ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 14 novembre 2024

A Bologna l’«album inedito» del vedutista Giacomo Savini

Giardini all’antica dove lo sguardo si riposa tra salici piangenti e barche ormeggiate alla riva di un laghetto. Rovine di una civiltà del passato a raccontare la caducità del nostro vivere quotidiano. Visioni silenziose dei colli bolognesi, ma anche eleganti scorci di castelli e orti botanici. Scene rurali e appenniniche che, pur nell’assenza della figura umana, raccontano la povertà dei più umili e la fatica del loro lavoro. Paesaggi bucolici dalla forte intonazione poetica e rapidi schizzi per fissare nella memoria le suggestioni di un viaggio. C'è l'intero universo figurativo di Giacomo Savini (Bologna, 1768 – ivi, 1842), artista ancora poco noto, la cui feconda produzione come pittore di quadri da cavalletto e decoratore di «stanze paese» ne fa uno dei più pregevoli protagonisti della scuola dei vedutisti felsinei tra Settecento e Ottocento, nella mostra-dossier che Mark Gregory D’Apuzzo e Ilaria Chia curano, con la collaborazione di Ilaria Negretti, per il Museo civico d’arte industriale e Galleria Davia Bargellini di Bologna.

I riflettori sono puntati su ventidue vedute a penna acquarellata su carta, provenienti da una cartella di oltre centoquaranta disegni conservata nell’archivio storico della Fondazione Opera Pia Davia Bargellini, già ritenuta di grande interesse da esperti e studiosi, ma quasi del tutto inedita al grande pubblico, se si eccettua la riproduzione di pochi esemplari su pubblicazioni di settore risalenti a diversi decenni fa.

Queste carte sono messe a confronto con un importante nucleo di oli e tempere dell'artista emiliano, di solito visibili nelle Sale 1 e 6 della pinacoteca bolognese, tra cui si segnalano due «paesaggi da camera» a pastelli, a lungo assegnati a Rodolfo Fantuzzi ma da attribuirsi alla mano di Giacomo Savini secondo la tesi avvalorata da Vincenzo Nascetti, oltre a un «Paesaggio ideale» da collezione privata.

Non manca in mostra una riflessione sul vedutismo nella cultura artistica bolognese attraverso una selezione di lavori di Giuseppe Termanini (Bologna, 1759 – ivi, 1850), Gaetano Tambroni (Bologna, 1763 – ivi, 1841), Rodolfo Fantuzzi (Bologna, 1779 – ivi, 1832), Giambattista Bassi (Massalombarda, 1784 - Roma, 1852) e il maestro Vincenzo Martinelli (Bologna, 1737 - ivi, 1807), di cui sono segnalate – all’interno del percorso - sei tempere su tela, unitamente a due oli su rame attribuiti alla sua bottega. Questo focus permette di ricollocare Giacomo Savini – già definito «il più intelligente e colto rappresentante della scuola martinelliana» - tra le personalità di primo piano nella storia pittorica bolognese che si muove tra riferimenti neoclassici e suggestioni protoromantiche.

A completare l’impaginazione della rassegna ci sono, poi, alcuni lavori del marchese Giuseppe Davia (Bologna, 1804 – ivi 1874), collezionista e paesaggista dilettante, ultimo discendente di due importanti famiglie senatorie bolognesi, nonché custode di un ingente patrimonio immobiliare e di una delle più prestigiose quadrerie cittadine, composta da dipinti dal XIV al XVIII secolo, che costituisce uno dei due nuclei patrimoniali originari del museo di Strada Maggiore. Il nobile, che fu anche fondatore dell'Opera Pia Davia Bargellini, con finalità di sostegno all’istruzione dei bambini bisognosi e di fruizione pubblica dei beni di interesse artistico, era legato da un rapporto di stima reciproca e di assidua frequentazione con Giacomo Salvini, al quale commissionò la grandiosa «stanza paese» per il Palazzo Davia Garagnani a Bologna e del quale fu un grande collezionista.
I fogli esposti, «attenti e meticolosi», testimoniano come il pittore bolognese seppe interpretare il genere del paesaggio con una nuova attenzione al vero, anche grazie alle sue frequenti escursioni nel contado bolognese, sostenute da un’assidua pratica di osservazione e di sperimentazione, che lo vide tra i primi a praticare la pittura en plein air.

Tramite riproduzioni di scene teatrali, schizzi per «boscherecce» e affreschi da interni, questi lavori raccontano, inoltre, la poliedricità dell’artista, la cui attività era sapientemente condotta tra scenografia, decorazione e vedutismo.

L’ordinamento del percorso espositivo, intitolato «L’album inedito di Giacomo Savini. Pittura di paesaggio al Museo Davia Bargellini», si basa sulla suddivisione delle vedute in cinque tipologie tematiche: «Luoghi di delizie», «Bologna e dintorni», «Appunti di viaggio», «Scorci quotidiani» e «Confronti». Tra borghi e pievi, tra ponti e angoli di Ancona e Parma, si giunge a fissare lo sguardo sulla vita quotidiana e su soggetti all’epoca ritenuti troppo modesti per essere rappresentati. I muri sbrecciati e invasi dai rampicanti, i lavatoi dove le donne si recano per fare il bucato, i vasi alle finestre, i panni stesi ad asciugare al sole sono, infatti, gli ultimi soggetti disegnati dall’artista. È la la fine del mito arcadico di ispirazione poetica del locus amoenus a favore di una raffigurazione del quotidiano priva di idealizzazione, che avrebbe caratterizzato molta della pittura successiva.

La mostra sull’album inedito, che è stato interamente pubblicato in un prezioso catalogo di White Book, è solo uno degli appuntamenti con il quale Bologna riscopre, in questi ultimi mesi del 2024 e nei primi del 2025, la figura di Giacomo Savini. Oltre a visite guidate, incontri, laboratori didattici e passeggiate per la città, al Museo dell’Ottocento è in programma, fino al 3 marzo 2025, la mostra «Dinastia Savini. Giacomo (1768 – 1842), Alfonso (1838 – 1908), Alfredo (1868 - 1924)», a cura di Francesca Sinigaglia e Ilaria Chia: un viaggio in novanta opere che - da padre in figlio, da figlio a nipote - spazia dal Neoclassicismo al Liberty, passando per la stagione dei quadri a soggetto storico e neopompeiano. Mentre al Museo civico del Risorgimento verrà proposto, dal 16 febbraio al 23 marzo 2025, il focus espositivo «Alfonso Savini ed Emilio Putti. Un pittore professionista ritrae un pittore amatoriale», a cura di Otello Sangiorgi e Roberto Martorelli. Il filo rosso che lega questi tre percorsi tra di loro - anche con le Collezioni comunali d’arte, dove si trova esposto il celebre dipinto «Auxilium ex alto» di Alfredo Savini, vincitore nel 1896 del Premio Baruzzi - è attestato da alcune agevolazioni e riduzioni dell’ingresso che si potranno ottenere presentando il biglietto di una delle sedi negli altri luoghi coinvolti.

Bologna focalizza, dunque, l’attenzione sulla sua storia e regala al pubblico un progetto, «Il secolo dei Savini», che dimostra quanto l’attento studio e la ricerca appassionata possano creare mostre di qualità, presentando al pubblico non sempre e soltanto i soliti grandi nomi della storia dell’arte. 

Informazioni utili 
L’album inedito di Giacomo Savini. Pittura di paesaggio al Museo Davia Bargellini. Museo civico d’arte industriale e Galleria Davia Bargellini, Strada Maggiore 44 – Bologna. Orario di apertura: Martedì, mercoledì, giovedì 10.00 - 15.00; Venerdì 14.00 - 18.00; Sabato, domenica, festivi 10.00 - 18.30; Chiuso lunedì non festivi. Ingresso: Gratuito. Catalogo: White Book, Bologna. Informazioni: tel. +39 051 236708 | museiarteantica@comune.bologna.it| www.museibologna.it/daviabargellini | Facebook: Musei Civici d'Arte Antica | Instagram: @museiarteanticabologna | Twitter: @MuseiCiviciBolo; Settore Musei Civici Bologna www.museibologna.it | Facebook: Musei Civici Bologna | Instagram: @bolognamusei. Fino al 23 marzo 2025

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