ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

domenica 29 giugno 2025

Una mostra e una nuova edizione facsimilare per il «Très Riches Heures du duc de Berry»

«Questo libro occupa un posto importante nella storia dell'arte: io posso dire che non ha rivali». Con queste parole l’aristocratico, politico e generale Enrico d’Orléans (Parigi, 16 gennaio 1822 – Lo Zucco, 7 maggio 1897), quinto figlio del re Luigi Filippo I di Francia e duca d’Aumale, parlava di un prezioso codice miniato medioevale che aveva acquistato a Genova, il 20 gennaio 1856, per 18mila franchi. Quel libro - che è oggi uno dei gioielli più preziosi del Musée Condé, allestito all’interno del Castello di Chantilly (donato nel 1886, insieme a circa 14.500 libri antichi e quasi mille dipinti, all’Institut de France) – era «la Gioconda dei manoscritti»: il «Très Riches Heures du duc de Berry», capolavoro della pittura franco-fiamminga del XV secolo e opera fondante per la storia della cultura occidentale, tanto che si dice essere stata fonte di ispirazione per i disegni preparatori del cartoon «La bella addormentata» (1959) di Walt Disney, per la sceneggiatura del film «L'amore e il diavolo» (1942) di Jacques Prévert e per le scenografie dell’«Enrico V» (1944) di Laurence Olivier.

Commissionato intorno al 1411 dal raffinato e facoltoso mecenate e collezionista Jean de Valois (Vincennes, 30 novembre 1340 – Parigi, 15 giugno 1416), duca di Berry, terzo figlio di Giovanni II il Buono e fratello di re Carlo V di Francia, questo pregiato codice miniato è un «Libro d’Ore» destinato alla devozione privata. È cioè una forma semplificata di breviario per l’utilizzo da parte dei laici, contenente salmi, preghiere e, in apertura, un pregevole calendario, oggi considerato uno dei più alti esempi di rappresentazione della vita quotidiana e della natura nell’arte medievale. Tra le sue pagine rivivono, infatti, «gli svaghi dei ceti aristocratici e l’umile fatica dei campi, la struggente bellezza del paesaggio rurale e la poderosa presenza di castelli e città murate, gli sfarzosi costumi dell’alta società francese e gli abiti semplici e dimessi dei contadini».

Nella fase iniziale, il libro vide all’opera i celebri fratelli Limbourg (Nimega, 1380-1390 circa – Digione, 1416)- Pol, Jehannequin e Hermant -, miniatori olandesi dall’acuto spirito di osservazione, nipoti del pittore Jean Malouel (1370-1415 circa) e autori anche delle illustrazioni per «Les Très Belles Heures de Notre-Dame» e per la «Bibbia moralizzata» di Filippo l’Ardito, oggi alla Biblioteca nazionale di Francia, conosciuti per le loro creazioni dai colori brillanti, dal minuzioso naturalismo, dal sereno equilibrio compositivo e dall’incredibile freschezza narrativa, tutti elementi che ben raccontano quel periodo storico segnato dal crepuscolo del Gotico e dall’alba del Rinascimento.

Nel 1416, alla morte del Duca di Berry e dei fratelli Limbourg, probabilmente per un’epidemia di peste, i lavori per il codice miniato rimasero incompiuti e vennero ripresi una trentina di anni dopo, negli anni Quaranta del Quattrocento, su commissione della famiglia reale francese dal pittore fiammingo Barthélemy d’Eyck (? - + post 1470), per poi essere completati tra il 1485 e il 1489 da un altro eccellente maestro della miniatura, Jean Colombe di Bourges (? - + Bourges, 1529), su invito di Carlo I di Savoia, che aveva ereditato il manoscritto intorno al 1480.

Composto da 206 fogli di pergamena, pari a 412 pagine, con all’interno più di tremila iniziali dorate e ben 131 miniature (66 grandi e 65 piccole) in oro e in argento di stupefacente ricchezza e varietà, il «Très Riches Heures du duc de Berry», del quale si è persa la legatura originaria (sostituita da una in marocchino rosso del XVIII secolo di fattura italiana), non è solo un libro prezioso, ma è anche un oggetto fragile da conservare al riparo della luce (come avviene per la maggior parte dei manoscritti).

Nell’ultima campagna diagnostica, risalente al biennio 2023-2024 e realizzata dagli esperti del Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France (C2rmf), su 36 delle principali miniature, il manoscritto ha mostrato diversi segni di degrado, distorsioni dei fogli, instabilità dei pigmenti e alterazioni della rilegatura, tanto da rendere urgente un intervento conservativo.

In seguito al recente restauro, il Musée Condé ha deciso di organizzare una mostra, allestita fino al prossimo 5 ottobre nella sala del Jeu de Paume, con 26 pagine miniate, compresi i primi 12 fogli del manoscritto, quelli del «leggendario calendario», che, grazie a un delicato processo di separazione dalla rilegatura, vengono presentati verticalmente, all’interno di apposite scatole climatiche, così da essere leggibili su entrambi i lati. Il manoscritto è a sua volta esposto in una teca speciale e verrà aperto a rotazione su una doppia pagina diversa, rinnovata ogni quindici giorni.

L’esposizione, curata da Mathieu Deldicque, si configura, dunque, come un'occasione più unica che rara per i bibliofili e gli amanti dell’arte, considerato anche che questo straordinario capolavoro è stato esposto al pubblico soltanto due volte dalla fine del XIX secolo, nel 1954 e nel 2000, e che, per rispetto al lascito testamentario di Enrico d’Orléans, non può lasciare il Castello di Chantilly per essere dato in prestito ad altri enti culturali.
 
La mostra, con un centinaio di opere provenienti da tutto il mondo che indagano anche il contesto storico nel quale nacque il codice miniato e ne svelano la sua fortuna nel corso dei secoli, permette, inoltre, di scoprire alcune curiosità sui fratelli Limbourg: la loro fascinazione per l’arte italiana, principalmente quella di Simone Martini e del suo entourage senese, presente nelle collezioni dei principi francesi e della corte di Avignone, e l’attenzione all’uso dei materiali usati, pigmenti preziosi come lapislazzuli di alta qualità e lacche rosse pregiate, che rendono ancora più incantato e vivido il mondo ritratto.

In questa sontuosa cornice, la Franco Cosimo Panini di Modena ha recentemente presentato uno dei suoi ultimi progetti editoriali: la pubblicazione di un nuovo facsimile de «Le Très Riches Heures del Duca di Berry», realizzato in collaborazione con l’Universal Art Group, la cui uscita è prevista per il 2026.
 
La nuova riproduzione, che fa seguito a quella del 2010, è stata eseguita con la fedeltà filologica e l'attenzione al dettaglio che da sempre contraddistinguono la casa editrice emiliana, specializzata in facsimili di codici miniati con il progetto «La biblioteca dell’impossibile».
 
Il volume è il frutto di un lungo processo che coniuga tecnologie avanzate di acquisizione digitale, stampa di altissima qualità e un'accurata legatura artigianale. Non si tratta, dunque, di una ristampa della precedente edizione, ma di una novità che sfrutta i progressi fondamentali compiuti dall’editoria negli ultimi anni. 

«Pigmenti più brillanti, nuovi ori, e, per la prima volta, l’impiego della carta pergamenata caratterizzeranno la pubblicazione», che – racconta Lucia Panini - rappresenta «un salto qualitativo che ci consente di avvicinarci come mai prima alla materia viva delle miniature». Un’occasione importante, dunque, questa nuova edizione per scoprire o riscoprire un codice miniato, considerato il manoscritto medioevale più famoso al mondo, di cui anche Umberto Eco sottolineò la preziosità con queste parole: «Le «Très Riches Heures» sono un documento cinematografico, una macchina visiva che ci racconta la vita di un’epoca. Nessun film potrà mai eguagliare la fedeltà, il fulgore, la toccante bellezza di questa ricostruzione».

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venerdì 27 giugno 2025

Un nuovo museo a cielo aperto sul Lago Maggiore: aprono i Castelli di Cannero

«Per anni siamo stati solo rovine tra le onde. Una fortezza difensiva. Ma ascoltateci bene: le nostre pietre parlano. E la nostra storia è più viva che mai. (…) Siamo stati presidio, passaggio, confine. Abbiamo attraversato guerre, silenzi, oblio. Oggi, dopo oltre cinquecento anni, torniamo a parlarvi. Non con effetti, ma con la voce della memoria. (…) Potrete camminare tra le nostre mura e ascoltare il nostro racconto (…). Vi aspettiamo». A prendere idealmente la parola, in un video promozionale diffuso sui suoi canali social dal circuito Terre Borromeo (il brand che riunisce le principali attrazioni turistiche del Lago Maggiore, dalla Rocca di Angera alle isole Madre e Bella), sono i Castelli di Cannero, o meglio le rovine del complesso fortificato di origine quattrocentesca, conosciuto anche con il nome di «Malpaga», edificato a pelo d’acqua su due isolotti rocciosi dell’Alto Verbano, nel Comune di Cannobio, a pochi chilometri dal confine svizzero.

Abbandonate per secoli, queste antiche mura in pietra, testimoni silenziose di una storia dal sapore romantico e romanzesco che intreccia leggendarie avventure piratesche con spericolate vicende di contrabbando, si svelano per la prima volta al pubblico, dopo un lungo e ambizioso intervento di restauro conservativo e di valorizzazione, curato dallo Studio Simonetti Architettura di Torino per conto del principe Vitaliano Borromeo Arese e di sua moglie Marina, discendenti di quel Ludovico Borromeo che, a partire dal 6 ottobre 1519 ridisegnò il volto della fortezza, utilizzata in precedenza per scopi bellici dalla potente famiglia Mazzardi (i temibili pirati «Mazzarditi» sconfitti, nel 1414, dal duca di Milano Filippo Maria Visconti), facendo costruire la Torre Vitaliana.

L’appuntamento è per sabato 28 giugno, quando i visitatori, dopo un breve viaggio in barca da Cannero Riviera o da Luino (per chi proviene dalla Lombardia o si trova in vacanza sulla sponda varesina del Lago Maggiore), potranno finalmente accedere alle rovine dei bastioni di proprietà della famiglia Borromeo, un luogo sospeso nel tempo e nello spazio che affascinò anche il genio creativo di William Turner per quel suo emergere dalle acque come un miraggio. Ad attenderli ci sarà un museo a cielo aperto, dove il passato si fa contemporaneo attraverso un'esperienza immersiva che fonde ricerca storica e innovazione tecnologica, grazie all’intelligente progetto di visita ideato dallo studio milanese Dotdotdot.

L’intervento di restauro, che ha inteso conservare «l’identità materiale e immateriale» del luogo senza ricorrere ad alterazioni e ricostruzioni posticce che ne avrebbero negato il valore storico e simbolico, è stato realizzato attraverso un investimento di circa 15 milioni di euro, con il contributo del Ministero per i beni e le attività culturali per il turismo (Soprintendenza archeologica Belle arti e Paesaggio per le provincie di Biella, Novara, Verbano Cusio Ossola e Vercelli) e di Intesa Sanpaolo.

Per l’accoglienza con bookshop, la toilette e i locali tecnici, sono stati ideati nuovi elementi architettonici smontabili ispirati alle strutture lignee temporanee degli assedi, con finiture in larice, che si inseriscono con delicatezza nei resti medioevali degli antichi complessi fortificati, formati dalla rocca principale e dall'adiacente edificio delle prigioni. Mentre passerelle in acciaio e tek recuperano gli antichi cammini di ronda, grazie ai quali ci si può aggirare tra le corti, il mastio e le mura.

Alcuni numeri testimoniano la portata dell’intervento conservativo, iniziato nel 2011 con un’approfondita campagna di studi documentaristici e archivistici, nonché di scavi archeologici, grazie alla quale si sono scoperte alcune curiosità sulla fortezza, dimora di Giuseppe Garibaldi dopo la battaglia di Luino del 1848 e attrazione romantica tra le onde per la regina Vittoria, che la richiese in affitto nel 1879.
Per la precisione, nella relazione dello Studio Simonetti Architettura di Torino si legge che sono stati usati «54.000 kg di malta di calce per il consolidamento delle strutture murarie del castello, 100.000 kg di carpenterie metalliche a profilo complesso per realizzare le strutture interne dedicate al percorso di visita», «70 mc di legname di larice per le pavimentazioni e i rivestimenti delle nuove strutture, circa 37 km di cavi di varia tipologia per gli impianti elettrici e antincendi», «500 metri di cavo subacqueo di media tensione e fibra ottica integrata e per la realizzazione dei pontili di sbarco».

Il progetto espositivo è, invece, firmato dallo studio milanese Dotdotdot che ha ideato per l’occasione il «Cannero Walking Tales», un «percorso esperienziale immersivo, dal carattere narrativo ma non didascalico» che si snoda tra installazioni multimediali, realtà aumentata e un gioco interattivo per i più piccoli.

Una app di visita location-based accompagna i visitatori alla scoperta dei luoghi più significativi della fortezza: dalla Corte d’ingresso alla Sala della Guardia, dalla Stanza della Contessa alla Torre del Belvedere. La narrazione è affidata direttamente ai Castelli, che diventano voce di una storia, filologicamente attenta, resa «inclusiva e coinvolgente per un pubblico il più ampio possibile», attraverso il racconto di aneddoti, battaglie e personaggi storici rielaborati in chiave poetica. Grazie a un sistema di beacon, i contenuti audio della guida si attivano automaticamente durante la passeggiata, senza richiedere interazioni.

Con questo utile strumento, una sorta di «audio-libro che si svela passo dopo passo», il viaggio tra le rovine di Cannero, cullati dallo sciabordio delle onde e dal fischio leggero del vento, con negli occhi il riverbero della luce sull’acqua del lago, non può che partire dalla lapide che ricorda la missione difensiva di queste mura, apparse anche nel film giallo «La stanza del vescovo» di Dino Risi (1977), e la vitalità di un’eredità più culturale che materiale: «Il mio nome è Torre Vitaliana, eretta tra le onde del Verbano e battezzata dal nome della stirpe primitiva. Ludovico Borromeo mi volle così alta, affinché diffondessi la gloria dei Vitaliani, aperta agli amici, ma inaccessibile ai nemici».

Didascalie delle immagini
1., 2.,  ,3. e . 4. Terre Borromeo, Castelli di Cannero, Cannero Walking Tales by Dotdotdot, photo by Andrea Martiradonna; 5. e 6. T
erre Borromeo, Castelli di Cannero, Cannero Walking Tales by Dotdotdot, photo by Susy Mezzanotte

Informazioni utili
Per visitare i Castelli di Cannero, i titoli d'ingresso sono disponibili sul sito
https://terreborromeo.it/ticket oppure nelle biglietterie dei siti museali di Terre Borromeo e all'infopoint di Stresa. Il costo dell'ingresso adulti è di 25 euro, incluso il tour in barca da Cannero e l'audioguida del percorso museale.

giovedì 26 giugno 2025

«Attorno al museo», Bologna ricorda la strage di Ustica

Quella del 27 giugno 1980 era una sera d’estate come tante altre. All’aeroporto «Guglielmo Marconi» di Borgo Panigale, nel Bolognese, c'era chi partiva per le vacanze, chi era andato «nel Continente» per una visita medica, chi tornava da un viaggio di lavoro e chi, all’atterraggio, avrebbe festeggiato il matrimonio di un amico o un esame andato bene. In attesa della partenza di un aereo in ritardo a causa di un violento temporale - l’aeromobile Douglas DC-9 IH 870 della compagnia aerea Itavia, diretto a Palermo - c'erano ottantuno persone con le loro vicende straordinariamente normali, simili a quelle di tante altri, eppure uniche.

Le loro storie erano destinate a intrecciarsi per sempre nella nostra memoria alle 20:59 di quella sera, quando il velivolo su cui erano partiti un’ora prima, dopo più di due ore d’attesa, spariva dai radar nel tratto di mare compreso tra le isole di Ponza e Ustica, facendo perdere ogni traccia.

Su quell’aereo, i cui detriti furono trovati la mattina dopo, c’erano 64 passeggeri adulti, 11 ragazzi tra i due e i dodici anni, due bambini di età inferiore ai 24 mesi e 4 uomini dell’equipaggio. Morirono tutti, inghiottiti dalle onde del mare con le loro speranze e i loro sogni.

Quella stessa sera, allo scalo di Punta Raisi, a Palermo, chi guardava il tabellone degli arrivi, in attesa che il volo da Bologna atterrasse finalmente alle 21:13, non si sarebbe mai aspettato che l’iniziale nervosismo per la prolungata attesa si sarebbe trasformato prima in angoscia e, poi, in silenzio stupito e dolore. Un dolore che, con il passare delle settimane, si sarebbe frammisto alla rabbia e alla voglia di giustizia perché quella di Ustica è, ancora oggi, una strage carica di domande senza risposta, uno dei tanti misteri della storia italiana del Secondo Dopoguerra.

Dopo decenni di indagini e di processi, tra reticenze e depistaggi, la tesi più accreditata è che il volo di linea Itavia IH870 si sia inabissato nel mare per errore, durante una battaglia in cielo tra un Mig libico, su cui ci sarebbe stato Gheddafi, e alcuni velivoli delle forze Nato. Il problema è che mancano le prove per poter mettere un punto definitivo alle ricostruzioni di questa storia che, quarantacinque anni dopo, ha visto scrivere una nuova pagina dolorosa: la richiesta della Procura della Repubblica di Roma di archiviazione per le indagini, aperte nel 2008, dopo che il presidente emerito Francesco Cossiga aveva indicato i francesi come responsabili dell’abbattimento dell’aereo a Ustica, accadimento del quale ancora oggi non conosciamo i colpevoli.

«Diritto alla verità»
è così il titolo scelto dall’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, presieduta da Daria Bonfietti, per il cartellone di appuntamenti promosso in occasione del quarantacinquesimo anniversario, la cui immagine guida è stata realizzata da Mauro Biani. L’illustrazione, che fino al 10 agosto viaggerà per Bologna su un autobus allestito da Tper, raffigura un bambino su un relitto galleggiante che guarda il cielo attendendo forse risposte con l’incrollabile fiducia dell’infanzia.

Ad aprire il programma sarà il consueto momento commemorativo con il sindaco di Bologna, in agenda alle ore 11:30 di venerdì 27 giugno a Palazzo D’Accursio. Seguirà, in serata, al Parco della Zucca, davanti al Museo per la Memoria che ospita i resti recuperati dell’aereo e la commovente installazione permanente di Christian Boltanski, una grande tavolata con i «Piatti della solidarietà», preparati dalle Cucine popolari di Bologna. Si aprirà così il programma della sedicesima edizione di «Attorno al Museo», la rassegna nata con l’intento di promuovere la ricerca della verità e la cura della memoria attraverso la sperimentazione di differenti linguaggi artistici contemporanei, dal teatro alla danza, dalla musica all’arte.

Il programma proseguirà, nella serata di mercoledì 2 luglio, con «Ustica, una storia che non fa ridere», un monologo di e con Niccolò Fettarappa, giovanissimo attore e autore romano già noto al pubblico per la sua capacità di trattare temi sociali e politici con ironia e profondità.
Si rinnoverà, quindi, la collaborazione con il Bologna Jazz Festival, che giovedì 10 luglio presenterà il concerto del collettivo «Istantanea». Nove musicisti e compositori provenienti da diversi percorsi artistici, uniti dall’esplorazione delle intersezioni tra musica d’avanguardia, improvvisazione e tradizione jazzistica, proporranno un programma di composizioni originali ispirate alla memoria della tragedia di Ustica. A seguire, lunedì 14 luglio, in occasione dell’anniversario della scomparsa di Christian Boltanski, è in programma la performance «Duedinoi» con l’illustratore Stefano Ricci e il saxofonista Dan Kinzelman.

Sarà, quindi, la volta di un’altra storica collaborazione, quella con il Conservatorio G. B. Martini di Bologna, che mercoledì 23 luglio darà vita allo spettacolo «Vocodìa», nel quale i testi della tragedia classica diventano specchio della strage di Ustica, abisso che si manifesta senza apparente ragione e in cui ogni differenza si scioglie in un unico respiro eterno, il respiro del mare. Il live electronics di un giovane quartetto di musicisti si insinua dove la parola fallisce, diviene di volta in volta interferenza, mezzo e surrogato della parola, in uno spazio sonoro che si increspa, si frammenta e che infine diviene eco del ricordo.

Mercoledì 30 luglio toccherà, invece, allo spettacolo di danza «Gli Anni» del giovane ma già affermato coreografo Marco D’Agostin, interpretato dalla danzatrice Marta Ciappina, Premio Ubu 2023. L’artista porta in un contesto di bellezza, fuori dalle aule giudiziarie, il ricordo dell’omicidio del padre Vincenzo, avvocato civilista, ucciso a colpi di lupara nel cortile di casa nel 1991, il cui colpevole non è ancora stato trovato. Danza, parole, musica e immagini accompagneranno il pubblico in una riflessione sul senso della memoria e sul rapporto con il passato, tra grande Storia e piccole storie.

La rassegna si chiuderà domenica 10 agosto con la tradizionale serata poetica «La Notte di San Lorenzo», affidata quest’anno all’attore Edoardo Purgatori, figlio di Andrea. Le poesie scelte, che parlano di memoria, assenza, resistenza, silenzi non detti e vite spezzate, dialogheranno con l’accompagnamento musicale dal vivo di Stefan Larsen.
Il reading è costruito partendo da un’immagine iconica dell’Eneide - la fuga di Enea da Troia in fiamme con il padre Anchise sulle spalle - a voler ribadire la continuità del lavoro di Edoardo con l’impegno di suo padre che tanta parte del suo lavoro ha dedicato alla strage di Ustica, cercando di dare risposte alle tante domande che ancora affollano la nostra mente: Cos’è successo quella sera? Perché quell'aereo è caduto? Cosa lo ha distrutto in volo? Chi era il reale bersaglio di quella «guerra in tempo di pace»?

Didascalie delle immagini
1 Immagine di Mauro Bani; 2. Niccolò Fettarappa;3. Edoardo Purgatori; 4. Istantanea. Bologna Jazz Festival; 5. Marta Ciappinia. Foto di Michelle Davis

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venerdì 20 giugno 2025

«White Carrara», un laboratorio diffuso di design nella città simbolo del marmo

Si intitola «Design Here and Now» la nona edizione di «White Carrara», l’evento che, fino al prossimo 28 settembre, trasforma il cuore della città simbolo del marmo bianco più pregiato al mondo, la toscana Carrara, in un laboratorio creativo, o meglio in un palcoscenico dove tradizione artigiana e innovazione tecnologica dialogano attraverso il linguaggio della progettazione.
Mostre, installazioni, eventi, visite guidate caratterizzano il cartellone della rassegna, che vede alla direzione, per il secondo anno consecutivo, Domenico Raimondi di thesignlab, studio di designer attivo tra Lucca e Torino, da sempre al fianco di istituzioni e aziende leader nella realizzazione di soluzioni allestitive e di comunicazione attraverso dirette sinergie con gli uffici marketing, visual e brand promotion.

L'edizione 2025 segna un'evoluzione significativa nel percorso della manifestazione. Se nel 2024 l'attenzione si era concentrata sulla valorizzazione del patrimonio storico del design carrarese, quest'anno l'orizzonte si è aperto verso la creazione ex novo, con l’invito a progettisti di fama internazionale a concepire opere specificamente pensate per «White Carrara».
La rosa dei partecipanti annovera personalità di straordinario calibro come il visionario e prolifico Karim Rashid in mostra con la sua «Kaina», una testa di donna dalle forme fluide e dai volumi vuoti che vuole invitarci a riflettere su un futuro plasmato dall’intelligenza artificiale, o il londinese Ross Lovegrove, che presenta la sua visione pionieristica sulle relazioni tra estetica e tecnologia con «Ridon», uno studio di uomo-macchina con proporzioni anatomiche. A Carrara espone anche l’architetto e urbanista francese Jean-Michel Wilmotte, che da sempre predilige la progettazione di spazi culturali e museografici con l’obiettivo di valorizzare il patrimonio esistente. Mentre le nuove generazioni trovano voce attraverso Kickie Ciudikova, designer industriale slovacca che da New York sperimenta l'integrazione tra artigianato tradizionale e tecnologie d'avanguardia e che per l’occasione presenta la sua seduta scultorea dalle forme sinuose «Ribbon», e Victor Gingembre, architetto e scultore parigino la cui pratica esplora i confini tra spazio architettonico e forma scultorea, che mostra la sua geometrica «Manhattan Library».
 
Il panorama italiano è rappresentato da una selezione di progettisti che incarnano diverse sfaccettature del design contemporaneo. La milanese Elena Salmistraro porta la sua ricerca poetica sui materiali e le forme esponendo «Ephelio», un elefante dalle forme astratte; mentre Giulio Iacchetti, due volte insignito del Compasso d'Oro, traduce la sua esperienza industriale in nuove interpretazioni del marmo con «Diunodue», due sedute dalle forme geometriche e piene, che sovrapposte formano un unico blocco. Completano il quadro delle eccellenze nostrane: Massimo Giacon, illustratore e designer per Alessi, con il suo «Cane mangia cane», il Gumdesign, ed Emiliana Martinelli, erede della storica Martinelli Luce, che fa brillare con le sue installazioni luminose il centro storico di Carrara.
Il progetto abbraccia, poi, personalità affermate come Gianfranco Gualtierotti, vicepresidente del MudeTo, insieme al duo creativo formato da Donia Maaoui e Michel Boucquillon.
 
Il territorio toscano trova particolare rappresentanza negli scultori Cynthia Sah e Nicolas Bertoux, che hanno eletto la regione come base operativa, e nell'architetto Valeria Eva Rossi, che ritorna alle proprie radici carraresi. L'area fiorentina contribuisce con le visioni di Marta Sansoni, Andrea Ponsi, Claudio Nardi e Marco Pisati, Guido Bondielli, Benvenuto Saba e Nicola Maggi. Mentre il tessuto creativo carrarese è rappresentato dai talenti di Natascia Bascherini, Fiammetta V, Antonio Leone, Michele Monfroni, Nadia Sabbioni, insieme agli studi Interni Now, Rima Design, GiPi Soft Arredamenti, al laboratorio Vem Carrara e alla Galleria Valeria Lattanzi.

Sono, inoltre, esposte le opere del progetto «Creatività è Robotica» del 2015, una delle prime esperienze rivolte alle nuove tecniche per la realizzazione di sculture in marmo, avvalendosi di programmi di modellazione 3D, che hanno visto al lavoro Moreno Ratti, Raffaele Galliotto, Filippo Protasoni, Sylvestre Gauvrit, Michel Boucquillon, Paul Bourieau e Nicolas Bertoux.
 
Per l’occasione il mudaC │museo delle arti Carrara ospita la mostra «Vincenzo Marsiglia. Stars and Dust», che esplora le frontiere della mixed reality e dell'intelligenza artificiale nell'arte contemporanea e, nella project room, «Gianluca Sgherri. Uninverso», installazione che decostruisce le percezioni spaziali attraverso un labirinto dinamico e immersivo. 

Una significativa novità di questa edizione della manifestazione è l'istituzione del Premio internazionale White Carrara, concorso aperto a designer under 35 e professionisti affermati per la progettazione di elementi di arredo urbano in marmo. L'approccio richiesto coniuga innovazione e sostenibilità; le tre opere vincitrici entreranno a far parte del patrimonio permanente della città toscana entro il maggio 2026. Un’occasione in più, questo concorso, per celebrare il marmo non come reliquato del passato, ma come medium espressivo per le sfide creative del presente e del futuro.

Didascalie delle immagini
1. White Carrara 2025 - «Cane mangia cane», Massimo Giacon. 2. White Carrara 2025 - «Kaina», Karim Rashid - Foto Enrico Amici; 3. White Carrara 2025 -  «Di Uno Due», Giulio Iacchetti - Foto Enrico Amici; 4. White Carrara 2025 - «Ephelio», Elena Salmistraro. Foto Enrico Amici 

Per saperne di più
Per informazioni e approfondimenti: https://whitecarrara.it/


mercoledì 18 giugno 2025

«Nuvolette»: torna a Rovereto il festival dell’illustrazione, del racconto per immagini e del fumetto

Mostre personali e collettive, incontri con gli autori, live performance di disegno, animazioni, laboratori per bambini, dj set, sonorizzazioni, esplorazioni al planetario, un trekking urbano e la fiera dell’editoria di fumetti e cultura pop «Carta & inchiostro»: è ricco il programma della settima edizione di «Nuvolette», il festival dell’illustrazione e del racconto per immagini che per quattro giorni, dal 19 al 22 giugno, trasformerà Rovereto, cittadina del Trentino Alto Adige, in un laboratorio d’arte a cielo aperto.

Vie, piazze e vetrine dei negozi del centro storico saranno ridisegnate da artisti e illustratori «a colpi di penn(ar)ello», con l'intento di invitare il pubblico a riflettere sull’inaspettato, come dichiara il sottotitolo scelto da Superflùo, per il 2025: «Shit Happens - Oh, capita!». Un tema, questo, che gioca sull’ironia e che «ci ricorda che la vita va presa così com’è, anche se a volte non è quella che speriamo o ci aspettiamo» perché, in un mondo sempre più orientato all’essere vincenti, certe volte «abbracciare l’errore, l’imprevisto, una macchia di colore fuori palette», «l’inchiostro rovesciato sul foglio» può essere un vero elisir di felicità. Lo racconterà bene la mostra collettiva «Sheet happens! L’arte del cavarsela», a cura di Becoming x Art+Sound Collective, aperta fino al 6 luglio alla Biblioteca civica G. Tartarotti.

Tra i protagonisti del festival ci sarà Enrico Pantani, l’artista bibliotecario toscano, classe 1975, che racconta il suo universo quotidiano con disegni evocativi, accompagnati da titoli dissacranti, in «amoreodio, mostra-manifesto di abbracci e scazzottate», aperta fino al 10 agosto (orari: martedì-domenica 16-20 e sabato-domenica 10-12; ingresso libero) alla Sala Iras Baldessari.
Attorno all’immagine ripetuta di un abbraccio tra due esseri umani che, stretti, guardano un orizzonte colorato da tinte forti, le opere della serie «Abbracci» si presentano come una collezione di manifesti – usati o ancora da usare – a sostegno di gesti di fraternità e di unione tra individui. Tra i lavori in mostra emergono anche quelli della serie «Risse» e opere con iconografie sacre calate nella contemporaneità, con santi in tenuta Givova e putti travestiti che minacciamo madri-madonne.
La scanzonata leggerezza dei soggetti raffigurati e la serietà di ciò che raccontano sono la chiave narrativa della pittura di Enrico Pantani, capace, con la sua ironia, di rappresentare le ipocrisie della nostra società occidentale attraverso scene ordinarie di dinamiche emotive molto reali, quelle che – nel bene ma, più spesso, nel male – emergono ogni volta che si agisce, semplicemente, come animali umani.

A «Nuvolette» esporrà anche Camilla Falsini, artista e illustratrice romana dallo stile riconoscibile per le linee nette, le forme minimali e i colori decisi declinati in progetti che spaziano dall’illustrazione editoriale ai murales, dal design ai libri. Per il festival, l'artista ha creato strane figure che osservano i passanti di via Roma nell’installazione originale «Forme comuni, esseri unici», un invito a resistere all’uniformità dei corpi e delle menti. Facce strette o quadrate, corpi allungati, braccia sinuose, gambe corte o piedi enormi rendono visibile – e orgogliosamente esteriore – la bellezza della varietà, che è anche interiore.

Tra le mostre di questa edizione si segnalano anche: «Essenza invisibile», una personale di Aurora Stano sulla scoperta delle proprie fragilità e incertezze; la divertita e divertente esposizione «Di che parleranno i piccioni?», con opere di Filippo Paparelli; e «Shit Happens», rassegna con i progetti degli studenti del terzo anno del corso di computer graphic di Laba Brescia, realizzati sotto la supervisione dei docenti Simone Borioni e Marco Giugliarelli.

Altro appuntamento da non perdere è la collettiva «Suoni urbani. Immagina una città come una sinfonia viva», nata da un progetto visivo e sensoriale che ha trasformato la vicina Trento e i suoi sobborghi in partiture illustrate, in «una sorta di grande orchestra metropolitana.» Dieci artisti – Andrea Bettega, Elio Carollo, Davide Comai, Sara Filippi Plotegher, Anna Formilan, Nadia Groff, Veronica Martini, Michela Nanut, Andrea Oberosler, Giorgia Pallaoro – sono stati invitati da Superflùo a riscoprire e illustrare i dettagli acustici che abbiamo smesso di notare, ma anche a riconoscere quanto i rumori generati dall’essere umano coprano spesso quelli della natura.

Molto atteso è, poi, lo spettacolo «O+< Scritture viziose sull’inarrestabilità del tempo» della Compagnia Abbondanza/Bertoni, che, venerdì 20 giugno, vedrà in scena l’artista visivo Andrea Amaducci con la danzatrice Francesca Pennini della compagnia «CollettivO CineticO» di Ferrara. Il movimento della ballerina, costruito e decostruito in tempo reale, verrà tradotto graficamente dal writer, generando un flusso continuo di feedback tra linguaggi, dove ogni gesto si consuma nell’effimero e nella trasformazione.
Altro appuntamento da non perdere è il concerto del cantautore italo-canadese James Jonathan Clancy, sulla scena underground italiana con vari progetti musicali («Settlefish», «A Classic Education», «His Clancyness»), che presenterà a «Nuvolette» il suo primo album solista: «Sprecato», uscito a febbraio 2024 per la label. Dal disco è nata anche una collaborazione con il fumettista Michelangelo Setola, che ha dato vista a un albo illustrato a fumetti, uscito per Canicola. I due artisti si incontreranno sul palco del festival di Rovereto per una performance di musica e live painting, in programma sabato 21 giugno, che restituirà attraverso la musica e il disegno dal vivo le atmosfere stranianti di un indefinito sud del mondo, tra natura arida e città industriale.

A chiudere il cartellone, che vedrà anche la presenza di Elena Mistrello con una live performance sulla vetrata della caffetteria del Mart e con un incontro dal titolo «Disegnare il reale» alla Biblioteca civica G. Tartarotti, sarà l’evento «La guerra, la pace, l’impegno sociale. Sessant’anni di canzoni, da Dylan agli Idles» alla Campana dei caduti: un salotto all’aria aperta, animato dal giornalista e musicista Giuliano Lott, durante il quale gli artisti del collettivo Becoming X realizzeranno un murale dal vivo. L’evento si chiuderà con i cento rintocchi di «Maria Dolens», la campana sul colle di Miravalle, fatta con il bronzo dei cannoni della Prima guerra mondiale, che fu inaugurata cento anni fa e che, ogni giorno, al tramonto, con il suo suono invita alla convivenza pacifica, un monito oggi quanto mai attuale.

Didascalie delle immagini
1. Locandina di Nuvolette; 2. e 3. Illustrazioni di Camilla Falsini; 4. Illustrazione di Enrico Pantani; 5. Live painting in una passata edizione di Nuvolette
 
Per saperne di più
https://www.facebook.com/nuvoletteart. Informazioni: tel. 3421281843; info@super-fluo.net

lunedì 16 giugno 2025

Sull’Appennino pistoiese un museo a cielo aperto: l’«OCA - Oasy Contemporary Art and Architecture»

Era il 2006 quando, sull’Appennino Pistoiese, nel Comune di San Marcello Piteglio, il recupero di una vecchia riserva di caccia di oltre 1000 ettari, estesi tra i 700 e i 1.100 metri di altitudine, dava vita a Oasi Dynamo, un grande polmone verde, affiliato al WWF, che fonda la propria attività su quattro pilastri: ricerca ed educazione (rivolta soprattutto ai più giovani con campi estivi e didattica ambientale), arte contemporanea, ospitalità e agricoltura eco-sostenibile.
Tra macchie di conifere e boschi di latifoglie caratterizzati dalla presenza di querce, carpino nero, castagno, ciliegio, acero campestre e ontano nero, dove vivono indisturbati animali come caprioli, daini e picchi neri, nell’estate del 2023 è nato, sotto la direzione artistica del curatore trentino Emanuele Montibeller (l’ideatore di «Arte Sella»), OCA, acronimo di Oasy Contemporary Art and Architecture, un laboratorio culturale in continuo dialogo tra creatività e natura, oggi inserito nel network «Grandi giardini italiani».
Estate dopo estate, il progetto cresce arricchendo questo prezioso territorio nel cuore della Toscana, che fu di proprietà della famiglia Orlando, la fondatrice agli inizi del ’900 della Smi - Società metallurgica italiana, con nuove installazioni site-specific.

Appena riaperta, e visitabile fino al prossimo 7 novembre, l’Oasi Dynamo offre, quest’anno, un percorso tra le opere di alcuni dei più importanti architetti e artisti contemporanei: Alejandro Aravena, Mariangela Gualtieri e Michele De Lucchi, Kengo Kuma, Quayola, David Svensson, Pascale Marthine Tayou e Matteo Thun. Le installazioni, perfettamente integrate nell’ambiente, trasformano la camminata in un atto di scoperta e meraviglia, che, nei prossimi anni, diventerà ancora più sorprendente grazie ai lavori, in fase di ideazione e creazione, di Stefano Boeri, fuse*, Diana Scherer, Álvaro Siza, Eduardo Souto de Moura ed Edoardo Tresoldi, a prova che il progetto è stato pensato come un organismo vivo, in continua trasformazione, capace ogni volta di sorprendere.
Va detto che l’ OCA - Oasy Contemporary Art and Architecture, luogo accessibile solo a piedi, non è un semplice spazio dedicato all’arte, ma è un’esperienza totale, che inizia ben prima di arrivare a destinazione. Lasciata l’automobile al parcheggio, in località Croce di Piteglio, il visitatore si trova, infatti, a compiere una camminata nel bosco di circa mezz’ora: una sorta di porta di ingresso che invita a rallentare il passo, a guardare con attenzione ciò che si sta attraversando. Uscito dal fitto degli alberi, arriva in un ampio pianoro soleggiato, dove viene accolto in quella che un tempo era una stalla e che oggi ospita uno spazio espositivo. Da qui prende avvio l’itinerario ad anello, un percorso di circa un’ora e mezza di cammino tra le opere e gli elementi naturali dell’oasi, da compiere in compagnia dallo staff del parco, che offre ai partecipanti approfondimenti sulle opere e sul contesto naturale che le accoglie.
 
La prima installazione che si incontra è il «Dynamo Pavilion» di Kengo Kuma, una scultura di fasci che si insinuano tra le piante come una folata di vento, danzando con il paesaggio e invitando alla contemplazione.
Proseguendo il cammino, il visitatore si imbatte nell’opera «Nella terra il cielo» di Mariangela Gualtieri e Michele De Lucchi, che fonde poesia e architettura per riflettere sul rapporto tra mito e memoria. Immersa nel verde, questa struttura nasce evocata dal racconto del luogo e, nel tempo, lascerà tracce solo nella poesia.
Addentrandosi nella macchia, il cammino conduce, quindi, a «Fratelli Tutti» di Matteo Thun, un’installazione ispirata all’omonima enciclica di Papa Francesco e ai valori universali di fraternità e pace. Composta da monoliti in pietra locale trovati sul posto, l’opera si sviluppa in forma circolare, richiamando i cicli naturali della vita.
Poco oltre, nella quiete del bosco, si incontra «Erosions» di Quayola, un’opera composta da massicci blocchi di pietra lavica scolpiti da algoritmi generativi. Questa scultura, realizzata grazie al supporto di Ranieri, azienda leader nella lavorazione della roccia vulcanica, riflette sulla tensione tra forza naturale e intervento tecnologico, trasformando la materia in una nuova forma di paesaggio.
Continuando, si scorge, infine, «Self-regulation», un’installazione di Alejandro Aravena, che si appoggia ad una struttura preesistente: una sorta trappola antropologica che invita il visitatore ad interrogarsi su come abitare l’opera.
Mentre il prato attorno allo spazio espositivo, dove si chiude il percorso ad anello, ospita due opere realizzate negli anni passati per OCA: «Home of the World» di David Svensson e la coloratissima «Plastic bags» di Pascale Marthine Tayou

 In questa struttura è allestita la mostra «L’arte è WOW!», con una selezione delle oltre 2000 opere realizzate a Dynamo Art Factory, progetto speciale che da oltre quindici anni unisce, in un contesto di gioco e di relazione autentica, arte contemporanea e terapia ricreativa Dynamo®. I lavori esposti sono il frutto di residenze che hanno coinvolto numerosi artisti di rilievo nazionale e internazionale, impegnati a lavorare fianco a fianco con i bambini e i ragazzi con patologie gravi o croniche e con le loro famiglie.

Inoltre, all’interno del ristorante Casa Luigi, per tutta la stagione estiva, saranno esposti cinque piccoli prototipi di Michele De Lucchi: «Legni di pietra», lavori nati dal recupero di tronchi sbozzati e conservati per anni, oggi reinterpretati su basamenti di pietra, che riflettono sulla temporaneità dell’architettura e sulla mutabilità delle forme. 

Didascalie delle immagini
1. Pascale Marthine Tayou, Plastic bags, 2024. OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco; 2. Kengo Kuma, Dynamo Pavillion, 2025. OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco; 3.Alejandro Aravena, Self regulation,2025. OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco; 4. Michele De Lucchi e Mariangela Gualtieri, Nella terra il cielo, 2025. OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco; 5. Quayola, Erosions, 2025.OCA Oasy Contemporary Art_©Mattia Marasco


Informazioni utili 
OCA Oasy Contemporary Art and Architecture. Parcheggio per visitatori SP 633 n° 15, località Piteglio (PT). Orario: dal mercoledì alla domenica, 11.00 – 17.00. Ingresso mostra: gratuito. Ingresso percorso guidato nella riserva, solo su prenotazione ad orari prestabiliti, consultabili sul sito web: intero 20,00 €, bambini fino ai 10 anni gratuito. Informazioni: Tel. 0573 1716197. Sito web: www.oasycontemporaryart.com

venerdì 13 giugno 2025

«Luoghi del cuore» 2024: vince il Santuario di Nizza Monferrato amato da don Bosco

2.316.984 voti raccolti, 30.260 luoghi votati, 5.802 comuni coinvolti, 196 comitati registrati e oltre 530 scuole, tra primarie e secondarie di I e II grado, protagoniste nella raccolta delle segnalazioni: sono questi i numeri – da record – con cui si è chiusa la dodicesima edizione del censimento «I luoghi del cuore», ad oggi il più importante ed efficace strumento di partecipazione diretta dei cittadini alla tutela del patrimonio del Paese.
L’iniziativa, promossa dal 2004 dal Fai - Fondo per l’ambiente italiano e da Intesa Sanpaolo, ha visto ben 221 siti – mai così tanti – superare la soglia minima di 2.500 voti, quella che garantisce la possibilità di partecipare al Bando, aperto fino all’11 settembre, per sostenere campagne di restauro e valorizzazione culturale; di questi luoghi – tra cui ci sono chiese, eremi, fontane, castelli, monasteri e persino un traghetto leonardesco sull'Adda - ben 38 hanno superato la soglia delle 10mila firme.
In palio ci sono complessivamente oltre 700mila euro, ovvero 300.000 euro in più rispetto alle precedenti edizioni, che negli anni hanno visto la restituzione al grande pubblico di ben 163 siti. Ai tre vincitori saranno assegnati – ma solo in seguito alla presentazione di un progetto concreto di riqualificazione - 70.000, 60.000 e 50.000 euro; gli altri luoghi che hanno superato la soglia minima dei 2.500 voti potranno concorrere all’attribuzione di un contributo che potrà arrivare a un massimo di 50.000 euro.
 
A vincere l’edizione 2024 del censimento Fai è stato il Santuario Nostra Signora delle Grazie a Nizza Monferrato, nel cuore di un paesaggio vitivinicolo di indubbio fascino che dal 2014 è patrimonio Unesco: un luogo strettamente legato alla figura di don Bosco, il padre dell’oratorio moderno, che acquistò il complesso nel 1877 salvandolo dall’abbandono e facendone la casa madre del suo ordine. La provincia di Asti è così salita per la prima volta sul gradino più alto del podio grazie ai 72.050 voti raccolti, provenienti non solo dal suo territorio, anche dalle scuole salesiane presenti in vari Paesi del mondo, dall’India alla Colombia, dalle Filippine al Messico, che hanno così espresso il loro favore nei confronti di questo convento, legato anche alla storia di madre Maria Mazzarello, in nome dell’attualità e dell’importanza dell’eredità educativa del fondatore.
Sul podio sono salite, poi, la Fontana Antica di Gallipoli, che ha raccolto 62.967 segnalazioni, e la Chiesa di San Giorgio nel borgo di Tellaro, una frazione del comune spezzino di Lerici - luogo del cuore di personaggi come il pittore Arnold Böcklin, gli scrittori Henry James e Virginia Woolf, il poeta Eugenio Montale - dove la piccola ma tenace comunità si è mobilitata e riunita per proteggere il proprio patrimonio culturale riuscendo a raccogliere 47.012 voti.

Al quarto posto si è classificato il Complesso di Santa Croce di Campese a Bassano del Grappa (Vi), l’ex monastero sul Canale del Brenta fondato nel giugno del 1124 da Ponzio di Melgueil, settimo abate di Cluny, di ritorno dalla Terra Santa, che ha festeggiato i 900 anni, segnalato al censimento con l’obiettivo di recuperare antiche testimonianze storiche del Cinquecento e del Seicento, custodite nell’archivio, e renderle finalmente consultabili.
 Seguono, nella classifica, due beni siciliani: l’Eremo di Santa Rosalia alla Quisquina a Santo Stefano Quisquina (Ag), luogo di devozione locale molto amato, e il Parco regionale di Cava Ispica a Modica (Rg), uno dei maggiori complessi naturalistico-archeologici dell’isola, che ospita, tra l’altro, un cimitero paleocristiano, con loculi e tombe ad arcosolio e un Gymnasium ellenistico con iscrizioni greche, nonché i resti della chiesa in grotta di Santa Maria, risalente all'epoca normanna.
Mentre al settimo posto si è classificato il Traghetto di Leonardo da Vinci a Imbersago (Lc), per il quale la mobilitazione, che ha ottenuto 31.490 voti, è partita dallo stesso sindaco che ha preso l’abilitazione per far tornare a navigare sull’Adda quest’unico esemplare funzionante al mondo di barca, che ha storicamente prestato servizio come importante collegamento tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Venezia fino alla fine del XVIII secolo. Sulla base di un disegno datato 1513 e incluso nel Codice Windsor, si ipotizza che l’artista fiorentino abbia progettato o perfezionato l’infrastruttura durante il suo soggiorno nella vicina Vaprio d'Adda, tra il 1506 e il 1507. Il sistema funziona grazie a un cavo – oggi d'acciaio - teso tra le due sponde, sfruttando la corrente del fiume per il movimento, senza quindi la necessità di un motore. 
Nella top ten si trovano, quindi, il Castello di Lagopesole ad Avigliano (Pz), la Chiesa di San Giacomo della Vittoria ad Alessandria e la Valle dei Mulini di Gragnano (Na), antica testimonianza della lavorazione locale della farina e della pasta, da preservare con le sue storie di tradizione e ingegno.

Tra i «Luoghi del cuore» più votati ci sono anche siti colpiti da disastri naturali, come la chiesetta danneggiata da una tromba d’aria a Cervia (Ra), il centro storico di Concordia sulla Secchia (Mo), ancora in attesa di un pieno recupero dopo il terremoto del 2012, e il Torrente Rovigo a Palazzuolo sul Senio (Fi), che ha raccolto undicimila voti in una manciata di giorni, in seguito allo smottamento causato dalle abbondanti piogge che ha portato alla luce una discarica creata negli anni Settanta lungo i suoi argini. Ne emerge il ritratto di un’Italia  fatta di province, borghi, chiese, luoghi di natura, spesso poco conosciuti o trascurati, ma capaci di aggregare e appassionare persone anche fuori dai nostri confini nazionali.

Didascalie delle immagini
1. Nostra Signora delle Grazie, Nizza Monferrato (AT) Foto Roberto Morelli, 2025, (C) FAI; 2.  Fontana Antica di Gallipoli (LE) (C) FAI; 33. Chiesa di San Giorgio a Tellaro, Lerici (SP). Foto Davide Marcesini (C) FAI; 4. Traghetto Leonardo da Vinci, Imbersago (LC). Foto Roberto Morelli (C) FAI; 5. Complesso di Santa Croce di Campese, Bassano del Grappa (VI) (C) FAI

Per saperne di più
https://fondoambiente.it/il-fai/grandi-campagne/i-luoghi-del-cuore/

giovedì 12 giugno 2025

#Notizieinpillole, quando l'arte contemporanea onora il passato e racconta un restauro

Tra Roma, Venezia e Milano, tre importanti realtà imprenditoriali - la maison della nautica Sanlorenzo, la società di consulenza Deloitte e l'azienda di costruzioni Ghella - condividono una visione comune: l'arte contemporanea può dare nuova linfa al restauro dell'antico. In quest'ottica sono stati concepiti i progetti di riqualificazione della Loggia dei Vini nella capitolina Villa Borghese, dell'ex chiesa meneghina di San Paolo Converso e di un edificio degli anni Quaranta a Venezia, nel quartiere di Dorsoduro, all'ombra della Basilica di Santa Maria della Salute. 
Una medesima visione conservativa ha mosso il progetto pluriennale «Restituire l’incanto a Villa Medici»,  promosso dall'Accademia di Francia a Roma, che, questo fine settimana, apre eccezionalmente le porte al pubblico per mostrare i recenti interventi di restauro che hanno interessato sei camere per gli ospiti e il Giardino dei Limoni, nuovo scrigno di natura e design.  

A VENEZIA UN NUOVO CENTRO PER L’ARTE CONTEMPORANEA. APRE CASA SANLORENZO

Venezia ha un nuovo centro dedicato all’arte contemporanea. Nei giorni della Venice Climate Week e nell’ambito della Biennale di architettura, la maison Sanlorenzo, leader internazionale nella nautica di lusso, ha inaugurato, all’interno di una dimora degli anni Quaranta, ubicata all’ombra della Basilica di santa Maria della Salute, in una zona artisticamente ricca del quartiere di Dorsoduro (quella tra Punta Dogana e la Peggy Guggenheim Collection), il suo nuovo laboratorio culturale e creativo: Casa Sanlorenzo.

Restaurato dall’architetto Piero Lissoni con lo studio Lissoni & Partners, il nuovo hub vuole essere «uno spazio di ricerca, dove l’arte non decora, ma interroga. Dove il design non impressiona, ma accompagna. Dove la bellezza non è mai fine a sé stessa, ma portatrice di un’etica». In queste parole di Massimo Perotti, Executive Chairman di Sanlorenzo, c’è tutto il senso di un’operazione culturale - lungimirante e visionaria - che guarda all’arte come motore per il cambiamento della società e che, nel contempo, intende stimolare l’incontro tra gli individui, promuovere le diversità di idee, prestare attenzione alla sostenibilità ambientale.

Il restauro dell’edificio, che era abbandonato dagli anni Quaranta e che ora ospita la collezione d’arte contemporanea del brand Sanlorenzo (con opere che spaziano dagli anni Sessanta ai giorni nostri), ha onorato la sua anima storica: le facciate in mattoni sono state valorizzate e si è provveduto alla conservazione di alcuni elementi originali, come parte dei pavimenti. Materiali della tradizione veneziana, come la palladiana, dialogano, ora, con superfici in cemento, acciaio e vetro creando un elegante equilibrio tra memoria storica e linguaggio contemporaneo. Un sistema di illuminazione adattiva permette di modulare la luce in base alle esigenze delle mostre che verranno ospitate nei mesi a venire, migliorando l’esperienza dei visitatori.

Un elemento chiave della ristrutturazione è, infine, il ponte che collega Casa Sanlorenzo all'area circostante. Realizzata interamente in metallo prefabbricato e già assemblato, la struttura, la cui forma “a schiena d’asino” ricorda i ponti medioevali, presenta una superficie in pietra d’Istria, tipica della città lagunare, e un corrimano in legno lavorato come se fosse un remo, per evidenziare il legame, di Venezia e di Sanlorenzo, con l'acqua.

Per maggiori informazioni: https://www.sanlorenzoyacht.com/

Foto di Federico Cedrone. Courtesy: Sanlorenzo Arts

# MILANO, NELL’EX CHIESA DI SAN PAOLO CONVERSO PRENDE VITA LA GALLERIA DELOITTE 

Ha da poco aperto i battenti a Milano la Galleria Deloitte, un nuovo spazio dedicato all’arte e alla cultura nato dalla riqualificazione della chiesa sconsacrata di San Paolo Converso, in piazza Sant’Eufemia. A tenere a battesimo la neonata realtà culturale è stato Giuseppe Lo Schiavo, ultimo vincitore del prestigioso Premio Cairo, che ha presentato «Liturgica». Si tratta di un’opera creata con l’intelligenza artificiale generativa, che «non celebra – spiega l’artista - l’autonomia della macchina, ma la responsabilità e il potere dell’essere umano nel darle forma, nel dirigerne la rotta, nell’assumersi la paternità del proprio stesso futuro».
L’installazione artistica – racconta ancora il suo autore – si configura come «un viaggio visivo che si sviluppa come un’allucinazione: sequenze che scorrono, si trasformano, si dissolvono, senza inizio né fine. Corpi, animali, materia. Tutto è immerso in un flusso che somiglia all’acqua: viva, imprevedibile, sacra».

Costruita a partire dal 1549 per volere della contessa di Guastalla Paola Lodovica Torelli, la chiesa di san Paolo Converso ospitava originariamente le Madri Angeliche, un ordine religioso voluto da Antonio Maria Zaccaria e dalla stessa contessa Torelli, che venne approvato nel 1535 da papa Paolo III. Nella seconda metà del ’700 il monastero venne chiuso a causa delle soppressioni ordinate dall’Imperatore Giuseppe II. La chiesa, oggi di proprietà della parrocchia di Sant’Eufemia, venne così ridotta a deposito e da allora non fu più adibita al culto. Il suo recupero strutturale risale agli anni Trenta quando il celebre architetto milanese Paolo Mezzanotte compì una completa ristrutturazione comprensiva del restauro degli affreschi.

La galleria è l’ultimo tassello - insieme con Solaria Space, il nuovo hub dedicato all’intelligenza artificiale generativa (GenAI) - a essere stato inaugurato all’interno nuovo Campus Deloitte, 48 mila metri quadri, di cui oltre mille di verde situati, tra via Santa Sofia e Corso Italia, nel complesso immobiliare di proprietà di Allianz che fu progettato negli anni ’50 da Gio Ponti, Antonio Fornaroli e Piero Portaluppi.

Per saperne di più: https://www.deloitte.com/ 

Nelle foto: Giuseppe Lo Schiavo, «Liturgica», 2025, installazione artistica realizzata con la GenAi per la nuova galleria Deloitte alla chiesa di San Paolo Converso a Milano

# ROMA, ALLA LOGGIA DEI VINI DI VILLA BORGHESE LE NUOVE OPERE DI JOHANNA GRAWUNDER E DANIEL KNORR PER «LAVINIA»

Sono Johanna Grawunder e Daniel Knorr a scrivere un nuovo capitolo della storia di «Lavinia», il programma di arte contemporanea pensato per dialogare con il restauro della Loggia dei Vini, originale ed elegante architettura realizzata tra il 1609 e il 1618 all’interno del parco di Villa Borghese a Roma, dove venivano serviti, al riparo da sguardi indiscreti, vini e sorbetti agli ospiti del cardinale Scipione Borghese.

Curato da Salvatore Lacagnina, realizzato da Ghella e promosso da Roma Capitale, con la collaborazione di Zètema, il progetto deve il suo nome a Lavinia Fontana (1552 – 1614) e si sviluppa in parallelo alle varie fasi di ristrutturazione della loggia seicentesca.

Per valorizzare le mura perimetrali che verranno restaurate il prossimo anno, la designer americana Johanna Grawunder (San Diego CA, 1961), cresciuta con i colori e le forme di Ettore Sottsass (con cui ha lavorato a lungo), ha progettato «Wiley a Roma» (2025), un’installazione con una serie di lampade da muro dai colori fluo e luce UV. L’opera vuole esaltare la «pelle» del muro, la sua texture dalle stratificazioni secolari, rispettandone completamente le condizioni e «vestendo di luce» il muro grezzo.

Mentre Daniel Knorr (Bucarest, 1968) ha portato al centro della Loggia la sua riflessione sui processi di industrializzazione e sulle cicatrici del consumismo presentando un’installazione traboccante di objet trouvé che raccontano come i rifiuti siano la «trachea» di una città; ne testimonino il respiro e la vita.

Le due nuove opere site-specific si aggiungono alle sedute di Gianni Politi, alla maniglia per il cancello di ingresso di Monika Sosnowska, alla fontana d’acqua infinita di Piero Golia e alla leggendaria lupa sulla grata di Enzo Cucchi, nonché al sentiero «Dante Desire Line Poetry Path» di Ross Birrell & David Harding, che accompagna i visitatori con le parole dell’Alighieri dentro e fuori lo spazio architettonico. Un approfondimento su queste opere è presente al link: http://bit.ly/456BTIg.

Per saperne di più sul progetto: www.laviniaroma.com.

Nella foto: Installation views, LAVINIA secondo gusto, Roma, 2025. Ph. Eleonora Cerri Pecorella e Daniele Molajoli, courtesy Ghella

# ROMA, PER UN WEEK-END VILLA MEDICI SVELA I SUOI SPAZI RESTAURATI 

Solo per due giorni, sabato 14 e domenica 15 giugno, l’Accademia di Francia a Roma apre le porte per far scoprire al pubblico gli spazi restaurati della sua sede, nell’ambito del grande progetto pluriennale «Restituire l’incanto a Villa Medici».

Nel 2025 la campagna di riqualificazione, iniziata nel 2022, ha interessato sei nuove camere per gli ospiti, che hanno visto all’opera, tra gli altri, Sébastien Kieffer e Léa Padovani, Zanellato/Bortotto e lo studio Ggsv. Ogni stanza offre, ora, un dialogo raffinato tra storia e creazione contemporanea, tra intonaci decorativi e legno intagliato, tra luce naturale e volumi armonizzati.

Nell’ultimo anno è stato completato anche il restauro del Giardino dei limoni, frutto della visione del paesaggista Bas Smets e dell’architetto dei monumenti storici Pierre-Antoine Gatier. In questo spazio segreto, tra piante di agrumi e pergolati di limoni Lunario, nasce un paesaggio che unisce storia medicea, ricerca botanica e design contemporaneo. Il giardino ospita anche la nuova collezione di arredi per esterni «Cosimo de’ Medici», ideata dal duo Muller Van Severen e prodotta da Tectona, in armonia con le geometrie del luogo e con una palette di colori che fa risplendere l’ambiente.
Davanti alla loggia della villa, il parterre ridisegnato ospita, ora, venti alberi di limone in vasi d’artista, realizzati da Natsuko Uchino con terracotta modellata e decorata con frammenti di resti romani. Le basi in peperino, scolpite da Daniele De Tomassi, recano parole incise che formano una poesia originale di Laura Vazquez, premio Goncourt per la poesia 2023.

Durante il fine settimana, i visitatori potranno anche esplorare le sale restaurate nel 2022 e nel 2023, ovvero le stanze dei ricevimenti, ridisegnate sotto la direzione artistica di Kim Jones e Silvia Venturini Fendi, e le camere reinterpretate da India Mahdavi, che ha trasformato gli appartamenti cardinalizi in spazi colorati e vibranti, tra geometrie e arredi del Mobilier National.
Un’occasione unica dunque, questa due giorni, per scoprire un vero laboratorio del presente che onora il passato.

Informazioni e prenotazioni: https://villamedici.it

 Foto di Sebastiano Luciano