione, nel corso del periodo estivo, l’esedra di Palazzo Te verrà ripensata per ospitare momenti performativi e artistici, parte del public program dedicato al tema del mito di Venere.
Il progetto espositivo, il cui allestimento è curato da Lissoni Associati, terminerà con la mostra la mostra «Venere. Natura, ombra e bellezza», a cura di Claudia Cieri Via, che dal 12 settembre al 12 dicembre 2021 indagherà le origini del mito e la sua creazione, grazie al recupero cinquecentesco di leggende e di iconografie antiche. L’esposizione dedica parte del percorso alla diffusione del mito nelle corti europee, al legame della divinità con le acque, i giardini e i parchi, e con la bellezza delle donne dell’epoca. Una sezione, infine, viene dedicata anche ai «pericoli» di Venere e al legame di maghe e streghe con il culto della dea.
In attesa di poter aprire la prima tappa del progetto «Venere divina. Armonia sulla terra», la Fondazione Palazzo Te presenta al pubblico – nella sezione Mnemosyne del suo sito – un programma di approfondimenti video sul mito di Venere. Stefano Baia Curioni introduce le ragioni dell'iniziativa e il valore che può avere per il territorio e la comunità; mentre Francesca Cappelletti, componente del comitato scientifico e direttrice della Galleria Borghese di Roma, racconta in due video la storia del dipinto di «Tiziano Venere che benda amore», che sarà in prestito dal museo romano nel mese di giugno, e le motivazioni scientifiche della mostra di settembre «Venere. Natura, ombra e bellezza». Si prosegue con altri due video con la storica dell'arte e curatrice Claudia Cieri Via: nel primo viene ricordato «Il mito di Venere a Palazzo Te» attraverso l'arazzo di Nicolas Karcher su disegno di Giulio Romano e la scultura «Afrodite velata», entrambi in prestito dal Palazzo Ducale di Mantova; nel secondo la studiosa illustra alcune delle oltre venticinque Veneri presenti negli affreschi e nelle decorazioni murali che Giulio Romano e i suoi allievi hanno realizzato per ornare la dimora estiva di Federico II Gonzaga. Conclude il ciclo il contributo di Stefano L'Occaso, componente del comitato scientifico del progetto «Venere Divina» e direttore di Palazzo Ducale, in cui saluta l'arrivo a Mantova dell'arazzo «Venere spiata da un satiro», con i puttini, capolavoro del Rinascimento, a seguito di una trattativa d'acquisto condotta da Palazzo Ducale con il generoso contributo della Direzione generale musei del Mic. La prima puntata della nuova serie dedicata al percorso delle Veneri a Palazzo Tesi apre nella camera di Ovidio, il primo dei tre ambienti dell’appartamento delle Metamorfosi. Nella decorazione pittorica Venere è allegoricamente presente nella polarità fra la Venere Pandemos, l’amore terreno generativo ed erotico, e la Venere Urania, l’amore divino, sublimato. Insieme ai sei video racconti, le altre puntate della serie saranno pubblicate con due uscite settimanali sul sito di Palazzo Te, sempre nella sezione Mnemosyne.
Un programma, dunque, composito quello ideato dalla città di Mantova per celebrare «la dea della dee», una figura mitologica che affascinò anche Lucrezio come si legge nella frase del «De Rerum Natura», da cui è tratto il titolo del progetto ideato da Palazzo Te: «O genitrice degli Eneadi, godimento degli uomini e degli dei, divina Venere, che sotto i segni mutevoli del cielo il mare che sostiene le navi e le terre che producono i raccolti vivifichi, perché grazie a te ogni genere di viventi viene concepito e giunge a visitare, una volta nato, i lumi del sole».

(aggiornato il 26 aprile 2021, alle ore 17.00)

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giulio Romano e allievi, Il bagno di Marte e Venere nella Camera di Amore e Psiche, 1527-1528. Affresco. Mantova, Palazzo Te Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te, [fig. 2] Tiziano, Venere benda Amore, 1560-1565?. Olio su tela, 118x185 cm. Roma, Galleria Borghese © Galleria Borghese; [fig. 3] Dosso Dossi, Il risveglio di Venere, 1524-1525 circa. Olio su tela, 120x157 cm. Bologna/Milano, Collezione Magnani, pro- prietà Unicredit Milano © Collezione UniCredit Milano; [fig. 4] Nicolas Karcher (Bruxelles? - Mantova 1562), da un disegno di Giulio Romano, Venere, un satiro e putti che giocano (parti- colare), 1539-1540. Arazzo di lana e seta, 410x450 cm. Mantova, Palazzo Ducale Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te Su concessione del MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova; [fig. 5] Afrodite velata, II secolo a. C., Marmo pario con patina giallastra, 133x50x45 cm circa. Mantova, Comune di Mantova in deposito presso Palazzo Ducale (Galleria dei Mesi) Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te Su concessione del MiBACT, Palazzo Ducale di Mantova; [fig. 6] Giulio Romano e allievi, Venere allo specchio e Amore. Volta del Camerino di Venere, 1527. Affresco. Mantova, Palazzo Te.  Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te; [fig 7] Giulio Romano e allievi, Marte insegue Adone trattenuto da Venere che viene punta dalla spina di una rosa, Camera d'Amore e Psiche, 1527-28. Affresco.Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te  [fig. 8] Giulio Romano e allievi, Venere con Marte e Cupido nell’Olimpo sotto il trono di Giove. Volta della Camera dei Giganti, 1530-1534. Affresco. Mantova, Palazzo Te Foto: Gian Maria Pontiroli © Fondazione Palazzo Te 

Informazioni utili