Quando, nel 2013, Liana Serretti, toscana di origine e bolognese di adozione, si ritrova sola decide che quel patrimonio non deve essere disperso e, sicura di interpretare anche il pensiero del marito, sceglie di farne dono ai Musei civici di arte antica di Bologna, quale segno di ringraziamento e riconoscenza verso la città che ha ospitato la sua famiglia con «gentilezza, capacità di inclusione e spirito di accoglienza».
L’intera raccolta diventa di proprietà del Comune felsineo nel 2020, assicurando così alla fruizione e alla valorizzazione pubblica un nucleo collezionistico composto da 117 vetri - per oltre 150 pezzi tra manufatti singoli, coppie e servizi – databili dal XVII al XIX secolo.
La donazione si completa con la cessione di oltre cinquanta pubblicazioni specialistiche sulla storia dell'arte vetraria acquistate nel corso di oltre quarant’anni di passione collezionistica, ora consultabili alla Biblioteca dei Musei civici d’arte antica, situata al primo piano del Lapidario del Museo civico medievale.
Per l’occasione è stata organizzata, con la preziosa collaborazione della Fondazione Musei civici di Venezia, la mostra «Vetri dal Rinascimento all’Ottocento. La donazione Cappagli Serretti per i Musei civici d’arte antica di Bologna», a cura di Mark Gregory D’Apuzzo, Massimo Medica e Mauro Stocco, di cui rimarrà documentazione in un catalogo di Silvana editoriale.
La raccolta si distingue non solo per l’indubbia qualità artistica dei suoi manufatti, frutto di un preciso e raffinato gusto estetico, ma anche e soprattutto per la capacità di offrire un'ampia ed esaustiva panoramica su tutte le principali manifatture europee dal Seicento all’Ottocento. La collezione allarga, infatti, lo sguardo ben oltre gli orizzonti italiani facendo conoscere ai visitatori anche il mondo vetrario anglosassone e spagnolo del Settecento, documentati rispettivamente da calici decorati a spirali di lattimo e da motivi decorativi di matrice islamica dalla brillante tavolozza cromatica, nonché dalla colorata produzione boema del periodo Biedermeier, caratterizzato da una vasta produzione di vetri smaltati e incisi, che molto influenzò la produzione della Real Fábrica de La Granja di San Ildefonso, fondata nel 1727 a Segovia, nei pressi di Madrid, ma anche di altre manifatture europee.
Le varie fabbriche sparse nel continente non costituivano, infatti, mondi a sé stanti, isolati gli uni dagli altri; erano in realtà in stretta relazione condividendo tecniche, forme e motivi decorativi, pur mantenendo sempre caratteri specifici, in relazione alle differenti condizioni storiche, sociali e politiche di ogni singolo Paese.
Spicca per unicità e qualità tecnica il gruppo di opere del Seicento veneziano, noto per lo stile fantasioso, talvolta addirittura bizzarro, che ama sperimentare nuove tecniche decorative, caratterizzate da un virtuosismo che predilige la funzione decorativa a quella d’uso. Raro e curioso, in collezione, ed esemplificativo di questo stile, è il calice con gambo a stelo di fiore, un tipo vetrario risalente alla fine del XVII o all’inizio del XVIII secolo di cui si conservano ben pochi esemplari nelle raccolte pubbliche, a motivo della loro estrema fragilità.
Nata nel XVI secolo sulla scia del successo del vetro veneziano in Europa e in conseguenza della massiccia diaspora dei vetrai muranesi verso Paesi Bassi, Germania, Inghilterra e Spagna, la vasta produzione à la façon de Venise prosegue per circa due secoli, risentendo sempre di più delle tradizioni del luogo di origine.
Ben documentato dalla collezione è anche il fenomeno, ancora poco studiato, della produzione veneziana ed europea settecentesca a imitazione di quella boema, che testimonia la progressiva crisi economica dell’industria muranese e l’affermazione di nuovi centri produttivi che stimolano un cambiamento di gusti e forme. La grande svolta settecentesca nella storia del vetro è rappresentata dal diffondersi di nuove tecniche originate nell’Europa settentrionale, che già verso la fine del XVII secolo segnano la fine della supremazia del vetro veneziano dopo secoli di incontrastato predominio. Il superamento dell’influenza muranese si deve principalmente all’innovazione del processo di composizione delle paste vitree con l’utilizzo di nuovi materiali, come il piombo e il potassio. Fanno così la loro comparsa soffiati incisi a rotina prodotti per il mercato interno della Repubblica, che rivelano la loro origine veneziana nelle forme memori della tradizione rinascimentale, nel tipo di intaglio più superficiale e nel diverso gusto decorativo. Motivi vegetali e floreali, animali, scene di caccia e motivi geometrici affollano le superfici di bicchieri, calici, piatti, ampolle e oliere.
Accanto a oggetti pregiati presenti nelle tavole aristocratiche o borghesi come alzate, bottiglie, calici, fiaschi, bicchieri da vino o da liquore, è presente nella collezione un notevole gruppo di oggetti «popolari» o di uso più corrente, utilizzati nelle spezierie come strumenti da laboratorio (storte, imbuti, versatoi).
C’è anche un gruppo di oggetti legati al settore dell’illuminazione come la settecentesca lanterna veneziana in legno dorato, le cui pareti sono costituite da lastrine di vetro dipinte con motivi a candelabra e tralci di fiori e foglie, o la splendida lampada «fiorentina» a tre becchi in vetro e metallo argentato, risalente al XVIII-XIX secolo. Il lume a olio con corpo di forma sferica e gambo a balaustro era, invece, un modello prodotto in larga misura sia in Europa sia negli Stati Uniti nel corso del XVIII secolo.
Oltre a determinare un ingente incremento del patrimonio civico, la donazione della collezione Cappagli Serretti ha consentito lo sviluppo di collaborazioni virtuose sia sul piano della ricerca che della didattica. Grazie alla preziosa consulenza tecnico-scientifica della direzione e dello staff curatoriale del Museo del vetro di Murano, tutti i pezzi della collezione sono stati studiati e catalogati, con il fine di ricostruirne epoca di costruzione, manifattura di produzione, area di provenienza, materiali costitutivi, caratteristiche stilistiche e formali. La progettazione dei materiali di comunicazione visiva dedicati alla mostra è, invece, stata realizzata coinvolgendo oltre cinquanta allievi del quinto anno del Liceo artistico «Arcangeli» di Bologna.
La collezione Cappagli Serretti dona, dunque, valore aggiunto alle raccolte museali bolognesi, che nelle sedi del Museo civico medioevale e del Museo Davia Bargellini ospitano alcuni pregevoli capolavori dell’arte vetraria, come il rarissimo calice blu decorato a smalto e dorature con l’«Adorazione dei Magi», considerato uno dei vetri più antichi e preziosi del Rinascimento italiano e attribuito alla mano del muranese Angelo Barovier (1405- 1460), celebre inventore del vetro cristallino simile al cristallo di rocca.
Per una circostanza tanto singolare quanto fortuita, nello stesso periodo di apertura della mostra dedicata alla collezione Cappagli Serretti, alcuni di questi vetri sono esposti nella mostra «Émailler le verre à la Renaissance. Sur les traces des artistes verriers, entre Venise et France», organizzata dal Musée du Louvre al Musée national de la Renaissance - Château d’Écouen, alle porte di Parigi. Un riconoscimento importante, questo, per una storia collezionista, quella di Bologna e dei suoi donatori, che parla il linguaggio della fragilità e delle trasparenze, dell’eleganza e dell’eccentricità.
Per l’occasione è stata organizzata, con la preziosa collaborazione della Fondazione Musei civici di Venezia, la mostra «Vetri dal Rinascimento all’Ottocento. La donazione Cappagli Serretti per i Musei civici d’arte antica di Bologna», a cura di Mark Gregory D’Apuzzo, Massimo Medica e Mauro Stocco, di cui rimarrà documentazione in un catalogo di Silvana editoriale.
La raccolta si distingue non solo per l’indubbia qualità artistica dei suoi manufatti, frutto di un preciso e raffinato gusto estetico, ma anche e soprattutto per la capacità di offrire un'ampia ed esaustiva panoramica su tutte le principali manifatture europee dal Seicento all’Ottocento. La collezione allarga, infatti, lo sguardo ben oltre gli orizzonti italiani facendo conoscere ai visitatori anche il mondo vetrario anglosassone e spagnolo del Settecento, documentati rispettivamente da calici decorati a spirali di lattimo e da motivi decorativi di matrice islamica dalla brillante tavolozza cromatica, nonché dalla colorata produzione boema del periodo Biedermeier, caratterizzato da una vasta produzione di vetri smaltati e incisi, che molto influenzò la produzione della Real Fábrica de La Granja di San Ildefonso, fondata nel 1727 a Segovia, nei pressi di Madrid, ma anche di altre manifatture europee.
Le varie fabbriche sparse nel continente non costituivano, infatti, mondi a sé stanti, isolati gli uni dagli altri; erano in realtà in stretta relazione condividendo tecniche, forme e motivi decorativi, pur mantenendo sempre caratteri specifici, in relazione alle differenti condizioni storiche, sociali e politiche di ogni singolo Paese.
Spicca per unicità e qualità tecnica il gruppo di opere del Seicento veneziano, noto per lo stile fantasioso, talvolta addirittura bizzarro, che ama sperimentare nuove tecniche decorative, caratterizzate da un virtuosismo che predilige la funzione decorativa a quella d’uso. Raro e curioso, in collezione, ed esemplificativo di questo stile, è il calice con gambo a stelo di fiore, un tipo vetrario risalente alla fine del XVII o all’inizio del XVIII secolo di cui si conservano ben pochi esemplari nelle raccolte pubbliche, a motivo della loro estrema fragilità.
Nata nel XVI secolo sulla scia del successo del vetro veneziano in Europa e in conseguenza della massiccia diaspora dei vetrai muranesi verso Paesi Bassi, Germania, Inghilterra e Spagna, la vasta produzione à la façon de Venise prosegue per circa due secoli, risentendo sempre di più delle tradizioni del luogo di origine.
Ben documentato dalla collezione è anche il fenomeno, ancora poco studiato, della produzione veneziana ed europea settecentesca a imitazione di quella boema, che testimonia la progressiva crisi economica dell’industria muranese e l’affermazione di nuovi centri produttivi che stimolano un cambiamento di gusti e forme. La grande svolta settecentesca nella storia del vetro è rappresentata dal diffondersi di nuove tecniche originate nell’Europa settentrionale, che già verso la fine del XVII secolo segnano la fine della supremazia del vetro veneziano dopo secoli di incontrastato predominio. Il superamento dell’influenza muranese si deve principalmente all’innovazione del processo di composizione delle paste vitree con l’utilizzo di nuovi materiali, come il piombo e il potassio. Fanno così la loro comparsa soffiati incisi a rotina prodotti per il mercato interno della Repubblica, che rivelano la loro origine veneziana nelle forme memori della tradizione rinascimentale, nel tipo di intaglio più superficiale e nel diverso gusto decorativo. Motivi vegetali e floreali, animali, scene di caccia e motivi geometrici affollano le superfici di bicchieri, calici, piatti, ampolle e oliere.
Accanto a oggetti pregiati presenti nelle tavole aristocratiche o borghesi come alzate, bottiglie, calici, fiaschi, bicchieri da vino o da liquore, è presente nella collezione un notevole gruppo di oggetti «popolari» o di uso più corrente, utilizzati nelle spezierie come strumenti da laboratorio (storte, imbuti, versatoi).
C’è anche un gruppo di oggetti legati al settore dell’illuminazione come la settecentesca lanterna veneziana in legno dorato, le cui pareti sono costituite da lastrine di vetro dipinte con motivi a candelabra e tralci di fiori e foglie, o la splendida lampada «fiorentina» a tre becchi in vetro e metallo argentato, risalente al XVIII-XIX secolo. Il lume a olio con corpo di forma sferica e gambo a balaustro era, invece, un modello prodotto in larga misura sia in Europa sia negli Stati Uniti nel corso del XVIII secolo.
Oltre a determinare un ingente incremento del patrimonio civico, la donazione della collezione Cappagli Serretti ha consentito lo sviluppo di collaborazioni virtuose sia sul piano della ricerca che della didattica. Grazie alla preziosa consulenza tecnico-scientifica della direzione e dello staff curatoriale del Museo del vetro di Murano, tutti i pezzi della collezione sono stati studiati e catalogati, con il fine di ricostruirne epoca di costruzione, manifattura di produzione, area di provenienza, materiali costitutivi, caratteristiche stilistiche e formali. La progettazione dei materiali di comunicazione visiva dedicati alla mostra è, invece, stata realizzata coinvolgendo oltre cinquanta allievi del quinto anno del Liceo artistico «Arcangeli» di Bologna.
La collezione Cappagli Serretti dona, dunque, valore aggiunto alle raccolte museali bolognesi, che nelle sedi del Museo civico medioevale e del Museo Davia Bargellini ospitano alcuni pregevoli capolavori dell’arte vetraria, come il rarissimo calice blu decorato a smalto e dorature con l’«Adorazione dei Magi», considerato uno dei vetri più antichi e preziosi del Rinascimento italiano e attribuito alla mano del muranese Angelo Barovier (1405- 1460), celebre inventore del vetro cristallino simile al cristallo di rocca.
Per una circostanza tanto singolare quanto fortuita, nello stesso periodo di apertura della mostra dedicata alla collezione Cappagli Serretti, alcuni di questi vetri sono esposti nella mostra «Émailler le verre à la Renaissance. Sur les traces des artistes verriers, entre Venise et France», organizzata dal Musée du Louvre al Musée national de la Renaissance - Château d’Écouen, alle porte di Parigi. Un riconoscimento importante, questo, per una storia collezionista, quella di Bologna e dei suoi donatori, che parla il linguaggio della fragilità e delle trasparenze, dell’eleganza e dell’eccentricità.
Didascalie delle immagini
1. Copertina catalogo (Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2021); 2. Manifattura inglese, Calici con stelo a spirali di lattimo, 1760 circa. Vetro incolore soffiato; fili di vetro lattimo h 14 cm, diam. base 6 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 28°. Foto Roberto Serra. Courtesy Istituzione Bologna Musei; 3. Manifattura europea (Venezia?), Sei bicchieri dorati, seconda metà del XVIII secolo. Vetro incolore soffiato e dorato h 16 cm, diam. base 7,1 cm. Bologna, Musei Civi-ci d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 56. Foto Roberto Serra. Courtesy Istituzione Bologna Musei; 4. Manifattura veneziana, Bottiglietta a costolature, fine del XVII - inizio del XVIII secolo o seconda metà del XIX secolo. Vetro incolore soffiato a stampo h 19,5 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 12. Foto Roberto Serra. Courtesy Istituzione Bologna Mu-sei; 5. Manifattura veneziana, Reliquiario con coperchio, inizio del XVII secolo. Vetro incolore soffiato a stampo e a mano libera; applicazioni a caldo h 22 cm (con coperchio h 35 cm), diam. piede 11,8 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 6. Foto Roberto Serr. Courte-sy Istituzione Bologna Musei; 6. Manifattura centroeuropea, Zuccheriera e cinque tazzine in vetro latti-mo dipinto a smalti, inizio del XIX secolo. Vetro lattimo soffiato, dorato e dipinto a smalti zuccheriera: h 7,7 cm, diam. base 9,4 cm; tazzine: h 6,5 cm, diam. 4,3 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 70. Foto Roberto Serra. Courtesy Istituzione Bologna Musei; 7. Manifattura veneziana, Calice con stelo a forma di fiore, fine del XVII - inizio del XVIII secolo. Vetro in-colore soffiato a mano libera e a stampo; applicazioni h 19,5 × 9,5 cm. Bologna, Musei Civici d’Arte Antica - collezione Cappagli Serretti, inv. DCS 5
Informazioni utili
Vetri dal Rinascimento all’Ottocento. La donazione Cappagli Serretti per i Musei civici d’arte antica di Bologna. Museo civico medievale, Via Manzoni 4 – Bologna. Orari: martedì e giovedì, ore 10:00-14:00; mercoledì, venerdì, ore 14:00-19:00; sabato, domenica, festivi, ore 10:00-19:00; chiuso i lunedì non festivi e a Natale. Ingresso: intero € 6 | ridotto € 3 | ridotto speciale giovani tra 18 e 25 anni € 2 | gratuito possessori Card Cultura. Informazioni: tel. +39.051.2193916 / 2193930 o museiarteantica@comune.bologna.it. Sito web: www.museibologna.it/arteantica. Fino al 18 aprile 2022