ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 30 novembre 2021

Tutankhamon, Botticelli, Leonardo, Rembrandt: la «grande arte» torna al cinema

Artisti dalle vite bizzarre, trasgressive e imprevedibili. Quadri dai destini avventurosi. Storie che hanno il sapore della leggenda. Sono questi gli elementi che animano la nuova edizione del progetto «La grande arte al cinema», che vedrà in agenda nei primi mesi del 2022 quattro nuovi titoli, tutti distribuiti da Nexo Digital.
Il viaggio inizierà nella giornata del 24 gennaio con il primo dei tre giorni di proiezione del film «Botticelli e Firenze. La nascita della bellezza», diretto da Marco Pianigiani. Lo spettatore verrà trasportato nella città toscana all’epoca di Lorenzo de' Medici, detto il Magnifico, in pieno Rinascimento. La bellezza che usciva dalle botteghe degli artisti aveva il suo contraltare nelle lotte per il potere e in intrighi di efferata violenza. Un artista, più di tutti, seppe proiettare nelle sue opere, le luci e le ombre di quegli anni indimenticabili: Sandro Botticelli (1445-1510). Dall’esordio sotto l’ala dei Medici, l’artista, raffinato disegnatore e ritrattista rivoluzionario, si impose come l’inventore di una bellezza ideale, che trovò la sua massima espressione in opere come «Primavera» e «Nascita di Venere».
La morte di Lorenzo Il Magnifico, le prediche apocalittiche di Girolamo Savonarola e i falò delle vanità segnarono la parabola discendente del maestro fiorentino, destinato a un oblio di oltre tre secoli. La sua riscoperta da parte dei preraffaelliti diede inizio a un’autentica Botticelli-mania, che dal XIX secolo si protrae fino a oggi. Da Salvador Dalí a Andy Warhol, da David LaChapelle a Jeff Koons e a Lady Gaga, nessuno sembra immune al fascino eterno del maestro fiorentino e delle sue opere, continuamente re-immaginate dagli artisti di ogni sorta, fino a entrare nell’immaginario collettivo.
La programmazione proseguirà dal 21 al 23 febbraio con il documentario «Tutankhamon. L’ultima mostra», diretto da Ernesto Pagano e prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital. Lo spettatore cinematografico verrà trasportato nell’imponente e misterioso Egitto dei faraoni e scoprirà la storia dell’archeologo ed egittologo britannico Howard Carter che, con ostinazione e passione, scoprì cento anni fa, nel 1922, a Luxor la camera sepolcrale della tomba di una delle figure più leggendarie di quel periodo storico: Tutankhamon. Sul grande schermo sarà possibile ammirare i centocinquanta manufatti che nel 2019 furono esposti prima a Los Angeles e poi in Francia, alla Grande Halle de la Villette di Parigi, per essere, quindi, presentati anche a Londra e in altre sedi museali di tutto il pianeta, in quello che è stato definito il loro «ultimo tour mondiale», prima di trovare una sede stabile al Cairo.
Il film si avvale della collaborazione del fotografo Sandro Vannini e, per la versione italiana, della voce di Manuel Agnelli, frontman degli Afterhours, al quale era già stata affidata in passato la voce dell’io interiore di Caravaggio, in un’altra produzione Nexo.
Si proseguirà, quindi, con la proiezione del film «Leonardo. Il capolavoro perduto» di Andreas Koefoed, presentato in anteprima, con grande successo, alla Festa del cinema di Roma. Il documentario, in agenda dal 21 al 23 marzo, racconta la storia del «Salvator Mundi», il dipinto più costoso mai venduto (450 milioni di dollari la sua quotazione) ritenuto un capolavoro perduto gel genio toscano. 
«Dal momento in cui viene acquistato da una casa d'aste di New Orleans e i suoi acquirenti scoprono magistrali pennellate sotto un restauro a buon mercato, - si legge nella presentazione - il destino del «Salvator Mundi» è guidato da un'insaziabile ricerca di fama, denaro e potere. Ma man mano che il suo prezzo sale, aumentano anche i dubbi sulla sua autenticità. Questo dipinto multimilionario è davvero di Leonardo o semplicemente alcuni uomini di potere vogliono che lo sia? Svelando i piani segreti di alcuni tra i personaggi più ricchi del mondo e di alcune delle più potenti istituzioni artistiche, «Leonardo: il capolavoro perduto» rivela come spesso gli interessi diventino cruciali e la verità solo un elemento secondario. Anche nel mondo dell’arte».
A chiudere la programmazione sarà, dal 9 all’11 maggio, «Il mio Rembrandt» di Oeke Hoogendijk, un mosaico di storie avvincenti in cui la passione sfrenata per i dipinti dell’artista olandese porta a sviluppi drammatici e colpi di scena inattesi. «Mentre – si legge nella sinossi - collezionisti d'arte come Eijk e Rose-Marie De Mol van Otterloo, l'americano Thomas Kaplan e lo scozzese Duca di Buccleuch mostrano il legame speciale che hanno con i ‘loro’ Rembrandt, il banchiere Eric de Rothschild mette in vendita due opere dell’artista, innescando una dura battaglia politica tra il Rijksmuseum e il Louvre. Il film segue anche l'aristocratico mercante d'arte olandese Jan Six sulle tracce di due «nuovi» dipinti di Rembrandt, uno snervante viaggio di scoperta che pare la realizzazione del suo più grande sogno d'infanzia. Ma quando è accusato di avere violato l’accordo con un altro mercante d'arte, il suo mondo collassa». Rembrandt diventa così un espediente per condurre lo spettatore dietro le quinte del mondo dell’arte, facendogli scoprire ciò che si nasconde dietro un quadro appeso.

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lunedì 29 novembre 2021

Dall’antico Egitto al contemporaneo, a Bologna tutti i segreti della ceramica Faïence – Faenza

È una statuetta del faraone Sethi I, trovata nel 1817 dal padovano Giovanni Battista Belzoni nella Valle dei Re, a Tebe Ovest, ad aprire il percorso espositivo della mostra-dossier «Faïence – Faenza. Dall’antico Egitto al contemporaneo», a cura di Daniela Picchi e Valentina Mazzotti, allestita fino al 30 gennaio negli spazi del Museo civico archeologico di Bologna.
Particolarmente raro per materiale, dimensioni (circa ventisei centimetri), qualità di esecuzione e tono di azzurro, questo manufatto funerario, conosciuto con il nome di ushabti, introduce il pubblico alla sezione dedicata alla faenza silicea, che gli egiziani chiamavano «la brillante», le cui prime produzioni si attestano intorno al IV millennio a.C.. Questo tipo di faïence ante litteram era una maiolica creata con un quarzo friabile, ricoperto da una sottile invetriatura a base alcalina, così da assomigliare a pietre preziose come il turchese e il lapislazzulo, utilizzata, soprattutto nei decenni del Nuovo Regno (dal 1530 a.C. al 1080 a.C.), per decorare gli interni dei palazzi, per arricchire i corredi funerari e per infiniti altri manufatti di uso quotidiano.
Le caratteristiche estetiche così come le molteplici declinazioni cromatiche, oltre alla facilità di reperimento delle materie prime resero, infatti, la faïence di grande attrattiva e di ampia diffusione.
Un ulteriore aspetto da considerare è la valenza magica attribuita a questo materiale, con il quale furono realizzati gran parte degli amuleti in uso tra il popolo egiziano, ma anche un numero considerevole di statuette funerarie del tipo ushabti, la cui produzione è attestata dal Medio Regno all’Epoca Tolemaica (2046-306 a.C.). La maggior parte di questi manufatti ha aspetto mummiforme e raffigura principalmente il dio Osiris, il signore dell’Oltretomba; più rari sono quelli in abito di vivente.
Sempre dall’antico Egitto provengono pettorali e scarabei, che venivano appoggiati sulla mummia per indurre il cuore a non tradire il defunto nel tribunale dell’Oltretomba, permettendogli così di aspirare alla rinascita eterna sotto la protezione delle dee Isis e Nephtis.
Il focus tematico prosegue con una sezione dedicata alla faïence nel mondo islamico, di cui è un importante riferimento è il trattato sulla ceramica scritto nel 1301 da Abu’l Qasim, esponente di una famiglia di vasai di Kashan. Dieci parti di silice (sabbia), una parte di fritta alcalina (vetro macinato) e una parte di argilla bianca devono comporre il materiale, che ha un grande produttore nell’Iran, la cui industria si sviluppò già dalla fine dell’XI secolo in parallelo con quella egiziana.
Tra gli oggetti esposti, si segnala la brocca in faenza silicea con decorazione dipinta in nero sotto vetrina, di produzione iraniana del XII-XIII secolo, che mostra sul corpo globulare una decorazione impressa a «nido d’ape» a probabile imitazione delle coeve produzioni in vetro o in metallo. Di squisita realizzazione è, poi, il frammento di rivestimento murale, proveniente dall’Asia centrale e datato al XV secolo. Il mattone, probabile bordura a un pannello decorativo, mostra un intreccio di girali che creano quadrilobi con all’interno piccoli trifogli. Il profondo intaglio dell’ornato a rilievo è evidenziato dalla densa e lucente invetriatura turchese. Sotto i Timuridi (1370-1507), i portali, le cupole e intere pareti di edifici furono ricoperte di elementi ceramici invetriati, in faenza e in faenza silicea, dalle forme geometriche e vegetali che si intrecciano insieme a eleganti iscrizioni.
Il visitatore trova, quindi, una sezione espositiva dedicata alla faenza dipinta a lustro tra Oriente e Occidente. Si tratta di un complesso procedimento decorativo, applicato sul rivestimento vetroso già cotto, che dopo successiva cottura a temperatura relativamente bassa (tra i 650 e i 700°C) in ambiente riducente consente di ottenere pellicole metalliche dai riflessi iridescenti della madreperla e dalle tonalità generalmente giallo dorate e rosso rubino.
Già perfettamente sviluppata nell’Iraq abbàside del IX-X secolo, questa antica tecnica mutuata dall’arte vetraria giunse in Egitto sul finire del X secolo e conseguì vette di grande virtuosismo nella ceramica persiana del XII-XIII secolo.
Dall’Oriente la produzione faenza dipinta a lustro giunse in Occidente a seguito della conquista musulmana della Penisola Iberica che ebbe inizio nel 711 d.C. e terminò nel 1492 con la presa di Granada da parte dei re cattolici. Si affermò così lo «stile moresco», caratterizzato da decori geometrici, del quale sono uno splendido esempio le faenze smaltate (maioliche) con decorazione dipinta a lustro prodotte a Valencia nei secoli XV-XVII. Le forme tipiche sono piatti, ciotole, scodelle ad ampia tesa di diverse dimensioni e albarelli per contenere erbe officinali e vivande, nei quali gli artigiani adottarono un ricco repertorio decorativo di motivi vegetali a foglie di brionia, edera, felce, cardo, rosette, pseudo-margherite.
Questi manufatti esercitarono una notevole influenza stilistica sulla ceramica italiana del Quattrocento e del Cinquecento, soprattutto per quella delle fabbriche di Deruta e Gubbio.
L’ambivalenza semantica della parola «faenza», toponimo della città romagnola famosa per le sue maioliche, ma anche vocabolo che indica un genere di ceramica a pasta colorata, porosa, rivestita con uno smalto bianco, brillante, a base di ossido di piombo e di stagno, è centrale nella sezione dedicata al Rinascimento e al Barocco.
Tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500 si impose una cultura decorativa incentrata sulla figura umana, dipinta sulla superficie maiolicata del vasellame ma anche modellata in magnifiche composizioni scultoree con scene tratte dai miti della classicità o con soggetti di carattere devozionale raffiguranti la Madonna con il Bambino, la Pietà, il Compianto e la Natività.
Sono coeve le raffigurazioni pittoriche del vasellame amatorio con «belle», recante l’effige idealizzata della persona amata, da cui si giunse alla formulazione di vere e proprie «istorie».
La vera fortuna degli artefici faentini fu, però, l’elaborazione, a partire dalla metà del XVI secolo, di uno stile antitetico al vivace decorativismo e cromatismo delle maioliche precedenti, che per la predominanza dello smalto bianco, coprente e applicato a spessore, assunse la denominazione di «bianchi» di Faenza, la cui fortuna si protrasse per tutto il XVII secolo, alimentata dall’apprezzamento per gli esemplari delle botteghe di Virgiliotto Calamelli, dei Bettisi e di Enea Utili, solo per citare le più famose.
Tra i pezzi più preziosi di questa sezione c’è uno splendido calamaio in maiolica della fine del XV secolo, conservato ai Musei civici d’arte antica di Bologna, che raffigura i quattro Santi protettori di Bologna e la città turrita.
La mostra si chiude con una sezione dedicata al contemporaneo. Da Fontana a Leoncillo, da Melotti a Valentini, differenti esperienze hanno valorizzato l’antico linguaggio della Faenza. L’esposizione dà voce a Luigi Ontani, artista sperimentatore e anticonformista, che unisce ironia e narcisismo, mito e favola, Oriente e Occidente. La sua scultura «ErmEstEtica AiDialettica», realizzata in collaborazione con la Bottega Gatti di Faenza, è un omaggio alla cultura egizia e alla sua icona più emblematica, l’Erma.

Informazioni utili
«Faïence – Faenza. Dall’antico Egitto al contemporaneo». Museo civico archeologico, via dell'Archiginnasio, 2 – Bologna. Orari: lunedì, mercoledì, ore 9:00-14:00; giovedì, ore 15:00-19:00; venerdì, sabato, domenica, festivi, ore 10:00-19:00; martedì chiuso. Ingresso: intero € 6 | ridotto € 3 | ridotto speciale € 2 ≥ 18-25 anni | gratuito possessori Card Cultura. Sito web: www.museibologna.it/archeologico. Fino al 30 gennaio 2022

venerdì 26 novembre 2021

#notizieinpillole, cronache d'arte della settimana dal 22 al 28 novembre 2021

A GORIZIA UNA MOSTRA IMMERSIVA SU PINOCCHIO
Incline alla menzogna, intollerante alle regole, esuberante fino allo sfinimento, ma anche ingenuo e innocente come sanno essere solo i sognatori: il «burattino più discolo di tutti i discoli» compie centoquarant’anni. Era il 7 luglio 1881 quando Carlo Lorenzini, in arte Collodi, dava alle stampe sul «Giornale dei bambini», inserto settimanale del quotidiano «Il Fanfulla», la prima puntata «Storia di un burattino». Nasceva così Pinocchio, un romanzo per ragazzi che andrebbe riletto da grandi, perché in queste pagine lo scrittore toscano mette nero su bianco gli alti e bassi del nostro cammino in questo mondo, con gli immancabili momenti di crisi, con i presunti amici che ti voltano le spalle, con i furbi che cercano di ingarbugliare la matassa della vita, con la capacità di sognare un futuro diverso e di renderlo realtà anche quando sempre impossibile. Al bambino di legno più famoso di tutti i tempi guarda la nuova mostra immersiva negli spazi multimediali della EmotionHall del Tiare Shopping di Villesse, nel Goriziano, allestita fino al prossimo 31 marzo (tutti i giorni, dalle 10 alle 21).
L’esposizione, che si avvale del patrocinio della Fondazione Nazionale Carlo Collodi e della collaborazione di Giunti Editore, è ideata e diretta da Roberto Luciani, con la curatela di Marine Kevkhisvili.
Il percorso, della durata complessiva di circa sessanta minuti, si articola in 2000 metri quadrati allestiti in otto tappe che coinvolgono digitale e reale attraverso pannelli educativi e didascalie, teche e video con animazioni digitali, videomapping interattivo e bozzetti a colori, costumi originali e animazioni in realtà aumentata, burattini kinetici e teatro virtuale, fino ad arrivare all’esperienza immersiva vera e propria. Grazie al connubio di elementi digitali e interattivi e ad allestimenti e ricostruzioni teatrali, i visitatori possono ripercorrere le avventure del burattino di legno, sperimentando in prima persona le sensazioni provate da Pinocchio nel suo processo di crescita e di educazione per diventare un bambino a tutti gli effetti. La mostra analizza, inoltre, i personaggi principali del romanzo e i luoghi della storia, descritti nel loro possibile collegamento all’infanzia dell’autore.
A completare il percorso, è stata ideata una App scaricabile sul proprio smartphone permette al visitatore di acquisire informazioni sulla mostra, comprare i biglietti on-line, scattare dei selfie per postarli sui propri social e vivere, attraverso il proprio dispositivo, la realtà aumentata presente all’interno della mostra. È prevista, inoltre, una «Caccia al tesoro» con sette quesiti che consente ai più piccoli di scoprire curiosità e memorizzare alcuni aspetti importanti del racconto.
Per saperne di più: www.emotionhallarena.com

«IL SOLE È NUOVO OGNI GIORNO»: IL FRINIRE DELLE CICALI DIVENTA UN’OPERA D’ARTE
Prende spunto da un aforismo di Eraclito, «Il sole è nuovo ogni giorno», il titolo della prima mostra personale di Giuliana Storino (Manduria, 1986) nel suo paese natale: la Puglia. Fino al 31 dicembre il Museo archeologico di Santa Scolastica a Bari accoglie una selezione di opere site-specific, per la curatela di Giacinto di Pietrantonio, che dialogano con l’architettura del museo e rintracciano nell’archeologia, nel tema del Mediterraneo e del genius loci i segni di un’origine, geografica e culturale, che si fa crocevia di sapienza e mitologia, tra contemplazione e incanto.
Spaziando tra media e linguaggi eterogenei, l’artista trasla il linguaggio pittorico e scultoreo in una dimensione architettonico-ambientale, privilegiando il corpo e la sensorialità per sollecitare la partecipazione del pubblico.
Si attraversano così proiezioni aeree e ologrammi, elaborazioni fotografiche e installazioni sospese tra parola e forma, grazie alle quali si osserva il cambiamento dell’uomo in relazione al mondo tecnologico e all’ambiente.
Tra le opere ispirate alla storia pugliese sono in mostra «Cicàdidi» (2018 ologrammi e sound) e da «Cicàdidi, la cadenza della vita» (2021). Giuliana Storino ha infatti registrato dall’alba al tramonto il frinire continuo delle cicale nelle campagne baresi: una scansione dell’arco temporale di una giornata, realizzata grazie alle più recenti tecnologie, che trasforma l’impalpabile canto in volume del suono e realizza l’ossimoro dell’orecchio che vede e dell’occhio che sente.
Con «Ora et labora» (2021) o «Il peso del vuoto» (2018) si compie, invece, un percorso che spazia tra memoria e rinnovamento, che punta a ridefinire l’identità del luogo in cui è radicato e a rendere immortale il suo legame con esso.
Per saperne di più: http://www.cittametropolitana.ba.it/.

Nell'immagine: 
Light pillars, 2021, veduta mostra Il sole è nuovo ogni giorno, Chiostro Museo Arc.di Santa Scolastica

MILANO, UN GRANDE MURALES DI CAMUFFOLAB PER IL CERTOSA DISTRICT
Colori vivaci, forme geometriche che si susseguono, citazioni di elementi architettonici industriali simbolo di un’area in piena evoluzione: è una narrazione per immagini, del quartiere e della sua identità, quella che appare nel nuovo grande murale, lungo oltre 57 metri, appena realizzato a Milano su progetto dello studio grafico veneziano CamuffoLab in via Varesina 162, sul muro esterno del corporate campus La Forgiatura.
Il murales, intitolato «Quando la città cambia tu guarda i suoi colori», rappresenta l’avvio di una più ampia collaborazione e sinergia scaturita dall’incontro fra Signs, l’osservatorio permanente sul visual design che coinvolge oltre 100 progettisti e studi grafici italiani, e Certosa District, il quartiere nella zona nord-ovest del capoluogo lombardo attualmente al centro di una vivace rinascita che, dopo anni di abbandono, sta ora riemergendo come polo commerciale, popolato da industrie creative e aziende innovative in rapida crescita.
Forme diverse e colori decisi compongono una narrazione «a tessere» accostate l’una all’altra, per portare la città dentro a questi spazi e riflettere sul significato di quartiere; il graphic design diventa così strumento di cambiamento.
In occasione dell’inaugurazione, è stata annunciata la prima edizione del Milano Graphic Festival, il nuovo festival diffuso dedicato al graphic design, all’illustrazione e alle culture visive, a cura di Francesco Dondina, che dall’11 al 13 febbraio porterà un ampio calendario di appuntamenti, fra mostre, workshop, talk, lecture, studio visit e installazioni, in tutta la città, a partire dai due hub principali: il Certosa District e Base Milano.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.milanographicfestival.com.


PRATO, AL PECCI APRE L’URBAN CENTER
Uno spazio aperto al confronto e al dibattito, una sala per installazioni immersive, un teatro, un laboratorio di possibilità e strumento fondamentale per portare sempre più il museo a incontrare la città e i suoi cittadini: è tutto questo il nuovo «Urban Center», inaugurato sabato 20 novembre all’interno del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato.
Composto da una grande tenda isolante e fonoassorbente – il cui tessuto, ideato in collaborazione con aziende del territorio, è un omaggio alla grande tradizione tessile della città – «Urban Center» è stato studiato per essere continuamente ripensato nella forma grazie a un grande sipario che abbraccia lo spazio, permettendo in un solo gesto di attivare configurazioni sempre diverse.
In occasione dell’inaugurazione, il Centro Pecci ospita, nell’Ala grande, la mostra «L’arte e la città», a cura di Stefano Pezzato, che mette in dialogo un’ampia selezione di opere dalle collezioni museali con rari materiali d'archivio. Dipinti, sculture, installazioni, fotografie, video, insieme a disegni e stampe di quaranta protagonisti dell’arte italiana e internazionale presentano una panoramica dei rapporti fra creatività contemporanea e ambiente urbano. Tra gli artisti in mostra, i cui lavori saranno visibili fino al prossimo 12 giugno, si segnalano Jan Fabre (con Ilya Kabakov), Fischli & Weiss, Gilbert & George, Nan Goldin, Fausto Melotti, Nino Migliori, Fabrizio Plessi e Andy Warhol.
In occasione dell’apertura dell’Urban Center viene presentata, sotto il titolo «Urban Trilogy / Trilogia Urbana», anche una selezione di film incentrati sul tema della città firmati da Gianni Pettena e dai gruppi Superstudio e Ufo.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito internet www.centropecci.it.

Nella fotografia: Marco Bagnoli, Città del sole (lucernaio), 1988 | Città del sole, 1987-1997. Collezione del Centro Pecci e del Comune di Prato. Foto Carlo Fei 

AL MUSEO DEL TESSUTO DI PRATO UN PROGETTO PER BAMBINI E ADULTI AFFETTI DA AUTISMO
Si intitola «Intorno a te» il nuovo progetto di inclusione sociale destinato a bambini, ragazzi e adulti affetti da autismo ideato dal Museo del tessuto di Prato, con la collaborazione della Fondazione Opera Santa Rita - in particolar modo con il Centro Silvio Politano e il loro servizio ambulatoriale - e con l’associazione Orizzonte autismo.
Il programma, sostenuto da Banco Bpm, prevede quaranta incontri complessivi con percorsi differenziati per le tre tipologie di pubblico coinvolto: ventiquattro bambini a basso, medio e alto funzionamento dagli 8 agli 14 anni della sezione ambulatoriale, quindici adulti a basso, medio e alto funzionamento dai 18 ai 33 anni del Centro Politano e diversi nuclei familiari dell’associazione Orizzonte autismo.
I percorsi nascono dalla co-progettazione tra lo staff educativo del museo e gli esperti sanitari della Fondazione Santa Rita, che ha permesso di individuare le strategie più opportune per coinvolgere i partecipanti attraverso esperienze sensoriali e attività creative collegate ai temi della mostra attualmente in corso «Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba». Caramba».
Il museo diventa così non solo un luogo in cui scoprire l’arte, ma anche e soprattutto uno spazio in cui mettersi in relazione e trovare un contatto con gli altri, dove poter dar libero sfogo alla propria immaginazione e condividere pensieri ed emozioni.
A conclusione del progetto è previsto un momento di restituzione con le famiglie coinvolte per far conoscere alla comunità il lavoro svolto in questi mesi da questi ragazzi. «Perché – ricordano dal Museo del tessuto di Prato - le persone autistiche non sono un mondo a parte ma una parte del mondo».
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.museodeltessuto.it.

«MARIA JOSÉ», IN SCENA A ROMA «LA STORIA DELL’ULTIMA REGINA D’TALIA»

Irrequieta, anticonformista e fuori dagli schemi: Maria José di Sassonia Coburgo, la sposa di Umberto II di Savoia, l’ultima regina d’Italia, è protagonista del prossimo appuntamento in cartellone all’Off Off Theatre di Roma.
Nell’anno in cui ricorrono i vent’anni dalla scomparsa, il palcoscenico di via Giulia accoglie il nuovo spettacolo scritto e diretto da Silvano Spada, che vedrà in scena, fino a domenica 28 novembre, un’intensa Elena Croce, attrice protagonista di quarant’anni di teatro italiano con registi del calibro di Strehler, Luca Ronconi, Pressburger, Patroni Griffi e tantissimi altri.
Figlia del re del Belgio e consanguinea di Ludwig di Baviera, Massimiliano d’Asburgo e dello sfortunato principe Rodolfo, noto per la tragedia di Mayerling, Maria José ha intrecciato la sua vita con quelle di Benito Mussolini, Adolf Hitler, Gian Galeazzo Ciano, Vittorio Emanuele III, ma avuto anche rapporti con Ferruccio Parri, Pietro Nenni e, in qualche modo, ha partecipato alla Resistenza, portando armi ai partigiani piemontesi.
Già da principessa ereditaria, fuggiva dal Palazzo del Quirinale e dalle regole, frequentando trattorie romane e incontrando intellettuali antifascisti. Sfuggendo al cerimoniale, si sedeva sui gradini delle chiese per ammirare i monumenti di Roma. Di lei si è detto tutto e il contrario di tutto, si è parlato e scritto delle sue vere o presunte infedeltà coniugali e si sono fatte congetture sulle paternità dei suoi quattro figli. Era anche noto il suo amore per la musica e per la storia. Dal suo esilio di Merlinge, è stata autrice di libri e saggi. Fumava sessanta sigarette al giorno e non disdegnava il whisky. Moglie infelice e ferita ma, il suo ultimo desiderio, è stato di essere sepolta accanto a quello che, comunque, era stato suo marito: l’uomo del quale si era innamorata al primo incontro.
Lo spettacolo racconta, dunque, una storia che, nel bene e nel male, appartiene a tutti noi, quella dell’ultima donna che ha occupato, anche se per poco tempo (poco più di un mese, dal 9 maggio al 13 giugno 1946), il trono d’Italia prima della proclamazione della Repubblica.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito http://off-offtheatre.com/.

«OPEN ART», UN PROGETTO DI DIDATTICA DIGITALE ALLA GALLERIA DELL’ACCADEMIA DI FIRENZE
È stato inaugurato con un focus sul Maestro della Maddalena il nuovo progetto di didattica digitale della Galleria dell’Accademia di Firenze: «Open Art», nato da un’idea del direttore Cecilie Hollberg e realizzato da Federica Chezzi.
Attraverso dieci video animati, pubblicati con cadenza quindicinale sulla pagina https://www.galleriaaccademiafirenze.it/accademia-online/?slide=contenuti-didattici-4807, i più piccoli – bambini dai 6 anni in su, anche stranieri - potranno conoscere le opere conservate nella collezione del museo fiorentino, in un viaggio che spazierà dal Duecento all’Ottocento e che offrirà, di volta in volta, approfondimenti su soggetti e tecniche differenti.
Aperti da una sigla animata in stop motion, dopo una prima parte narrativa di approfondimento sull’opera selezionata, i video, della durata di circa otto minuti, proposti anche in lingua inglese, prevedono un tutorial per un laboratorio creativo da realizzare a casa o in classe. Le opere saranno raccontate da un attore o un’attrice con un linguaggio semplice e puntuale; le narrazioni saranno accompagnate da suoni, musiche e una grafica originale che ha lo scopo di catturare l’attenzione dei più piccoli e trasportarli all’interno delle opere, con visioni di dettagli che a occhio nudo non riusciremmo mai a vedere.
A inaugurare il progetto è stato, martedì 23 novembre, un focus sul Maestro della Maddalena e sul suo dipinto più celebre, la «Santa Maria Maddalena e otto storie della sua vita» (tempera e oro su tavola, databile al 1280-1285). Dopo aver descritto alcune curiosità sulla vita della Santa, il narratore introduce all’opera e al suo autore, purtroppo sconosciuto, prima di passare al laboratorio creativo che richiederà di cimentarsi nella realizzazione di un prezioso fondo oro, proprio come quello del Maestro della Maddalena.
I due video successivi saranno: il primo su Giotto, la sua arte e il suo modo di disegnare, e il secondo su Giovanni di Ser Giovanni, detto lo Scheggia, e il suo celebre Cassone Adimari.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.galleriaaccademiafirenze.beniculturali.it.

«GEN Z ART STORIEZ», GLI UNDER 25 RACCONTANO L’ARTE DELLA COLLEZIONE PEGGY GUGGENHEIM DI VENEZIA
Sono giovani. Amano l’arte in ogni sua forma. Guardano il mondo con occhi curiosi. Sono i protagonisti di «Gen Z Art Storiez», mini serie realizzata dalla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia con la collaborazione del portale Arte.it e con il sostegno economico di Lavazza.
Dal 24 novembre, e per i successivi mercoledì, sui canali social e web del museo lagunare verranno diffusi quattro video nei quali nove ragazzi dai 17 ai 24 anni racconteranno, attualizzandoli, i temi di alcuni capolavori della collezione di Peggy Guggenheim: «Paesaggio con macchie rosse n.2» di Vasily Kandinsky, «L’impero della luce» di René Magritte, «La pastorella delle sfingi» di Leonor Fini e «Dinamismo di un cavallo in corsa + case» di Umberto Boccioni. Ad affiancare i ragazzi nel loro racconto ci saranno quattro ospiti: il musicista Lorenzo Senni, i fotografi Piero Percoco e Matteo Marchi, la scrittrice e attivista Carlotta Vagnoli.
Davanti al paesaggio astratto di Kandinsky, Lorenzo Senni affronta, con Pietro ed Enrico, il tema dell’influenza reciproca tra discipline artistiche, e nello specifico il rapporto che lega arte e musica, fondamentale tanto per l’artista russo, autore de «Lo spirituale nell’arte», quanto per il musicista che afferma come l’arte visiva abbia sempre influenzato la sua musica, tanto da avergli fatto coniare termini quali «pointillistic trance».
La relazione tra sogno e realtà, sorpresa e incanto, è, invece, centrale nel dialogo tra Piero Percoco, Marcello e Sofia, davanti al capolavoro surrealista «L’impero della luce» di Magritte. La dimensione onirica e surreale, centrale nell’opera dell’artista belga, è altrettanto presente nell’immaginario visivo del fotografo, i cui scatti sono arrivati sulle pagine del «New Yorker», e, in generale, fonte d’ispirazione per andare oltre la realtà del mondo visibile.
Due temi attuali e urgenti del vivere contemporaneo quale la parità di genere e l’emancipazione del ruolo della donna oltre gli stereotipi di genere, emergono dal dialogo tra Alice C., Eugenia, e Carlotta Vagnoli, davanti all’enigmatica figura femminile, protagonista del dipinto «La pastorella delle sfingi» della Fini, un’opera, come la definisce scrittrice e divulgatrice fiorentina che utilizza le piattaforme social per trattare temi a lei cari, potente e molto contemporanea, in grado di parlare alle donne di oggi.
Infine, al centro dell’opera di Boccioni, «Dinamismo di un cavallo in corsa + case», emblema dell’avanguardia futurista, c’è la velocità e il movimento sui quali si confrontano Lorenzo, Alice S. e Matteo Marchi, fotografo sportivo per anni sul parquet delle grandi sfide dell’Nba, che focalizza i suoi scatti proprio su quella dinamicità per lui sinonimo di libertà.
Il dialogo e lo scambio attivo tra la Collezione Peggy Guggenheim e questo consolidato team di giovani proseguirà anche nel corso del 2022, con nuovi progetti, ideati con e per loro, legati alle tante attività in programma, quali la mostra temporanea «Surrealismo e magia. La modernità incantata», che aprirà al pubblico il 9 aprile 2022, e i Public Programs correlati.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina guggenheim-venice.it.

AL MEIS DI FERRARA UN CONCERTO DELLA ISRAEL KLEZMER ORCHESTRA PER LA FESTA DI HANUKKAH
Arriva a Ferrara una delle poche orchestre al mondo che ancora conoscono e valorizzano il repertorio klezmer. In occasione di Hanukkah, la festa ebraica dei lumi, il Meis – Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah organizza per martedì 30 novembre, alle ore 18, un concerto della Israel Klezmer Orchestra.
Direttamente da Gerusalemme, la band porterà nelle sale della realtà culturale emiliana il ritmo trascinante della musica popolare ebraica, sviluppatasi nei villaggi dell'Europa dell'Est e tuttora molto amata. Il gruppo, unico nel suo genere, possiede una dimensione e un'energia distintive che affondano le radici nel periodo in cui le orchestre di musica klezmer erano di gran moda, all'inizio del XX secolo.
I membri dell'ensemble suonano una varietà di strumenti come legni, ottoni, archi e percussioni, e molti di loro affiancano alla musica strumentale virtuosistica e alle danze tradizionali ebraiche il canto di brani in yiddish, ebraico e inglese.
Le esibizioni si trasformano in trascinanti momenti sociali, che coinvolgono il pubblico a ballare, cantare e prendere parte all'esperienza, mentre i musicisti dell'orchestra spesso si allontanano dal palco per unirsi alla folla.
La festa di Hanukkah si ricollega alla riconquista della libertà di culto degli ebrei, dopo le proibizioni inflitte dagli elleni nel II sec. a.e.v., e il miracolo dell'olio che durò otto giorni e permise di tenere accesa nel Tempio la Menorah, il lume perenne. Ancora oggi, ogni sera, per otto giorni, migliaia di famiglie ebraiche in tutto il mondo accendono la Hanukkiah, mangiano deliziose prelibatezze tradizionalmente fritte, cantano canzoni del repertorio classicamente legato alla ricorrenza e si scambiano doni.
Il concerto è gratuito, è consigliata la prenotazione chiamando il numero 342.5476621 (attivo da martedì a domenica, dalle ore 10 alle ore 18) o scrivendo a meis@coopculture.it.
Per maggiori informazioni: https://meis.museum/.

martedì 23 novembre 2021

Danza, musica, commedia e teatro d’autore: al via la nuova stagione del Maggiore di Verbania

È uno spettacolo dal titolo evocativo, che sembra un messaggio di speranza per questo tempo ancora incerto, quello che il teatro Maggiore di Verbania ha scelto per inaugurare la sua nuova stagione teatrale.
Martedì 23 novembre
, alle ore 21, va in scena «A riveder le stelle», un omaggio a Dante Alighieri, a settecento anni dalla morte, nel quale il giornalista Aldo Cazzullo conduce il pubblico tra i personaggi più conosciuti dell’«Inferno», la prima cantica della «Divina Commedia», in un percorso che spazia da Ulisse al conte Ugolino, da Farinata degli Uberti a Brunetto Latini e molti altri ancora.
Nello stesso tempo, lo spettacolo si configura come un viaggio tra le bellezze italiane: il lago di Garda, Scilla e Cariddi, le terre perdute dell'Istria e della Dalmazia, l'Arsenale di Venezia, le acque di Mantova, la «fortunata terra di Puglia», la bellezza e gli scandali di Roma, Genova, Firenze e delle altre città toscane punteggiano il racconto.
Aldo Cazzullo ricorda, inoltre, che lo scrittore toscano, padre della nostra lingua, ha contribuito anche alla nascita della nostra identità nazionale ed è stato un eccellente narratore dei vizi e delle virtù del nostro popolo. Nelle sue pagine c’è, infatti, la denuncia dei politici corrotti, dei papi simoniaci, dei banchieri ladri, degli usurai e di tutti coloro che antepongono l’interesse privato a quello pubblico, ma c’è anche l’esaltazione della capacità, tutta italiana, di resistere e di rinascere dopo le sventure, le guerre, le epidemie, sino «a riveder le stelle».
In scena con il giornalista del «Corriere della sera» ci sarà un ospite d’eccezione: il cantante Piero Pelù, fiorentino doc. Mentre la regia e le videoproiezioni sono di Angelo Generali.
La stagione della «città giardino sul lago Maggiore» proseguirà nella serata di mercoledì 1° dicembre, sempre alle ore 21, con il premio Oscar Nicola Piovani e il suo spettacolo «La musica è pericolosa – Concertato», nel quale il pianista racconta alcune tappe della sua carriera, rivelando – si legge nella presentazione - «i frastagliati percorsi che l’hanno portato a fiancheggiare il lavoro di De André, Fellini, Magni, registi spagnoli, francesi, olandesi, per teatro, cinema, televisione e cantanti strumentisti. Alternando brani teatralmente inediti e nuovi arrangiamenti delle sue più note composizioni,» il maestro darà vita a «un racconto fatto non solo di parole e musica, ma anche di immagini» che artisti come Lele Luzzati e Milo Manara hanno dedicato alla sua opera musicale.
Con il pianista saranno in scena: Marina Cesari (sax/clarinetto), Pasquale Filastò (violoncello/chitarra), Ivan Gambini (batteria/percussioni), Marco Loddo (contrabbasso) e Sergio Colicchio (tastiere/fisarmonica).
Il mese di dicembre, e più precisamente il tardo pomeriggio di domenica 12 (alle ore 18), vedrà sul palco del Maggiore di Verbania un classico delle feste di fine anno: il balletto «Lo schiaccianoci», nota favola per bambini scritta da Ernest T.A. Hoffmann, musicata da Pëtr Il'ič Ciajkovskij, nell’interpretazione della compagnia EgriBiancoDanza.
In questa versione, a cura di Raphael Bianco, la Fata confetto sarà il personaggio guida che conduce la giovane Clara in una progressiva maturazione attraverso sorprese non sempre felici ma utili, dove i topi rappresentano l’anima nera, i fantasmi e le inquietudini. Al centro dell’azione rimangono la notte di Natale, la magia, i sogni e il senso di smarrimento della ragazzina in un labirinto speculare fra mondo onirico e realtà, in un caleidoscopico ed elettrizzante gioco di scelte per trovare la strada giusta e riscoprirsi adulta.
La programmazione proseguirà domenica 19 dicembre, alle ore 21, con Maria Amelia Monti e Marina Massironi nella commedia «Il marito invisibile», scritta e diretta da Edoardo Erba. Lo spettacolo mette sotto i riflettori una tematica sempre più attuale: la scomparsa della nostra vita di relazione a favore del mondo virtuale. Al centro della storia – si legge nella presentazione - «una videochat fra due amiche cinquantenni, Fiamma e Lorella, che non si vedono da tempo». I saluti di rito, qualche chiacchiera e, poi, l’annuncio a sorpresa: «mi sono sposata». La cosa sarebbe già straordinaria di per sé, vista la proverbiale sfortuna di Lorella con gli uomini. Ma tutto assume i contorni dell’incredibile quando si scopre che il nuovo marito non ha difetti, ma una particolarità: è invisibile.
Il mese di dicembre porterà sul palco del Maggiore, nella serata di giovedì 23, anche il gospel, uno dei generi musicali più amati del periodo natalizio, con J. David Bratton e il Virginia Union Gospel Choir, formazione che accoglie i migliori cantanti e musicisti del gospel americano provenienti dalla Virginia e New York, per un totale di venti artisti. L’esibizione del coro, che da anni porta in giro per il mondo il suo messaggio di pace, sarà arricchita dalla solista Brittany Rumph, soprano di fama internazionale la cui tonalità vocale spazia nei più disparati generi, dall’opera lirica al jazz.
Mentre ad aprire il 2022 sarà, nella serata di martedì 4 gennaio, la danza con il Balletto Di Mosca - Russian Classical Ballet e la sua versione di «Giselle», storia classica e romantica di Théophile Gautier, musicata da Adolphe-Charles Adam, che incanta l'immaginario collettivo fin dalla sua prima messa in scena nel 1841nel prestigioso Théâtre de l'Opéra di Parigi.
Toccherà, quindi, salire sul palco a Isa Danieli e Giuliana De Sio, che martedì 18 gennaio proporranno lo spettacolo «Le signorine» di Gianni Clementi, per la regia di Pierpaolo Sepe: la storia di due sorelle zitelle, offese da una natura ingenerosa, che trascorrono la propria esistenza in un continuo e scoppiettante scambio di accuse reciproche. «Un testo irriverente e poetico – si legge nella sinossi - che ci ricorda come la famiglia sia il luogo dove ci è permesso dare il peggio di noi, senza il rischio di perdere i legami più importanti».
Chiuderà la programmazione di gennaio, nella serata di sabato 29, il musical «Ghost», su musiche di Dave Stewart e Glen Ballard, con la regia di Federico Bellone, trasposizione fedele del cult-movie della Paramount, tra i maggiori successi del cinema di tutti i tempi e vincitore dell’Oscar per la sceneggiatura, riscritto per il palcoscenico dallo stesso sceneggiatore della versione cinematografica, Bruce Joel Rubin.
Sabato 5 febbraio la danza farà il suo ritorno sul palco del Maggiore con la MM Contemporary Dance Company e lo spettacolo «Gershwin Suite/Schubert Frames», per le coreografie di Michele Merola ed Enrico Morelli. Nella prima parte un collage di musiche di Franz Schubert faranno da colonna sonora un ritratto delle molte anime dell’uomo contemporaneo, «dove l’amore lascia il posto al disinganno, il distacco alla condivisione, la passione al timore, e viceversa, in un andare e venire fra crescendo e diminuendo, a rivelare interi universi e legami segreti». La seconda parte, invece, fonde i migliori brani di George Gershwin, musicista tra i più rappresentativi del Novecento, con le suggestioni provenienti dalle opere pittoriche di un altro grande artista americano del ‘900, Edward Hopper.
Seguirà, giovedì 10 febbraio (ore 21.00), «Il delitto di via dell’Orsina (L’affaire De La Rue De Lourcine)», spettacolo per l’adattamento e la regia di Andrée Ruth Shammah, con Massimo Dapporto, Antonello Fassari, Susanna Marcomeni, Andrea Soffiantini e Francesco Brandi. Sarà, poi, la volta, nella serata di venerdì 18 febbraio, di «Party Girl», per la regia e per la coreografia Francesco Marilungo: un’indagine sul concetto di corpo femminile come oggetto del desiderio individuando l’essenza stessa del desiderio nella figura della prostituta.
Il mese di marzo si aprirà con «Servo di scena», una delle commedie più importanti del Novecento, che nella serata di martedì 1 vedrà in scena Geppy Gleijeses, Maurizio Micheli e Lucia Poli, sotto la regia di Guglielmo Ferro. Il pubblico verrà trasportato nell’Inghilterra del 1942: un gruppo di attori di una compagnia di giro si prodiga a tenere alto il morale degli inglesi e porta nei teatri il repertorio di Shakespeare. Sir Ronald, capo comico della compagnia, ormai sul viale del tramonto ma capriccioso, dispotico e vanitoso, continua a recitare perché è la sua unica ragione di vita. Insieme a lui il suo «servo di scena», Norman, che in realtà gli fa da segretario, consigliere, suggeritore, amico e molto altro. I due vivono nell’illusione che l’arte possa sconfiggere le forze oscure della guerra, di ciò che rende la nostra vita meno felice.
La scena sarà, quindi, occupata da Ale e Franz, che lunedì 14 marzo metteranno in scena, con la regia di Alberto Ferrari, «Comincium». A seguire, martedì 22, Sebastiano Lo Monaco impersonerà, sotto la guida di Yannis Kokkos, «Enrico IV», uno dei testi più geniali e affascinanti di Luigi Pirandello, studio sul significato della pazzia e sul tema del rapporto, complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità. Il mese di marzo si chiuderà, quindi, con la comicità di Lillo e Greg, che martedì 29 marzo proporranno il loro nuovo varietà, «Gagmen Upgrade».
Sabato 23 aprile il palco del Maggiore vedrà, dunque, in scena due importanti interpreti del teatro contemporaneo, Umberto Orsini e Franco Branciaroli, con «Pour Un Oui Ou Pour Un Non», commedia di Nathalie Sarraute, una delle più importanti scrittrici francesi della seconda metà del Novecento, che ha occupato un posto importante nell’alchimia tra teatro dell’assurdo e teatro del quotidiano. Lo spettacolo – per la regia, le scene e i costumi di Pier Luigi Pizzi - mette al centro della scena la forza delle parole, quelle non dette o quelle pronunciate con accenti ambigui, che possono creare malintesi e guastare anche la migliore delle amicizie.
Mentre a chiudere la stagione sarà la compagnia EgriBiancoDanza con l’anteprima nazionale di «Einstein - The Dark Matter». Quale è il senso del tempo, lo spazio di una azione e la sua logica? La realtà e la logica delle nostre azioni può essere solo apparente? In quale forma, dinamica, in quale tempo e in quale spazio si configurano? Sono queste le domande a cui cerca di rispondere il nuovo lavoro di Raphael Bianco, in cartellone nella serata di sabato 14 maggio. Alla base dell’intero lavoro c'è un processo di cattura del suono generato dai danzatori in tempo reale (corpo, respiro e voce) attraverso specifici sensori curati dell’artista-musicista Andrea Giomi
 Un cartellone, dunque, vario quello della nuova stagione del Maggiore di Verbania, all’insegna della qualità e della «leggerezza, da non intendersi assolutamente – racconta la direttrice artistica Renata Rapetti - come superficialità, ma come cultura, spensieratezza e voglia di stare insieme, per provare ad alleggerire il peso degli ultimi mesi», le ferite del recente passato.

Informazioni utili 
www.ilmaggioreverbania.it

venerdì 19 novembre 2021

#notizieinpillole, le cronache d'arte della settimana dal 15 al 21 novembre 2021

ELOGIO ALL’ANTICO: QUATTRO IMPERDIBILI ASTE DA CAMBI
Porcellane, argenti, cornici, dipinti, arredi: sono pezzi che raccontano una storia quelli che vanno in scena dal 19 al 22 novembre a Genova, nelle sale del Castello Mackenzie, prima di essere battuti all'incanto. La casa d’aste Cambi chiude, infatti, questo mese con tre giorni di aste dedicate al collezionismo tradizionale, presentando più di milletrecento lotti, che spaziano dalla mise en place di lusso agli Old Masters.
Si inizierà il 23 novembre con «L’art de la table», un appuntamento diventato ormai una tradizione da Cambi, che presenterà raffinatissimi servizi da tavola preziosi cristalli, rari argenti, oltre a qualche bizzarro oggetto decorativo che rende gli appuntamenti conviviali ancora più eleganti.
Tra i servizi saranno all’asta anche le celebri creazioni Herend, Flora Danica, Royal Copenaghen ed Hermès; mentre per i bicchieri saranno in catalogo molti cri-stalli Saint-Louis e Baccarat, il tutto arricchito da rari argenti e da preziose tovaglie ricamate a mano.
La giornata successiva, il 24 novembre, si dividerà tra una selezione di circa trecento cornici del XVI-XVII-XVIII secolo e un catalogo di dipinti antichi. Tra i pezzi più pregevoli che verranno battuti nel pomeriggio spiccano «Davide e Betsabea» del sarzanese Domenico Fiasella (stima: 10.000 – 15.000 euro), uno dei principali esponenti della scuola barocca in Liguria, e un grande olio su tela attribuito al senese Niccolò Tornioli raffigurante l’«Apparizione della Madonna con il Bambino a un santo sacerdote mentre celebra una funzione» (stima: 10.000 – 15.000 euro), di-pinto che accoglie influenze emiliane in un palinsesto di rigore compositivo e che ricorda le esperienze del tardo manierismo senese.
Le tornate dedicate all’antico si concluderanno giovedì 25 novembre con l’ultimo imperdibile ap-puntamento: «Dimore italiane», una raccolta di opere e arredi provenienti da importanti collezioni. Tra i lotti in asta, come il nucleo di arazzi fiamminghi e l'importante monetiera, spicca la collezione di Terry Vaina, interior designer di fama internazionale, conosciuta soprattutto per i suoi interventi a Capri e a Roma. La raccolta di opere presentata da Cambi descrive la sua straordinaria vita e carriera da creativa, in continuo movimento tra Roma, Parigi e il Messico.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito cambiaste.com

Nelle foto: 1. Niccolò Tornioli (attribuito a), Apparizione della Madonna con il Bambino a un santo sacerdote mentre celebra una funzione; 2. Scuola romana del XVIII secolo, Madonna con Bambino. Stima: 6.000 - 8.000 euro

«ROMA ARTE IN NUVOLA»: ALL’EUR UNA NUOVA FIERA D’ARTE
È una delle architetture più scenografiche e avanguardistiche della capitale a ospitare la prima edizione di «Roma Arte in Nuvola», la fiera internazionale di arte moderna e contemporanea, diretta da Adriana Polveroni, in programma dal 18 al 21 novembre nel quartiere Eur.
La Nuvola, progettata da Massimiliano Fuksas;, accoglie nello spazio di 7.000 metri quadrati un centinaio di gallerie italiane e straniere specializzate nel Novecento e nelle tendenze emergenti di oggi con opere che includono pittura, scultura, installazione, video, performance. L’offerta espositiva è suddivisa in tre sezioni: «Main section», «New entries», «Solo show». L’arte moderna si sviluppa al «General Floor (piano terra) mentre il contemporaneo al «Forum» (primo livello).
A sottolineare la vocazione internazionale della capitale, ogni anno la fiera ospita l’arte di un Paese straniero. Si inizia con la mostra «Israel Landscape», curata da Ermanno Tedeschi e Vera Pilpoul, che presenta le opere di diciassette artisti, nati o attivi in Israele, che operano tra scultura, pittura, fotografia e ricamo: dall’israeliana di origine etiope Michal Mamit Worke all’artista proveniente da un villaggio druso Fatma Shanan, fino a esponenti della comunità ortodossa come Chana Goldberg.
Gli ampi spazi della Nuvola hanno, inoltre, consentito l’allestimento di più di una trentina di progetti speciali: mostre ed exhibit realizzati da artisti, istituzioni culturali e collezioni, che proporranno lungo il percorso opere, installazioni e video, tra cui «L’omaggio a Lucio Dalla» di Domenica Regazzoni o «Carta bianca. Una nuova storia. 49 artisti x 49 copertine», un progetto di Valentina Ciarallo per «Vogue».
Sono, inoltre, in cartellone i talk «Ripensando Roma. E non solo», con una trentina di ospiti tra direttori di musei, artisti, critici collezionisti, rappresentanti di spazi indipendenti, che faranno il punto sulla situazione post pandemica e sulle prospettive future. «L’arte a Roma: un affare pubblico e privato», «Diritto e mercato, tra Art Bonus, fiscalità, Iva», «Arte e comunicazione: new media, social media ed editoria» sono gli argomenti al centro degli appuntamenti.
Durante la fiera saranno assegnati anche quattro premi: «The Best» per la migliore presentazione d’artista per stand, allestimento, comunicazione e grafica; «Rock» per l’allestimento più originale dello stand; «Young» per la migliore galleria under 5 (ovvero le gallerie appena nate) e «Absolute Modern» per il migliore allestimento tra le gallerie di arte moderna.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.romaarteinnuvola.eu.

Nelle foto: 1. Iakovos Volkov, Tear the system apart (Resist), 2021. Fluorescent lights, VHS tapes and nails, 375x200cm. Alibi Gallery,Atene; 2. Claudio Costa, Il nido dell'ambra, 1981. Tecnica mista, 90 x 60 cm. Galleria Michela Rizzo,Venezia 
 
«BUONGIORNO SIGNOR MORANDI», QUINDICI PROTAGONISTI DELLA CULTURA ITALIANA NEI DISEGNI DI GIORGIO LODI
Ci sono i ritratti degli storici dell’arte Francesco Arcangeli, Cesare Brandi, Palma Bucarelli e Roberto Longhi, ma anche di personaggi del cinema come Michelangelo Antonioni, Vittorio De Sica e Monica Vitti nella mostra «Buongiorno, signor Morandi», allestita fino al prossimo 9 gennaio a Bologna, negli spazi di Casa Morandi.
Il titolo dell’esposizione, curata da Carlo Zucchini, racchiude l’essenza del progetto: ricostruire, attraverso una selezione di ritratti, ma anche lettere, fotografie e altri materiali, la costellazione di persone illustri - amici e conoscenti - che hanno incontrato l’artista nel corso della sua vita.
Documentare questo aspetto della vita di Giorgio Morandi permette di scardinare l’immagine più volte erroneamente veicolata di un artista isolato e di testimoniare come la riservatezza e la discrezione dietro cui l’artista si è sempre trincerato non gli abbiano impedito di intrattenere ricche relazioni intellettuali con artisti, letterati, critici, collezionisti e personalità del mondo del cinema.
I ritratti, in tutto quindici, sono stati realizzati da Giorgio Lodi, con un tratto al limite del naif e del fumetto. Sono disegni che stupiscono per la precisione del tratto e la cura del dettaglio che raggiunge la sua massima espressione nella trama dei vestiti e delle stoffe. Questi volti, attraverso un sapiente uso del chiaroscuro e un’attenzione quasi maniacale alla verosimiglianza, ci raccontano la dimensione intima e quotidiana dell’artista.
L’esposizione, a ingresso gratuito, è aperta il sabato, dalle ore 14 alle ore 17 e la domenica, dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 14 alle ore 17. Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.mambo-bologna.org/museomorandi/.

DA FORTUNATO DEPERO A ANDY WARHOL: LE MOSTRE DEL SALONE DELLA CULTURA
Da Fortunato Depero a Bruno Munari, senza dimenticare Andy Warhol: è ricco di mostre il Salone della cultura, in programma il 20 e il 21 novembre all’interno del nuovissimo spazio di Superstudio Maxi a Milano (sabato e domenica, dalle ore 10:00 alle ore 20.00; ingresso € 7,00). In questa quinta edizione - che si tiene negli stessi giorni di BookCity, manifestazione dedicata alla lettura che ha scelto come tema portante la parola «Dopo» - saranno presenti oltre duecento espositori che presenteranno circa 400mila titoli: dall’incunabolo (volume manoscritto antecedente al 1455) al libro d’artista, senza dimenticare vere e proprie chicche per i collezionisti. Tra i pezzi in visione si segnalano una rarità come il «Varon Milanes» di Giovanni Capis (1606), esistente in pochissimi esemplari, e la «Storia genuina del Cenacolo insigne dipinto da Leonardo da Vinci», pubblicata da padre Domenico Pino, prima monografia del 1796.
Sei le mostre in programma. Si omaggerà Dino Buzzati, a cinquant’anni dalla scoperta, con un’esposizione delle prime edizioni delle sue opere letterarie: dal «Deserto dei Tartari» alle varie ristampe dell’«Invasione degli orsi in Sicilia», fiaba della quale verrà esposta anche la prima pubblicazione, quella del 1945 sul mitico «Corriere dei Piccoli». Lettere, edizioni straniere e alcuni quadri completeranno il percorso espositivo a cura di <Marco Perale. Di Fortunato Depero sarà, invece, visibile per la prima volta il manoscritto «Il pubblico e l'artista», redatto tra il 1946 e il 1947. Attraverso uno stratagemma – quello di un dialogo immaginario con tre visitatrici presenti a una sua mostra, nel 1946 a Milano –, il maestro roveretano espone la sua concezione artistica, l’impatto che l’arte del Novecento ha avuto con il Futurismo, il suo modo di vedere la creatività e la vita. Mentre di Bruno Munari sarà in mostra l’intera collana «I satelliti», inventata all’inizio degli anni 70 per l’editore Bompiani, in un percorso che spazia da «L’uomo come fine» di Alberto Moravia a «La scienza e la classe operaia» di Bogdanov.
Andy Warhol, il papà della Pop art, verrà omaggiato con una selezione di una quarantina di sue copertine per LP, alcune delle quali entrate nella storia dell’arte e del costume, come quella di «Sticky fingers» dei Rolling Stones (1971), con una vera cerniera lampo per jeans montata sulla cover.
Altra mostra da non perdere è «War Rugs», con venti straordinari esemplari di tappeti afghani, provenienti dalle raccolte – complementari per gusto e genere di manufatti - di Luca Emilio Brancati e Amedeo Vittorio Bedini, che insieme hanno firmato il volume «Tappeti delle guerre afghane» (Luni Editrice).
Non mancherà, infine, un tributo alla Croce rossa italiana con la rassegna «Dalla Grande guerra e dalla Spagnola al Covid -19», nella quale potrà essere visto anche un campo di primo soccorso del primo conflitto bellico.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.salonedellacultura.it.  

«GHIRIBIZZI», ALLA FONDAZIONE CINI DI VENEZIA VENTUNO DISEGNI INEDITI DI GILLO DORFLES
La Fondazione Giorgio Cini di Venezia rende omaggio al genio creativo di Gillo Dorfles (1910-2017), pietra miliare nella critica d'arte del Novecento, con la mostra «Ghiribizzi», a cura di Aldo Colonetti e Luigi Sansone. Nella Sala mostre della Biblioteca in Manica Lunga sono esposte fino al 31 gennaio ventidue opere, di cui ventuno disegni inediti e il dipinto «Vitriol».
Tra i lavori in mostra, tutti pubblicati nel catalogo pubblicato per l’occasione da Electa, si segnalano: «Tra le onde», un segno continuo che delinea due figure amorfe tentacolari che fluttuano divertite in mare, «La gara dei seni», dove due esseri femminili mettono apertamente in mostra le loro forme, e «Ripulsa», in cui un uomo di spalle si allontana tristemente dopo avere ricevuto un rifiuto dalla sua ‘bella’. Si possono anche vedere «Un cane fedele», una divertente scenetta con un cane che segue fedelmente il suo ‘padrone’ dalle sembianze luciferine; «Al sole dei tropici», dove domina un’atmosfera di calura estiva resa dal sole e dall’albero sfrondato, e «Lavata di testa» con il suo intreccio convulso di segni.
In mostra c’è anche il quadro «Vitriol» (2010, nella foto) acronimo della frase latina «Visita interiora terrae rectificando invenies occultum lapidem» (Visita l’interno della terra e rettificando troverai la pietra nascosta). L’opera rappresenta una figura amorfa grigio-verde definita dal curatore Luigi Sansone «inquietante ed enigmatica, i cui occhi accesi, penetranti e ipnotici scrutano e incantano da lontano». Al centro della figura appare racchiusa in sequenza la scritta latina e si notano le sette lettere scritte in nero a grandi caratteri che formano la parola «Vitriol».
Per maggiori informazioni: www.cini.it.

AL CINEMA UN DOCUMENTARIO SU FRIDA KAHLO DI ALI RAY
Chi era veramente Frida Kahlo? Prova a rispondere a questa domanda il nuovo documentario di Ali Ray, prodotto da Phil Grabsky e distribuito da Adler Entertainment, nelle sale cinematografiche italiane dal 22 al 24 novembre.
Girato per la maggior parte nella celebre abitazione dell’artista, Casa Azul (Casa Blu), a Città del Messico, il film offre un accesso privilegiato alle opere di Frida Kahlo e mette in evidenza la fonte della sua febbrile creatività, la sua resilienza e la sua ineguagliabile passione per la vita, la politica, gli uomini e le donne.
Una serie di interviste e commenti qualificati di esperti di fama mondiale scavano nei meandri del mondo della pittrice messicana, restituendoci un ritratto personale e intimo, che va oltre i colori brillanti dei suoi abiti, le grandi sopracciglia, le corone di fiori tra i capelli, ovvero tutto ciò che l’ha resa un’icona del Novecento.
«Dirigere questo film – racconta Ali Ray - ha cambiato totalmente la mia visione di Frida Kahlo come artista. Prima non le avevo prestato molta attenzione, sentendomi un po' scoraggiata dall'onnipresenza della sua immagine come icona sulle copertine di cuscini e magliette. Ora, avendo studiato le sue opere più da vicino e comprendendo il loro contesto di tempo e luogo, ne sono completamente affascinata. Avere accesso alle sue lettere personali è stata una parte fondamentale della realizzazione del film e nella mia comprensione del suo lavoro. Mi ha permesso di vedere come la fragilità e le insicurezze rivelate nelle sue lettere siano state elaborate attraverso l'atto della pittura. Le sue tele meticolosamente dipinte erano il suo modo di interpretare il mondo, la sua politica, le sue passioni ed emozioni, trasformandole in immagini di forza, sfida e comprensione».
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito http://www.adler-ent.com/.



A BOLOGNA UNA MOSTRA IMMERSIVA SU FRIDA KAHLO
Abiti sgargianti, monili di ispirazione etnica e tribale, esuberanti fiori tropicali, colorati teschi di zucchero per il Giorno dei morti: l’iconografia del Messico ha la sua musa in Frida Kahlo, una delle artiste più amate del Novecento. Tutto questo rivive fino al prossimo 27 febbraio a Bologna, negli spazi di Palazzo Belloni (in via de’ Gombruti 13/ a), con la mostra immersiva «Ojos que no ven corazón que no siente» («Occhio non vede, cuore non duole»), promossa dalla star up torinese Next Exibition e curata da Alejandra López.
Nelle sale storiche della dimora felsinea, risalente al periodo a cavallo fra il XVII e il XVIII secolo, sono allestite trentotto immagini, non stampe originali ma riproduzioni moderne, che ripercorrono le varie fasi della vita dell’artista: l’infanzia, la giovinezza con la sua voglia di ribellione, l’incontro con il marito Diego Rivera, i legami con i surrealisti León Trotsky e André Breton, la passione per gli animali.
Nel percorso sono presenti anche riproduzioni di abiti e monili, oltre alle ricostruzioni di due ambienti cari a Friga Kahlo: la camera da letto e lo studio di Casa Azul. In mostra si possono, poi, vedere proiezioni multimediali che trasportano e coinvolgono ancora di più il visitatore nel mondo della pittrice messicana, come un corridoio di farfalle e luci arcobaleno, e un documentario di Sky Arte sul rapporto d’amore con Diego Rivera, dal titolo «Artists in Love».
Per maggiori informazioni sulla mostra, sugli orari di apertura e sui costi dei biglietti è possibile consultare la pagina https://fridakhaloexperience.com/.

«I GATTI NELL'ARTE», UN LIBRO POP-UP CON LE ILLUSTRAZIONI DI SUSAN HERBERT
È da poco uscito in libreria «I gatti nell’arte» (cartonato 16 x 20 cm, 16 pagine pop-up interamente illustrate, € 12,90, codice ISBN: 978-88-6648-461-5), un libro pop-up di 24 Ore Cultura che celebra lo straordinario talento di Susan Herbert, illustratrice britannica diventata famosa per le sue reinterpretazioni in chiave felina dei grandi capolavori della storia.
Dal «Ritratto dei coniugi Arnolfini» di van Eyck a «La nascita di Venere» di Botticelli, da «Las Meninas» di Velázquez all’«Ofelia» di Millais, il volume racchiude alcune tra le illustrazioni più belle realizzate dall’artista, le cui opere fanno ormai parte dell’immaginario collettivo fin dagli anni Novanta. Susan Herbert è infatti conosciuta come una delle «cat artist» più rinomate del mondo, con un tratto raffinato e molto attento ai particolari.
Ogni opera del libro è accompagnata da piccoli testi ironici e valorizzata dall’effetto tridimensionale, che sembra quasi portare il lettore nella camera matrimoniale dipinta da van Eyck, davanti al bancone del bar parigino Folies-Bergère o ancora sull’altalena insieme alla fanciulla protagonista del quadro di Fragonard.
Le splendide illustrazioni rivelano non solo un sottile umorismo, ma anche una rara capacità di catturare quegli atteggiamenti felini così immediatamente riconoscibili per tutti gli amanti dei gatti.
Per maggiori informazioni: www.24orecultura.com.

AL VIA I RILIEVI PER LA REALIZZAZIONE DEL GEMELLO DIGITALE DELL’ORATORIO DI SAN GIORGIO A PADOVA
Dopo aver dato nuova luce, grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e di Iguzzini, agli affreschi di Altichiero da Zevio, inseriti dall’Unesco tra i patrimoni dell’umanità, la Veneranda Arca di S. Antonio punta ora, grazie alle nuove tecnologie, alla realizzazione di un modello digitale dell’oratorio di San Giorgio, situato in piazza del Santo a Padova.
Il gemello digitale, grazie alla messa a disposizione delle competenze e metodologie di Geomapping 3D ad alta precisione dell’azienda Geolander.it di Conselve (Pordenone), rappresenterà l’edificio storico in ogni suo elemento, dando la possibilità di fruire nel tempo dei dati raccolti in modo da mantenere immutata la sua identità originaria anche durante futuri ed eventuali lavori di restauro.
Il lavoro messo in atto prevede una prima fase di rilievo, che vedrà l’utilizzo delle moderne tecnologie della fotogrammetria digitale ad alta definizione e della rilevazione laser scanner, dalle quali saranno ricavate le cosiddette nuvole di punti. A partire dall’elaborazione e fusione dei dati raccolti verrà poi ricostruito digitalmente l’edificio, arrivando alla realizzazione del modello digitale gemello nella sua interezza.
Il progetto rientra nelle azioni promosse nell’ambito del comitato di pilotaggio che presiede, sotto l’egida del Comune e la partecipazione degli enti proprietari, la gestione dei siti affrescati del Trecento, ora inseriti nella World Heritage List, e va pienamente nel senso delle raccomandazioni dell’organismo internazionale, per una conservazione e una valorizzazione attenta dei beni ora riconosciuti patrimonio dell’umanità, come è appunto l’oratorio di San Giorgio.
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.arcadelsanto.org. Vedi anche: https://foglidarte.blogspot.com/2021/03/padova-oratorio-san-giorgio-altichiero-da-zevio.html

ANCORA DUE MESI PER VEDERE LA MOSTRA «TURANDOT E L’ORIENTE FANTASTICO DI PUCCINI, CHINI E CARAMBA»
È stata prorogata fino a domenica 23 gennaio la mostra «Turandot e l’Oriente fantastico di Puccini, Chini e Caramba» al Museo del tessuto di Prato. Per l’occasione il percorso espositivo si arricchisce di una nuova opera: un inedito bozzetto eseguito a matita da Galileo Chini su un foglio di carta dell’hotel Splendid di Milano, albergo in cui l’artista soggiornava quando doveva mostrare i bozzetti delle scenografie della «Turandot» a Casa Ricordi.
Dell’opera, databile tra il 1924 e il 1926, si erano perse le tracce dal 1964, quando Gianni Vianello l’aveva pubblicata nella monografia «Galileo Chini e il liberty in Italia». L’attuale proprietario si è spontaneamente proposto di prestare al museo pratese il bozzetto, importante per gli studi sui costumi della Turandot perché presenta dettagli di scenografie, di costumi e di copricapi.
Un’altra novità è l’ingresso in mostra del dipinto «Figura femminile vestita con costume orientale - ricordo del Siam» (1935), olio di Galileo Chini, che va a sostituire la «Danzatrice siamese». Il nuovo dipinto è un ulteriore testimonianza di come il pittore, anche a distanza di tempo dal suo viaggio in Siam, ripensa costantemente all’Oriente, citando nei suoi dipinti gli oggetti della sua collezione. La corona con cui è raffigurato il personaggio, infatti, è simile a quella esposta al Museo del Tessuto insieme al costume Thai.
Nell’ambito delle attività collaterali, che prevedono anche visite guidate ogni domenica pomeriggio, è in programma una conferenza on-line dal titolo «I gioielli di Turandot. Documenti storici e restauro», incentrata sull’ornamento da testa del primo atto e sulla fastosa corona del secondo atto. L’appuntamento è in programma per martedì 15 dicembre, alle ore 17:30, su Facebook e YouTube. Presenta Daniela Degl’Innocenti, conservatrice del Museo del tessuto di Prato e curatrice della mostra; intervengono Elisabetta Franchi dell’Archivio Corbella di Milano, ed Elena della Schiava, restauratrice che ha eseguito il restauro sui gioielli.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina www.museodeltessuto.it/mostra-turandot/.

«NAUFRAGHI SENZA VOLTO», AL PICCOLO DI MILANO UNA LETTURA TEATRALE SULLE TRAGEDIE DEL MEDITERRANEO
È raro soffermarsi a pensare alla sofferenza di chi ha visto una persona cara partire alla ricerca di un futuro migliore senza sapere se ce l’abbia fatta, se stia bene o se lo rivedrà mai. Questo sentimento ha un nome. Si chiama «ambiguous loss» («perdita ambigua») e lo si prova quando il silenzio fa rumore e instilla un dubbio. Chi è partito, forse, non ce l’ha fatta, ma rielaborare un lutto in assenza di un corpo a confermarne la morte è difficile, se non impossibile.
Se alla sofferenza personale si aggiungono carenze di carattere tecnico, come vuoti normativi e inadempienze da parte di enti e istituzioni, il dolore si trasforma in rabbia e il problema diventa anche sociale. Lo sanno bene a Labanof, Laboratorio di antropologia e odontologia forense dell’Università degli Studi di Milano, diretto da Cristina Cattaneo, che, attraverso le analisi autoptiche, restituisce identità e dignità ai profughi morti in mare.
Da questa esperienza è nato un libro, «Naufraghi senza volto» (Raffaello Cortina Editore, Premio Galileo 2019), che lunedì 29 novembre, alle ore 20:30, va in scena al Piccolo Teatro Strehler di Milano in una lettura teatrale con Angela Finocchiaro e Renato Sarti.
Il libro, scritto da Cristina Cattaneo, e lo spettacolo raccontano i naufragi dell’ottobre 2013 e, soprattutto, la tragedia del 18 aprile 2015. In quest’ultimo caso, la nave affondò con circa novecento persone a bordo e l’equipe del Labanof effettuò sui 566 corpi recuperati le analisi autoptiche, la catalogazione dei vestiti e degli oggetti ritrovati e mise i risultati al servizio dei familiari dei dispersi, per permettere loro il riconoscimento delle vittime. Il Labanof è riuscito a realizzare un piccolo miracolo: restituire alle vittime senza nome dei naufragi del Mediterraneo «una storia, un’identità e perfino la dignità».
Il costo dei biglietti varia dai 33 ai 26 euro. Per informazioni è possibile consultare il sito www.piccoloteatro.org.

«SECOND LIFE: TUTTO TORNA»: UN CONCORSO D’ARTE PER RACCONTARE LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE
Nuovi linguaggi per parlare di salvaguardia del pianeta e di sostenibilità ambientale: ecco quanto cerca «Second life: tutto torna», un concorso per giovani artisti under 29 lanciato da Alia Servizi Ambientali Spa, l’azienda toscana che gestendo il ciclo integrato dei rifiuti urbani nelle province di Firenze, Prato e Pistoia, offre una seconda vita ai nostri scarti.
Gli artisti si dovranno misurare con qualsiasi materiale - pittura, scultura, fotografia, audiovideo - sui temi della salvaguardia del pianeta, della sostenibilità ambientale, del riciclo, riuso e recupero della materia, della valorizzazione degli scarti che ogni giorno produciamo nelle nostre case che, se ben differenziati e valorizzati attraverso una moderna rete impiantistica, possono avere una seconda vita e tornare ad essere utili limitando il nuovo spreco di risorse, inquinamento, emissioni.
Curatore del progetto, che intende diventare un appuntamento annuale, è Marco Meneguzzo, docente di storia dell’Arte all'Accademia di Brera con una straordinaria esperienza da curatore di mostre per le più importanti istituzioni pubbliche e private italiane. In giuria ci saranno anche Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, Valentina Gensini, direttore artistico di Murate Art District, Sergio Risaliti, direttore artistico del Museo Novecento di Firenze, Alexander Pereira, sovrintendente del Maggio musicale fiorentino, Monica Preti, direttrice di Pistoia Musei, ed Emanuele Lepri, segretario generale del Museo Pecci di Prato.
La call è aperta fino al 26 novembre; le opere selezionate saranno esposte in prestigiose sedi tra Pistoia, Prato e Firenze, a partire da dicembre e verranno pubblicate in un catalogo di Mandragora.
Tra i progetti selezionati, ne saranno scelti tre che Alia si impegna ad acquisire con un premio in denaro rispettivamente di 2500 euro al primo classificato, 1500 euro al secondo e 1000 euro al terzo.
Il bando è scaricabile nella sezione Educational del portale www.aliaserviziambientali.it o sul sito www.secondlifecontest.it.

MILANO DRAWING WEEK: QUATTORDICI GALLERIE PER UN PERCORSO ALLA SCOPERTA DEL DISEGNO MODERNO E CONTEMPORANEO
Non solo disegni, ma anche acquerelli, collages, gouaches e pastelli: le opere su carta saranno protagoniste, dal 20 al 28 novembre, della prima edizione di Milano Drawing Week, nuovo appuntamento annuale ideato dalla Collezione Ramo.
Per nove giorni il pubblico potrà sperimentare un percorso attraverso le varie sfumature del disegno, facendo tappa in quattordici gallerie della città: Cabinet Studiolo, Castiglioni Fine Arts, Galera San Soda, Francesca Minini, Galleria Fumagalli, Galleria Monica De Cardenas, Galleria Raffaella Cortese, kaufmann repetto, Loom Gallery, M77 Gallery, Mega, OPR Gallery, Schiavo-Zoppelli Gallery e Studio Guenzani.
Al suo debutto Milano Drawing Week vede le opere degli artisti contemporanei Riccardo Beretta, Marco Pio Mucci, Miss Goffetown, Dennis Oppenheim, Francesco Simeti, Marco Belfiore, Marcello Maloberti, Magdalena Suarez Frimkess, Marco Andrea Magni, Braco Dimitrijevic, Costanza Candeloro, Ettore Tripodi, Andrea Sala e Stefano Arienti dialogare con quelle di grandi maestri del secolo scorso come Domenico Gnoli, Filippo de Pisis, Carol Rama, Mario Merz, Enrico Baj, Alighiero Boetti, Giorgio Morandi, Carla Accardi, Luciano Fabro, Giorgio de Chirico, Dadamaino e Ugo La Pietra.
Per maggiori informazioni è possibile consultare la pagina milanodrawingweek.com.
 
Nella foto: Filippo de Pisis, Senza titolo (Natura morta con oggetti, penna e fiore), 1944. Acquerello su cartoncino, 31.9 x 45.3 cm. Courtesy Collezione Ramo, Milano