Ventitré mostre tra collettive e individuali e settantasei artisti provenienti dai quattro angoli del pianeta - dalla Palestina all’Iran, dalla Francia al Canada, dagli Usa alla Russia, dall’Ucraina all’Italia – compongono il cartellone di questa nuova edizione, in programma fino al 2 novembre, che anima otto luoghi simbolici e suggestivi della città, quali Palazzo Baldelli, la Fortezza del Girifalco, la Via Crucis di Gino Severini, la Stazione C nei pressi della fermata di Camucia-Cortona, il Parco archeologico del Maec, i Giardini del Parterre, il cortile di Palazzo Casali e largo Beato Angelico.
«Come Together» è il tema scelto quest’anno dalla direttrice Veronica Nicolardi e dal direttore artistico Paolo Woods per fare da filo rosso alle varie proposte espositive, che prevedono anche una tappa fuori dalle mura del borgo, sulle rive del Lago di Montepulciano.
Non si tratta di uno slogan rassicurante, ma di una chiamata a guardare le ferite – personali, collettive e geopolitiche – e a interrogarsi su cosa significhi, oggi, risanarle. Il titolo scelto è, dunque, un invito alla «riparazione» e alla «riconciliazione», ma senza sconti e retorica, cioè senza cadere nella narrazione salvifica che solo dimenticando e perdonando ciò che è accaduto si può voltare pagina. Riconciliarsi, in questo contesto, significa, invece, riconoscere l’altro anche quando la memoria brucia e le distanze sembrano irreversibili. È un atto di responsabilità e coraggio, che combina cuore e consapevolezza e non dimentica la difficoltà reale del ricomporre, di quel gesto - fragilissimo e spesso silenzioso – che invita a tentare ancora, un po’ come avviene nel kintsugi, l’arte giapponese del restauro che mette oro nelle crepe, trasformandole in una traccia preziosa e visibile.
Al «Cortona On The Move», che quest'anno si avvale del collettivo Kublaiklan per la curatela espositiva, il tema è trattato in modo traversale esplorando ogni territorio in cui il conflitto prende forma e ciò che è stato rotto può essere ancora ricucito: dalla geopolitica alla famiglia, dalle comunità locali al proprio io.
A raccontare le fratture del nostro tempo c’è, tra gli altri, Alfredo Jaar (Santiago del Cile, 1956), uno degli artisti contemporanei più eticamente impegnati nell’indagare gli squilibri del potere e la sofferenza degli invisibili (emblematica, in tal senso, è l’opera «The Rwanda Projetct» del 1994-2000).
In collaborazione con Photo Elysée - Museo per la fotografia di Losanna, il festival toscano presenta la mostra «Inferno & Paradiso», nella quale l’artista cileno ha invitato venti tra i più grandi fotoreporter di oggi a selezionare due immagini dal loro archivio: la più straziante, quella che non ha mai abbandonato i loro occhi e la loro mente, e la più gioiosa, quella che è stata la via d’uscita dallo strazio. Questi quaranta scatti – firmati, tra gli altri, da Samar Abu Elouf, Lynsey Addario, Véronique De Viguerie, Donna Ferrato, Pablo Ernesto Piovano e Hannah Reyes Morales - sono ricomposti in un’installazione immersiva, negli spazi della Fortezza del Girifalco, che esplora la complessità della condizione umana, il suo fragile equilibrio tra sofferenza e speranza. Contemporaneamente, Alfredo Jarr, convinto che il compito dell’artista sia creare modelli per reimmaginare il mondo, lancia un monito contro l’indifferenza e l’apatia che spesso accompagnano tragedie e crisi globali, a cominciare dal genocidio di Gaza.
Un’altra mostra pensata appositamente per il festival toscano è quella allestita alla Stazione C: «Family Trilogy», curata dalla critica Marion Durand (Francia, 1975) – firma della rivista «Kometa» e compagna di vita del fotografo documentarista Christopher Anderson (Canada, 1970) – che interpreta il tema «Come Together» da una prospettiva profondamente personale e autobiografica, attraverso gli scatti del partner dedicati alla famiglia, quelli delle serie «Son» (2013), «Pia» (2021) e «Marion» (2022). Il risultato è un ritratto familiare che parla di paternità, amore coniugale, memoria condivisa, intimità e prossimità silenziosa, senza escludere la fatica del vivere quotidiano, «sempre minacciato – si legge nella presentazione - da un avversario temibile, la fotografia», quella che ha portato Christopher Anderson in giro per il mondo, anche in contesti di guerra come l’Iraq e il Ghana.
Altra mostra prodotta appositamente per il festival «Cortona On The Move» è «Order/Chaos — Photographs of American Groups 1865-1965», a Palazzo Baldelli, con una selezione di fotografie provenienti dalla collezione W.M. Hunt / Collection Blind Pirate. Si tratta di scatti, realizzati nell’arco di cento anni, che parlano della dicotomia tra ordine e disordine, controllo sociale e disgregazione, sentimenti di identità collettiva e sfilacciamento dei legami comunitari. Queste immagini ritraggono famiglie, associazioni, comitati religiosi o sociali, gruppi di americani colti nelle situazioni più disparate, da feste informali a schieramenti precisamente coreografati con sguardi frontali, gesti codificati e volti dalle espressioni pietrificate. In questo spazio oscillante tra posa e verità, tra rito e smarrimento, le fotografie diventano specchio di ciò che siamo, quando vogliamo sembrare insieme, con il rischio di perdere la nostra unicità.
A Palazzo Baldelli è allestita anche la mostra «Ordinary Grief» della fotoreporter iraniana Parisa Azadi (Iran, 1986), una storia di fragile riconciliazione, quella con il Paese natale, dove l’artista è ritornata nel 2017, dopo venticinque anni di vita in Canada, per intraprendere un percorso di recupero della propria identità. Scatto dopo scatto, viene raccontata l’esperienza di chi torna a casa e scopre di non essere più del tutto a casa, consapevole che quel luogo custodisce, comunque, il proprio io di un tempo. Quel senso di estraneità diventa una «lettera d’amore» malinconica e delicata, a tratti dolente, un racconto intimo e sincero di chi cerca di ritrovarsi attraverso gli occhi degli altri: giovani che resistono con sguardi pieni di attesa, donne che abitano il silenzio intimo della propria casa, volti segnati dal tempo e dalle difficoltà.
Di ricostruzione del senso di appartenenza parla anche la mostra «Distance & Belonging» dell’artista palestinese Taysir Batniji (Gaza, 1966), residente a Parigi, che, attraverso tre progetti - «Home Away From Home», «Disruptions e At Home», «Elsewhere» - mette in scena, alla Fortezza del Girifalco, una riflessione sulle nozioni di esilio, identità e memoria. Toccante è l'omaggio alla madre con gli screenshot delle loro videochiamate, dal 2015 al 2017, con lo schermo di un improbabile colore verde e l’immagine del volto della donna sempre più evanescente, per la decomposizione dei pixel, a causa dell’interferenze causate dai droni israeliani nei cieli di Gaza. Queste difficoltà di comunicazione, che documentano come quei territori fossero già allora «una prigione a cielo aperto», ci raccontano della nostalgia e dell’affetto di un figlio che non è riuscito a dare alla madre, morta nel 2007, l’ultimo saluto.
Mentre Jan Banning (Paesi Bassi, 1954) porta a Cortona il suo progetto «Blood Bonds: Reconciliation in Post-Genocide Rwanda», realizzato con lo scrittore Dick Wittenberg, a distanza di trent’anni dal genocidio che, nel 1994, causò nel Paese africano più di ottocentomila vittime in soli cento giorni, prevalentemente tra civili di etnia tutsi (ma tra i morti ci furono anche hutu moderati). Il lavoro, realizzato con il contributo del Mondriaan Fund, evidenzia la complessità del processo di perdono e di riconciliazione, favorito anche dal Governo locale, in nome dell’unità nazionale, attraverso laboratori di socioterapia. In doppi ritratti l’artista accosta vittima e carnefice, persone che sono riuscite ad andare oltre ciò che è accaduto, dimostrando così come, anche nelle società più divise, la guarigione è possibile.
Il percorso espositivo - «bello, ma anche crudo, disordinato e ruvido», per usare le parole del direttore artistico Paolo Woods – prevede, poi, una riflessione sulla guerra e sulle sue drammatiche conseguenze. Nelle sale di Palazzo Baldelli, il fotografo ucraino Vic Bakin (Turkmenistan, 1984) presenta, per esempio, la mostra «Epitome», «una raccolta – si legge nella presentazione - di cicatrici, non solo quelle visibili, ma anche quelle invisibili che portiamo dentro di noi». Mentre Federico Vespignani (Italia, 1988) è in mostra con «Short-term, but Long-term», progetto che raccoglie trecento screenshot tratti da App di incontri in cui soldati israeliani di stanza a Gaza pubblicano selfie o ritratti di se stessi come immagini di profilo, nel mezzo della distruzione circostante, dandoci una documentazione plastica di quella che Hannah Arendt chiamava «la banalità del male».
Palazzo Baldelli fa da scenografia anche alla mostra «L’occhio coloniale», che, grazie a materiali ritrovati in archivi pubblici e privati (tra i quali quello dell’Istituto Luce), esplora il ruolo della fotografia come strumento di propaganda e controllo nella conquista italiana dell’Etiopia.
Ci sono, poi, nel cartellone qualificati progetti realizzati in partnership con istituzioni prestigiose. È il caso di «Uncertain Silence», mostra di Yael Martínez (Messico, 1984), promossa in collaborazione con Medici senza Frontiere, che documenta il volto umano della crisi migratoria messicana e la sofferenza silenziosa, sia fisica che psicologia, di migliaia di persone bloccate alle porte degli Stati Uniti.
Altra prestigiosa partnership è quella con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia, il cui frutto è la collettiva «Cronache d’acqua – Immagini dal Sud Italia», realizzata con il contributo editoriale di «Green & Blue». In un tempo in cui il cambiamento climatico accentua diseguaglianze e tensioni, cinque fotografi italiani – Cosimo Calabrese, Valeria Cherchi, Eleonora D’Angelo, Giulia Parlato e Roselena Ramistella - ci propongono una riflessione visiva su uno degli elementi indispensabili del vivere quotidiano, il nostro «oro blu», in un percorso che racconta sprechi e sfruttamenti, spaziando dalla siccità in Sicilia alle sorgenti storiche di Bari, dalle isole rifornite con le cisterne alle fontane di Napoli.
Sempre di natura parlano il progetto «Atlas of the New World» di Edoardo Delille (1974) e Giulia Piermartiri (1990), una mappa visiva di come i paesaggi potrebbero apparire in futuro a causa della crisi climatica, la mostra «Simona Kossak - Born to Be Wild», con gli scatti del fotografo Lech Wilczek (Polonia, 1943-2007) che documentano una vita trascorsa in mezzo ai boschi, e «Sorgente - Valdichiana On The Move», una narrazione visiva diffusa e itinerante, che porta anche sulle rive del Lago Montepulciano, affidata alla fotografa britannica Laura Pannack (1995), che ci restituisce le immagini di dieci comuni toccati dal Canale Maestro della Chiana, realizzato nel 1338 per bonificare l'area paludosa tra Arezzo e Chiusi.
Non manca, infine, una mostra celebrativa: «15 anni insieme», con ventotto immagini, due per ogni edizione passata, che si configurano come un racconto visivo di ciò che il festival toscano ha sempre voluto essere: non un semplice contenitore di mostre, ma un laboratorio vivo che ci interroga sul mondo e sul nostro stare nel mondo. Non è un guardarsi indietro nostalgico, è un ponte costruito verso il futuro, una dichiarazione di intenti per gli anni a venire, che mette al centro tre parole: incontro, collaborazione, inclusione. Quello che esprime «Cortona On The Move» è, dunque, un invito a stare insieme, a restare uniti dentro alle crepe del nostro tempo, senza nasconderle. Come nel kintsugi è lì, nella frattura risanata, che si rivela una forma di bellezza. Imperfetta. Resiliente. Vera.
Didascalie delle immagini
1. Taysir Batniji, Dalla serie Home Away From Home ©Taysir Batniji | Courtesy of the artist, Sfeir-Semler Gallery (Hamburg/Beirut) and Éric Dupont Gallery (Paris). ©Taysir Batniji; 2. Christopher Anderson, Dalla serie Family Trilogy © Christopher Anderson & Marion Durand; 3. Inferno & Paradiso, Alfredo Jaar. Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano & Napoli, e l'artista, New York. © Foto di Hannah Reyes Morales; 4. Inferno & Paradiso, Alfredo Jaar. Courtesy Galleria Lia Rumma, Milano & Napoli, e l'artista, New York. © Foto di Veronique De Viguerie; 5. Parisa Azadi, Amir Hussain Roozbahani gioca con il suo uccellino nel giorno del suo compleanno a casa, nella periferia di Teheran, Iran, 5 maggio 2020. Con la rapida diffusione del virus da Covid-19, l’Iran è diventato l’epicentro della pandemia in Medio Oriente. Con i raduni pubblici vietati, la sua famiglia ha festeggiato l’occasione con una piccola e tranquilla celebrazione in casa – un momento di gioia e normalità in mezzo alla crisi nazionale e all’isolamento. Dalla serie Ordinary Grief © Parisa Azadi; 6. Parisa Azadi, Hossain abbraccia la sua fidanzata Negar per le strade di Teheran, Iran, il 13 ottobre 2017. Dopo la rivoluzione, l’affetto in pubblico tra coppie non sposate era illegale e poteva portare a molestie o arresti. Nell’ultimo decennio, sempre più coppie hanno iniziato a mettere alla prova i limiti dell’applicazione della legge – flirtando sui marciapiedi, scambiandosi baci di nascosto nei vicoli e stringendosi sui banchi dei parchi mentre la polizia pattuglia nelle vicinanze. Dalla serie Ordinary Grief © Parisa Azadi; 7.Jan Banning, Rose ha perso i suoi due figli maggiori e quasi tutta la sua famiglia durante il genocidio. Tra gli aggressori c’era Ezechiel, che uccise brutalmente il suo bambino e la cognata, lasciando Rose gravemente ferita. Le cicatrici sulla sua mano destra sono un costante ricordo di quel giorno orribile. Nel 2014, Rose ha aderito a un gruppo di socioterapia di CBS Rwanda. Durante le sessioni, Ezechiel ha espresso il suo profondo rimorso per aver tolto la vita al suo bambino e, col tempo, Rose ha trovato la forza di perdonarlo. Dalla serie Blood Bonds: Reconciliation in Post-Genocide Rwanda © Jan Banning; 8. Federico Vespignani, Dalla serie Short-term, but Long-term © Federico Vespignani; 9. Vic Bakin, Untitled (House), 2023. Dalla serie Epitome © Vic Bakin; 10. Yael Martínez, Dalla serie Echoes of Uncertain Silence © Yael Martínez | Magnum Photos; 11. Dalla serie Atlas of the New World © Edoardo Delille e Giulia Piermartiri
Informazioni utili
Cortona on the Move - Festival internazionale di fotografia
Le mostre:
● Alfredo Jaar - Inferno & Paradiso. Coprodotta in collaborazione con Photo Elysée, Museo per la Fotografia, Losanna
● Christopher Anderson & Marion Durand - Family Trilogy
● Taysir Batniji - Distance & Belonging
● L’occhio coloniale. In collaborazione con Archivio Storico Luce, Archivio Memorie Coloniali-MOXA, Maaza Mengiste
● Pia-Paulina Guilmoth - Flowers Drink the River
● Jan Banning - Blood Bonds: Reconciliation in Post-Genocide Rwanda. Con il contributo di Mondriaan Fund
● Simona Kossak: Born to Be Wild. Fotografie di Lech Wilczek. Con il supporto dell’Istituto Polacco di Roma
● Order/Chaos – Photographs of American Groups 1865-1965 - W.M. Hunt / Collection Blind Pirate
● Patrick Waterhouse - Restricted Images – Made with the Warlpiri of Central Australia
● Federico Vespignani - Short-term, but Long-term
● Parisa Azadi - Ordinary Grief
● Mika Sperling - I Have Done Nothing Wrong
● Vic Bakin - Epitome
● Ray Banhoff - Supersosia
● Cronache d’acqua – Immagini dal Sud Italia. Una produzione di Cortona On The Move in partnership con Intesa Sanpaolo e Gallerie d’Italia
● Edoardo Delille & Giulia Piermartiri - Atlas of the New World. Ideato e realizzato in partnership con at - autolinee toscane. Progetto vincitore del Premio Amilcare G. Ponchielli – XX edizione | Istituito dal GRIN (Gruppo Redattori Iconografici Nazionale). Con il supporto di WeWorld - Organizzazione umanitaria
● Yael Martínez - Echoes of Uncertain Silence. Con Medici Senza Frontiere lungo la rotta migratoria in Messico
● Maria Abranches - Maria. Progetto vincitore della terza edizione di COTM Award
● 15 anni insieme / 15 Years Together
● Maya Valencia - Ca Sa Padrina — Letter to my Grandmother’s House. In collaborazione con Institut d’Estudis Baleàrics
Laura Pannack – Sorgente - Valdichiana On The Move. Progetto ideato per VALDICHIANA2025 Capitale toscana della cultura
● Eleonora Agostini - Revolve. In collaborazione con Accademia Etrusca di Cortona e MAEC
● Sosta Palmizi - il Cortile 1985-2025
Gli orari: Dal 18 luglio al 31 agosto dalle 10 alle 20 (tutti i giorni) | Dal 1 settembre al 28 settembre dalle 10 alle 19 (tutti i giorni) | Dal 29 settembre al 2 novembre dalle 10 alle 18 (tutti i giorni) | La mostra esposta al Parco Archeologico di Cortona segue i seguenti orari: dal 18 luglio fino al 15 ottobre dalle 10 alle 14 e dalle 16 alle 19 (tutti i giorni) |Dal 16 ottobre fino al 2 novembre dalle 10 alle 14 (ven, sab, dom)
I biglietti: intero 18,00 € tutte le esposizioni, 8,00 € Solo esposizioni Fortezza del Girifalco, 10,00 € integrativo dietro presentazione del biglietto della Fortezza del Girifalco | ridotto 15€ tutte le esposizioni | scuole 3€ tutte le esposizioni
Sito web: https://www.cortonaonthemove.com. Fino al 2 novembre 2025
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