ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 16 ottobre 2019

Busto Arsizio, al ridotto Luigi Pirandello va in scena la poesia

«La letteratura è stata davvero per me, da un certo momento, la vita stessa»: è racchiuso in questa frase che lo scrittore e studioso ligure Carlo Bo vergò nel suo Diario aperto e chiuso, pubblicato dalla milanese Edizioni di Uomo nel 1945, il senso della rassegna Perché tu mi dici: poeta?, in cartellone da ottobre 2009 a maggio 2010 presso gli spazi del ridotto Luigi Pirandello, piccola sala consacrata al «teatro di parola e di ricerca» del Sociale di Busto Arsizio. A dare il titolo all’iniziativa, promossa dall’associazione culturale Educarte, è un verso dello scrittore crepuscolare Sergio Corazzini, tratto dalla lirica Desolazione di un povero poeta sentimentale, pubblicata nella raccolta Piccolo libro inutile del 1906. Una poesia, questa, che sarà possibile risentire, giovedì 25 febbraio 2010, in un appuntamento dal titolo Tra crepuscolarismo e sperimentalismo futurista, incentrato anche sulle produzioni poetiche di Guido Gozzano, Corrado Govoni, Filippo Tommaso Marinetti e Aldo Palazzeschi. Da Foscolo a Quasimodo Undici gli incontri complessivamente in cartellone, rivolti principalmente a un pubblico giovane, che consentiranno di ricostruire alcune delle più significative esperienze poetiche dell’Ottocento e del Novecento. Si inizierà con il carme Dei Sepolcri del pre-romantico Ugo Foscolo, i cui 295 endecasillabi sciolti sul senso del vivere e del perire verranno rievocati giovedì 12 novembre 2009, e si terminerà, nella serata di giovedì 6 maggio 2010, con la poesia socio-filosofica dell’ermetico Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura nel 1959, il quale cantò la condizione dell’uomo moderno, sospeso tra sofferenza e solitudine, e la difficile condizione degli sconfitti dalla guerra e «dal piede straniero sopra il cuore». A fare da prologo a questi appuntamenti sarà, nella serata di giovedì 29 ottobre 2009, una conferenza-spettacolo sull’avventura in versi del più grande scrittore e drammaturgo di tutti i tempi, l’inglese William Shakespeare, i cui intimi e intensi sonetti («struggente romanzo di un amore senza speranza, che si nutre della propria ambiguità e si sublima nella dignità del dolore», come ebbe a scrivere Gabriele Baldini) videro cimentarsi nella traduzione, dall’inglese all’italiano, due tra i principali poeti del nostro Novecento, entrambi premi Nobel per la letteratura: Giuseppe Ungaretti ed Eugenio Montale. Dalle atmosfere seicentesche del «grande Bardo», cantore dell’amore quale unione indissolubile tra due anime, si passerà, dunque, alla cosiddetta «letteratura contemporanea italiana», della quale gli Attori del teatro Sociale, con la guida della regista Delia Cajelli, ripercorreranno, secondo un itinerario cronologico, i profili di suoi undici protagonisti illustri, i più studiati nelle scuole italiane, chiarendone i motivi generali della produzione, ma anche fornendone notizie biografiche e un percorso per exempla tra le poesie più conosciute. Unica voce fuori dai confini nazionali sarà quella di Federico Garcìa Lorca, del quale, nell’incontro A las cinco de la tarde./Eran las cinco en punto de la tarde… di venerdì 2 aprile 2010, verranno analizzate le atmosfere spagnole della sua poesia, innervata di musica flamenca, lirica gitana e tradizioni arabo-andaluse. Letteratura come vita Fil rouge tra le varie conferenze-spettacolo sarà il tema della «letteratura come vita», secondo una felice espressione coniata da Carlo Bo nel 1938, sulla rivista fiorentina Frontespizio, per presentare la corrente ermetica. Gran parte della poesia otto-novecentesca è, infatti, intrisa di autobiografismo. Racconta, per usare le parole di Umberto Saba, la «vita di un uomo», diventandone specchio dei suoi sentimenti e delle circostanze della sua vita, come ben delineano le storie letterarie di Giacomo Leopardi, Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli, Giuseppe Ungaretti e dello stesso Umberto Saba. Il sentimento civile e la contemplazione della storia che anima le liriche degli ottocenteschi Ugo Foscolo e Alessandro Manzoni (del quale giovedì 26 novembre 2009 verrà narrata la genesi delle sue due più note odi civili, Marzo 1921 e Cinque maggio) lasciano, dunque, spazio a una poesia che è cammino introspettivo e che è, per usare le parole di Salvatore Quasimodo, la «rivelazione di un sentimento che il poeta crede sia personale e interiore» e «che il lettore riconosce come proprio». La quotidianità, la «calda vita» dei luoghi natale, il «male di vivere» di montaliana memoria, la precarietà del destino umano, l’orrore della guerra, il clima di inquietudine e di ricerca che anima il post-positivismo sono solo alcuni degli argomenti al centro della rassegna Perché tu mi dici: poeta?. Ecco così che il 14 gennaio 2010 si analizzeranno i «canti pisano-recanatesi» di Giacomo Leopardi, «storia di un’anima» grondante di delusione e amarezza. Giovedì 4 febbraio 2010 si parlerà di Giosuè Carducci e della sua amata terra natia: la verde e selvaggia Toscana. Due settimane dopo, il 18 febbraio 2010, si farà luce sulla «poetica delle piccole cose» di Giovanni Pascoli, della quale massimi esempi si hanno nelle raccolte Mirycae, Primi poemetti e Canti di Castelvecchio. E ancora, l’11 marzo 2010 si tratterà della «triestinità» del Canzoniere di Umberto Saba. Pochi giorni dopo, il 25 marzo 2010, si focalizzerà l’attenzione sulla raccolta Porto sepolto di Giuseppe Ungaretti, dove viene narrata l’esperienza del primo conflitto bellico, vissuta dallo stesso poeta come soldato semplice presso il XIX Battiglione di fanteria, sulle montagne del Carso. Mentre il 22 aprile 2010 si illustrerà la «cultura del negativo» che emana dai volumi Ossi di seppia e Occasioni, La bufera e l’altro, Satura e Quaderno di quattro anni di Eugenio Montale. I motivi della rassegna «Gli incontri –spiega Delia Cajelli- saranno intimi e interattivi, anche per la dimensione quasi domestica del Ridotto, che stimola la partecipazione del pubblico e il suo contatto fisico con gli attori», grazie alla platea mobile e all’esiguità del numero di posti a sedere (una settantina in tutto)». «Lo scopo di questa rassegna –prosegue la direttrice artistica del teatro Sociale di Busto Arsizio- è quello di conquistare l’animo dei più giovani alla poesia, non con lezioni scolastiche, ma con l’emozione della recitazione in teatro». La poesia, dunque, con Perché tu mi dici: poeta? scende dalla cattedra e va in mezzo alla gente, forse realizzando uno dei sogni del futurista Aldo Palazzeschi, che scrisse «il vero poeta dovrebbe scrivere sui muri, per le vie, le proprie sensazioni e impressioni, fra l'indifferenza o l'attenzione dei passanti». Tutte le conferenze-spettacolo avranno inizio alle 21.00. 

Didascalie delle immagin
[fig. 1] Immagine promozionale della rassegna Perché tu mi dici: poeta?. Foto: Silvia Consolmagno. [fig. 2, fig. 3 e fig. 5] Serata di poesia al teatro Sociale di Busto Arsizio. Foto: Silvia Consolmagno; [ fig. 5] Delia Cajelli con l'attore Gerry Franceschini. Foto: Silvia Consolmagno. 

Informazioni utili 
Perché tu mi dici: poeta?. Teatro Sociale / ridotto Luigi Pirandello, piazza Plebiscito 8 - 21052 Busto Arsizio (Varese). Biglietti: intero € 8.00, ridotto € 6.00 (riservato a giovani fino ai 21 anni, ultra 65enni, militari, Cral, biblioteche, dopolavoro e associazioni con minimo dieci persone). Botteghino: il botteghino del teatro Sociale, ubicato in piazza Plebiscito 8, presso gli uffici del primo piano, è aperto nelle giornate mercoledì e venerdì, dalle 16.00 alle 18.00, e sabato, dalle 10.00 alle 12.00. E’ possibile prenotare telefonicamente, al numero 0331.679000, tutti i giorni feriali, secondo il seguente orario: dal lunedì al venerdì, dalle 16.00 alle 18.00; il sabato, dalle 10.00 alle 12.00. Informazioni utili: tel. 0331. 679000, e-mail: info@teatrosociale.it. Web site: www.teatrosociale.it.

A Venezia i «piccoli oggetti» del conte Giuseppe Panza

«Essere collezionisti ha significato per noi raccogliere con passione opere disperse, per dar loro unità in un insieme in cui ognuna avesse il suo posto». Così Giuseppe Panza (Milano, 23 marzo 1923 – Milano, 24 aprile 2010) parlava della sua raccolta, creata con la moglie Giovanna, all'interno della quale, in effetti, si possono ritrovare dei fili conduttori: dall'amore per la light art a quello per le installazioni ambientali, senza dimenticare l'attenzione per l'informale europeo.
In occasione della cinquantottesima edizione della Biennale di Venezia, il Fai - Fondo per l'ambiente italiano indaga l'interesse del collezionista milanese per i piccoli oggetti, un’autentica inversione di tendenza rispetto al suo noto interesse collezionistico degli anni Sessanta e Settanta.
Al negozio Olivetti in piazza San Marco, progettato nel 1958 da Carlo Scarpa e riaperto all’inizio di questo decennio grazie all’ente presieduto da Andrea Carandini, è allestita la mostra «Wunderkammer Panza di Biumo», per la curatela di Anna Bernardini e Pietro Caccia Dominioni.
L’esposizione, che si avvale di un elegante allestimento dello Studio Scandurra di Milano, mette in relazione le perfette geometrie, la spasmodica attenzione al dettaglio, i gentili giochi di luce di marmo e vetro di Murano dell’architettura scarpiana con le opere di piccole dimensioni che il conte milanese collezionò o ricevette in dono dai suoi amici artisti in un arco di tempo che va dal 1966 al 1992.
I quaranta lavori selezionati per la rassegna, che spaziano da una seggiolina in ferro di Joel Shapiro (New York, 1941-1975) alla musicassetta «Monologo, 9 maggio 1973» di Vincenzo Agnetti (Milano 1926-1981), sono disposti sui supporti progettati per esporre le macchine da scrivere Olivetti e appaiono agli occhi del visitatore come discrete e preziose apparizioni. L’impressione è quella di trovarsi proprio all’interno di una vera e propria «stanza delle meraviglie» o «gabinetto delle curiosità», tanto in voga tra il Cinquecento e la seconda metà del Settecento.
Maquettes, invenzioni meccaniche, studi, progetti e modelli di installazioni e creazioni artistiche interpretabili come i «primi originali» -un insieme di oggetti realizzati da quattordici artisti- ammaliano così il visitatore, che lungo il percorso scopre o riscopre l’attenzione del collezionista per le tendenze artistiche novecentesche volte a porre al centro della pratica il concetto di idea.
«L’opera per Panza -raccontano dal Fai -Fondo per l’ambiente italiano- rappresenta, infatti, l’espressione e la visualizzazione della facoltà più alta dell’uomo, il pensiero, e la geometria è il mezzo utilizzato da quest’arte che riflette la capacità della mente di ordinare la realtà. Sono, poi, infiniti i modi in cui l’ordine viene realizzato: linee curve, angoli, volumi che si possono usare in un numero illimitato di variazioni dove fantasia e creatività hanno libertà di manifestarsi».
I lavori in mostra, provenienti dalla Collezione Panza di Mendrisio, appartengono, per la maggior parte, ai principali esponenti del Minimalismo e dell’Arte concettuale: da Walter De Maria a Carl Andre, da Robert Morris a Richard Nonas, da Dan Flavin a Joseph Beuys, fino a Robert Barry, Ian Wilson, Jene Highstein, Piero Fogliati, Douglas Davis e Eric Orr.
Lungo il percorso espositivo è possibile approcciarsi, nello specifico, con le ricerche legate al colore di Dan Flavin (Jamaica, New York 1933 - Riverhead, New York City 1996), in mostra con la «Print Series (Blue/Dark 17/25, Yellow/Purple 17/25, Green/Red 4/25)», e con le sperimentazioni di Piero Fogliati (Canelli, 1930 – Torino, 2016) incentrate sulle nuove tecnologie, ben documentate dall’opera «Anemofono» (1970-1973). Non mancheranno nella rassegna veneta una riflessione sui rapporti tra arte e scrittura, con i telegrammi di Pier Paolo Calzolari (Bologna, 1943), e un suggestivo lavoro di Carl Andre (Quincy, Massachusetts, 1935), emblema della sua indagine sulla purezza della luce e della materia. Si tratta di «Brass Square Piece» (1962), un elegante insieme di quadrati in ottone dalle consuete tonalità dorate.
 Un bel percorso, dunque, quello della mostra veneziana al negozio Olivetti per dire, con Giuseppe Panza, che «l’idea è l’inizio di tutto».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Dan Flavin, Print Series, 1996. Ph Alessandro Zambianchi. Courtesy Panza Collection; [fig. 2] Carl Andre, Brass Aquare Piece, 1972. Ph Alessandro Zambianchi. Courtesy Panza Collection; [fig. 3] Pier Paolo Calzolari, Telegramma no.349, 26 aprile 1976. Ph Alessandro Zambianchi. Courtesy Panza Collection 

Informazioni utili 
«Wunderkammer Panza di Biumo. L’arte dei piccoli oggetti 1966-1992». Negozio Olivetti, piazza San Marco 101 – Venezia. Orari: da martedì a domenica, dalle ore 10.00 alle ore 18.30; ultimo ingresso mezz’ora prima della chiusura. Biglietti: intero € 8,00, ridotto (bambini 6-18 anni) € 5,00; famiglia € 22,00; Iscritti FAI e National Trust gratuito, studenti universitari (fino ai 25 anni) e residenti nel Comune di Venezia € 5,00. Informazioni: tel. 041.5228387, fainegoziolivetti@fondoambiente.it. Fino al 27 ottobre 2019.

martedì 15 ottobre 2019

Obiettivi puntati sul Siena International Photography Awards

È la sfida a colpi di click più partecipata al mondo. Solo l’anno scorso sono arrivate in Toscana da centocinquantasei Paesi oltre quarantottomila immagini di fotografi professionisti, dilettanti e amatoriali. La cerimonia di premiazione della nuova edizione, che ha visto ampliarsi i confini con l’invio di fotografie da ben centosessantuno Stati, è ormai alle porte. E on-line è già stato pubblicato il bando per il 2020, la cui macchina organizzativa prenderà il via da domenica 27 ottobre. Ma il giorno prima, sabato 26, si farà un riassunto dell’anno appena trascorso con la cerimonia di premiazione dell’edizione 2019, la quinta dalla sua nascita. Stiamo parlando del «Siena International Photography Awards», che vanta una prestigiosa e qualificata giuria internazionale, nella quale figurano firme di spicco del «National Geographic», ma anche fotografi e picture editor di fama mondiale. Sul palco del teatro dei Rinnovati saliranno, oltre al «SIPA Photographer of the Year», i vincitori delle dieci categorie in concorso: «Creative & Still Life», «Fotogiornalismo», «Viaggi & avventure», «Persone & volti accattivanti», «La bellezza della natura», «Wildlife», «Architettura & spazi urbani», «Sport in azione», «Portfolio Story-Telling» e «Short Documentary Film».
Prenderà così il via nella «città del Palio» un mese dedicato alla fotografia con workshop, photo tour, eventi e nove mostre da non perdere, ospitate nelle location più esclusive della città per lasciarsi ammaliare non solo dalla bellezza degli scatti esposti, ma anche dal fascino di un territorio che ha pochi eguali al mondo.
Cuore pulsante della manifestazione, in programma fino al 1° dicembre, sarà la rassegna «Imagine All The People Sharing All The World», che allineerà negli spazi dell’ex distilleria «Lo Stellino», struttura dei primi del Novecento dal forte carattere industriale, centoquattordici fotografie di novantanove fotografi di trentanove nazionalità diverse, che hanno partecipato alla quinta edizione del contest promosso da SIPA.
La mostra, che permetterà anche di vedere le opere di alcuni premi Pulitzer e dei vincitori più noti del World Press Photo, sarà, inoltre, accompagnata dalle immagini video di alcuni dei reportage più apprezzati degli autori del «National Geographic».
Sempre all’ ex distilleria «Lo Stellino» sarà esposta «Afghanistan Desert Patrol», con le immagini che Philip Coburn ha scattato, nel gennaio del 2010, quando era aggregato all’esercito dei Marines statunitensi a Helmand.
Il fotografo racconta di avere avuto l’impressione di essere quasi dentro un film, tanto tutto sembrava assurdo e surreale: «mangiavamo cibo in scatola e ci lavavano con una bottiglia d’acqua ogni tre giorni, ma l’essenziale era riuscire a rimanere vivi». Il gruppo si spostava su automezzi attraverso il deserto e le pianure afghane, origliando le «chiacchiere» dei Talebani e scoprendo che avevano soprannominato la loro unità i «Guerrieri che Dio protegge» perché consideravano i loro blindati un segno di invincibilità.
Altro appuntamento da non perdere sarà «Above Us Only Sky» alla Basilica di San Domenico, attuale sede del Liceo artistico «Duccio Buoninsegna» di Siena. L’esposizione, che allinea le immagini più belle del concorso «Drone Awards», è la prima collettiva italiana dedicata alla fotografia aerea.
Dalle valli montane scolpite dai ghiacciai alle coste frastagliate circondate da acque luccicanti, fino ai villaggi abbandonati e alle reti di trasporto tentacolari sono numerosi gli scenari con cui i visitatori si potranno confrontare, comprendendo così come gli artisti possano estendere i confini della fotografia tradizionale alla percezione ambientale del nostro tempo.
«Gli scatti esposti -raccontano gli organizzatori- rasentano il confine dell’astratto, sovvertendo le relazioni spaziali e il fattore di scala, creando un’esperienza simultaneamente seducente e disorientante per chi guarda».
A San Domenico sarà visibile anche «Planet vs Plastic», mostra di Randy Olson, uno dei più importanti e storici collaboratori del «National Geographic», che racconta la sfida ambientalista mettendo in scena l’autorevole rigore, la maestosa armonia, il delicato equilibrio e la straordinaria bellezza del nostro pianeta, impegnato nell’ardua lotta di resistenza contro l’inquinamento.
Sempre a San Domenico, nel chiostro, sarà allestita «Life Force: What Love Can Save», personale dell’argentina Constanza Portnoy, che racconta la straordinaria storia di Jorge e Vero, coppia con malformazioni genetiche, che ha dato alla luce la piccola Ángeles. «Il progetto fotografico -spiegano gli organizzatori del festival- cerca di rompere con i preconcetti e gli sguardi di disapprovazione di molti ambienti della società definiti «normali», cercando di illuminare la semplicità e l’autenticità dei rapporti umani». L’obiettivo si è così posato sulla vita quotidiana della famiglia, per raccontare il legame d’amore, il sostegno incondizionato, l’accettazione reciproca e la tolleranza tra i tre, che riescono ad andare avanti, nonostante la condizione di povertà e il ridotto sostegno economico che ricevono.
A San Domenico sarà possibile vedere anche la mostra «Prisoners of War: Male on Male Sexual Assault in America’s Military», che allinea le fotografie di Mary F. Calvert dedicate alla sua ricerca sugli abusi e sulle violenze sessuali perpetrate all’interno dell’esercito americano.
L’Area Verde Camollia aprirà, invece, le porte alla rassegna «Grandma Divers», nella quale il foto-giornalista Alain Schroeder racconta l'affascinante e poco conosciuta storia della comunità di pescatrici coreane, definite anche come le ultime sirene, dedite già dal 434 D.C. alla tradizionale attività dell’immersione subacquea in apnea in cerca di alghe, frutti di mare di vario genere e di polpi.
Le Haenyeo (letteralmente «donne di mare») rappresentano l’esempio positivo di pesca sostenibile grazie all’estrema conoscenza della vita marina che si tramanda attraverso questo mestiere che recentemente è diventato patrimonio culturale immateriale dell’Unesco.
La pratica di pesca sostenibile si fonda sul rispetto dell’oceano e sul desiderio di condividere armoniosamente con la ricca fauna e l’intensa attività marina. Così attraverso gli scatti di Alain Schroeder conosciamo le immersioni senza bombole di ossigeno e attrezzature tecnologicamente avanzate che hanno permesso alle Haenyeo di sviluppare metodi per navigare nelle profonde acque del mare, partendo da una tecnica di respirazione che permette loro di trattenere il respiro sott’acqua fino a due minuti. Fisicamente impegnative e pericolose, le immersioni in apnea non sono per i deboli di cuore. I pericoli comprendono anche le avversità delle estreme condizioni meteorologiche in cui possono imbattesti quando si immergono per raccogliere alghe, frutti di mare, crostacei e molto altro ancora.
Schroeder le ha volute fotografare con le loro tute di gomma sottile e con i loro vecchi occhiali, con la consapevolezza che le Haenyeo rischiano di diventare una professione del passato perché si tratta di una tradizione che sta lentamente svanendo. Un mestiere che, come racconta il fotografo, promuove uno stile di vita ecologico e sostenibile e che grazie agli sforzi delle comunità locali e del governo, sta portando un rinnovato interesse anche nei giovani, delusi dalla vita urbana e desiderosi di ritornare alle loro radici.
Al mondo del mare -con le meraviglie dei suoi abissi, sempre più messe a rischio dal difficile e contrastante rapporto con l’uomo- guarda anche la mostra «Karma Blu» di Filippo Borghi a Palazzo Sergardi Biringucci.
Tra gli eventi in programma si segnala anche a Palazzo Sergardi l’esposizione fotografica di Antonello Palazzolo, ideatore di «Spazi Sonori», istallazione permanente, laboratorio multimediale e salotto aperto dove suono, immagine e architettura si mescolano naturalmente, contribuendo a una magica percezione multi-sensoriale, nella quale le note di Chopin “incontrano” gli storici pianoforti conservati nella dimora senese, tutti costruiti dalla storica prestigiosa firma Pleyel di Parigi.
Siena International Photography Awards prevede anche workshop e photo tour con escursioni inedite alla scoperta di uno dei territori più fotografati e visitati al mondo con il Chianti.
Da non perdere è, poi, anche l’appuntamento con l’incontro «One Shot Together», quando tutti i partecipanti del concorso si daranno appuntamento in piazza del Campo per una foto ricordo.
Sono, inoltre, previsti appuntamenti di approfondimento con Randy Olson e Melissa Farlow, grandi firme del foto-giornalismo internazionale e storici obiettivi del National Geographic, che daranno vita a un laboratorio di narrazione visiva che documenta la storica città del Palio e la sua gente. Altro momento di approfondimento sarà il workshop con Oliviero Rossi sull’utilizzo della fotografia in ambito psicologico.
Un cartellone, dunque, ricco quello del Siena International Photography Awards, che offrirà l’occasione per guardare al mondo con occhi nuovi, ricordandoci che «una fotografia vale più di mille parole».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Mauro De Bettio, «Chasing spirits» ; [fig. 2] Thomas Vijayan,«Krill View» ; [fig. 3] Ignacio Medem, «Natural recycling» ; [fig. 4] SE_Ming, «Li_Colourful mountain 1» ; [fig. 5] Philip Coburn, «Afghanistan Desert Patrol» ; [fig. 6] Constanza Portnoy, «Life Force: What Love Can Save»; [figg.7 e 8] Filippo Borghi, «Karma Blu»

Informazioni utili 
www.festival.sienawards.com