È uno dei monumenti simbolo di Torino (ma anche dell’Italia) con i suoi centosessantasette metri e mezzo d’altezza che ne fanno l’edificio in muratura più alto d’Europa e con il suo ascensore panoramico, che permette di ammirare la città dall’alto, spingendo lo sguardo fino all’arco alpino. Ma è anche la sede di uno dei musei più belli d’Italia, quello del cinema, che si sviluppa a spirale verso l’alto, su progetto dello scenografo francese François Confino, presentando fotografie, manifesti, spezzoni di film, bozzetti e oggetti scenici.
La Mole Antonelliana e il Museo nazionale del cinema, sogno reso realtà dalla tenacia di Maria Adriana Prolo, incrociano i propri destini nel 2000.
Da allora sono passati vent’anni e per festeggiare l’anniversario il gioiello architettonico progettato da Alessandro Antonelli, una sorta di archistar ante litteram che ha firmato anche la cupola di San Gaudenzio a Novara e Casa Scarabozzi (più conosciuta come Fetta di polenta) a Torino, si trasforma, grazie al contributo del Gruppo Iren, in uno schermo multimediale per proiettare immagini in movimento.
Il videomapping, che trasformerà la Mole in una sorta di cinema all’aperto e in un inusuale faro che illuminerà la notte della città, si avvale della regia e del genio creativo di Donato Sansone.
Le proiezioni, in programma dalla sera del 24 giugno, festa patronale della città, alternano diversi elementi e vari materiali, molti dei quali appartenenti alle ricche e prestigiose collezioni del Museo nazionale del cinema: foto, manifesti e oggetti si avvicendano a sequenze ed elementi di computer grafica, in un crescendo emozionale che coinvolge fino all’ultimo frame.
Si parte dall’omaggio al cinema torinese e italiano per, poi, arrivare alle grandi star.
Le fotografie animate dei volti di attrici e attori noti al grande pubblico -da Sophia Loren a Marcello Mastroianni, da Claudia Cardinale a Vittorio Gassman, da Massimo Troisi a Ornella Muti, da Ugo Tognazzi a Monica Bellucci- si incontrano con i manifesti che hanno scandito la storia del cinema italiano, ma anche con un tributo al nostro regista più visionario, Federico Fellini, nell’anno del centenario della sua nascita.
A questi contributi si aggiungono memorabili sequenze di film girati a Torino, da «Cabiria» a «The Italian Job», fino alla sezione dedicata alle icone cinematografiche internazionali: da King Kong a Spiderman, dall’agente 007 a Indiana Jones, da Vito Corleone al perfido Darth Vader.
Un altro omaggio alla città sabauda viene raccontato dagli elementi chiave che la connotano. L’acqua che riempie la Mole trasformandola in acquario è un omaggio al fiume Po, in cui nuotano personaggi ironici e legati all’immaginario infantile. Le automobili che si inseguono in maniera rocambolesca attorno alla Mole ricordano lo sviluppo della Fiat. Infine, c'è un omaggio al volo con le sequenze più vertiginose che contraddistinguono i film d’avventura.
Non potevano, poi, mancare l’amore romantico, con i più bei baci della storia del cinema, e i momenti di festa, in omaggio al compleanno del museo (ma anche a quello della Film Commission Torino Piemonte), con proiezione di fuochi d’artificio.
Per rendere il tutto il più coinvolgente possibile -raccontano dal Museo nazionale del cinema- «sono stati installati quattro media player Dataton, ossia quattro server in grado di fornire multi-uscite video per permettere la riproduzione sincronizzata dei contenuti multimediali e una regia workstation posizionata all’interno della Mole. Infine, la sincronizzazione effettiva avverrà tramite l’utilizzo di quattro router LTE che, mediante una connessione a bassa latenza che permette una velocità di comunicazione superiore allo standard e un controllo in diretta dei quattro proiettori, farà comunicare tutte le macchine all’interno dello stesso network, per poter lavorare in modo sincronizzato».
Lo spettacolo, che al debutto sarà trasmesso anche in televisione su Rai Premium (canale 25 del digitale terrestre) e in streaming su Rai Play, sarà visibile tutte le sere, fino al 20 luglio, dalle 21.00 alle 23.30, quando i quattro lati della Mole si animeranno contemporaneamente con un lavoro della durata di circa venti minuti, dal montaggio serrato e visionario, che restituirà al pubblico tutta la magia della settima arte.
Ma mercoledì 24 giugno la Mole Antonelliana regalerà ai suoi cittadini, ma anche a chi si collegherà con Rai Premium e Rai Play, un altro appuntamento da non perdere: il tradizionale show dei droni di San Giovanni, che quest’anno avrà come tematica le fragilità di un essere tecnologico costruito da un altro essere fragile, l’uomo, e che vedrà anche la partecipazione degli artisti di Zebra, compagnia diretta da Silvia Gribaudi. L’esibizione sarà -e non poteva essere diversamente- un autentico omaggio al mondo del cinema, dai grandi classici ai musical, con la celebrazione dei centenari di Federico Fellini e Alberto Sordi.
I due eventi torinesi fanno parte di «San Giovanni x 3», un palinsesto di appuntamenti che unirà Torino ad altre due grandi città che festeggiano la festa patronale nel giorno di San Giovanni, Firenze e Genova. Sulla piattaforma dedicata alla kermesse sono previsti vari collegamenti streaming, che permetteranno agli utenti di lasciarsi incantare da una partita di calcio storico nella scenografica piazza Santa Croce o da un breve concerto di un’eccellenza italiana quale è l’orchestra del teatro Carlo Felice, ma non solo. In tempi di distanziamento sociale, come abbiamo imparato in questi ultimi mesi, si può, dunque, essere uniti, anche se distanti, perché tutti siamo -come recita lo slogan della serata- «sotto lo stesso cielo».
Per saperne di più
www.museocinema.it
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ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
mercoledì 24 giugno 2020
martedì 23 giugno 2020
Dalla app alla piattaforma: svolta digitale per la ripartenza di Parma 2020+21
Duecentomila fiori festeggiano la ripresa delle attività di Parma Capitale italiana della cultura 2020 + 2021. Sono quelli che l’artista britannica Rebecca Luise Law ha messo in mostra all’Oratorio di San Tiburzio per il suo «Florilegium». L’esposizione è una delle prime ad aver riaperto nella città emiliana dopo la quarantena per contrastare la pandemia da Coronavirus, insieme con quella che il Complesso monumentale della Pilotta dedica al design contemporaneo di Piero Fornasetti e con il progetto espositivo «I quadri di Pietro», sulla collezione Barilla, alla Pinacoteca Stuard, dove è attualmente esposta l'opera «Fruits et orange» di Alberto Savinio.
La cultura torna, quindi, a battere il tempo, come recita lo slogan scelto quale filo rosso tra le varie proposte, riappropriandosi dei suoi spazi e riprendendo a scandire, con rinnovato vigore, la vita della «piccola Parigi».
Il clou delle manifestazioni si avrà in settembre con l’inaugurazione dell’installazione «Hospitale – Il futuro della memoria», una video-narrazione ideata da Studio Azzurro per l’iconica Crociera dell’Ospedale vecchio, uno dei complessi monumentali di Parma, cuore pulsante del quartiere Oltretorrente, in fase di ristrutturazione.
Nello stesso mese la città farà da scenario all’inaugurazione del Festival Verdi con la rassegna «Scintille d’Opera» e con gli appuntamenti one to one per le strade e nei cortili del ciclo di incontri «Verdi sotto casa», ma anche alla tre giorni di «Spiegamelo!», kermesse sulla divulgazione come primo passo per la diffusione della cultura.
Tante sono, poi, le mostre messe in cantiere per l’autunno, tra le quali si segnalano gli omaggi a Luigi Magnani, uno dei massimi collezionisti di opere d’arte al mondo, e a Giuseppe Niccoli, valorizzatore di talenti con la sua galleria negli anni Settanta, oltre alla rassegna che Palazzo Bossi Bocchi dedica a Carlo Mattioli e alle sue opere sulla figura di Stendhal, che dedicò il suo più celebre romanzo, «La Certosa di Parma», alla città emiliana.
Il palinsesto per l’anno da Capitale italiana della cultura della «piccola Parigi» è stato, quindi, rimodulato e arricchito di nuove riflessioni scaturite dal recente vissuto, che ha così profondamente mutato il nostro modo di vivere, cambiato nei ritmi e nelle priorità.
La ripartenza è anche e soprattutto sotto il segno dell’innovazione digitale grazie al lancio di una nuova piattaforma, una app, una card e un nuovo sito di networking per il volontariato, strumenti per coniugare cultura e tradizione con uno sguardo rivolto al futuro.
Per quanto riguarda la piattaforma e la app si è pensato ad un approccio human-centric con l’intento di semplificare l’esperienza di ciascun visitatore e, contemporaneamente, di amplificarne l’effetto di immersività di luoghi, opere ed eventi. Sia la piattaforma –della quale Parma 2020+21 si è dotata per meglio supportare i visitatori e gli utenti– sia la app –scaricabile gratuitamente da Play Store e Apple Store– permetteranno di conoscere ogni angolo e ogni sfaccettatura della città, di scoprire il territorio circostante con tutte le sue ricchezze, di pianificare un turismo eno-gastronomico di qualità.
Gli utenti potranno usare la app per visite virtuali e immersive a 360 gradi già da casa, pianificando una visita personalizzata che coinvolga luoghi di interesse, eventi e itinerari enogastronomici ad hoc o usufrendo di audioguide e di un sistema di prenotazione del posto in coda, evitando il sovraffollamento.
Entrambi i sistemi possono offrire informazioni specifiche anche per programmare itinerari e visite per persone con disabilità.
Parma Card sarà, invece, disponibile dal 1° settembre sulla piattaforma, sulla app e nei luoghi convenzionati; permetterà a cittadini e turisti di accedere, con prezzi competitivi e molti benefici, al sistema turistico-culturale del territorio e ai suoi trasporti.
Tutte le strutture aderenti sono parte del programma «Parma Città Sicura», che garantisce il rispetto delle prescrizioni igienico-sanitarie post-Covid.
La card per i cittadini di Parma e provincia ha validità annuale, quella per i turisti è valida per tre giorni (settantadue ore) e consente l’accesso al bike sharing e ai trasporti senza limitazioni per una persona.
Altra novità disponibile on-line è il sito di networking per il volontariato della città (www.miimpegnoaparma.it), creato dal Comune di Parma con CSV Emilia – Forum solidarietà e il coordinamento scientifico di Promo PA Fondazione, per promuovere l’impegno civico e la cittadinanza attiva.
Il sito integra tutti i diversi settori in cui si può svolgere un’attività di volontariato: dalla cultura al sociale, dalla salute allo sport, dall’ambiente all’enogastronomia, per creare un sistema di ricerca e gestione del volontariato uniforme ed efficace. Sul portale sarà possibile non solo pubblicare e consultare offerte, ma anche trovare video formativi.
Il progetto non è collaterale a quello della Capitale della Cultura, ma ne è parte integrante e complementare: la crescita di una cittadinanza attiva nella cultura è, infatti, un obiettivo di Parma 2020+21, che intende la cultura stessa come elemento cardine per il raggiungimento della sostenibilità sociale. La collaborazione tra il mondo del volontariato e quello degli organizzatori di eventi è stata pensata per creare un prodotto che resti alla città e rappresenti un lascito concreto e permanente di Parma 2020+21.
Per saperne di più
www.parma2020.it
La cultura torna, quindi, a battere il tempo, come recita lo slogan scelto quale filo rosso tra le varie proposte, riappropriandosi dei suoi spazi e riprendendo a scandire, con rinnovato vigore, la vita della «piccola Parigi».
Il clou delle manifestazioni si avrà in settembre con l’inaugurazione dell’installazione «Hospitale – Il futuro della memoria», una video-narrazione ideata da Studio Azzurro per l’iconica Crociera dell’Ospedale vecchio, uno dei complessi monumentali di Parma, cuore pulsante del quartiere Oltretorrente, in fase di ristrutturazione.
Nello stesso mese la città farà da scenario all’inaugurazione del Festival Verdi con la rassegna «Scintille d’Opera» e con gli appuntamenti one to one per le strade e nei cortili del ciclo di incontri «Verdi sotto casa», ma anche alla tre giorni di «Spiegamelo!», kermesse sulla divulgazione come primo passo per la diffusione della cultura.
Tante sono, poi, le mostre messe in cantiere per l’autunno, tra le quali si segnalano gli omaggi a Luigi Magnani, uno dei massimi collezionisti di opere d’arte al mondo, e a Giuseppe Niccoli, valorizzatore di talenti con la sua galleria negli anni Settanta, oltre alla rassegna che Palazzo Bossi Bocchi dedica a Carlo Mattioli e alle sue opere sulla figura di Stendhal, che dedicò il suo più celebre romanzo, «La Certosa di Parma», alla città emiliana.
Il palinsesto per l’anno da Capitale italiana della cultura della «piccola Parigi» è stato, quindi, rimodulato e arricchito di nuove riflessioni scaturite dal recente vissuto, che ha così profondamente mutato il nostro modo di vivere, cambiato nei ritmi e nelle priorità.
La ripartenza è anche e soprattutto sotto il segno dell’innovazione digitale grazie al lancio di una nuova piattaforma, una app, una card e un nuovo sito di networking per il volontariato, strumenti per coniugare cultura e tradizione con uno sguardo rivolto al futuro.
Per quanto riguarda la piattaforma e la app si è pensato ad un approccio human-centric con l’intento di semplificare l’esperienza di ciascun visitatore e, contemporaneamente, di amplificarne l’effetto di immersività di luoghi, opere ed eventi. Sia la piattaforma –della quale Parma 2020+21 si è dotata per meglio supportare i visitatori e gli utenti– sia la app –scaricabile gratuitamente da Play Store e Apple Store– permetteranno di conoscere ogni angolo e ogni sfaccettatura della città, di scoprire il territorio circostante con tutte le sue ricchezze, di pianificare un turismo eno-gastronomico di qualità.
Gli utenti potranno usare la app per visite virtuali e immersive a 360 gradi già da casa, pianificando una visita personalizzata che coinvolga luoghi di interesse, eventi e itinerari enogastronomici ad hoc o usufrendo di audioguide e di un sistema di prenotazione del posto in coda, evitando il sovraffollamento.
Entrambi i sistemi possono offrire informazioni specifiche anche per programmare itinerari e visite per persone con disabilità.
Parma Card sarà, invece, disponibile dal 1° settembre sulla piattaforma, sulla app e nei luoghi convenzionati; permetterà a cittadini e turisti di accedere, con prezzi competitivi e molti benefici, al sistema turistico-culturale del territorio e ai suoi trasporti.
Tutte le strutture aderenti sono parte del programma «Parma Città Sicura», che garantisce il rispetto delle prescrizioni igienico-sanitarie post-Covid.
La card per i cittadini di Parma e provincia ha validità annuale, quella per i turisti è valida per tre giorni (settantadue ore) e consente l’accesso al bike sharing e ai trasporti senza limitazioni per una persona.
Altra novità disponibile on-line è il sito di networking per il volontariato della città (www.miimpegnoaparma.it), creato dal Comune di Parma con CSV Emilia – Forum solidarietà e il coordinamento scientifico di Promo PA Fondazione, per promuovere l’impegno civico e la cittadinanza attiva.
Il sito integra tutti i diversi settori in cui si può svolgere un’attività di volontariato: dalla cultura al sociale, dalla salute allo sport, dall’ambiente all’enogastronomia, per creare un sistema di ricerca e gestione del volontariato uniforme ed efficace. Sul portale sarà possibile non solo pubblicare e consultare offerte, ma anche trovare video formativi.
Il progetto non è collaterale a quello della Capitale della Cultura, ma ne è parte integrante e complementare: la crescita di una cittadinanza attiva nella cultura è, infatti, un obiettivo di Parma 2020+21, che intende la cultura stessa come elemento cardine per il raggiungimento della sostenibilità sociale. La collaborazione tra il mondo del volontariato e quello degli organizzatori di eventi è stata pensata per creare un prodotto che resti alla città e rappresenti un lascito concreto e permanente di Parma 2020+21.
Per saperne di più
www.parma2020.it
lunedì 22 giugno 2020
I nudi di Re Hang per la riapertura del Pecci di Prato
Non si è fermato nemmeno durante i giorni più duri dell'emergenza sanitaria per il Covid-19. Ha dato vita, con la sua web-tv, a un ricco palinsesto di contenuti giornalieri e, contemporaneamente, ha lanciato un progetto per i suoi spazi esterni: «Extra-Flags», una serie di bandiere d’artista commissionate, una a settimana, per essere issate sul pennone davanti al museo, come segnale fisico di vitalità e resistenza.
Le dieci opere nate durante i giorni del lockdown sono state il biglietto da visita con cui il Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato ha mostrato alla città la sua voglia di ripartire, superando il momento drammatico e straordinario che stavamo vivendo.
Marinella Senatore, Nico Vascellari, Marzia Migliora, Eva Marisaldi, Flavio Favelli, Marcello Maloberti, Massimo Bartolini, Elena Mazzi e Andreco sono gli artisti che hanno risposto all'appello. Le loro bandiere sono ora esposte all'interno del museo toscano, tra i primi sul territorio italiano a riaprire lo scorso maggio, dopo circa dieci settimane di chiusura.
Per l'occasione, gli spazi sono stati sanificati e riorganizzati secondo le indicazioni delle autorità, con tutti i presidi di protezione personale necessari, mentre le caratteristiche dell’edificio, con più di ottomila metri quadrati di spazi e grandi sale, rendono semplice il distanziamento fisico e la gestione contingentata del flusso di visitatori, che, comunque, non potranno essere più di sessanta contemporaneamente.
«Nei prossimi mesi –racconta la direttrice Cristina Perrella- il rapporto fisico con i nostri spazi sarà riservato principalmente a un pubblico di prossimità e questa sarà un’occasione importante per aumentare la familiarità dei cittadini con il museo e rafforzare una dimensione territoriale. Altrettanto importante sarà rimanere connessi al mondo. Da questo punto di vista l’uso dello spazio digitale sarà uno dei contesti in cui alimentare il pensiero critico e il confronto con la scena culturale globale, oggi che la condivisione di pensieri, contenuti, esperienze è più essenziale che mai e può generare nuovi scenari per l’arte nazionale e internazionale».
Globale e locale si incontreranno, dunque, questa estate al Pecci, che continuerà a produrre contenuti multimediali e, nello stesso tempo, punterà i riflettori sui suoi concittadini, a partire dai più piccoli. Pensa, infatti, a loro il laboratorio didattico su «Extra Flags» e la call pubblica, lanciata in occasione della riapertura, per co-progettare uno strumento digitale per la visita autonoma del museo dedicata alle famiglie con bambini dai 6 ai 12 anni.
L'attività di progettazione partecipata, in linea con i protocolli di sicurezza, si svolgerà all'aperto, nel giardino antistante il museo, e consentirà di creare una guida multimediale da scaricare sul proprio smartphone per visitare in autonomia il centro pratese, alla scoperta della sua architettura, del suo giardino delle sculture e delle sue collezioni.
Per quanto riguarda la programmazione espositiva il museo toscano apre, questa estate, le porte alla prima mostra italiana dedicata all’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987-2017), tragicamente scomparso a neppure trent’anni.
L’artista, le cui opere sono ritenute in Cina pornografiche e sovversive, è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle.
I suoi nudi appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino, in una foresta di alberi ad alto fusto, in uno stagno con fiori di loto, in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia; i loro volti sono impassibili, le loro membra piegate in pose innaturali. Cigni, pavoni, serpenti, ciliegie, mele, fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi, ma dal grande potere evocativo.
L'esposizione, visitabile fino al prossimo 23 agosto, allinea novanta scatti, accompagnati da un portfolio che documenta il backstage di uno shooting di Ren Hang nel Wienerwald nel 2015 e un’ampia sezione di libri rari sul suo lavoro.
Nello stesso periodo sarà possibile vedere «The Missing Planet, visioni e revisioni dei “tempi sovietici” dalla collezione del Centro Pecci e da altre raccolte», a cura di Marco Scotini e Stefano Pezzato, con progetto di allestimento di Can Altay.
L'esposizione propone un’immersione nelle ricerche artistiche sviluppate dagli anni Settanta a oggi nelle ex repubbliche sovietiche, dalla Russia alle province baltiche, caucasiche e centro-asiatiche, che parte dalla rilettura del ricco nucleo di opere dedicate a quest’area geografica presenti nella collezione del Centro Pecci, già esposte nelle mostre «Artisti russi contemporanei» (1990) e «Progressive nostalgia» (2007).
«L’intento della nuova rassegna -raccontano dal Pecci, nelle note di presentazione- è pertanto quello di agire sul tempo, ma anche “contro il tempo”, in favore di un tempo che deve ancora accadere. Per questo, tra metafora e realtà, lavora sull’immaginario cosmico e utopistico che ha accompagnato l’epopea dell’Unione Sovietica, trasformando lo spazio espositivo del museo in uno «Space Shuttle», dentro al quale «Solaris» di Andrei Tarkovskij incontra «Once in the XX Century» di Deimantas Narkevicius come pure «Kunst camera» di Sergei Volkov e «Perestroika» di Erik Bulatov».
In occasione della mostra viene presentata «Interregnum», video installazione di Adrian Paci (Scutari 1969), composta da un montaggio di sequenze di funerali di dittatori comunisti di diverse nazionalità ed epoche, recuperate dagli archivi di stato o dalle trasmissioni televisive nazionali albanesi.
L'opera mostra uomini, donne, bambini ripresi in primo piano, in lacrime, oppure da lontano, in code chilometriche: la morte di un leader libera il dolore dei singoli che, dice l’artista albanese, «non era contemplato nella società comunista».
Una programmazione, dunque, varia quella del Centro Pecci di Prato per questa Fase 3 dell'emergenza sanitaria per il Covid-19, con l'intento di regalare un po' di cultura in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo. D'altronde - lo diceva anche Fëdor Dostoevskij- «la bellezza salverà il mondo».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1]Elisabetta Benassi, Bumblebee needs protection for humankind’s sake, 2017-2020. Bandiera in tessuto nautico, 210 x 300 cm. Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, courtesy dell’artista; [fig. 2] he Missig Planet. Visioni e revisioni dei "tempi sovietici" dalle collezioni del Centro Pecci ed altre raccolte, 2019. Vista dell'allestimento al Centro Pecci. Ph. Ela Bialkowska, OKNOstudio; [fig. 3] Ren Hang, Girl with Ants, 2014. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate; [fig. 4] Ren Hang, Kissing Roof, 2012. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate; [fig. 5] Ren Hang, Peacock, 2016. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate; [fig. 6]Ren Hang, Muur, 2016. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate
Informazioni utili
Centro Pecci per l'arte contemporanea, Viale della Repubblica, 277 – Prato. Orari: dal giovedì alla domenica, dalle ore 12 alle ore 20. Ingresso: Ingresso gratuito per tutti, fino al 31 luglio, alle mostre The Missing Planet. Visioni e revisioni dei ‘tempi sovietici’, Mohamed Keita: KENE/Spazio, Adrian Paci. Interregnum, Extra Flags | Ingresso alla mostra Ren Hang. Nudi intero 7,00 €, ridotto 5,00 €. Informazioni: +39 0574 5317, info@centropecci.it. Sito internet: www.centropecci.it
Le dieci opere nate durante i giorni del lockdown sono state il biglietto da visita con cui il Centro per l'arte contemporanea Luigi Pecci di Prato ha mostrato alla città la sua voglia di ripartire, superando il momento drammatico e straordinario che stavamo vivendo.
Marinella Senatore, Nico Vascellari, Marzia Migliora, Eva Marisaldi, Flavio Favelli, Marcello Maloberti, Massimo Bartolini, Elena Mazzi e Andreco sono gli artisti che hanno risposto all'appello. Le loro bandiere sono ora esposte all'interno del museo toscano, tra i primi sul territorio italiano a riaprire lo scorso maggio, dopo circa dieci settimane di chiusura.
«Nei prossimi mesi –racconta la direttrice Cristina Perrella- il rapporto fisico con i nostri spazi sarà riservato principalmente a un pubblico di prossimità e questa sarà un’occasione importante per aumentare la familiarità dei cittadini con il museo e rafforzare una dimensione territoriale. Altrettanto importante sarà rimanere connessi al mondo. Da questo punto di vista l’uso dello spazio digitale sarà uno dei contesti in cui alimentare il pensiero critico e il confronto con la scena culturale globale, oggi che la condivisione di pensieri, contenuti, esperienze è più essenziale che mai e può generare nuovi scenari per l’arte nazionale e internazionale».
Globale e locale si incontreranno, dunque, questa estate al Pecci, che continuerà a produrre contenuti multimediali e, nello stesso tempo, punterà i riflettori sui suoi concittadini, a partire dai più piccoli. Pensa, infatti, a loro il laboratorio didattico su «Extra Flags» e la call pubblica, lanciata in occasione della riapertura, per co-progettare uno strumento digitale per la visita autonoma del museo dedicata alle famiglie con bambini dai 6 ai 12 anni.
L'attività di progettazione partecipata, in linea con i protocolli di sicurezza, si svolgerà all'aperto, nel giardino antistante il museo, e consentirà di creare una guida multimediale da scaricare sul proprio smartphone per visitare in autonomia il centro pratese, alla scoperta della sua architettura, del suo giardino delle sculture e delle sue collezioni.
Per quanto riguarda la programmazione espositiva il museo toscano apre, questa estate, le porte alla prima mostra italiana dedicata all’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987-2017), tragicamente scomparso a neppure trent’anni.
L’artista, le cui opere sono ritenute in Cina pornografiche e sovversive, è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle.
I suoi nudi appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino, in una foresta di alberi ad alto fusto, in uno stagno con fiori di loto, in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia; i loro volti sono impassibili, le loro membra piegate in pose innaturali. Cigni, pavoni, serpenti, ciliegie, mele, fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi, ma dal grande potere evocativo.
L'esposizione, visitabile fino al prossimo 23 agosto, allinea novanta scatti, accompagnati da un portfolio che documenta il backstage di uno shooting di Ren Hang nel Wienerwald nel 2015 e un’ampia sezione di libri rari sul suo lavoro.
Nello stesso periodo sarà possibile vedere «The Missing Planet, visioni e revisioni dei “tempi sovietici” dalla collezione del Centro Pecci e da altre raccolte», a cura di Marco Scotini e Stefano Pezzato, con progetto di allestimento di Can Altay.
L'esposizione propone un’immersione nelle ricerche artistiche sviluppate dagli anni Settanta a oggi nelle ex repubbliche sovietiche, dalla Russia alle province baltiche, caucasiche e centro-asiatiche, che parte dalla rilettura del ricco nucleo di opere dedicate a quest’area geografica presenti nella collezione del Centro Pecci, già esposte nelle mostre «Artisti russi contemporanei» (1990) e «Progressive nostalgia» (2007).
«L’intento della nuova rassegna -raccontano dal Pecci, nelle note di presentazione- è pertanto quello di agire sul tempo, ma anche “contro il tempo”, in favore di un tempo che deve ancora accadere. Per questo, tra metafora e realtà, lavora sull’immaginario cosmico e utopistico che ha accompagnato l’epopea dell’Unione Sovietica, trasformando lo spazio espositivo del museo in uno «Space Shuttle», dentro al quale «Solaris» di Andrei Tarkovskij incontra «Once in the XX Century» di Deimantas Narkevicius come pure «Kunst camera» di Sergei Volkov e «Perestroika» di Erik Bulatov».
In occasione della mostra viene presentata «Interregnum», video installazione di Adrian Paci (Scutari 1969), composta da un montaggio di sequenze di funerali di dittatori comunisti di diverse nazionalità ed epoche, recuperate dagli archivi di stato o dalle trasmissioni televisive nazionali albanesi.
L'opera mostra uomini, donne, bambini ripresi in primo piano, in lacrime, oppure da lontano, in code chilometriche: la morte di un leader libera il dolore dei singoli che, dice l’artista albanese, «non era contemplato nella società comunista».
Una programmazione, dunque, varia quella del Centro Pecci di Prato per questa Fase 3 dell'emergenza sanitaria per il Covid-19, con l'intento di regalare un po' di cultura in un periodo difficile come quello che stiamo vivendo. D'altronde - lo diceva anche Fëdor Dostoevskij- «la bellezza salverà il mondo».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1]Elisabetta Benassi, Bumblebee needs protection for humankind’s sake, 2017-2020. Bandiera in tessuto nautico, 210 x 300 cm. Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, courtesy dell’artista; [fig. 2] he Missig Planet. Visioni e revisioni dei "tempi sovietici" dalle collezioni del Centro Pecci ed altre raccolte, 2019. Vista dell'allestimento al Centro Pecci. Ph. Ela Bialkowska, OKNOstudio; [fig. 3] Ren Hang, Girl with Ants, 2014. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate; [fig. 4] Ren Hang, Kissing Roof, 2012. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate; [fig. 5] Ren Hang, Peacock, 2016. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate; [fig. 6]Ren Hang, Muur, 2016. Courtesy Stieglitz19 and Ren Hang Estate
Informazioni utili
Centro Pecci per l'arte contemporanea, Viale della Repubblica, 277 – Prato. Orari: dal giovedì alla domenica, dalle ore 12 alle ore 20. Ingresso: Ingresso gratuito per tutti, fino al 31 luglio, alle mostre The Missing Planet. Visioni e revisioni dei ‘tempi sovietici’, Mohamed Keita: KENE/Spazio, Adrian Paci. Interregnum, Extra Flags | Ingresso alla mostra Ren Hang. Nudi intero 7,00 €, ridotto 5,00 €. Informazioni: +39 0574 5317, info@centropecci.it. Sito internet: www.centropecci.it
venerdì 19 giugno 2020
«Cinque minuti con Monet», a Genova un inusuale «tu per tu» con le ninfee
È il 1883 quando Claude Monet, al seguito della seconda moglie, Alice Hoschedé, e degli otto figli, si trasferisce in una casa colonica a Giverny, piccolo e tranquillo paese immerso nella campagna della Normandia, a poca distanza da Parigi.
Di quel suo buen retiro, dove visse oltre quarant’anni, l’artista francese ama la luce «unica», vibrante: «non si trova uguale in nessun’altra parte del mondo», diceva.
Qualche anno dopo, quella casa diventa di proprietà dello stesso Monet che, nell’estate del 1893, decide di trasformare il modesto orto che la circonda in un affascinante giardino alla francese, il clos Normand.
L’artista ottiene, in quello stesso periodo, anche l’autorizzazione a deviare il corso dell’Epte che costeggiava allora il villaggio di Giverny.
Alla fine dell’anno, i lavori sono conclusi e Monet, che da giardiniere e botanico esperto cura i dettagli del suo giardino, fa piantare quattro salici piangenti della varietà cosiddetta «di Babilonia» sul perimetro dello stagno delle ninfee; uno in prossimità del ponte giapponese, due sul lato lungo del laghetto parallelamente alla strada e un ultimo sulla riva opposta al ponte.
La piantagione di essenze esotiche accentua ancora di più l'orientalismo di questo gioiello acquatico.
In questo bucolico mondo costruito su misura -cavalletto, colori e pennello alla mano- Monet si mette a dipingere en plein air; nel 1897 le ninfee colpiscono la sua attenzione e l’artista le dipinge più e più volte.
Lo stesso soggetto viene rappresentato da angolazioni leggermente diverse, in varie ore del giorno, in differenti stagioni e con una luce sempre differente. «E, naturalmente, -raccontava lo stesso artista- l’effetto cambia costantemente, non soltanto da una stagione all’altra, ma anche da un minuto all’altro, poiché i fiori acquatici sono ben lungi da essere l’intero spettacolo, in realtà sono solo il suo accompagnamento. L’elemento base è lo specchio d’acqua il cui aspetto muta ogni istante per come brandelli di cielo vi si riflettono conferendogli vita e movimento».
Alla fine il ciclo dedicato alle ninfee costa di oltre duecentocinquanta tele, che documentano l’evoluzione del pittore, capostipite della corrente impressionista, verso uno sfilacciamento delle forme e una fluidità della pennellata che lo avvicinano al linguaggio astrattista.
Una di queste opere, quella di proprietà del Musée Marmottan Monet di Parigi, è attualmente in mostra a Genova, negli spazi di Palazzo Ducale, grazie alla collaborazione con Arthemisia e con il progetto Generali Valore Cultura, il programma della compagnia assicurativa italiana per promuove l’arte e la cultura su tutto il territorio italiano e avvicinare un pubblico vasto e trasversale - famiglie, giovani, clienti e dipendenti - al mondo dell’arte.
L’opera di Monet è al centro di un inusuale progetto espositivo, attento a tutti i protocolli anti-Covid diffusi dal Mibact: misurazione della temperatura all’ingresso, utilizzo della mascherina all’interno della mostra, rispetto della distanza di sicurezza tra le persone seguendo il percorso segnalato all’interno delle sale espositive.
Il distanziamento sociale che stiamo vivendo in questi mesi per l’emergenza sanitaria da Coronavirus diventa l’occasione per un’esperienza estetica immersiva ed emozionante: cinque minuti esclusivi da soli, o con qualche familiare, a tu per tu con uno dei quadri più famosi del grande pittore impressionista.
La mostra, in programma fino al prossimo 23 agosto, si trasforma così in una sfida alla riscoperta della contemplazione, del contatto e della forza espressiva di un’opera. «In un tempo che ci costringe a costruire barriere per proteggerci, -raccontano da Arthemisia- l’invito è quello a un incontro diretto con un capolavoro, per metterci in ascolto di quanto l’arte con grande capacità narrativa riesce a dire di sé, ma anche di noi».
La mostra si impreziosisce di un’altra piccola chicca, invito a scoprire - con sempre maggiore profondità - il patrimonio culturale genovese, soprattutto in questi mesi dove molti trascorreranno le vacanze in Italia, a poca distanza dalle proprie case.
Nel 1894 fu Giovanni Boldini, pittore italiano e uno dei massimi rappresentanti della Belle Époque, a sollecitare la conoscenza di Monet in Italia. E qui, oggi come allora, è ancora l’artista ferrarese a introdurre l’incontro con l’opera del maestro francese. E lo fa con un altro capolavoro, appunto uno dei tesori artistici della città di Genova: il dipinto «La contessa Beatrice Susanne Henriette van Bylandt», proveniente dalle Civiche raccolte Frugone di Nervi.
A corredo della mostra ci sono, poi, alcune fotografie di Monet, un video introduttivo che ne racconta la vita e un altro, d’epoca (1915 ca.), che riprende l’artista mentre dipinge nel suo giardino a Giverny.
Nelle Ninfee esposte al Ducale, il maestro francese offre la visione di un «mondo fluttuante», spazio piano dove si fa fatica a distinguere l’immagine dal suo riflesso, dove due cascate di salici, vicino ai bordi laterali, incorniciano un tappeto di ninfee su cui poggiano i riflessi delle nuvole. L’orizzonte è aperto. Non vi è né terra, né cielo. Solo l’onda e il fogliame ricoprono la tela luminosa e sovrastata da corolle di fiori eterei. Il risultato è «un incantesimo di acqua e luce», un’arte non tanto da capire, quanto – lo diceva il suo stesso autore- da amare.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Monet (1840-1926), Nymphéas, vers 1916-1919. Huile sur toile, 150x197 cm. Paris, musée Marmottan Monet, legs Michel Monet, 1966. © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images; [fig. 2] Giovanni Boldini, «La contessa Beatrice Susanne Henriette van Bylandt», 1901. Genova, Civiche raccolte Frugone di Nervi; [fig. 3] Ingresso di Palazzo Ducale a Genova; [fig. 4] Casa di Monet a Giverny
Informazioni utili
Cinque minuti con Monet. A tu per tu con le Ninfee. Palazzo Ducale, piazza Matteotti, 9 – Genova. Orari: lunedì, ore 14 – 19; dal martedì alla domenica, ore 10 – 19 (la biglietteria chiude un’ora prima dell’orario di chiusura). Ingresso: intero 7,00 €, bambini dai 6 ai 14 anni 3 €. Biglietti online: www.vivaticket.it. Fino al 23 agosto 2020
Di quel suo buen retiro, dove visse oltre quarant’anni, l’artista francese ama la luce «unica», vibrante: «non si trova uguale in nessun’altra parte del mondo», diceva.
Qualche anno dopo, quella casa diventa di proprietà dello stesso Monet che, nell’estate del 1893, decide di trasformare il modesto orto che la circonda in un affascinante giardino alla francese, il clos Normand.
L’artista ottiene, in quello stesso periodo, anche l’autorizzazione a deviare il corso dell’Epte che costeggiava allora il villaggio di Giverny.
Alla fine dell’anno, i lavori sono conclusi e Monet, che da giardiniere e botanico esperto cura i dettagli del suo giardino, fa piantare quattro salici piangenti della varietà cosiddetta «di Babilonia» sul perimetro dello stagno delle ninfee; uno in prossimità del ponte giapponese, due sul lato lungo del laghetto parallelamente alla strada e un ultimo sulla riva opposta al ponte.
La piantagione di essenze esotiche accentua ancora di più l'orientalismo di questo gioiello acquatico.
In questo bucolico mondo costruito su misura -cavalletto, colori e pennello alla mano- Monet si mette a dipingere en plein air; nel 1897 le ninfee colpiscono la sua attenzione e l’artista le dipinge più e più volte.
Lo stesso soggetto viene rappresentato da angolazioni leggermente diverse, in varie ore del giorno, in differenti stagioni e con una luce sempre differente. «E, naturalmente, -raccontava lo stesso artista- l’effetto cambia costantemente, non soltanto da una stagione all’altra, ma anche da un minuto all’altro, poiché i fiori acquatici sono ben lungi da essere l’intero spettacolo, in realtà sono solo il suo accompagnamento. L’elemento base è lo specchio d’acqua il cui aspetto muta ogni istante per come brandelli di cielo vi si riflettono conferendogli vita e movimento».
Alla fine il ciclo dedicato alle ninfee costa di oltre duecentocinquanta tele, che documentano l’evoluzione del pittore, capostipite della corrente impressionista, verso uno sfilacciamento delle forme e una fluidità della pennellata che lo avvicinano al linguaggio astrattista.
Una di queste opere, quella di proprietà del Musée Marmottan Monet di Parigi, è attualmente in mostra a Genova, negli spazi di Palazzo Ducale, grazie alla collaborazione con Arthemisia e con il progetto Generali Valore Cultura, il programma della compagnia assicurativa italiana per promuove l’arte e la cultura su tutto il territorio italiano e avvicinare un pubblico vasto e trasversale - famiglie, giovani, clienti e dipendenti - al mondo dell’arte.
L’opera di Monet è al centro di un inusuale progetto espositivo, attento a tutti i protocolli anti-Covid diffusi dal Mibact: misurazione della temperatura all’ingresso, utilizzo della mascherina all’interno della mostra, rispetto della distanza di sicurezza tra le persone seguendo il percorso segnalato all’interno delle sale espositive.
Il distanziamento sociale che stiamo vivendo in questi mesi per l’emergenza sanitaria da Coronavirus diventa l’occasione per un’esperienza estetica immersiva ed emozionante: cinque minuti esclusivi da soli, o con qualche familiare, a tu per tu con uno dei quadri più famosi del grande pittore impressionista.
La mostra, in programma fino al prossimo 23 agosto, si trasforma così in una sfida alla riscoperta della contemplazione, del contatto e della forza espressiva di un’opera. «In un tempo che ci costringe a costruire barriere per proteggerci, -raccontano da Arthemisia- l’invito è quello a un incontro diretto con un capolavoro, per metterci in ascolto di quanto l’arte con grande capacità narrativa riesce a dire di sé, ma anche di noi».
La mostra si impreziosisce di un’altra piccola chicca, invito a scoprire - con sempre maggiore profondità - il patrimonio culturale genovese, soprattutto in questi mesi dove molti trascorreranno le vacanze in Italia, a poca distanza dalle proprie case.
Nel 1894 fu Giovanni Boldini, pittore italiano e uno dei massimi rappresentanti della Belle Époque, a sollecitare la conoscenza di Monet in Italia. E qui, oggi come allora, è ancora l’artista ferrarese a introdurre l’incontro con l’opera del maestro francese. E lo fa con un altro capolavoro, appunto uno dei tesori artistici della città di Genova: il dipinto «La contessa Beatrice Susanne Henriette van Bylandt», proveniente dalle Civiche raccolte Frugone di Nervi.
A corredo della mostra ci sono, poi, alcune fotografie di Monet, un video introduttivo che ne racconta la vita e un altro, d’epoca (1915 ca.), che riprende l’artista mentre dipinge nel suo giardino a Giverny.
Nelle Ninfee esposte al Ducale, il maestro francese offre la visione di un «mondo fluttuante», spazio piano dove si fa fatica a distinguere l’immagine dal suo riflesso, dove due cascate di salici, vicino ai bordi laterali, incorniciano un tappeto di ninfee su cui poggiano i riflessi delle nuvole. L’orizzonte è aperto. Non vi è né terra, né cielo. Solo l’onda e il fogliame ricoprono la tela luminosa e sovrastata da corolle di fiori eterei. Il risultato è «un incantesimo di acqua e luce», un’arte non tanto da capire, quanto – lo diceva il suo stesso autore- da amare.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Monet (1840-1926), Nymphéas, vers 1916-1919. Huile sur toile, 150x197 cm. Paris, musée Marmottan Monet, legs Michel Monet, 1966. © Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images; [fig. 2] Giovanni Boldini, «La contessa Beatrice Susanne Henriette van Bylandt», 1901. Genova, Civiche raccolte Frugone di Nervi; [fig. 3] Ingresso di Palazzo Ducale a Genova; [fig. 4] Casa di Monet a Giverny
Informazioni utili
Cinque minuti con Monet. A tu per tu con le Ninfee. Palazzo Ducale, piazza Matteotti, 9 – Genova. Orari: lunedì, ore 14 – 19; dal martedì alla domenica, ore 10 – 19 (la biglietteria chiude un’ora prima dell’orario di chiusura). Ingresso: intero 7,00 €, bambini dai 6 ai 14 anni 3 €. Biglietti online: www.vivaticket.it. Fino al 23 agosto 2020
giovedì 18 giugno 2020
Da Helmut Newton alle «Storie del Marocco»: un'estate di grandi mostre per la Fondazione Torino Musei
«La moda è stato il mio primo desiderio, sin da ragazzo. E, ovviamente, volevo diventare un fotografo di Vogue»: così, semplicemente, Helmut Newton (Berlino, 1920 ‒ Los Angeles, 2004) raccontava il suo sogno di bambino diventato realtà. Su quella rivista prestigiosa, capace di dettare lo stile di più di un’epoca, il fotografo tedesco naturalizzato australiano, uno dei maestri indiscussi del Novecento, pubblicò, a partire dagli anni Sessanta, i suoi scatti, facendosi conoscere nel mondo per quel suo stile provocante e provocatorio, di certo rivoluzionario per il tempo, nel quale convivevano voyerismo, eleganza, seduzione, gioco e ironia.
Davanti al suo obiettivo sfilavano donne semi-vestite o nude, dai corpi scultorei e dall'evidente tensione erotica, immortalate in eleganti suite d’albergo o per le strade di una città, in luoghi banali come un garage, un bagno o un bar, trasformati per l’occasione in palcoscenici teatrali per storie che strizzavano, velatamente, l’occhio alle pratiche sadomaso e all’amore omossessuale.
Ci fu, allora, chi gridò allo scandalo; ed Helmut Newton, caustico e tranchant, provò a zittirli: «Non m’interessa il buon gusto. (...) Mi piace essere l'enfant terrible» e, ancora, «bisogna essere sempre all’altezza della propria cattiva reputazione».
Oggi tutto è cambiato. Quella fotografia non appare più così trasgressiva e in parte lo si deve proprio alla costanza del fotografo berlinese, classe 1920, nel continuare incessantemente una ricerca fotografica che ha sdoganato un genere, oggi conosciuto come porno-chic, che in tanti cercano di copiare ed emulare.
A cento anni dalla nascita, la Fondazione Torino Musei, con la collaborazione di Civita, ha voluto rendere omaggio ad Helmut Newton con una grande retrospettiva, a cura di Matthias Harder, direttore della fondazione berlinese dedicata all’artista, di cui rimarrà documentazione in un bel catalogo edito da Taschen.
Negli spazi della Gam – Galleria d’arte moderna, che ha riaperto i battenti il 12 giugno dopo la serrata per l’emergenza sanitaria da Covid-19, sfilano sessantotto fotografie che presentano una panoramica, la più ampia possibile, del lavoro del fotografo, dagli anni Settanta, con le numerose copertine per «Vogue», sino all’opera più tarda con il bellissimo ritratto di Leni Riefenstahl, datato 2000.
Delle importanti campagne fotografiche di moda sono esposti, tra l’altro, alcuni servizi realizzati per Mario Valentino e per Thierry Mugler nel 1998. Interessante è, poi, la galleria di ritratti a personaggi famosi del Novecento, tra i quali spiccano Andy Warhol (1974), Gianni Agnelli (1997), Paloma Picasso (1983), Catherine Deneuve (1976), Anita Ekberg (1988), Claudia Schiffer (1992) e Gianfranco Ferré (1996). In questa serie di lavori, che ha raggiunto milioni di persone grazie alle pagine di giornali e riviste, ma anche nei suoi celebri nudi, molti ritratti nell'elegante bianco e nero, si ritrovano quelli che per Helmut Newton erano i tre concetti della fotografia: «il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare».
In occasione della riapertura, la Gam permette al suo pubblico di ammirare ancora, per tutta estate, anche la maestosa «Fiera di Saluzzo» di Carlo Pittara, presentata nel 1880 alla IV Esposizione nazionale di Belle arti di Torino e nelle sue collezioni dal 1917, a seguito della donazione del barone Ignazio Weil-Weiss.
La tela, di 4,08 metri di altezza per 8,11 metri di larghezza, raffigura, con un’abile resa realistica, una grande parata di cavalieri, personaggi in costume e moltissimi animali: dalle capre ai bovini, dai cavalli di razza a quelli da tiro, dagli animali da cortile ai cani, fino alla scimmietta ritratta sulla spalla di un giovane con lo scopo di attrarre l’attenzione sulla merce di un pittoresco venditore di chincaglieria.
Alla Gam riprende, inoltre, l’attività della videoteca con un progetto dedicato a Giuseppe Chiari (Firenze, 1926–2007), compositore e artista concettuale del quale vengono presentati, in collaborazione con l’Archivio storico della Biennale di Venezia, due video -«Kunst ist einfach» (1973) e «Spoleto Concert»- e i fogli disegnati per il progetto «La musica è facile» (1972).
L’offerta espositiva si arricchirà, dal 24 giugno, della mostra «Forma /Informe», dedicata alla nascita della fotografia non-oggettiva e informale in Italia, con cinquanta stampe vintage e originali in gran parte inedite di sette grandi fotografi, da Giuseppe Cavalli (1904-1961) a Luigi Veronesi (1908- 1998), da Franco Grignani (1908-1999) a Pasquale De Antonis (1908-2001), da Piergiorgio Branzi (1928) a Paolo Monti (1908-1982), per finire con Nino Migliori (1926).
Dopo l’apertura dello scorso 28 maggio di Palazzo Madama, dove è in corso una mostra su Andrea Mantegna, oltre alla Gam è ritornato di nuovo accessibile, nella giornata di venerdì 12 giugno, anche il Mao – Museo d’arte orientale, che per l’occasione propone al pubblico una nuova rotazione di stampe e dipinti giapponesi su rotolo verticale, dal titolo «La poesia del paesaggio», e il progetto «Storie dal Marocco. Oggetti testimoni di identità e memoria».
Sono, dunque, ritornati tutti fruibili gli spazi civici gestiti dalla Fondazione Torino Musei che, per la sua riapertura, si è avvalsa della consulenza del Politecnico di Torino e della società Onleco Srl, il cui aiuto ha portato alla revisione delle procedure di sicurezza imposte dall’emergenza sanitaria per il Covid-19.
Al fine di garantire un’offerta culturale più ampia, i tre musei del circuito saranno aperti quattro giorni a settimana in modo scaglionato, escluso il mercoledì, che sarà l’unico giorno di chiusura comune a tutti. La Gam sarà accessibile dal venerdì al lunedì; il Mao dal sabato al martedì; Palazzo Madama dal giovedì alla domenica. Nei giorni infrasettimanali l’orario per tutti i musei sarà dalle 13 alle 20; il sabato e la domenica dalle 10 alle 19. Mercoledì 24 giugno, festa patronale di San Giovanni, i tre musei civici di Torino saranno straordinariamente aperti dalle 10 alle 20.
Ovviamente in tutte e tre le strutture verranno rispettate le norme predisposte dal Mibact per la Fase 2 della cultura: dalla mascherina al distanziamento sociale, dalla creazione di percorsi di visita a senso unico all'agevolazione dell'acquisto dei biglietti on-line . Il tutto con l'intento di garantire ai visitatori un appuntamento con la bellezza, all'insegna della sicurezza.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Helmut Newton, Claudia Schiffer, Vanity Fair, Menton, 1992 ©Helmut Newton Estate; Helmut Newton, Stern, Monte Carlo, 1997 ©Helmut Newton Estate; [fig. 3] Helmut Newton, Andy Warhol, Vogue Uomo. Parigi, 1974 ©Helmut Newton Estate; [fig. 4] Carlo Pittara, Fiera di Saluzzo (secolo XVII), 1880. Olio su tela. Esposto alla IVª Esposizione Nazionale di Belle Arti, Torino, 1880 · Dono di Giuseppe Weil-Weiss, Lainate (Milano), 1917; [fig. 5] Andrea Mantegna, Pala Trivulzio, 1497. Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco
Informazioni utili
www.fondazionetorinomusei.it
Davanti al suo obiettivo sfilavano donne semi-vestite o nude, dai corpi scultorei e dall'evidente tensione erotica, immortalate in eleganti suite d’albergo o per le strade di una città, in luoghi banali come un garage, un bagno o un bar, trasformati per l’occasione in palcoscenici teatrali per storie che strizzavano, velatamente, l’occhio alle pratiche sadomaso e all’amore omossessuale.
Ci fu, allora, chi gridò allo scandalo; ed Helmut Newton, caustico e tranchant, provò a zittirli: «Non m’interessa il buon gusto. (...) Mi piace essere l'enfant terrible» e, ancora, «bisogna essere sempre all’altezza della propria cattiva reputazione».
Oggi tutto è cambiato. Quella fotografia non appare più così trasgressiva e in parte lo si deve proprio alla costanza del fotografo berlinese, classe 1920, nel continuare incessantemente una ricerca fotografica che ha sdoganato un genere, oggi conosciuto come porno-chic, che in tanti cercano di copiare ed emulare.
A cento anni dalla nascita, la Fondazione Torino Musei, con la collaborazione di Civita, ha voluto rendere omaggio ad Helmut Newton con una grande retrospettiva, a cura di Matthias Harder, direttore della fondazione berlinese dedicata all’artista, di cui rimarrà documentazione in un bel catalogo edito da Taschen.
Negli spazi della Gam – Galleria d’arte moderna, che ha riaperto i battenti il 12 giugno dopo la serrata per l’emergenza sanitaria da Covid-19, sfilano sessantotto fotografie che presentano una panoramica, la più ampia possibile, del lavoro del fotografo, dagli anni Settanta, con le numerose copertine per «Vogue», sino all’opera più tarda con il bellissimo ritratto di Leni Riefenstahl, datato 2000.
Delle importanti campagne fotografiche di moda sono esposti, tra l’altro, alcuni servizi realizzati per Mario Valentino e per Thierry Mugler nel 1998. Interessante è, poi, la galleria di ritratti a personaggi famosi del Novecento, tra i quali spiccano Andy Warhol (1974), Gianni Agnelli (1997), Paloma Picasso (1983), Catherine Deneuve (1976), Anita Ekberg (1988), Claudia Schiffer (1992) e Gianfranco Ferré (1996). In questa serie di lavori, che ha raggiunto milioni di persone grazie alle pagine di giornali e riviste, ma anche nei suoi celebri nudi, molti ritratti nell'elegante bianco e nero, si ritrovano quelli che per Helmut Newton erano i tre concetti della fotografia: «il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare».
In occasione della riapertura, la Gam permette al suo pubblico di ammirare ancora, per tutta estate, anche la maestosa «Fiera di Saluzzo» di Carlo Pittara, presentata nel 1880 alla IV Esposizione nazionale di Belle arti di Torino e nelle sue collezioni dal 1917, a seguito della donazione del barone Ignazio Weil-Weiss.
La tela, di 4,08 metri di altezza per 8,11 metri di larghezza, raffigura, con un’abile resa realistica, una grande parata di cavalieri, personaggi in costume e moltissimi animali: dalle capre ai bovini, dai cavalli di razza a quelli da tiro, dagli animali da cortile ai cani, fino alla scimmietta ritratta sulla spalla di un giovane con lo scopo di attrarre l’attenzione sulla merce di un pittoresco venditore di chincaglieria.
Alla Gam riprende, inoltre, l’attività della videoteca con un progetto dedicato a Giuseppe Chiari (Firenze, 1926–2007), compositore e artista concettuale del quale vengono presentati, in collaborazione con l’Archivio storico della Biennale di Venezia, due video -«Kunst ist einfach» (1973) e «Spoleto Concert»- e i fogli disegnati per il progetto «La musica è facile» (1972).
L’offerta espositiva si arricchirà, dal 24 giugno, della mostra «Forma /Informe», dedicata alla nascita della fotografia non-oggettiva e informale in Italia, con cinquanta stampe vintage e originali in gran parte inedite di sette grandi fotografi, da Giuseppe Cavalli (1904-1961) a Luigi Veronesi (1908- 1998), da Franco Grignani (1908-1999) a Pasquale De Antonis (1908-2001), da Piergiorgio Branzi (1928) a Paolo Monti (1908-1982), per finire con Nino Migliori (1926).
Dopo l’apertura dello scorso 28 maggio di Palazzo Madama, dove è in corso una mostra su Andrea Mantegna, oltre alla Gam è ritornato di nuovo accessibile, nella giornata di venerdì 12 giugno, anche il Mao – Museo d’arte orientale, che per l’occasione propone al pubblico una nuova rotazione di stampe e dipinti giapponesi su rotolo verticale, dal titolo «La poesia del paesaggio», e il progetto «Storie dal Marocco. Oggetti testimoni di identità e memoria».
Sono, dunque, ritornati tutti fruibili gli spazi civici gestiti dalla Fondazione Torino Musei che, per la sua riapertura, si è avvalsa della consulenza del Politecnico di Torino e della società Onleco Srl, il cui aiuto ha portato alla revisione delle procedure di sicurezza imposte dall’emergenza sanitaria per il Covid-19.
Al fine di garantire un’offerta culturale più ampia, i tre musei del circuito saranno aperti quattro giorni a settimana in modo scaglionato, escluso il mercoledì, che sarà l’unico giorno di chiusura comune a tutti. La Gam sarà accessibile dal venerdì al lunedì; il Mao dal sabato al martedì; Palazzo Madama dal giovedì alla domenica. Nei giorni infrasettimanali l’orario per tutti i musei sarà dalle 13 alle 20; il sabato e la domenica dalle 10 alle 19. Mercoledì 24 giugno, festa patronale di San Giovanni, i tre musei civici di Torino saranno straordinariamente aperti dalle 10 alle 20.
Ovviamente in tutte e tre le strutture verranno rispettate le norme predisposte dal Mibact per la Fase 2 della cultura: dalla mascherina al distanziamento sociale, dalla creazione di percorsi di visita a senso unico all'agevolazione dell'acquisto dei biglietti on-line . Il tutto con l'intento di garantire ai visitatori un appuntamento con la bellezza, all'insegna della sicurezza.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Helmut Newton, Claudia Schiffer, Vanity Fair, Menton, 1992 ©Helmut Newton Estate; Helmut Newton, Stern, Monte Carlo, 1997 ©Helmut Newton Estate; [fig. 3] Helmut Newton, Andy Warhol, Vogue Uomo. Parigi, 1974 ©Helmut Newton Estate; [fig. 4] Carlo Pittara, Fiera di Saluzzo (secolo XVII), 1880. Olio su tela. Esposto alla IVª Esposizione Nazionale di Belle Arti, Torino, 1880 · Dono di Giuseppe Weil-Weiss, Lainate (Milano), 1917; [fig. 5] Andrea Mantegna, Pala Trivulzio, 1497. Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco
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mercoledì 17 giugno 2020
«Pestifera», quando il cinema racconta il virus. Al via l’arena estiva del Castello di Rivoli
È inutile nasconderlo. Il mondo dell’arte è stato profondamente colpito dalle misure emergenziali per combattere il Coronavirus, prima con la chiusura forzata e ora con gli accessi contingentati, che stanno riducendo drasticamente il numero dei visitatori di un museo e quello degli spettatori di un teatro o di una sala cinematografica. Ma è lo stesso mondo dell’arte che può offrirci l’occasione per riflettere su questo momento storico incerto, offrendoci -per usare le parole del poeta Davide Mencarelli sul quotidiano «L’Avvenire» dello scorso 6 giugno- «la voce di chi sa tradurre il dolore in bellezza, di chi con le proprie mani trasforma la sofferenza presente in memoria condivisa, nei secoli».
A questa considerazione è giunto anche il Castello di Rivoli, tra i primi musei del Piemonte (e d’Italia) a riaprire i battenti, lo scorso 19 maggio, subito dopo il lockdown, nel rispetto delle norme studiate dal Mibact per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19, anzi con qualche tutela in più, visto che la distanza di sicurezza tra le persone, fatta eccezione per i nuclei familiari, è stata fissata in due metri, consentendo così l’accesso a non più di trentadue persone per piano per un totale di novantasei visitatori contemporaneamente.
In questi mesi estivi il pubblico potrà ammirare, nello specifico, una piccola selezione di lavori di Giorgio Morandi provenienti dalla collezione di Francesco Federico Cerruti e la raccolta dello svizzero Uli Sigg dedicata all’arte cinese contemporanea, oltre a un’installazione dell’inglese James Richards per le sale storiche del Castello («Alms for the Bird», 2020) e al progetto espositivo di Renato Leotta, che illumina con fari d’automobile i fasti del passato settecentesco del museo («Sole», 2020).
In occasione dell’estate il Castello di Rivoli ha, poi, voluto guardare a questo nostro tempo incerto e, nel suo giardino esterno, proporrà la rassegna serale «Pestifera», a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, Irene Dionisio e Fulvio Paganin, con il coordinamento di Roberta Aghemo e Giulia Colletti.
L’iniziativa consta di sei appuntamenti (oltre a uno on-line) che indagano la rappresentazione delle pandemie attraverso l’arte cinematografica. Ogni incontro, riservato a non più di cinquantacinque persone, sarà preceduto da quindici minuti di letture filosofiche e sonorizzazioni.
Ad aprire il cartellone sarà, venerdì 26 giugno (alle ore 21.30, come tutti gli altri incontri), «Die Pest im Florenz» (1919), film di Otto Rippert, scritto da Fritz Lang e ispirato al racconto «The Mask of the Red Death (La maschera della morte rossa)» di Edgar Allan Poe, che trasporta lo spettatore nel clima mistico e torbido del Medioevo, all’epoca della peste nera del Trecento, che decimò la popolazione fiorentina ed europea.
Realizzata tra il 1918 e il 1919, la pellicola, che venne presentata per la prima volta al Marmorhaus di Berlino, parla indirettamente del proprio tempo, ovvero dell’Europa del primo Dopoguerra attraversata dalla pandemia della febbre spagnola.
L’appuntamento al Castello di Rivoli sarà preceduto dall’introduzione dello storico medievista Giuseppe Sergi; mentre il film muto verrà appositamente sonorizzato dal compositore e artista multimediale Riccardo Mazza.
La rassegna proseguirà, quindi, nella serata di venerdì 3 luglio con «Nosferatu: Phantom der Nacht / Nosferatu, il principe della notte» (1978), per la regia di Werner Herzog.
Con questa pellicola, il regista tedesco crea un affresco onirico, surreale e allegorico che costituisce un omaggio e allo stesso tempo una rivisitazione in chiave contemporanea di un capolavoro assoluto dell’Espressionismo tedesco, il «Nosferatu» di Murnau (1922), nel quale si indaga la natura inestirpabile del male.
La parte del protagonista è stata affidata a Klaus Kinski, che interpreta un Dracula dall’animo lacerato, sospeso tra l’impossibilità di sottrarsi alla sua natura di demone immortale, personificazione della peste, e la volontà di morire per porre fine al suo eterno tormento.
L'incontro sarà preceduto dalla lettura del libro «Nel contagio» (2020) di Paolo Giordano, a cura di Marianna Vecellio.
Venerdì 10 luglio sarà, invece, la volta di «Epidemic» (1987), storia di una pandemia che sta distruggendo il mondo, per la regia di Lars von, con Allan De Waal, Ole Ernst e Michael Gelting.
La proiezione sarà preceduta dalla lettura dal vivo del libro «Per un dopo che era un prima» (2020), diffuso in una forma ridotta sul web da minima & moralia e pubblicato da nottetempo nel marzo 2020. Si tratta di una sorta di manifesto Post-Covid scritto dal filosofo Leonardo Caffo.
Mentre venerdì 17 luglio verrà proiettato «28 Days Later / 28 giorni dopo» (2002), film liberamente ispirato al romanzo «Il giorno dei trifidi» (1951) di John Wyndham, per la regia di Danny Boyle, con Cillian Murphy, Christopher Eccleston e Naomie Harris.
Si tratta di un horror post apocalittico che omaggia gli zombie movies. Protagonista è un giovane di nome Jim, che si risveglia dal coma in cui era finito dopo un incidente automobilistico. Uscito dall’ospedale, si ritrova a vagare per le strade di una Londra devastata da un virus che ne ha trasformato gli abitanti in creature affamate di carne umana.
Prima della proiezione, Carolyn Christov-Bakargiev leggerà il testo «Riflessioni sulla peste» (27 Marzo 2020) di Giorgio Agamben.
Il mese si chiuderà, venerdì 24 luglio, con la proiezione di «Buio » (2019), per la regia di Emanuela Rossi, con Valerio Binasco, Denise Tantucci e Gaia Bocci.
Confinamento obbligato dentro casa (anche se causato dalle bugie di un padre padrone), paura del mondo esterno, voglia di libertà e di rinascita sono i temi al centro di questo thriller psicologico, che ha vinto il Premio Raffaella Fioretta per il cinema italiano ad Alice nella città - Panorama Italia.
Protagonista della storia sono tre sorelle -Stella, Luce e Aria-, che trascorrono le giornate in lockdown, segregate in casa. Ogni sera, quando rientra, il padre racconta quanto sia pericoloso il mondo fuori. Un giorno l’uomo sparisce e Stella, la figlia più grande, è costretta a uscire per fare provviste, reagendo così a una vita di molestie e di volenze fisiche e psichiche.
Il film sarà preceduto dall’introduzione della regista Emanuela Rossi nonché dalla lettura dal vivo dell’artista e regista Irene Dionisio del testo «Coronavirus Capitalism» di Naomi Klein.
Il programma si concluderà a fine settembre, in una data ancora da definire, con l’artista e regista iraniano-canadese Mostafa Keshvari che presenterà in anteprima il film «Corona »(2020), attualmente in fase di realizzazione. Si tratta di un’indagine sui temi della paura e del razzismo attraverso la storia di un gruppo di persone bloccate in un ascensore durante la pandemia Covid.
Il Castello di Rivoli pensa anche al pubblico che nei mesi della quarantena lo ha seguito da casa tramite il progetto «Cosmo digitale / Digital Cosmos»: nella sala virtuale sarà visibile «The Last Man on Earth» (1964), per la regia di Ubaldo Ragona e Sidney Salkow, con Vincent Price, Franca Bettoja ed Emma Danieli. La pellicola è tratta dal romanzo «I Am Legend» (1954) di Richard Matheson e racconta di un morbo che si diffonde trasformando le vittime in vampiri.
Al Castello di Rivoli, grazie a «Pestifera», si capirà così che termini come pandemia, virus, contagio, quarantena non ci erano conosciuti: il cinema li aveva già pronunciati. Strade desolate, supermercati saccheggiati e psicosi da presunti fluidi letali costruiti in laboratorio facevano già parte del nostro immaginario. Quelli cambiati siamo noi, che ci siamo ritrovati a vivere nella realtà storie ed emozioni raccontate da fotogrammi in rapida successione.
Informazioni utili
«Pestifera». Dove: Castello di Rivoli, piazza Mafalda di Savoia – Rivoli (Torino). Quando: tutti i venerdì, dal 26 giugno al 24 luglio 2020. Come: Visita al museo dalle ore 10 alle 21 | Aperitivo dalle ore 19 alle 21 | Intervallo con letture filosofiche dalle ore 21.15 alle 21.30 | Proiezione: ore 21.30. Ingresso: € 8,50 interno, € 6,50 ridotto. Note: Il numero massimo di posti disponibili è 55 e l’ingresso alle proiezioni è consentito fino a esaurimento posti. Si consiglia di acquistare online il biglietto https://www.castellodirivoli.org/tickets/. Per informazioni: tel. 011.9565246.
A questa considerazione è giunto anche il Castello di Rivoli, tra i primi musei del Piemonte (e d’Italia) a riaprire i battenti, lo scorso 19 maggio, subito dopo il lockdown, nel rispetto delle norme studiate dal Mibact per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19, anzi con qualche tutela in più, visto che la distanza di sicurezza tra le persone, fatta eccezione per i nuclei familiari, è stata fissata in due metri, consentendo così l’accesso a non più di trentadue persone per piano per un totale di novantasei visitatori contemporaneamente.
In questi mesi estivi il pubblico potrà ammirare, nello specifico, una piccola selezione di lavori di Giorgio Morandi provenienti dalla collezione di Francesco Federico Cerruti e la raccolta dello svizzero Uli Sigg dedicata all’arte cinese contemporanea, oltre a un’installazione dell’inglese James Richards per le sale storiche del Castello («Alms for the Bird», 2020) e al progetto espositivo di Renato Leotta, che illumina con fari d’automobile i fasti del passato settecentesco del museo («Sole», 2020).
In occasione dell’estate il Castello di Rivoli ha, poi, voluto guardare a questo nostro tempo incerto e, nel suo giardino esterno, proporrà la rassegna serale «Pestifera», a cura di Carolyn Christov-Bakargiev, Irene Dionisio e Fulvio Paganin, con il coordinamento di Roberta Aghemo e Giulia Colletti.
L’iniziativa consta di sei appuntamenti (oltre a uno on-line) che indagano la rappresentazione delle pandemie attraverso l’arte cinematografica. Ogni incontro, riservato a non più di cinquantacinque persone, sarà preceduto da quindici minuti di letture filosofiche e sonorizzazioni.
Ad aprire il cartellone sarà, venerdì 26 giugno (alle ore 21.30, come tutti gli altri incontri), «Die Pest im Florenz» (1919), film di Otto Rippert, scritto da Fritz Lang e ispirato al racconto «The Mask of the Red Death (La maschera della morte rossa)» di Edgar Allan Poe, che trasporta lo spettatore nel clima mistico e torbido del Medioevo, all’epoca della peste nera del Trecento, che decimò la popolazione fiorentina ed europea.
Realizzata tra il 1918 e il 1919, la pellicola, che venne presentata per la prima volta al Marmorhaus di Berlino, parla indirettamente del proprio tempo, ovvero dell’Europa del primo Dopoguerra attraversata dalla pandemia della febbre spagnola.
L’appuntamento al Castello di Rivoli sarà preceduto dall’introduzione dello storico medievista Giuseppe Sergi; mentre il film muto verrà appositamente sonorizzato dal compositore e artista multimediale Riccardo Mazza.
La rassegna proseguirà, quindi, nella serata di venerdì 3 luglio con «Nosferatu: Phantom der Nacht / Nosferatu, il principe della notte» (1978), per la regia di Werner Herzog.
Con questa pellicola, il regista tedesco crea un affresco onirico, surreale e allegorico che costituisce un omaggio e allo stesso tempo una rivisitazione in chiave contemporanea di un capolavoro assoluto dell’Espressionismo tedesco, il «Nosferatu» di Murnau (1922), nel quale si indaga la natura inestirpabile del male.
La parte del protagonista è stata affidata a Klaus Kinski, che interpreta un Dracula dall’animo lacerato, sospeso tra l’impossibilità di sottrarsi alla sua natura di demone immortale, personificazione della peste, e la volontà di morire per porre fine al suo eterno tormento.
L'incontro sarà preceduto dalla lettura del libro «Nel contagio» (2020) di Paolo Giordano, a cura di Marianna Vecellio.
Venerdì 10 luglio sarà, invece, la volta di «Epidemic» (1987), storia di una pandemia che sta distruggendo il mondo, per la regia di Lars von, con Allan De Waal, Ole Ernst e Michael Gelting.
La proiezione sarà preceduta dalla lettura dal vivo del libro «Per un dopo che era un prima» (2020), diffuso in una forma ridotta sul web da minima & moralia e pubblicato da nottetempo nel marzo 2020. Si tratta di una sorta di manifesto Post-Covid scritto dal filosofo Leonardo Caffo.
Mentre venerdì 17 luglio verrà proiettato «28 Days Later / 28 giorni dopo» (2002), film liberamente ispirato al romanzo «Il giorno dei trifidi» (1951) di John Wyndham, per la regia di Danny Boyle, con Cillian Murphy, Christopher Eccleston e Naomie Harris.
Si tratta di un horror post apocalittico che omaggia gli zombie movies. Protagonista è un giovane di nome Jim, che si risveglia dal coma in cui era finito dopo un incidente automobilistico. Uscito dall’ospedale, si ritrova a vagare per le strade di una Londra devastata da un virus che ne ha trasformato gli abitanti in creature affamate di carne umana.
Prima della proiezione, Carolyn Christov-Bakargiev leggerà il testo «Riflessioni sulla peste» (27 Marzo 2020) di Giorgio Agamben.
Il mese si chiuderà, venerdì 24 luglio, con la proiezione di «Buio » (2019), per la regia di Emanuela Rossi, con Valerio Binasco, Denise Tantucci e Gaia Bocci.
Confinamento obbligato dentro casa (anche se causato dalle bugie di un padre padrone), paura del mondo esterno, voglia di libertà e di rinascita sono i temi al centro di questo thriller psicologico, che ha vinto il Premio Raffaella Fioretta per il cinema italiano ad Alice nella città - Panorama Italia.
Protagonista della storia sono tre sorelle -Stella, Luce e Aria-, che trascorrono le giornate in lockdown, segregate in casa. Ogni sera, quando rientra, il padre racconta quanto sia pericoloso il mondo fuori. Un giorno l’uomo sparisce e Stella, la figlia più grande, è costretta a uscire per fare provviste, reagendo così a una vita di molestie e di volenze fisiche e psichiche.
Il film sarà preceduto dall’introduzione della regista Emanuela Rossi nonché dalla lettura dal vivo dell’artista e regista Irene Dionisio del testo «Coronavirus Capitalism» di Naomi Klein.
Il programma si concluderà a fine settembre, in una data ancora da definire, con l’artista e regista iraniano-canadese Mostafa Keshvari che presenterà in anteprima il film «Corona »(2020), attualmente in fase di realizzazione. Si tratta di un’indagine sui temi della paura e del razzismo attraverso la storia di un gruppo di persone bloccate in un ascensore durante la pandemia Covid.
Il Castello di Rivoli pensa anche al pubblico che nei mesi della quarantena lo ha seguito da casa tramite il progetto «Cosmo digitale / Digital Cosmos»: nella sala virtuale sarà visibile «The Last Man on Earth» (1964), per la regia di Ubaldo Ragona e Sidney Salkow, con Vincent Price, Franca Bettoja ed Emma Danieli. La pellicola è tratta dal romanzo «I Am Legend» (1954) di Richard Matheson e racconta di un morbo che si diffonde trasformando le vittime in vampiri.
Al Castello di Rivoli, grazie a «Pestifera», si capirà così che termini come pandemia, virus, contagio, quarantena non ci erano conosciuti: il cinema li aveva già pronunciati. Strade desolate, supermercati saccheggiati e psicosi da presunti fluidi letali costruiti in laboratorio facevano già parte del nostro immaginario. Quelli cambiati siamo noi, che ci siamo ritrovati a vivere nella realtà storie ed emozioni raccontate da fotogrammi in rapida successione.
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«Pestifera». Dove: Castello di Rivoli, piazza Mafalda di Savoia – Rivoli (Torino). Quando: tutti i venerdì, dal 26 giugno al 24 luglio 2020. Come: Visita al museo dalle ore 10 alle 21 | Aperitivo dalle ore 19 alle 21 | Intervallo con letture filosofiche dalle ore 21.15 alle 21.30 | Proiezione: ore 21.30. Ingresso: € 8,50 interno, € 6,50 ridotto. Note: Il numero massimo di posti disponibili è 55 e l’ingresso alle proiezioni è consentito fino a esaurimento posti. Si consiglia di acquistare online il biglietto https://www.castellodirivoli.org/tickets/. Per informazioni: tel. 011.9565246.
martedì 16 giugno 2020
Dalla Fondazione Cini a Palazzo Ducale, continua la riapertura dei musei a Venezia
È stata la prima istituzione di Venezia a riprendere le attività per il pubblico subito dopo il lockdown per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19. Ancora prima delle Gallerie dell’Accademia e della Collezione Guggenheim, nei primi giorni di riapertura dopo la quarantena, ovvero ai primi di maggio quando tutti i musei italiani erano ancora chiusi, la Fondazione Giorgio Cini è uscita per calli e campielli e ha proposto un progetto en plein air con l’affissione pubblica di alcune riproduzioni delle opere che sarebbero state esposte nella mostra «Piranesi Roma Basilico», che avrebbe dovuto aprire in aprile, ma che era ancora chiusa a causa della quarantena.
Quella rassegna, a cura di Luca Massimo Barbero, apre finalmente le porte al pubblico. L’appuntamento è fissato per sabato 20 giugno, giorno in cui ritorna di nuovo accessibile anche la sede espositiva di Palazzo Cini a San Vio, raffinata casa-museo, visitabile dal 2014 grazie a una partnership con Generali, che al proprio interno, negli spazi del piano nobile, propone un ragguardevole percorso nell’arte dal XIII al XVI secolo con capolavori di Filippo Lippi, Beato Angelico, Botticelli, Piero di Cosimo e Pontormo.
Il progetto espositivo nasce in occasione dei trecento anni dalla nascita di Giambattista Piranesi (Venezia, 1720 - Roma, 1778), artista a cui la Fondazione Cini rende omaggio mettendo in dialogo la sua arte incisoria con la fotografia di Gabriele Basilico.
Al secondo piano del museo veneziano nel sestiere di Dorsoduro, a metà strada tra le Gallerie dell’Accademia e la Collezione Guggenheim, viene in particolare svelata al pubblico una selezione inedita del lavoro del grande fotografo milanese, commissionatogli dalla Fondazione Cini nel 2010, all’epoca della mostra «Le arti di Piranesi. Architetto, incisore, antiquario, vedutista, designer».
Il visitatore potrà ammirare, nello specifico, alcuni dei luoghi più simbolici della Città eterna rappresentati in venticinque stampe originali dall’incisore veneziano -selezionate dal corpus integrale a lui dedicato, conservato nelle collezioni grafiche della Fondazione Cini e acquisito negli anni Sessanta dal lungimirante Vittorio Cini- e ventisei vedute di Roma di Gabriele Basilico, realizzate con le stesse angolazioni delle incisioni piranesiane.
Il fotografo milanese, ispirato dalle celebri pagine che la scrittrice Marguerite Yourcenar dedicò all’artista settecentesco agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, ha ripercorso con la macchina fotografica tutti i luoghi delle vedute piranesiane restituendone la straordinaria modernità.
Di questo insieme di opere saranno esposti, fino al prossimo 23 novembre, ben dodici scatti inediti, che sono pubblicati anche nel catalogo edito da Contrasto nel 2019, all’interno del quale sono contenuti i testi di Luca Massimo Barbero, Mario Bevilacqua, Michele De Lucchi, Pasquale Gagliardi, Alessandro Martoni, Roberta Valtorta, oltre a una conversazione dello stesso Gabriele Basilico con il regista Amos Gitai.
Palazzo Cini a San Vio riapre in sicurezza, nel rispetto delle norme indicate dal Mibact per contrastare il Coronavirus, e con un orario ridotto (dal venerdì alla domenica, dalle 12 alle 20), promettendo ai suoi visitatori -come molti musei italiani- una visita più intima e riflessiva del solito.
Dal 26 giugno la Cini renderà di nuovo accessibili anche i suoi spazi sull’isola di San Giorgio, a partire dalLabirinto Borges , con un servizio di visite guidate, ovviamente accessibili previa prenotazione, in programma tutti i fine settimana (dal venerdì alla domenica, dalle 11 alle 19).
Dopo le Gallerie dell’Accademia e la Collezione Peggy Guggenheim, che hanno riaperto rispettivamente il 26 maggio e il 2 giugno, Venezia allarga, dunque, l’offerta culturale per i suoi cittadini e turisti e apre altri luoghi della cultura. Oltre alla Fondazione Cini, dallo scorso sabato 13 giugno hanno iniziato a essere di nuovo accessibili, con orari flessibili e nel fine settimana, anche i Musei civici, o meglio Palazzo Ducale (sabato e domenica, dalle 10 alle 18), il Museo del vetro a Murano (sabato e domenica, dalle 11 alle 17) e il Museo del merletto a Burano (sabato e domenica, dalle 12 alle 16); il primo con un biglietto fortemente ridotto (di euro 13 per gli adulti e di euro 5 per i ragazzi fino ai 18 anni) e gli altri a ingresso gratuito.
Mentre, a partire dal 22 giugno, Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano, Palazzo Mocenigo, Casa Goldoni e il Museo di storia naturale ritorneranno accessibili con percorsi educativi e visite guidate in esclusiva, da prenotare on-line, per un massimo di dieci persone a gruppo e con una guida turistica abilitata, ovviamente nel rispetto di una serie di regole per contrastare la diffusione del Coronavirus.
I Musei civici hanno pensato anche ai più piccoli, ai bambini dai 7 agli 11 anni, proponendo anche quest’anno il Summer camp, con attività strutturate secondo le attuali esigenze di sicurezza ma sempre stimolanti e divertenti, che andranno ad occupare il cortile di Ca’ Rezzonico e Forte Marghera.
Tra i musei di nuovo aperti al pubblico c’è anche la Fondazione Querini Stampalia, visitabile gratuitamente solo nei fine settimana (sabato e domenica, dalle 11 alle 17) per un numero limitato di visitatori in contemporanea e su prenotazione. L'ingresso alla fondazione, dove è attualmente allestita una bella mostra sul ristorante «All’angelo» e sulle avventure delle Avanguardie novecentesche ai suoi tavoli, è consentito solo ad utenti e visitatori già dotati di dispositivi di protezione personale (guanti e mascherine) e previa sottoscrizione di autocertificazione in merito alla propria salute e di misurazione della temperatura corporea.
Il Coronavirus ha, dunque, costretto la città a rallentare i propri ritmi. Ora ritornano le code fuori dai musei, ma il turismo -almeno per ora- è senz’altro più sostenibile di prima e una gita fuori porta, ben organizzata prima della partenza, con prenotazioni on-line a pinacoteche e spazi espositivi, si rivela un’ottima idea per ammirare la bellezza fragile di una città senza eguali al mondo, che sembra «uscita -diceva Lord Byron- dal tocco della bacchetta di un mago».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giambattista Piranesi, Veduta interna del Pantheon, incisione all’acquaforte. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe. | Gabriele Basilico, Pantheon, interno, stampa ai sali d’argento con trattamento al selenio, 2010. Milano, Archivio Gabriele Basilico; [fig. 2] Giambattista Piranesi, Piramide di Caio Cestio, incisione all’acquaforte. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe | Gabriele Basilico, Piramide di Caio Cestio, stampa ai sali d’argento con trattamento al selenio, 2010. Milano, Archivio Gabriele Basilico; [fig. 3] Giambattista Piranesi, Veduta dell’Arco di Settimio Severo, incisione all’acquaforte. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe | Gabriele Basilico, Arco di Settimio Severo, stampa ai sali d’argento con trattamento al selenio, 2010. Milano, Archivio Gabriele Basilico; [fig. 4] 7) Giambattista Piranesi, Veduta del Ponte e Castello Sant’Angelo, incisione all’acquaforte. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe | Gabriele Basilico, Ponte Sant’Angelo e il Vaticano, stampa ai sali d’argento con trattamento al selenio, 2010. Venezia, Fondazione Giorgio Cini; [Figg. 6 e 7] Turisti in coda a Palazzo Ducale nel primo giorno di riapertura dopo l'emergenza sanitaria per il Covid-19
Informazioni utili
www.cini.it
www.visitmuve.it
www.querinistampalia.org
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La Fondazione Cini esce tra calli e campielli di Venezia
Il progetto espositivo nasce in occasione dei trecento anni dalla nascita di Giambattista Piranesi (Venezia, 1720 - Roma, 1778), artista a cui la Fondazione Cini rende omaggio mettendo in dialogo la sua arte incisoria con la fotografia di Gabriele Basilico.
Al secondo piano del museo veneziano nel sestiere di Dorsoduro, a metà strada tra le Gallerie dell’Accademia e la Collezione Guggenheim, viene in particolare svelata al pubblico una selezione inedita del lavoro del grande fotografo milanese, commissionatogli dalla Fondazione Cini nel 2010, all’epoca della mostra «Le arti di Piranesi. Architetto, incisore, antiquario, vedutista, designer».
Il visitatore potrà ammirare, nello specifico, alcuni dei luoghi più simbolici della Città eterna rappresentati in venticinque stampe originali dall’incisore veneziano -selezionate dal corpus integrale a lui dedicato, conservato nelle collezioni grafiche della Fondazione Cini e acquisito negli anni Sessanta dal lungimirante Vittorio Cini- e ventisei vedute di Roma di Gabriele Basilico, realizzate con le stesse angolazioni delle incisioni piranesiane.
Il fotografo milanese, ispirato dalle celebri pagine che la scrittrice Marguerite Yourcenar dedicò all’artista settecentesco agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso, ha ripercorso con la macchina fotografica tutti i luoghi delle vedute piranesiane restituendone la straordinaria modernità.
Di questo insieme di opere saranno esposti, fino al prossimo 23 novembre, ben dodici scatti inediti, che sono pubblicati anche nel catalogo edito da Contrasto nel 2019, all’interno del quale sono contenuti i testi di Luca Massimo Barbero, Mario Bevilacqua, Michele De Lucchi, Pasquale Gagliardi, Alessandro Martoni, Roberta Valtorta, oltre a una conversazione dello stesso Gabriele Basilico con il regista Amos Gitai.
Palazzo Cini a San Vio riapre in sicurezza, nel rispetto delle norme indicate dal Mibact per contrastare il Coronavirus, e con un orario ridotto (dal venerdì alla domenica, dalle 12 alle 20), promettendo ai suoi visitatori -come molti musei italiani- una visita più intima e riflessiva del solito.
Dal 26 giugno la Cini renderà di nuovo accessibili anche i suoi spazi sull’isola di San Giorgio, a partire dal
Dopo le Gallerie dell’Accademia e la Collezione Peggy Guggenheim, che hanno riaperto rispettivamente il 26 maggio e il 2 giugno, Venezia allarga, dunque, l’offerta culturale per i suoi cittadini e turisti e apre altri luoghi della cultura. Oltre alla Fondazione Cini, dallo scorso sabato 13 giugno hanno iniziato a essere di nuovo accessibili, con orari flessibili e nel fine settimana, anche i Musei civici, o meglio Palazzo Ducale (sabato e domenica, dalle 10 alle 18), il Museo del vetro a Murano (sabato e domenica, dalle 11 alle 17) e il Museo del merletto a Burano (sabato e domenica, dalle 12 alle 16); il primo con un biglietto fortemente ridotto (di euro 13 per gli adulti e di euro 5 per i ragazzi fino ai 18 anni) e gli altri a ingresso gratuito.
Mentre, a partire dal 22 giugno, Ca’ Rezzonico – Museo del Settecento veneziano, Palazzo Mocenigo, Casa Goldoni e il Museo di storia naturale ritorneranno accessibili con percorsi educativi e visite guidate in esclusiva, da prenotare on-line, per un massimo di dieci persone a gruppo e con una guida turistica abilitata, ovviamente nel rispetto di una serie di regole per contrastare la diffusione del Coronavirus.
I Musei civici hanno pensato anche ai più piccoli, ai bambini dai 7 agli 11 anni, proponendo anche quest’anno il Summer camp, con attività strutturate secondo le attuali esigenze di sicurezza ma sempre stimolanti e divertenti, che andranno ad occupare il cortile di Ca’ Rezzonico e Forte Marghera.
Tra i musei di nuovo aperti al pubblico c’è anche la Fondazione Querini Stampalia, visitabile gratuitamente solo nei fine settimana (sabato e domenica, dalle 11 alle 17) per un numero limitato di visitatori in contemporanea e su prenotazione. L'ingresso alla fondazione, dove è attualmente allestita una bella mostra sul ristorante «All’angelo» e sulle avventure delle Avanguardie novecentesche ai suoi tavoli, è consentito solo ad utenti e visitatori già dotati di dispositivi di protezione personale (guanti e mascherine) e previa sottoscrizione di autocertificazione in merito alla propria salute e di misurazione della temperatura corporea.
Il Coronavirus ha, dunque, costretto la città a rallentare i propri ritmi. Ora ritornano le code fuori dai musei, ma il turismo -almeno per ora- è senz’altro più sostenibile di prima e una gita fuori porta, ben organizzata prima della partenza, con prenotazioni on-line a pinacoteche e spazi espositivi, si rivela un’ottima idea per ammirare la bellezza fragile di una città senza eguali al mondo, che sembra «uscita -diceva Lord Byron- dal tocco della bacchetta di un mago».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Giambattista Piranesi, Veduta interna del Pantheon, incisione all’acquaforte. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe. | Gabriele Basilico, Pantheon, interno, stampa ai sali d’argento con trattamento al selenio, 2010. Milano, Archivio Gabriele Basilico; [fig. 2] Giambattista Piranesi, Piramide di Caio Cestio, incisione all’acquaforte. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe | Gabriele Basilico, Piramide di Caio Cestio, stampa ai sali d’argento con trattamento al selenio, 2010. Milano, Archivio Gabriele Basilico; [fig. 3] Giambattista Piranesi, Veduta dell’Arco di Settimio Severo, incisione all’acquaforte. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe | Gabriele Basilico, Arco di Settimio Severo, stampa ai sali d’argento con trattamento al selenio, 2010. Milano, Archivio Gabriele Basilico; [fig. 4] 7) Giambattista Piranesi, Veduta del Ponte e Castello Sant’Angelo, incisione all’acquaforte. Venezia, Fondazione Giorgio Cini, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe | Gabriele Basilico, Ponte Sant’Angelo e il Vaticano, stampa ai sali d’argento con trattamento al selenio, 2010. Venezia, Fondazione Giorgio Cini; [Figg. 6 e 7] Turisti in coda a Palazzo Ducale nel primo giorno di riapertura dopo l'emergenza sanitaria per il Covid-19
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La Fondazione Cini esce tra calli e campielli di Venezia
lunedì 15 giugno 2020
«Spazi di teatro», per il Piccolo di Milano un’estate al Chiostro
L’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del Coronavirus ha rimesso in discussione molti aspetti della nostra vita. Mai come in questi mesi di distanziamento sociale abbiamo compreso il valore della possibilità di ritrovarsi, insieme, nello stesso luogo, ad ascoltare e condividere un racconto, una storia che -magari- ci restituisca anche una chiave di lettura per provare a comprendere il periodo che stiamo vivendo. Questo è quanto offre il Piccolo di Milano con il suo primo appuntamento della stagione estiva, intitolata «Spazi di teatro», che porterà nella suggestiva scenografia all’aperto dei Chiostro Nina Vinchi tredici spettacoli dal vivo e dieci dirette video.
Martedì 16 giugno (ma anche venerdì 3 e venerdì 17 luglio), alle ore 21.30, Stefano Massini vestirà i panni di un moderno Virgilio, conducendo il pubblico presente in via Rovello 2 (dove saranno disponibili una settantina di posti a sedere), ma anche quello in diretta web a mare culturale urbano (via Giuseppe Gabetti, 15), nei meandri e negli anfratti del nostro tortuoso presente.
«Nella vita di ogni giorno, tra le pagine dei giornali, nei luoghi che visitiamo quotidianamente, negli sguardi degli sconosciuti sono nascoste storie che aspettano solo di essere scoperte e raccontate» -spiegano dal Piccolo-, Stefano Massini, come «un rabdomante, un novello cercatore d’oro del Klondike», le ha trovate nei tanti mezzi di comunicazione a nostra disposizione e le porterà all’attenzione degli spettatori, accompagnato al pianoforte da Paolo Jannacci e dalle sue improvvisazioni jazz.
«Storie» -questo il titolo dello spettacolo- è l’assaggio raffinato di una altrettanto ricercata stagione estiva, proposta dal Piccolo Teatro all’interno del palinsesto «Aria di cultura» del Comune di Milano, con l’intento di dar voce più al linguaggio dello spettacolo che ai tanti disagi creati dall’emergenza sanitaria, che per i teatri si manifestano in una serie di norme restrittive: accessi contingentati, misurazione della temperatura corporea all'ingresso, sanificazione delle mani con gel prima dell’accesso in sala, posti a sedere preassegnati, utilizzo obbligatorio della mascherina o di altro dispositivo di protezione individuale, distanziamento sociale per attori e pubblico, limitazione dell'uso del contante e biglietterie chiuse per agevolare l’acquisto on-line.
Al Chiostro Nina Vinchi la programmazione sarà continua, dal 16 giugno al 20 settembre, con tre recite per ciascuno dei titoli presentati, dal martedì al giovedì.
Gabriele Lavia, Sonia Bergamasco, Davide Enia, Paolo Rossi, Massimo Popolizio, Michele Serra, Lella Costa e la Compagnia marionettistica Carlo Colla & figli sono alcuni dei protagonisti della prossima stagione del Piccolo Teatro, che non mancheranno di far sentire la propria voce anche questa estate nello scenografico spazio esterno di Palazzo Carmagnola, riqualificato una decina di anni fa, con i suoi portici dall’ordine geometrico e il cielo stellato a fare da soffitto.
Subito dopo Stefano Massini a salire sul palco, nelle serate dal 17 al 19 giugno, sarà Gabriele Lavia con la lettura dell’«Edipo Re» di Sofocle, nella traduzione di Salvatore Quasimodo, tragedia greca a cui fa da sfondo una delle epidemie più famose della letteratura di epoca classica, quella di peste a Tebe, segno dell’ira divina per una colpa, inconsapevole, del protagonista: l’uccisione del padre e il matrimonio con la madre.
Mentre dal 23 al 25 giugno il palcoscenico sarà occupato da Sonia Bergamasco con «L’umano nell’uomo», lettura drammatizzata di due racconti di Vasilij Grossman, grande autore del Novecento russo, conosciuto al pubblico per il romanzo-epopea «Vita e destino», che il Piccolo ha proposto per due stagioni, nella straordinaria regia di Lev Dodin. I testi scelti per questo appuntamento, visibile anche in diretta streaming a mare culturale urbano, sono «La cagnetta» e «La Madonna Sistina», nei quali si parla dell’eterno conflitto tra il bene e il male.
Il secondo racconto rappresenta anche un bell’omaggio a Raffaello a cinquecento anni dalla morte. Prendendo spunto da una visita al museo Puškin, nel 1955, Vasilij Grossman parla, in quest’opera, del celebre dipinto del «Divin Pittore» -la «Madonna Sistina», appunto- portato da Dresda a Mosca come preda di guerra. Nello sguardo di Gesù e di sua Madre lo scrittore legge l’immagine delle innumerevoli donne che, con i propri figli, erano state condotte nell’inferno del campo di sterminio di Treblinka, e in quegli occhi rinviene «l’umano dell’uomo», ciò «che -scrive l’autore- vivrà in eterno, e vincerà».
Sonia Bergamasco passerà, dunque, il testimone a Davide Enia, in scena al Chiostro dal 30 giugno al 2 luglio con lo spettacolo «Maggio ‘43», che porterà il pubblico nella Palermo della Seconda guerra mondiale, una città sotto le bombe degli Alleati pronti allo sbarco in Sicilia, che viene raccontata attraverso gli occhi del dodicenne Gioacchino. Le parole dello scrittore, accompagnate dalla musica di Giulio Barocchieri, mettono lo spettatore a confronto con «tempi cupi, in cui era necessario ingegnarsi per riuscire a sopravvivere». Erano, quelli,–scrive lo stesso autore– «tempi atroci, in cui la morte cadeva inattesa dall’alto o dal basso dei mercati neri, che stritolavano con prezzi schizzati alle stelle. Erano tempi malati e bugiardi, tempi cinici e bari. Assomigliano ad oggi».
La settimana successiva, dal 7 al 9 luglio, sarà, invece, in scena «Pane o libertà. Su la testa», di e con Paolo Rossi, che vedrà tra gli interpreti anche i musicisti Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi, che formano la Anciens Prodiges. Lo spettacolo incrocia vari generi, dalla stand-up comedy alla Commedia dell’arte per raccontare l’incontro dell’artista con grandi protagonisti del nostro tempo come Jannacci, Gaber, De André e Fo.
«Parlerò -racconta Paolo Rossi- di queste personalità fantasmagoriche e poetiche, non controllabili da nessun piccolo o grande fratello, che con le loro narrazioni portano conforto, idee per lottare e speranza. Vorrei fare qualcosa che dia al mio essere chiamato comico una via di fuga verso un teatro sociale, nella poesia del buffo e della magia. Roba minima. Tanto per alzare le difese immunitarie del pubblico presente… o meno».
Toccherà, poi, salire sul palco del Chiostro Nina Vinchi a Massimo Popolizio, che dal 14 al 16 luglio metterà in scena «Pilato», ovvero l’incontro del procuratore della provincia romana di Giudea con Gesù, così come viene raccontato da Michail Bulgakov nel libro «Il Maestro e Margherita». Le parole dell’attore si intrecceranno al tessuto sonoro creato da Stefano Saletti e Barbara Eramo, composizioni che sono in parte originali e in parte attingono alla tradizione mediterranea ed ebraico sefardita.
«Spazi di teatro» vedrà, quindi, salire sul palco Michele Serra che, dal 21 al 23 luglio, presenterà «L’amaca di domani unplugged», spettacolo per la regia di Andrea Renzi, nel quale lo scrittore e giornalista racconta di sé e del mestiere fragile e faticoso che fa cercando di dipanare la matassa delle proprie debolezze e delle proprie manie.
L’appuntamento a seguire è, invece, tutto dedicato ai bambini o a chi è rimasto fanciullo nel cuore. Dal 26 al 28 luglio il chiostro Nina Vinchi apre le porte a «Marionette, che passione» della Compagnia marionettistica Carlo Colla & figli, un'occasione per rivedere personaggi tratti dagli spettacoli più amati e applauditi del repertorio del gruppo come «Excelsior», «Il trovatore», «La famiglia dell’antiquario», «Macbeth», «La tempesta», «Sogno di una notte di mezza estate», «L’isola del tesoro» e altri, ma anche per scoprire qualche anticipazione e farsi emozionare da alcune sorprese.
La particolarità di questo spettacolo sarà l’impianto scenico, inconsueto e minimale, adatto all’allestimento nel Chiostro, con la figura del marionettista che muove a vista i personaggi a fili corti.
Dal 31 luglio al 2 agosto la scena sarà occupata da Lella Costa che proporrà un omaggio a Franca Valeri, in occasione del suo centesimo compleanno, con un cavallo di battaglia dell’attrice: «La vedova Socrate», liberamente ispirato a «La morte di Socrate» di Dürrenmatt. Il monologo è ambientato nella bottega di antiquariato di Santippe, la moglie del filosofo, descritta come una delle donne più insopportabili dell’antichità, una specie di bisbetica, che in questa rilettura diventa una moglie come tante, con una vita quotidiana piena di alti e bassi, e la possibilità, finalmente, di esprimersi su ciò che è stato il suo matrimonio e su quello che le hanno fatto passare gli amici di Socrate, da Aristofane ad Alcibiade: dei buoni a nulla, tra i quali primeggia Platone.
Dal 4 al 6 agosto si sorriderà ancora con Enrico Bonavera, attore che al Piccolo ha sostituito Ferruccio Soleri nel ruolo di Arlecchino, e con il suo spettacolo «Alichin di Malebolge», per la regia di Christian Zecca. In un’ora e mezza scoppiettante, in un dialetto «falso lombardo-veneto», l'artista -raccontano al Piccolo- indosserà «le vesti di un diavolo furioso, ingenuo, stralunato, e pasticcione, divertendosi a giocare con la fantasia nel mondo della Commedia dantesca, in un viaggio esistenziale pieno di avventure paradossali, ricco di comicità e di tanta poesia».
Toccherà, quindi, salire sul palco a Enrico Intra che, dal 18 al 20 agosto, si esibirà al pianoforte e presenterà le musiche che ha composto in questo periodo di quarantena.
Il musicista passerà il testimone a Marco Paolini che, dal 25 al 27 agosto, sarà in scena con «Teatro fra parentesi. Le mie storie per questo tempo», «un album di storie brevi – spiega lo stesso autore – tenute insieme da un filo di pensieri, storie che vengono dal mio repertorio, ma anche dall’ultimo spettacolo che non è mai andato in scena per via del coprifuoco dovuto al Covid-19. Storie a sorpresa come nell’uovo di Pasqua, perché la Pasqua quest’anno è saltata e così la si recupera un po’».
A chiudere il cartellone, che per alcuni spettacoli farà tappa anche in nove spazi cittadini attivi nel campo del sociale, sarà, dal 2 al 4 settembre, Elio De Capitani con «Frankenstein, il racconto del mostro», mentre dal 13 al 20 settembre ci sarà la ventesima edizione di «Trame d’autore», intitolata «Cittadini senza Stato», che vedrà coinvolti Antonio Tarantino, Gian Maria Cervo e i russi Fratelli Presnyakov, Michela Lucenti e Balletto Civile, Lucia Mallardi, Davide Pascarella, Sonia Antinori, Silvia Rigon, Luana Rondinelli.
Un cartellone, dunque, ricco di proposte e di grandi nomi quello studiato dal Piccolo Teatro per questa estate con l'intento di far respirare emozioni e cultura così che il distanziamento fisico non si trasformi anche in distanziamento sociale.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Esterno del Piccolo Teatro. Foto di Masiar Pasquali; [fig. 2] Stefano Massini. Foto di Marco Borrelli; [fig. 3] Paolo Jannacci. Foto di Simone Galbiati; [fig. 4] Sonia Bergamasco. Foto di Jacopo Brogioni; [fig. 5] Marco Paolini. Foto di Gianluca Moretto; [fig. 6] Lella Costa. Foto di Lorenzo Piano; [fig. 7] Paolo Rossi; [fig. 8] Compagnia Cola & Figli; marionette a fili corti; [fig. 9] Enrico Bonavera; [fig. 10] Davide Enia. Foto di Giuseppe Di Stefano; [fig.11] Gabriele Lavia. Foto di Filippo Milani; [fig. 12] Intra. Foto di Attilio Marasco
Informazioni utili
I biglietti per gli spettacoli del Chiostro sono acquistabili con carta di credito on-line sul sito del Piccolo Teatro – www.piccoloteatro.org – o attraverso il servizio di biglietteria telefonica al tel. 02.42411889 attivo dal lunedì al sabato, dalle ore 9.45 alle ore 18.45, e la domenica, dalle ore 10 alle ore 17. | In caso di maltempo, gli spettacoli si sposteranno all’interno della sala del Teatro Grassi. I posti assegnati verranno indicati sulle poltrone all’interno della sala. | Per evitare code e assembramenti, il pubblico è invitato a presentarsi presso il luogo dello spettacolo al massimo 30 minuti prima dell’inizio della rappresentazione. | I biglietti avranno un costo di € 5,00 per gli spettacoli al Chiostro, mentre saranno gratuiti nei Municipi.
Martedì 16 giugno (ma anche venerdì 3 e venerdì 17 luglio), alle ore 21.30, Stefano Massini vestirà i panni di un moderno Virgilio, conducendo il pubblico presente in via Rovello 2 (dove saranno disponibili una settantina di posti a sedere), ma anche quello in diretta web a mare culturale urbano (via Giuseppe Gabetti, 15), nei meandri e negli anfratti del nostro tortuoso presente.
«Nella vita di ogni giorno, tra le pagine dei giornali, nei luoghi che visitiamo quotidianamente, negli sguardi degli sconosciuti sono nascoste storie che aspettano solo di essere scoperte e raccontate» -spiegano dal Piccolo-, Stefano Massini, come «un rabdomante, un novello cercatore d’oro del Klondike», le ha trovate nei tanti mezzi di comunicazione a nostra disposizione e le porterà all’attenzione degli spettatori, accompagnato al pianoforte da Paolo Jannacci e dalle sue improvvisazioni jazz.
«Storie» -questo il titolo dello spettacolo- è l’assaggio raffinato di una altrettanto ricercata stagione estiva, proposta dal Piccolo Teatro all’interno del palinsesto «Aria di cultura» del Comune di Milano, con l’intento di dar voce più al linguaggio dello spettacolo che ai tanti disagi creati dall’emergenza sanitaria, che per i teatri si manifestano in una serie di norme restrittive: accessi contingentati, misurazione della temperatura corporea all'ingresso, sanificazione delle mani con gel prima dell’accesso in sala, posti a sedere preassegnati, utilizzo obbligatorio della mascherina o di altro dispositivo di protezione individuale, distanziamento sociale per attori e pubblico, limitazione dell'uso del contante e biglietterie chiuse per agevolare l’acquisto on-line.
Al Chiostro Nina Vinchi la programmazione sarà continua, dal 16 giugno al 20 settembre, con tre recite per ciascuno dei titoli presentati, dal martedì al giovedì.
Gabriele Lavia, Sonia Bergamasco, Davide Enia, Paolo Rossi, Massimo Popolizio, Michele Serra, Lella Costa e la Compagnia marionettistica Carlo Colla & figli sono alcuni dei protagonisti della prossima stagione del Piccolo Teatro, che non mancheranno di far sentire la propria voce anche questa estate nello scenografico spazio esterno di Palazzo Carmagnola, riqualificato una decina di anni fa, con i suoi portici dall’ordine geometrico e il cielo stellato a fare da soffitto.
Subito dopo Stefano Massini a salire sul palco, nelle serate dal 17 al 19 giugno, sarà Gabriele Lavia con la lettura dell’«Edipo Re» di Sofocle, nella traduzione di Salvatore Quasimodo, tragedia greca a cui fa da sfondo una delle epidemie più famose della letteratura di epoca classica, quella di peste a Tebe, segno dell’ira divina per una colpa, inconsapevole, del protagonista: l’uccisione del padre e il matrimonio con la madre.
Mentre dal 23 al 25 giugno il palcoscenico sarà occupato da Sonia Bergamasco con «L’umano nell’uomo», lettura drammatizzata di due racconti di Vasilij Grossman, grande autore del Novecento russo, conosciuto al pubblico per il romanzo-epopea «Vita e destino», che il Piccolo ha proposto per due stagioni, nella straordinaria regia di Lev Dodin. I testi scelti per questo appuntamento, visibile anche in diretta streaming a mare culturale urbano, sono «La cagnetta» e «La Madonna Sistina», nei quali si parla dell’eterno conflitto tra il bene e il male.
Il secondo racconto rappresenta anche un bell’omaggio a Raffaello a cinquecento anni dalla morte. Prendendo spunto da una visita al museo Puškin, nel 1955, Vasilij Grossman parla, in quest’opera, del celebre dipinto del «Divin Pittore» -la «Madonna Sistina», appunto- portato da Dresda a Mosca come preda di guerra. Nello sguardo di Gesù e di sua Madre lo scrittore legge l’immagine delle innumerevoli donne che, con i propri figli, erano state condotte nell’inferno del campo di sterminio di Treblinka, e in quegli occhi rinviene «l’umano dell’uomo», ciò «che -scrive l’autore- vivrà in eterno, e vincerà».
Sonia Bergamasco passerà, dunque, il testimone a Davide Enia, in scena al Chiostro dal 30 giugno al 2 luglio con lo spettacolo «Maggio ‘43», che porterà il pubblico nella Palermo della Seconda guerra mondiale, una città sotto le bombe degli Alleati pronti allo sbarco in Sicilia, che viene raccontata attraverso gli occhi del dodicenne Gioacchino. Le parole dello scrittore, accompagnate dalla musica di Giulio Barocchieri, mettono lo spettatore a confronto con «tempi cupi, in cui era necessario ingegnarsi per riuscire a sopravvivere». Erano, quelli,–scrive lo stesso autore– «tempi atroci, in cui la morte cadeva inattesa dall’alto o dal basso dei mercati neri, che stritolavano con prezzi schizzati alle stelle. Erano tempi malati e bugiardi, tempi cinici e bari. Assomigliano ad oggi».
La settimana successiva, dal 7 al 9 luglio, sarà, invece, in scena «Pane o libertà. Su la testa», di e con Paolo Rossi, che vedrà tra gli interpreti anche i musicisti Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi, che formano la Anciens Prodiges. Lo spettacolo incrocia vari generi, dalla stand-up comedy alla Commedia dell’arte per raccontare l’incontro dell’artista con grandi protagonisti del nostro tempo come Jannacci, Gaber, De André e Fo.
«Parlerò -racconta Paolo Rossi- di queste personalità fantasmagoriche e poetiche, non controllabili da nessun piccolo o grande fratello, che con le loro narrazioni portano conforto, idee per lottare e speranza. Vorrei fare qualcosa che dia al mio essere chiamato comico una via di fuga verso un teatro sociale, nella poesia del buffo e della magia. Roba minima. Tanto per alzare le difese immunitarie del pubblico presente… o meno».
Toccherà, poi, salire sul palco del Chiostro Nina Vinchi a Massimo Popolizio, che dal 14 al 16 luglio metterà in scena «Pilato», ovvero l’incontro del procuratore della provincia romana di Giudea con Gesù, così come viene raccontato da Michail Bulgakov nel libro «Il Maestro e Margherita». Le parole dell’attore si intrecceranno al tessuto sonoro creato da Stefano Saletti e Barbara Eramo, composizioni che sono in parte originali e in parte attingono alla tradizione mediterranea ed ebraico sefardita.
«Spazi di teatro» vedrà, quindi, salire sul palco Michele Serra che, dal 21 al 23 luglio, presenterà «L’amaca di domani unplugged», spettacolo per la regia di Andrea Renzi, nel quale lo scrittore e giornalista racconta di sé e del mestiere fragile e faticoso che fa cercando di dipanare la matassa delle proprie debolezze e delle proprie manie.
L’appuntamento a seguire è, invece, tutto dedicato ai bambini o a chi è rimasto fanciullo nel cuore. Dal 26 al 28 luglio il chiostro Nina Vinchi apre le porte a «Marionette, che passione» della Compagnia marionettistica Carlo Colla & figli, un'occasione per rivedere personaggi tratti dagli spettacoli più amati e applauditi del repertorio del gruppo come «Excelsior», «Il trovatore», «La famiglia dell’antiquario», «Macbeth», «La tempesta», «Sogno di una notte di mezza estate», «L’isola del tesoro» e altri, ma anche per scoprire qualche anticipazione e farsi emozionare da alcune sorprese.
La particolarità di questo spettacolo sarà l’impianto scenico, inconsueto e minimale, adatto all’allestimento nel Chiostro, con la figura del marionettista che muove a vista i personaggi a fili corti.
Dal 31 luglio al 2 agosto la scena sarà occupata da Lella Costa che proporrà un omaggio a Franca Valeri, in occasione del suo centesimo compleanno, con un cavallo di battaglia dell’attrice: «La vedova Socrate», liberamente ispirato a «La morte di Socrate» di Dürrenmatt. Il monologo è ambientato nella bottega di antiquariato di Santippe, la moglie del filosofo, descritta come una delle donne più insopportabili dell’antichità, una specie di bisbetica, che in questa rilettura diventa una moglie come tante, con una vita quotidiana piena di alti e bassi, e la possibilità, finalmente, di esprimersi su ciò che è stato il suo matrimonio e su quello che le hanno fatto passare gli amici di Socrate, da Aristofane ad Alcibiade: dei buoni a nulla, tra i quali primeggia Platone.
Dal 4 al 6 agosto si sorriderà ancora con Enrico Bonavera, attore che al Piccolo ha sostituito Ferruccio Soleri nel ruolo di Arlecchino, e con il suo spettacolo «Alichin di Malebolge», per la regia di Christian Zecca. In un’ora e mezza scoppiettante, in un dialetto «falso lombardo-veneto», l'artista -raccontano al Piccolo- indosserà «le vesti di un diavolo furioso, ingenuo, stralunato, e pasticcione, divertendosi a giocare con la fantasia nel mondo della Commedia dantesca, in un viaggio esistenziale pieno di avventure paradossali, ricco di comicità e di tanta poesia».
Toccherà, quindi, salire sul palco a Enrico Intra che, dal 18 al 20 agosto, si esibirà al pianoforte e presenterà le musiche che ha composto in questo periodo di quarantena.
Il musicista passerà il testimone a Marco Paolini che, dal 25 al 27 agosto, sarà in scena con «Teatro fra parentesi. Le mie storie per questo tempo», «un album di storie brevi – spiega lo stesso autore – tenute insieme da un filo di pensieri, storie che vengono dal mio repertorio, ma anche dall’ultimo spettacolo che non è mai andato in scena per via del coprifuoco dovuto al Covid-19. Storie a sorpresa come nell’uovo di Pasqua, perché la Pasqua quest’anno è saltata e così la si recupera un po’».
A chiudere il cartellone, che per alcuni spettacoli farà tappa anche in nove spazi cittadini attivi nel campo del sociale, sarà, dal 2 al 4 settembre, Elio De Capitani con «Frankenstein, il racconto del mostro», mentre dal 13 al 20 settembre ci sarà la ventesima edizione di «Trame d’autore», intitolata «Cittadini senza Stato», che vedrà coinvolti Antonio Tarantino, Gian Maria Cervo e i russi Fratelli Presnyakov, Michela Lucenti e Balletto Civile, Lucia Mallardi, Davide Pascarella, Sonia Antinori, Silvia Rigon, Luana Rondinelli.
Un cartellone, dunque, ricco di proposte e di grandi nomi quello studiato dal Piccolo Teatro per questa estate con l'intento di far respirare emozioni e cultura così che il distanziamento fisico non si trasformi anche in distanziamento sociale.
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Esterno del Piccolo Teatro. Foto di Masiar Pasquali; [fig. 2] Stefano Massini. Foto di Marco Borrelli; [fig. 3] Paolo Jannacci. Foto di Simone Galbiati; [fig. 4] Sonia Bergamasco. Foto di Jacopo Brogioni; [fig. 5] Marco Paolini. Foto di Gianluca Moretto; [fig. 6] Lella Costa. Foto di Lorenzo Piano; [fig. 7] Paolo Rossi; [fig. 8] Compagnia Cola & Figli; marionette a fili corti; [fig. 9] Enrico Bonavera; [fig. 10] Davide Enia. Foto di Giuseppe Di Stefano; [fig.11] Gabriele Lavia. Foto di Filippo Milani; [fig. 12] Intra. Foto di Attilio Marasco
Informazioni utili
I biglietti per gli spettacoli del Chiostro sono acquistabili con carta di credito on-line sul sito del Piccolo Teatro – www.piccoloteatro.org – o attraverso il servizio di biglietteria telefonica al tel. 02.42411889 attivo dal lunedì al sabato, dalle ore 9.45 alle ore 18.45, e la domenica, dalle ore 10 alle ore 17. | In caso di maltempo, gli spettacoli si sposteranno all’interno della sala del Teatro Grassi. I posti assegnati verranno indicati sulle poltrone all’interno della sala. | Per evitare code e assembramenti, il pubblico è invitato a presentarsi presso il luogo dello spettacolo al massimo 30 minuti prima dell’inizio della rappresentazione. | I biglietti avranno un costo di € 5,00 per gli spettacoli al Chiostro, mentre saranno gratuiti nei Municipi.
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