Visti i nostri tempi incerti, caratterizzati dal Coronavirus e nei quali la continuità dell’offerta di ogni singolo museo è legata al mantenimento dell’indice RT sotto l’uno nella regione di appartenenza, la Pinacoteca di Brera ha pensato di trasformare la mostra in un documentario, visibile dal 29 marzo sulla piattaforma BreraPlus+.
Di piccolo formato, ma di enorme importanza per la storia dell’arte del Novecento, «Le fantasie» sono un atto di denuncia dei massacri della guerra e del nazifascismo. Dipinte con pennellate veloci e colori allucinati di derivazione espressionista, queste tavole raffigurano scene di atrocità, violenza, stupri, esecuzioni di massa, orrori.
Mario Mafai iniziò a dipingerle nel periodo del suo soggiorno a Genova, dove si era trasferito da Roma con la famiglia, nel 1939, per timore delle discriminazioni nei confronti della moglie Antonietta Raphaël, ebrea, all’indomani dell’approvazione delle leggi razziali del 1938. Ci lavorò, poi, fino al 1944.
L’intero ciclo, nella sua integrità, si è visto molto di rado in ottant’anni dalla sua realizzazione. Ancora più preziosa si rivela, dunque, l’occasione offerta dalla Pinacoteca di Brera, che -racconta il direttore James Bradburne - nel 2021 celebrerà con una serie di appuntamenti «la generosità e la sensibilità dei donatori che hanno contribuito ad arricchire le collezioni del museo».
Aldo Bassetti acquistò il ciclo pittorico da Giovanni Pirelli, figlio primogenito dell’industriale, che però scelse di rinunciare a un destino nell’impresa di famiglia per diventare comandante partigiano prima, scrittore poi.
Giovanni Pirelli aveva comprato queste tavole direttamente dal pittore, nel 1957.
Il mio acquisto e il mio regalo — ha spiegato Aldo Bassetti, che dal 2007 al 2020 è stato presidente degli «Amici di Brera» — hanno un significato strettamente politico. Questi lavori rappresentano un uomo, Mario Mafai, che come artista aveva avuto la priorità di descrivere le tristezze e le infamie dei campi di concentramento. Qui c'è il mio pensiero, un pensiero antifascista. Io desidero che si conosca quanto è accaduto nella storia, affinché sia ricordato per sempre».
La vicenda di queste opere è, infatti, parte integrante dell’esistenza di Aldo Bassetti e ha inizio da lontano, da quando il collezionista aveva appena 14 anni e un episodio tragico segnò profondamente la sua vita: la strage dell’Hotel Meina sul Lago Maggiore nel 1943.
Di piccolo formato, ma di enorme importanza per la storia dell’arte del Novecento, «Le fantasie» sono un atto di denuncia dei massacri della guerra e del nazifascismo. Dipinte con pennellate veloci e colori allucinati di derivazione espressionista, queste tavole raffigurano scene di atrocità, violenza, stupri, esecuzioni di massa, orrori.
Mario Mafai iniziò a dipingerle nel periodo del suo soggiorno a Genova, dove si era trasferito da Roma con la famiglia, nel 1939, per timore delle discriminazioni nei confronti della moglie Antonietta Raphaël, ebrea, all’indomani dell’approvazione delle leggi razziali del 1938. Ci lavorò, poi, fino al 1944.
L’intero ciclo, nella sua integrità, si è visto molto di rado in ottant’anni dalla sua realizzazione. Ancora più preziosa si rivela, dunque, l’occasione offerta dalla Pinacoteca di Brera, che -racconta il direttore James Bradburne - nel 2021 celebrerà con una serie di appuntamenti «la generosità e la sensibilità dei donatori che hanno contribuito ad arricchire le collezioni del museo».
Aldo Bassetti acquistò il ciclo pittorico da Giovanni Pirelli, figlio primogenito dell’industriale, che però scelse di rinunciare a un destino nell’impresa di famiglia per diventare comandante partigiano prima, scrittore poi.
Giovanni Pirelli aveva comprato queste tavole direttamente dal pittore, nel 1957.
Il mio acquisto e il mio regalo — ha spiegato Aldo Bassetti, che dal 2007 al 2020 è stato presidente degli «Amici di Brera» — hanno un significato strettamente politico. Questi lavori rappresentano un uomo, Mario Mafai, che come artista aveva avuto la priorità di descrivere le tristezze e le infamie dei campi di concentramento. Qui c'è il mio pensiero, un pensiero antifascista. Io desidero che si conosca quanto è accaduto nella storia, affinché sia ricordato per sempre».
La vicenda di queste opere è, infatti, parte integrante dell’esistenza di Aldo Bassetti e ha inizio da lontano, da quando il collezionista aveva appena 14 anni e un episodio tragico segnò profondamente la sua vita: la strage dell’Hotel Meina sul Lago Maggiore nel 1943.
Vittime di una retata tedesca, compiuta su tutta la costa novarese del Lago Maggiore, sedici ebrei ospiti dell’Albergo Meina di Meina vennero prima identificati e trattenuti per alcuni giorni in una stanza e poi, in due notti successive (quelle del 22 e del 23 settembre 1943), furono uccisi e gettati con zavorre nel lago. Tra le vittime figurava Lotte Froehlich Mazzucchelli, di anni 38, la zia di Aldo Bassetti. Il giovane fu chiamato a riconoscerne il cadavere. Quell’esperienza - ricorda il collezionista - «ha cambiato completamente la mia sensibilità morale, politica e sociale. Ecco allora che Mafai diventa un simbolo della mia vita».
Quella di Aldo Bassetti è una donazione importante, «testimonianza - raccontano alla Pinacoteca di Brera - di argomenti sempre attuali». Un donazione «che riafferma il ruolo di un grande museo, che è davvero tale non solo se ha una grande collezione, ma se riesce ad agire nel proprio tempo, nel presente, riflettendo sul passato e provando a costruire il futuro, continuando a informare e a formare coscienze».
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Mario Mafai, Vinti e vincitori (Fantasia n. 8), olio su tavola, cm 36,5 × 61,5. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 2] Mario Mafai, Fucilazione (Fantasia n. 1), olio su tavola, cm 38,5 × 52,5. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 3] Mario Mafai, Interrogatorio (Fantasia n. 7), olio su tavola, cm 36,5 × 47. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 4] Mario Mafai, Massacro (Fantasia n. 14), olio su tavola, cm 35 × 78. Pinacoteca di Brera, Sala 18; [fig. 5] Mario Mafai, Corteo (la guerra è fnita) (Fantasia n. 22), olio su tela, cm 34,5 × 54,7. Pinacoteca di Brera, Sala 18
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