ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

sabato 16 marzo 2019

1949-1979-2019, Peggy Guggenheim e la «Continuità di una visione»

«[..] Organizzai in giardino una mostra di sculture più o meno recenti, ed il professor Giuseppe Marchiori, un critico piuttosto noto, scrisse l'introduzione al catalogo. Esponemmo un Arp, un Brancusi, un mobile di Calder; tre Giacometti che avevo nella mia collezione, ed un Mirko, un Consagra [..] c’era anche un Marino Marini, che avevo comprato a Milano direttamente dall'artista». Sono queste le parole, tratte dalla autobiografia «Una vita per l’arte» (Rizzoli Editori, Milano, 1998), con cui Peggy Guggenheim ricordava la sua prima mostra a Palazzo Venier dei Leoni, la «splendida dimora non finita» sul Canal Grande. Sono passati settanta anni da allora: era, infatti, l’autunno del 1949, quando la mecenate americana faceva di Venezia la sua città, dopo Parigi, Londra e New York.
Paggy Guggenheim rimase lì fino alla sua scomparsa, avvenuta il 23 dicembre del 1979, esattamente quarant’anni anni fa.
1949 – 1979 sono, dunque, due date cruciali per la storia della collezione veneziana, che per l’occasione ha ideato il calendario «Continuità di una visione»: un’ampissima serie di attività gratuite aperte al pubblico, che si svolgeranno dentro e fuori il museo, volte ad attualizzare l’insegnamento coraggioso quanto innovativo della sua ideatrice.
In concomitanza con la mostra «Dal gesto alla forma. Arte europea e americana del dopoguerra nella Collezione Schulhof», in programma fino al prossimo 18 marzo, è stato inaugurato un originale riallestimento della collezione permanente di Palazzo Venier dei Leoni. In mostra la maggior parte delle opere acquistate da Peggy Guggenheim tra il 1938, quando a Londra aprì la sua prima galleria Guggenheim Jeune, e il 1947, anno in cui si stabilì a Venezia.

L’allestimento riflette fortemente l’interesse della mecenate americana per il Cubismo, il Futurismo, la pittura metafisica, l’astrazione europea, la scultura d’avanguardia e il Surrealismo.
Gran parte dei lavori esposti vennero acquisiti attraverso le amicizie e i consigli di artisti e intellettuali come Marcel Duchamp, lo storico dell’arte Sir Herbert Read e lo scrittore Samuel Beckett, che convinse Peggy a dedicarsi all’arte contemporanea poiché «vivente».
Negli spazi della barchessa del palazzo non mancano i dipinti degli espressionisti astratti americani, tra cui spiccano i capolavori di Jackson Pollock, il cui sostegno Peggy Guggenheim annovera come il suo maggior successo di mecenate e collezionista.
Se questa presentazione getta luce sul collezionismo pre 1948, dal 21 settembre al 27 gennaio 2020, l’attesa mostra «Peggy Guggenheim. L’ultima Dogaressa», a cura di Karole P.B. Vail e Gražina Subelytė, celebrerà il collezionismo post 1948: dipinti, sculture e opere su carta acquisite tra la fine degli anni Quaranta e il 1979.
Non mancheranno le opere di artisti italiani attivi dalla fine degli anni Quaranta, come Edmondo Bacci, Tancredi Parmeggiani ed Emilio Vedova, e la produzione di alcuni artisti legati all’arte Optical (Op) e Cinetica, come Marina Apollonio, Alberto Biasi e Franco Costalonga.
L’esposizione permetterà, inoltre, di ricontestualizzare celebri capolavori come «L’impero della luce» (1953-54) di René Magritte, acquistato nel 1954, accanto ad opere meno note al grade pubblico di artisti come René Brô, Gwyther Irwin e Grace Hartigan, e di pittori di origine giapponese come Kenzo Okada e Tomonori Toyofuku, che dimostrano come l’interesse artistico della mecenate superò i confini di Europa e Stati Uniti.
Tra questi due grandi momenti che ripercorreranno a 360 gradi la storia del collezionismo di Peggy Guggenheim, si inserisce il prezioso omaggio a Jean (Hans) Arp, primo artista ad essere entrato a far parte della sua collezione con la scultura «Testa e conchiglia» (1933), acquisita nel 1938.
Dal 13 aprile al 2 settembre la mostra «La Natura di Arp», a cura di Catherine Craft e organizzata dal Nasher Sculpture Center, Dallas, proporrà una lettura suggestiva e a lungo attesa della produzione dell’artista franco-tedesco, il cui approccio sperimentale alla creazione e il ripensamento radicale delle forme d'arte tradizionali lo resero uno degli artisti più influenti del Novecento e il primo ad aver fatto breccia con la sua arte nel cuore della mecenate americana.
Il tributo al collezionismo di Peggy Guggenheim proseguirà anche con la prima mostra del 2020, «Migrating Objects»: un’esposizione che farà luce su un momento cruciale, seppur meno conosciuto, della sua storia di collezionista, ovvero il suo interesse degli anni ’50 e ’60 per le arti dell’Africa, dell’Oceania e delle Americhe.
L’allestimento sarà seguito da un comitato curatoriale che include studiose e curatrici provenienti da prestigiose istituzioni museali internazionali, insieme a Vivien Greene, Senior Curator, 19th- and Early 20th-Century Art, Guggenheim Museum, e Karole P.B. Vail.
A corollario del programma espositivo è stata pensata una lunga lista di attività, eventi, conferenze, workshop, approfondimenti sulle orme di Peggy Guggenheim. Nel 1949, in occasione della mostra di scultura contemporanea, la mecenate aveva aperto la propria casa al pubblico, e così continuò a fare fino al 1979, educandolo alla conoscenza di una delle più importanti collezioni d’arte del Novecento.
Il programma di public programs «Continuità di una visione» intende portare avanti la lezione della sua fondatrice e l’attuale mission della collezione, ovvero divulgare i propri contenuti ad un pubblico quanto più eterogeneo per condividere lo straordinario potere educativo di questa disciplina nel formare e alimentare il pensiero critico.
Ecco così programmi di accessibilità per non vedenti e ipovedenti incentrati sui grandi capolavori del museo, il progetto social «Point of View», che darà voce al pubblico per raccontare il proprio punto di vista sul museo e sulle opere più amate, un’iniziativa partecipativa atta a ricostruire la figura di Peggy Guggenheim attraverso la memoria collettiva nella comunità locale.
Sono, poi, in programma tre conversazioni con tre donne, filantrope e collezioniste visionarie, che hanno fatto dell'arte la loro missione come impegno personale nei confronti della società: Patrizia Sandretto Re Rebaudengo (8 aprile 2019), presidente dell’omonima Fondazione torinese, tra le figure di maggior spicco del collezionismo italiano e internazionale, Lekha Poddar della Devi Art Foundation (Dehli, India), attiva nel panorama artistico medio-orientale, e Francesca Thyssen-Bornemisza (von Habsburg), fondatrice di Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, tra le maggiori collezioni d’arte contemporanea in Europa. Tre donne, queste, che, come Peggy Guggenheim, possono essere d’ispirazione per le generazioni future.

Per saperne di più 
www.guggenheim-venice.it

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