ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

martedì 23 febbraio 2021

A Brera «Le fantasie» di Mario Mafai, ventidue dipinti contro la guerra

Era il 2018 quando l’ingegnere Aldo Bassetti donava alla Pinacoteca di Brera «Le fantasie», ventidue dipinti di Mario Mafai (Roma, 12 febbraio 1902 – Roma, 31 marzo 1965), uno degli esponenti della cosiddetta «Scuola di via Cavour», insieme con Scipione e Antonietta Raphaël. Quelle opere - destinate a far parte della collezione di arte moderna che sarà ospitata a Palazzo Citterio, il futuro Brera Modern – sono esposte dallo scorso 17 febbraio nella sala diciotto del museo milanese, in un progetto espositivo a cura di Alessandra Quarto e Marco Carminati
Visti i nostri tempi incerti, caratterizzati dal Coronavirus e nei quali la continuità dell’offerta di ogni singolo museo è legata al mantenimento dell’indice RT sotto l’uno nella regione di appartenenza, la Pinacoteca di Brera ha pensato di trasformare la mostra in un documentario, visibile dal 29 marzo sulla piattaforma BreraPlus+.
Di piccolo formato, ma di enorme importanza per la storia dell’arte del Novecento, «Le fantasie» sono un atto di denuncia dei massacri della guerra e del nazifascismo. Dipinte con pennellate veloci e colori allucinati di derivazione espressionista, queste tavole raffigurano scene di atrocità, violenza, stupri, esecuzioni di massa, orrori.
Mario Mafai iniziò a dipingerle nel periodo del suo soggiorno a Genova, dove si era trasferito da Roma con la famiglia, nel 1939, per timore delle discriminazioni nei confronti della moglie Antonietta Raphaël, ebrea, all’indomani dell’approvazione delle leggi razziali del 1938. Ci lavorò, poi, fino al 1944.
L’intero ciclo, nella sua integrità, si è visto molto di rado in ottant’anni dalla sua realizzazione. Ancora più preziosa si rivela, dunque, l’occasione offerta dalla Pinacoteca di Brera, che -racconta il direttore James Bradburne - nel 2021 celebrerà con una serie di appuntamenti «la generosità e la sensibilità dei donatori che hanno contribuito ad arricchire le collezioni del museo».
Aldo Bassetti acquistò il ciclo pittorico da Giovanni Pirelli, figlio primogenito dell’industriale, che però scelse di rinunciare a un destino nell’impresa di famiglia per diventare comandante partigiano prima, scrittore poi.
Giovanni Pirelli aveva comprato queste tavole direttamente dal pittore, nel 1957.
Il mio acquisto e il mio regalo — ha spiegato Aldo Bassetti, che dal 2007 al 2020 è stato presidente degli «Amici di Brera» — hanno un significato strettamente politico. Questi lavori rappresentano un uomo, Mario Mafai, che come artista aveva avuto la priorità di descrivere le tristezze e le infamie dei campi di concentramento. Qui c'è il mio pensiero, un pensiero antifascista. Io desidero che si conosca quanto è accaduto nella storia, affinché sia ricordato per sempre».
La vicenda di queste opere è, infatti, parte integrante dell’esistenza di Aldo Bassetti e ha inizio da lontano, da quando il collezionista aveva appena 14 anni e un episodio tragico segnò profondamente la sua vita: la strage dell’Hotel Meina sul Lago Maggiore nel 1943. 
Vittime di una retata tedesca, compiuta su tutta la costa novarese del Lago Maggiore, sedici ebrei ospiti dell’Albergo Meina di Meina vennero prima identificati e trattenuti per alcuni giorni in una stanza e poi, in due notti successive (quelle del 22 e del 23 settembre 1943), furono uccisi e gettati con zavorre nel lago. Tra le vittime figurava Lotte Froehlich Mazzucchelli, di anni 38, la zia di Aldo Bassetti. Il giovane fu chiamato a riconoscerne il cadavere. Quell’esperienza - ricorda il collezionista - «ha cambiato completamente la mia sensibilità morale, politica e sociale. Ecco allora che Mafai diventa un simbolo della mia vita».
Quella di Aldo Bassetti è una donazione importante, «testimonianza - raccontano alla Pinacoteca di Brera - di argomenti sempre attuali». Un donazione «che riafferma il ruolo di un grande museo, che è davvero tale non solo se ha una grande collezione, ma se riesce ad agire nel proprio tempo, nel presente, riflettendo sul passato e provando a costruire il futuro, continuando a informare e a formare coscienze».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Mario Mafai, Vinti e vincitori (Fantasia n. 8), olio su tavola, cm 36,5 × 61,5. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 2] Mario Mafai, Fucilazione (Fantasia n. 1), olio su tavola, cm 38,5 × 52,5. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 3] Mario Mafai, Interrogatorio (Fantasia n. 7), olio su tavola, cm 36,5 × 47. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 4] Mario Mafai, Massacro (Fantasia n. 14), olio su tavola, cm 35 × 78. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 5] Mario Mafai, Corteo (la guerra è fnita) (Fantasia n. 22), olio su tela, cm 34,5 × 54,7. Pinacoteca di Brera, Sala 18 

Informazioni utili 

lunedì 22 febbraio 2021

Milano, «I dormienti» di Mimmo Paladino incontrano la musica di Brian Eno

È il 1998 quando Mimmo Paladino (Paduli, 18 dicembre 1948), uno tra i principali esponenti della Transavanguardia, espone per la prima volta in Toscana, a Poggibonsi, nell’ambito della mostra «Arte all’Arte», promossa annualmente dalla Galleria Continua, i suoi «Dormienti». All’interno della Fonte delle Fate trovano posto coccodrilli e uomini in posizione fetale; le figure, in terracotta, sono collocate su lastre di ferro scuro e sembrano immerse in un sonno che richiama la profondità dell'inconscio e l'immagine stessa dei sogni. Due anni dopo, nel 2000, le opere vengono fuse in bronzo e vanno a comporre l’installazione permanente che ancora oggi è visibile a Poggibonsi, in quella che è l’unica fonte medievale superstite del castello di Poggiobonizzo, raso al suolo dai fiorentini nel 1270. Le opere sono parzialmente immerse nelle acque, che variando di livello (a causa delle piogge) le sommergono o le rivelano. La vegetazione sulle pareti e il picchiettare delle gocce d’acqua creano un’atmosfera suggestiva e sospesa.
Quegli imperturbabili uomini eterni realizzati in terracotta accostando frammenti provenienti dalla stessa matrice, ma combinati diversamente, ognuno con il colore unico dell'argilla utilizzata, vengono esposti anche, nel 1999, in una grande mostra negli spazi sotterranei della Roundhouse di Londra, in dialogo con un impianto sonoro appositamente ideato dal musicista, compositore e produttore britannico Brian Eno.
A vent’anni di distanza, i «Dormienti» arrivano per la prima volta a Milano, dove rimarranno esposti fino al prossimo 8 maggio alla Cardi Gallery, in un nuovo allestimento inedito, un unicum irripetibile pensato per l’occasione dallo stesso artista.
La scelta non è casuale: «desideriamo inaugurare questo nuovo anno con una mostra importante e ambiziosa – spiega, infatti, Nicolò Cardi –. In un momento particolare come quello di oggi continuiamo a produrre concretamente contenuti di altissima qualità, così da stimolare una nuova progettualità per il sistema dell'arte e dare un segno di fiducia al mondo della cultura».
Nella penombra del grande open space della galleria milanese, l’artista dispone trentadue sculture secondo una nuova costruzione concettuale, rimodulando il tono dell’installazione con solennità. Le composizioni musicali di Brian Eno anche questa volta liberano i «Dormienti» dalla pesantezza del sonno o dall’evanescenza del sogno, restituendo loro un soffio vitale e una serena concretezza.
Per l’occasione verrà pubblicato un catalogo, con un testo di Demetrio Paparoni, che così racconta la ricerca dell’artista campano: «ricorre in Paladino l’idea di assemblare delle forme come se fossero moduli. Non va dimenticato che l'artista ha in più occasioni manifestato l’attitudine a realizzare opere concepite come un insieme di frammenti archiviati nel suo immaginario visivo. È questa attitudine che lo ha portato a realizzare dei lavori insieme a Sol Le Witt, Alighiero Boetti e non ultimo Brian Eno, artisti che hanno sempre lavorato con un concetto di modulo e di ripetizione differente».
La mostra può essere vista anche on-line, sul sito www.cardigallery.com. Elemento innovativo alla base del progetto, realizzato in collaborazione con la start up milanese Wide Vr, è la tecnologia Real-time 3D Streaming, derivata dal gaming. La galleria utilizza questa nuova modalità digitale, che integra le più avanzate ricerche tecnologiche sulla realtà virtuale, per offrire al suo pubblico un risultato di altissima qualità. Le trentadue sculture in terracotta che compongono l'installazione sono state scansionate con un procedimento di fotogrammetria che restituisce l'immagine tridimensionale nel minimo dettaglio. Il visitatore può muoversi tra le opere e osservare a 360 gradi i particolari che le compongono, proprio come farebbe nello spazio reale, con la possibilità di usufruire anche di approfondimenti e contenuti inediti.
I corpi dei «Dormienti» – in cui molti hanno visto un’ispirazione ai resti degli abitanti di Pompei e Ercolano, ma che in realtà fanno riferimento ai disegni di Henry Moore dei ricoveri di guerra inglesi durante la Seconda guerra mondiale – sono accompagnati al primo piano della Cardi Gallery dalla grande opera inedita «Sunday Mornin' Comin' Down», composta da cento disegni realizzati nel corso del 2020. Anche quest’opera, così come «I Dormienti», è emblematica del modo in cui l'artista concepisce il lavoro, un puzzle nel quale i frammenti convergono in un unicum monumentale, una «finestra panoramica» sulle immagini che popolano il mondo dell'artista alla ricerca di un equilibrio naturale tra intimismo e memoria collettiva.

(aggiornato il 4 maggio 2021, alle ore 15:00)
 

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Mimmo Paladino, Ritratto. Foto di Lorenzo_Palmieri; [figg. 2 e 3] Mimmo Paladino, I dormienti, 1998-2020. Foto di Carlo Vannini. Courtesy Cardi Gallery, Milano; [fig. 4] Mimmo Paladino, Sunday Mornin' Comin' Down», 2020. Foto di Carlo Vannini. Courtesy Cardi Gallery, Milano

Informazioni utili 
Cardi Gallery | Milano, corso di Porta Nuova, 38 - Milano. Orari: da lunedì a venerdì dalle 10.00 alle 18.30, sabato dalle 11.00 alle 18.00. Ingresso libero. Informazioni: tel. (+39)02.45478189; mail@cardigallery.com. Sito internet: www.cardigallery.com. Social Network: @cardigallery. Fino all'8 maggio 2021

venerdì 19 febbraio 2021

Tra Informale e Ultimo Naturalismo, un nuovo allestimento parziale per le collezioni del Mambo di Bologna

La temporanea chiusura degli spazi espositivi per l’emergenza Covid-19 non ha fermato le attività di studio e riordino delle collezioni permanenti e l’allestimento di focus espositivi nelle sedi dell’Istituzione Bologna Musei
Il Mambo – Museo d’arte moderna di Bologna si presenta al pubblico con un importante intervento di rivisitazione dei suoi spazi, che ha portato anche alla riapertura delle finestre della Manica Lunga in un cambio osmotico tra dentro e fuori.
Le sezioni che appaiono rinnovate dal nuovo ordinamento, curato da Uliana Zanetti e Barbara Secci, con la supervisione del direttore artistico Lorenzo Balbi, sono quelle dedicate all'Informale e all'Ultimo Naturalismo, mentre è stata costruita ex-novo un'area tematica sull'arte verbo-visuale.
«Le curatrici – raccontano dal museo bolognese - hanno lavorato al riallestimento con l'obiettivo di individuare, utilizzando alcuni nuclei collezionistici significativi delle raccolte del museo, circostanze di tempo e di luogo da cui sono scaturite opportunità di sperimentazione e connessioni con il territorio bolognese, nazionale e internazionale».
La sezione dedicata all’Informale è anche un omaggio a Francesco Arcangeli, direttore della Galleria d'arte moderna di Bologna, antesignana del Mambo, dal 1959 al 1968, e tra i primi critici in Italia a interessarsi ai fermenti di un’arte non figurativa sviluppatisi in Europa tra gli anni Cinquanta e Sessanta. 
 Nel corso del suo mandato lo studioso arricchì le collezioni con opere di varie correnti, prestando particolare attenzione alla scena locale, ma anche a quella italiana ed estera. A lui si deve l'acquisto di significative opere come «Bianco plastica» (1966) di Alberto Burri e «Pintura» (1955) di Antoni Tàpies, entrambe esposte nel nuovo allestimento, in cui una manipolazione controllata della materia suscita inedite manifestazioni formali. 
Su un tracciato parallelo si collocano le delicate composizioni di Germano Sartelli (Imola, Bologna, 1925 - 2014), poetiche ricombinazioni di elementi naturali e di scarto, mentre, quasi all'opposto, si colloca la lunga tela di Pinot Gallizio (Alba, Cuneo, 1902 - 1964) presente nel nuovo allestimento, «Il teorema di Pitagora» (1960/61), testimonianza di un approccio alla pittura esuberante ed energico. 
Anche la sezione «Ultimo Naturalismo e scultura» guarda alla lezione di Francesco Arcangeli, partendo dall’articolo «Gli ultimi Naturalisti», pubblicato sulla rivista «Paragone» nel 1954. Sotto questa definizione, lo studioso raccoglie alcuni artisti del Nord Italia di cui da tempo segue il lavoro, come Pompilio Mandelli, Ennio Morlotti, Sergio Romiti, Mattia Moreni, Vasco Bendini, Sergio Vacchi. Secondo il critico, ad accomunare questi pittori è la capacità di riversare quasi istintivamente sulla tela l'introiezione di un sentimento del naturale che fin dal Medioevo è cifra autenticamente peculiare della tradizione artistica radicata in area padana. Per Francesco Arcangeli – si legge nell’articolo -, «natura è la cosa immensa che non vi dà tregua, perché la sentite vivere tremando fuori, entro di voi: strato profondo di passione e di sensi, felicità, tormento. In un tale rapporto si include tutto ciò che si sta svelando, di pauroso, per chi ancora ama il tempo lento ed umano del vecchio mondo naturale, nell'universo. […] Si ritenta la natura; ma la sua proporzione sfugge, ora, alla misura intellettuale». 
Oltre alle opere dei pittori cari ad Arcangeli, la sala accoglie alcune sculture di Agenore Fabbri, Quinto Ghermandi, Jean Ipoustéguy, Leoncillo (Leoncillo Leonardi), Luciano Minguzzi e Andrea Raccagni acquisite dal museo negli anni della sua direzione.
Novità assoluta del nuovo allestimento è la sezione dedicata all'Arte verbo-visuale, una corrente nata agli inizi degli anni Sessanta, quando sempre più artisti avvertono l’importanza dell’impatto delle nuove tecnologie e dei mass media non solo sulla cultura popolare, ma anche sulle sfide estetiche e sulla ricerca artistica. In quegli anni «si percepisce – raccontano dal Mambo di Bologna - che il mondo con il quale la letteratura e le arti visive sono chiamate a confrontarsi non è tanto quello naturale, quanto quello prodotto attraverso i vari mezzi di comunicazione. Molti artisti adottano metodologie che sfruttano le potenzialità dei mass media per veicolarne una critica consapevole, sondando e ricombinando parole, immagini, suoni per creare significati in competizione con un apparato comunicativo finalizzato al rapido consumo».
Intrecciandosi a una diffusa sensibilità per temi politici e sociali, l’arte verbo-visuale che ne scaturisce conosce fino alla fine degli anni Settanta un sensibile sviluppo, con ricerche di carattere interdisciplinare che danno luogo a un dinamico intreccio di raggruppamenti, eventi, sodalizi, mostre, incontri. Fra i gruppi che si impegnano in queste sperimentazioni un ruolo di rilievo è svolto dal Gruppo 70, fondato nel 1963 a Firenze da Giuseppe Chiari, Ketty La Rocca, Lucia Marcucci, Eugenio Miccini, Luciano Ori, Lamberto Pignotti, ma moltissimi sono gli artisti che, anche singolarmente, conducono ricerche affini, spesso trovandosi coinvolti nelle stesse manifestazioni espositive o performative. Fra questi compaiono Vincenzo Accame, Gianfranco Baruchello, Tomaso Binga, Adriano Spatola e Franco Vaccari.
Oltre a documentare alcuni esiti significativi dell’arte verbo-visuale, le opere esposte in questa sezione sono testimonianza di una intensa campagna di acquisizioni per la Galleria d’arte moderna di Bologna promossa nel 1984 da Concetto Pozzati (Vò Vecchio, Padova, 1935 – Bologna, 2017), presente con un’opera grafica: l’acquaforte «1 e 3 guanti» (1974).
Questa sezione prelude a una più ampia e articolata narrazione, che sarà sviluppata nei prossimi mesi, sulle sperimentazioni bolognesi ed emiliane degli anni Settanta e in particolare sulla Performance.
In occasione della riapertura, il Mambo si arricchisce anche di un nuovo comodato: grazie alla generosità della Banca di Pisa e Fornacette credito cooperativo, la sezione Officina d'arte italiana accoglie un dipinto («s.t.», 2009) di Luca Bertolo, che sarà presto ufficialmente presentato al pubblico alla presenza dell'artista.
Il tutto potrà essere visitato anche grazie all’app MuseOn, disponibile in versione Ios e Android, che dal 2 febbraio si è arricchita di contenuti relativi alla collezione permanente Mambo. Uno strumento in più, questo, per accompagnare i visitatori con speciali percorsi-audio studiati dal Dipartimento educativo del Mambo per tipologie differenziate di pubblico (singoli, coppie, gruppi e famiglie) e approfondimenti sulle opere iconiche della collezione.

Vedi anche

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, collezione permanente | Veduta d’allestimento della sezione Ultimo Naturalismo e Scultura | Foto Roberto Serra; [fig. 2] MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, collezione permanente | Veduta d’allestimento della sezione Informale | Foto Roberto Serra; [fig. 3] MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, collezione permanente | Veduta d’allestimento della sezione Officina d’Arte Italiana | Foto Roberto Serra; [fig. 4] MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, collezione permanente | Veduta d’allestimento della sezione Verbo-Visuale | Foto Roberto Serra; [fig. 5] MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, collezione permanente | Veduta d’allestimento della sezione Verbo-Visuale | Foto Roberto Serra; [fig.6] MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, collezione permanente | Veduta d’allestimento della sezione Ultimo Naturalismo e Scultura | Foto Roberto Serra; [fig. 7] AMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, collezione permanente | Veduta d’allestimento della sezione Verbo-Visuale | Foto Roberto Serra

Informazioni utili 
 MAMbo – Museo d'Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni, 14 – Bologna.  Orari di apertura: martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, h 14.00 - 19.00; chiuso sabato, domenica, lunedì e festivi. Ingresso: intero € 6,00, ridotto € 4,00. Informazioni: tel. +39.051.6496611, info@mambo-bologna.org. Sito internet: www.mambo-bologna.org. Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna. Instagram: @mambobologna. Twitter: @MAMboBologna. YouTube: MAMbo channel.