ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 19 aprile 2022

Venezia, Anselm Kiefer dialoga con la storia di Palazzo Ducale

È uno dei luoghi che meglio rappresenta Venezia e la sua storia - grandiosa e millenaria - di Repubblica Serenissima, crocevia di mondi diversi e modello politico basato sulla pacifica convivenza sociale, nonché importante centro di commerci con l’Oriente lungo le vie della seta e delle spezie. Stiamo parlando di Palazzo Ducale, capolavoro dell’arte gotica, nell’area monumentale di piazza San Marco, che è stato, fino al 1797, la residenza dei Dogi e la sede delle magistrature statali, le cui stanze hanno visto all’opera generazioni di artisti tra i quali Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Tiziano, Veronese, Tintoretto e molti altri.
In occasione della cinquantanovesima edizione della Biennale d’arte, una delle sale più simboliche di questo edificio antico e pieno di storia, quella dello Scrutinio, ovvero la sede designata all’elezione del Doge, apre per la prima volta le proprie porte all’arte contemporanea.
Su invito della Fondazione Musei civici di Venezia, Anselm Kiefer (Donaueschingen, 1945), artista tedesco che nel corso della sua carriera si è confrontato con i temi della storia e della memoria, presenta, per la curatela di Gabriella Belli e Janne Sirén, il progetto site specific «Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce».
Il titolo della mostra, aperta fino al 29 ottobre, è mutuato dalle parole del filosofo veneto Andrea Emo (Battaglia Terme - Padova, 1901-Roma, 1983), pensatore solitario e quasi dimenticato, che ha visto pubblicata la sua prima raccolta, «Il Dio negativo. Scritti teorici 1925-1981», solo nel 1989, postuma, grazie all’interessamento di Massimo Cacciari e della casa editrice Marsilio.
In un gioco di stratificazioni, che sovrappone storia a storia e che ci ricorda che «niente è eterno sotto il sole», le sfolgoranti cromie del «Giudizio Universale» (1594-1595) di Jacopo Negretti detto Palma il Giovane e l’affollata e spettacolare tela «La battaglia di Lepanto» (1595-1605) di Andrea Michieli detto il Vicentino, che in una visione simultanea narra le ore lunghe e terribili dello scontro navale fra le flotte musulmane dell'Impero ottomano e quelle cristiane della Lega Santa durante la guerra di Cipro (7 ottobre 1571), lasciano temporaneamente spazio ai monumentali pannelli terra-cielo del progetto espositivo di Anselm Kiefer con cui si chiudono le celebrazioni per i 1600 anni dalla fondazione della città di Venezia.
Per comprendere appieno la nuova opera dell’artista tedesco vale la pena ricordare che l’attuale decorazione della Sala dello Scrutinio, un tempo chiamata Sala della Libreria perché conservava al suo interno i preziosi manoscritti lasciati da Francesco Petrarca e dal cardinal Bessarione alla Repubblica, è frutto di un restauro degli anni Ottanta e Novanta del Cinquecento, che ha coperto con nuove tele, una sorta di «Libro d’oro» dedicato alla grandezza della Serenissima, quelle bruciate durante un devastante incendio che colpì Palazzo Ducale nel 1577.
Anselm Kiefer nasconde queste tele con il suo lavoro, «accumulo – scrive Gabriella Belli in catalogo - di strati quasi geologici di materia, magma da cui emergono figure che sembrano alludere ad alcuni episodi della vita della Repubblica e non solo: una bara vuota a ricordare San Marco, una scala per evocare quella di Giacobbe». Ci sono, poi, sommergibili e uniformi di soldati, metafora della forza bellica dei veneziani, una lunga fila di carrelli, macchie d’oro e d’argento, segni di combustione. Mentre le barene ghiacciate di piombo fuso hanno a che vedere con le teorie di Wegener sulla deriva dei continenti. Paradossi e metafore si alternano così davanti allo sguardo del visitatore come in una istantanea fotografica, che fa propria la convinzione di Andrea Emo secondo cui – racconta Anselm Kiefer - «la storia è una catena di azioni illogiche, astoriche, avvenimenti che non hanno nulla a che fare con causa ed effetto. Ogni evento è un passo avanti contro la legge della necessità».
Questi dipinti nascono, dunque, dalla negazione, dalla cancellazione di altri cui si sovrappongono, in un certo senso sono l’esito del fuoco che ha bruciato l’intera decorazione della sala nel 1577, ma anch’essi sono destinati a morire quando si allontaneranno da Palazzo Ducale.
Nell’installazione, che occupa anche la Sala della Quarantia Civil Nova, l’artista tedesco riflette, inoltre, sulla posizione unica di Venezia posta tra il Nord e il Sud e sulla sua interazione tra Oriente ed Occidente trovando connessioni altrettanto significative tra queste differenti culture, la storia della città e il testo dell'opera tragica di Goethe, «Faust: Seconda parte» (1832).
La mostra, che si inserisce nel progetto «Muve contemporaneo», è coraggiosa. «Quanti – si interroga Gabriella Belli, che dirige i Musei civici di Venezia - saranno i visitatori che lamenteranno di non aver potuto ammirare il sangue di Lepanto o di Zara, di non aver potuto portare fiori sulla tomba della storia, costretti a guardare in faccia questo tragico tempo presente? Quanti lasceranno con disappunto la sala e quanti si immergeranno invece in queste rovine contemporanee e prenderanno coscienza di come l’arte possa ancora essere un terreno fertile per coltivare domande e quesiti, anche se apre ai nostri occhi verità inaccessibili, anche se ci mostra il buio, la luce e il buio ancora di questo secolo da poco iniziato ma gravido di dolori e di oscuri presagi? I pellegrini dell’arte sopporteranno tutto questo?». Anselm Kiefer, intanto, fa parlare a Palazzo Ducale il linguaggio del contemporaneo. Rende presente e vivo il passato.

Didascalie delle immagini
Anselm Kiefer,  «Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce (Andrea Emo)», 2022, installation view. © Anselm Kiefer. Photo: Georges Poncet. Courtesy Gagosian and Fondazione Musei Civici Venezia

Informazioni utili 
Anselm Kiefer,  «Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce (Andrea Emo)». Palazzo Ducale, Sala dello Scrutinio -Venezia. Orario: tutti i giorni dalle ore 9.00 alle ore 18.00; ultimo ingresso alle ore 17.00. Ingresso: https://muve.vivaticket.it/it/tour/palazzo-ducale/2478. Informazioni: https://palazzoducale.visitmuve.it/it/mostre/mostre-in-corso/anselm-kiefer/2022/02/22299/anselm-kiefer. Fino al 29 ottobre 2022 


#MUVEContemporaneo2022 #AnselmKiefer

venerdì 15 aprile 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dall'11 al 17 aprile 2022

«Présence», a Venezia l'anteprima mondiale della video-installazione di Wim Wenders sul lavoro di Claudine Drai
Si terrà a Venezia, nei giorni del pre-opening della Biennale d’arte, la prima mondiale di «Présence», nuova installazione video firmata da uno dei più grandi maestri del cinema contemporaneo, Wim Wenders (Düsseldorf, 1945),il cui lavoro è stato premiato, negli anni, da una serie di importanti riconoscimenti internazionali come il Leone d'oro alla Mostra del cinema di Venezia per «Der Stand der Dinge» («Lo stato delle cose»), la Palma d'oro al Festival di Cannes per «Paris, Texas» e l'Orso d'argento al Festival di Berlino per «The Million dollar hotel». A presentare l’evento, in programma nel pomeriggio di venerdì 22 e sabato 23 aprile al Cinema multisala «Rossini», sarà la Pinault Collection, con cui il regista tedesco aveva collaborato nel 2020 partecipando alla curatela di un importante progetto espositivo dedicato a Henri Cartier-Bresson.
L’opera, presentata in due session distinte di 38 minuti ciascuna (entrambe in programma alle ore 17), esplora l’universo espressivo di Claudine Drai (Parigi, 1951), la cui produzione più recente è contestualmente visibile a Venezia, negli spazi di Palazzo Franchetti, dal 21 aprile al 15 maggio.
La leggerezza e la fragilità che caratterizzano la produzione dell’artista francese, quasi del tutto condotta su carta bianca, e la dimensione spirituale che avvolge la sua pratica hanno affascinato e quasi commosso Wim Wenders.
Il regista tedesco ha dato così vita, con la complicità di Claudine Drai, a un racconto visivo che è allo stesso modo un’opera senza precedenti. Girata in 3D tra il 2020 e il 2021, «Présence» restituisce, infatti, una narrazione estremamente evocativa della pratica dell’artista, senza seguire un flusso narrativo lineare.
Il film non è soltanto la visualizzazione di come lo sguardo di un artista si posa sul lavoro di un altro, ma una creazione comune che rifugge qualunque classificazione e si distanzia da qualsiasi regola preesistente. Un controcanto ideale per comprendere l’esposizione parallelamente in corso a Palazzo Franchetti, in grado di offrire al pubblico molteplici strumenti per apprezzare il lavoro di Claudine Drai che, negli anni, ha inventato mondi e spazi in cui la sensazione della materia - carta, bronzo, profumo, parole e luci - risveglia tutti i nostri sensi.
L'ingresso alle proiezioni, alla presenza dei due artisti, è gratuito fino a esaurimento dei posti disponibili. Per maggiori informazioni: www.palazzograssi.it.

In mostra a Siena i «Capricci» di Tano Pisano
«Goya diceva che il sonno della ragione genera mostri. Io mi sono ispirato ai ‘capricci’ di Goya, perché secondo me oggi la ragione è morta e quindi c’è bisogno dell’astrazione, della poesia per tornare a vivere, per non creare mostri, che ce ne sono anche troppi in questi giorni». È racchiusa in questa frase l’idea di «Capricci», la nuova impresa di Tano Pisano - artista di origini siciliane, ma ormai toscano d’adozione – che fino al 5 giugno espone negli spazi dei Magazzini del Sale al Palazzo pubblico di Siena.
La rassegna, che segna il ritorno dell’artista nella città del Palio dopo la mostra «Il gioco del cavallo», temutasi nell’autunno del 2020, allinea centocinquanta opere realizzate per l’occasione, suddivise tra pitture a olio su tela e su carta, acquarelli, carboncini, incisioni, e poi sculture, ceramiche, vasi, meccani e mobiles (sculture in legno che si muovono).
L’esposizione, che sarà visitabile anche nei giorni di Pasqua e Pasquetta, riprende e completa il fil rouge artistico dedicato al cavallo, animale simbolo della celebre disfida senese, omaggiando anche dieci delle diciassette contrade senesi: il Drago, la Giraffa, il Leocorno, la Lupa, l’Oca, la Pantera, la Selva, la Tartuca, la Torre e il Valdimontone. Le altre dieci - l’Aquila, il Bruco, la Civetta, il Nicchio, la Chiocciola, l’Onda e l’Istrice – erano state, invece, al centro della mostra «Il gioco del cavallo». Tano Pisano spiega che, questa volta, l’omaggio sarà differente: «Nella mostra di due anni fa, c’era sempre il cavallo come soggetto principale e poi il simbolo della contrada accanto. Stavolta, invece, l’Oca, la Lupa e le altre che mancavano all’appello le ho dipinte a modo mio, sempre con una pittura figurativa, popolare».
Questa seconda esperienza senese è arricchita dai cosiddetti «Capricci» - ovvero creazioni fantastiche che hanno sempre accompagnato e scandito la lunga carriera dell’artista. Si tratta di draghi, di creature ai confini della realtà e della fantasia, ma anche di invenzioni pure o di satira artistica, tutti stilemi tipici di Tano Pisano, proposti per la prima volta al pubblico italiano.
Per maggiori informazioni: www.tanopisano.com.

Nelle fotografie: 1. Cavallo, acquerello su carta, 102x153cm 2020; 2. Uomo mela, Acquerello su carta, 18x26cm, 2014

«kakemono», in mostra a Torino cinque secoli di pittura
«Cosa dipinta»: è questo il significato, in lingua italiana, di kakemono ((掛物), termine giapponese che indica un rotolo prezioso di tessuto o di carta, dipinto o calligrafato, pensato per essere appeso durante occasioni speciali o utilizzato come decorazione in accordo alle stagioni dell’anno. A questi manufatti di indescrivibile bellezza è dedicata una mostra allestita fino al 25 aprile al Mao – Museo d’arte orientale di Torino, per la curatela di Matthi Forrer, professore di Cultura materiale del Giappone pre-moderno all’Università di Leida, che focalizza l’attenzione sulla collezione del piemontese Claudio Perino. Centoventicinque kakemono, suddivisi in cinque sezioni tematiche (fiori e uccelli, animali, figure, paesaggi, piante e fiori), ma anche ventagli dipinti e lacche decorate compongono il percorso dell’esposizione, la prima in Italia focalizzata su questa forma d’arte, realizzata in collaborazione con il Musec-Museo delle Culture di Lugano.
«Kakemono. Cinque secoli di pittura giapponese. La collezione Perino»
, questo il titolo della mostra torinese, conduce il visitatore attraverso «un mondo ricchissimo, in cui – spiegano gli organizzatori - rappresentazioni minuziose e naturalistiche, punteggiate di dettagli sottili, si affiancano a immagini estremamente essenziali e rarefatte, dove la forma perde i suoi contorni, si disgrega progressivamente per diventare segno evocatore di potenti suggestioni, in un estremo esercizio di sintesi e raffinatezza, quasi un astrattismo ante litteram». In Oriente i pittori dipingevano, infatti, in maniera «impressionistica», «espressionistica» e «astratta» secoli prima che analoghe forme espressive cominciassero ad apparire in Occidente.
I kakemono rappresentano il corrispettivo del «quadro» occidentale, ma, a differenza delle nostre tele o tavole, caratterizzate da una struttura rigida, i rotoli dipinti presentano una struttura relativamente morbida e sono pensati per una fruizione limitata nel tempo. Esposti nel tokonoma (alcova) delle case giapponesi o lasciati per qualche ora soltanto ad oscillare nella brezza di un giardino, queste opere d'arte partecipano del tempo e del movimento, alludono all’impermanenza e alla mutazione quali elementi ineludibili (e positivi) dell’esistenza.
Fra i kakemono esposti al Mao figurano alcune opere dei maggiori artisti giapponesi, tra cui Yamamoto Baiitsu, Tani Buncho, Kishi Ganku e Ogata Korin.
Per informazioni: www.maotorino.it.

Didascalie delle immagini: 1. Kaburagi Kiyokata (1878-1972), Una geisha con parasole, 1920-39. Dipinto a inchiostro e colori su seta, 45,7 x 50,9 cm; 2. Mori Kansai (1814-1894), Iris oscillano al vento, Dipinto a inchiostro e colori su carta, 29,5 x 39,9 cm; 3.  Tani Bunchō (Edo, 1763-1841), Autoritratto dell’artista, 1832. Dipinto a inchiostro su carta, 27 x 49,2 cm

Una speciale etichetta di Amarone per la mostra multimediale «Il mio Inferno. Dante profeta di speranza»

Una mostra multimediale su Dante Alighieri e i suoi gironi danteschi, la creatività di Gabriele Dell’Otto, fumettista che ha lavorato anche per la Marvel, e un vino certificato Docg: a suggellare questo incontro d’arte e di sensi, presentato alla fiera Vinitaly, è stata l’azienda Se-condo Marco, nata a Fumane (Verona) nel 2008 per volontà di Marco Speri.
A fregiarsi dell’etichetta illustrata, che sarà utilizzata per un numero limitato di bottiglie, è un Amarone del 2013, un vino, di colore rosso rubino con riflessi granati, che porta al naso sen-tori di amarena, prugna e spezie. «Al palato – assicurano della cantina veronese - è complesso, avvolgente e asciutto; armonico ed elegante».
L’etichetta raffigura Dante, sperduto in una «selva oscura» («Inferno», Canto I), che cerca di uscirne risalendo le pendici di un colle, mentre gli si fanno incontro tre belve che lo ricacciano in-dietro. A questo punto il «Sommo poeta» incontra Virgilio che, dopo essersi presentato e aver ascoltato la sua richiesta, gli propone di uscire dalla selva per un’altra via, attraversando tutto l’aldilà.
La mostra per cui è stata realizzata l’etichetta da collezione è «Il mio Inferno. Dante profeta di speranza», allestita fino al 29 maggio a Verona, negli spazi scenografici del Bastione delle Maddalene, per iniziativa dell’associazione Rivela e della casa editrice Centocanti, con il Comune e la Diocesi di Verona.
Tunnel e cunicoli accolgono le trentacinque tappe della rassegna, che raccontano il le-game tra Dante Alighieri e Verona, una delle città che accolse lo scrittore durante il suo esilio (prima dal 1303 al 1304, poi dal 1313 al 1318), il vagare del poeta per la «selva oscura», gli incon-tri con la guida Virgilio, con Lucifero e con i dannati Paolo e Francesca, Cerbero e Farinata Degli Uberti.
Immagini, video, suoni, riflessioni del saggista e pedagogista Franco Nembrini e illustra-zioni di Gabriele Dell’Otto conducono i visitatori, soprattutto i più giovani, alla scoperta del «Sommo poeta» e alle sue domande esistenziali, alla ricerca di un senso pieno per la vita.
Il percorso della mostra, che ha per guida d’eccezione il robot umanoide Nao, parte, infat-ti, da un’intuizione: il significato profondo della prima cantica della «Divina Commedia» è conte-nuto nella «Vita Nova», l’opera scritta da Dante circa dieci anni prima, nella quale l’incontro con Beatrice è visto come promessa di felicità. La morte della donna provoca nel cuore del poeta un profondo dolore e la percezione della contraddizione dell’esperienza umana: l’uomo vive per l’infinito, ma si scontra con la finitezza di tutti i suoi tentativi e di tutte le sue scelte. Da questa ri-flessione nasce la «Divina Commedia», che – spiegano gli organizzatori - «non rappresenta una raffinata fuga nell’aldilà, ma un faticoso cammino per guardare al mondo terreno dall’aldilà, per cogliere la pienezza della felicità, del bene, della verità». Il «Sommo poeta» diventa così «profeta di speranza»: «interlocutore credibile e contemporaneo, capace con le sue parole e i suoi esempi concreti di porre chi osserva di fronte al desiderio di felicità, per affrontare con speranza e coraggio il proprio inferno».
Per maggiori informazioni: www.danteprofetadisperanza.it.

«La prima Cosa bella», a Bologna un evento artistico per la Giornata mondiale della Terra
«The rooom»
, spazio culturale bolognese che ha sede a Palazzo Aldrovandi Montanari, festeggia la Giornata mondiale della terra. Il 22 aprile, dalle 18 alle 22, Gianluca Chiodi (Edolo – Brescia, 1966), fotografo e artista che vive sul lago di Como in una cornice naturale che gli ha permesso di affinare la propria sensibilità verso le problematiche legate all’ecosostenibilità e alla salvaguardia ambientale, presenta «La prima Cosa bella».
La mostra è un’anticipazione del più ampio progetto espositivo «Hearth», articolato in cinque «stazioni visive», il frutto della lunga ricerca dell’artista sul rapporto che lega l’uomo al pianeta e che vuole porsi come momento di riflessione e presa di coscienza delle responsabilità di ogni essere umano nei confronti dell’ambiente in cui vive e delle future generazioni.
L’evento bolognese presenta due stazioni del progetto: «Orbite» e «Nel nome della madre». La prima sezione espositiva è costituita da una serie di fotografie che mostrano l’essere umano nella sua essenziale nudità, mentre ruota attorno alla Terra, perno essenziale della sua vita. «Nel nome della madre» espone, invece, un emozionante video at-traverso il quale l’artista, in un dialogo personale con il pianeta Terra e la sua coscienza riflette sulle responsabilità che sente in prima persona in quanto «essere umano».
La mostra sarà integrata, in occasione di «ArteFiera», con le altre tre stazioni del progetto, «I am», «Risvegli, 100% Biodegra-dabile» e «Fragile», che saranno visibili dall’11 maggio al 30 giugno.
L’esposizione, patrocinata da Plastic Free Odv Onlus, si inserisce all’interno del percorso culturale e artistico attraverso cui «the rooom» crea collaborazioni con i migliori talenti creativi, nell’intento comune di valorizzare e promuovere quei principi di sostenibilità e inclusione che prendono vita nella creazione di progetti di comunicazione.
La partecipazione è a numero limitato e solo su prenotazione. Per le prenota-zioni è necessario scrivere a press@therooom.it. Per maggiori informazioni: www.therooom.it.

«La guida bugiarda», una curiosa visita guidata al Museo Popoli e culture di Milano
Vero o falso? Sarà questa la domanda alla quale dovranno rispondere gli utenti della particolare visita guidata che il Museo Popoli e Culture, allestito all’interno del Centro Pime di Milano (via Monte Rosa, 81), ha ideato per la giornata di sabato 23 aprile, dalle ore 15 alle ore 16:30.
«La guida bugiarda», questo il titolo dell’iniziativa, invita i visitatori a indovinare l’autenticità delle informazioni ricevute, mettendo alla prova le proprie conoscenze geografiche e antropologiche, alla scoperta di culture e tradizioni legate agli oggetti della collezione esposti in museo.
Dalla danza della Tucandeira, il rito di passaggio dei Saterè Mawè dell’Amazzonia brasiliana, alla storia di Laozi, autore del Tao Te Ching, il testo fondamentale del taoismo, a guida museale fornirà ai visitatori informazioni miste a bugie, che verranno successivamente disvelate ripercorrendo le tappe della visita guidata nelle sale del museo, attraverso uno stimolante scambio e confronto di gruppo che permetterà di conoscere tante storie legate a usi e tradizioni di Africa, Asia, Oceania e America.
Per partecipare occorre iscriversi al link: urly.it/3n0_0.
Per informazioni: tel. 02.43822379 o museo@pimemilano.com. La pagina web di riferimento è https://centropime.org/eventi/la-guida-bugiarda-copy/.

«Carne blu», debutta al Piccolo di Milano la «fiaba nera» di Federica Rosellini
È la primavera del 2020. Chiusa in casa, come tutti noi, per il lockdown, Federica Rosellini, una delle più talentuose e promettenti interpreti della scena contemporanea, disegna e scrive, scrive e disegna. Nasce così «Carne blu», un romanzo pubblicato nel 2021 da Giulio Perrone editore, che la stessa attrice trasforma, poi, in uno spettacolo teatrale, il cui debutto si è tenuto mercoledì 13 aprile, in prima nazionale, al Teatro Studio Melato di Milano.
Per la regia della stessa Federica Rossellini, alla sua prima creazione per la scena, «Carne blu» si avvale di un’architettura scenica di grande suggestione, creata da Paola Villani e abitata dalle realizzazioni scultoree di Daniele Franzella. Visual designer è Massimo Racozzi. I costumi sono firmati da Simona D’Amico; le luci da Luigi Biondi. Mentre il suono, ogni sera dal vivo, è a cura di Gup Alcaro.
Prodotto dal Piccolo Teatro di Milano e co-diretto da Fiona Sansone, esperta di didattica e di teatro dell’infanzia, lo «spettacolo per voce sola», nel quale riecheggia la letteratura di Ludovico Ariosto e Virginia Woolf, racconta la storia di un viaggio, quello di Orlando, un bambino nato sulla Luna. «A differenza degli altri bambini, - si legge nella presentazione - Orlando non ha un cuore di carne protetto dalla cassa toracica, ma una piccola tasca di stoffa ricolma d’acqua, sulla sinistra del petto, dove nuota un pesciolino tutto d’oro, di nome Sunny. Quando Orlando lascia il proprio cuore libero di nuotare, la metamorfosi inizia e il corpo cambia, attraversando specie e generi diversi: è maschio e femmina, è uccello e insetto. Nato sulla Luna, in una dimensione altra, fuori dal tempo ordinario, Orlando è un personaggio metamorfico, fatto di potenziali moltitudini, libere dalle classificazioni, capace di portare sul palcoscenico le questioni dell’identità e del doppio».
Lo spettacolo, una vera e propria «fiaba nera» dalle tinte gotiche, rimarrà in cartellone a Milano fino a fine mese e sarà corredato da un incontro con l’autrice in programma venerdì 22, alle ore 17, al Chiostro di via Rovello.
Per maggiori informazioni: www.piccoloteatro.org.

Foto di Masiar Pasquali

sabato 9 aprile 2022

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 4 al 10 aprile 2022

Piemonte, Steve Mc Curry racconta gli animali nei teatri di guerra
Che fine fanno gli animali durante una guerra? Le immagini degli scimpanzè, dei leoni e delle tigri ospitati dallo zoo Mykolaiv di Kiev, il più grande di tutta l'Ucraina, intrappolati nelle loro gabbie sotto le bombe russe, hanno fatto il giro del mondo. Così come tante fotografie hanno raccontato, in questi giorni, il viaggio verso la salvezza di molti cani e gatti in compagnia dei loro padroni e il lavoro di tanti volontari per mettere in salvo gli animali domestici rimasti soli.
Per ricordare che anche gli animali sono vittime della guerra, di ogni guerra, la start up torinese Next Exhibition ha organizzato, alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, una mostra di Steve McCurry, una delle voci più autorevoli della fotografia contemporanea, cantore di tradizioni antiche e di culture che stanno scomparendo, testimone attento di recenti conflitti bellici, dalla Guerra del Golfo all’Afghanistan.
L’esposizione, visitabile fino al 1° maggio, propone una selezione di sessanta immagini tratte dal progetto «Animals», realizzato a partire dal 1992 nell’area del Golfo per documentare il disastroso impatto ambientale e faunistico della guerra. Da quel viaggio McCurry tornò con alcune delle immagini più celebri dei suoi reportage, come lo scatto che ritrae i cammelli avanzare tra le fiamme nei pozzi di petrolio, con cui vincerà il prestigioso Word Press Photo.
«Animali da lavoro, usati come via alla sopravvivenza, animali talvolta sfruttati come unica risorsa a una condizione di miseria, altre volte amati e riconosciuti come compagni di vita per alleviare la tristezza o, semplicemente, per una forma di simbiotico affetto» scorrono davanti agli occhi del visitatore, permettendogli di compiere un vero e proprio viaggio intorno al mondo, dall’India al Giappone, dall’America all’Europa.
«Animals» - racconta la curatrice Biba Giacchetti - «ci invita a riflettere sul fatto che non siamo soli in questo mondo, in mezzo a tutte le creature viventi attorno a noi. Ma soprattutto lascia ai visitatori un messaggio: ossia che, sebbene esseri umani e animali condividano la medesima terra, solo noi umani abbiamo il potere necessario per difendere e salvare il pianeta».
A questo proposito, la mostra è arricchita da laboratori, seminari, workshop e approfondimenti a cura dei volontari di Enpa (Ente nazionale protezione animali) volti a sensibilizzare, in particolare più piccoli e le loro famiglie, sul tema dell’eco-sostenibilità.
Per informazioni: www.mostramccurry.com.

Nelle immagini:1.Al Ahmadi, Kuwait, 1991 ©Steve McCurry ; 2.Chiang Mai, Thailand, 2010 ©Steve McCurry  

World Press Photo Contest 2022: vince la canadese Amber Bracken
È stata la fotografa canadese Amber Bracken ad aggiudicarsi l’edizione 2022 del World Press Photo Contest, il più importante concorso di fotogiornalismo al mondo, che quest’anno ha visto 64.823 scatti candidati, tra fotografie e open format, realizzati da 4.066 fotografi provenienti da 130 Paesi di tutto il mondo.
Nell’immagine vincitrice, realizzata per il «New York Times», si vedono abiti rossi appesi a delle croci lungo una strada: commemorano i bambini morti alla Kamloops Indian Residential School, un'istituzione creata per i piccoli indigeni, dove sono state scoperte circa duecentoquindici tombe. Si tratta di «un tipo di immagine che si insinua nella memoria, - racconta Rena Effendi, a capo della giuria internazionale - ispira una sorta di reazione sensoriale. Potevo quasi sentire la quiete in questa fotografia, un momento tranquillo di resa dei conti globale per la storia della colonizzazione, non solo in Canada ma in tutto il mondo».
Questo scatto, insieme agli altri vincitori, sarà in mostra in anteprima italiana, dal prossimo 29 aprile fino al 18 settembre, alla Gam di Torino; mentre la presentazione internazionale si terrà nella giornata del 15 aprile al De Nieuwe Kerk di Amsterdam, nei Paesi Bassi.
Accanto allo scatto di Amber Bracken sarà possibile vedere in mostra anche «Salvare le foreste con il fuoco» di Matthew Abbott, un lavoro per National Geographic/Panos Picture premiato con il «World Press Photo Story of the Year». Al centro del racconto, un rito molto antico degli indigeni australiani che bruciano strategicamente la terra in una pratica nota come «combustione a freddo»: i fuochi si muovono lentamente, bruciano solo il sottobosco e rimuovono l'accumulo di residui vegetali che possono alimentare incendi più grandi.
Il «World Press Photo long-term project award» è, invece, stato assegnato a «Distopia amazzonica» del brasiliano Lalo de Almeida per Folha de São Paulo/Panos Pictures. L’immagine mostra come la foresta pluviale amazzonica sia gravemente minacciata dalla deforestazione, dall'estrazione mineraria, dallo sviluppo infrastrutturale e dallo sfruttamento di altre risorse naturali. Pesano anche politiche «poco green» del presidente Jair Bolsonaro.
Mentre «Il sangue è un seme» di Isadora Romero (Ecuador) ha vinto la sezione video, il «World Press Photo open format award». Attraverso storie personali, questo lavoro mette in discussione la scomparsa dei semi, la migrazione forzata, la colonizzazione e la conseguente perdita di conoscenze ancestrali. Il video è composto da fotografie digitali e cinematografiche, alcune delle quali sono state scattate su pellicola 35mm scaduta e successivamente disegnate dal padre di Romero. In un viaggio nel loro villaggio ancestrale di Une, Cundinamarca, in Colombia, Romero esplora ricordi dimenticati della terra e dei raccolti e viene a conoscenza del fatto che suo nonno e la sua bisnonna fossero «custodi dei semi» e che coltivavano diverse varietà di patate, di cui solo due si possono ancora trovare.
Per maggiori informazioni: https://www.worldpressphoto.org/

«Priorità di evacuazione in caso di allarme»: nuove didascalie nei musei civici di Bologna. È «un gesto simbolico per esprimere solidarietà verso i musei ucraini»
«Priorità di evacuazione in caso di allarme»
: è questa la scritta, posta all’interno di una cornice rossa, che da sabato 9 aprile i visitatori dei musei civici di Bologna troveranno accanto ad alcune delle opere esposte. La nuova segnaletica sarà posizionata in corrispondenza dei beni culturali classificati come prioritari da evacuare in caso di eventi calamitosi di varia natura ed entità.
Con questa azione simbolica, dal forte impatto emozionale, la città di Bologna vuole esprimere la propria solidarietà nei confronti delle «istituzioni museali dell’Ucraina – spiega il sindaco Matteo Lepore - impegnate a mettere in sicurezza e salvaguardare il patrimonio culturale, storico e artistico esposto alle minacce e ai danni causati dal conflitto armato con la Russia, che stanno aggravando la crisi umanitaria in corso». Così – racconta ancora il primo cittadino di Bologna - «vogliamo dare un messaggio più ampio ai visitatori dei nostri musei: in guerra le opere d’arte, così come le vite, sono in pericolo».
L’azione comunicativa è una risposta all’appello lanciato da Marco Riccòmini, presente a Kiev nei giorni immediatamente precedenti l’inizio del conflitto. In un articolo pubblicato sulla rivista «Il giornale dell’arte», l’art advisor bolognese ha raccontato come l’Ucraina sia un paese ricco di tesori d’arte, moltissimi dei quali sono italiani, e gli operatori museali si stiano preparando a tutti gli scenari possibili in un’atmosfera di tensione. In quei giorni, Olena Zhikova, curatrice del Museo nazionale Khanenko, gli ha confidato come le procedure da seguire per l’evacuazione e il ricovero temporaneo delle opere in caso di emergenza, spiegando come per la classificazione di priorità siano stati utilizzati nastri di colore diverso: rosso a indicare le opere che costituiscono una priorità assoluta, giallo per la seconda scelta.
Riuscito a rientrare in Italia poche ore prima della chiusura dell’aeroporto di Kiev, Riccòmini si è rivolto al mondo dell’arte – musei, gallerie e mostre – per proporre un’azione di solidarietà verso i colleghi che si stanno mobilitando per salvaguardare il patrimonio artistico in pericolo: eleggere una stanza nella quale segnare le opere da portare in salvo e quelle da lasciare indietro. Un gesto simbolico per sensibilizzare tutti gli amanti dell’arte su cosa sta accadendo in questi giorni in Ucraina, che il Comune di Bologna ha voluto fare proprio e condividere con il pubblico dei propri musei.
Per maggiori informazioni: www.museibologna.it

Didascalie delle immagini: 1. In primo piano Jean de Boulogne detto Giambologna Modello per la statua del Nettuno Bronzo, sec. XVI (1563 - 1564) cm. 78,4 (base cm. 4,5 x 30) Bologna, Museo Civico Medievale; 2.Statua frammentaria di Nerone Provenienza: Teatro romano di via de Carbonesi Metà I sec. d.C. Marmo, probabilmente greco pentelico, altezza cm 117 Bologna, Museo Civico Medievale 

«We Are The Flood | Noi siamo il diluvio», al Muse di Trento l’arte contemporanea racconta la transizione ecologica
Racconterà la crisi climatica e la transizione ecologica con gli occhi dell’arte contemporanea «We are the Flood, noi siamo il diluvio» la nuova piattaforma «liquida» - ossia in continuo movimento e trasformazione – ideata dal Muse – Museo delle scienze di Trento, con la curatela artistica di Stefano Cagol, tra gli artisti presenti alla Biennale Arte 2022.
Il progetto, di durata annuale, prevede una residenza d'artista, un ciclo di conferenze, una masterclass, laboratori didattici e un programma espositivo di mostre con artisti di rilievo internazionale e giovani emergenti, per avvicinarsi il pubblico alle questioni dell'Antropocene. L’interpretazione artistica diviene, quindi, un tramite ideale per affrontare, distillare e rendere recepibili anche a un pubblico di non esperti tematiche ecologiche, climatiche e sanitarie sempre più complesse. Per immaginare modi di esistenza diversi è stato coinvolto un comitato di ricercatori consulenti composto, tra gli altri, da Giorgia Calò, Elisa Carollo, Alessandro Castiglioni, Blanca de la Torre, Gianluca D’Incà Levis, Mareike Dittmer, Julie Reiss, Rachel Rits-Volloch, Nicola Trezzi e Massimo Bernardi.
La mostra inaugurale presenterà le opere di Eugenio Ampudia (Spagna), Nezaket Ekici (Turchia/Germania), Elena Lavellés (Spagna), Shahar Marcus (Israele), Hans Op de Beeck (Belgio) e Philip Samartzis (Australia). Si tratta di sei artisti internazionali che lavorano nei campi della video-arte, dell’eco-acustica e della performance art e che con questa mostra «ci porteranno – si legge nella nota stampa - dagli iceberg e dal ghiaccio frammentato dell’Antartide al deserto del Negev, dall’acqua al fuoco, fino a un ipnotico oro nero».
Contemporaneamente, l’8 aprile, «We are the Flood» lancerà una open call rivolta ad artisti under 35 di qualsiasi nazionalità, le cui opere potranno essere inserite nel programma e nella «Mostra Liquida #2», la cui inaugurazione è prevista per il 5 giugno. Il termine ultimo per le iscrizioni al concorso è fissato al 15 maggio.
Il sito di riferimento è wearetheflood.muse.it.

Didascalie delle immagini: 1.Elena Lavelles (ES) Pattern of Dissolution 2017 HD Vídeo, 30 min. Bretton Woods Agreement. Suono / Sound: Javier Lara Courtesy l’artista/ the artist; 2. Eugenio Ampudia (ES) Concierto para el Bioceno 2020 video a un canale / single channel vídeo, 7:30 min. Gran Teatre del Liceu, Barcellona Courtesy l’artista/ the artist; Max Estrella Gallery  

Su Arte.Tv sei documentari dedicati all'arte per il compleanno di Leonardo
Il 15 aprile 1452, nella campagna fiorentina, nella piccola frazione di Anchiano di Vinci, nasceva Leonardo da Vinci, uno dei più grandi geni della storia dell’arte mondiale. In suo onore, proprio nel giorno del compleanno, l’Unesco celebra il World Art Day, una giornata internazionale dedicata alla celebrazione, allo sviluppo e alla promozione dell’arte. Per l’occasione, il canale culturale Arte.Tv presenta una selezione di sei documentari dedicati all’arte: dall’Impressionismo di Pierre-Auguste Renoir, la cui arte veniva considerata un punto di rottura con la tradizione pittorica, al Surrealismo di Marie Cerminova alias Toyen, l’inventrice dello stile «artificialista» a lungo ai margini del panorama artistico europeo, passando per «Il genio dell’arte gotica».
Sono presenti anche tre serie a puntate. Tra Germania, Francia e Polonia, da Arles ad Amburgo passando per Lodz e Grand-Hornu, «Dall’industria all’arte» racconta, in quattro episodi, siti industriali ora adibiti a musei mettendo in luce il legame tra lavoro e creazione, tradizione e modernità, storia e trasformazione. Mentre in «Si prega di non toccare», nove episodi da quattro minuti ciascuno, Hortense, professoressa di storia dell’arte sui generis, spiega i capolavori della pittura classica europea, la loro carica vitale ed erotica, da cattedre più impensabili: da una lavanderia a un campo da calcio passando per un bosco. Infine, «Artjacking!» racconta, in dieci puntate da cinque minuti l’una, il grande «riciclo» dell’arte e dedica ciascun episodio a un celebre dipinto e alle sue molteplici rivisitazioni, tutte raccontate, con l’aiuto di coloratissime composizioni geometriche ispirate all’arte di Mondrian, attraverso un mix di riferimenti alla cultura pop e citazioni di scrittori, linguisti o stilisti, in un percorso che spazia da Manet a Claire Fontaine.
Tutti i titoli sono fruibili gratuitamente, con sottotitoli in italiano, sul sito arte.tv/it o sulle app Arte per smart TV, Fire TV, Apple TV e dispositivi mobili.

È pronto «Saxophones», il catalogo del museo del Saxofono di Fiumicino
Si intitola «Saxophones» il nuovo catalogo del Museo del Saxofono di Fiumicino, che verrà presentato al pubblico nella serata di sabato 9 aprile. All’incontro, moderato dal giornalista Fabrizio Monaco, saranno presenti il collezionista Attilio Berni, Ezio Di Genesio Pagliuca ed Ermira Shurdha.
Il volume, realizzato grazie al contributo della Regione Lazio (L.R n. 24/2019, Piano annuale 2021), è ricco di fotografie, approfondimenti e notazioni tecnico-descrittive delle varie metamorfosi che ha subito lo strumento, ma racconta anche le storie personali degli inventori e dei musicisti che lo hanno imbracciato.
Un libro di analisi, testimone del Il libro ripercorre attraverso 340 pagine la storia della collezione Berni, confluita in un museo nel 2019, e si pregia delle prefazioni di Géry Dumoulin, direttore della sezione degli strumenti a fiato del Mim (Museo degli strumenti musicali di Bruxelles), e di Paul Cohen, il famoso saxofonista e grande storico musicale americano docente alla Manhattan School of Music, alla Columbia University e alla New York University.
A conclusione della manifestazione è previsto un concerto del «Classic Jazz Quintet», durante il quale sarà possibile ascoltare alcuni tra i più straordinari strumenti del museo come il sax alto Selmer di Ralph James, un saxofono soprano Adolphe Sax del 1867, la tromba Martin Committee di Phil Nicoli, il clarinetto Selmer Centered Tone di Benny Goodman, il C-melody di Rudy Wiedoeft e non solo.
Per maggiori informazioni: https://www.museodelsaxofono.com/ 

«Perimetri di ghiaccio», Cinzia Naticchioni Rojas espone a Firenze
«Spesso si dice che la fotografia congela l'attimo, lo rende eterno: stampando su ghiaccio, io ho cercato di fare il contrario, di lavorare con una immagine fotografica che nasce, prende forma e si consuma, lasciando allo spettatore che assiste dal vivo al procedimento, il ricordo di una immagine viva, vicina nella sua essenza alla natura vitale e caduca che appartiene a noi umani». Così Cinzia Naticchioni Rojas, artista e fotografa italo-messicana, ci introduce al lavoro che presenterà fino al 14 maggio alla Crumb Gallery di Firenze. La mostra, dal titolo «Perimetri di ghiaccio», espone trentasette scatti sul tema dell’impermanenza e della fragilità della condizione umana, tratte da quattro diverse serie: «Narciso autoritratto», «Narciso autoritratto figura intera», «Si sciolgono i ghiacciai» e «Racconti brevi».
L’approccio di Cinzia Naticchioni Rojas alla fotografia è sperimentale e innovativo: tratta il ghiaccio con un’emulsione fotosensibile e poi lo espone alla luce come si faceva con la fotografia analogica, lasciando che l’immagine si trasformi di conseguenza, vista la natura del supporto. L’artista documenta poi i diversi momenti di questo processo attraverso dei video o altre immagini stampate. Con le sue impressioni manuali sul ghiaccio mette in discussione la convinzione che l'immagine sia, per sua natura, fissa e statica, uguale nel tempo, anzi, come e con il ghiaccio, si assiste a un suo progressivo mutamento fino a che si dissolve totalmente e cessa di esistere. Una metafora della vita e della morte.
«Si sciolgono i ghiacciai» e «Narciso» sono tra i primi lavori che appartengono a questa ricerca. Se il primo si ispira più propriamente al cambiamento climatico globale del pianeta, il soggetto di «Narciso» è più intimo, parte da un autoritratto dell’artista e, come per il personaggio mitologico, l’elemento acqua diventa il mezzo per svelare l’immagine ma allo stesso tempo ciò che ne causerà la sua fine. La serie «Racconti brevi», più recente, è formata da istantanee che documentano l’evoluzione di una stampa manuale su ghiaccio a partire da foto di antiche statue di donne romane. Le statue sono impassibili, statiche, non cambiano nel tempo proprio come le foto, hanno una durata che potremmo considerare eterna rispetto a quella umana. La stampa su ghiaccio, al contrario, è viva, e, a differenza delle sculture, si trasforma nel tempo. Con lo sciogliersi del ghiaccio, la stampa si sviluppa e poi si dissolve, rendendo effimera un'immagine che consideravamo duratura. C’è qui, inoltre, un uso multiplo della fotografia: la foto della statua, il suo negativo, la stampa su ghiaccio e la foto del ghiaccio che si scioglie.
Per maggiori informazioni: www.crumbgallery.com.

«Children’s Corner», le parole di Gianni Rodari incontrano la musica di Claude Debussy

È un omaggio a Gianni Rodari quello che va in scena lunedì 11 aprile, alle ore 20, al teatro Menotti di Milano. Il Trio Synchordia - formazione musicale composta da Alessandra Aitini (flauto), Lorenzo Lombardo (viola) e Federica Mancini (arpa) - e l’attore marchigiano Michele Pirani portano in scena «Children’s Corner», spettacolo su testi di Gianni Rodari e con musiche di Claude Debussy e Robert Schumann, dedicato principalmente ai più giovani.
Al centro dell’appuntamento teatrale c’è l’infanzia come fonte di ispirazione. Se le «Favole al telefono» nacquero dalla fantasia del ragionier Bianchi per far addormentare ogni sera, seppur per telefono, la figlioletta che proprio non voleva saperne di andare a dormire senza una storia della buonanotte, così la suite «Children's Corner» riporta la dedica di Claude Debussy alla figlia Claude-Emma, detta Chouchou, e l’«Album für die Jugend» fu composto da Robert Schumann per le sue tre figlie.
In questo percorso di ricordi, immagini, fantasia, parole e note, Michele Pirani è alternativamente Gianni Rodari, un bambino, Claude Debussy, un tamburino, Robert Schumann e di nuovo Rodari. La musica, eseguita dal vivo dal Trio Synchordia si interseca alle parole, commenta, accompagna, proietta l'immaginazione e le emozioni al di là del testo.
Per maggiori informazioni: www.teatromenotti.org.

«Scintille 2022», un contest per le compagnie under 35
Torna «Scintille», il concorso rivolto a compagnie teatrali professionali under 35 finalizzato alla produzione di uno spettacolo da promuovere sul territorio nazionale. Il contest, giunto alla dodicesima edizione, è promosso e realizzato dal teatro Menotti di Milano, in collaborazione con il Festival AstiTeatro e con la Fondazione Piemonte dal Vivo, e si svolgerà il 17 e 18 giugno ad Asti, nei cortili dei palazzi storici, e il 18 e 19 giugno a Milano.
Possono partecipare compagnie professionali composte da un massimo di otto attori, residenti in Italia, i cui membri non abbiano più di 35 anni, che abbiano un progetto non ancora realizzato di spettacolo, di drammaturgia contemporanea originale o riscrittura di classici, preferibilmente sul tema della multiculturalità.
Dopo una prima selezione tra le proposte pervenute, saranno individuate otto compagnie che presenteranno un assaggio di venti minuti del proprio spettacolo ad Asti e Milano. Il progetto vincitore, scelto dal pubblico e da una giuria di operatori teatrali, riceverà un contributo di 8 mila euro e la possibilità di rappresentare lo spettacolo finito nelle stagioni teatrali 2022/2023 di Asti e del teatro Menotti di Milano.
La collaborazione con la Fondazione Piemonte dal Vivo, in un’ottica di rete e promozione dei processi rivolti all'innovazione in campo artistico, alla sperimentazione dei nuovi linguaggi della scena con particolare riguardo ai giovani e alla promozione di nuovi talenti, si svilupperà attraverso la programmazione di una recita dello spettacolo vincitore sul territorio piemontese. La compagnia selezionata circuiterà con un cachet fisso stabilito in 1.500 euro + iva (onnicomprensivo di scheda tecnica e aiuti su piazza).
Il materiale va mandato entro e non oltre il 29 aprile seguendo le indicazioni contenute nel bando disponibile su http://scintille.teatromenotti.org, www.comune.asti.it, www.piemontedalvivo.it.