ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 2 maggio 2013

«Lights», Dan Flavin e le sue stanze di luce

La luce è quella di un qualsiasi tubo al neon prodotto su scala industriale e, dunque, reperibile in ogni luogo della nostra quotidianità, dalle strade alla cucina di casa. Ma le combinazioni che ne derivano, giocate su una ristretta gamma di colori (blu, verde, rosa, rosso, giallo e quattro sfumature di bianco), hanno lo scatto della poesia. Dan Flavin (New York, 1933-1996), uno degli artisti più importanti della compagine americana definita con il nome di Minimalismo, ha saputo diventare l'indiscusso maestro della luce artificiale, ridisegnando stanze spoglie con la più immateriale delle materie in natura e creando così ambienti dai mille bagliori capaci di parlare alla mente e al cuore di chi sappia abbandonare i propri pensieri per lasciarsi cullare dalle emozioni.
Dopo un periodo di iniziale snobbismo che fece dire a molti «se voglio un Flavin vado dall'elettricista, mi compro una lampada e me la metto in casa», le opere dell'artista americano, frutto di una perfetta fusione di semplici lampadine o di scarne «stecche di colore», hanno raggiunto oggi ragguardevoli quotazioni di mercato (si parla di cifre che si aggirano tra i 400.000 e gli 800.000 dollari ad installazione) e raccolgono sempre più di frequente la stima non solo della critica, ma anche del grande pubblico.
A Dan Flavin, compagno di avventura di Donald Judd e Carl Andre, dedica un’ampia retrospettiva, a cura di Roland Wäspe, il Kunstmuseum di San Gallo, nella Svizzera orientale. «Lights», questo il titolo della mostra, allinea una trentina di opere, già presentate lo scorso inverno al Mumok di Vienna, che sarebbero senz’altro piaciute al conte Giuseppe Panza di Biumo, il collezionista che per primo, sul finire degli anni Sessanta, diede credito all’artista newyorkese, commissionandogli, nel corso degli anni, numerose opere, tra le quali la nota e suggestiva installazione permanente «Varese Corridor» (1976), una sequenza di luci rosa, gialle e verdi per villa Panza, oggi residenza del Fai (Fondo per l’ambiente italiano).
Partendo dalla serie «Icons» (1961-1964), considerata l’iniziatrice del movimento minimalista con le sue sculture in legno, formica e masonite arricchite da economiche lampadine fluorescenti, l’esposizione permette di immergersi tra le emozioni cromatiche e luminose di lavori noti, anche di grandi dimensioni, come «Pink out of a corner (to Jasper Johns)» (1963), «A primary picture» (1964), «Untitled (To Henri Matisse)» (1964), «Untitled (To Jan and Ron Greenberg)» (1972-1973) e «The diagonal of May 25, 1963 (To Costantin Brancusi)», il primo tubo color giallo oro appoggiato dall’artista in diagonale a una parete.
Non mancano nella rassegna, la prima che la Svizzera dedica all'autore minimalista, alcuni moduli dell’omaggio al collega Donald Judd e una selezione di lavori del ciclo «Monuments for V. Tatlin» (1964-1990), dedicato al leader del movimento costruttivista russo.
L'impatto con l'arte asciutta e immediata di Dan Flavin, che si nutre dell'essenzialità del messaggio della luce e del colore e che si avvale di forme semplici e di materiali economici per creare mondi di pura poesia, ha portato molti critici a scrivere pagine e pagine interrogandosi sul rapporto dell'artista con il sacro. A questo tema ha guardato anche Angela Vettese, che nel catalogo della retrospettiva varesina organizzata nel 1994 per volere del conte Panza di Biumo, si è soffermata sulla religiosità dell’artista, «intesa non come una reverenza a una religione rivelata ma come tensione ideale». Forse la definizione non sarebbe piaciuta allo stesso autore minimalista, che a chi vedeva un significato mistico nelle sue installazioni rispondeva, severo e sempre arrabbiato, mai dimentico dei conflitti con il padre che gli aveva imposto gli studi in seminario: «I miei tubi non si sono mai infiammati nella ricerca di Dio».
Ma è innegabile che l’arte di Dan Flavin abbia alla base una, seppur inconfessata, ricerca di spiritualità. Lo stesso mezzo utilizzato per le opere, lampade al neon condannate ad esaurirsi dopo un certo numero di ore e ad essere sostituite con nuovi modelli, ci racconta il dramma dell'esaurimento della materia, l'impossibilità per l'uomo di eternare non solo la sua vita, ma anche la sua attività. La durata limitata delle installazioni luminose dell'artista americano, costrette a fare i conti con il tempo e con l'innovazione tecnologia, sembrano, dunque, alludere al timore del panta rei, al dramma della caducità umana.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Dan Flavin, «The diagonal of May 25, 1963 (to Constantin Brancusi)», 1963. The Estate Collection David Zwirner. Foto: Billy Jim, New York. Courtesy of David Zwirner, New York. © 2012 Stephen Flavin / Pro Litteris, Zürich; [Fig. 2] Dan Flavin, «Pink out of a corner (to Jasper Johns)», 1963. The Estate Collection David Zwirner. Foto: Billy Jim, New York. Courtesy of David Zwirner, New York. © 2012 Stephen Flavin / Pro Litteris, Zürich; [fig. 3]Dan Flavin, «Untitled (to Donald Judd, colorist)», 1,7,8,9,10 e 4, 1987. The Estate Collection David Zwirner. Installazione, Kunstmuseum St.Gallen. Foto: Stefan Rohner, St.Gallen. Courtesy of David Zwirner, New York. © 2012 Stephen Flavin / Pro Litteris, Zürich

Informazioni utili 
Dan Flavin - Lights. Kunstmuseum St.Gallen, Museumstrasse 32 – San Gallo (Svizzera). Orari: martedì-domenica, ore 10.00-17.00; mercoledì, ore 10.00-20.00; chiuso il lunedì. Ingresso: intero ChF 10,00, ridotto ChF 8,00, bambini e adolescenti fino ai 16 anni € 4,00. Catalogo: disponibile in mostra. Informazioni: tel +41.712420671 o info@kunstmuseumsg.ch. Sito web: www. kunstmuseumsg.ch. Fino a domenica 18 agosto 2013.

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