ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 16 maggio 2017

A Brescia due mostre sulle Mille Miglia e il «mito della velocità»

Per Brescia è diventato un avvenimento in grado di catalizzare l’attenzione internazionale sulla città. Da ormai novant’anni le «Mille Miglia» trasformano la «Leonessa d’Italia» nel «più grande museo ambulante dell’automobile». Quest’anno l’appuntamento è fissato per le giornate dal 18 al 21 maggio e per l’occasione il nuovo Brescia Photo Festival rende omaggio alla celebre corsa che ha dato un volto al «mito della velocità» con una mostra negli spazi di Palazzo Martinengo Colleoni, sede del Ma.Co.f - Centro italiano di fotografia.
Rappresentare questa vera e propria «leggenda universale» in una rassegna che le rendesse omaggio senza cadere negli stereotipi delle fotografie esposte in tutte le vetrine del centro storico, addobbate ad hoc durante la manifestazione, non si configurava impresa semplice. Ma Renato Corsini e Paolo Mazzetti, i due curatori, ci sono riusciti con classe, allargando il campo di indagine per condurlo a una visione più grande del fenomeno legato all’automobile: il «mito della velocità» nelle sue molteplici declinazioni. «Ci è parso, questo, -spiegano gli organizzatori- il modo forse più significativo e diretto per dedicare a Brescia, nel novantesimo anniversario della Mille Miglia, un’esposizione in grado di far colloquiare immagini e collezionismo, storia e attualità».
La mostra, visitabile fino al 4 giugno, si configura così come un intenso racconto della nascita dell’epopea della corsa, dal 1927, anno di inizio delle Mille Miglia, a quel tragico pomeriggio del 12 maggio del 1957, quando la manifestazione venne funestata dall’incidente occorso alla Ferrari 335 S n. 531 condotta dal pilota spagnolo Alfonso de Portago e dal copilota statunitense Edmund Gurner Nelson, sul rettilineo tra Cerlongo e Guidizzolo, sulla strada napoleonica Mantova-Brescia.
Quelle prime, gloriose pagine di storia sono raccontate dalle immagini tratte dagli archivi dell’epoca, ma anche dai quotidiani e riviste che allora, come oggi, hanno fatto dell’impresa un mito.
La seconda sezione, intitolata «Dal futurismo allo smartphone», parte dall’originale del Manifesto del futurismo di Filippo Tommaso Marinetti e passa attraverso le poesie del Vate Gabriele D’Annunzio, la letteratura moderna e la grafica delle locandine pubblicitarie, per arrivare alla messa in discussione della velocità stessa.
Nella sezione successiva della rassegna sono, invece, riuniti esemplari di alto collezionismo dei primi modelli di automobili da corsa, fino alle più popolari macchine di latta a pedali per bambini.
Non poteva, poi, mancare il cinema. Con le sequenze più significative dei film dove la velocità è affrontata come valore ma anche come occasione di divertimento, con sguardo ironico: dal «Sorpasso» di Risi al «Vigile» con Sordi, da «Crash» al «Maggiolino tutto matto».
La mostra si chiude con una sezione dedicata al mito delle Mille Miglia che espone le immagini di dodici autori quali Silvano Cinelli, Eros Mauroner, Ernesto Fantozzi, Laura Giancaterina, Basilio Rodella, Roberto Ricca, Richard B. Datre, Giacomo Bretzel, Paolo M. azzetti, Beppe Vigasio, Paolo Mucciarelli e Claudio Amadei.
In contemporanea sarà visitabile anche la mostra «90 anni - Mille Miglia», una ricca esposizione di auto che parteciparono alla corsa fra il 1927 e il 1957. Tra i modelli esposti ci sono: l’Alfa Romeo 6C 1500 Gran Sport Testa Fissa (Zagato) del 1933, la la Aurelia B20 GT (Pinin Farina) del 1951, la Lancia Astura Mille Miglia Sport (Colli) del 1938 e la Ferrari 340 MM del 1953 ri-carrozzata Scaglietti. Completano il percorso espositivo totem touch screen, rassegne stampa, video e immagini per dare un tocco di modernità all’esposizione.

Informazioni utili
«Mille Miglia. Il mito della velocità». Macof – Centro della fotografia italiana, via Moretto 78 – Brescia. Orari: giovedì-domenica, ore 15.00-19.30. Ingresso: intero € 12,00, ridotto gruppi e convenzioni € 9,00, ridotto over 65, 14-18, universitari € 7,00, ridotto 6-13 € 4,50. Informazioni: tel. 3455447029, e-mail info@macof.it. Fino al 4 giugno 2017.

«90 anni - Mille Miglia». Museo delle Mille Miglia, viale della Bornata, 123 - S. Eufemia (Brescia). Orari: tutti i giorni, ore 10.00-18.00. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 6,00. Informazioni: tel. 030. 3365631 o segreteria@museomillemiglia.it. Fino al 7 gennaio 2018.

lunedì 15 maggio 2017

I Sironi di Antonio Allaria in mostra al Mart di Rovereto

È dedicato a Mario Sironi e alla collezione di Antonio Allaria il nuovo focus tematico del Mart di Rovereto, inserito in una serie di appuntamenti nati con l’intento di esplorare le radici dell’arte italiana contemporanea, i movimenti storici internazionali, le nuove emergenze partendo dal vasto patrimonio del museo trentino.
Attraverso circa cento opere, di cui oltre sessanta del maestro sardo, suddivise in nove sezioni tematiche, la mostra, allestita fino all’11 giugno, esplora il rapporto di amicizia nato a Cortina nel 1947 tra il collezionista e l’artista, restituendo un Sironi privato, quasi totalmente sconosciuto al pubblico.
Tra quadri e disegni, lungo il percorso espositivo, che si avvale della curatela di Daniela Ferrari e Alessandra Tiddia, si incontrano opere dal contenuto più politico, composizioni figurative con esiti quasi astratti e, addirittura, giocosi e colorati disegni realizzati per le figlie dell’artista e regalati in seguito all’amico Allaria in occasione della nascita della figlia Alessandra.
In generale però la maggior parte delle opere di Sironi presenti nella collezione Allaria, recentemente acquisita dal Mart, appartiene agli anni più duri dell’esistenza dell’artista, quelli del secondo Dopoguerra, segnati dal dramma della morte di una delle figlie e dall’ostilità della critica, che vedeva in lui un vecchio artista del regime fascista.
Un’atmosfera cupa si riverbera nei paesaggi dipinti in questo periodo, nelle vedute prevalgono le ombre e i toni plumbei di un eterno crepuscolo. Molte opere hanno come protagonista la montagna, che si staglia scura e massiccia all’orizzonte, dal profilo tracciato sinteticamente con impasti densi, cretosi.
Si tratta quasi sempre di una montagna ideale, fuori dal tempo, ma che in alcuni casi rivela un preciso riferimento alle cime ampezzane, come le Tofane e il Becco di Mezzodì.  Il mondo di rovine dipinto da Sironi in questi anni è popolato da personaggi che ricordano eroi sconfitti, titani schiacciati dal peso delle costruzioni o di un paesaggio che si stringe intorno a loro, soffocandoli. Emergono dall’oscurità figure irrigidite in impasti cromatici calcinati, appena sbozzate come grandi idoli di pietra, murate nelle loro nicchie o nell’atto di fuggire faticosamente da questi spazi angusti.
Come scrivono il direttore e la presidente del Mart nell’introduzione al catalogo della mostra: «Di grande rilevanza è anche il fatto che la parte più ampia e organica della collezione presentata dal Mart con una mostra temporanea […] sia focalizzata sull’opera di Mario Sironi, ossia di uno degli artisti più importanti del Novecento italiano e, nonostante l’acclarato rilievo, rappresentante di un’epoca che merita comunque aggiornati studi e approfondimenti scientifici ad oggi inadeguati rispetto al portato di una generazione che ha vissuto la crisi del proprio tempo con gesti non riducibili alla sola prospettiva ideologica e da inquadrare oggi con maggiore coscienza storica».
In mostra le opere di Sironi vengono messe a confronto con i lavori di altri artisti acquistati da Allaria, come Morandi e Picasso. In particolare, l’esposizione si sofferma sulla presenza all’interno della collezione di tre grandi artisti a cui Allaria era legato da rapporti di profonda amicizia: Renato Guttuso, Anton Zoran Mušič e Graham Vivian Sutherland. Le opere del collezionista dialogano inoltre con le opere delle Ccllezioni del Mart e con i suoi allestimenti permanenti. Il dialogo tra nuovi e vecchi ospiti, selezionati per coerenza tematica, finisce ancora una volta per contraddistinguere l’intero percorso di visita del museo di Rovereto.

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Massimo Campigli, Le due sorelle, 1931. Mart, Collezione Allaria; [fig. 2] Mario Sironi, Ritratto di Antonio Allaria, (1950). Mart, Collezione Allaria; [fig. 3] Mario Sironi, Figure arcaiche, (1949). Mart, Collezione Allaria 

Informazioni utili
Focus – Mario Sironi nella collezione Allaria. Mart, corso Angelo Bettini, 43 - Rovereto (Trento). Orari: martedì – domenica, ore 10.00-18.00; venerdì, ore 10.00-21.00; lunedì chiuso | la biglietteria chiude mezz'ora prima della chiusura del Museo. Ingresso: intero € 11,00, ridotto € 7,00. Informazioni: numero verde 800.397760; contatti dall’estero tel. +39.0445.230315, info@mart.trento.it. Sito internet: www.mart.trento.it. Fino all’11 giugno 2017

venerdì 12 maggio 2017

Veneto, cento anni di moda italiana in mostra a Villa Pisani

Cento anni di stile italiano in trecento fotografie: si potrebbe riassumere così la mostra «Gli Italiani e la moda. 1860-1960», allestita fino al 1° novembre al Museo nazionale di Villa Pisani a Stra, a pochi chilometri di distanza da Venezia. Pur non dimenticando lo sfarzo dell’alta moda, i personaggi famosi che facevano «tendenza», l’esposizione si concentra sui modi di abbigliarsi e di acconciarsi di tutti i giorni, mostrando uomini, donne e bambini che affollavano strade e piazze, uffici e giardini pubblici.
Dalla redingote (abito maschile elegante) alla giacca, dai corsetti alle linee morbide dei tailleur femminili, dal cilindro alla bombetta: il visitatore si ritrova a confronto con i tanti modi italiani dell’abbigliamento nel periodo a cavallo dall’alba dell’Unità nazionale al primo decennio della Repubblica.
Se è vero che l’alta moda detta i canoni dell’estetica dell’abbigliamento, a cui la «buona società» fa riferimento, è altrettanto vero che la moda di tutti i ceti sociali, della quotidianità, ha contraddistinto l’aspetto degli italiani. Nel mondo de «la moda di tutti i giorni», gli abiti e le acconciature discendono o si rifanno ai tipi della «moda alta», imitandola, semplificandola e, spesso, conservando gli elementi della tradizione del costume, a cui soprattutto le generazioni d’età maggiore stentano a rinunciare.
Le fotografie dell’Ottocento raccontano e descrivono un’età ormai perduta nelle cui immagini ritorna la serietà e i modelli dei ruoli sociali e del buon gusto d’allora. Signori in abito elegante e cilindro, con i pantaloni rigorosamente non stirati, sono ripresi dal fotografo nel loro più consono aspetto quanto mai dignitoso. Questi si accostano a signore e signorine chiuse in abiti con uno stretto corsetto, dalle ampie gonne sorrette da apposite strutture, ornato da fiocchi e merletti fatti a mano in casa. re Vittorio Emanuele II prima e Umberto I dopo, mentre la pettinatura delle signore raccoglie in morbidi chignon i lunghi capelli o si ispira alle acconciature ricercate della principessa Sissi.
Le popolane si avvolgono in grandi scialli e le loro lunghe gonne scendono diritte a terra. I lavoratori, invece, indossano per il fotografo l’abito della festa e magari si tolgono la bombetta che durerà loro per una vita. Anche le acconciature si ispirano ai modelli delle classi sociali maggiori, che nell’Ottocento hanno il loro prototipo nella figura del sovrano. Così nei ritratti fotografici, la foggia dei capelli, dei baffi lunghi, folti e arricciati, come del taglio delle barbe, fanno eco a quelli del
Poi, con il Novecento, tutto muta, e mentre gli abiti maschili riscoprono i colori tenui per le stagioni più calde, le donne abbandonano gli ampi e invadenti vestiti per fogge più semplici nel taglio e nel profilo, dall’orlo che svela le caviglie, mentre anche le belle chiome si offrono alle forbici del parrucchiere. Le fotografie registrano ogni cambiamento dell’aspetto e dell’abbigliamento, poiché la fotografia segue e insegue il mondo e la sua realtà umana e sociale.
Così si arriva alle mode degli anni del regime fascista, dove modelli di apparente proto femminismo della buona società si confrontano con la praticità degli abiti maschili, mentre perdura negli uomini l’uso di portare il cappello che per le donne è ancora un elegante vezzo. È con gli anni del secondo Dopoguerra che l’abbigliamento maschile e femminile dividono le loro strade e se gli uomini ancora non abbandonano, nell’impresa della ricostruzione, giacca e cravatta, le donne indossano abiti sempre più pratici e accorciati, individuando nel tailleur il modello e segno della crescente richiesta del riconoscimento di una completa pari dignità con l’altro sesso. A ispirare la gente comune non sono più (solo) re e principesse, ma i divi del cinema: Tyron Power, Amedeo Nazzari, Alida Valli e Rossano Brazzi.
Contemporaneamente a Villa Pisani sarà visibile, fino al 23 luglio, anche la mostra «Lancerotto. Il ritorno di un protagonista», a cura di Monica Pregnolato e Camillo Tonini, prima esposizione dedicata all’artista noalese nel centenario della sua morte. Attraverso trentaquattro dipinti provenienti dalla collezione civica di Noale, da musei pubblici e da collezioni private si evidenzia il ruolo di primaria rilevanza che Lancerotto, prima vicino al realismo pittorico, poi al simbolismo ha ricoperto nella straordinaria stagione pittorica veneta tra Otto e Novecento.

Informazioni utili
Gli italiani e la moda. 1860-1960. Museo Nazionale di Villa Pisani, via Doge Pisani 7 - Stra (Venezia). Orari: fino al 30 settembre, dalle ore 9.00 alle ore 20.00; dal 1° al 29 ottobre, dalle ore 9.00 alle ore 18.00; dal 29 ottobre al 1° novembre, dalle ore 9.00 alle ore 17.00; chiuso il lunedì. Ingresso: villa, parco e mostra - intero € 10,00, ridotto € 7,50 (cittadini UE tra i 18 e i 25 anni); parco e mostra - intero € 7,50, ridotto € 5,00 (cittadini UE tra i 18 e i 25 anni), gratuito per cittadini UE fino ai 18 anni, biglietto unico residenti Riviera del Brenta (Comuni di Campagna Lupia, Campolongo Maggiore, Camponogara, Dolo, Fiesso d’Artico, Fossò, Mira, Noventa Padovana, Stra, Vigonovo) € 5,00. Informazioni: tel. 049.502270. Sito internet: www.villapisani.beniculturali.it o www.munus.com Fino al 1° novembre 2017.