ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 18 marzo 2021

Una nuova casa per il «Polittico dell’Agnello mistico». Alla cattedrale di San Bavone apre il Visitor Center

«Immensamente prezioso e stupendamente bello»: con queste parole Albrecht Dürer parlava, nel 1521, del «Polittico dell’Agnello mistico», monumentale capolavoro (della grandezza di 470×300 cm) a firma di fratelli Hubert e Jan van Eyck, realizzato tra il 1426 e il 1432 per la cattedrale di San Bavone a Gand, nelle Fiandre, dove tutt’oggi è conservato.
La preziosa pala d’altare - caposaldo del Rinascimento fiammingo con i suoi dodici pannelli di quercia con al centro il tema iconografico della redenzione, otto dei quali dipinti recto e verso, - è fresca di uno dei più ambiziosi progetti di restauro intrapresi in Belgio, che ha visto al lavoro negli ultimi sette anni il prestigioso Kik-Irpa - Koninklijk instituut voor het kunstpatrimonium-Institut royal du patrimoine artistique di Bruxelles, sotto la direzione di Hélène Dubois.
L’opera sarà visibile dal prossimo 25 marzo all’interno dell’atteso Visitor Center, avveniristico centro esperienziale dedicato alla cattedrale gotica e alle opere d’arte custodite al suo interno.
Il visitatore vi accederà dalla cripta, che è stata oggetto di un importante lavoro di ampliamento e ristrutturazione. Da qui avrà inizio un tour che permetterà di rivivere la travagliata storia del Polittico, per mezzo di una tecnologia all’avanguardia che si avvale della realtà aumentata.
Il percorso sarà accompagnato da un assistente virtuale, disponibile in nove lingue, che guiderà il visitatore da una cappella all'altra. In ognuna, per mezzo di occhiali speciali o di un tablet di realtà aumentata, sarà possibile vedere l'ambiente circostante, ma l'immagine in 3D si sovrapporrà a quella reale, diventando parte integrante dell'esperienza.
Il Polittico dei fratelli van Eyck sarà collocato, nello specifico, nella Cappella del Sacramento, nel deambulatorio, che è risultato essere il luogo più adatto, essendo sufficientemente spazioso per accogliere la teca in vetro, che garantirà il microclima ottimale per la conservazione dell’opera, ma anche per consentire la visuale sia sui pannelli esterni che interni.
Il progetto di restauro che ha portato alla creazione del Visitor Center, realizzato da Bressers Architects, è stata una sfida importante: in passato, infatti, della cattedrale di San Bavone a Gand era accessibile solo la chiesa inferiore; dal 25 marzo, con l’aggiunta di un nuovo ascensore e di scale, oltre che con la riprogettazione di alcuni degli antichi muri in pietra della cattedrale, anche la cripta, il coro e le cappelle absidali saranno interamente visitabili.
Commissionata nel 1426 a Hubert van Eyck - «maior quo nemo repertus», «pittore di cui non si è trovato uno più grande» - dal nobile Joos Vijd, l’opera fu portata a termine sei anno dopo dal fratello dell’artista, Jan van Eyck. Il passaggio di consegne si nota in un’iscrizione collocata sulla cornice del polittico, che il recente restauro ha confermato essere originale.
Al momento del suo completamento, nel 1432, il lavoro sorprese i contemporanei per la brillantezza, la vivacità e l’utilizzo dei colori, ma anche per i mille dettagli mai superflui delle ventisei scene realizzate, che raffigurano l’Agnello Mistico, simbolo di Cristo, adorato nel giardino del Paradiso da Angeli, Santi, Buoni Giudici, Cavalieri, Eremiti, Pellegrini.
Il Polittico dei fratelli van Eyck ha una storia avventurosa che oggi, grazie al Visitor Center, sarà possibile scoprire. Montato, smontato, disassemblato, venduto, contrabbandato, copiato, censurato, attaccato dagli iconoclasti, nascosto, e addirittura segato – oggetto di ben tredici reati e sette furti -, il dipinto rischiò di andare quasi distrutto in un incendio, scoppiato il 1° giugno del 1640 all’interno della Cattedrale di Gand.
Non sorte migliore ebbe nei secoli successivi, soprattutto in epoca recente. Nel 1794 l’opera trovò, per esempio, sulla sua strada Napoleone Bonaparte, che trafugò i pannelli centrali, restituiti a Gand solo nel 1815.
Durante la Prima guerra mondiale, il dipinto venne nuovamente smembrato, ma con il Trattato di Versailles tutti gli scomparti, anche quelli legalmente acquistati dal mercante Edward Solly nel 1816, per entrare a far parte delle collezioni dei Musei reali di Berlino, vennero restituiti per contribuire al risarcimento che la Germania doveva versare agli Stati vittoriosi e in parziale compensazione per i danni inflitti al Belgio in guerra. 
La storia si ripeté durante la Seconda guerra mondiale quando, come viene raccontato anche nel film «Monuments Men», i nazisti sottrassero l’opera, che era stata trasferita per sicurezza in Francia - in un museo locale a Pau, sui Pirenei francesi-, e la nascosero in una miniera di sale di Altaussee. Qui fu recuperata, nel 1945, dalla Task Force degli Alleati dedicata alla messa in salvo delle opere d’arte europee. Alla cerimonia che sancì il ritorno a Gand i belgi non vollero i francesi, stigmatizzando il collaborazionismo del Governo di Vichy per aver consegnato l’opera ad Adolf Hitler, che voleva esporla nel suo mai nato museo di Linz.
Ecco perché oggi, a causa di queste tante rocambolesche vicende, sembra quasi un miracolo riuscire ad ammirare il polittico in tutta la sua ritrovata bellezza, scoprendone dettagli e curiosità anche grazie alle più recenti scoperte della tecnologia.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Jan van Eyck e Hubert van Eyck, Polittico dell'Agnello Mistico, 1426-1432. Olio su tela, cm 258 x 375.Cattedrale di San Bavone, Gand. Polittico aperto; [fig. 2] Jan van Eyck e Hubert van Eyck, Polittico dell'Agnello Mistico, 1426-1432. Olio su tela, cm 258 x 375.Cattedrale di San Bavone, Gand. Polittico aperto. Polittico chiuso; [fig. 3] Render del nuovo Visitor Center di Gand by De Kwekerij; [figg. 4 e 5] Visitatori a Gand. Foto di Bas Bogaert; [fig. 6] Jan van Eyck e Hubert van Eyck, Polittico dell'Agnello Mistico, 1426-1432. Olio su tela, cm 258 x 375.Cattedrale di San Bavone, Gand. Particolare Adamo e Coro angelico 

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mercoledì 17 marzo 2021

Al via il restauro dell’opera «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939» di Piet Mondrian

Palazzo Venier dei Leoni, la sede veneziana della Collezione Peggy Guggenheim, è chiusa al pubblico per effetto delle disposizioni governative per contrastare la pandemia da Coronavirus, ma all’interno si continua a lavorare in attesa di tornare ad accogliere i visitatori. È notizia di questi giorni l’inizio del progetto di studio e conservazione sull’opera «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939» (1938 – 1939) di Piet Mondrian, che verrà avviato nel corso del mese di marzo dal dipartimento di conservazione del museo.
Dopo il restauro di «Alchimia» (1947) di Jackson Pollock, de «Lo studio» (1928) di Pablo Picasso e della «Scatola in una valigia» (1941) di Marcel Duchamp, sarà, quindi, un’altra icona dell’arte del XX secolo appartenente alla collezione lagunare a essere presa in esame. Lo studio dell’opera è fondamentale per una piena comprensione dei materiali e delle tecniche adottate da Piet Mondrian, e ripercorrere le tappe storiche della sua conservazione è un ulteriore elemento-guida in vista di un possibile intervento di restauro.
Tra le opere più amate dal pubblico, «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939» ha la capacità di catturare lo sguardo dell’osservatore grazie all’equilibrio armonico dato dal ritmo e dalla purezza delle forme e dall’intersezione tra linee orizzontali e verticali. Il doppio titolo rimanda a una rielaborazione dell’opera da parte dell’artista. L'indagine scientifica determinerà la posizione del colore grigio nella prima versione del quadro, «Composizione n.1 con grigio e rosso» del 1938, poi rimosso dall’artista stesso, con il conseguente cambiamento del titolo in «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939».
Nel 1943 Max Bill, architetto, designer amico di Mondrian, a cui l’artista mandava spesso immagini dei progressi delle sue opere, fra cui una di «Composizione con rosso», scrive che la prima versione dell’opera includeva un piccolo riquadro grigio in alto a sinistra. Durante una conversazione con Angelica Rudenstine, autrice del catalogo ragionato della collezione Peggy Guggenheim, è la stessa mecenate americana, che acquisì l’opera nel novembre del 1939, a suggerire che Mondrian avrebbe modificato il dipinto a New York, prima dell’apertura della galleria-museo Art of This Century, nel 1942, e che quindi questo cambiamento si sarebbe potuto verificare fra il 1941 e appunto il 1942.
Tuttavia in una riproduzione dell’opera sul «London Bulletin» del 1939 il quadro sembra già essere stato rielaborato data l’assenza del riquadro grigio. Rimane, dunque, possibile che Mondrian sia nuovamente intervenuto sull’opera prima dell’inaugurazione di Art of This Century, senza però alterarne drasticamente la composizione come nell’intervento del ‘39. L’artista era solito tornare sui suoi dipinti perfezionando il nero delle linee e le tonalità sottili del bianco.
«Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939» è uno dei pochi dipinti su cui l’artista olandese lavorò durante il suo soggiorno di due anni a Londra, tra il 1938 e il 1940, alla vigilia dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Sono anni in cui Mondrian cerca di abbandonare il più possibile la sua soggettività. Questa necessità può portare a interpretare la semplicità delle opere di questo periodo come una risposta alle ulteriori complicazioni di quell’epoca. In questa luce, il dipinto assume una grande importanza storica, quale manifesto dell’estetica semplificata del Neo-plasticismo. Si tratta di fatto di una delle composizioni più riduttive dal punto di vista cromatico, severa e austera e, allo stesso tempo, opera intuitiva e schema astratto di incertezza e ricerca dell’ordine in uno dei periodi più difficili della nostra storia.
È proprio a Londra, nel 1938, che Peggy Guggenheim rimane affascinata dal lavoro di Mondrian, tanto che l’artista diviene uno dei principali punti di riferimento della cerchia degli avanguardisti che costellano la vita della collezionista. Numerosi sono gli aneddoti che caratterizzano il loro singolare rapporto di amicizia, come la passione di Mondrian per il ballo, sebbene l’artista avesse all’epoca già settant’anni, ascoltare il jazz e partecipare a eventi mondani e feste, come racconta la mecenate stessa nella sua autobiografia «Una vita per l’arte» (Rizzoli Editori, Milano, 1998).
Il progetto di studio interdisciplinare sarà coordinato da Luciano Pensabene Buemi, conservatore della collezione, che eseguirà il restauro dell’opera e supervisionerà la collaborazione con l’Ispc - Istituto di scienze del patrimonio culturale, e Scitec - Istituto di scienze e tecnologie chimiche del Cnr - Consiglio nazionale delle ricerche, che saranno coinvolti con le tecnologie più avanzate messe a punto per lo studio non invasivo della tela in situ.
Le analisi scientifiche consentiranno l'identificazione dei materiali e delle tecniche impiegate da Mondrian e consentiranno un costante monitoraggio del dipinto durante il restauro. Lo studio coinvolgerà i dipartimenti di conservazione e curatoriale della collezione Peggy Guggenheim e del museo Solomon R. Guggenheim di New York. A sovrintendere il progetto saranno Lena Stringari, deputy director, e Andrew W. Mellon, conservatore capo della Fondazione Solomon R. Guggenheim, insieme a Gillian McMillan, capo conservatore associato del Museo Solomon R. Guggenheim, apportando al progetto la loro precedente esperienza sulle opere di Mondrian. Lo studio comparativo con dipinti dell’artista non sottoposti a restauro e il dialogo con esperti del settore, inclusi curatori, storici dell'arte, conservatori e scienziati, saranno cruciali per questo progetto. Tale ricerca, insieme al dialogo interdisciplinare, garantiranno il restauro, ben meditato e consapevole delle problematiche connesse, di un capolavoro dell’arte del Novecento come appunto «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Peggy Guggenheim nel padiglione greco, dove espone la sua collezione, alla XXIV Biennale d’Arte di Venezia, accanto a Jacques Lipchitz,« Pierrot seduto» (1922); sul fondo Piet Mondrian, «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939» (1938-39); 1948. Fondazione Solomon R. Guggenheim. Photo Archivio Cameraphoto Epoche. Donazione, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005;  [fig. 2] Piet Mondrian (1872 – 1944), «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939», 1938-39. Olio su tela montata su supporto di legno, tela 105,2 x 102,3 cm; pannello 109,1 x 106 x 2,5 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Fondazione Solomon R. Guggenheim, New York; [fig. 3] La Collezione Peggy Guggenheim, Palazzo Venier dei Leoni, Venezia. © Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Photo Matteo De Fina; [fig. 4] La Collezione Peggy Guggenheim, Palazzo Venier dei Leoni, Venezia. Sulla terrazza sul Canal Grande: Marino Marini, «L’angelo della città», 1948 (fusione 1950?). © Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Photo Matteo De Fina; [fig. 5] La Collezione Peggy Guggenheim, Palazzo Venier dei Leoni, Venezia. Piet Mondrian, «Composizione n. 1 con grigio e rosso 1938 / Composizione con rosso 1939», 1938–39. © Collezione Peggy Guggenheim, Venezia. Photo Matteo De Fina

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martedì 16 marzo 2021

«We Will Design», aperta la call to action di Base per partecipare alla prossima Milano Design Week

Ha appena preso il via «We will design», la call to action lanciata da Base Milano, progetto di contaminazione culturale tra arti, imprese, tecnologia e innovazione sociale, nato nel 2016 all’interno degli edifici industriali dell’ex-Ansaldo, un’area di 12mila metri quadrati usati per esposizioni, spettacoli, workshop, conferenze e residenze d’artista. Fino al 31 marzo sarà possibile inviare la propria proposta per partecipare alla Design Week 2021, in programma dal 5 al 12 settembre. Il bando è rivolto ad atenei italiani e internazionali, ma anche ad accademieluoghi di formazione non convenzionaledesigner e brand emergenti, tutti chiamati a esplorare e ripensare nuovi modi di vivere, attraverso il design, in risposta all’attuale e inevitabile fase di ripensamento globale.
A tal proposito, va ricordato che sono numerose le domande e le riflessioni che ci guideranno verso la prossima edizione della Design Week.  «Negli ultimi mesi - ricordano, a questo proposito, gli organizzatori - la nostra vita quotidiana è stata sospesa; nuovi codici di condotta hanno messo alla prova il senso della coesistenza e della coabitazione, del nostro essere connessi al di là del mezzo digitale. In questo contesto il design diventa lo strumento per rispondere a un progetto più vasto che coinvolge l’ambiente, l’habitat, i rituali domestici o sociali, le relazioni tra spazio pubblico e privato e altre nuove forme di design antropologico. Dal design di prodotto a quello dei servizi, dalla moda al design d’interazione, dal branding all’experience design, di conseguenza i campi di azione del design si sono estesi e sempre di più si infittiscono le sfere della sua influenza: il design ci aiuta a indagare dove sta andando la nostra società».
A partire da questo presente e con la volontà di costruire un nuovo futuro, Base guarda, dunque, al prossimo Fuorisalone scegliendo di indagare le tematiche più attuali scaturite da questo particolare momento storico, abbracciando un concetto di design antropologico, dalla costruzione identitaria ai comportamenti sociali. Oggi più che mai il design diventa, infatti, una lente per guardare alla nostra società, uno strumento fondamentale di cooperazione e costruzione comune, in cui le realtà della formazione hanno un ruolo cruciale nel ri-progettare relazioni e co-abitazioni del futuro. In questo senso, il design si è avvicinato all’arte, alle scienze sociali, alla sociologia e ancora di più all’antropologia.
Coinvolgimento di lungo periodoco-progettazione e transettorialità sono al centro dell’approccio di Base. Alla luce di quanto abbiamo vissuto nell’ultimo periodo, all’ex Ansaldo si è voluto ripensare la Design Week come un percorso di lungo termine, destinato a non esaurirsi durante la settimana del Fuorisalone, ma a costruire collaborazioni e progettualità prima e dopo questo momento. «We Will Design» si svilupperà, infatti, in diversi appuntamenti nel corso dell’anno - coinvolgendo ospiti ed eventuali espositori interessati - e troverà il suo apice nella settimana dal 5 al 12 settembre, nei giorni della prossima Design Week, da sempre uno dei momenti di massima espressione creativa a livello internazionale della città di Milano.
Nella scelta dei progetti selezionati, di cui verrà dato un feedback entro il 12 aprile, con la call to action, verrà dato spazio all’esposizione, ma anche alla creazione di progetti site specific sviluppati a quattro mani insieme a Base e alle realtà coinvolte attraverso residenze, workshop e un public program per approfondire le tematiche indagate. Il design e l'arte racconteranno così il mondo che ci attende. 

Informazioni utili 
Base, Via Bergognone, 34 - Milano.  Tutti i dettagli su: www.base.milano.it/designweek2021/Per maggiori informazioni scrivere a: design@base.milano.it