ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

venerdì 16 ottobre 2020

Da Bergamo a Siena, quattro mostre raccontano il mondo ai tempi del Covid-19

Se nove mesi fa qualcuno ci avesse detto che un virus avrebbe stravolto la nostra vita, non gli avremmo creduto. Non avremmo mai potuto immaginare la strana primavera del 2020 con la chiusura forzata in casa, le strade delle città deserte, le code davanti ai supermercati, la mascherina sul viso, i guanti sulle mani, gli abbracci negati e quel bollettino quotidiano con i morti che sembravano sempre tanti, troppi. «Non potevamo immaginare l'inimmaginabile». Ed è questo il titolo che il Siena Awards 2020, la festa della fotografia in programma dal 23 ottobre al 29 novembre nella «città del palio», ha scelto per la mostra open air e itinerante, in cartellone fino al prossimo 29 novembre, dedicata al mondo nei giorni del lockdown.
Nelle strade e nelle piazze del centro storico senese l'agenzia di comunicazione Giango ha posizionato ventiquattro pannelli con ritratti di uomini e donne fotografati in contesti e con stili fotografici differenti.
Tutti sulla bocca al posto della mascherina hanno un QR Code; aprendolo sarà possibile vedere l’immagine originale e un video inedito girato durante la quarantena da alcuni protagonisti di questa edizione del festival fotografico senese.
«Le mascherine sotto forma di QR Code presenti in ogni pannello -racconta Luca Venturi, ideatore e direttore del Siena Awards- diventeranno così un modo per unire la città a tutto il mondo nonostante il Covid-19 e per tenere alto lo spirito di questa manifestazione, nata e cresciuta negli anni come una grande festa della fotografia internazionale con la partecipazione di centinaia di fotografi in arrivo da tutto il mondo, con grandi nomi pluripremiati».
Per questa edizione del festival sono state, inoltre, ideate otto mostre. Negli spazi espositivi dell’ex distilleria dello Stellino si terranno, per esempio, la rassegna «Imagine all the People Sharing all the World», con gli scatti più belli di questa edizione del concorso, e «Burning Dreams», personale della freelance italiana Carolina Rapezzi dedicata al deposito rottami di Agbogbloshie -ad Accra, capitale del Ghana-, diventato una delle discariche di rifiuti elettronici a cielo aperto più grandi del mondo. Nel chiostro della basilica di San Domenico, a pochi passi da piazza del Campo, sarà, invece, possibile vedere le mostre «Hong Kong Democracy Protests» di Kiran Ridley, sulla «lotta per la libertà» dei manifestanti di Hong Kong a seguito del progetto di legge per l'estrazione in Cina, e «Saving Orangutans», reportage di Alain Schroeder realizzato a Sumatra, in Indonesia, che documenta le contraddizioni del comportamento umano rispetto all’ambiente. Mentre gli spazi della storica Accademia dei Fisiocritici, tra i più importanti musei scientifici della Toscana, faranno da cornice a «Above us only Sky», con le più belle immagini aeree dell’edizione 2020 del «Drone Photo Awards», concorso riservato alla fotografia aerea unico al mondo nel suo genere. I bastioni della Fortezza medicea di Siena ospiteranno, poi, «I Wonder if You Can», una mostra di fotografia Fine Art con collage che esplora le meraviglie nascoste del mondo che ci circonda. L’Area Verde Camollia 85, infine, farà da scenario alla mostra del fotografo cileno Pedro Jarque Krebs, intitolata «The Other Refugees» e dedicata al dramma silenzioso che colpisce la vita di innumerevoli scimpanzè che subiscono abusi nei circhi o vengono sfruttati in campagne pubblicitarie.
Un altro festival che racconterà la nostra vita ai tempi del Coronavirus è «Fotografica» a Bergamo, che per questo autunno ha in cantiere un’edizione speciale. Dal 16 ottobre all’8 novembre ProgettoZero presenterà in due luoghi simboli come piazza Vittorio Veneto e l’ospedale Papa Giovanni XXIII «CoviDiaries». Si tratta di un vero e proprio diario da sfogliare per rivivere i giorni più duri della lotta contro il Covid-19, un «nemico invisibile», ma terribilmente reale, che abbiamo affrontato, e ancora oggi stiamo affrontando, con un misto di fatalismo e di incredulità, ma anche con la voglia di guardare oltre.
Il racconto si articola in due tappe. In piazza Vittorio Veneto, cuore pulsante della città, sarà esposta la mostra «Le nostre vite sospese» con una trentina di scatti che narrano in ordine cronologico i giorni del lockdown, dal 21 febbraio, quando viene scoperto il primo caso italiano, al 3 giugno, quando il Paese torna a vivere una «nuova normalità» fatta di mascherine e distanziamento sociale. Le messe in streaming, le città di Roma o Venezia che cominciano a diventare deserte, le fabbriche che chiudono o convertono le loro produzioni, il collasso degli ospedali, le video-chiamate, gli striscioni sui balconi, l'Inno nazionale cantato dalle finestre sono alcuni dei soggetti ritratti.
Sotto la grande pergola esterna all’ingresso dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, emblema nazionale della lotta contro il Covid, sarà, invece, allestita la mostra «Faccia a faccia con il virus», con sedici scatti che ritraggono i reparti di terapia intensiva, i «sopravvissuti» e il personale medico bergamasco, immortalato durante le estenuanti giornate lavorative della scorsa primavera. «Questo spazio - raccontano gli organizzatori- diventerà una grande volta celeste, nella quale le foto verranno disposte a creare la cosiddetta costellazione del medico: sei grandi stelle che formano una freccia. Un nastro dorato con affisse le immagini ne traccerà i punti cardine».
«Un diario della pandemia»
è in mostra anche a Comabbio, in provincia di Varese. A Casa Lucio Fontana sono esposti, fino al prossimo 1° novembre, una quarantina di disegni a penna selezionati dal curatore Massimo Cassani tra le centodiciotto opere che l’artista milanese Giovanni Cerri, classe 1969, ha realizzato nei giorni della quarantena. 
Su questi lavori, l’autore ha scritto appunti, ha annotato frasi sparse, ha segnato pensieri e nomi, ha fissato sensazioni ed emozioni.
Ci sono omaggi a opere d’arte che questa primavera sono state recluse nei musei serrati, come il «Cristo morto» di Andrea Mantegna o il Cenacolo di Leonardo da Vinci. Non mancano citazioni letterarie che raccontano di altre epidemie.
È il caso del romanzo «I promessi sposi» di Alessandro Manzoni, con il cenno al Lazzaretto, luogo simbolico della peste del 1630. Ci sono, poi, riferimenti precisi, e in alcuni casi addirittura databili. Alcune ‘carte’ sono dedicate a papa Francesco, in quel 27 marzo tetro e piovoso della preghiera Urbi et Orbi, colto nella solitudine nel grande spazio deserto del sagrato di piazza San Pietro. Altre ricordano l’immagine che più di tutte ci ha raccontato la pandemia: la lunga fila di camion dell’esercito che, nel buio della sera, porta le bare fuori dalla città di Bergamo verso i crematori del nord Italia. 
«Molti disegni, infine, -affermano gli organizzatori - raccontano l’assenza, il silenzio irreale di quei giorni: un carrello della spesa abbandonato, i parchi giochi senza bambini, le vie deserte, le piante e gli arbusti che crescevano liberamente per la mancata presenza degli uomini ‘invasori’, la desolazione di spazi inanimati». Uno scenario «inimmaginabile», questo, che sta al nostro buonsenso e alla nostra buona volontà non tornare a vivere.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] 8 Aprile 2020 - Alla fine di marzo arriva nel porto di Genova la MSC Splendid. A bordo non ci sono turisti ma personale sanitario (come l’infermiera Francesca Simonetta, nella foto), camere attrezzate e tutti gli strumenti medici per gestire la pandemia: la nave traghetto infatti è stata trasformata in ospedale galleggiante, adatto all’assistenza dei pazienti in convalescenza o positivi al Covid-19. Da giorni Francesca lavora a bordo della Splendid e alla fine di uno stressante turno nell’area a rischio contagio rimuove con attenzione, come da protocollo, tutti i dispositivi di protezione, compresa la mascherina. Nel Regno Unito, il primo ministro britannico Boris Johnson è uscito dalla terapia intensiva ed è stato riportato al reparto generale al St Thomas Hospital, dove riceverà "un attento monitoraggio", riferisce Downing Street. Foto di Sergio Ramazzotti/Parallelozero. La foto è esposta a Bergamo nella mostra Covidiaries; [fig. 2] 27 Febbraio 2020 - Due passeggeri nella metropolitana di Milano. Nella capitale economica d’Italia si comincia a temere l’arrivo del contagio. Sempre più persone escono con la mascherina, e si diffonde una certa incredulità di fronte alla situazione. Il governo informa che le assenze degli alunni nei periodi di sospensione forzata delle attività didattiche non saranno conteggiate ai fini della validità dell'anno scolastico. Allo stesso modo, l'anno scolastico è comunque valido, anche qualora non dovesse raggiungere il minimo di 200 giorni previsti. Foto di Sergio Ramazzotti/Parallelozero. La foto è esposta a Bergamo nella mostra Covidiaries;
[fig.3] 5 Aprile 2020 - Siamo a Roma, nel quartiere Esquilino, ma potremmo essere ovunque. Perché nel giorno in cui la curva dei contagi comincia a calare, il lockdown è ancora attivo e i tetti dei palazzi diventano sempre di più i luoghi della libertà, dell’incontro fugace, della chiacchiera all’aperto con il vicino. Ma all’orizzonte si inizia a intravedere una luce e il professor Brusaferro dell’Istituto Superiore di Sanità dichiara oggi che “se questi dati si confermeranno dovremo cominciare a pensare alla fase 2”. Intanto, nel giorno in cui i morti superano quota 15mila, in Lombardia si impone di uscire solo con la mascherina. Foto di Daniele Zendroni/Parallelozero. La foto è esposta a Bergamo nella mostra Covidiaries; [fig. 4 e fig. 5]  «Non potevamo immaginare l'inimmaginabile» nel centro storico di Siena; [fig. 6, fig. 7 e fig. 8] Giovanni Cerri, Diario della pandemia, 2020, penna su carta, cm. 35x50 

Informazioni utili
Non potevamo immaginare l'inimmaginabile. Siena Award 2020. Centro storico - Siena. Quando: tutti i giorni, tutto il giorno. Ingresso libero.  Sito internet:  www.festival.sienawards.com. Fino al 29 novembre 2020. 

CoviDiaries. Piazza Vittorio Veneto e Ospedale Papa Giovanni XXIII - Bergamo.  Quando: tutti i giorni, tutto il giorno.Ingresso libero. Sito internet: www.covidiaries.it | www.fotograficafestival.it. Dal 16 ottobre all'8 novembre 2020. 

Giovanni Cerri. Diario della pandemia. Quaranta disegni durante l’isolamento. Casa Lucio Fontana, via Lucio Fontana, 450 - Comabbio (Varese). Orari di apertura al pubblico: sabato e domenica, dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle ore 16.00 alle 18.30. Ingresso libero con obbligo di mascherina. Per informazioni: info@ilborgodiluciofontana.it. Sito internet: https://www.ilborgodiluciofontana.it/. Fino al 1° novembre 2020. 

giovedì 15 ottobre 2020

«Immaginario_20», al Parco Nord Milano un percorso di allenamento all’immaginazione

Due mesi di quarantena chiusi in casa hanno fatto riscoprire agli italiani il piacere di stare all’aria aperta, in mezzo alla natura. I parchi cittadini sono diventati così luoghi cruciali di ristoro psicofisico. È possibile che diventino anche luoghi di allenamento dell’immaginazione, palestre per intravedere uno scenario di rinascita dopo il Covid-19? È questa la domanda che si è posta l’artista milanese Nadia Nespoli, nota per la sua ricerca impegnata tra segno pittorico e cancellazione dell’immagine, alla quale è stato affidato nel 2012 il Laboratorio Artemisia nella Casa di reclusione di Bollate e che recentemente ha firmato l’installazione «Azzurro contemporaneo», realizzata in collaborazione con la Diocesi di Milano. 
 È nato così «Immaginario_20», un percorso open air per allenare il corpo e la mente, a cura di Margherita Zanoletti, composto da due installazioni - «Rivelazione» e «Dunnage» -, che verranno presentate al pubblico nella giornata di domenica 18 ottobre attraverso due visite guidate su prenotazione (in agenda alle ore 11 e alle ore 16). 
Scenario dell’intervento è il Parco Nord Milano, polmone verde di circa 640 ettari, al cui interno si trovano anche complessi di interesse storico artistico come la Villa Torretta di Sesto San Giovanni e la Villa Manzoni di Cormano.
«Rivelazione» posta sul prato che degrada verso il lago di Niguarda, è nata all’inizio dell’anno di quest’anno ed è stata ridisegnata emotivamente nei giorni più duri dell’emergenza sanitaria. Fonte di ispirazione è l’«Apocalisse», libro che la tradizione cristiana attribuisce a Giovanni evangelista, che lo avrebbe redatto durante un periodo di solitudine, nei giorni della persecuzione. Visioni, simboli, numeri, colori, astri e animali mostruosi animano il testo, che Nadia Nespoli ha raccontato attraverso un collage di carte, colori e segni.
«Rivelazione» è composta da quattro lavori di grandi dimensioni ispirati a quattro specifici episodi dell’«Apocalisse», collocati sul prato del Parco Nord. Si tratta di teli di carta montata su garza, che coniugano tecniche e supporti diversi a esaltare il vuoto sospeso di questo periodo. «Alcuni elementi, densi di valore estetico e simbolico, -racconta l’artista- aiutano la contemplazione: il bianco che illumina lo spazio, la cancellazione, l’acqua e le continue increspature, il segno, l’incisione, il collage che integra tutti gli elementi. Tema centrale è la feroce lotta del bene contro il male, ma sempre con la garanzia della salvezza per i giusti».
«Dunnage», collocata tra gli alberi che contornano il viale che affianca il laghetto, è un’installazione artistica composta da quattro cuscini protettivi tanti quanti sono i «grandi angeli»,: Michele, Gabriele, Raffaele e Uriele. 
«L’angelo custode racconta Nadia Nespoli- è nell’immaginario collettivo la mediazione tra l’universo umano e quello spirituale, e appare nelle sue molteplici forme come strumento e mezzo di relazione con il divino. L’angelo custode è riflessione silenziosa, è il potere del bene sul male, è la vittoria dell’ottimismo che vive nella fede. In «Dunnage», il colore traccia l’elemento simbolo di ogni angelo ed esprime le segrete speranze dell’uomo in preghiera. «Tra gli alberi del Parco Nord, -racconta ancora l’artista- questi «grandi angeli» sono un circuito di bianco, colore e spiritualità da cui occorre farsi guardare, avvolgere e guidare».
Il Parco Nord Milano diventa così, grazie al lavoro di Nadia Nespoli, non solo luogo d’arte, ma anche spazio di meditazione, che ci fa dialogare con l’infinito e con il nostro io spirituale.

Vedi anche

Informazioni utili 
Nadia Nespoli, Immaginario_20. Parco Nord Milano, Lago di Niguarda – Milano. Domenica 18 ottobre 2020, dalle ore 9.30 alle ore 19. Visite guidate alle ore 11 e alle ore 16 | ritrovo c/o Sun Strac, Piazzetta del Lago di Niguarda, Via Ornato ang. Via Aldo Moro Milano | prenotazione 346.3757244.

mercoledì 14 ottobre 2020

Si apre con la «Sacra conversazione» di Lotto il ciclo espositivo «Un capolavoro per Venezia»

È Lorenzo Lotto (Venezia, circa 1480 – Loreto, circa 1556), con il suo colorismo raffinato e le sue composizioni di intensa introspezi0ne psicologica, a tenere a battesimo l’iniziativa «Un capolavoro per Venezia», progetto espositivo delle Gallerie dell'Accademia, realizzato con Intesa Sanpaolo in qualità di main partner, che, in tempi di emergenza sanitaria, rivoluziona il concetto tradizionale di mostra e offre ai visitatori nuovi spunti di lettura e di conoscenza. Fino al 21 febbraio il museo lagunare ospiterà la «Sacra conversazione con i santi Caterina e Tommaso» (1526-28), opera realizzata dall’artista veneto nel biennio 1526-1528 e proveniente dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Si apre così il ciclo di appuntamenti che, nei prossimi mesi, vedrà esposte nelle sale delle Galleria dell’Accademia alcune opere di qualità straordinaria del Rinascimento veneto, provenienti dai maggiori musei internazionali. Si tratta di prestiti eccezionali, di dipinti che solo in rare occasioni hanno lasciato la propria sede espositiva d'origine.
Il progetto nasce con l'intento di riaffermare quel respiro internazionale e quella propensione al dialogo, che da sempre contraddistingue la dimensione sociale e culturale di Venezia, in un periodo in cui la città è stata fortemente colpita, dal punto di vista dei visitatori stranieri, a causa prima dell'acqua alta del 12 novembre 2019 e poi della pandemia mondiale di Covid-19.
I dipinti esposti si ricollegano alla tradizione pittorica rinascimentale veneta e s'inseriscono perfettamente all'interno del contesto museale delle Gallerie dell’Accademia, intessendo una trama di dialoghi, rimandi e confronti con le opere della collezione permanente e con la città lagunare.
La «Sacra conversazione» dialogherà, per esempio, con lo splendido «Ritratto di giovane gentiluomo», sempre di Lotto, appartenente al museo, che rappresenta probabilmente uno dei capolavori assoluti dell'intera produzione del pittore veneziano.
Il primo riferimento al dipinto del Kunsthistorisches Museum risale al 1660, quando lo scrittore, pittore e incisore Marco Boschini (Venezia, 1602 – 1681) lo cita, già a Vienna nelle collezioni imperiali, nella sua «Carta del Navegar Pitoresco», definendolo «un precioso quadro ch’è un vero razo de splendor […]».
La tela, realizzata con ogni probabilità per la devozione privata, è animata da una profonda armonia e raffigura la Madonna, in un soleggiato pomeriggio estivo, seduta sull’erba, mentre sostiene il bambino appoggiato a un ceppo. «L’abito azzurro, ampiamente drappeggiato a formare idealmente una struttura piramidale, sottolinea -raccontano dalle Gallerie dell’Accademia- la solennità del personaggio. A un nastro posto intorno al collo sono legati dei fogli ripiegati con caratteri vergati a mano, illeggibili, interpretati come testi sacri o preghiere. Alle spalle della Madonna, la quercia, che sostituisce il tendaggio della tradizione quattrocentesca, proietta sulle figure ombre irregolari stupendamente naturali. Santa Caterina in un abito di prezioso tessuto verde e mantello rosso, con al fianco la ruota della tortura, è inginocchiata a sinistra di Maria e regge un libro in mano. Al suo fianco San Tommaso tiene appoggiata alla spalla la lancia che trafisse il costato del Cristo. Dalla parte opposta, un angelo incorona la Madonna con una ghirlanda di pervinche, innescando la dinamica della composizione che si snoda da sinistra verso destra».
Come osserva Francesca Del Torre, responsabile del Kunsthistorisches Museum di Vienna per la pittura italiana, in quest’opera «Lotto si serve di un colorismo raffinatissimo e perfettamente calibrato, tra gli azzurri e i verdi delle figure e del paesaggio ed il rosso del manto dei santi, che conferisce naturalezza, ma anche dinamicità alla conversazione». 
A dominare la scena è, inoltre, l’armonioso rapporto tra uomo e natura. «Una natura così vera- osserva ancora Francesca Del Torre- da far pronunciare allo storico dell’arte inglese Philip Pouncey la frase ‘Ah, a Vienna c’è un dipinto in cui si sente il ronzio delle api’».

Didascalie delle immagini
[Figg.1,2 e 3]  Lorenzo Lotto, «Sacra conversazione con i santi Caterina e Tommaso», 1526/1528, Kunsthistorisches Museum, Vienna. Nelle foto 2 e 3 sono ripresi particolari del quadro: la Madonna con il Bambino e Santa Caterina; [fig. 4] Lorenzo Lotto, Ritratto di giovane gentiluomo. Venezia, Gallerie dell'Accademia

Informazioni utili
«Un capolavoro per Venezia»: La Sacra conversazione di Lorenzo Lotto. Gallerie dell'Accademia, Campo della Carità – Venezia. Orari: lunedì, ore 8.15-14.00; martedì-domenica, ore 8.15 - 19.15 (La biglietteria chiude un’ora prima). Ingresso: intero € 12,00, ridotto € 2,00, agevolazioni su https://www.beniculturali.it/agevolazioni. Informazioni: call center 800150666. Sito internet: gallerieaccademia.it. Dal 15 ottobre (presentazione alla stampa alle ore 11.30 con rsvp obbligatorio) al 17 gennaio 2021. La mostra è stata prorogata fino all'11 aprile 2021

Iniziativa Giovedì al museo: giovedì 25 febbraio, mattina alle ore 11 - Cristiana Sburlino - Storia conservativa de La presentazione della Vergine al Tempio con i confratelli della Scuola Grande della Carità di Tiziano Vecellio | Sala XXIV (primo piano); giovedì 25 febbraio, Pomeriggio alle ore 15 - Michele Tavola - Hayez e l'Accademia di Venezia | Sala 11 (piano terra) || giovedì 4 marzo, mattina alle ore 11 - Roberta Battaglia - Giorgione alle Gallerie dell'Accademia | Sala VIII (primo piano); gioberdì 4 marzo, pomeriggio alle ore 15 - Francesca Bartolomeoli - Storia conservativa de Il Convito in casa di Levi di Paolo Veronese | Sala X (primo piano) || giovedì 11 marzo, mattina alle ore 11 - Michele Nicolaci - Jheronymus Bosch alle Gallerie dell'Accademia | Sala VII (primo piano); giovedì 11 marzo, pomeriggio ore 15 - Maria Teresa dal Bò - Il sogno di Orsola: uno spazio onirico rivelatore | Sala XXI (primo piano) || giovedì 18 marzo, mattina alle ore 11 - Silvia Salvini e Serena Bidorini - Canova e l'Accademia: opere, tecnica e restauri | Sala 13 (piano terra); giovedì 18 marzo, pomeriggio alle ore 15 - Silvia Salvini e Serena Bidorini - Canova e l'Accademia: opere, tecnica e restauri | Sala 13 (piano terra) || giovedì 25 marzo, mattina alle ore 11 - direttore Giulio Manieri Elia - Un viaggio attraverso le opere restaurate delle Gallerie; giovedì 25 marzo, pomeriggio alle ore 15 - Stefano Volpin - I Bellini delle sale IV e V alla luce delle indagini scientifiche | Sala IV e V (primo piano) || giovedì 1° aprile, mattina alle ore 11 - Valeria Poletto - Oro e colore nei polittici medievali della sala I | Sala I (primo piano); pomeriggio, alle ore 15 - Karmen Corak e Loretta Salvador - I pastelli di Rosalba Carriera. Storia, tecnica e conservazione | Sala 8 (piano terra) || Tali appuntamenti saranno gratuiti (compresi nel costo del biglietto) e a partenza fissa, con prenotazione direttamente in biglietteria nella giornata degli incontri, solo previo acquisto del biglietto. Non è possibile prenotare nei giorni precedenti. La gestione dei posti disponibili sarà a cura del personale del museo per garantire il rispetto delle norme di sicurezza in vigore

martedì 13 ottobre 2020

«Fragili come la Terra»: il teatro Menotti di Milano punta i riflettori sul nostro «tempo incerto»

È stato il primo teatro in Italia a riaprire le porte dopo il lockdown per l’emergenza sanitaria da Covid-19. Nella notte tra il 14 e il 15 giugno la sala del teatro Menotti di Milano ha preso vita grazie alle note di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, nell’interpretazione di Andrea Mirò, Enrico Ballardini e Musica Da Ripostiglio.
A quella prima azione «simbolica e concreta» è seguita un’interessante stagione estiva nel cortile d’onore di palazzo Sormani: il «Capitolo 1» della «nuova normalità» che stiamo vivendo, fatta di mascherine e distanziamento sociale. Giobbe Covatta, Maddalena Crippa e Omar Pedrini sono alcuni degli artisti che hanno riscaldato il cuore dei milanesi, regalando qualche ora di cultura, un vero e proprio farmaco antivirale per rendere più sopportabile l’inedita e imprevista situazione attuale, nella quale diventa quasi impossibile, per il mondo del teatro (e non solo per quello), progettare il futuro.
Il Coronavirus -spiega, infatti, il direttore Emilio Russo- «ci costringe ad essere più che mai concentrati sul presente. E il presente significa anche rispetto delle regole e dello ‘stato delle cose’, consapevolezza e sostenibilità». Per questo motivo la nuova stagione del teatro Menotti, più attenta alla qualità della proposta che all’aritmetica dei numeri, è strutturata -racconta ancora il numero uno della sala milanese, che un anno fa rischiava la chiusura- in «capitoli autonomi, ognuno con la propria narrazione, ognuno modulato e modulabile rispetto alle diverse situazioni che saranno imposte». 
Il «Capitolo 2», intitolato «Fragili come la terra», ha come immagine guida quella della Blue Marble, la famosa fotografia del nostro pianeta, sospeso tra l’immensità dello spazio e l'inafferrabilità del tempo, scattata il 17 dicembre 1972 dagli astronauti dell’Apollo 17 nel viaggio verso la Luna, a una distanza di circa 45mila chilometri.
Temi legati alla crisi ambientale, sociale e culturale sono al centro del programma che parlerà della nostra fragilità e precarietà attraverso spettacoli, letture sceniche, proiezioni cinematografiche e incontri per un’attività che -promette lo staff del Menotti- «invaderà quotidianamente il teatro», consentendo così al più alto numero possibile di persone di partecipare agli appuntamenti, nel rispetto delle norme emergenziali sanitarie.
«Fragili come la terra» vuole anche essere una risposta alla crisi occupazionale del settore. Gli appuntamenti saranno, infatti, animati nella loro quasi totalità dal «Collettivo Menotti», una compagnia under 35, formata da una decina di attori e musicisti professionisti, che sarà impegnata, tra novembre e dicembre, per le prove e la realizzazione degli spettacoli, anche collaborando alla regia e alla drammaturgia.
Questi giovani artisti metteranno in scena quattro capolavori della letteratura contemporanea che hanno raccontato il controverso rapporto tra la Terra e i suoi abitanti. Si spazierà dal divertente e dissacrante
«Un marziano a Roma» di Ennio Flaiano (24-25-30-31 ottobre-1° novembre) al cult generazionale «Guida galattica per gli autostoppisti» (5-15 novembre), tratto dall’omonimo romanzo di fantascienza umoristica firmato da Douglas Adams. Ci si farà ammaliare dai viaggi temporali e surreali raccontati in «Mattatoio n. 5» da Kurt Vonnegut (19-29 novembre) e si rifletterà, infine, con Jonathan Safran Foer e il suo «Possiamo salvare il mondo prima di cena» (19-20 dicembre), nel quale viene raccontata, con straordinario impatto emotivo, la crisi climatica del nostro pianeta alternando, in modo originale, storie di famiglia, ricordi personali, episodi biblici, dati scientifici e suggestioni futuristiche.
Ad arricchire il cartellone del «Capitolo 2» del teatro Menotti sarà la compagnia catalana «Agrupación Señor Serrano» con il suo pluripremiato spettacolo «The mountain» (2 e 3 dicembre).
Già pronto è anche il cartellone del «Capitolo 3», intitolato «Lo stato delle cose», che dovrebbe animare la sala da gennaio a maggio 2021, fatto salvo -ha spiegato lo stesso Emilio Russo in conferenza stampa- eventuali «decisioni governative e locali che saranno prese rispetto all’andamento della situazione epidemiologica».
Saverio La Ruina
, attore calabrese tra i più premiati della scena italiana, e il suo teatro potente e necessario apriranno la programmazione. Il focus sull’artista, più volte vincitore dei premi Hystrio ed Ubu, si articola in quattro appuntamenti: «Mario e Saleh», spettacolo sul tema dell’immigrazione (dal 19 al 31 gennaio 2021), «Dissonorata. Un delitto d’onore in Calabria» (26 e 27 gennaio 2021), «La Borto» (28 e 29 gennaio 2021) e «Polvere» (30 e 31 gennaio 2021), tre testi in cui domina la figura della donna vittima dell’egoismo maschile.
Seguirà, quindi, lo spettacolo «Le opere complete di William Shakespeare in 90 minuti» (4-14 febbraio 2021), un’immersione leggera e stravagante nel mondo del Bardo, un omaggio divertito e divertente al grande drammaturgo seicentesco, che vedrà in scena Fabrizio Checcacci, Roberto Andrioli e Lorenzo Degl’Innocenti.
Il Menotti ospiterà, poi, «Mater dulcissima» (25 febbraio – 7 marzo 2021), spettacolo di Amedeo Guarnieri, per la regia di Alessandro Averone, liberamente ispirato alla vita di Leonarda Cianciulli, la «saponificatrice di Correggio», che, a quasi cinquant’anni dalla morte (1970), resta una delle figure più affascinanti e controverse della cronaca nera della storia recente.
I riflettori saranno, quindi, puntati sulla comicità dissacrante e sempre attuale degli «Uccelli» di Aristofane (18-28 marzo), sui monologhi e le canzoni indimenticabili di Giorgio Gaber con lo spettacolo «Far finta di essere sani» (8 -18 aprile 2021), su Milvia Marigliano e la vita e i versi di Alda Merini (6-16 maggio 2021), su Mariangela D’Abbraccio e la poesia contemporanea della rock star americana Bruce Springsteen, al centro dello spettacolo «Come un killer sotto il sole» (20-23 maggio 2021).
È, dunque, un ventaglio ampio di proposte quello che il teatro Menotti di Milano ha messo in cantiere per la stagione 2020/2021. Parlano chiaramente i numeri: quindici titoli tra produzioni e spettacoli ospiti, un focus su un autore e regista, un premio teatrale («Scintille 2020»), che il 16 e il 17 ottobre vedrà in scena alcune delle migliori giovani compagnie under 35, per oltre centodieci alzate di sipario
A fare da fil rouge alla programmazione è il nostro tempo incerto, raccontato con sguardi differenti e riflessioni serie e semi-serie, per ritornare così a vivere il teatro, spazio della collettività e dell’incontro, luogo del sogno e della riflessione.

Vedi anche

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Immagine guida dello spettacolo Guida galattica per gli autostoppisti; [fig. 2] Saverio Ruina in «Mario e Saleh». Foto: Le Pera; [fig. 3] Saverio Ruina in «Dissonorata. Un delitto d’onore in Calabria» ; [fig. 4] Milvia Marigliano nello spettacolo su Alda Merini. Foto: Bepi Caroli; [fig. 5] Una scena dello spettacolo «Le opere complete di William Shakespeare in 90 minuti». Foto: Marco Borrelli; [fig. 6] Una scena di  «Mater dulcissima»; [fig. 7] Una scena di «Come un killer sotto il sole». Foto: Salvator Pastor; [fig.8] Una scena dello spettacolo Uccelli di Aristofane. Foto: Gianfranco Ferraro

Informazioni utili 
Teatro Menotti, via Ciro Menotti, 11 - Milano, tel. 02 36592544, biglietteria@tieffeteatro.it | stampa@teatromenotti.org. Orari della biglietteria: dal lunedì al sabato, dalle ore 15.00 alle ore 19.00; domenica ore 14.30-16.00 solo nei giorni di spettacolo. Acquisti online con carta di credito su www.teatromenotti.org. Orari degli spettacolo: martedì, giovedì e venerdì ore 20.30 | mercoledì e sabato ore 19.30 (salvo diverse indicazioni) | domenica ore 16.30 | lunedì riposo. Ingresso: Capitolo 2: intero - 15.00 €, ridotto over 65/under 14 - 10.00 € | Capitolo 3, intero 30.00 € + 2.00 € prevendita, ridotto over 65/under 14 15.00 € + 1.50 € prevendita. Abbonamento: card ricaricabile per 4 spettacoli a 40 €.

lunedì 12 ottobre 2020

Dal Moro di Gifuni alle «Storie» di Massini, al Piccolo Teatro un ottobre all’insegna della drammaturgia contemporanea

Il Piccolo Teatro di Milano mette sotto l’occhio di bue la drammaturgia contemporanea. La prestigiosa istituzione meneghina, che ha da poco nominato suo direttore il regista bolognese Claudio Longhi, allievo di Luca Ronconi, con in curriculum la direzione dell’ERT – Teatro Stabile dell’Emilia Romagna e la cattedra in Discipline dello spettacolo all’Università di Bologna, guarda in questo primo scorcio di stagione ad autori e storie del nostro tempo.
Dopo i lunghi mesi del lockdown, lo scorso 6 ottobre il sipario del teatro Grassi, lo storico spazio di via Rovello, si è aperto su un atteso monologo di Fabrizio Gifuni: «Con il vostro irridente silenzio», uno studio sulle lettere e sul memoriale che Aldo Moro scrisse dal 16 marzo al 9 maggio 1978, durante i cinquantacinque giorni della prigionia.
Lo spettacolo, in agenda fino al 17 ottobre, è la nuova tappa del progetto «Antibiografia di una nazione», dedicato alla nostra storia recente, che in passato ha guardato alle figure di Carlo Emilio Gadda e Pier Paolo Pasolini.
Fabrizio Gifuni, che per questo suo ultimo lavoro si è avvalso della collaborazione dello scrittore Christian Raimo e della consulenza storica di Francesco Maria Biscione e Miguel Gotor, mette in scena quello che per lui è «lo scritto più scabro e nudo della storia d’Italia», un fitto insieme di parole che in pochi hanno letto e in molti hanno preferito dimenticare, sconfessandole sin da subito. Le lettere e il memoriale, in parte diffusi all’epoca e in parte ritrovati nel 1990, sono, infatti, tutt’oggi -si legge sul libretto di sala del Piccolo Teatro- «due presenze fantasmatiche, il corpo di Moro è lo spettro che ancora occupa il palcoscenico della nostra storia di ombre».
Durante la prigionia, lo statista democristiano «parla, ricorda, scrive, risponde, interroga, confessa, accusa e si congeda». Si rivolge ai familiari, agli amici, ai colleghi di partito, ai rappresentanti delle istituzioni. Le parole alla moglie Noretta e al nipotino Luca commuovono; quelle agli esponenti della Dc, che rendono inevitabile un martirio evitabile, indignano. Quello di Aldo Moro è un lucido e terribile j’accuse nei confronti dei dirigenti del suo partito, dall’oscuro Giulio Andreotti all’indeciso Zaccagnini.
Parola dopo parola, capiamo che la morte dello statista pugliese è una ferita ancora aperta della nostra storia, uno dei tanti misteri italiani che mette insieme opportunismo politico, carrierismo, falsità, tradimento e che, forse, riletto ci può dare risposte anche sul nostro oggi.
Il Piccolo Teatro Studio Melato ha aperto, invece, il sipario lo scorso 9 ottobre con «Tu es libre», testo di Francesca Garolla, per la messa in scena di Renzo Martinelli, in cartellone fino al 18 ottobre. Lo spettacolo tratta il tema della libertà di scelta attraverso la storia di una giovane donna francese, Haner, che parte per la Siria, unendosi a un gruppo di combattenti. La sua decisione destabilizza la vita di chi rimane in patria, i genitori, un innamorato, un’amica: tutti cercano di capire che cosa abbia spinto la ragazza a una decisione così lontana dall’etica e dalla morale occidentali. Frammenti di ricordi, sentimenti e impressioni dei protagonisti della vicenda aiutano a comporre un quadro umano complesso e conducono a un’unica conclusione: la comprensione deriva dall’accettazione e dal rispetto dell’altro.
La programmazione proseguirà al teatro Strehler con Paolo Rossi e il suo «Pane o libertà», in agenda dal 13 al 25 ottobre, che vedrà in scena acnche i musicisti Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi, che formano la Anciens Prodiges
Lo spettacolo, già presentato nella rassegna estiva della sala milanese, incrocia vari generi, dalla stand-up comedy alla Commedia dell’arte, per raccontare l’incontro dell’artista con grandi protagonisti del nostro tempo come Jannacci, Gaber, De André e Fo. «Giocando con l’illusione di mettermi sul palco rievocherò i miei sogni lucidi – racconta l’attore-, fatti da storie che aiutano a resistere, costretti a scegliere tra il lavoro o la libertà, tra la salute o la libertà, insomma tra pane o libertà (slogan rubato non mi ricordo a quale pagina de ‘La Peste’ di Camus) o a non scegliere proprio».
Si ritornerà, quindi, al Piccolo Teatro Studio Melato con Stefano Massini che, dal 20 al 25 ottobre, salirà sul palcoscenico per raccontare le sue «Storie», «tratte -si legge nella sinossi dello spettacolo- dal patrimonio della letteratura europea, individuate tra le pieghe della storia, rintracciate nella quotidianità». In scena con lo scrittore ci saranno Paolo Jannacci al pianoforte e Daniele Moretto alla tromba.
Quasi in contemporanea, dal 20 ottobre al 1° novembre, il teatro Grassi ospiterà «The Red Lion» di Patrick Marber, una co-produzione La Pirandelliana/Teatri Uniti, per la regia e la colonna sonora di Marcello Cotugno, che vedrà in scena Nello Mascia, Andrea Renzi e Simone Mazzella. L’allestimento traspone il testo originale dalla provincia inglese a quella campana e «analizza -si legge nella presentazione- con ironia e spietatezza il mondo pieno di contraddizioni e ambizioni del calcio dilettantistico, illuminato/oscurato dalla chimera delle giovani promesse di essere lanciate nel paradiso del professionismo». 
La programmazione di inizio autunno ritornerà, quindi, ad accendere i riflettori al Piccolo Teatro Studio Melato, dove, dal 27 ottobre al 1° novembre, il giornalista Michele Serra proporrà «L’amaca di domani», un racconto ironico e sentimentale, per la regia di Andrea Renzi, nel quale lo scrittore e giornalista racconta di sé e del mestiere fragile e faticoso che fa e che, da ventisette anni, lo porta ogni giorno a condividere le proprie opinioni sulle pagine di un giornale. «Le persone e le cose trattate nel corso degli anni – la politica, la società, le star vere e quelle fasulle, la gente comune, il costume, la cultura – riemergono -si legge nella presentazione- dal grande sacco delle parole scritte con intatta vitalità e qualche sorpresa». 
A chiudere la programmazione per il mese di ottobre sarà al teatro Strehler, dal 28 ottobre all’8 novembre, «La notte dell’Innominato», spettacolo tratto da «I promessi sposi» di Alessandro Manzoni, per la regia e l’adattamento di Daniele Salvo
Eros Pagni dà corpo e voce all’Innominato, interpretando le pagine manzoniane dedicate all’arrivo di Lucia al suo castello e alla notte tormentata in cui la giovane, preda della disperazione, pronuncia il voto di verginità alla Madonna, mentre l’uomo vive l’angoscia e i rimorsi, assillato da scrupoli mai provati, facendo i conti con se stesso, con la sua mancanza di fede, la sua ambizione, la sua finitezza.
L’ottobre del Piccolo Teatro, che vedrà in scena anche la quinta edizione del Mit Jazz Festival, propone, dunque, sette spettacoli, scelti con la consulenza del direttore dimissionario Sergio Escobar, che vanno a raccontare la nostra storia recente, recuperando ciò che è stato per farcelo guardare con occhi nuovi, come nella migliore tradizione del teatro civile.

Vedi anche

Didascalie delle immagini
[Fig. 1 Fabrizio Gifuni in «Il vostro irridente silenzio». Foto: Musacchio, Inanniello e Pasqualini;  [fig. 2] «Tu es libre» di Francesca Garolla. Foto di Laila Pozzo; [fig. 3] Paolo Rossi.  Foto: Monique Foto; [fig. 4] Stefano Massini e Paolo Iannacci. Foto: Piccolo Teatro di Milano; [fig. 5] Michele Serra, protagonista dello spettacolo «L'amaca di domani»; [fig. 6] Una scena dello spettacolo «The red lion». Foto: Salvatore Pastore; [fig. 6] Eros Pagni, in scena al Piccolo Teatro di Milano con «La notte dell’Innominato»

Informazioni utili 
Informazioni e prenotazioni al numero 02.42411889 o sul sito Internet www.piccoloteatro.org | News, trailer, interviste ai protagonisti su www.piccoloteatro.tv

venerdì 9 ottobre 2020

Verona, Luigi Carlon svela la sua collezione a Palazzo Maffei

Verona
ha un nuovo punto di riferimento per gli amanti dell’arte. Inaugurato lo scorso febbraio, pochi giorni prima della chiusura di tutti i luoghi di cultura a causa dell’emergenza sanitaria per il Covid-19, Palazzo Maffei, affascinante edificio in stile barocco che si affaccia su piazza delle Erbe, il cui nucleo originario risale al tardo Medioevo e sorge nell’area del Capitolium, è tornato da poco ad accogliere il pubblico.
Scrigno prezioso per le opere della caleidoscopica collezione dell’imprenditore veronese Luigi Carlon, il palazzo è stato sottoposto a un attento intervento di restauro conservativo -curato dallo studio Baldessari e Baldessari, con la direzione dei lavori di Alessandro Mosconi e l’esecuzione della ditta Massimo Tisato.
Il progetto di riqualificazione, oltre alla messa in sicurezza delle parti instabili e al rifacimento degli impianti, ha interessato la facciata, l’imponente scalone di accesso dall’elegante forma elicoidale autoportante, gli stucchi e le pitture murali del primo piano, di impronta classicheggiante, eseguite con ogni probabilità tra il XVIII e il XIX secolo. Dal punto di vista dell’allestimento, -raccontano da Palazzo Maffei- «il percorso è caratterizzato da una scansione di tinte delle pareti dai colori decisi»: blu carta da zucchero intenso per il salone d’ingresso, rosso carico per le prime stanze, ancora blu (ma dalle tonalità calde) per il salotto dall’elegante trama a disegno oro, bianco gesso, quindi, per una stanza dal sorprendente gusto roccaille e ancora bianco, con innesti di fondi neri, per le sale della seconda manica al piano nobile.
All’interno di queste sale trovano posto le oltre trecentocinquanta opere, che spaziano dal Trecento ai giorni nostri, collezionate da Luigi Carlon nel corso della sua vita, in oltre cinquant’anni di ricerca. Si tratta, nello specifico, di quasi duecento dipinti, una ventina di sculture, disegni e un’importante selezione di oggetti d’arte applicata come mobili d’epoca, vetri antichi, ceramiche rinascimentali e maioliche sei- settecentesche, ma anche argenti, avori, manufatti lignei, pezzi d’arte orientale, rari volumi. Il tutto è esposto secondo un’idea museografica di Gabriella Belli, che si è avvalsa per l’occasione dei contributi scientifici di Valerio Terraroli ed Enrico Maria Guzzo.
Nella prima parte del percorso, connotata dagli scenografici affacci su piazza delle Erbe, si è voluto ricreare l’atmosfera di una dimora privata, ma anche il senso di una wunderkammer e di una sintesi tra le arti, con nuclei tematici d’arte antica in cui irrompe all’improvviso il dialogo con la modernità. Ecco così, per esempio, i tagli di un «Concetto spaziale» di Lucio Fontana su fondo rosso, colore simbolo dell’energia vitale, a confronto con preziosi fondi d’oro tre-quattrocenteschi e fogli miniati del XIII e XIV secolo, o ancora la monumentale «Maternità» (1932 – 1933) di Arturo Martini dialogare con soggetti mariani realizzati tra Quattrocento e Cinquecento da artisti come Antonio Badile, Liberale da Verona e Fra’ Girolamo Bonsignori.
Interessante è anche il contrappunto tra le lacerazioni delle «Combustioni» di Alberto Burri e il «Cavaliere disarcionato» di Marino Marini nel bellissimo bronzo «Piccolo miracolo», simboli della condizione di sofferenza in cui versa l’uomo del XX secolo, con le scene di battaglia del pittore veneziano seicentesco Matteo Stom, animate da cavalli abbattuti a terra, soldati disarcionati, nubi scure che sovrastano il campo dove i nemici si fronteggiano, spade che lumeggiano nell’incrociarsi delle lame.
Un cortocircuito emotivo crea anche il raffronto tra le iconografe classiche di dee, eroine e donne mortali con opere novecentesche come la «Medusa» di Lucio Fontana, opera in ceramica del ‘38-’39 con figure distorte e inquietanti, e la straordinaria «Tete di femme» di Pablo Picasso, con cui l’artista spagnolo raffigura nel 1943, con spigolose e drammatiche pennellate nere e grigie, la sua compagna Dora Maar.
Nella seconda parte del percorso espositivo, dedicata al Novecento e all’arte contemporanea, si è, invece, voluta creare una vera e propria galleria museale, nella quale si scorge la passione di Luigi Carlon per il Futurismo e la Metafisica.
Nelle prime sale Umberto Boccioni è in mostra con uno straordinario capolavoro divisionista del 1907 come «Il Canal Grande a Venezia» accanto a Medardo Rosso, Felice Casorati e Carlo Carrà, del quale è possibile ammirare «La donna e l’assenzio (Donna al cafè)» del 1911.
Grande protagonista dell’omaggio al Futurismo è Giacomo Balla, del quale viene esposta, per esempio, l’opera «Compenetrazioni iridescenti n. 1», tratta dalla serie che l’artista realizzò tra ottobre e dicembre del 1912, in Germania, cercando di rendere visibile l’invisibile, ovvero il dinamismo e le rifrazioni luminose. Siamo di fronte a uno dei primi dipinti totalmente astratti del Novecento.
Gino Severini, Ardengo Soffici e Filippo De Pisis traghettano, quindi, il visitatore nelle sale dedicate alle Avanguardie del Novecento, dove trovano posto lavori, tra gli altri, di Mario Sironi, Alberto Savinio, Magritte, Pablo Picasso, George Braque, Giorgio Morandi, Marcel Duchamp.
Il percorso prosegue con l’arte del secondo Dopoguerra, esponendo opere di Afro, Vedova, Fontana, Burri, Tancredi, De Dominicis, Manzoni e molti altri.
«Il saluto dell’amico lontano», dipinto da Giorgio de Chirico nel 1916, un capolavoro metafisico, accompagna il visitatore verso l’uscita. È, questo, un quadro emblematico che racchiude i segreti della biografia dell’artista, i suoi ricordi domestici, ma anche simboli di quell’«oltre» che ha alimentato di sé tutta l’arte del XX secolo. «L’occhio indagatore, al centro della composizione, che osserva e si fa osservare, -raccontano a Verona- è la rappresentazione dello sguardo duplice dell’uomo contemporaneo, pieno di meraviglia per il mondo che lo circonda, ma anche inquieto e incredulo davanti al mistero e all’inganno della vita che sfugge a ogni argomentazione razionale».
Su questi opposti sentimenti si gioca l'intera collezione di Palazzo Maffei, che non vuole essere solo uno spazio espositivo: eventi, incontri, laboratori didattici e iniziative diverse animeranno, infatti, in breve tempo le giornate della casa-museo, che offre anche una biblioteca specialistica su prenotazione e -dalla balconata che sormonta il palazzo- un’impagabile, emozionante vista sulla città e sulle colline circostanti. Un’emozione tra le emozioni suscitate da un percorso che fa incontrare antico e contemporaneo, mettendo sotto i riflettori la passione di un uomo, di un mecenate contemporaneo, per il magico mondo dell’arte.


 Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Sala IX Salotto blu | Tra le opere visibili nella foto, da sinistra a destra: - Giuseppe Capogrossi, Superficie CP/833/A, 1966. Papier collé applicato su tela | - Gerrit Rietveld, Red and Blue Chair | - Josef Albers, Homage to the Square, 1954. Olio su tavola (Foto Paolo Riolzi); [fig. 2] Sala I - Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie, l’audaci imprese… | Sul fondo: - Zenone Veronese, Il ratto di Elena, s.d..Olio su tela; [fig. 3] Sala VI - L'ira funesta. In primo piano al centro: - Marino Marini, Piccolo miracolo, 1951. Bronzo con interventi di pittura grigia a olio. | Tra le opere visibili nella foto, a sinistra: - Alberto Burri, Tutto Nero, 1957. Acrilico, vinavil e combustione su tela; - Antonio Calza (attribuito), Battaglia contro i turchi, s.d.Olio su tela - Marino Marini, Cavallo e cavaliere, 1953. Tempera e tecnica mista su carta | In alto al centro: - Matteo Stom, Battaglia contro i turchi. Olio su tela | A destra: - Leoncillo Leonardi, Racconto rosso, 1963. Terracotta engobbiata e smaltata (Foto Paolo Riolzi); [fig. 4] Scalone elicoidale (Foto Paolo Riolzi); [fig. 5] Maestro veronese, ambito di Bartolomeo, Giolfino e Giovanni Zebellana, Madonna in trono, Secolo XV. Legno policromato e dorato | Lucio Fontana, Conce o spaziale, 1954. Olio rosso e frammenti di vetri colorati incollati su tela (Foto Paolo Riolzi); [fig. 6] Biblioteca (Foto Paolo Riolzi); [fig. 7] Sala d’ingresso (particolare) - Maurizio Nannucci, New Horizons for Other Visions/ New Visions for Other Horizions, 2020. Installazione site specific, neon blu in pasta di vetro (Foto Paolo Riolzi) 

Informazioni utili 
Palazzo Maffei, piazza delle Erbe, 38 - Verona. Orari: dal lunedì al venerdì, ore 10.00 – 18.00; sabato, domenica e festivi, ore 11.00 – 19.00; 1° gennaio, ore 13.00- 19.00; chiuso il martedì e il 25 dicembre. Ingresso: intro € 10,00, rido o € 8,00; tu e le convenzioni e riduzioni sono consultabili sul sito. Informazioni: tel. 045.5118529 o info@palazzomaffeiverona.com. Sito internet: palazzomaffeiverona.com

giovedì 8 ottobre 2020

Roma ricorda Moira Orfei con una mostra fotografica e un’asta dei suoi gioielli

Era per tutti l’indiscussa «regina del circo italiano». Sotto il tendone, tra domatori di leoni e mangiatori di fuoco, aveva mosso i suoi primi passi e i genitori –il padre Riccardo Orfei, conosciuto come clown Bigolon, e la madre Violetta Arata, abile funambola specializzata nella passeggiata sul cavo d’acciaio- l’avevano mandata subito in scena: ad appena sei anni aveva debuttato come cavallerizza. Con il tempo è diventata il simbolo stesso di una forma di spettacolo, di indubbio fascino e magia, capace ancora oggi di incantare il pubblico di ogni età. Sulla pista circolare si è, infatti, esibita come trapezista, acrobata, domatrice di elefanti e addestratrice di colombe; e ha portato il suo circo, fondato nel 1960, a essere apprezzato in tutto il mondo, tanto da vincere un «Clown d’oro» al festival di Montecarlo nel 1987.
Ma Miranda Orfei, conosciuta da tutti come Moira per la sua bellezza mediterranea, non era solo una circense. Era anche un’attrice teatrale e cinematografica, con più di quaranta film in curriculum, capace di non sfigurare accanto ad artisti del calibro di Vittorio Gassman, Marcello Mastroianni, Totò, Christian de Sica e Nino Manfredi.
Sul set- dove è stata diretta, tra gli altri, da Pietro Germi, Federico Fellini e Luchino Visconti- aveva conosciuto Dino Laurentis e grazie a lui aveva cambiato look, diventando l’«icona kitsch» che tutti ricordano. I suoi abiti vistosi, i gioielli eccentrici, i capelli corvini raccolti a mo’ di turbante, gli occhi esageratamente truccati, le unghie laccate e il rossetto rosso ciliegia sono entrati nell’immaginario collettivo.
A cinque anni dalla scomparsa, avvenuta nel novembre 2015, Roma ricorda Moira Orfei con una mostra fotografica, in cartellone fino al 28 ottobre negli storici saloni di Palazzo del Monte di Pietà.
A organizzare l’appuntamento è stata Affide, azienda leader in Europa e in Italia nel credito su stima, autorizzata dalla Banca d’Italia, con una copertura quasi totale del territorio che comprende quasi quaranta filiali e più di cento sportelli distribuiti su tutto il territorio nazionale –in prevalenza nel Lazio e in Sicilia– e un totale di duecento e trentotto addetti.
Ideata da Alessandro Serena (di Circo e dintorni) e Aurelio Rota (di Lonato in Festival) nell’ambito di Open Circus, progetto di diffusione della cultura circense, la rassegna esalta l'intensissima vita dell’artista, fatta di spettacolo, cinema, riconoscimenti e amore per la famiglia.
Nata “per caso” a Codroipo, in provincia di Udine, nel 1931, da una famiglia di remote origini sinti, dedita all'arte circense da diverse generazioni, Moira Orfei ha incontrato sotto il tendone suo marito, Walter Nones, che ha sposato nel 1961 e dal quale ha avuto due figli, Lara e Stefano, che come nella migliore tradizione, sono stati battezzati nella gabbia dei leoni. La coppia ha conosciuto grandi successi a partire dagli anni Settanta, con attrazioni come «l’uomo proiettile» e il «circo sul ghiaccio», e ha passato tutta la vita in pista, in quel mondo di fantasia e di meraviglia, ma soprattutto in quella «scuola di vita», che li ha visti sempre vivere da nomadi, senza fissa dimora, come i veri artisti.
La mostra anticipa l’asta, prevista per il 29 ottobre, con più di cento gioielli rari e di alto pregio. Oltre ai quarantotto manufatti lasciati in custodia dalla famiglia presso i caveau di Affide, specchio della personalità eccentrica ed esuberante di Moira Orfei, verranno battuti all’asta anche dei preziosi selezionati coerentemente con lo stile dell'artista, ma che non ne sono stati proprietà.
Tra i pezzi più interessanti, e che è possibile vedere anche nella mostra romana, ci sono un anello con diamante (base d'asta 25.0000 euro) e una collana con smeraldi (base d'asta di 15.000 euro).
Si tratta di gioielli carichi di storia, accompagnati da mille aneddoti. Tra i pezzi all’asta è possibile vedere, per esempio, quelli acquistati durante la tournée del circo in Iran, quando nel 1977 la troupe rimase bloccata alla corte dello scià di Persia con cento artisti e cinquanta animali, in seguito all'insurrezione popolare, e il ministero degli Esteri fece inviare l’«Achille Lauro» a recuperare personale, animali e attrezzature.
Ci sono, poi, pezzi unici acquistati durante le tournée in Italia e in altre località come Belgrado, Berlino, Madrid, Barcellona, Istanbul, Sofia, Teheran, Tripoli, La Valletta, Monte Carlo, Atene, Salonicco e Zagabria. 
Camminando tra le sale del Monte di Pietà si ha così l’impressione di vedere ancora una volta Moira Orfei, con le sue «troppaggini» kitsch, con quello stile da regina che aveva scelto per chiudere i suoi «show»: in piedi su una grande carrozza, le braccia larghe e le mani mulinanti, sotto una mantella di piume e un vestito ricco di paillettes. Felice come una bambina.

Informazioni utili 
 I gioielli di Moira Orfei. Palazzo del Monte, piazza del Monte di Pietà, 32/A - Roma. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-18.00. Informazioni: www.affide.it. Fino al 28 ottobre. Asta: 29 ottobre 2020, ore 16.30.

mercoledì 7 ottobre 2020

«L’età dell’oro», Fabrizio Plessi illumina piazza San Marco

Era l’estate del 2001 quando Fabrizio Plessi (Reggio Emilia, 3 aprile 1940), uno dei pionieri della videoarte in Italia, portava a Venezia, nell'ambito della Biennale d’arte, la sua installazione «Waterfire», ulteriore tassello di un’indagine sugli elementi primordiali e primigeni della natura, acqua e fuoco nello specifico, iniziata negli anni Settanta, che lo ha visto esporre in luoghi di grande suggestione come la Valle dei templi di Agrigento, Palazzo Te a Mantova o le terme di Caracalla.
Vent'anni dopo l’artista emiliano, che dall'età di quattordici anni risiede a Venezia, torna in mostra nel «salotto buono» della città lagunare, in piazza San Marco, nello stesso luogo che fece da scenario a «Waterfire»: il museo Correr, o meglio la facciata esterna dell’Ala napoleonica.
«L’età dell’oro» è il titolo della nuova video-installazione luminosa, visibile fino al prossimo 15 novembre sulle quindici grandi finestre che si affacciano verso la Basilica marciana.
L’opera, con le sue cascate virtuali a led luminosi, è il prologo della grande rassegna che la Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro, fresca di restauri dopo i danni causati dall'«acqua granda» del novembre 2019, dovrebbe ospitare nei prossimi per celebrare l’ottantesimo compleanno dell’artista, festeggiato lo scorso aprile, in pieno lockdown.
Ideata nel 2019, come omaggio all'aurea bellezza di Venezia con i suoi mosaici d’oro e le rifrazioni infinite della luce sull'acqua, l’installazione, che si avvale della sponsorizzazione di Dior, è stata ripensata durante i lunghi mesi dell’emergenza sanitaria per il Covid-19, diventando anche un invito alla rinascita e ammantandosi di un’atmosfera spirituale.
Dalle magmatiche cascate in oro in loop, che con il calare della sera accendono di nuova luce piazza San Marco, affiora a caratteri cubitali la scritta «Pax Tibi». È la sintesi dell’espressione «Pax Tibi, Marce, evangelista meus» («Pace a te, Marco, mio evangelista»), locuzione stampata sul Vangelo che il leone veneziano tiene tra le zampe.
Fabrizio Plessi, come un novello alchimista, celebra, dunque, l’antica sapienza artigiana degli indoratori di Venezia, dando attraverso le tecnologie digitali e il suo linguaggio da «navigatore solitario», un unicum ben riconoscibile nel mondo dell’arte contemporanea, nuova vita a un passato glorioso.
«L'età dell'oro» -raccontano al museo Correr- diventa così «un tempo sospeso e circolare, che senza nostalgia ma con concreto senso del presente avvolge Venezia, città oggi ferita ma di eterna incorruttibile bellezza che a tutto sopravvive. L'arte qui non inganna, l'immateriale tecnologico non si finge altro ma espande in una fluida eternità l'aurea materia, a pervadere il tempo e lo spazio della città di pietra avvolta dalla laguna e dalle infinite rifrazioni della luce».
A impreziosire la scenografica installazione, visibile tutti i giorni dalle nove del mattino all'una di notte, è la sonorizzazione di Michael Nyman, che rende ancora più emozionante la visione delle cascate d’oro (ognuna alta quasi quattro metri e mezzo), che scendono dalle finestre del museo Correr, riverberandosi con i loro riflessi, durante le ore notturne, sulla piazza e sugli edifici adiacenti. Fabrizio Plessi vuole così dirci che Venezia e il nostro Paese hanno tutti gli anticorpi per rinascere dopo questo momento difficile, per vivere una nuova e mitica «età dell’oro».

Informazioni utili

martedì 6 ottobre 2020

Milano, al Piccolo Teatro è tempo di jazz

È tempo di musica al Piccolo Teatro di Milano. Puntuale con l’inizio dell’autunno torna il Mit Jazz Festival. Questa quinta edizione prenderà il via nella serata di lunedì 11 ottobre, alle 21, e vedrà salire sul palco la Civica Jazz Band, diretta da Enrico Intra, emanazione dell’eccellenza didattica dei corsi di jazz della Civica scuola di musica «Carlo Abbado di Milano».
«Il Jazz è donna» è il titolo dell’appuntamento, alla sua terza edizione, che vedrà salire sul palco, tra gli altri, Emilio Soana e Marco Mariani alla tromba, Andrea Andreoli al trombone, Giulio Visibelli ai sassofoni e flauto, Marco Vaggi al contrabbasso e Tony Arco alla batteria.
La formula è nota: ogni musicista porterà un brano – di propria composizione o parte del repertorio internazionale del jazz – arrangiato per big band, e lo eseguirà come solista in seno all’orchestra.
L’insieme delle scelte andrà a comporre un panorama musicale estremamente vario, che permetterà di approcciarsi all’«altra metà del suono», ormai diventata una realtà rilevante non solo qualitativamente, ma anche numericamente, nel quadro della scena nazionale.
In questo articolato quadro si passerà dal funky-blues di Caterina Crucitti, bassista elettrica di punta nella scena italiana che vanta importanti collaborazioni nazionali, al mainstream elegante della diciassettenne Camilla Rolando, giovane talento della tromba che guarda con attenzione alla tradizione moderna del jazz. Mentre una proposta articolata e modernissima sarà quella della sassofonista Rosarita Crisafi. Il piano e la voce di Laura Fedele, figura di riferimento nella vocalità jazzistica italiana, ci porteranno, poi, nell’ambito di un originale mainstream contemporaneo intriso di blues feeling, laddove il virtuosismo di stampo boppisitico del giovane astro della chitarra jazz italiana Eleonora Strino e la musica di impronta modale, intensa e ricca di colore, della pianista Aisha Ruggieri completeranno il quadro di un concerto che offre un panorama stilisticamente eterogeneo e di alto profilo artistico.
La rassegna proseguirà nella serata di lunedì 26 ottobre, alle ore 19.30, con l'omaggio di un talentuoso musicista svizzero, il Franco Ambrosetti (considerato da Miles Davis «il più ‘nero’ tra i trombettisti bianchi»), a un altro caposaldo del jazz europeo: il pianista, compositore e direttore d’orchestra George Gruntz, scomparso nel 2013. 
Durante l’appuntamento verrà proposta la musica di un progetto discografico di grande rilievo realizzato per l’etichetta Enja nel 1985: l'album «Tentets», per il quale Gruntz scrisse tutti gli arrangiamenti e una composizione, mentre Ambrosetti fu solista principale e autore di due brani. 
«Il risultato -raccontano gli organizzatori- fu un jazz nella linea del più evoluto contemporary mainstream, in cui la scrittura non soffocava la forza e il peso delle improvvisazioni, lasciando al trombettista svizzero lo spazio per creare le sue fantasiose e coinvolgenti invenzioni, circondato da altri grandi strumentisti quali, tra tutti, Michael Brecker, Steve Coleman, Dave Holland e Tommy Flanagan».
Per l’occasione, la Civica Jazz Band si proporrà in un ensemble del quale fanno parte tutti i suoi solisti stabili oltre al pianista Mario Rusca e al sassofonista Gabriele Comeglio, figure di assoluto rilievo nella scena nazionale e continentale del jazz. Per l’occasione, anche il direttore della band, Enrico Intra, siederà in alcuni brani al pianoforte.
A questi appuntamenti si aggiungerà, nella serata di lunedì 2 novembre, il collaudato e singolare appuntamento di «Piani diversi», un incontro dialettico tra pagine classiche della musica scritta e l'improvvisazione jazzistica, che coinvolgerà il maestro del piano classico Carlo Balzaretti, un grande del jazz come Enrico Intra e il musicologo Maurizio Franco. Il progetto, inaugurato dalla Gioventù musicale di Modena quindici anni fa, è stato proposto in molte sale italiane, dall’estremo sud alle Dolomiti, ottenendo sempre un alto gradimento da parte del pubblico.
La serata è sempre ricca di sorprese e sarà così anche questa volta. Unica indicazione per il programma al Piccolo Teatro è che, in questa occasione, il repertorio verrà scelto tra autori che hanno guardato al mondo del jazz o, in qualche modo, sono stati e sono un riferimento per i jazzisti.

Didascalie delle immagini
[Figg.  1, 2, 3] Enrico Intra. Foto: Attilio Marasca; [fig. 4] Le interpreti di «Jazz è donna»

Informazioni utili
MitJazz Festival - Edizione 2020. Piccolo Teatro Grassi e Teatro Strehler - Milano. Quando: lunedì 19 e 26 ottobre, lunedì 2 novembre 2020; ore 21. Prezzi: posto unico 20 euro; acquisto contestuale tre concerti 45 euro. Informazioni e prenotazioni: tel. 02.42411889. Sito internet: www.piccoloteatro.org.  

AGGIORNAMENTO DEL 21 OTTOBRE 2020:  In ottemperanza all'ordinanza emanata dal Ministero della Salute in accordo con la Regione Lombardia, che prevede la chiusura dalle 23 alle 5, i concerti del 26 ottobre e del 2 novembre sono antipati alle ore 19.30. 

lunedì 5 ottobre 2020

Ricette a fumetti a Casa Artusi. Alberto Rebori rilegge «La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene»

Sul suo libro «La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene» si è plasmato un pezzo di identità nazionale. Nel 1891, Pellegrino Artusi (Forlimpopoli, 4 agosto 1820 – Firenze, 30 marzo 1911), intellettuale gourmet romagnolo di nascita e fiorentino d’adozione, pubblicava a sue spese, per i tipi dell’editore Landi, un manuale di cucina destinato a entrare nella storia.
Con buona pace del professor Francesco Trevisan -che, lette le bozze, pronosticò per il libro «poco esito»- il ricettario di Pellegrino Artusi, un vero e proprio Vangelo per gli chef stellati e le semplici massaie con la passione per i fornelli, vanta oggi oltre cento edizioni, più di un milione di copie vendute e traduzioni in svariate lingue, dall’inglese all’olandese, dal tedesco al russo, senza dimenticare il portoghese, lo spagnolo, il francese e persino il giapponese.
Il manuale, che raccoglie settecento e novanta ricette della cucina casalinga italiana (nella prima edizione erano quattrocento e settantacinque), dà conto, con uno stile arguto e graffiante, dell’enorme mosaico di tradizioni gastronomiche regionali del nostro Paese, proponendo un percorso tra fritture, ripieni, umidi, minestre, salse, arrosti, lessi, liquori, antipasti -anzi «principii»-, gelati e conserve.
L’opera, nata da oltre vent’anni di ricerche e viaggi dell’autore, è considerata di grande importanza dalla critica non solo per il suo apporto alla formazione culturale del nostro Paese, ma anche per il modello linguistico utilizzato, che contribuì alla diffusione dell’italiano standard nella penisola, insieme ad altri due libri molto letti come «I promessi sposi» di Alessandro Manzoni e «Pinocchio» di Collodi.
In occasione dei duecento anni dalla nascita di quello che viene unanimemente considerato «il padre della gastronomia moderna», la sua città natale promuove la mostra «Pellegrino Artusi 1820 - 2020. Ricette a fumetti di Alberto Rebori», a cura del libraio antiquario milanese Andrea Tomasetig. L’esposizione, in programma dal 9 al 2 novembre avrà per scenario Casa Artusi, realtà ubicata all’interno del complesso dell’ex Chiesa di Sant’Antonio abate, detta «dei Servi di Maria», un antico monastero della seconda metà del XV secolo, ristrutturato dall’Amministrazione comunale nel 2007, che si articola in oltre duemila e ottocento metri quadrati, suddivisi in diversi spazi: dalla biblioteca alla scuola di cucina, dal museo al ristorante, dalla cantina alla bottega con i prodotti dell’eccellenza enogastronomica italiana.
A tenere a battesimo l’evento sarà, nelle giornate di venerdì 9 e sabato 10 ottobre, il convegno «La ricetta liberata», disponibile anche in diretta streaming sulla pagina Facebook di Casa Artusi. Attraverso autorevoli e sfaccettati interventi, il simposio parlerà della lezione di Pellegrino Artusi che della cucina ha saputo fare un racconto di vita e racconterà di come il cibo sia oggi protagonista di diversi settori della nostra vita, dal cinema alla scrittura, dalla radio alla fotografia.
La mostra a Casa Artusi ha una storia che parte da lontano. Nel 2001 l’editore Maurizio Corraini, da sempre attento al mondo dell’arte (tanto da avere anche una galleria d’arte contemporanea a Mantova), decide di pubblicare una nuova edizione integrale dell’«Artusi» e invita a realizzare i disegni di accompagnamento Alberto Rebori (Chiavari, 1961 – Milano, 2016), eccellente illustratore e disegnatore di fumetti, dallo stile surreale e unico, premiato nel 2000 con l’Andersen per il volume «Piccolo re» di Mondadori e con all’attivo collaborazioni con importanti giornali, da «Vanity Fair» al «Corriere della Sera», da «Elle» a «Linus».
Il risultato di questa collaborazione editoriale sono più di cento disegni in bianco e nero e ottanta tavole a colori che vengono tutti pubblicati a corredo del ricettario di Artusi in una tiratura speciale stampata su carta pregiata, in sole tre serie numerate e firmate.
Da questo corpus di lavori, tutti realizzati a computer, sono state selezionate per la mostra di Forlimpopoli soltanto trentotto tavole, trentacinque a fumetti e tre libere, che raccontano con parole e immagini venti ricette artusiane. 
 Accanto a questo piccolo gruppo di disegni, Andrea Tomasetig - al lavoro su un progetto pluriennale dedicato alla cultura enogastronomica, che prossimamente farà tappa anche a Parigi- ha voluto esporre, in teca, alcune preziose edizioni de «La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene». Si tratta di una copia coeva di Pellegrino Artusi e di altre più recenti, tra le quali si segnalano la preziosa edizione critica a cura di Alberto Capatti, il più importante esperto sul gastronomo di Forlimpopoli, edita nel 2010 da Bur e la versione di Corraini del 2001.
Con uno stile divertente e allo stesso tempo rispettoso, Alberto Rebori ha saputo rapportarsi alle ricette originali, trascrivendo le frasi e le parole di Pellegrino Artusi in testa alle vignette e nelle nuvole presenti in ogni tavola.
Animali, verdure, cibi, stoviglie si animano di vita propria nei vari disegni ambientati nella cucina dove Rosa e Vittorio –gli zii dell’illustratore, eterni protagonisti delle sue storie– eseguono le varie ricette.
L’allestimento della mostra, ideato dall’architetto Leo Guerra, mette così in fila alcune vignette dal segno veloce e dalla battuta arguta: «Sandwichs, ricetta N. 114», dove il pane si lamenta di essere affettato, «Piccione coi piselli, ricetta N. 354», dove i piccioni si chiedono se davvero la loro fine migliore sia in umido con i piselli, o ancora «Salsa di pomodoro, ricetta N. 125», con un prete romagnolo dal lungo naso che, a furia di «mettere lo zampino» in «ogni affare domestico», viene trasformato in un grosso ortaggio. 
Come giustamente scrive Alberto Capatti nel testo introduttivo, l’artista traduce, dunque, «le ricette in animazione, distribuisce ruoli, scrive, per ognuna, il copione, le rivive dall’interno, con il cuore che batte, la bocca che ride e un disegno che stana i segreti gastronomici». Il tutto per raccontare l'attualità di un libro che ha fatto la storia d'Italia. 

Informazioni utili 
Pellegrino Artusi 1820-2020. Ricette a fumetti di Alberto Rebori. Casa Artusi - Chiesa dei Servi, via Costa, 23-27 - Forlimpopoli (Forlì-Cesena). Orari: lunedì 15-18; martedì 9-12.30; mercoledì 15-18; giovedì 9-12.30; venerdì 9-12.30 e 15-18; sabato 9.30-12.30; domenica 9.30-12.30. Ingresso gratuito. Informazioni: info@casartusi.it | tel. 0543.743138 | cell. + 39.349.8401818. Dal 9 al 2 novembre 2020.