ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

lunedì 23 dicembre 2019

Ritorno in Romagna per «La Madonna del Patrocinio» di Albrecht Dürer

È un Natale speciale quello di Bagnacavallo, piccolo centro urbano in provincia di Ravenna, che ha appena visto tornare negli spazi del suo Museo civico, situato nell’ex convento delle suore Clarisse Cappuccine di San Girolamo, un’opera che fa parte della sua storia. Stiamo parlando della tavola «La Madonna del Patrocinio», detta anche «Madonna di Bagnacavallo», probabilmente realizzata da Albrecht Dürer (Norimberga, 21 maggio 1471 – Norimberga, 6 aprile 1528) nei primi decenni del Cinquecento, al tempo del suo secondo viaggio in Italia, quello dal 1505 al 1507, che lo vide raggiungere Venezia e Bologna, anche se alcuni studiosi, tra i quali il tedesco Fedya Anzelewsky e l’italiano Vittorio Sgarbi, ne anticipano la realizzazione alla fine del Quattrocento.
L’opera -attualmente conservata in provincia di Parma, alla Fondazione Magnani Rocca di Traversetolo- manca in città da cinquant’anni, ovvero dall’inizio del 1969, quando le monache romagnole la vendettero al collezionista e mecenate Luigi Magnani, incapaci di far fronte all’improvviso interesse mediatico e della comunità scientifica per quel prezioso olio, che, a memoria d’uomo, era sempre stato davanti ai loro occhi come anonimo oggetto di devozione popolare, racchiuso nel coretto del convento e visibile attraverso una grata.
Ad accendere i riflettori sul quadro era stato, solo sei anni prima, il sacerdote e studioso Antonio Savioli, che nel 1961 ne aveva dato segnalazione sul «Bollettino diocesano di Faenza», provocando sin da subito l’estasiata sorpresa di Roberto Longhi, che, basandosi su una «pallida» fotografia, l’aveva attribuito con certezza ad Albrecht Dürer.
Lo studioso aveva, quindi, pubblicato nel luglio 1961 l’immagine della tavola sulla rivista «Paragone», aggiungendo alcune osservazioni sui restauri di cui era stata fatto oggetto, prova delle sue antiche origini: «l’uno, forse inteso ad ovviare gli effetti di una vecchia bruciatura, comprende -scrive il Longhi- un’intera ciocca della chioma ricadente sulla destra del volto della Vergine e, per la notevole perizia della esecuzione, mostra di essere stato condotto da mano ‘filologicamente’ addestrata e pertanto, direi, non prima del secolo dei ‘lumi’; l’altro, più che un vero restauro, è un’aggiunta che, provvedendo a mascherare certe parti del Bimbo, mostra di essere stata indotta da scrupoli moralistici post-tridentini e infatti, anche tecnicamente, denota il tardo Cinquecento».
Indagini di archivio hanno appurato che l’opera, uno dei pochi dipinti di Dürer presenti in Italia, faceva parte dei beni del convento sin dalla sua fondazione, avvenuta nel 1774, e che fu salvata dalle espropriazioni napoleoniche grazie a una mediocre copia di epoca neoclassica, che le evitò così di fare -ricorda Raffaella Zama nel suo articolo del 2018 per «Romagna arte e storia»- la fine della pala dell’altare maggiore della vicina chiesa di Cotignola, con «Le Sante Chiara e Caterina» del Guercino, confiscata e confluita nel 1811 a Brera.
La mostra al Museo civico di Bagnacavallo, visibile fino al prossimo 2 febbraio, vuole, dunque, colmare una sorta di «debito» rimasto aperto nei confronti della cittadinanza, che mai vide «La Madonna del Patrocinio» prima della sua partenza cinquant’anni fa per Parma, ma vuole anche essere l’occasione per fare il punto sulle ricerche storico-artistiche e sull’intricata vicenda conservativa della tavola.
Come arrivò un dipinto di tale importanza tra le mura di un piccolo convento di provincia? Quali elementi concreti avvalorano la paternità düreriana dell’opera e ne rivelano una qualità tale da configurarla come una prova di assoluto valore dell’artista? Che cosa fece scoprire la «giusta pulitura» della tavola, realizzata nel 1970 dall’Istituto centrale del restauro? Sono queste alcune delle domande alle quali si propone di rispondere la rassegna romagnola, parte integrante di un progetto culturale ben più ampio: la grande mostra sull’attività grafica di Albrecht Dürer, «Il privilegio dell’inquietudine», curata da Diego Galizzi con Patrizia Foglia, e in programma fino al prossimo 19 gennaio al Museo civico di Bagnacavallo, uno dei centri più attivi in Italia per quanto riguarda lo studio, la valorizzazione e la conservazione del linguaggio incisorio, con la sua collezione di oltre tredicimila stampe.
La tavola düreriana esposta nell’ex convento delle suore Clarisse Cappuccine di San Girolamo presenta un’atmosfera intima e tenera. La Vergine è ritratta seduta e tiene sulle sue ginocchia il Bambino. Tra i due c’è un tenero gioco di gesti e di sguardi: la mano sinistra del Piccolo tocca quella della Madre, l’altra tiene un simbolico rametto di fragole. Alcuni particolari, come la riccia e lucente «chioma a fili brillanti di rame» di Maria e il panneggio del suo velo con la piega pesante che compie sulla testa, dimostrano un gusto tipicamente nordico, che sembra far proprio anche la lezione dell’arte rinascimentale italiana, soprattutto l’insegnamento coloristico e l’impaginazione scenica di Giovanni Bellini, ammirato dall’artista nel primo viaggio in Italia, risalente al 1494-1495.
Più che come pittore, Dürer è stato, però, apprezzato come incisore. Erasmo da Rotterdam, nel suo «Dialogus De Recta Latini Graecique Sermonis Pronunciatione» del 1528, affermò, infatti, che il maestro di Norimberga aveva addirittura superato Apelle, l’antico pittore greco esempio di artista proverbialmente inarrivabile, perché non aveva bisogno del colore per creare, ma gli bastavano delle linee nere.
La perizia incisoria del maestro norimberghese viene raccontata a Bagnacavallo attraverso centoventi opere, provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private italiane, tra le quali sono visibili capolavori come il ciclo dell’«Apocalisse», il «Sant’Eustachio», il «San Girolamo nello studio», «Il Cavaliere la morte e il diavolo» e «Melanconia», «un’opera pregna di intellettualismo fin quasi all’esoterismo, che -spiega Diego Galizzi- cela un vero e proprio autoritratto spirituale dell’artista, giunto alla melanconica presa di coscienza che un approccio razionale all’arte e al mondo non può che dare risposte insufficienti».
Attraverso dieci sezioni tematiche il visitatore si trova immerso nel visionario sogno di perfezione di un ragazzo, figlio di un umile orafo di Norimberga, che ha voluto inseguire il suo desiderio di appropriarsi dei segreti della rappresentazione della bellezza. Conosce le tante anime di Dürer, che la critica ha definito ora un umanista, ora un gotico, ora un artigiano, ora un teorico e che, come tutti i grandi artisti, portava in sé la contraddizione di avere una personalità sfaccettata, continuamente ansiosa di ricercare e produrre cose nuove. Lo riconosceva lo stesso Max Klinger: «Un’opera grafica di Dürer non si riferisce né a un quadro replicato, né traduce sensazioni di colore in forme estranee alla tecnica adottata. È compiuta in se stessa e definitiva, priva solo di quanto l’idea, eternamente inarrivabile, rifiuta alle possibilità di ogni artista».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Albrecht Dürer, Madonna del Patrocinio, s.d.. Olio su tavola, cm 47,8 x 36,5. Traversetolo (Parma), Fondazione Magnani-Rocca; [fog. 2] Albrecht Dürer, La Natività, 1504, bulino, mm. 183x118 inciso, 187x125 foglio, esemplare di unico stato. Collezione Museo civico delle Cappuccine di Bagnacavallo; [fig.3] Albrecht Dürer, Melencolia I (La Melanconia), 1514, bulino, mm. 240x186, esemplare di II stato su due. Collezione Musei civici di Pavia(Credit Musei civici di Pavia); [fig. 4] Albrecht Dürer, Sant’Eustachio, 1501 ca., bulino, mm. 360x260, esemplare di unico stato.Collezione Musei civici di Novara; [fog. 5] Albrecht Dürer, San Girolamo nello studio, 1514, bulino, mm. 245x187 inciso, 360x255 foglio, esemplare di unico stato. Collezione Museo civico delle Cappuccine di Bagnacavallo

Informazioni utili
Il previlegio dell’inquietudine (fino al 19 gennaio 2020) e La Madonna del Patrocinio (fino al 2 febbraio 2020) Museo Civico delle Cappuccine, via Vittorio Veneto 1/a Bagnacavallo (Ravenna). Orari: martedì e mercoledì, ore 15.00-18.00; giovedì, ore 10.00-12.00 e ore 15.00-18.00; da venerdì a domenica, ore 10.00-12.00 e ore 15.00-19.00; chiusura il lunedì e i post-festivi. Ingresso gratuito. Informazioni: tel. 0545.280911, centroculturale@comune.bagnacavallo.ra.it. Sito internet: www.museocivicobagnacavallo.it.

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