«Fotografava solo 'il meglio': aristocratiche con figli e cani aristocratici, poeti, scrittrici, dive intellettuali, generali, gerarchi, membri di case regnanti. Fotografava solo gente bellissima […]: le sue donne sembravano sempre regine inavvicinabili eppure dolcissime, i suoi uomini forti intelligenti, dominatori». Così Natalia Aspesi descrive Ghitta Carell (1899-1972), celebre ritrattista e fotografa di moda ungherese di nascita e italiana d’adozione, alla quale la Fondazione Pastificio Cerere di Roma dedica un’ampia retrospettiva, a cura di Diego Mormorio, che si avvale della consulenza di un comitato scientifico composto da Ottavio Celestino, Flavio Misciattelli, Stefano Palumbo e Marcello Smarrelli.
Un gruppo di quindici fotografie originali e di centoquaranta immagini, quasi tutte stampate per l’occasione, restituiscono la storia di un’epoca, quella a cavallo tra gli anni Trenta e Cinquanta, attraverso i volti e gli sguardi di alcuni dei suoi protagonisti: da papa Eugenio Pacelli al disegnatore americano Walt Disney, passando per Benito Mussolini, Cesare Pavese, la principessa Margareth d’Inghilterra, Maria Josè di Savoia, Camilla Cederna, Giulio Andreotti e tanti altri nobili, ecclesiastici, uomini politici, imprenditori ed intellettuali del tempo.
Dopo un periodo di formazione a Budapest presso lo studio di Szekelu Aladair, Ghitta Carell approda, appena venticinquenne, nel nostro Paese, soggiornando prima a Firenze e poi a Milano. Due anni dopo, nel 1926, inizia la sua ascesa verso la notorietà: a lanciarla è la foto di un bambino vestito da Balilla, scelta per un manifesto di propaganda destinato a tappezzare i muri di tutta la nazione.
La fama, sancita anche da giudizi autorevoli come quello di Ugo Ojetti, dischiude ben presto alla giovane fotografa le porte di una committenza sempre più ampia ed esclusiva. Nasce così la decisione di trasferirsi, nel 1928, a Roma, vicino a piazza del Popolo. Il «bel mondo» capitolino si fa conquistare dal suo inconfondibile stile: Edda e Galeazzo Ciano, Benito Mussolini, Alberto Savino, Giovanni Papini, Alba De Céspedes, Pio XII, i Gonzaga, i Diaz, i Borghese, i Cicogna, i Visconti, i Colonna sono tra i suoi clienti. Nemmeno la promulgazione del leggi razziali nel 1938 contrasta il percorso di Ghitta Carrell, ebrea per parte di padre; le viene solo chiesto di non mettersi troppo in mostra.
Con la fine della guerra, tutto il gotha democristiano, da Alcide De Gasperi a Giovanni Gronchi, posa sotto le sue lampade. Lo stesso fanno scrittori come Cesare Pavese, attrici come Valentina Cortese, giornalisti come Camilla Cederna e personaggi come Walt Disney. Negli anni Sessanta, dopo aver ricevuto la cittadinanza italiana, l'artista decide di trasferirsi a vita privata in Israele (dove muore nel 1972), ma prima cede il proprio archivio alla Fondazione 3M di Segrate (Milano), ente che collabora alla mostra romana al Pastificio Cerere, voluta e sostenuta da Elsa Peretti e corredata da un catalogo trilingue (italiano, inglese e spagnolo) di Celestino editore.
«Ghitta Carell e il potere del ritratto», questo il titolo della rassegna, vuole contribuire a riconsiderare la figura di questa fotografa, spesso definita come l’interprete del mondo del potere, facendone conoscere il suo bianco e nero poetico e la sua perizia nell’arte del ritocco, una tecnica moderna che consisteva nel lavorare con delicatezza le lastre per togliere ombre, durezze, vuoti, restituendo così un’aria meno torva ai fascisti e una più seducente alle dame dell’alta società. Per quanto riguarda l'attrezzatura, l'artista italo-ungherese non si fece, invece, mai conquistare dall’avanzamento tecnologico che proveniva dall’America. Continuò a usare un banco ottico a lastre nel formato 18x24 e, più raramente, una Rolleiflex 6x6, strumenti che le consentivano un’attenzione meticolosa per la scenografia e una raffinata interpretazione psicologica dei soggetti ritratti. Lei stessa amava dire: «ogni persona ha due facce, l’uomo è frutto di luce e ombra, io cerco la luce», l’anima.
Didascalie delle immagini
[fig. 1] Ghitta Carrell, Walt Disney, 1935. Copyright Archivio storico Fondazione 3M; [fig. 2] Ghitta Carrell, La principessa Maria Josè, anni ’30. copyright Fondazione 3M; [fig. 3] Ghitta Carrell, Papap Pacelli, anni '40. copyright Fondazione 3M
Informazioni utili
Ghitta Carell e il potere del ritratto. Fondazione Pastificio Cerere, via degli Ausoni, 7 – Roma. Orari: > Fondazione Pastificio Cerere, Spazio Cerere, Studio d’arte contemporanea Pino Casagrande > lunedì-venerdì, ore 15.00-19.00; Ristorante San Lorenzo > tutti i giorni, ore 19.00-02.00. Ingresso libero. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel. 06.45422960 o info@pastificiocerere.it. Sito internet: www.pastificiocerere.it o www.fondazione3m.it. Fino a venerdì 17 maggio 2013.
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