Tra le tante iniziative con cui il Mann di Napoli rivela al pubblico i capolavori del suo immenso patrimonio -talora esposti e altre volte custoditi nei ricchissimi depositi– vi è dal 2016 anche una nuova e originale collana di eleganti volumetti intitolata «Oggetti rari e preziosi al Museo archeologico nazionale di Napoli», edita con la casa editrice 5 Continents Editions di Milano. I testi di Valeria Sampaolo, conservatore capo delle collezioni del museo napoletano, raccontano insieme con le straordinarie fotografie di Luigi Spina, i più importanti capolavori conservati nelle sale dell’istituzione partenopea, offrendo -racconta il direttore Paolo Giulierini- «un’esplorazione assolutamente impressionante e capace di sorprendere anche chi conosce bene questi oggetti».
Ad aprire la raccolta è stato il libricino «Memoria del vaso blu», dedicato a quell’unicum scoperto nel 1837 a Pompei, in una nicchia della piccola tomba a camera prospiciente la Villa delle Colonne a mosaico, e realizzato come se si trattasse di un cammeo con l’incisione dello strato vetroso bianco sovrapposto a disegnare tralci d’uva e scene di vendemmia, importante momento della vita dei campi raffigurato più volte nel corso dei secoli dagli antichi artigiani sulla ceramica, in affreschi, in mosaici o nel marmo. Ma se nella maggior parte delle rappresentazioni di vendemmia è presente il senso della fatica, qui c’è invece un’atmosfera giocosa, i piccoli personaggi sembrano divertirsi nel suonare i vari strumenti e sembrano muoversi con leggeri passi di danza. Oltre ad essi e, ovviamente, ai tralci di vite, ecco maschere su foglie d’acanto, rami di quercia, ghirlande d’edera, uccelli, spighe di grano, capsule di papaveri, mele cotogne, rami di alloro, melograni e tanti altri frutti dell’estate e dell’autunno, contrapposti e mescolati nell’evocazione di una natura feconda e generosa. La scelta delle essenze vegetali non è casuale: ognuna di esse è carica di significati religiosi e simbolici. Il rimando a Dioniso si coglie in molti elementi, ma tanti altri messaggi allusivi sono presenti nelle scene che decorano questo vaso che attraverso la sua decorazione comunicava un messaggio di rinascita e sopravvivenza dopo la morte.
A questo volume si sono ora aggiunti due nuovi titoli: «Amazzonomachia» e «Centauri».
Il primo libro presenta il celebre cratere a volute con la scena di combattimento tra greci e amazzoni scoperto a Ruvo di Puglia da un canonico e da un farmacista, appassionati di antichità, nel 1838 e ora in attesa di essere esposto nella sezione del Mann sulla Magna Grecia che si inaugurerà nel 2018.
Questo reperto si distingue, tra i tanti vasi decorati a figure rosse, per le grandi dimensioni dei personaggi che combattendo in concitati duelli si dispongono sull’intera superficie in una sequenza che sembra derivare dai fregi o dai frontoni in pietra dei templi.
Autore della decorazione è il Pittore dei Niobidi, una delle figure più rappresentative della ceramografa attica del secondo quarto del V secolo a.C., che certamente si ispirava alla grande pittura di Mikon o di Polignoto, per noi del tutto perduta e della quale possiamo avere un’idea proprio attraverso le sue opere nelle quali anche la posa e le espressioni dei personaggi contribuiscono a dare drammatica vitalità alle scene.
La varietà dei particolari dell’abbigliamento e delle armature delle amazzoni e dei greci, dei loro volti e dei loro corpi, viene messa in primo piano dagli oltre settanta scatti a colori di Luigi Spina attraverso i quali si notano dettagli che sfuggono alla visione diretta dell’opera.
«Centauri» mette, invece, in luce la coppia di schiphi d’argento rinvenuta anch’essa a Pompei, assieme ad altri dodici oggetti dello stesso metallo, nella casa che sarebbe stata chiamata «dell’argenteria». Queste coppe sono gli esemplari meglio conservati tra i recipienti lavorati nella stessa tecnica a sbalzo custoditi nel Museo. Per la loro fragilità –a lamina d’argento è sensibile alle variazioni di temperatura tra giorno e notte– sono al momento custoditi in ambiente climatizzato in attesa di idonei espositori.
Quelli che la 5 Continents Editions dedica ai capolavori del Mann sono, dunque, libri rivelatori, libri che ci portano dentro l’opera, tra i decori realizzati da antichi artigiani e dai primi artisti, nelle pieghe della materia e del tempo.
Gli scatti di Luigi Spina, i suoi primi piani e gli ingrandimenti, mettono in luce dettagli che sfuggono alla visione diretta di questi oggetti, «rari e preziosi», e ci introducono in un universo fatto di mille particolari: nell’abbigliamento e nelle armature delle amazzoni e dei greci, nei chiaroscuri dell’argento sbalzato tra centuari e amorini, nei simboli di rinascita e di morte inseriti con perizia nella decorazione del «Vaso blu» (metà del I secolo d.C.) che - per buone condizioni di conservazione e per la rarità della tecnica di esecuzione - è uno dei pezzi di maggior pregio del Museo di Napoli.
Informazioni utili
5 Continents Editions s.r.l., Piazza Caiazzo, 1 - 20124 Milano | tel. 02.33603276 | info@fivecontinentseditions.com.
ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com
martedì 11 luglio 2017
domenica 9 luglio 2017
Picasso tra ceramiche e incisioni
Italia 1917, cento anni fa: lo spagnolo Pablo Picasso decide, con lo sceneggiatore e drammaturgo Jean Cocteau, di compiere un viaggio in Italia alla ricerca di ispirazioni creative. Roma, Napoli e Pompei sono le città che visita. Quella vacanza entra nella storia dell’arte: è qui che il padre del Cubismo scopre il «Mediterraneo» e la classicità, elementi che generano il suo conseguente Ritorno all’ordine. Il soggiorno italiano si rivela importante anche a livello personale per l’incontro e l’amore con Olga Kochlova, danzatrice dei Balletti Russi di Sergej Djaghilev, la donna che di lì a poco diverrà la prima (e unica) moglie dell’artista spagnolo.
Sono molti gli eventi che si stanno organizzando nel nostro Paese per festeggiare questo importante anniversario. A Castiglione del Lago, nelle sale di Palazzo della Corgna, è, per esempio, in corso la mostra «Pablo Picasso. La materia e il segno. Ceramica, grafica», rappresentativa della creatività del maestro cubista, che si è cimentato, nel corso della sua lunga e intensa esistenza, in tutti i generi artistici conosciuti: pittura, incisione, disegno e ceramica.
L’esposizione umbra permette di ammirare una novantina di opere, tra cui le tre celebri serie di incisioni e acqueforti -«Le Cocu Magnifique», «Carmen» e «Balzac en bas de casse et Picassos sans majuscule»-, e un corpo unico di ben ventinove ceramiche come brocche, vasi antropomorfi, piatti decorati, graffiti e modellati, realizzati tra il 1947 e la fine degli anni Sessanta, che provengono da raccolte e collezioni private.
La caratteristica di questa produzione è l’originale trasformazione delle forme in particolari plastici figurativi, esaltati dalla policromia del segno pittorico, con un’attenzione al piccolo dettaglio per cogliere l’essenza del rappresentato. Tra i temi iconografici prescelti compaiono gufi, pesci, tori, picadores, corride, uccelli, figure femminili, volti di fauni, realizzati con segni intensi e soluzioni antropomorfe e zoomorfe inimmaginabili.
Quello tra Picasso e la ceramica non si può propriamente definire un colpo di fulmine. È, però, certo che l’artista dal suo primo soggiorno in Costa Azzurra, datato 1946, si avvicina a questo materiale grazie all’amicizia con i coniugi Suzanne Douly e Georges Ramié e al contatto con la Madoura di Vallauris, antico centro di produzione della Francia meridionale. Qui realizza le sue prime tre sculture in terra rossa: un fauno e due tori. È l’inizio di un rapporto costante con la ceramica che lo porterà a realizzare oltre quattromila manufatti, parte in produzione e parte pezzi unici. Con il passare degli anni e con la creatività che lo connota, Picasso continua, infatti, a investigare- scrive Claudia Casali, direttrice del Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, nel suo testo in catalogo- «la possibilità di questo linguaggio, integrando ed alternando forma e decorazione, utilizzando la qualità scultorea della terra unita al dato pittorico per creare effetti quasi illusionistici». Ne nasce un rapporto costante, ricorda ancora la studiosa, caratterizzato da «libertà d’espressione, ritorno alle origini, omaggio alla storia e all’eternità dell’arte, in sintesi nuova sperimentazione».
Non meno interessante è il rapporto dell’artista con il mondo delle incisioni e delle acqueforti, con il quale Pablo Picasso sente di riappropriarsi dell’antica condizione dell'alchimista, ossia della libertà di trasformare chimicamente e meccanicamente il segno grafico.
In mostra è possibile vedere l'ultima opera incisoria realizzata dall’artista a Parigi: trentotto incisioni a bulino (una tecnica meno frequentata dall'artista) della novella «Carmen» di Prosper Mérimée, divenuta famosa per essere stata trasposta in musica da Bizet nel 1875. Per queste tavole, che vengono pubblicate dalla Bibliothèque Française nel 1949, il maestro spagnolo pensa a volti femminili e maschili, costumi andalusi e teste taurine.
Datano, invece, alla fine del 1952 le undici litografie con ritratti diversificati di Honoré de Balzac, padre del Realismo nella letteratura europea, commissionategli da Fernand Mourlot. Una di esse viene utilizzata come frontespizio per una edizione di «Le Pére Goroit» di Balzac; otto verranno edite nel 1957 da Michel Leiris in «Balzacs en bas de casse».
Nel 1968 Picasso incide, poi, dodici tavole all'acquaforte e acquatinta per illustrare la commedia «Le Cocu Magnifique. Farce en trois actes» di Fernand Crommelynck, che racconta le conseguenze del sentimento tragico della gelosia. Si tratta di un nucleo estremamente rappresentativo del repertorio figurativo picassiano, capace di rendere con arguzia lo spirito farsesco dell’opera teatrale. Le opere esposte raffigurano con ammirevole stilizzazione visi di donna e di uomo, costumi andalusiani, teste di toro e figure mitologiche, prendendo ispirazione anche dalle proprie conoscenze mitologiche, tra le quali primeggia la figura immancabile del Minotauro.
Informazioni utili
«Pablo Picasso. La materia e il segno. Ceramica, grafica». Palazzo della Corgna, piazza Antonio Gramsci, 1 – Castiglione del Lago. Orari ore 9.30-19.00; la biglietteria chiude mezz’ora prima. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,00 (gruppi di oltre 15 unità, ragazzi fino a 25 anni); ridotto famiglia € 18,00 (3 persone) o € 22 euro (4 persone); biglietto unico residenti Comune di Castiglione del Lago € 4,00; ridotto famiglia residente € 10,00 (3 persone) o € 12,00 (4 persone); omaggio bambini fino a 6 anni. Informazioni: tel. 075.951099, cooplagodarte94@gmail.com. Sito internet: www.palazzodellacorgna.it. Fino al 27 agosto 2017. La mostra è prorogata fino al 5 novembre 2017.
Sono molti gli eventi che si stanno organizzando nel nostro Paese per festeggiare questo importante anniversario. A Castiglione del Lago, nelle sale di Palazzo della Corgna, è, per esempio, in corso la mostra «Pablo Picasso. La materia e il segno. Ceramica, grafica», rappresentativa della creatività del maestro cubista, che si è cimentato, nel corso della sua lunga e intensa esistenza, in tutti i generi artistici conosciuti: pittura, incisione, disegno e ceramica.
L’esposizione umbra permette di ammirare una novantina di opere, tra cui le tre celebri serie di incisioni e acqueforti -«Le Cocu Magnifique», «Carmen» e «Balzac en bas de casse et Picassos sans majuscule»-, e un corpo unico di ben ventinove ceramiche come brocche, vasi antropomorfi, piatti decorati, graffiti e modellati, realizzati tra il 1947 e la fine degli anni Sessanta, che provengono da raccolte e collezioni private.
La caratteristica di questa produzione è l’originale trasformazione delle forme in particolari plastici figurativi, esaltati dalla policromia del segno pittorico, con un’attenzione al piccolo dettaglio per cogliere l’essenza del rappresentato. Tra i temi iconografici prescelti compaiono gufi, pesci, tori, picadores, corride, uccelli, figure femminili, volti di fauni, realizzati con segni intensi e soluzioni antropomorfe e zoomorfe inimmaginabili.
Quello tra Picasso e la ceramica non si può propriamente definire un colpo di fulmine. È, però, certo che l’artista dal suo primo soggiorno in Costa Azzurra, datato 1946, si avvicina a questo materiale grazie all’amicizia con i coniugi Suzanne Douly e Georges Ramié e al contatto con la Madoura di Vallauris, antico centro di produzione della Francia meridionale. Qui realizza le sue prime tre sculture in terra rossa: un fauno e due tori. È l’inizio di un rapporto costante con la ceramica che lo porterà a realizzare oltre quattromila manufatti, parte in produzione e parte pezzi unici. Con il passare degli anni e con la creatività che lo connota, Picasso continua, infatti, a investigare- scrive Claudia Casali, direttrice del Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, nel suo testo in catalogo- «la possibilità di questo linguaggio, integrando ed alternando forma e decorazione, utilizzando la qualità scultorea della terra unita al dato pittorico per creare effetti quasi illusionistici». Ne nasce un rapporto costante, ricorda ancora la studiosa, caratterizzato da «libertà d’espressione, ritorno alle origini, omaggio alla storia e all’eternità dell’arte, in sintesi nuova sperimentazione».
Non meno interessante è il rapporto dell’artista con il mondo delle incisioni e delle acqueforti, con il quale Pablo Picasso sente di riappropriarsi dell’antica condizione dell'alchimista, ossia della libertà di trasformare chimicamente e meccanicamente il segno grafico.
In mostra è possibile vedere l'ultima opera incisoria realizzata dall’artista a Parigi: trentotto incisioni a bulino (una tecnica meno frequentata dall'artista) della novella «Carmen» di Prosper Mérimée, divenuta famosa per essere stata trasposta in musica da Bizet nel 1875. Per queste tavole, che vengono pubblicate dalla Bibliothèque Française nel 1949, il maestro spagnolo pensa a volti femminili e maschili, costumi andalusi e teste taurine.
Datano, invece, alla fine del 1952 le undici litografie con ritratti diversificati di Honoré de Balzac, padre del Realismo nella letteratura europea, commissionategli da Fernand Mourlot. Una di esse viene utilizzata come frontespizio per una edizione di «Le Pére Goroit» di Balzac; otto verranno edite nel 1957 da Michel Leiris in «Balzacs en bas de casse».
Nel 1968 Picasso incide, poi, dodici tavole all'acquaforte e acquatinta per illustrare la commedia «Le Cocu Magnifique. Farce en trois actes» di Fernand Crommelynck, che racconta le conseguenze del sentimento tragico della gelosia. Si tratta di un nucleo estremamente rappresentativo del repertorio figurativo picassiano, capace di rendere con arguzia lo spirito farsesco dell’opera teatrale. Le opere esposte raffigurano con ammirevole stilizzazione visi di donna e di uomo, costumi andalusiani, teste di toro e figure mitologiche, prendendo ispirazione anche dalle proprie conoscenze mitologiche, tra le quali primeggia la figura immancabile del Minotauro.
Informazioni utili
«Pablo Picasso. La materia e il segno. Ceramica, grafica». Palazzo della Corgna, piazza Antonio Gramsci, 1 – Castiglione del Lago. Orari ore 9.30-19.00; la biglietteria chiude mezz’ora prima. Ingresso: intero € 8,00, ridotto € 5,00 (gruppi di oltre 15 unità, ragazzi fino a 25 anni); ridotto famiglia € 18,00 (3 persone) o € 22 euro (4 persone); biglietto unico residenti Comune di Castiglione del Lago € 4,00; ridotto famiglia residente € 10,00 (3 persone) o € 12,00 (4 persone); omaggio bambini fino a 6 anni. Informazioni: tel. 075.951099, cooplagodarte94@gmail.com. Sito internet: www.palazzodellacorgna.it. Fino al 27 agosto 2017. La mostra è prorogata fino al 5 novembre 2017.
venerdì 7 luglio 2017
«Il mondo in una perla», la tradizione muranese in un volume di Antiga Edizioni
«Il vetro è un materiale pazzesco, molto misterioso trasparente, fragile […], come la ceramica del resto, ha una qualità strana: entra nel fuoco e non si sa cosa va dentro. Poi di colpo esce un oggetto puro perché bruciato dal fuoco, un oggetto di una purezza totale, di una intangibilità fisica totale. Come una visione. Si è veramente coinvolti in questo processo del vetro. Il vetro è uno spettacolo». Vengono in mente le parole di Ettore Sottsass junior (1917-2007), al quale in questi giorni la Fondazione Giorgio Cini dedica un'importante retrospettiva nell'ambito del progetto «Le stanze del vetro», sfogliando il libro «Il mondo in una perla», appena pubblicato dalla casa editrice Antiga di Treviso.
Il ricco tomo, edito grazie al contributo economico della Vistosi, è il risultato di un meticoloso lavoro di ricerca, condotto all’interno della preziosa collezione di perle di vetro del Museo di Murano, da Augusto Panini, appassionato collezionista comasco e curatore di mostre.
Disegni sempre diversi che si formano grazie alla magia del fuoco, colori unici e brillanti, forme e stili svariati, che spaziano dal rotondo all'irregolare, dal decorato al trasparente: tutto questo è documentato attraverso più di mille straordinarie immagini e quasi quattrocento pagine che rendono lo studio di Augusto Panini prezioso sia per il lettore comune che per gli specialisti, consentendo loro di addentrarsi nell’essenza stessa di questa affascinante produzione, cosmo poliedrico dove le mani, soprattutto quelle femminili, hanno traslato una concezione di grazia e perfezione dando vita, ogni volta, ad un mondo perfetto e ideale.
Raccolta tra il 1861 ed il 1883 dall’abate Vincenzo Zanetti e rappresentativa della produzione ottocentesca veneziana e muranese, nel corso degli anni Trenta del Novecento la collezione di perle venne progressivamente rimossa dalle vetrine del museo e relegata nei depositi laddove si perdono le informazioni relative alle attribuzioni dei singoli pezzi e quelli delle cartelle campionarie.
Dopo quasi cent’anni di oblio la raccolta, un cui consistente focus sulle perle veneziane e le murrine è stato inserito in una sala del rinnovato museo appositamente dedicata al tema -su input dello stesso Panini, che l’aveva nel frattempo acquisita- è divenuta oggetto di studio, anche in prospettiva di una sua adeguata ricollocazione espositiva.
Partendo dai saggi scritti dall’abate Zanetti sulle collezioni del Museo del vetro -realizzati in occasione di Esposizioni internazionali o per documentare le scoperte che valenti vetrai avevano sviluppato nella prima metà del 1800– Augusto Panini, in oltre cinque anni di lavoro, è riuscito dunque a ricostruire attribuzioni e paternità, contribuendo in maniera decisiva a riportare questi straordinari oggetti all’attenzione che meritano.
La collezione di perle del Museo del vetro di Murano, a cui sarà dedicata una mostra dal 15 dicembre al 18 maggio 2018, è oggi costituita da ottantacinque cartelle campionarie, contenenti quattordicimila perle, oltre che da tre pannelli in stoffa datati 1863, dono della Società delle Fabbriche unite, contenenti duemilaquindici perle e da duecentosessantasei mazzette di conterie, novantuno mazzi di perle a lume più o meno completi, oltre ottomila di perle sciolte, quattrocentonovantadue mazzi di conterie e qualche ulteriore oggetto con perle, dono delle più importanti vetrerie veneziane e muranesi attive nella metà dell’Ottocento.
Informazioni utili
Augusto Panini, «Il mondo in una perla. La collezione del Museo del Vetro di Murano», Antiga edizioni, Crocetta del Montello (Treviso) 2017. Collana: Fuori collana arte. Pagine: 376. Immagini: 1200 illustrazioni a colori. Formato: 23 x 28 cm. Confezione: brossura con alette. Prezzo: € 39,00. ISBN: 978-88-99657-60-4. Note: Disponibile anche l'edizione in lingua inglese. Informazioni: Grafiche Antiga, via delle Industrie, 1 - Crocetta del Montello (Treviso), tel. 0423.6388 o editoria@graficheantiga.it. Sito internet: www.antigaedizioni.it.
Il ricco tomo, edito grazie al contributo economico della Vistosi, è il risultato di un meticoloso lavoro di ricerca, condotto all’interno della preziosa collezione di perle di vetro del Museo di Murano, da Augusto Panini, appassionato collezionista comasco e curatore di mostre.
Disegni sempre diversi che si formano grazie alla magia del fuoco, colori unici e brillanti, forme e stili svariati, che spaziano dal rotondo all'irregolare, dal decorato al trasparente: tutto questo è documentato attraverso più di mille straordinarie immagini e quasi quattrocento pagine che rendono lo studio di Augusto Panini prezioso sia per il lettore comune che per gli specialisti, consentendo loro di addentrarsi nell’essenza stessa di questa affascinante produzione, cosmo poliedrico dove le mani, soprattutto quelle femminili, hanno traslato una concezione di grazia e perfezione dando vita, ogni volta, ad un mondo perfetto e ideale.
Raccolta tra il 1861 ed il 1883 dall’abate Vincenzo Zanetti e rappresentativa della produzione ottocentesca veneziana e muranese, nel corso degli anni Trenta del Novecento la collezione di perle venne progressivamente rimossa dalle vetrine del museo e relegata nei depositi laddove si perdono le informazioni relative alle attribuzioni dei singoli pezzi e quelli delle cartelle campionarie.
Dopo quasi cent’anni di oblio la raccolta, un cui consistente focus sulle perle veneziane e le murrine è stato inserito in una sala del rinnovato museo appositamente dedicata al tema -su input dello stesso Panini, che l’aveva nel frattempo acquisita- è divenuta oggetto di studio, anche in prospettiva di una sua adeguata ricollocazione espositiva.
Partendo dai saggi scritti dall’abate Zanetti sulle collezioni del Museo del vetro -realizzati in occasione di Esposizioni internazionali o per documentare le scoperte che valenti vetrai avevano sviluppato nella prima metà del 1800– Augusto Panini, in oltre cinque anni di lavoro, è riuscito dunque a ricostruire attribuzioni e paternità, contribuendo in maniera decisiva a riportare questi straordinari oggetti all’attenzione che meritano.
La collezione di perle del Museo del vetro di Murano, a cui sarà dedicata una mostra dal 15 dicembre al 18 maggio 2018, è oggi costituita da ottantacinque cartelle campionarie, contenenti quattordicimila perle, oltre che da tre pannelli in stoffa datati 1863, dono della Società delle Fabbriche unite, contenenti duemilaquindici perle e da duecentosessantasei mazzette di conterie, novantuno mazzi di perle a lume più o meno completi, oltre ottomila di perle sciolte, quattrocentonovantadue mazzi di conterie e qualche ulteriore oggetto con perle, dono delle più importanti vetrerie veneziane e muranesi attive nella metà dell’Ottocento.
Informazioni utili
Augusto Panini, «Il mondo in una perla. La collezione del Museo del Vetro di Murano», Antiga edizioni, Crocetta del Montello (Treviso) 2017. Collana: Fuori collana arte. Pagine: 376. Immagini: 1200 illustrazioni a colori. Formato: 23 x 28 cm. Confezione: brossura con alette. Prezzo: € 39,00. ISBN: 978-88-99657-60-4. Note: Disponibile anche l'edizione in lingua inglese. Informazioni: Grafiche Antiga, via delle Industrie, 1 - Crocetta del Montello (Treviso), tel. 0423.6388 o editoria@graficheantiga.it. Sito internet: www.antigaedizioni.it.
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