ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

mercoledì 11 novembre 2020

«Moncalieri Jazz Festival», la musica «vive» e va in diretta streaming

Il Moncalieri Jazz Festival non si arrende alla pandemia da Coronavirus che sta mettendo in ginocchio il mondo dello spettacolo dal vivo. Il Dpcm con le misure anti-Covid firmato lo scorso 24 ottobre dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte prevede «la sospensione degli spettacoli aperti al pubblico in sale teatrali, sale da concerto, sale cinematografiche e in altri spazi, anche all'aperto». 
Ugo Viola, direttore della rassegna musicale piemontese, si è, quindi, visto costretto a rivedere il programma di questa edizione, la numero ventitré, e, con spirito di innovazione e caparbietà (anche grazie al sostegno del Comune di Moncalieri, della Regione Piemonte e della Fondazione Crt), ha spostato parte dei concerti sulla Rete, sul sito www.moncalierijazz.com, proponendoli in live streaming e in forma gratuita.
A Moncalieri, dunque, la musica non si ferma, ma cambia volto, si rinnova anche «per alleviare -spiegano gli organizzatori- le giornate di questo periodo difficile», che vede il Piemonte in zona rossa. 
Da questa considerazione è nato il motto dell’edizione 2020, che valorizzerà soprattutto gli artisti italiani e giovani: «Moncalieri Jazz Vive!»
La scritta campeggia sulla nuova grafica, progettata e realizzata dall’illustratrice Giorgia Molinari. «L’immagine -racconta Ugo Viola- non solo rende omaggio all’arte visiva degli anni Cinquanta e Sessanta, caratterizzata dal ritorno dei colori originali e da linee geometriche con una punta di surrealismo e inaspettato, ma rappresenta anche il nostro motto. Il messaggio che l’illustrazione vuole far arrivare è un inno alla forza e all’energia della musica, che nonostante i tempi difficili sopravvive, o meglio vive, e non si lascia ‘inscatolare’».
Ad aprire il cartellone sarà, nella serata dell’11 novembre, alle ore 20.30, lo spettacolo «Anime Jazz», un progetto che unisce la musica alla sfera religiosa con letture ispirate all’opera della santa mistica Ildegarda di Bingen
Scenario dell’evento, proposto in diretta streaming, sarà la Collegiata Santa Maria della Scala di Moncalieri
Il sax baritono di Dario Cecchini suonerà le prime note del concerto direttamente dal campanile, quasi a richiamare l’attenzione della città per creare una sorta di legame spirituale tra chi suona e chi ascolta; lo strumento proseguirà, quindi, il suo percorso sonoro all’interno della chiesa con il concerto «Sax baritono e reverbero». 
Sarà, poi, la volta di Luca Allievi, che si esibirà con la sua chitarra classica e jazz
Mentre a fondere e mescolare insieme le due sfere protagoniste di questa raffinata serata, ovvero musica e religione, sarà la performance dell’attrice Silvia Furlan, accompagnata dalla voce di Albert Hera. Ispirandosi ai testi, ai dipinti e alla vita di Ildegarda di Bigen, detta «La Sibilla del Reno», i due artisti intrecceranno musica, ritmo e sonorità della voce, con le stesse parole della santa, permettendo al pubblico di riscoprire questa figura modernissima di intellettuale e artista, oltre che religiosa. 
A conclusione della serata, Gavino Murgia e Fabio Giachino, ai sassofoni il primo e all’organo il secondo, interpreteranno «A Love Supreme», un tributo all’omonima opera musicale di John Coltrane, ideata nel 1964, nel momento più alto della sua intensa spiritualità musicale.
Le successive quattro serate si svolgeranno negli studi della Egaudiovisivi snc. 
Si inizierà giovedì 12 novembre, sempre alle ore 20.30, con un appuntamento dedicato ai «Giovani talenti». Il concerto sarà diviso in due parti: prima saliranno sul palco Jacopo Taddei al saxofono e Luigi Nicolardi al pianoforte in un’interazione fra tradizione classica e jazzistica; poi toccherà alla cantante Emilia Zamune presentare il progetto «Duet», accompagnata da Massimo Moriconi al contrabbasso.
Venerdì 13 dicembre
, sempre alle ore 20.30, si terrà, invece, «The Bird», un tributo, nel centenario della nascita, al gigante del Bepop Charlie Parker, da molti definito il «Picasso del jazz». Sul palco salirà un quartetto tutto piemontese di valore internazionale, composto dal sassofonista moncalierese Claudio Chiara, Luigi Tessarollo alla chitarra, Aldo Mella al contrabbasso ed Enzo Zirilli alla batteria.
Sabato 14 dicembre si festeggerà un altro centenario, quello di Renato Carosone, il maestro della canzone napoletana o meglio dello swing partenopeo, noto per brani come «Tu vuò fa l’Americano», «Caravan Petrol», «O sarracino» e «Pigliete ‘na pastiglia». Ad interpretare questo tributo sarà il jazzista napoletano Daniele Sepe, con Tommaso de Paola al pianoforte e tastiere, Paolo Forlini alla batteria, Davide Costagliola al basso, Antonello Iannotta alle percussioni, Mario Insenga alla voce e Salvatore Lampitelli «Sabba» alla voce.
Il festival  terminerà domenica 15 novembre con «Amarcord…ricordando cento anni di Federico Fellini», una suite musicale scritta dal maestro Andrea Ravizza, in veste di arrangiatore e direttore, che vedrà esibirsi un'ensemble creato ad hoc con Fulvio Chiara alla tromba, Albert Hera alla voce e al sax soprano, Fabio Giachino al pianoforte, Federico Marchesano al contrabbasso, Alessandro Minetto alla batteria e il Quartetto d’Archi di Torino, composto da Edoardo de Angelis al violino, Umberto Fantini al violino, Andrea Repetto alla viola e Manuel Zigante al violoncello. 
Il concerto permetterà di ascoltare colonne sonore di film come «La dolce vita», «8 ½», «La strada», «Amarcord», «Ginger e Fred» e molti altri.
Per l’occasione, saranno in scena al Moncalieri Jazz Festival anche il direttore Ugo Viola, con la sua fisarmonica, e l’illustratrice Giorgia Molinari, che durante il concerto darà vita a illustrazioni grafiche ispirate al programma di sala. 
Parteciperà all’appuntamento anche Francesca Fabbri Fellini, unica erede del maestro, che ci racconterà aneddoti legati al set e all’importanza che la musica, quella di Nino Rota, ha avuto all’interno del cinema felliniano. 
Questa inedita edizione del festival piemontese si chiuderà, dunque, con un appuntamento all’insegna del sogno, del fumetto, del circo e della fantasia: varie facce di un prisma caleidoscopico, quello dell'arte, che in questi giorni non possiamo godere dal vivo, ma possiamo comunque sperimentare grazie all'uso della tecnologia. 

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Locandina del «Moncalieri Jazz Festival»; [fig. 2] Ritratto di Francesca Fabbri Fellini; [fig. 3] Ritratto di Daniele Sepe;  [fig. 4] Ritratto di Enzo Zirilli. Foto di Roberto Cifarelli 

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martedì 10 novembre 2020

«Opere al telefono», a Reggio Emilia un modo originale per scoprire la mostra «True fiction»

Chissà se il ragionier Bianchi di Varese, il rappresentante di commercio inventato negli anni Sessanta dallo scrittore e pedagogista piemontese Gianni Rodari, oggi farebbe una videochiamata con WhatsApp o userebbe Zoom per raccontare, tutte le sere, le sue storie della buonanotte alla figlioletta? Non lo sapremo mai. Ma è certo che il fascino vintage delle «Favole al telefono», libro edite nel 1962 da Einaudi, continua ad affascinare i bambini con i suoi personaggi anticonformisti e bizzarri: da Alice Cascherina che cade dappertutto a Giovannino Perdigiorno che capita nel paese con l’esse davanti, dalla donnina di Gavirate che conta gli starnuti della gente ai bambini di Bologna, presi per la gola da un fantastico palazzo di gelato costruito in piazza Maggiore.
A cent’anni dalla nascita (l’anniversario si è festeggiato lo scorso 23 ottobre), Gianni Rodari e le sue «Favole al telefono», ormai un classico della letteratura per l’infanzia, hanno solleticato, in questi tempi di Coronavirus, la fantasia di molti, dal Teatro polifunzionale di Ischia all’associazione Damatrà di Udine, senza dimenticare l’attore e regista Francesco Zecca che ha ideato «Pronto, chi favola?», iniziativa che ha coinvolto nel racconto delle settanta storie rodariane ai più piccoli anche Lucrezia Lante Della Rovere, Georgia Lepore, Lelli Cecere e molti altri attori.
Parte da una suggestione rodariana anche il progetto «Opere al telefono», ideato dalla Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia per poter fruire delle opere presenti nella mostra «True Fiction. Fotografia visionaria dagli anni Settanta a oggi», temporaneamente chiusa al pubblico in ottemperanza all’ultimo Dpcm per contrastare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, quello diffuso sulla «Gazzetta Ufficiale» lo scorso 4 novembre. 
Da questo mercoledì fino al 23 dicembre, tutti i mercoledì, dalle ore 17 alle ore 19, si potrà chiamare il numero 0522.444446 e farsi raccontare una delle opere in mostra, scelta dal catalogo presente sul sito Internet.
Al telefono risponderà uno degli esperti della fondazione reggiana, a cui si potranno fare domande sulle tecniche, sulla vita e i progetti degli artisti, e su tutte le verità e le finzioni nascoste in ogni scatto.
«True Fiction. Fotografia visionaria dagli anni Settanta a oggi», per la curatela di Walter Guadagnini, è, infatti, la prima mostra in Italia dedicata al fenomeno della staged photography, tendenza che, a partire dagli anni Ottanta, ha rivoluzionato il linguaggio fotografico e la collocazione della fotografia nell’ambito delle arti contemporanee, trasformandola da strumento principe per documentare la realtà a mezzo privilegiato per inventare realtà parallele e mondi fantastici.
Partendo da grandi maestri come Jeff Wall, Cindy Sherman, James Casebere, Sandy Skoglund, Yasumasa Morimura, Laurie Simmons passando per artisti come Erwin Olaf, David Lachapelle, Nic Nicosia, Emily Allchurch, Joan Fontcuberta, Julia Fullerton Batten, Paolo Ventura, Lori Nix, Miwa Yanagi, Alison Jackson, Jung Yeondoo, Jiang Pengyi, fino ad arrivare ad autori raramente esposti in Italia come Bernard Faucon, Eileen Cowin, Bruce Charlesworth, David Levinthal, l'esposizione allinea un centinaio di «opere straordinariamente affascinanti, inquietanti e divertenti, che -racconta Walter Guadagnini- parlano di noi fingendo di parlare d'altro».
«Opere al telefono» è solo il primo tassello di una serie di progetti che la Fondazione Palazzo Magnani di Reggio Emilia sta ideando per riempire il vuoto creato da questa nuova chiusura dei luoghi della cultura. A breve -assicurano dal museo emiliano- «arriveranno talk, visite virtuali, interviste e incontri on-line» con Walter Guadagnini e con il direttore Davide Zanichelli, ma anche con gli artisti presenti nelle due mostre del progetto espositivo «Autunno fotografico», che aveva aperto le porte al pubblico lo scorso 17 ottobre. A Reggio Emilia, oltre a «True Fiction. Fotografia visionaria dagli anni Settanta a oggi», aveva, infatti, inaugurato da poco, a Palazzo del Mosto, anche la mostra «Atlanti, ritratti e altre storie. Sei giovani fotografi europei», che allinea le opere di Alessandra Baldoni (Perugia, 1976), Alexia Fiasco (Parigi, 1990), Francesco Merlini (Aosta, 1986), Manon Lanjouère (Parigi, 1993), Giaime Meloni (Cagliari, 1984) e Denisse Ariana Pérez (Repubblica Domenicana, 1988).
Da Reggio Emilia arriva, dunque, un modo alternativo e decisamente originale per vivere l’arte in questi tempi di lockdown della cultura dal vivo: «una chiacchierata -spiegano dal museo- per restare in contatto, nell’attesa che l’emergenza si concluda, per restare attivi, per restare in quella comfort zone che in questo momento solo la fantasia ci può dare». 

Vedi anche
Catalogo on-line 

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Locandina di «Opere al telefono»;  [fig. 2] Sandy Skoglund, «Revenge of the Goldfish», 1981 archival color photograph cm 88.9 x 69.2 ca. Courtesy: Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT); [fig. 3] Sandy Skoglund, «Fox Games», 1989 archival color photograph cm 117 x 150 ca. Courtesy: Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT) ; [fig. 4] Lori Nix, «Library», 2007 from “The City” series color photograph cm 76 x 127 ca. Courtesy: Pacin contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT); [fig. 4] Bernard Faucon, «Les papiers qui volent», 1980 fresson print cm 30 x 30 ca. Courtesy: Paci contemporary gallery (Brescia – Porto Cervo, IT)

Informazioni utili 
«Opere al telefono». Ogni mercoledì, dalle 17.00 alle 19.00, al numero 0522.44446. Dall'11 novembre al 23 dicembre 2020. Sito internet: www.palazzomagnani.it

lunedì 9 novembre 2020

Da casa nei campi di grano di Vincent Van Gogh. Quattro recital in streaming per la mostra «I colori di una vita»

Geniale, folle, visionario: sono questi gli aggettivi che più spesso troviamo associati alla figura di Vincent Van Gogh (Groot Zunder, 1853-Auvers-sur-Oise, 1890), uno tra gli artisti più noti e amati del periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, perfetto prototipo, nell’immaginario collettivo, del cosiddetto «pittore maledetto» insieme con Caravaggio, Amedeo Modigliani e Antonio Ligabue.
Il «male di vivere» che l’artista olandese si portava dentro, con la sua correlata estrema sensibilità, è stata la chiave di volta per penetrare a fondo i misteri dell’esistenza umana, restituendo sulla tela, con una pennellata veloce e immediata, con un tripudio di colori e luci, le suggestioni di una notte stellata, la bellezza semplice dei girasoli, il silenzio dei campi di grano, l’inquietudine di uno stormo di corvi neri in un cielo in tempesta, il nostro «terribile bisogno di Dio».
Per Vincent Van Gogh la pittura doveva essere una terapia contro l’infelicità del mondo. Fu, invece, un motivo in più di disperazione. «Per quanto mi riguarda, -diceva- io sono votato all’infelicità e all’insuccesso», «sul mio conto non ho alcuna speranza, o quasi». L’artista si sentiva, dunque, un fallito e il mondo intorno a lui di certo non lo aiutava ad accrescere la sua autostima. I suoi quadri non si vendevano; il primo riconoscimento pubblico, una recensione di Albert Aurier sul «Mercure de France», arrivò troppo tardi, pochi mesi prima della morte. Ma in quelle parole, che colsero di sorpresa lo stesso artista, c’era tutto il senso di una ricerca unica: la pittura di Vincent Van Gogh – scrisse, infatti, il giornalista- «è la forma che diventa incubo, il colore che diventa fiamma, lava e gemme, la luce che si fa incendio».
I contemporanei consideravano bizzarro anche lo stile di vita dell’artista e due episodi più di tutti, il taglio dell’orecchio davanti all’amico Paul Gauguin e il ricovero nella clinica di Saint-Rémy per «mania acuta con allucinazioni uditive e visive», contribuirono a creare il mito del pittore borderline, difficile e distruttivo.
Non deve essere, quindi, stato facile per l’artista accettare gli sguardi imbarazzati e colpevolizzanti degli altri, tanto che Antonin Artaud definì Vincent Van Gogh «il suicidato della società», non un suicida in preda al delirio e all’autolesionismo, ma un uomo ucciso dagli altri, da «un esercito di esseri malvagi».
Il pittore olandese non era, però, solo un «artista maledetto», era molto di più. Era un botanico esperto e un appassionato di ornitologia. Parlava quattro lingue. Aveva un rapporto speciale, assoluto, quasi religioso con la natura e, con il suo spirito contemplativo, camminava per le campagne della Provenza e per le vie dell’arte con un’intima convinzione nel cuore: «ho un debito – scriveva al fratello Theo il 7 agosto 1883- nei confronti del mondo, e anche l’obbligo – perché ci ho camminato sopra per trent’anni – di lasciargli in segno di gratitudine qualche ricordo in forma di disegni o di quadri – che non sono stati fatti per piacere all’una o all’altra tendenza, ma per esprimere un sentimento umano sincero».
Per uscire dal cortocircuito dei tanti luoghi comuni legati alla figura di Van Gogh, lo storico dell’arte e curatore Marco Goldin ha appena scritto un libro per la casa editrice La Nave di Teseo, a partire dal corposo epistolario del pittore: 903 lettere, di cui 820 manoscritte e 658 indirizzate al fratello, scritte tra il 1872 e il 1890.
«Vincent Van Gogh. L’autobiografia di una vita» è il titolo del volume, uscito in libreria da poco meno di un mese, quasi contemporaneamente all’inaugurazione della mostra «I colori di una vita» al Centro San Gaetano di Padova, non visibile in questi giorni in ottemperanza al nuovo Dpcm con le misure anti-Covid, pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale dello scorso 4 novembre, che chiude musei ed eventi espositivi su tutto il territorio nazionale.
Gli ottantadue quadri e dipinti dell’artista giunti in Veneto, grazie alla collaborazione fondamentale del Kröller-Müller Museum di Otterlo e del Van Gogh Museum di Amsterdam, ripercorrono cronologicamente la vita dell’artista, raccontano il suo cammino da Nuenen ad Anversa, da Parigi a L’Aja, da Londra ad Arles, dalla catena delle Alpilles alle campagne di Barbizon.
L’«Autoritratto con il cappello di feltro», «Il seminatore», «Il postino Roulin», «Il signor Ginoux», «L’Arlesiana» sono solo alcuni dei capolavori «ingabbiati e nascosti» in questi giorni nel buio delle sale del Centro San Gaetano, che torneremo a poter vedere appena l’emergenza finirà.
Con la consapevolezza che l’arte sia un balsamo potente per lenire le ferite di questo nostro tempo incerto, Marco Goldin ha deciso di far rivivere «la magia dei colori e la potenza dei sentimenti» di queste opere attraverso quattro recital divulgativo-teatrali, proposti gratuitamente in diretta streaming attraverso Facebook e sul sito di Linea d’ombra.
I racconti e le letture dello studioso, che da oltre vent’anni si occupa del pittore olandese, si intrecceranno con le musiche composte e suonate al pianoforte da Remo Anzovino, compositore che ormai da anni si cimenta nel racconto in musica dell’arte mondiale, tanto da essere stato premiato ai Nastro d’argento 2019 con una menzione speciale per le colonne sonore originali dei film.
Il mix tra parole e musica getterà nuova luce su alcuni temi specifici della biografia di Van Gogh ancora poco approfonditi.
Dopo il successo della puntata pilota tenutasi lo scorso 30 ottobre, vista da oltre centomila spettatori e trasmessa anche sul canale 14 del digitale terrestre nel Triveneto, il format entrerà ufficialmente nel vivo questa sera, lunedì 9 novembre (alle ore 21), con «Van Gogh nei campi di grano. La forza della natura e l’idea del tempo circolare».
Protagoniste del racconto, della durata di circa un’ora, saranno le lettere che l’artista inviò al fratello Theo, alla sorella Wil e a Émile Bernard nella seconda metà di giugno del 1888, mentre stava dipingendo nella pianura della Crau, poco fuori Arles.
La serata verrà divisa in tre parti: dopo un’introduzione sul tema, ci sarà il recital vero e proprio; mentre la parte finale sarà riservata alle risposte che Marco Goldin darà alle domande che gli verranno poste attraverso Facebook dagli utenti-spettatori.
Le puntate successive – previste per le serate del 16, del 23 e del 30 novembre- saranno, invece, dedicate rispettivamente agli amici di Van Gogh ad Arles, al tema della malinconia nella casa di cura di Saint-Rémy e alla fine del suo viaggio sulla terra, a Auvers.
Attraverso i quattro appuntamenti quasi sicuramente Marco Goldin scardinerà il mito dell’«artista maledetto» per innalzare Vincent Van Gogh al ruolo dell’«eroe moderno», un uomo con una missione da compiere che, pur nell’apparente sconfitta, annuncia il futuro, parla della crisi di certezze dell’uomo moderno. Ecco perché, secondo lo storico dell’arte e curatore veneto, l’artista «non era pazzo», ma «ha camminato -si legge ne «L’autobiografia mai scritta»- danzando sulla vita, come sul filo mai interrotto di un vulcano […] Ha creato con la disciplina della sua anima un mondo inarrivabile, il mondo di un eroe. Colui che arriva a toccare il sole e poi riesce a raccontarne il fuoco e il calore, la luce che abbaglia. E quella luce la fa diventare colore. Un colore che nessuno mai aveva dipinto così prima. E mai nessuno ha dipinto poi».

Didascalie delle immagini
[fig. 1] [Fig. 1] Vincent van Gogh, Autoritratto con cappello di feltro grigio, 1887, olio su tela, cm 44,5 x 37.2. Van Gogh Museum (Vincent van Gogh Foundation), Amsterdam [fig. 2] Marco Goldin; [fig. 3] Remo Anzovino; [fig. 4] Vincent van Gogh, Il seminatore, 1888, olio su tela, cm 64,2 x 80,3. Collection Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands © 2020 Collection Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands; Photography Rik Klein Gotink, Harderwijk; [fig. 5] Vincent van Gogh, Paesaggio con covoni e luna nascente, 1889, olio su tela, cm 72 x 91,3 Collection Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands © 2020 Collection Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands; Photography Rik Klein Gotink, Harderwijk; [fig. 6] Vincent van Gogh, L'arlesiana (Madame Ginoux), 1890, olio su tela, cm 60 x 50. Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma © Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. Su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo; [fig. 7] Vincent van Gogh, Covone sotto un cielo nuvoloso, 1889, olio su tela, cm 63,3 x 53 © 2020 Collection Kröller-Müller Museum, Otterlo, the Netherlands; Photography Rik Klein Gotink, Harderwijk  
 
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venerdì 6 novembre 2020

«Arte Opera», la grande lirica in streaming e on-demand dai teatri più importanti del mondo

La pandemia da Covid-19 ha avuto un impatto devastante sul mondo della cultura. La seconda ondata del virus ha visto di nuovo chiudere teatri, cinema, sale-concerti e musei non solo in Italia, ma anche in altri Paesi europei come la Francia e il Belgio. Un ritorno alla normalità sembra, purtroppo, ancora lontano e la paura del contagio non rende certo facile la vita di chi lavora nel settore dello spettacolo dal vivo o in quello dell’organizzazione di grandi eventi espositivi e fieristici (è notizia delle ultime ore l’annullamento dell’edizione 2021 di «ArteFiera» a Bologna). Mentre il teatro alla Scala di Milano annuncia a malincuore che, «nell’attuale quadro epidemiologico e normativo», è impossibile organizzare la ‘prima’ dell’opera «Lucia di Lammermoor» di Gaetano Donizetti per la serata di Sant’Ambrogio e studia un piano B, ovvero «una soluzione alternativa e di qualità» che possa «raggiungere una platea il più ampia possibile», il canale culturale europeo Arte.Tv lancia la sua terza stagione operistica digitale (arte.tv/opera). Il Web, pur con tutti i mal di pancia di chi lavora nel settore (molte sono le critiche al ministro Dario Franceschini per la proposta di una Netflix della cultura), diventa, quindi, lo strumento da sperimentare per continuare a lavorare in un momento storico come quello che stiamo vivendo, caratterizzato dal distanziamento sociale e, in alcuni casi, persino dal divieto di uscire di casa se non per motivi di lavoro, studio ed emergenze.
La programmazione operistica di Arte.Tv ha avuto una preview con il successo dello spettacolo «7 Deaths of Maria Callas», progetto dell’artista-performer serba Marina Abramović dedicato a sette eroine della lirica morte per amore. L’appuntamento teatrale, che ha unito celebri arie di Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Georges Bizet, Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini, è stato trasmesso in live streaming dalla Bayerische Staatsoper di Monaco di Baviera ed è stato, poi, reso disponibile on demand, registrando nell’arco di un mese, a partire dal 5 settembre, oltre 170.000 spettatori.
La stagione vera e propria partirà, invece, sabato 14 novembre, alle ore 20, con la tragédie lyrique «Hippolyte et Aricie» di Jean-Philippe Rameau in live streaming dall'Opéra Comique di Parigi, dove l'Ensemble Pygmalion suonerà con la direzione di Raphaël Pichon, nonostante l’assenza del pubblico dal vivo.
Su «Arte Opera» saranno, poi, trasmessi, sempre nel mese di novembre, due balletti. Si inizierà martedì 24, alle ore 19.30, con la ‘prima’ di «Mahler / Live», performance con la coreografia di Martin Schläpfer nel suo nuovo ruolo di regista e coreografo principale del Balletto di stato di Vienna. Si proseguirà giovedì 26, alle ore 19, con la messa in scena di «Pippi Calzelunghe» di Pär Isberg, balletto trasmesso a marzo dall'Opera nazionale finlandese e ora di nuovo disponibile on demand in occasione del settantacinquesimo anniversario dalla pubblicazione dell’omonimo libro per bambini dell'autore svedese Astrid Lindgren.
Dal 6 dicembre, alle ore 17, si potrà, invece, assistere al «Simon Boccanegra» di Giuseppe Verdi, per la regia di Andreas Homoki e nell’allestimento del Teatro dell’Opera di Zurigo.
La stagione di «Arte Opera» proseguirà, quindi, il 13 dicembre, alle ore 22.15, con il «Lohengrin» di Richard Wagner, in live streaming dalla Staatsoper Unter den Linden di Berlino. In questa messa in scena di Calixto Bieito, «Sonya Yoncheva e René Pape – si legge nel programma di sala in formato elettronico - saranno affiancati sul palco dal tenore francese Roberto Alagna al suo tanto atteso debutto nei panni del Cavaliere del cigno».
Il 2021 inizierà con il balletto «Ghost Light» di John Neumeier, una risposta a passo di danza alle attuali misure di distanziamento sociale, che vedrà esibirsi l’Hamburg Ballet sulle note di Franz Schubert.
Per la primavera 2021 è, invece, in cartellone l’opera lirica «Dalibor» di Bedřich Smetana, in diretta streaming dall'Opera di Stato di Praga. Il lavoro teatrale, storia di un vendicatore ceco eletto a eroe nazionale, è diretto da Jaroslav Kyzlink; mentre firma la regia Jiří Nekvasil.
La stagione proseguirà, in marzo, con il «pop-requiem» «Is This The end?» del compositore francese Jean-Luc Fafchamps, in diretta da «La Monnaie» di Bruxelles. «Il progetto - si legge nel libretto di sala in formato elettronico- unisce opera e cinema, rendendolo un'esperienza elettrizzante anche per gli spettatori che lo guarderanno dal divano del loro soggiorno».
Chiuderà il cartellone, nella serata del 25 marzo, la «Petite Messe solennelle» di Gioachino Rossini, in programma al National Opera House di Wexford, con Kenneth Montgomery sul podio e Claudia Boyle, Tara Erraught, Pietro Adaíni e John Molloy in scena.
È, dunque, una programmazione ricca e di qualità, con grandi classici e novità curiose, quella proposta da «Arte Opera», progetto che dal suo inizio, tre anni fa, ha visto la collaborazione di ventuno tra i principali teatri e festival europei, tra i quali si segnalano due istituzioni italiane: la Scala di Milano e il Massimo di Palermo.
Ogni mese il canale propone spettacoli in streaming (dal vivo) e on demand (registrati, su richiesta) , tutti resi disponibili gratuitamente. Inoltre, grazie al sostegno finanziario dell’Unione europea, i contenuti sono sottotitolati in sei lingue diverse (inglese, italiano, francese, tedesco, spagnolo e polacco). In questo modo oltre il 70% degli utenti europei può seguire l’offerta operistica di Arte.Tv nella sua lingua madre.
Contestualmente alla presentazione della stagione operistica, il canale culturale europeo ha lanciato anche la campagna #WeReStillOpen: in collaborazione con alcune delle istituzioni più colpite dalla pandemia, a partire dai teatri e alle orchestre, il canale culturale europeo intende creare, nei prossimi mesi, un programma, comprendente non solo eventi live, on demand e in streaming, ma anche nuovi format, trasformando così la crisi in un’opportunità per crescere, per creare qualcosa di inedito e originale.
«Grandiosità ottocentesca, opulenza barocca, chiarezza contemporanea»: la terza stagione operistica di Arte.TV ha, dunque, tutti gli ingredienti per accontentare anche i palati più raffinati, portando il pubblico sui palcoscenici di prestigiosi teatri d'opera europei alla scoperta di arie immortali o di storie che parlano del nostro tempo incerto. Un'occasione, questa, per risentire arie immortali, per scoprire qualche nuova idea di allestimento, e per uscire, almeno con la fantasia, dalle quattro pareti di casa.

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giovedì 5 novembre 2020

Un’edizione on-line per «Artissima», la fiera internazionale d’arte di Torino

L'emergenza sanitaria per il Covid-19 non ferma «Artissima», la fiera internazionale d'arte contemporanea che da ventisette anni anima l'autunno della città di Torino. Dal 3 novembre al 9 dicembre l'evento mercantile, che da sempre pone grande attenzione alla sperimentazione e alla ricerca del nuovo, si sposta sul Web, sulla piattaforma cross-mediale xyz.artissima.art, realizzata grazie al sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo.
Andando oltre la classica struttura delle viewing-room e dei cataloghi digitali, l’inedita «versione Unplugged @Digital» della fiera torinese offre contenuti freschi ed esperienziali per approfondire da casa il lavoro di gallerie, artisti e curatori.
Il progetto, la cui formula è «dilatata nel tempo e nello spazio», si articola in tre sezioni «acustiche» intitolate «Present Future», «Back to the Future» e «Disegni», che vedono la curatela rispettivamente di Ilaria Gianni e Fernanda Brenner, di Lorenzo Giusti e Mouna Mekouar e di Letizia Ragaglia e Bettina Steinbrügge.
Ogni sezione mette in evidenza dieci progetti, presentando complessivamente trenta artisti e altrettante gallerie.
Il layout della piattaforma è di immediato approccio e facile navigazione: dalla welcome page si può accedere alle tre sezioni all’interno delle quali ogni progetto ha una propria pagina dedicata, ricca di materiali di varia natura che indagano a 360° l’opera e l’artista attraverso diversi percorsi di lettura e fruizione.
Evocando gli assi di riferimento del sistema cartesiano, «il nome xyz -spiegano dagli uffici della fiera torinese- richiama l’approccio pluridimensionale e multimediale adottato dalla piattaforma, pensata per restituire l’esperienza fisica attraverso quella virtuale. Il visitatore potrà così apprezzare il valore dell’opera d’arte non solo vedendola, ma anche ascoltando la sua lettura critica e scoprendone la genesi creativa attraverso contenuti fotografici, video, interviste e podcast che vedranno protagonisti gli stessi artisti, galleristi e curatori».
Nello specifico la sezione «Present Future», dedicata agli artisti under 40, riflette sull’arte come strumento e modo attraverso il quale esplorare il loro ruolo di cittadini e attori sociali. «Concentrandosi su poetiche che ascoltano e danno voce a coloro che si trovano in situazioni sociali, politiche, geografiche o culturali più ai margini -spiegano i curatori Ilaria Gianni e Fernanda Brenner-, gli artisti di «Present Future», piuttosto che etichettare e sfruttare queste circostanze, liberano narrazioni e immaginari che condensano molteplici versioni della Storia. Ogni opera diventa un atto di resistenza e, come un respiro, un atto di sopravvivenza».
«Back to the Future», per la curatela di Lorenzo Giusti e Mouna Mekouar, va, invece, alla scoperta di opere storiche che hanno influenzato il nostro tempo, focalizzando l’attenzione sul periodo compreso tra il 1960 e il 1999. Mentre «Disegni» presenta dieci progetti monografici, selezionati da Letizia Ragaglia e Bettina Steinbrügge, che indagano attraverso altrettanti sguardi femminili la pratica del disegno e le sperimentazioni contemporanee.
Visibile on-line in questi giorni è anche uno dei progetti speciali studiati per questa edizione di «Artissima»: «Folle», un mostra digitale tesa alla riscoperta e alla valorizzazione del ricco Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, che riunisce al suo interno oltre settemila immagini di cronaca, politica, costume, società, cultura, sport, paesaggio e architettura, realizzate in Italia e all’estero.
Su una piattaforma on-line, sono pubblicate ventisei fotografie, scattate tra il 1930 e il 1980, che catturano diversi momenti di aggregazione sociale, raccontando le trasformazioni sociali e politiche del Paese.
«Le foto selezionate -spiegano le curatrici Ilaria Bonaccossa e Barbara Costa- si contraddistinguono per la varietà dei soggetti, a volte inaspettati, declinati in diverse situazioni e momenti storici: la folla può essere molto composta, ma anche disordinata; può essere protagonista, ma anche comprimaria; si può vedere, ma anche solo immaginare».
In ottemperanza all’ultimo Decreto della Presidenza del Consiglio, quello pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale» il 4 novembre, che stabilisce la chiusura di musei ed eventi espositivi in tutta Italia fino al prossimo 3 dicembre, è stata, invece, rimandata l’apertura della mostra «Stasi frenetica», curata da Ilaria Bonaccossa. Le centocinquantotto opere che, dal 7 novembre al 9 gennaio, avrebbero dovuto animare gli spazi della Gam - Galleria d’arte moderna, di Palazzo Madama e del Mao – Museo d’arte orientale sono, però, già visibili on-line grazie al catalogo digitale pubblicato fino al prossimo 9 dicembre sul sito di «Artissima». 
Da sabato 14 novembre l'esposizione sarà visibile anche attraverso virtual tour in 3D, realizzati in collaborazione con Artland. Mentre da mercoledì 25 novembre sui social media e sul canale Youtube della fiera torinese prenderà il via un ciclo di video tour e di Walkie Talkies che permetterà al pubblico di ammirare la mostra  «Stasi frenetica» attraverso gli occhi di Bernardo Follini, Samuele Piazza, Ramona Ponzini e Elisa Troiano, quattro giovani curatori, in dialogo con Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima. 
La fiera torinese reagisce così alla pandemia e alla conseguente chiusura forzata dei musei ed entra nelle case degli italiani (ma anche del sempre numeroso pubblico straniero) con un bel progetto -innovativo e utile- come «Artissima Xyz» che è insieme una mostra (con tanto di visite guidate prenotabili on-line), un percorso di approfondimento con videointerviste e podcast, e un catalogo di vendita per il proprio shopping digitale.

(aggiornato il 17 novembre 2020, alle ore 15.45)
 

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Sara Naim, Twitch, 2016. Stampa digitale C-type, 167 x 121 cm. Edizione 2/5. Courtesy dell'artista e The Third Line; [fig. 2] Keren Cytter, Post Malone Tattoos, 2018. Pennarello e matita colorata su carta, 45.5 x 45.5 cm. Courtesy dell'artista e Pilar Corrias, Londra; [fig. 3] Guillaume Bijl, Composition Trouvée, 1989. Mixed media, 63 x 238 x 162 cm. Unico. Courtesy dell’artista; [fig. 4] Assalto ai vagoni del treno stipati per l'esodo di Ferragosto © Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo

Informazioni utili 
Informazioni utili Artissima Unplugged @Digital || Artissima XYZ (xyz.artissima.art) // 3 novembre – 9 dicembre 2020 || Catalogo online (artissima.art) // 5 novembre - 9 dicembre 2020 || Folle (www.artissima.art/folle) // 4 novembre – 9 dicembre 2020. Informazioni: tel. 011.19744106, info@artissima.it. Sito internet: www.artissima.art

mercoledì 4 novembre 2020

Coronavirus, il nuovo Dpcm chiude i musei. Alla Galleria Campari un ciclo di smart tour per la Settimana della cultura d’impresa

Sono giornate burrascose per il mondo dell’arte italiano. Dopo i teatri e le sale-concerto, anche i musei e le mostre, ultimo baluardo della cultura fruibile, chiudono le proprie porte a causa della seconda ondata del Coronavirus. La notizia, annunciata in televisione lo scorso 1° novembre dal ministro dei Beni culturali Dario Franceschini durante un collegamento da remoto con la trasmissione «Che tempo che fa», condotta da Fabio Fazio su Rai3, è stata ufficializzata nella nottata tra martedì 3 e mercoledì 4 novembre con la firma da parte del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte dell’ennesimo Dpcm.
Nel nuovo Decreto per contrastare la diffusione del Covid-19, pubblicato oggi sulla «Gazzetta ufficiale» e operativo da venerdì 6 novembre, si legge, infatti, all’articolo 1, comma 9, lettera r: «sono sospesi le mostre e i servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all'articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42».  Rimarranno, dunque, inaccessibili al pubblico anche le biblioteche, gli archivi e i parchi archeologici; sono, invece, salvi dal rischio di chiusura le gallerie private e le librerie, che, rientrando nelle attività commerciali, potranno rimanere aperte nelle zone gialla e arancione.
Novità del nuovo Dpcm è, infatti, la suddivisione dell’Italia in tre aree geografiche in base al rischio di contagio. Nella zona rossa - della quale fanno parte Lombardia, Piemonte, Calabria e Valle d’Aosta - si andrà, invece, incontro a un nuovo lockdown con il divieto di spostamento verso altri comuni e regioni e la chiusura di quasi tutte le attività commerciali, ad eccezione dei negozi di alimentari e di generi di prima necessità, dei tabacchi, delle edicole e – a sorpresa- dei parrucchieri.
Annunciata la sospensione delle attività in presenza, i musei italiani lanciano il cuore oltre l’ostacolo e si dichiarano già pronti a sbarcare sul Web, soprattutto suoi social, con progetti speciali, visite virtuali, laboratori digitali, interviste ad artisti e curatori, lezioni di storia dell’arte.
«L'utilizzo nella precedente fase di crisi pandemica della dimensione digitale, ha consentito -raccontano, per esempio, dal Mambo di Bologna- di comprendere la ricchezza di questi linguaggi come mezzi di educazione e intrattenimento in chiave di accesso democratico alla cultura».
Mentre dalla Peggy Guggenheim di Venezia, la direttrice Karole P. B. Vail sottolinea che «l’arte può stimolare la riflessione, il dialogo e lo scambio. Può essere fonte di conforto e ispirazione. Può unire, anche a distanza, ed essere essa stessa una forma di resilienza». Da Palazzo Venier dei Leoni viene rivolto anche un invito agli amanti dell’arte: «dobbiamo essere uniti più che mai, anche a distanza, affinché la cultura non si fermi».
Tra le prime realtà a sperimentare le potenzialità del Web in questo secondo lockdown dei musei c’è la Galleria Campari di Sesto San Giovanni. L’istituzione lombarda ha ideato un ciclo di smart tour in occasione della diciannovesima edizione della Settimana della cultura di impresa, la rassegna di eventi organizzata annualmente da Confindustria, che quest’anno si tiene dal 5 al 20 novembre.
Il tema del 2020 è «Capitale Italia. La cultura imprenditoriale per la rinascita del Paese» e si propone di sensibilizzare il pubblico sul ruolo dell’impresa e dell’imprenditore, motori di innovazione, creatori di ricchezza, propulsori di benessere e coesione sociale.
La Galleria Campari focalizzerà così l’attenzione su Davide Campari, il figlio del fondatore Gaspare, che all'inizio del secolo scorso ha svolto la sua attività imprenditoriale a 360°, gestendo in prima persona sia lo sviluppo dell'attività produttiva, sia la promozione dei suoi prodotti, e fornendo all’azienda di famiglia un imprinting unico, determinato dall’unione tra spirito imprenditoriale e artistico.
Le opere di Leonetto Cappiello, Fortunato Depero, Guido Crepax e molti altri saranno visibili in totale sicurezza direttamente dallo schermo del proprio device attraverso un percorso in 3D in alta definizione della durata di circa un'ora, illustrato da un operatore del museo. 
Durante l'appuntamento ci sarà anche la possibilità di interagire con la guida per domande e curiosità, come avviene durante una visita in presenza.
Ad arricchire ulteriormente il palinsesto di appuntamenti si aggiungono due incontri con Alessandra Tibiletti (il 12 e il 18 novembre, alle ore 18), che parlerà del restauro del manifesto «Lo Spiritello» di Leonetto Cappiello e delle opere di street art per il progetto «RedVolution»
È previsto anche un incontro su «Arte e mixologia», con uno storico dell’arte e un trainer di Campari Academy che, oltre alle opere pubblicitarie, approfondiranno fenomeni come l’invenzione del Bitter Campari, la nascita dell’aperitivo, la miscelazione futurista, il proibizionismo, il ruolo dei Caffè nella diffusione della cultura, la nascita del cocktail Negroni nel 1919.
In occasione della Settimana della cultura d’impresa sarà diffusa, sul sito www.podcast.archivio.com, anche una puntata della progetto «Il principio della Fenice», una serie podcast sugli archivi italiani realizzata e raccontata dalla giornalista Valentina De Poli. La puntata sarà  interamente dedicata alla Galleria Campari e offrirà l'occasione per conoscere meglio un museo che parla degli incroci tra arte e marketing attraverso poster su carta, disegni, bozzetti originali, affiche, manifesti e grafiche pubblicitarie firmati, tra gli altri, da Leonetto Cappiello, Marcello Dudovich, Fortunato Depero, Bruno Munari e Ugo Nespolo

Vedi anche

Didascalie delle immagini
[Fig. 2] Vista di una sala del Mambo di Bologna; [fig. 3] Paesaggio con macchie rosse, No.2 di Vasily Kandinsky, Collezione Peggy Guggenheim, Venezia; [fig. 4] Muggiani, Campari l'aperitivo in bottiglia, 1930s, Archivio Galleria Campari; [fig. 5] Restauro de Lo spiritello di  Leonetto Cappiello. PH. Marco Curatolo; [fig. 6] Still life per Campari. PH. Marco Curatolo

Informazioni utili 
Galleria Campari. HQs Campari Group, viale Antonio Gramsci, 161 - Sesto S. Giovanni (Milano). Informazioni: tel. 02.62251 | galleria@campari.com. Sito internet: www.campari.com. Qui di seguito il calendario dettagliato: • 05 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari • 06 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari • 10 novembre 2020, h. 19.30: smart tour Arte e Mixologia, con storico dell’arte e trainer Campari Academy • 12 novembre 2020, h. 18: smart tour con Alessandra Tibiletti, restauratrice e storica dell’arte • 13 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari • 17 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari • 18 novembre 2020, h. 18: smart tour con Alessandra Tibiletti, restauratrice e storica dell’arte • 19 novembre 2020, h. 18: smart tour Galleria Campari Per aderire è necessario inviare una richiesta a galleria@campari.com per ricevere i dettagli e gli slot disponibili.

martedì 3 novembre 2020

Moleskine Studio Collection: un taccuino, sei visioni creative


Ernest Hemingway
ne teneva sempre uno in tasca, riempendolo di parole e racconti, quando storie e personaggi bussavano alla porta della sua immaginazione, nei luoghi più disparati della terra: tra i viali e i bistrot di Parigi, negli alberghi di Venezia o in riva al mare a L’Avana. Pablo Picasso, Henri Matisse e Vincent Van Gogh fissavano sui suoi fogli le idee per opere d’arte che sarebbero diventate immortali. Oscar Wilde vi appuntava i suoi celebri aforismi; mentre lo scrittore inglese Bruce Chatwin ne era così innamorato da parlarne nel libro «Le vie dei canti», dove si legge la storia della sua cartolaia di fiducia, in Rue de l’Ancienne Comédie a Parigi, che gli procurava blocchi per appunti dall’inconfondibile copertina nera cerata e rigida, simile alla «pelle della talpa», con gli angoli arrotondati, i risguardi trattenuti da un elastico e le pagine color avorio. Stiamo parlando del Taccuino Moleskine, ideato in Francia tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX secolo e prodotto fino al 1986 da un’azienda a conduzione familiare di Tours. La seconda vita del leggendario «quadernetto», immancabile compagno d’avventura dei maestri delle Avanguardie novecentesche, inizia, invece, nel 1997 quando Modo & Modo, un piccolo editore milanese, ne rinnova la tradizione grazie a una felice intuizione della scrittrice e sociologa Maria Sebregondi. Da allora il marchio Moleskine, oggi di proprietà del gruppo belga D'Ieteren, si diffonde in tutto il mondo. Quel taccuino per viaggiatori colti e moderni globetrotter, ispirato ai quaderni in cerata nera usati da Chatwin e da Van Gogh, diventa un’icona da avere nella propria valigetta.
Negli anni nascono anche progetti speciali, a tiratura limitata, dedicati, per esempio, a Frida Kahlo, a «Il mago di Oz» e alle più belle città del mondo.
Dare spazio alla voce degli artisti è sempre stata una priorità di Moleskine e in questa ottica nasce la nuova collezione Studio, comprendente sei taccuini, ognuno dei quali è stato personalizzato da artisti internazionali.
Il gruppo di artisti che ha collaborato alla collezione rappresenta il mondo globale in cui viviamo, toccando quasi tutti i continenti, da Ovest a Est e viceversa. Olimpia Zagnoli è un'illustratrice italiana. Sonia Alins è spagnola. Yukai Du è di origine cinese e ha vissuto in alcune delle città più cosmopolite del suo Paese prima di stabilirsi nel Regno Unito. Yellena James è nata e cresciuta a Sarajevo; si è poi trasferita negli Stati Uniti e ha scelto l'Oregon come casa. Dimitra Mirtalipova è originaria dell'Uzbekistan ma vive in Ohio. Jon Koko è un'artista svedese che ha vissuto in tutto il mondo, da Taipei a Berlino, e che ha una passione per il Giappone e il suo patrimonio artistico.
Ognuno di questi artisti ha una sua voce, peculiare e distintiva, che si esprime in creazioni artistiche tanto individuali quanto universali, rendendo la collaborazione perfettamente in linea con Moleskine e i suoi valori fondamentali. Dai paesaggi onirici e misteriosi di Koko si spazia al vibrante e potente mondo pop di Olimpia Zagnoli. Alla delicatezza delle composizioni floreali astratte di Yellena James fa da contraltare la realtà ultramoderna di Yukai Du, create con linee e punti. L'arte nostalgica di Mirtalipova ispirata al folklore e alla cultura uzbeka dialoga con le nuotatrici di Sonia Alins.
«La collezione Studio -raccontano da Moleskine- parla a tutti noi, invitandoci a lasciarci ispirare dalle diverse visioni dei sei artisti. La collaborazione è un invito a riempire le pagine bianche di questi taccuini con pensieri e idee personali e uniche, partendo dalle creazioni artistiche in copertina, come fossero il trampolino di lancio per tuffarsi nella propria creatività».

Per saperne di più
www.moleskine.it

lunedì 2 novembre 2020

«Castagne matte», quando l’arte incontra la dimensione della ritualità

È un focus a tematica autunnale quello che propone il Mambo di Bologna per il secondo appuntamento del progetto espositivo «Re-Collecting», nato da un’idea del direttore Lorenzo Balbi con l’intento di offrire approcci originali, e quando possibile anche inusuali, per conoscere il cospicuo patrimonio dei musei bolognesi.
Dopo la mostra su Giorgio Morandi e sul «fascino segreto dei suoi fiori», l’istituzione bolognese prosegue il viaggio all’interno delle sue collezioni permanenti, con la rassegna «Castagne matte», a cura di Caterina Molteni, che offre una composita riflessione sulla ritualità come sfera sociale, religiosa e artistica.
Il focus, visibile fino al prossimo 14 febbraio, deriva il suo titolo dall'epiteto dato al seme dell'Ippocastano e dalla credenza popolare secondo la quale, se custodito nella tasca del proprio cappotto, possa scacciare le influenze autunnali.
«In un'epoca caratterizzata da disastri ecologici, pandemie e urgenti rivendicazioni politiche, la ritualità -raccontano dal Mambo- appare una delle strategie possibili per comprendere e affrontare situazioni e condizioni di emergenza. La dimensione del rituale apre, infatti, a importanti riflessioni sull'individuo e sul suo corpo, sull'idea di comunità sociale e politica, sulla percezione della vita e della morte, basando le sue pratiche sui principi di un mondo 'magico’. Legato all'ineffabile, esso rimanda a una dimensione dell'esistenza che non può essere catturata dal linguaggio descrittivo e che sfugge a tentativi normativi».
L’esposizione presenta una selezione di opere della collezione permanente del Mambo, insieme ad oggetti provenienti dal Museo civico archeologico di Bologna e ad alcune castagne matte appartenute a Giorgio Morandi che, come molti di noi, in modo spensierato e speranzoso, probabilmente seguiva l’usanza di portarle con sé.
Dalla creazione di oggetti scaramantici e feticci all'istituzione sociale di idoli religiosi e riti collettivi laici, l’esposizione presenta vari linguaggi di trattazione del tema.
Il percorso prende avvio con l'opera «Crash» (1994), una serie di cinque diademi, realizzati da Eva Marisaldi (Bologna, 1966) con nastri colorati, fil di ferro e vetri di automobili trovati a terra. L'opera si riferisce a pratiche infantili e alla feticizzazione di ornamenti in strumenti magici. La povertà dei materiali sottolinea l'investimento immateriale – basato sul gioco o sulla spiritualità – tramite cui un oggetto, nella sua semplicità, cambia natura.
«Lettura del rituale» (1951-59) di Carlo Corsi (Nizza, 1879 – Bologna, 1966) presenta, invece, il rito come tema letterario interpretato tramite ampie campiture di colore, frutto di una pennellata piena e densa. La mutevole ricerca pittorica dell’artista è da considerare un esempio di dinamismo stilistico che trova le sue radici in una incessante indagine intima sui valori espressivi della pittura.
Mentre il rito nella sua forma collettiva intreccia l'opera «The Following Days» (2005) di Paolo Chiasera (Bologna, 1978). Il video ritrae un gruppo di ragazzi che nella campagna romagnola si imbattono in un grande masso raffigurante il volto di Pier Paolo Pasolini. Le dinamiche che si innescano tra l'oggetto e il gruppo rimandano a questioni quali la creazione di mitologie contemporanee, la problematicità del monumento e la sua distruzione nella società.
Il percorso espositivo presenta anche «Sleeping» (1991) di Gilbert & George (Gilbert Prousch, San Martino in Badia, Bolzano, 1943 & George Passmore, Plymouth, GB, 1942), parte di una serie di opere ispirate al mondo metafisico e spirituale, in cui emerge un'atmosfera alchemica e misteriosa. Giocando con l'ambiguità del rapporto arte-vita, gli artisti rappresentano se stessi come defunti, mettendo in gioco un'esorcizzazione della morte che avviene tramite la sua rappresentazione. Tra i fenomeni più temuti e inspiegabili per l'essere umano, la morte e la sua percezione hanno fortemente influenzato anche l'ultima produzione pittorica di Piero Manai (Bologna, 1951 - 1988): «Senza titolo» (1984), parte di un gruppo di lavori in cui l'anatomia umana è drammaticamente sezionata dall'interno rendendo irriconoscibili le sue parti.
«Castagne matte» affianca a questi lavori contemporanei una sezione di oggetti che raccontano le pratiche scaramantiche e magiche di epoca romana. Amuleti, lucerne, dettagli di decorazioni e tavolette con incise maledizioni testimoniano pratiche rituali comunemente diffuse nella società del tempo.
Nel solco di un’indagine che risale agli episodi nodali della storia della Galleria d'arte moderna di Bologna, la mostra propone infine un approfondimento sulla rassegna «Metafisica del quotidiano», curata nel 1978 alla Gam da Franco Solmi, che offrì una riflessione sull'ambiguità rituale dell'opera d'arte: criterio estetico che permette alla creazione artistica di sfuggire a letture unitarie, per abitare zone di attrito e di contraddizione. 

Per saperne di più
Bologna, i fiori di Giorgio Morandi per la prima tappa di «Re-Collecting»

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Castagne d'India (castagne matte) appartenute a Giorgio Morandi. Bologna, Casa Morandi. Foto Bianca Schroder; [fig. 2] Gilbert & George, Sleeping, 1991. Stampa fotografica colorata a mano su masonite, cm 253 (a) x 426 (la). Collezione permanente MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna. Courtesy Anthony D'Offay Gallery, Londra, 1998; [fig. 3] Paolo Chiasera, The Following Days, 2005. Video, 5 min. Collezione permanente MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna; [fig. 4] Piero Manai, Senza titolo, 1984. Olio su carta intelata, cm 300 (a) x 200 (la). Collezione permanente MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna; [fig. 5] Cassa armonica della Premiata Ditta Illuminazioni Artistiche Per Feste Civili e Religiose Giuseppe Paulicelli, Bari, presentata da Franco Dellerba, in Giardini d'Europa a cura di Franco Solmi (Bologna, Chiesa di Santa Lucia), parte della rassegna Metafisica del Quotidiano, Galleria d’Arte Moderna, Bologna, 1978

Informazioni utili 
Castagne matte. MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni, 14 – Bologna. Orari: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì h 14.00–18.30 . Ingresso: intero € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni utili: tel. 051.6496611. Sito web: www.mambo-bologna.org. Fino al 14 febbraio 2021.

domenica 1 novembre 2020

«Tempora Vatis», Andrea Chisesi omaggia Gabriele d’Annunzio


È un omaggio alla «vita inimitabile» di Gabriele d’Annunzio quello che il poliedrico Andrea Chisesi (Roma, 1972), artista affermatosi nel primo decennio del Duemila per la sua fotografia di ritratto pubblicata su riviste come «Vogue», «Vanity fair», «Max» e «Rolling Stone», propone nelle sale di villa Mirabella, uno degli edifici inserito nel complesso del Vittoriale degli italiani a Gardone Riviera, sul lago di Garda.
Quella esposta, con il titolo «Tempora Vatis», è una collezione di opere che trae spunto dallo studio siracusano dell’artista, un vecchio hotel di fine Ottocento rimaneggiato nel periodo fascista, le cui pareti del piano terra erano rivestite con una carta da parati dell’epoca dannunziana e nascondevano sul retro vecchi giornali del 1920.
Queste «reliquie di un tempo antico», brandelli di carta con cronache mondane del passato, sono diventate opere d’arte: Andrea Chisesi le ha strappate, incollate, sovrapposte; le ha trasformate in collage.
Visitando il Vittoriale degli italiani, la casa-museo dell’autore dei romanzi «Il piacere» e «La figlia di Iorio», l’artista ha trovato una connessione temporale ed emozionale tra questi brandelli del nostro passato recente e la vita dello scrittore pescarese. A questi fogli di giornale si sono così aggiunte alcune fotografie dei momenti più significativi della vita di Gabriele D’Annunzio, viveur inarrestabile con i suoi eccessi e il lusso a ogni costo, con la pienezza di desiderio e la sensazione di onnipotenza.
Le tele sono state preparate con i matrem, termine derivato dal latino «Matrem Tanacetum parthenium», particolare tipo di fiore che cresce spontaneamente. 
Questa tecnica è composta da pennellate di colore bianco che rimandano alla natura e alla sua sintesi simbolica: fiori, foglie, colature d’acqua, ovvero quanto di più effimero ci sia sul nostro pianeta. Viene così rievocato il panismo dannunziano che trova la sua massima espressione nei versi della poesia «La pioggia nel pineto».
La mostra «Tempora Vatis», per la curatela di Marcella Damigella, allinea, nello specifico, sessantotto opere tra bozzetti, disegni e opere su tela, e si presenta in perfetto stile horror vacui, occupando ogni spazio disponibile. Il visitatore viene introdotto all’interno di uno spazio senza tempo e, ospite curioso, è messo in condizione di carpire i segreti del poeta e del pittore, il rapporto misterioso (e a distanza) che si è venuto a creare tra loro.
Per sua precisa volontà, Andrea Chisesi ha suddiviso il percorso espositivo in quattro parti, che ricalcano le stagioni dell’anno, indicate in latino, lingua molto cara al Vate. Le opere sono, poi, collocate sulle pareti secondo un percorso cronologico, ma in un apparente caos. Il viaggio inizia con «Fons», che allinea i ritratti di Gabriele D’Annunzio dall’adolescenza al 1920. Si prosegue con «Aestas», che racconta gli eroi, i miti e i personaggi cari allo scrittore, ma anche la sua passione per navi, aerei e automobili. «Arbores» mette, invece, sotto i riflettori l’amore per le donne, l’allegoria del Fauno, la passione per Dante e Michelangelo. «Hiems» presenta, infine, i ritratti degli amici più cari e le icone che hanno accompagnato l’esistenza del Vate, tra cui San Sebastiano, Santa Caterina da Siena e San Francesco.
Completa il percorso espositivo di «Tempora Vatis» la cosiddetta «Stanza segreta», una sorta di wunderkammer, ma a luci rosse, ricca di sorprese. In questo spazio, oltre a un’ulteriore serie di opere, è collocata un’installazione costituita da piccole porte, complete di maniglia e serratura. Dietro ogni porta si cela una «fusione su carta» di piccole dimensioni, dedicata ai riti amorosi e visibile solo dal buco della serratura. Queste ultime immagini insieme al resto delle opere collocate lungo il percorso espositivo vanno a comporre i fotogrammi di un’esistenza sopra le righe, che valse a Gabriele d’Annunzio l’appellativo di «Immaginifico». Un’esistenza simile a un’opera d’arte, che ha fatto proprio il motto: «osare l’inosabile». 

Vedi anche
Versiliana, Chisesi si confronta con il mito di D'Annunzio 

Didascalie delle immagini 
 [Fig. 1] Andrea Chisesi, «D’Annunzio a cavallo», cm 180x152 (opera donata al Vittoriale la più grande in mostra), fusione su tela, anno 2020; [fig. 2] Andrea Chisesi, «Giuseppe Verdi», cm 50x60, fusione su tela, anno 2020; [fig. 3] Andrea Chisesi, «Madame», cm 70x100, fusione su tela, anno 2020

Informazioni utili 
«Andrea Chisesi. Tempora Vatis». Vittoriale degli Italiani, via al Vittoriale, 12 - Gardone Riviera (Brescia). Orari: tutti i giorni  dalle ore 10.00 alle ore 19.00; il sabato e la domenica solo su prenotazione sul sito www.vittoriale.it. Ingresso (comprensivo della visita completa a musei e parchi): intero euro 16,00, ridotto euro 13,00. Informazioni: info@andreachisesi.com. Sito internet: www.vittoriale.it | www.andreachisesi.com

sabato 31 ottobre 2020

Trieste, Sandro Miller e John Malkovich fanno rivivere gli scatti iconici del Novecento

«Per me, John Malkovich è un genio disposto a correre rischi, con un talento che gli permette di diventare qualsiasi cosa io gli chieda». In questa dichiarazione del fotografo americano Sandro Miller sta tutto il senso della mostra «Malkovich, Malkovich, Malkovich. Homage to Photographic Masters», a cura di Anne Morin e Simona Cossu, allestita al Magazzino delle Idee di Trieste.
Il progetto, realizzato nel 2013 ed esposto per la prima volta in Italia, nasce come omaggio a trentaquattro maestri della fotografia, fra cui Albert Watson, Annie Leibovitz, Bill Brandt, Diane Arbus, Herb Ritts, Irving Penn, Pierre et Gilles, Richard Avedon e Robert Mapplethorpe.
In ognuno delle oltre sessanta opere in mostra John Malkovich impersona il soggetto di un celebre scatto, trasformandosi di volta in volta in Marilyn Monroe, Salvador Dalì, Mick Jagger, Muhammad Alì, Meryl Streep, John Lennon e Yoko Ono, Andy Warhol, Albert Einstein, Ernest Hemingway e in molti altri personaggi.
Ogni opera riproduce in tutti i dettagli le fotografie prese a modello esaltando le doti camaleontiche e la capacità mimetica di Malkovich. Di volta in volta, l’artista muta non solo espressione, ma anche sesso e età divenendo uomo o donna, anziano o bambino, sensuale o enigmatico, cupo o gioioso.
Importante per la realizzazione di questo lavoro è la collaborazione dei due artisti, che si conoscono dagli anni Novanta (quando si incontrarono nella sede della Steppenwolf Theatre Company), con un gruppo qualificato di costumisti, truccatori e scenografi, con i quali hanno analizzato accuratamente ogni dettaglio degli originali, scandagliando i lavori dei grandi fotografi presi a modello.
I maestri dell’obiettivo scelti sono dei veri e propri miti per Miller. «Ognuno di noi ha un eroe o una persona che ammira – ha raccontato a tal proposito il fotografo-. Li lodiamo, li veneriamo e li mettiamo su un piedistallo. Può essere una figura religiosa, un attore di Hollywood, una star dello sport come Tiger Woods o Michael Jordan. Per me i grandi maestri della fotografia sono come i campioni sportivi. Ammiro Irving Penn, Richard Avedon, Annie Leibovitz, e ogni singolo fotografo rappresentato nel mio «Homage to the Masters». Ho ricreato le fotografie dei grandi maestri in segno di rispetto, amore e ammirazione»
Il progetto fotografico ha avuto inizio con lo scatto in cui John Malkovich reinterpretava Truman Capote ritratto da Irving Penn.
Sulla scorta di questo primo scatto l’attore americano, apprezzato in film come «Il talento di mister Ripley» ed «Educazione siberiana», è diventato «la tela e la musa» del fotografo americano, che ha firmato campagne pubblicitarie per Malboro e Coca Cola. Sono nate così tutte le opere esposte in mostra, in cui l’attore interpreta una galleria di ritratti così noti da essere divenuti quasi immagini devozionali e che tuttavia non ha timore di dissacrare attraverso il proprio talento.
Malkovich si cala nella parte del Che Guevara di Korda, di Warhol come appare nel celebre autoritratto o del Mick Jagger di Bailey, sottolineando debolezze, vanità e contraddizioni dei grandi personaggi.
Conclude la mostra la sezione inedita «Malkolynch» che si compone del video «Psychogenic Fugue» (2015), un cortometraggio frutto della collaborazione tra i due artisti, che Sandro Miller ha definito «un ottovolante nella mente di David Lynch», oltre ad alcune fotografie.
In queste opere scorrono otto fra i personaggi più noti di Lynch,reinterpretati da John Malkovich. Tra questi si trovano il Frank Booth di «Velluto blu», il «Mystery Man» impersonato da Robert Blake, il protagonista di «The Elephant Man», il personaggio di Henry Spencer interpretato da John Nance nel film «Eraserhead – La mente che cancella», l’agente Dale Cooper e la Log Lady di «Twin Peaks». Per il gran finale, Malkovich interpreta Lynch in persona. 

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Annie Leibovitz / Meryl Streep, NYC (1981), 2014 © Sandro Miller / Courtesy Gallery FIFTHY ONE, Antwerp; [fig. 2] Albert Watson / Alfred Hitchcock with Goose (1973), 2014. © Sandro Miller / Courtesy Gallery FIFTHY ONE, Antwerp; [fig. 3] Andy Warhol / Green Marilyn (1962), 2014. © Sandro Miller / Courtesy Gallery FIFTHY ONE, Antwerp

Informazioni utili
«Malkovich, Malkovich, Malkovich. Homage to Photographic Masters». Magazzino delle Idee, corso Cavour, 2 – Trieste. Orari: dal lunedì al venerdì, ore 10:00-19:00; sabato e domenica è obbligatoria la prenotazione al numero 040.3774783  o info@magazzinodelleidee.it. Ingresso: intero € 6,00, ridotto € 4,00. Sito internet: www.magazzinodelleidee.it. Informazioni: info@magazzinodelleidee.it, tel. 040.3774783. La mostra è stata prorogata al 16 maggio 2021. 

Normativa anti-Covid
È necessaria la prenotazione al numero 040.3774783 o via email info@magazzinodelleidee.it. A seguito delle normative anti Covid la capacità massima del Magazzino delle Idee è di 50 persone alla volta.