ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 24 dicembre 2020

Il calendario delle feste: quattordici giorni di mostre virtuali, spettacoli in streaming ed eventi on-line da non perdere

È inutile negarlo. Tra tradizioni cancellate, restrizioni sugli spostamenti tra regioni e comuni, distanziamento sociale, cenoni con pochi intimi ci aspettano delle feste diverse dal solito. Il Covid-19 ha stravolto ancora una volta i nostri piani, portando l’Italia in zona rossa nei giorni del 24, 25, 26, 27 e 31 dicembre, 1, 2 e 3, 5 e 6 gennaio. I luoghi della cultura - musei, teatri e cinema - rimangono ancora chiusi, ma vivono on-line grazie a un ricco calendario di eventi. Di seguito quattordici appuntamenti, uno per ogni giorno di festa, da assaporare tra le pareti di casa.


  #Giovedì 24 dicembre 2020 
«UN CANTO DI NATALE» PER IL BAGATTI VALSECCHI DI MILANO 
Foto di Laila Pozzi

Una commovente storia sulla possibilità di modificare il proprio destino. Un’intensa riflessione su come solidarietà e bontà d’animo possano diventare motori per la creazione di un mondo migliore. Ma, soprattutto, una delle favole più toccanti che siano mai state scritte. Tutto questo è «Un canto di Natale», racconto scritto nel 1843 da Charles Dickens, che porta nelle nostre vite (e nel nostro calendario) la magia della festa per il compleanno di Gesù, un giorno speciale in grado di risvegliare sentimenti puri come l’amore e la tolleranza, il rispetto per gli altri e la serenità quotidiana del focolare domestico.
Questo racconto è al centro dello spettacolo prodotto dalla Fondazione Cologni dei mestieri d’arte, in collaborazione con la Civica scuola di teatro Paolo Grassi – Fondazione Milano e l’Associazione Noema, che sarà visibile da giovedì 24 dicembre sul sito del museo Bagatti Valsecchi di Milano (www.museobagattivalsecchi.org) in un video realizzato da Emanuele Zamponi.
Il racconto teatrale, che alterna musica e parole, porta la firma di Andrea Piazza, autore sia della riduzione scenica del romanzo dickensiano che della regia.
La storia è in parte rivisitata per l’occasione: due fantasmi, ex attori - interpretati da Riccardo Bursi e Fabrizio Calfapietra - si aggirano per le sale della casa-museo milanese ricordando i tempi passati e decidendo di rileggere la storia del tirchio ed egoista Ebenezer Scrooge, visitato nella notte di Natale da tre spiriti - il Natale del passato, del presente e del futuro – che gli fanno acquisire consapevolezza sui propri errori. Ad arricchire lo spettacolo saranno alcune carole natalizie interpretate dal quintetto dell’Ensemble vocale Harmonia Cordis, nei panni ultraterreni di ex coristi del teatro alla Scala di Milano, che evocheranno, di volta in volta, atmosfere festose, meditative e gioiose. 


# Venerdì 25 dicembre 2020 
GLI UFFIZI SUL WEB: UN VIRTUAL TOUR E DUE VIDEO SOTTO L’ALBERO 
È dedicata al celebre Trittico Portinari del pittore fiammingo Hugo Van der Goes, splendido capolavoro del Rinascimento, la mostra virtuale che gli Uffizi di Firenze (www.uffizi.it) hanno pensato per il Natale 2020, nell'ambito del progetto «Ipervisioni».
L'esposizione virtuale offre agli internauti l’opportunità di uno sguardo ravvicinato su tutti i particolari che compongono il lavoro e sulla raffinata tecnica pittorica con la quale fu realizzato.
Costituito da una tavola centrale con l’«Adorazione dei pastori» e due sportelli laterali raffiguranti i committenti accompagnati dai loro santi protettori, il gigantesco trittico fu dipinto nelle Fiandre tra 1473 e 1478 su commissione di Tommaso di Folco Portinari (1428-1501), banchiere fiorentino agente del Banco mediceo a Bruges e influente consigliere presso la corte borgognona. L'opera venne, poi, spedita a Firenze, dove giunse il 28 maggio 1483, dopo un avventuroso tragitto via mare e via fiume, per essere esposta nella chiesa di Sant’Egidio, annessa allo Spedale di Santa Maria Nuova.
Il lavoro suscitò subito enorme curiosità ed ammirazione in tutta la città. Artisti come Filippino Lippi, Domenico Ghirlandaio, Luca Signorelli e Leonardo da Vinci restarono fortemente impressionati dagli effetti brillanti della tecnica a olio e dal realismo rivoluzionario della raffigurazione.
Coordinato e curato da Cristina Gnoni Mavarelli, storica dell’arte e curatrice delle Gallerie degli Uffizi, il percorso virtuale è strutturato in sezioni che illustrano con ampiezza di dettagli la storia, i protagonisti dell’opera e la sua complessa iconografia. Ma non solo: la moda e i costumi straordinari dei personaggi sono spiegati da Daniela Degli Innocenti, conservatrice del Museo del tessuto di Prato; i sontuosi gioielli indossati dai membri della famiglia Portinari e dagli angeli vengono, invece, interpretati dalla storica dell’arte Silvia Malaguzzi
In occasione del Natale, saranno realizzati anche due video speciali per la pagina Facebook.
Il primo è dedicato a uno dei notturni più famosi e suggestivi della storia dell’arte: l’«Adorazione del Bambino», realizzata tra il 1619 e il 1620 da Gherardo delle Notti. Nell’opera, Maria, Giuseppe e due angioletti osservano amorevolmente il neonato Gesù avvolto in fasce che, sprigionando luce dal suo corpo, illumina e riscalda i loro volti. A illustrare il dipinto è la storica dell’arte Monica Alderotti.
Nell'altro video, in uscita propria nel giorno di Natale, viene raccontata l’avventura di un gruppo di bambini che, accompagnati da Babbo Natale nelle vesti di Cicerone, vanno alla scoperta degli Uffizi curiosando tra le sale del museo chiuso. 


#Sabato 26 dicembre 2020 
A CASA CON CLAUDE MONET E GLI IMPRESSIONISTI 
Sono raramente usciti di casa, ma non per paura del virus. Stiamo parlando dei cinquantasette capolavori impressionisti, provenienti dal Musée Marmottan Monet di Parigi, attualmente ospitati nella solitudine delle sale di Palazzo Albergati a Bologna, in attesa che musei e spazi espositivi, chiusi in ottemperanza all’ultimo Dpcm per contrastare la diffusione del Coronavirus, possano riaprire al pubblico.
Claude Monet, Eduard Manet, Pierre Auguste Renoir, Edgar Degas, Jean-Baptiste Camille Corot, Alfred Sisley, Gustave Caillebotte, Berthe Morisot, Eugéne Boudin, Camille Pissarro e Paul Signac sono gli indiscussi protagonisti della mostra bolognese, curata da Marianne Mathieu, che nei giorni delle feste sarà possibile vedere on-line grazie a cinque visite guidate programmate per le giornate di giovedì 26 e mercoledì 30 dicembre, venerdì 1°, domenica 3 e mercoledì 6 gennaio, sempre alle ore 18.
Al prezzo di 5 euro si potrà accedere virtualmente nelle sale di Palazzo Albergati, con un semplicissimo collegamento Zoom.
La visita, con Sergio Gaddi, non è un tour virtuale pre-registrato, ma una vera e propria visita guidata, sala per sala, che permetterà di godersi - da soli o in compagnia della famiglia o degli amici - dal televisore, dal computer o anche dal proprio smartphone, un viaggio unico tra i capolavori di quegli artisti che, sul finire dell'Ottocento, immortalarono sulla tela la luce e l'aria.
Accanto a opere cardine dell’Impressionismo francese come «Portrait de Madame Ducros» (1858) di Degas, «Portrait de Julie Manet» (1894) di Renoir e Nymphéas (1916-1919 ca.) di Monet, sono esposti lavori inediti perché mai usciti dal museo parigino. È il caso di «Portrait de Berthe Morisot étendue» (1873) di Édouard Manet, «Le Pont de l’Europe, gare Saint- Lazare» (1877) di Claude Monet e «Jeune Fille assise au chapeau blanc» (1884) di Pierre Auguste Renoir.
La visita guidata può essere acquistata sui siti www.arthemisia.it o www.palazzoalbergati.com (se si tratta di un regalo a terzi, bisogna specificare nei campi appositi i dati del partecipante all’evento: nome, cognome ed e-mail). A partire dalle ore 15.00 del giorno dell’evento, sarà inviata da Zoom l’ e-mail con il link e le credenziali di accesso per partecipare alla visita in diretta. Alla fine dell’incontro, della durata di circa un’ora, sarà possibile fare domande e approfondire i temi della visita per conoscere ancora meglio uno dei generi pittorici, l’Impressionismo, più amati dal grande pubblico. 


#Domenica 27 dicembre 2020 
«CHE VIAGGIO IL TEATRO!»: BRACHETTI RACCONTA LA MAGIA DEL PALCOSCENICO 
Applausi, luci, quinte, risate, bauli, costumi: in una parola teatro. La magia del palcoscenico va in scena al Sociale di Trento, per iniziativa del Centro servizi culturali Santa Chiara
In scena ci sarà Arturo Brachetti, «l’uomo dai mille volti», l’artista italiano considerato in tutto il mondo «la leggenda del trasformismo».  Con la complicità di Andrew Basso, Luca Bono, Filiberto Selvi e I Lucchettino, l'attore torinese condurrà il pubblico per mano alla scoperta del palcoscenico e dei luoghi dello spettacolo, dal palco d'onore ai sotterranei.
«Che viaggio il teatro!», questo il titolo dello spettacolo, verrà trasmesso in streaming dal 24 al 28 dicembre, con i seguenti orari: il 24 dicembre alle ore 16.30, il 25 dicembre alle ore 16.30 e alle ore 21, il 26 dicembre alle ore 16.30 e alle ore 21, il 27 dicembre alle ore 21, il 28 dicembre alle ore 21.
L’evento sarà disponibile sul sito internet del Centro Santa Chiara (nella sezione Teatro virtuale - Streaming) e sarà possibile accedervi gratuitamente, previa prenotazione obbligatoria da effettuare on-line, all’interno della scheda relativa allo spettacolo. 
Per maggiori informazioni è possibile consultare il sito www.centrosantachiara.it o chiamare il numero verde 800013952. 


# Lunedì 28 dicembre 2020 
LA RIVISTA DI PALAZZO MADAMA SI SFOGLIA SUL WEB 
Era il 2010 quando Palazzo Madama, realtà afferente alla Fondazione Torino Musei, si dotava di una rivista, pubblicata da Silvana editoriale, con notizie sulla sua attività, dalle ricerche alla conservazione. Ridurre i costi e il consumo di carta, oltre che raggiungere un pubblico più ampio, erano obiettivi su cui si si discuteva già da un po’ all'interno del museo sabaudo. La pandemia da Covid-19 ha accelerato i tempi e ha costretto a rivedere le strategie di comunicazione. In un anno, come il 2020, dove un’enorme mole di materiali è confluita sui canali digitali e sui social, diventati lo strumento principale del nuovo dialogo tra i musei e i loro visitatori, anche la rivista di Palazzo Madama, poco prima di Natale, ha fatto il suo debutto sul Web con il quinto numero.
Da sempre riservata a specialisti e addetti ai lavori, la pubblicazione si apre così al grande pubblico con articoli in formato PDF scaricabili gratuitamente.
Per agevolare la scrittura dei testi, non semplice in un periodo di apertura a singhiozzo di archivi e biblioteche, si è scelta una modalità agile anche nel lavoro editoriale, che è stato scaglionato in previsione di tre uscite programmate da dicembre a marzo
Ora sono leggibili un intervento di Gabriele Rogina sul crocifisso romanico in bronzo del Museo civico d’arte antica, uno studio di Stefania Capraro sulla protezione delle opere d’arte dei musei civici di Torino tra la prima e la seconda guerra mondiale, un articolo di Cristina Maritano intitolato «Sulle tracce di Francesco Durantino a Torino» e una ricerca di Anna La Ferla sugli «Amici del Museo civico», con le loro prove di museo partecipativo nella ricostruzione culturale del secondo Dopoguerra (1947-1958).
Il primo numero on-line della rivista -scaricabile al link www.palazzomadamatorino.it/it/palazzo-madama-studi-e-notizie-0 - presenta, nel suo complesso, contribuiti che spaziano dagli smalti en ronde-bosse alla scultura lignea sudtirolese, dalla maiolica rinascimentale alla pittura napoletana. 
Oltre alle rubriche dedicate ai nuovi allestimenti, ai restauri e alla didattica, due importanti regesti costituiscono un bilancio dell’ultimo decennio di attività espositiva e di acquisizioni: il primo, già disponibile, è dedicato alle mostre realizzate a Palazzo Madama o dallo staff del museo sabaudo in altre sedi; il secondo è sulle acquisizioni del decennio 2011-2020. 
La Fondazione Torino Musei sperimenta così un nuovo modo di raccontare l’arte in tempi di lockdown, ben consapevole - come si legge nell’editoriale - che «affidarsi a Internet è come indossare gli stivali dalle sette leghe». La speranza è di andare molto, molto lontano. 


#Martedì 29 dicembre 2020 
A CASA DI RAFFAELLO 
Il 2020 è stato l'anno di Raffaello Sanzio. Mentre si avvia alla chiusura il cinquecentenario dalla morte del «Divin pittore», anniversario in larga parte funestato dall'epidemia di Covid 19, vale la pena sfruttare le potenzialità del Web e farsi una passeggiata virtuale a Urbino, tra le stanze della casa natale dell’artista (www.casaraffaello.com).
La visita, arricchita di documentazione fotografica e audio, ma anche di approfondimenti scritti, permette di immergersi a 360° nella dimora in cui il grande genio del Rinascimento mosse i suoi primi passi alla scuola del padre, il pittore Giovanni Santi, definito da Giorgio Vasari «di non gran merito, ma di buona intelligenza». In questo luogo, Raffaello ha «imparato -scrisse Carlo Bo, nel 1984- la divina proporzione degli ingegni, soprattutto ha imparato il valore della filosofia, della dignità da dare al suo lavoro di Pittore».
Dopo vari passaggi di proprietà, la casa, costruita nel XV secolo, venne acquisita nel 1873 dall’ Accademia Raffaello che, grazie a una pubblica sottoscrizione e al generoso contributo del nobile londinese John Morris Moore, vi pose la propria sede e ne divenne gelosa custode.
Grazie all’interesse di questa istituzione, la dimora si è arricchita nel tempo di numerose opere d’arte: dipinti, sculture, ceramiche e arredi lignei, in gran parte strettamente connessi alla figura di Raffaello.
Al primo piano si apre un'ampia sala con soffitto a cassettoni, dove è conservata un'«Annunciazione», tela di Giovanni Santi, assieme a copie ottocentesche da Raffaello: la «Madonna della Seggiola» e la «Visione di Ezechiele». Mentre in una piccola stanza attigua, ritenuta la stanza natale del pittore, è collocato l'affresco della «Madonna col Bambino», attribuito dalla critica ora a Giovanni Santi, ora a Raffaello giovane. Di particolare interesse, lungo il percorso espositivo, sono, poi, un disegno assegnato a Bramante (1444 - 1514) e la raccolta di ceramiche rinascimentali della Collezione Volponi. Al piano superiore sono, invece, conservati manoscritti, edizioni rare, monete, ritratti: tipici esempi della cultura ottocentesca con significato rievocativo e celebrativo.
Gli amanti di Raffaello possono completare il proprio approfondimento con la visita a due musei virtuali dedicati all’artista. Si può iniziare il viaggio dalla pinacoteca creata da Musement, piattaforma digitale per la prenotazione di attività turistiche e di biglietti per attrazioni ed eventi, che allinea un centinaio di opere, tra capolavori e gemme poco conosciute al grande pubblico, compresi gli affreschi, dalla «Madonna di casa Santi» alla «Scuola di Atene», nella Stanza della Segnatura in Vaticano. 
Mentre la piattaforma BricksLab, che ospita contenuti editoriali per la didattica, propone Raffaello VR, progetto che focalizza l’attenzione su ventidue opere dell’artista e ne racconta la vita offrendo informazioni, guide e approfondimenti utili. I contenuti, creati da Skylab Studios, prevedono anche una sezione Lis per i non udenti e sfruttano, tra l’altro, la tecnica del morphing: i protagonisti dei quadri diventano cartoni animati che raccontano la loro storia. 
 Questi giorni di festa diventano così l’occasione per scoprire o riscoprire l’arte del «Divin pittore», il «principe delle arti» che ha messo in scena un mondo che sembra non esistere se non in una dimensione platonica, metafisica. 


#Mercoledì 30 dicembre 2020 
«LA PRIMA ONDA», LA PANDEMIA A MILANO DIVENTA UN FILM 
Chi la scorderà mai la primavera del 2020 con le strade della città deserte, le code davanti ai supermercati, il bollettino giornaliero della Protezione civile e la lotta contro un virus, arrivato in sordina dalla Cina e destinato a cambiare per sempre il nostro modo di vivere? Quei giorni incerti e difficili, che ci hanno messo di fronte alla precarietà dei nostri progetti e che ci hanno dato in sorte un domani da disegnare con uno sguardo più solidale e attento all’altro, sono al centro del film «La prima onda – Milano al tempo del Covid 19», disponibile gratuitamente, fino al prossimo 19 gennaio, su Rai Cinema Channel (www.rai.it/raicinema), nella sezione Doc.
Circa un centinaio di artisti e professionisti dell’audiovisivo, tra cui cinquantasette registi e filmmaker, hanno partecipato alla produzione del lungometraggio raccontando quanto stava succedendo nei giorni della massima emergenza, dal 23 febbraio al 10 maggio, in modo artistico e creativo, non giornalistico.
Per settantuno minuti si dipana un racconto a più voci, che non si limita alla mera osservazione dell’emergenza, ma va oltre la superficie delle cose, offrendo delle letture personali di questa nuova realtà che si è chiamati ad affrontare, dando un nuovo significato agli eventi nel loro stesso divenire.
«Un episodio di portata storica e mondiale, ma che è stato vissuto in isolamento, - raccontano da Mir Cinematografica, ente co-produttore del progetto - assume così il carattere di esperienza collettiva grazie al cinema che, pur comprendendo momenti anche tragici, ne restituisce una rappresentazione che sconfigge il senso di solitudine». Siamo tutti sulla stessa barca. Solo insieme -distanti, ma uniti- riusciremo «a riveder le stelle». 


# Giovedì 31 dicembre 2020 
UN VECCHIONE DIGITALE E D’ARTISTA PER BOLOGNA 
È una delle tradizioni più sentite di Bologna. Da quasi un secolo, dal 1922, la città felsinea accoglie il Capodanno con il falò del Vecchione. Quest’anno, a causa delle misure sanitarie per contenere la diffusione del Coronavirus, non sarà possibile riunirsi in piazza Maggiore per vedere bruciare il gigantesco fantoccio di cartapesta, imbottito di petardi, che di anno in anno ha visto all’opera pittori e scultori contemporanei, da Sissi a Emilio Tadini, da Pirro Cuniberti a Sebastian Matta. Nell’annus horribilis del Covid -19 il rito scaramantico cambia pelle, coinvolgendo una delle disegnatrici più note a livello nazionale: Chiara Rapaccini, in arte Rap, autrice – tra l’altro - delle irresistibili tavole degli «Amori sfigati». 
Alle 23.45 di giovedì 31 dicembre collegandosi al sito www.comune.bologna.it sarà possibile scambiarsi un augurio a distanza e vedere un corto d’autore in cui l’artista fiorentina di nascita e romana d’adozione, autrice anche della cartolina d’auguri che verrà distribuita nei prossimi giorni in tutte le buchette postali della città, reinterpreta in chiave digitale il rogo del Vecchione; seguirà la visione di due video inediti prodotti dal teatro Comunale e dalla Cineteca di Bologna.
Al rogo telematico si affiancherà l’iniziativa di crowdfunding «Capodanno del cuore» a favore di Ageop ricerca e Piccoli grandi cuori onlus, due realtà che da decenni si occupano rispettivamente di piccoli pazienti oncologici e cardiopatici congeniti. Fino al prossimo 10 gennaio sarà possibile dare il proprio contributo solidale sul sito www.ideaginger.it.
Chi aiuterà, anche con pochi euro, questi servizi rivolti all’infanzia riceverà in cambio originali ricompense in stile Rap, tutte in edizione limitata ed esclusiva: mascherine, magneti, quaderni, shopper, fino ai bozzetti inediti della campagna Capodanno 2021, prodotti in serie numerata e autografati dall’artista.
Il primo di questi pezzi è già stato assegnato al vincitore della call dedicata ai Vecchioni del passato (www.comune.bologna.it/cultura/il-vecchione-d-artista). Si tratta di Sandro Rimondini, classe 1933, medico del Bellaria e poi del Maggiore, che ha raccolto nell'arco di più di trent’anni immagini e articoli di giornale sul Capodanno bolognese, e che ha vinto con una foto che raffigura il Vecchione del 1996, realizzato dal grande artista belga Jean-Michel Folon


# Venerdì 1° gennaio 2021 
PRATO, UN CAPODANNO TRA NOTE E COLORI AL MUSEO DI PALAZZO PRETORIO 
Si intitola come un lavoro di Alessandro Scarlatti, «Nel mar che bagna a Mergellina il piede», il recital musicale che l’ensemble Cappella neapolitana, diretto dal maestro Antonio Florio, ha ideato per il Capodanno 2021 del Museo di Palazzo Pretorio a Prato. 
In diretta streaming nella mattina di venerdì 1° gennaio, alle ore 11, sul sito e sui canali social dell’istituzione toscana (www.palazzopretorio.prato.it), il concerto offrirà brani inediti di autori del Seicento napoletano attraverso un’accattivante antologia che spazia da pezzi con accenti popolari ad altri di ricercata raffinatezza come la «Sonata K 29» di Domenico Scarlatti o «Lena mo’ sì ca propeto» di Giulio Cesare Rubino.
In scena ci saranno Valeria La Grotta (soprano), Ugo di Giovanni (arciliuto), Chiara Mallozzi (violoncello) e Luigi Trivisano (clavicembalo).
L’appuntamento si pone come analogo sonoro dello stile pittorico ospitato in questi giorni nelle sale di Palazzo Pretorio di Prato per la mostra «Dopo Caravaggio». 
L’esposizione, curata da Rita Iacopino e Nadia Bastogi, si configura come un viaggio che inizia con il naturalismo post caravaggesco, nelle diverse interpretazioni degli artisti napoletani, fino ad arrivare all’espressività pittorica del linguaggio barocco. Battistello Caracciolo, Jusepe de Ribera, il Maestro dell’Annuncio ai Pastori, Bernardo Cavallino, Mattia Preti e Nicola Malinconico segnano le tappe di un’emozionante esperienza visiva ed emotiva.
La mostra è purtroppo chiusa al pubblico per effetto dell’ultimo Dpcm con le misure per contrastare il diffondersi della pandemia da Coronavirus, ma le sue suggestioni rivivono on-line nella piccola rassegna virtuale «Fiori dipinti del Seicento napoletano», che accosta due dipinti di Palazzo Pretorio a quattro tele della Fondazione De Vito raffiguranti nature morte di fiori, esempi di un genere che ebbe nel Seicento e Settecento napoletano uno straordinario sviluppo.
Della Fondazione De Vito, si presentano per la prima volta due esempi significativi di Luca Forte, caposcuola della natura morta napoletana di matrice caravaggesca, e due tele di Giuseppe Recco, esponente di successo di una delle più importanti famiglie di pittori partenopei specialisti del genere, già sensibile agli sviluppi barocchi, che animano le due fastose tele di Gasparo Lopez, artista amato anche dalla committenza medicea, appartenenti alle collezioni di Palazzo Pretorio. On-line, sul sito del museo, è scaricabile anche il catalogo della mostra, pubblicato da Claudio Martini editore, un’occasione in più per conoscere la grande eredità artistica del Seicento napoletano e il ruolo del collezionismo antico e moderno nella composizione delle raccolte museali. # 


# Sabato 2 gennaio 2021 
PINAULT COLLECTION, TRE GIORNI IN COMPAGNIA DI LIBRI BELLI 
La Pinault Collection a Venezia accompagna il pubblico nel nuovo anno con una sorpresa speciale: un inedito #OpenLab digitale dedicato a tutta la community on-line, che va ad aggiungersi ai workshop che, nei mesi passati, hanno avuto per protagonisti l’illustratrice Olimpia Zagnoli, il designer Giulio Iacchetti, il team di studio saòr, la scrittrice Ryoko Sekiguchi e, ancora, l’artista Erik Kessels, l’illustratore Emiliano Ponzi e il fotografo Marco Cappelletti.
Da venerdì 1 a domenica 3 gennaio, sui canali social di Palazzo Grassi e Punta Dogana andrà in scena «A book is a book is a book», un atelier in tre puntate proposto in un formato aperto, che consentirà così al pubblico di scegliere come e quando partecipare e, se lo desidera, di tornare anche più volte sull’attività proposta.
A segnare l’avvio della programmazione per il nuovo anno sarà Libri Belli, progetto Instagram ideato e curato da Livia Satriano che invita il pubblico a riscoprire i libri della tradizione letteraria italiana, attraverso le loro copertine.
L’account @libribelli_books presenta classici in edizioni pregiate, ma anche pubblicazioni che negli anni non hanno incontrato il successo che meritavano e che trovano in questo modo una seconda occasione.
Le tre attività che giornalmente saranno proposte, e che rimarranno sempre consultabili, invitano a una riflessione sul libro come oggetto, sulle sue vite più segrete e «materiche» e sui tanti significati che possiamo attribuire ad esso grazie al nostro sentire e alla nostra immaginazione.
Il pubblico sarà invitato a partecipare alle attività, seguendo semplici indicazioni, volte a stimolare punti di vista inediti. 
I workshop saranno fruibili sugli account Instagram e Facebook e sul sito di Palazzo Grassi – Punta della Dogana con gli hashtag #palazzograssiatyours e #openlab. 


# Domenica 3 gennaio 2021 
QUATTRO MOSTRE IMMERSIVE E VIRTUALI PER PARMA CAPITALE ITALIANA DELLA CULTURA 
Parma Capitale italiana della cultura 2020+21 non si ferma e, in occasione delle feste, lancia il suo primo calendario di mostre virtuali sul portale parma2020.it e sull’App di Parma 2020+21. I possessori di Parma Card, in vendita fino al prossimo 28 febbraio a un prezzo promozionale di 5,00 euro, potranno muoversi, grazie a una tecnologia immersiva a 360° all’avanguardia, nelle prestigiose sale dei luoghi della cultura parmigiani accompagnati dalla presentazione di guide d’eccezione, come Arturo Carlo Quintavalle, Leonardo Sangiorgi, Stefano Roffi, Vittorio Sgarbi, che racconteranno le storie e i segreti delle opere esposte. 
«Cultura aperta», questo il titolo dell’iniziativa, si è avvalsa della professionalità di Fabbrica Digitale che ha sviluppato per TIM una piattaforma di visitor xperience, dove è possibile trovare mostre immersive e virtual tour in ultra HD alla scoperta delle bellezze di Parma, dalla Pilotta alla Pinacoteca Stuard, dalla casa Natale di Toscanini al teatro Farnese. Sulla piattaforma ci sono anche informazioni sugli eventi e su quanto può interessare a turisti, cittadini e pendolari come l’offerta enogastronomica o commerciale.
Quattro sono le mostre immersive visibili in questi giorni
. Si parte con «Hospitale - Il futuro della memoria», la più grande installazione di Parma 2020, scaturita dall''immaginario di Studio Azzurro e raccontata dalle parole del curatore Leonardo Sangiorgi. Il tour virtuale permette di muoversi all'interno di una vera e propria installazione che racconta, attraverso un percorso animato dalle nuove tecnologie, la storia dell’Hospitale nato dalle acque – i suoi canali, i mulini, le alluvioni – per accogliere i malati, poveri, orfani, famiglie in difficoltà, pellegrini che transitavano per la via Emilia e la via Francigena. 
Stefano Roffi
, critico d'arte e direttore della Fondazione Magnani Rocca, accompagna, invece, i visitatori attraverso la mostra «L’ultimo romantico», omaggio a Luigi Magnani, musicologo-collezionista che amò e promosse con determinazione il dialogo tra pittura, musica e letteratura. 
 La visita immersiva permette di scoprire una ricca esposizione di opere, grazie alla quale si indagano i rapporti più sottili e segreti tra le espressioni artistiche e si riflette sui numerosi possibili interscambi, trasferendo la pittura nel tempo e la musica nello spazio. 
Il tour permette di vedere, nello specifico, più di un centinaio di lavori che raccontano l'amore di Luigi Magnani per la pittura, la musica, la letteratura, attraverso i suoi interessi e le grandi personalità di ogni tempo che frequentò o alle quali si appassionò, da Eugenio Montale a Giorgio Morandi, da Mozart a Beethoven, da Goethe a Proust.
Mentre il racconto dello storico e critico dell'arte Arturo Carlo Quintavalle accompagna i visitatori a toccare quasi con mano le statue dei Mesi e delle Stagioni di Benedetto Antelami, le opere che nell'anno di Parma Capitale hanno lasciato la loro storica collocazione sul loggiato interno del Battistero per mostrarsi ai visitatori, vicine come mai prima.
Vittorio Sgarbi accompagna, infine, il pubblico attraverso le maestose sale sotterranee di Palazzo Tarasconi per indagare la particolare empatia verso il mondo animale che accomuna Antonio Ligabue e Michele Vitaloni.
La tecnologia viene così in nostro aiuto per farci immergere nell’arte in questi lunghi mesi di pandemia, con gli spazi della cultura ancora chiusi al pubblico e il programma di Parma Capitale italiana della cultura in gran parte rovinato, ma sempre ricco di nuovi spunti. 


# Lunedì 4 gennaio 2021 
CHIQUITA, I BOLLINI BLU CELEBRANO L’ARTE 

Dalla «Nascita di Venere» di Sandro Botticelli alla «Dama con l’ermellino» di Leonardo da Vinci, da un autoritratto di Frida Kahlo alle immagini pop di Roy Lichtenstein e Andy Warhol: gli iconici bollini blu di Chiquita incontrano il mondo dell’arte.
A realizzare le simpatiche e originali illustrazioni, che sarà possibile trovare fino a metà gennaio in tutti i supermercati italiani sui caschi di banane del noto brand ortofrutticolo, è la giovane designer ventitreenne Mariangela Rinaldi, che con il suo stile ironico e divertente ha dato nuova vita a dodici tra i più famosi ritratti femminili della storia dell’arte.
L’omaggio artistico di Edgard Degas alla danza è fonte di ispirazione, per esempio, per «L'étoile banana Chiquita». L’intramontabile immagine dell’attrice Marilyn Monroe riprodotto serialmente da Andy Warhol, il papà della Pop art, dà, invece, vita all’illustrazione «Chiquita Monroe». Mentre si cela il genio di Frida Kahlo dietro all’esotico «Autoritratto in buccia di banana Chiquita». Leonardo da Vinci viene, quindi, ricordato con la rilettura di due sue opere famose, da cui nascono la pura e riservata «Dama Banana con l’ermellino» e l’enigmatica «Monna Chiquita». «B-Banana» è, invece, un evidente omaggio allo stile fumettistico di Roy Lichtenstein
Nella galleria artistica di Chiquita, per la quale è stato ideato anche un album scaricabile dal sito internet del brand, si possono ammirare, inoltre, il collo lungo del «Ritratto di una banana Chiquita con cappello», le ombre d’oro e d’argento del «Ritratto di Adele Bloch-Chiquita», l’arrangiamento in grigio e nero dell’opera «La madre di Chiquita», l'iconica «Chiquita Dora Maar», la sensuale «Nascita di Chiquita» e i turbolenti cieli sullo sfondo di «Giovane Chiquita con cappello di paglia», illustrazioni ispirate rispettivamente ad Amedeo Modigliani, Gustav Klimt, James Whistler, Pablo Picasso, Sandro Boticelli e Pierre-Auguste Renoir
«Ogni banana diventa così un modo nuovo e divertente per concedersi un momento di ottimo gusto, con la frutta come con l’arte», spiegano da Chiquita, che per l’occasione ha ideato anche una serie di ricette creative e gustose per portare l’arte in tavola e festeggiare all'insegna della salute e del sapore. 
Per saperne di più è possibile consultare la pagina chiquita.it/banana-capolavoro


# Martedì 5 gennaio 2021 
TUTTI A CASA DI LEOPARDI 
Il calamaio con cui fu scritto «L’Infinito», la culla, l’abito del battesimo, i giochi d’infanzia, i primi autografi puerili: è ricco di curiosità il percorso dei virtual tour che la Casa Leopardi di Recanati ha da poco aperto al grande pubblico, dopo aver dato occasione nelle settimane passate alle scuole di compiere visite didattiche in diretta streaming.
L’iniziativa, realizzata in collaborazione con l’Università di Macerata, prevede una visita nel cuore della biblioteca, tra le migliaia di volumi che Giacomo Leopardi ha approfondito alla ricerca della felicità: dalla poesia al pensiero, dallo studio delle lingue alle «sudate carte», dalla ricerca di un antidoto alla noia al desiderio di gloria. 
È, inoltre, incluso un focus tra le sale del museo, dove è raccolto un notevole patrimonio di oggetti e documenti, che permettono di ripercorrere le tappe fondamentali della vita dello scrittore, proprio negli spazi che hanno visto formarsi e crescere il suo genio. 
La visita guidata in streaming ha un prezzo di 20,00 euro. Per informazioni e prenotazioni è possibile scrivere a biglietteria@giacomoleopardi.it o telefonare ai numeri tel. 071.7573380, cell. 339.2039459.

# Mercoledì 6 gennaio 2021 
«REGALI DA ASCOLTARE», ON-LINE FINO ALL’EPIFANIA I PODCAST NATALIZI DEL PICCOLO TEATRO 
Si intitola «Regali da ascoltare» la serie di podcast, in sei puntate giornaliere, in onda da giovedì 24 a martedì 29 dicembre, sui canali social del Piccolo Teatro di Milano. Ad aprire il cartellone è Sonia Bergamasco con la lettura del libro «Cattedrale» di Raymond Carver, con l’introduzione natalizia di «Un Natale» di Truman Capote. Roberto Latini legge, invece, il «Buon Natale» di Dino Buzzati e subito dopo il brano «Prima notte» da «Le notti bianche» di Fëdor Dostoevskij. Mentre Federica Fracassi accosta «Il dono dei magi» di O.Henry a «Incontro» da «Goethe muore» di Thomas Bernhard.
Il programma prevede anche tre podcast in lingua. Francesco Petruzzelli legge «On Christmas» da «Poetry. A Magazine of Verse» di Marion Strobel e «The Happy Prince» di Oscar Wilde. Mentre Catherine Bertoni si cimenta con «Chanson pour les enfants l’hiver» di Jacques Prévert e «Une passion dans le désert» di Honoré de Balzac. Sebastian Luque Herrera interpreta, infine, «San Gabriel» di Federico García Lorca e «Un señor muy viejo con unas alas enormes» di Gabriel García Márquez
Tutti i podcast rimangono disponibili su Facebook, Instagram e Twitter fino al 6 gennaio. L’Epifania, dunque, è l’ultimo giorno disponibile per scartare questo bel regalo del Piccolo Teatro, che punta sul potere delle parole, offrendo sguardi sulla realtà e mappe per il domani che ci aspetta, in attesa di ritornare - si spera presto - a farci riassaporare lo spettacolo dal vivo.

Buone feste! 

mercoledì 23 dicembre 2020

Firenze, Marinella Senatore illumina il cortile di Palazzo Strozzi

Relazione, vicinanza, comunità, inclusione sociale: riflette su questi concetti, rimessi in discussione dalla pandemia, il progetto che Marinella Senatore (Cava de’ Tirreni, 1977), artista multidisciplinare apprezzata per le sue performance e opere pubbliche che coinvolgono intere comunità intorno a tematiche sociali e questioni urbane quali l’uguaglianza o le condizioni dei lavoratori, ha pensato per Palazzo Strozzi a Firenze.
«We rise by lifting Others» («Ci eleviamo sollevando gli altri») è il titolo dell’installazione site-specific, ideata a partire da una frase dello scrittore e politico americano Robert Ingersoll (1833-1899), per ornare il cortile d’onore dell’istituzione toscana, che vede alla guida Arturo Galansino.
Alta oltre dieci metri e costituita da centinaia di luci led, l’opera è ispirata alle luminarie tipiche della tradizione popolare dell’Italia meridionale ed è prodotta in collaborazione con l’atelier dei fratelli Parisi di Taurisano, artigiani pugliesi con cui l’artista toscana ha già lavorato nei mesi scorsi in occasione della sfilata di Dior, dello scorso luglio, davanti al Duomo di Lecce. 
Con questo lavoro, Marinella Senatore, che nel 2013 ha ideato il progetto didattico «School of Narrative Dance» per la crescita personale, «crea – ha dichiarato Arturo Galansino durante la presentazione, tenutasi nei giorni scorsi in diretta streaming su Facebook- una piazza tanto fisica quanto ideale per cercare un senso di vicinanza, comunità in un momento di distanziamento sociale e fisico». Per questo motivo il cortile dalle scenografiche suggestioni rinascimentali, a differenza del museo, chiuso almeno fino al 15 gennaio per effetto dell’ultimo Dpcm con le misure per contrastare la diffusione del Coronavirus, sarà aperto ininterrottamente al pubblico – tutti i giorni, dalle 9 alle 20 - fino al 7 febbraio.
«We rise by lifting Others», motto che l’artista ha visto in fotografia sulla maglietta di un manifestante americano degli anni Settanta, non è la sola frase scelta per attivare una riflessione sul nostro tempo.
L’installazione, che nella sua conformazione ricorda un portone o un varco, una sorta di soglia mistica, propone, infatti, altri due motti che instillano domande e ragionamenti: «Breathe, You Are Enough» («Respira, tu sei abbastanza») e «The Word Community Feels Good» («La comunità di parole si sente bene»), un detto del pensatore Zygmunt Bauman.
Marinella Senatore ci dice così che possiamo essere uniti anche se distanti e dà forma a questo suo pensiero anche attraverso un’intensa attività on-line, caratterizzata da una serie di conversazioni con il curatore e il pubblico, ma anche da workshop sul rapporto tra individui e corpi, che vedranno la partecipazione di gruppi, istituzioni e associazioni: studenti liceali e universitari, frequentatori di centri diurni e Rsa, detenuti della Casa circondariale di Firenze Sollicciano, insegnanti, educatori, volontari e artisti.
Le conversazioni sono partite lo scorso 10 dicembre con Maria Grazia Chiuri, la direttrice artistica delle collezioni donna Dior, e continueranno con tante altre personalità internazionali nel mondo dell’arte e della cultura, come la curatrice spagnola Chus Martinez, l’economista Pier Luigi Sacco e il collettivo russo Pussy Riot. «Pensarsi comunità significa anche questo – conclude Marinella Senatore -: essere persone che attivano altre persone».

Didascalie delle immagini
[Figg. 1,2,3 e 4] Marinella Senatore, «We rise by lifting others», Palazzo Strozzi, Firenze ©photoOKNOstudio

Informazioni utili
Marinella senatore. «We rise by lifting others». Palazzo Strozzi, piazza Strozzi - Firenze.Orari: tutti i giorni, ore 9.00-20.00. Informazioni: +39.055.2645155 (dal lunedì al venerdì, ore 9.00-13.00 e ore 14.00-18.00), prenotazioni@palazzostrozzi.org. Sito  internet: www.palazzostrozzi.org. Fino al 7 febbraio 2021 



martedì 22 dicembre 2020

Un Natale di luci e di alabastro per Volterra, tra le dieci finaliste per il titolo di Capitale italiana della cultura 2022

Sarà un Natale di luci e alabastro quello di Volterra, una delle città entrate nella short list delle dieci finaliste per il titolo di Capitale italiana della cultura 2022. Lo scorso 8 dicembre il centro toscano ha inaugurato, in diretta streaming, l’opera «Arnioni in piazza», uno dei progetti di «22 designer per 22 artigiani», iniziativa curata dalla designer internazionale Luisa Bocchietto, già presidente e ora senator di World Design Organization.
L’opera urbana, pensata per piazza dei Priori, mette al centro la pietra gessosa volterrana, formatasi 6-7milioni di anni fa, unica per la sua conformazione che la vede cambiare aspetto, colorazione e consistenza al variare della composizione chimica del terreno, mostrando diverse venature e trasparenze che rendono ogni oggetto non replicabile.
La storia di Volterra e dell’alabastro ha origini molto antiche: utilizzata già in epoca etrusca per i sarcofaghi e le urne cenerarie, la pietra conobbe una vera e propria riscoperta nel Rinascimento ed ancora oggi rappresenta una delle principali attrattive della città. 
L’alabastro non poteva, dunque, non essere al centro della candidatura di Volterra a Capitale italiana della cultura 2022. Il progetto complessivo, presentato in un dossier dal titolo «Rigenerazione umana», mette al centro il rinnovamento delle persone e delle comunità, ponendosi come esempio di sperimentazione e punto di riferimento per la rinascita dell’Italia, soprattutto dopo questo periodo di pandemia, attraverso i centri di media dimensione e i loro territori.
Accanto alla sapienza artigiana, il dossier trova forza propulsiva nelle esperienze di rigenerazione umana che hanno modellato la città, in particolare quella dell'ex Ospedale psichiatrico, dove si conserva parte del graffito di Fernando Oreste Nannetti, capolavoro dell'art brut, e quella della pluripremiata Ubu, Compagnia della Fortezza, la più importante e longeva esperienza di teatro-carcere nel mondo, condotta da Armando Punzo, che ha creato un innovativo e unico modello di ricerca culturale in continua evoluzione.
L’opera pensata per il Natale nasce dal fascino esercitato su Luisa Boschetto dalle immagini degli «arnioni» liberati in cava dal materiale inerte, per iniziare il loro percorso verso la luce. «Nell’immaginario collettivo dei non addetti ai lavori, estranei alla realtà di Volterra -racconta la designer toscana- si identifica l’alabastro con il marmo, pensando che venga semplicemente cavato da blocchi all’esterno. Non si conosce il percorso di lavorazione del materiale, la sua unicità sul territorio, il suo valore, le sue caratteristiche di trasparenza e modellabilità, che ne fanno un materiale unico e prezioso. In questo senso, piuttosto che realizzare una forma disegnata, è sembrato interessante trovare il modo di evidenziare quest’unicità, con l’obiettivo di valorizzare il materiale e il processo che si svolge a monte della realizzazione dei prodotti, in modo da costruire un racconto d’immediata comprensione». 
Da qui è nata l’idea di portare degli «arnioni» in piazza, con le loro forme «pettinate» a una scala più grande possibile, inserendo della luce al loro interno, per mettere in evidenza la varietà dei colori e delle venature che contraddistinguono il materiale naturale. Ne è nata un’installazione che veicola un duplice messaggio: da un lato la qualità del materiale e la capacità delle imprese locali di lavorarlo per trarne prodotti eccellenti, dall’altro la speranza per un futuro che sia migliore del momento difficile che stiamo vivendo, con la luce come elemento di vita.
Nei giorni di Natale si potranno, inoltre, acquistare lumi portacandele in alabastro realizzati dagli artigiani volterrani, come segno concreto di partecipazione alla candidatura da parte di tutti coloro che vorranno sostenere Volterra. 
Questo Natale la città toscana si racconta, dunque, attraverso un'opera che mette al centro  la luce, simbolo di rinascita, e  la versatilità, la raffinatezza e le mille sfumature di un materiale, l'alabastro, che l'ha resa celebre nel mondo. 

lunedì 21 dicembre 2020

«Hopperiana»: quattro fotografi, un artista iconico e il nostro «tempo sospeso»

Lo hanno definito l'icona pittorica del nostro tempo sospeso, caratterizzato dalla distanza sociale e dal disorientamento per un futuro che facciamo fatica a progettare, in balia delle ondate di Coronavirus e dei Dpcm che scadenzano anche i momenti più intimi della nostra vita. I suoi quadri permeati di solitudini, silenzi e assenze hanno richiamato alla mente di molti il nostro stare chiusi tra le pareti di casa, con l'assordante silenzio di un tempo che si ripete sempre e costantemente uguale a farci compagnia.
Edward Hopper (Nyack, 22 luglio 1882 – Manhattan, 15 maggio 1967), esponente di spicco del Realismo americano della prima metà del Novecento, ha consegnato alla storia interni domestici, scenografie urbane e paesaggi dalle atmosfere poetiche e oniriche, oggi quanto mai attuali. I suoi uomini e le sue donne sospesi tra la volontà di vivere e l’incapacità di esistere, parlano, infatti, anche di noi, della nostra voglia di andare avanti e del nostro essere costretti a vivere in atmosfere immote e, molto spesso, solitarie.
Al mondo dell'artista guarda l'ultima mostra virtuale di Photology, che ha da poco inaugurato una piattaforma 3D con un sistema di navigazione semplice e intuitivo che permette agli utenti di muoversi all’interno di uno spazio virtuale ma allo stesso tempo del tutto realistico. I lavori esposti possono essere ingranditi, guardati nei dettagli e visti da varie angolazioni; i testi, i contributi video e gli apparati informativi sono inseriti nel contesto espositivo per una omogeneità di informazione.
L'ultima rassegna, fruibile in modalità virtuale fino al prossimo 28 febbraio, si intitola «Hopperiana - Social distancing before Covid-19» e «vuole raccontare -spiegano gli organizzatori- la malinconia e la solitudine di un’intera civiltà che, giunta al massimo del suo sviluppo tecnologico ed economico, è stata costretta dagli eventi a porre un freno al suo inarrestabile avanzamento e a fermarsi per una riflessione introspettiva».
Protagonisti del percorso sono quattro artisti dell’obiettivo: Luca Campigotto, Gregory Crewdson, Franco Fontana e Richard Tuschman. La scelta di focalizzare l’attenzione su un medium quale la fotografia non è casuale: «ciò che più affascina nei quadri di Edward Hopper -spiegano ancora da Photology- è il taglio fotografico delle sue inquadrature, laddove luci a volte taglienti e fredde, altre soffuse e morbide, definiscono composizioni geometrizzanti in cui gli elementi scenici si stagliano come su un grande palco davanti a una platea vuota, e l’angolatura spesso diagonale contribuisce a creare un senso di artificialità, dando la sensazione di un’istantanea fotografica». 
Ognuno degli autori in mostra ha adottato il filtro visivo del pittore e lo ha rielaborato in maniera personale, trasformandolo in opere fotografiche fortemente destabilizzanti. Così, come nei dipinti hopperiani, nei lavori dei quattro autori regna il silenzio: la scena è spesso deserta, di rado è presente più di una figura umana, e quando ciò accade tra i soggetti sembra emergere una drammatica estraneità e incomunicabilità. Si pensi ai lavori «Pink Bedroom» di Richard Tuschman o agli scatti di Franco Fontana dedicati a Houston (1986) e New York (1999), dove la presenza di più persone rende ancora più evidente il senso di estraneità nei confronti dell’altro. Uomini e donne sono vicini, ma distanti, quasi separati da un’invisibile barriera di plexiglass.
I fotografi costruiscono i propri set ricreando lo stesso pathos che è pregnante nei lavori di Hopper. Esempio lampante ne sono le figure femminili, eteree e inaccessibili, cariche di un forte significato simbolico, rappresentate assorte nei propri pensieri, con lo sguardo distaccato e fisso nel vuoto. Significative in tal senso sono immagini come «Woman at a window» (2013) o «Woman reading» (2013), entrambe di Richard Tuschman.
Il loro distanziamento sociale, frutto di una scelta, è oggi per noi un’imposizione, «come se -raccontano ancora da Photology- la coltre di surrealtà presente nelle opere di Hopper, Campigotto, Crewdson, Fontana, Tuschman si fosse posata sul presente».

Didascalia delle immagini
[Fig. 1] Richard Tuschman©, Pink Bedroom (Family), 2013, Inkjet print on cotton paper, cm 60x90, Edition 4-6, Signed on verso Framed, Courtesy Photology; [fig. 2] Franco Fontana© , Houston, 1985, Color print on Hahnemuhle Baryta, Mounted on dibond, edition 3-5, cm 65x98, Signed on verso Framed, Courtesy Photology; [fig. 3] Richard Tuschman©, Morning Sun, 2012, Inkjet print on cotton paper, cm 60x90, Edition 2-6, Signed on verso Framed, Courtesy Photology; [fig. 4] Luca Campigotto© , Mercer Street, Soho, NYC, 2004, Pigment print, cm 110x146, From an edition of 15 signed on verso framed, Courtesy Photology; [fig. 5] Richard Tuschman©, Green Bedroom (4 AM), 2013, Inkjet print on cotton paper, cm 76x60, Edition 3-6, Signed on verso Framed, Courtesy Photology

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venerdì 18 dicembre 2020

Louise Bourgeois e le ragioni del cuore: sulle Alpi svizzere e on-line una mostra della galleria Hauser and Wirth

«Il cuore ha le sue ragioni di cui la ragione non sa nulla»: prende spunto da questa celebre aforisma di Blaise Pascal il titolo della mostra «The Heart Has Its Reasons», con cui la galleria internazionale Hauser and Wirth celebra questo inverno Louise Bourgeois (Parigi, 1911- New York, 2010), una delle artiste più amate del XX secolo, che ci ha lasciato un patrimonio visivo e poetico difficile da etichettare in una particolare corrente artistica per la propria ricchezza e complessità.
Scenario dell’esposizione, in programma dal 19 dicembre al 3 febbraio, sarà lo spazio espositivo Tarmak22 all’aeroporto di Gstaad, sulle Alpi svizzere, nell’Oberland bernese. Ma la rassegna, come avviene spesso in questi tempi di pandemia, che rendono più difficili gli spostamenti, sarà visibile anche on-line sul sito www.hauserwirth.com, dove già la scorsa primavera, in occasione del lockdown, era stata ospitata una mostra virtuale dell’artista franco-americana, allora dedicata alla sua opera su carta, con quattrodici lavori a inchiostro, acquerello e matita in bilico tra figurazione e astrazione.
Questa volta, accanto a disegni e grafiche, sarà visibile anche una selezione di importanti sculture, tra cui un’icona della public art come «Couple», qui presentata in una versione realizzata tra il 2007 e il 2009, nella quale i capelli della figura femminile si trasformano in un'eccentrica forma a spirale che la lega insieme al soggetto maschile. L’abbraccio viscerale tra i due corpi, sospesi nel vuoto, sta a indicare la volontà di rendere eterno il rapporto amoroso, ma anche la fragilità e la precarietà della relazione, con la conseguente paura di perdere l’altro. 
In questo lavoro, come in tutta la sua produzione, Louise Bourgeois ha dato voce ai propri fantasmi interiori. Ha ricomposto il puzzle intricato della sua esistenza. Ha restituito fisicità, «forma e stile», alle sue ansie e ossessioni, ai tradimenti e agli abbandoni che ha esperito, alla rabbia e alla solitudine.
L’artista ha, dunque, ossessivamente e caparbiamente scolpito nel marmo, con il bronzo, il ferro, la stoffa, la gomma o l’argilla il proprio vissuto, consapevole che per lei creare fosse «un atto di sopravvivenza», una «garanzia di salute mentale», un «esorcismo».
Per addentrarsi nell’universo creativo di Louise Bourgeois bisogna conoscere la sua biografia, caratterizzata da un rapporto conflittuale con il padre, impenitente donnaiolo, che ebbe una relazione con la giovane istitutrice inglese dei figli, mentre la moglie soffriva per la sua salute cagionevole. Fin da piccola, l’artista si avvicinò al disegno grazie al lavoro dei genitori, che erano restauratori di arazzi. Dopo il baccalauréat, studiò matematica e filosofia, per poi passare alla scuola d’arte e, nel 1938, sposarsi e volare oltreoceano con il marito, lo storico dell’arte americano Robert Goldwater, dando una svolta alla sua vita.
Il bisogno d’amore e il rapporto con l’altro -sentimenti di pascaliana memoria- sono la «stella polare» del suo percorso creativo, al centro del quale ci sono temi quali la coppia, la forma in coppia, la casa, il letto, il paesaggio e l'anatomia umana, tutti radicati nel gioco dinamico tra le opposizioni binarie: mente e corpo, geometrico e organico, maschio e femmina, conscio e inconscio.
Raccontano bene questo percorso le opere selezionate per la mostra elvetica, realizzate in un arco temporale che spazia dal 1949 al 2009. Tra di esse ci sono «In the two nest-like hanging Lairs» (1962; 1986-2000) e «Untitled No.7» (1993), dove la casa è sinonimo di rifugio e sicurezza, ma anche «Eyes» (2001), in cui la luce emana dalle pupille sporgenti come per proiettare un paesaggio psichico interiore sulla realtà esterna. Tra i disegni è esposta la suite «La Rivière Gentille» (2007), che allude al fiume Bièvre che scorreva dietro la casa d'infanzia di Bourgeois ad Antony; il paesaggio è introiettato nel corpo e persona e luogo si fondono attraverso l'atto di rievocazione dell'artista.
A tal proposito vengono in mente le parole della stessa Louise Bourgeois nel libro «Distruzione del padre, Ricostruzione del padre. Scritti e interviste 1923-2000»: «Ho bisogno dei miei ricordi. Sono i miei documenti. […] Bisogna distinguere i ricordi. Se sei tu ad andare da loro, stai perdendo tempo. La nostalgia è improduttiva. Se vengono da te, sono dei semi di scultura». Semi di scultura, i suoi, che parlano anche di noi, delle nostre insicurezze, dei conflitti che abitano il nostro cuore, soprattutto in questi tempi incerti.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Louise Bourgeois nella sua casa in 20th Street a NYC nel 2000. Photo: © Jean-François Jaussaud; [fig. 2] Louise Bourgeois, The Couple, 2007-2009. Alluminio fuso e lucidato,  pezzo da 154.9 x 76.2 x 66 cm / 61 x 30 x 26 in. Photo: Christopher Burke; [fig. 3] Louise Bourgeois, Untitled (No. 7), 1993. Bronzo, patina di nitrato d'argento. 12.1 x 68.6 x 43.2 cm / 4 3/4 x 27 x 17 in. Photo: Christopher Burke; [fig.4] Louise Bourgeois, Eyes, 2001. Bronzo, patina marrone dorato e luce elettrica. Primo occhio: 99 x 137.1 x 147.3 cm / 39 x 54 x 58 in. Secondo occhio: 86.3 x 147.3 x 121.9 cm / 34 x 58 x 48 in; [fig. 5] Louise Bourgeois, Night and Day, 2007. Tinture su tessuto cucito a mano, in due parti.  83.8 x 106.7 cm / 33 x 42 in. Photo: Christopher Burke

Informazioni utili
Louise Bourgeois. The Heart Has Its Reasons. Tarmak22, Gstaad Saanen Airport - Gstaad  (Svizzera). Orari: dal mercoledì alla domenica, ore 11.00-17.00. Informazioni e richiesta appuntamenti: +41.337486200. Sito internet per informazioni e visita virtuale: www.hauserwirth.com. Dal 19 dicembre al 3 febbraio 2021


giovedì 17 dicembre 2020

«Rhizome»: da Lachapelle a Gilberto Zorio, tredici artisti da vedere on-line e alla galleria Poggiali di Firenze

In presenza o on-line, nella sede di Firenze o davanti al proprio computer, nella tranquillità della propria casa: è una duplice fruizione quella che propone la Galleria Poggiali per «Rhizome», collettiva ispirata al concetto filosofico elaborato dai francesi Gilles Deleuze e Félix Guattari per parlare di un tipo di ricerca che procede per multipli, senza punti di entrata o uscita ben definiti e senza gerarchie interne. Le opere esposte, visibili fino al prossimo 6 marzo, «si interconnettono -specificano, a tal proposito, dallo spazio espositivo toscano- attraverso una relazione di carattere orizzontale priva della necessità di un centro, nella quale ogni elemento è funzionale al processo, priva di determinazioni gerarchiche proprie di un sistema verticale ad albero».
Ad aprire il percorso espositivo, che allinea i lavori di tredici artisti contemporanei, sono due opere in marmo di Fabio Viale: la nuova «Doar Release» (2020), riproduzione di una mano tatuata con l’indice rivolto verso il cielo, e «Kouros (Hollow)» (2019), un busto concavo in sospensione dal richiamo classico, concepito come una forza possente capace di uscire dal muro alla maniera di un trofeo, uno scudo, un’epidermide dirompente o un reperto.
Nella stessa sala è esposta «Paesaggio artificiale» di Goldschmied and Chiari, un’opera realizzata fotografando in studio fumogeni colorati e associandoli con vetro e superficie specchiante in un processo poeticamente e tecnicamente alchemico e performativo.
La fotografia è protagonista anche della seconda sala, dove si trovano - oltre a un aeroplanino in marmo bianco, sempre di Fabio Viale - i lavori di Slater Bradley e Grazia Toderi, della quale sono esposte due opere della serie «Atlante rosso». Si avvicendano, quindi, una serie di scatti di Luigi Ghirri, dedicati a Reggio Emilia e Padova, e un’opera della serie «Awakened» di David Lachapelle, esposta sul fondo del corridoio che porta alla terza sala.
Le radici di «Rhizome» si allargano fino a toccare Gilberto Zorio con la sua «Stella Africa», un’opera del 1983 particolarmente iconica nel quale la stella in porcellana è adagiata su una pelle nera. Nello stesso spazio si trovano altre opere di artisti appartenenti all’Arte povera. Di Claudio Parmiggiani – recentemente protagonista nella galleria fiorentina dell’ampia mostra «A cuore aperto», a cura di Sergio Risaliti - è proposta una bella arpa settecentesca ornata da farfalle gialle ed è stata selezionata una 'delocazione' di tre metri che ha per soggetto la celebre libreria, proposta anche al Maxxi di Roma, nella rassegna per il decennale, in una declinazione avvolgente di ventidue tavole di oltre due metri ciascuna a formare un’intera sala senza soluzione di continuità. 
Sempre in questa stanza si trova una carta di Eliseo Mattiacci, che era stata presentata nella monumentale monografia «Gong», tenutasi nel 2018 al Forte Belvedere di Firenze.
Claudio Parmiggiani ritorna protagonista anche nella sezione successiva con un lavoro ispirato a Giorgio Morandi, che materializza poeticamente l’assenza e il passaggio del tempo. In questo spazio della mostra si trova anche una selezione di lavori di Enzo Cucchi, uno dei protagonisti della Transavaguardia. In queste opere si manifesta l'ossessione dell'artista per la pittura, per Vincent Van Gogh, per i miti e per la tracimazione del perimetro della pittura. 
La parte finale della galleria è dedicata al ritorno alla pittura messasi in luce sul finire degli anni Novanta con Luca Pignatelli, Manfredi Beninati e Marco Fantini. Di quest’ultimo è esposta «Prima di Prima», un’opera su tavola di grandi dimensioni, già presentata  nella personale al Museo Licini di Ascoli Piceno e scelta per la copertina del catalogo del medesimo progetto espositivo, che sintetizza la complessità iconografica dell'artista.
Di Pignatelli soggetti classici come «Afrodite» e «Testa femminile» sono presentati sul supporto del telone ferroviario che ne ha sempre contraddistinto la poetica, sia nella versione bruna originaria, sia nelle sperimentazioni aggiornate con l’introduzione del colore, del legno di recupero oppure della carta.

Manfredi Beninati espone, invece, un lavoro recente, che è una sintesi della sua dimensione intima e che è una personale esplorazione del tema del viaggio della vita.
Il risultato è una bella collettiva, visitabile anche on-line grazie al lavoro dello Studio09, che, tra differenze e confronti, tratteggia anche un ritratto del lavoro della Galleria Poggiali negli ultimi anni.

Didascalie delle immagini
[fig. 1] Allestimento della mostra «Rhizome» alla Galleria Poggiali di Firenze. Nella foto: «Paesaggio artificiale» di Goldschmied & Chiari e «Kouros (Hollow)» di Fabio Viale; [fig. 2] Allestimento della mostra «Rhizome» alla Galleria Poggiali di Firenze. Nella foto: «Senza titolo» di Eliseo Mattiacci e «Senza titolo» di Claudio Parmiggiani; [fig. 3] Allestimento della mostra «Rhizome» alla Galleria Poggiali di Firenze. Nella foto: «Stella Africa» di Gilberto Zorio; [fig. 4] David Lachapelle, «Awakened Jonah», 2007, Digital Color C-print, cm 101,6x76,2; [fig. 5] Manfredi Beninati, «Senza titolo», 2019, olio su tela, cm 200x133

Informazioni utili
Rhizome. Galleria Poggiali, via della Scala, 35/Ar – Firenze. Orari: tutti i giorni, ore 10.00-13.00 e ore 15.00-19.00, domenica su appuntamento. Ingresso libero. Tour virtuale su , www.galleriapoggiali.com/it/virtual-exhibition, 24 ore su 24 sia in italiano che in inglese. Informazioni: tel. 055.287748 | info@galleriapoggiali.com. Fino al 25 gennaio 2021. La mostra è stata prorogata fino al 7 aprile 2021. 

[pubblicato il 17 dicembre 2020; aggiornato il 5 marzo 2021]

mercoledì 16 dicembre 2020

«Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo»: un libro di 24 Ore Culture per scoprire i segreti dei più importanti film di animazione

Le avventure di Topolino, Pippo e Paperino, ma anche i film d’avventura su Dumbo, Bambi e Robin Hood ci accompagnano da quando siamo bambini. Dietro di loro si nasconde il nome di uno dei disegnatori più importanti e amati del Novecento, Walt Disney, creatore nel 1923 di uno studio d’animazione in California che oggi è un vero e proprio impero quotato in borsa.
Di anno in anno dagli studi della Disney sono usciti personaggi sempre più moderni, che hanno conquistato i bambini e non solo: da Merida ad Ariel, da Belle a Pocahontas, da Elsa a Hercules, senza dimenticare Cenerentola, Biancaneve e la Bella addormentata.
Chissà come sono nati questi personaggi? Chi ha disegnato le avventure di cui sono protagonisti? E chi ha dato loro voce e vita davanti a uno schermo? A queste domande risponde una delle ultime uscite editoriali di 24 Ore Culture: il volume «Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo», catalogo dell’omonimo mostra di prossima apertura al Museo delle culture di Milano
In attesa di scoprire quando riapriranno in Italia teatri, pinacoteche e spazi espositivi, ancora chiusi per effetto dell’ultimo Dpcm per contrastare la diffusione del Coronavirus, e poter così vedere anche la nuova esposizione del Mudec, gli appassionati di fumetti e film d’animazione possono sfogliare e leggere questo bel libro, realizzato con la consulenza scientifica di Federico Fiecconi.
Il volume, disponibile sia on-line che in libreria, permette di vedere all'opera gli artisti della Disney mentre utilizzano le più svariate tecniche per rinnovare l'antichissima arte di raccontare storie attraverso le immagini, dando nuova vita a miti, favole, leggende e fiabe.
Walt Disney e il suo studio hanno, infatti, attinto al patrimonio delle più popolari narrazioni delle diverse tradizioni culturali e letterarie, creando un affascinante melting pot tra continenti ed epoche della storia, da Esopo a Charles Perrault, dai fratelli Grimm all’epica greco-romana, fino a giungere alla favolistica orientale e al romanzo «Pinocchio» del nostro Carlo Collodi.
Il libro illustra le origini letterarie di tali storie e ne esplora le reinterpretazioni da parte degli studi di animazione della Disney.
Il disegnatore americano e i team creativi che gli sono succeduti le hanno sintetizzate e modernizzate, rendendole più accessibili e più interessanti per il pubblico contemporaneo. Farlo ha richiesto un processo lento, scrupoloso e continuo.
Per ciascuna pellicola sono stati, infatti, necessari diversi anni di lavoro, che dall’idea iniziale hanno portato a costruire un intero film, dove le immagini prendono vita e si animano. Acquerello, carboncino, pastello, matita, grafite, inchiostro, guazzo, colori acrilici e a resina, pittura digitale sono la grande varietà di tecniche utilizzate per fare questo lavoro.
Brani tratti da note di produzione e da interviste con gli artisti gettano, inoltre, luce dietro le quinte di alcuni fra i più noti classici d’animazione, offrendo uno sguardo storico sugli approcci narrativi e sulle intenzioni che li hanno informati.
Il volume conduce in questo modo il lettore a conoscere le tante figure professionali coinvolte in questo grande e corale lavoro artistico e artigianale di straordinaria creatività e dedizione.
Paperino
e Topolino, Robin Hood e Biancaneve, la Sirenetta e i personaggi di «Frozen» sono solo alcuni dei tanti protagonisti che il libro ci svela e ci racconta attraverso un insieme unico di immagini, disegni, schizzi e maquettes.
A partire dal tratto con cui ciascun disegnatore ha saputo creare personaggi indelebili per le successive generazioni, il volume porta così adulti e bambini a entrare visivamente nei Walt Disney Animation Studios, comprendendo dall'interno come nasce un capolavoro di animazione. 
Affascinante non è solo la storia degli studios, ma anche quella del loro fondatore, geniale visionario, creatore e ispiratore di una nuova arte dello storytelling, che, nel corso della sua vita, ha ricevuto più di novecentocinquanta premi e riconoscimenti in tutto il mondo, fra cui quarantotto Oscar e sette Emmy.
Il disegnatore americano non si stancava mai di perfezionare l’arte dell’animazione. «Steamboat Willie», dove compariva per la prima volta Topolino, fu il primo cartone animato al mondo realizzato con il sonoro sincronizzato a debuttare davanti al pubblico. Era il 1928. Mentre durante la produzione della serie «Silly Symphonies» fu introdotto il technicolor. Nel 1937 «The Old Mill» fu, invece, il primo cortometraggio a utilizzare la tecnica della cinepresa multipiano. Ma l’interesse di Walt Disney per la combinazione di musica e animazione lo ha portato nello stesso anno anche  a produrre il primo acclamato lungometraggio musicale animato degli studios, «Biancaneve e i sette nani», considerato ancora oggi una delle pietre miliari della storia del cinema.
Pur dividendosi tra televisione, film in live action, film di animazione e Disneyland, il disegnatore americano continuò sempre a migliorare il processo di produzione delle animazioni. Una delle innovazioni più importanti fu la tecnologia Xerox, un processo xerografico che permetteva di trasferire le linee disegnate dagli animatori direttamente sui fogli di acetato, invece di farle ripassare a inchiostro dal reparto Ink and Paint.
Oggi come in passato, i Walt Disney Animation Studios sono un reparto creativo, artistico e innovativo che produce film unici, raccontando storie che continuano ad attirare il pubblico di tutto il mondo.
Questi film oggi possono essere scoperti anche grazie a questo bel libro di 24 Ore Culture e alla mostra che -si spera presto- aprirà le porte a Milano. 

Didascalie delle immagini
[Fig.1 ] Copertina del libro Disney. L'arte di raccontare storie senza tempo; [fig. 2] Biancaneve e i Sette Nani, 1937 | Disney Studio Artists | Composizione con acetato | Inchiostro e pittura su acetato e guazzo su carta (riproduzione dell'originale) | © Disney; ; [fig. 3] Robin Hood, 1973 | Disney Studio Artist.Concept art | Guazzo, pennarello e inchiostro su carta. © Disney; [fig. 4] La Spada nella Roccia, 1963 | Disney Studio Artist. Concept art | Inchiostro e pastello su carta | © Disney; [fig. 5] Pinocchio, 1940 | Disney Studio Artist. Studio di personaggio | Stampa su carta | © Disney; [fig. 6] Frozen 2 – Il Segreto di Arendelle, 2019. Jin Kim | Concept art | Disegno digitale su carta | © Disney

Informazioni utili 
Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo. A cura di Walt Disney Animation Research Library, con la consulenza scientifica di Federico Fiecconi. 24 ORE Cultura, Milano 2020. Formato: cartonato, 23 x 31 cm. Pagine: 244 pp. Illustrazioni: 100. Prezzo: € 34,00. Codice ISBN: 978-88-6648-445-5. In vendita in libreria e online. Sito: www.24orecultura.com


martedì 15 dicembre 2020

SkyArte lancia la «museovisione». In anteprima sui siti di sei musei italiani il documentario «Alighiero e Boetti. Sciamano e Showman»

Arazzi variopinti con lettere dell’alfabeto, mappe geopolitiche puntellate da bandiere, tavole celesti costellate da piccoli aeroplani, grandi lavori a biro ritmati da virgole nere, cartoline postali e ricalchi di giornali e riviste: a ventisei anni dalla morte, il ricco universo figurativo di Alighiero Boetti (Torino, 1940 – Roma, 1994), uno dei maggiori esponenti dell’Arte povera, non smette di affascinare il mondo dell’arte contemporanea. Per celebrare l’ottantesimo anniversario dalla nascita dell’artista sei musei italiani si sono messi in rete e lanceranno in anteprima il documentario «Alighiero e Boetti. Sciamano e Showman», una produzione Sky Arte e Tiwi per la regia di Amedeo Perri e Luca Pivetti.
Mercoledì 16 dicembre, dalle 10 alle 18, il film sarà visibile in chiaro, in museovisione, sui siti internet del Castello di Rivoli, del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, della Gamec di Bergamo, del Madre · Museo d’arte contemporanea Donnaregina di Napoli, del Mambo di Bologna e del MAXXI - Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma.
Il documentario sarà preceduto da una tavola rotonda virtuale, in cui il direttore di Sky Arte, Roberto Pisoni, converserà con le direttrici e i direttori delle sei istituzioni coinvolte – Carolyn Christov-Bakargiev, Cristiana Perrella, Lorenzo Giusti, Kathryn Weir, Lorenzo Balbi, Bartolomeo Pietromarchi – ricordando gli avvenimenti che legano l’artista ai musei e ai loro territori.
«Alighiero e Boetti. Sciamano e Showman» verrà, quindi, trasmesso nella stessa giornata di mercoledì 16 dicembre, alle 21.15, su Sky Arte e rimarrà, poi, disponibile on-demand su Now Tv.
La museovisione è un’altra importante iniziativa del canale televisivo diretto da Pisoni a sostegno del mondo dell’arte e della cultura in questi mesi difficili, con i musei e i teatri chiusi a causa della pandemia. Nelle ultime settimane Sky Arte ha, infatti, proposto in streaming gratuito, sul sito su video.sky.it/arte e sui suoi profili Facebook e Instagram, altri programmi per venire incontro ai gusti degli amanti dell’arte come «The Square», «Sipario! Storie di Teatro», «Indie Jungle» e «Musei».
Il documentario, della durata di poco più di cinquanta minuti, ripercorre la breve e folgorante parabola artistica di Alighiero Boetti attraverso le testimonianze dei suoi familiari - i figli Agata e Matteo e la vedova Caterina Raganelli Boetti –, ma anche di storici dell’arte e amici come Salman Alì, Stefano Arienti, Stefano Bartezzaghi, Alessandra Bonomo, Giorgio Colombo, Flavio Favelli, Tommaso Pincio, Sissi e Angela Vettese.
Attraverso immagini di repertorio e fotografie di opere coloratissime ed enigmatiche, il film racconta gli inizi dell’artista contrassegnati dall’adesione al movimento dell’Arte povera, il grande fermento creativo degli anni Settanta, il successo arrivato a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, la postuma consacrazione tra i grandi.
Agli inizi degli anni Settanta, l’artista cambia il suo nome in Alighiero e Boetti, dando vita a una ricerca sull’identità e il doppio che lo porta sempre a muoversi per specchiamenti. «Il gioco della congiunzione include -si legge nella nota stampa- uomo e artista, Sud e Nord, ordine e disordine, necessità e caso, spirito e materia».
Acutissimo teorico senza per questo amare le teorie, pensatore zen, cantastorie di piccole verità in forma di enigma, e, soprattutto, titolista nato, Alighiero Boetti ha realizzato i suoi lavori con l’intento di «mettere al mondo il mondo», come recita un’opera degli anni Settanta, e ci è riuscito grazie al fatto di essere al contempo sciamano e showman.
«Il documentario -raccontano da Sky Arte- riprende uno dei procedimenti più iconici di Boetti: la quadratura utilizzata nei suoi famosi arazzi. Grazie alla grafica animata, le sedici lettere del nome Alighiero e Boetti diventano sedici parole chiave – Afghanistan, bellezza, bic, gemelli, Giappone, mani, manifesto, mondo, numeri, Parigi, regole, ricami, ritmo, tempo, tutto, viaggio – che scandiscono i capitoli del film».
A più di venticinque anni dalla morte, il documentario «Alighiero e Boetti. Sciamano e showman» prova, dunque, a rendere la vitalità del pensiero, l’intelligenza velocissima e la grandezza dell’opera di un artista che ha saputo rendere il quotidiano oggetto dell’arte e veicolo di bellezza.
In occasione dell'uscita del documentario, verrà lanciato anche un filtro, scaricabile direttamente dai profili Instagram e Facebook di Sky Arte, e ispirato a uno dei soggetti più conosciuti: gli aeroplanini. Sullo sfondo di un iconico cielo azzurro acquerello, ciascun utente potrà diventare protagonista dell’opera indirizzando il volo degli aerei col suo stesso movimento. Per gli ottant'anni di Boetti si è pensato, dunque, a un omaggio leggero ispirato al suo amore per i viaggi e la geografia. 

lunedì 14 dicembre 2020

Luxottica e Pinacoteca di Brera insieme per l’arte. Umberto Boccioni, Giorgio Morandi e Piero della Francesca tra le vie di Milano

La Pinacoteca di Brera esce per le vie di Milano. In attesa di poter tornare a visitare i musei, chiusi al pubblico fino al prossimo 15 gennaio per effetto del nuovo Dpcm, presentato nella giornata del 3 dicembre, Luxottica accende i suoi schermi digitali nelle più importanti vie e piazze del capoluogo lombardo per dare voce e visibilità a una delle più importanti collezioni permanenti italiane, prezioso patrimonio per il nostro Paese.
Fino al prossimo 20 dicembre, chi cammina per il centro cittadino - in luoghi strategici come piazza Cadorna, piazza Cordusio e Corso Matteotti - potrà imbattersi nei colori, nei particolari e nelle emozioni di sei capolavori della Pinacoteca di Brera.
Le opere selezionate vogliono essere un omaggio alla città e ai collezionisti che hanno donato al museo le loro preziose collezioni d’arte moderna.
Dalla raccolta di Emilio Jesi sono state selezionate la «Rissa in Galleria» (1910) di Umberto Boccioni, opera dove già si respira la tensione tipica del futurismo, sebbene siano conservati ancora retaggi naturalistici, e la «Camera incantata» (1917) di Carlo Carrà, lavoro dalle inconfondibili suggestioni metafisiche che raffigura oggetti dalle forme geometriche e dai colori terrosi: un manichino che rappresenta la madre, un cilindro di cuoio con un parrucchino che simboleggia il padre e un set da pesca, memoria di un hobby di famiglia.
Mentre Lamberto Vitali, «il milanese che parlava toscano», viene ricordato con due opere dell’amico Giorgio Morandi, il maestro della luce e dell’equilibrio: «Natura Morta» (1920) e i «Fiori» (1918).
A queste quattro tele, riprodotte in grande formato per il progetto di Luxottica, se ne aggiungono altre due, selezionate tra le più conosciute e celebrate del museo: la «Sacra conversazione» (1472-1474) di Piero della Francesca, nota come «Pala di Brera», e la «Predica di San Marco ad Alessandria d’Egitto» (1504-1507) di Gentile e Giovanni Bellini.
Questo è il secondo esperimento di divulgazione artistica per il progetto «Luxottica for art», che nei mesi appena trascorsi, tra ottobre e novembre, ha coinvolto la Pinacoteca ambrosiana, storico istituto cittadino fondato nel 1607, e sei suoi capolavori. In quell’occasione, le opere scelte erano state la «Canestra di frutta» del Caravaggio, il «Vaso di fiori con gioiello, monete, conchiglie» di Jan Brueghel il Vecchio, «L’arco della pace a Milano» di Giovanni Migliara, il «Paesaggio invernale con pattinatori» di Hendrick Avercamp, il «Ritratto di musico» di Leonardo da Vinci e il «Ritratto di dama» di Giovanni Ambrogio De Predis.
«L’arte è tra le eccellenze italiane più note al mondo. Per questo Luxottica, azienda che rappresenta l’eccellenza dell’eyewear Made in Italy a livello internazionale e da sempre porta avanti iniziative di promozione e tutela del patrimonio culturale nell’ambito della propria visione di sostenibilità, ha lanciato a Milano un progetto innovativo di valorizzazione dell’arte», spiegano dall’azienda, una delle più grandi produttrici mondiali di montature per occhiali da vista e da sole.
«L’iniziativa, resa possibile grazie a un dialogo costruttivo tra Luxottica e le istituzioni museali cittadine, ha come obiettivo quello di rendere l’arte accessibile a tutti, permettendo di riscoprirne il valore e mostrando l’immenso patrimonio culturale che ci circonda, in una logica di restituzione di bellezza alla città dove il gruppo ha la propria sede direzionale», raccontano ancora da Luxottica.
L’azienda fu, infatti, fondata nel 1961 da Leonardo Del Vecchio, ex martinitt, l’orfanotrofio milanese dove la madre fu costretta ad affidarlo dopo la morte del padre e dove l’imprenditore rimase fino ai 14 anni.
Milano, dunque, per la Pinacoteca è la casa e la storia, per Luxottica il luogo delle profonde radici. Insieme i due enti hanno voluto fare un regalo ai milanesi, invitandoli a ricordare le opere che sono il loro vanto in tutto il mondo e a rimanere «a occhi aperti». Prima o poi - si spera presto - i musei riapriranno. Per ora l'arte la si può incontrare passeggiando per strada, con lo sguardo volto verso l'alto, verso il cielo. 

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venerdì 4 dicembre 2020

Crespi d’Adda, da venticinque anni è sito Unesco. Tra i doni per l’anniversario il Museo interattivo delle memorie

Da venticinque anni è uno dei siti italiani dell’Unesco. Era, infatti, il 5 dicembre 1995 quando a Berlino, nella riunione del Comitato per il Patrimonio dell’Umanità, si annunciava che, insieme a Siena, Ferrara e Napoli, anche il villaggio operaio di Crespi d’Adda era stato inserito nella World Heritage List. Si trattava, allora, dell’undicesimo sito in Italia, il terzo in Lombardia e il quinto al mondo per l’archeologia industriale a meritarsi il prezioso riconoscimento.
La motivazione addotta dagli esperti delegati dall’Unesco dettagliava come Crespi d’Adda fosse «un esempio eccezionale del fenomeno dei villaggi operai, che vide la luce in Europa e nell’America del Nord tra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo, espressione della filosofia predominante tra gli industriali illuminati nei riguardi dei loro operai».
L’Unesco premiava anche l’integrità architettonica del luogo, fondato nel 1878 intorno al Cotonificio Benigno Crespi, collocato in prossimità del fiume Adda, proprio sul confine tra le provincie di Milano e Bergamo, e più precisamente nel Comune di Capriate San Gervasio.
Il villaggio aveva e ha ancora oggi una struttura molto particolare: l’impianto regolare delle strade e la sua fisionomia urbanistica permetteva e permette di individuare in modo chiaro tutti gli edifici che formano il paese, composto, oltre che dalla fabbrica e dalle abitazioni, anche da strutture sociali e, un tempo, a uso pubblico come il lavatoio, il dopolavoro, l’albergo, il piccolo ospedale, la scuola, il teatro, la chiesa, i bagni pubblici con piscina e il cimitero.
Venticinque anni fa, il villaggio operaio di Crespi d’Adda otteneva il prezioso riconoscimento grazie all’audace iniziativa di alcuni giovani universitari locali, riuniti nel goliardico «Centro sociale Fratelli Marx», in grado, con un supporto più formale che sostanziale da parte delle istituzioni locali, di promuovere e far comprendere al mondo il valore di questo piccolo luogo italiano, insediamento rappresentativo di una cultura industriale divenuta vulnerabile per l’impatto di cambiamenti sociali ed economici irreversibili.
Al fine di tutelare il villaggio operaio dalla aggressione di una spregiudicata speculazione edilizia supportata da una parte della comunità, negli anni Novanta, questi giovani elaborarono, infatti, un «progetto di rivalutazione culturale per Crespi d’Adda», all’interno del quale era previsto, oltre a una serie di azioni di promozione turistica, l’ambizioso progetto di presentare la necessaria documentazione per l’inserimento del sito nella World Heritage List.
Due anni dopo, il sogno diventava realtà e ora questa storia rivivrà in un libro, che vedrà la luce la prossima primavera. L’autore, Giorgio Ravasio, fu testimone di tutta la vicenda che portò all’inserimento del villaggio operaio tra i Patrimoni mondiali dell'Umanità e, in occasione dell'anniversario, ripercorrerà i fatti, togliendosi anche qualche sassolino dalla scarpa. «Voglio raccontare come andarono realmente le cose in quegli anni -dichiara, infatti, l’autore-. Molti si sono arrogati meriti non propri e molti che osteggiarono la nomination sono poi saliti sul carro dei vincitori. Nel mentre, ai veri eroi di questa esperienza non sono mai stati riconosciuti i meriti di questo risultato incredibile. Sarà l’occasione per fare chiarezza su un periodo importantissimo della nostra storia».
Va ricordato che questi venticinque anni non sono sempre stati facili. Nel 2003 il villaggio di Crespi d’Adda è, infatti, stato chiuso definitivamente. Dieci anni dopo, nel 2013, l’imprenditore bergamasco Antonio Percassi lo ha acquisito con l’idea di farne la sede operativa delle proprie aziende nonché un campus dell'innovazione e dell'arte aperto ad altri partner, con un museo e zone espositive accessibili al pubblico.
Il punto centrale dell'esperienza di interpretazione e conoscenza del luogo è oggi l’Unesco Visit Center, dove si trovano la biglietteria, il museo multimediale, l’archivio storico, il bookshop e le aule laboratoriali. Ma per il futuro si hanno in mente tanti altri progetti di valorizzazione, come per esempio la restituzione al pubblico dell’ex edicola, che diventerà un Book crossing point, e del cinema.
Al villaggio Crespi d’Adda, -racconta ancora Giorgio Ravasio- «siamo riusciti a dispetto di tutto e di tutti, a creare valore e a riconsegnare un possibile futuro lavorativo alla discarica dei sogni imprenditoriali della manifattura italiana attraverso l’azione della comunità, o almeno di parte di essa. Mi immagino la Crespi d’Adda 2.0 come a un significativo indirizzo simbolico per l’impresa del futuro: sostenibile, intelligente, visionaria. Una Sylicon Valley bergamasca permeata, densa e carica di cultura, elemento indispensabile per una industria responsabile e di successo che guardi al domani come una sfida colma di possibilità».
Quella di Crespi d’Adda è, dunque, una storia da festeggiare e, Covid-19 permettendo, lo si farà la prossima primavera, con una serie di iniziative che andranno ad affiancare la normale programmazione di visite guidate.
Donatella Pirola
, assessore alla Cultura del Comune di Capriate San Gervasio, promette l’inaugurazione, per il prossimo mese di maggio, dell’Archivio storico che, con il supporto di Fondazione Legler, è stato riordinato, inventariato e catalogato. Per divulgarne il contenuto verrà pubblicato un libro fotografico che valorizzerà le straordinarie immagini fissate sulle lastre di vetro preservate nell’archivio.
Durante il periodo di chiusura forzata per l’emergenza pandemica da Coronavirus, al villaggio operaio di Crespi d’Adda sono riusciti anche a lavorare alla progettazione e alla realizzazione del Museo interattivo delle memorie, a disposizione del pubblico e delle scuole dalla prossima primavera.
Uno strumento in più, questo, per scoprire o riscoprire un luogo significativo della nostra storia industriale, magari iniziando già a progettare una gita fuoriporta per i prossimi mesi, appena l'Unesco Visit Center di Capriate San Gervasio sarà totalmente fruibile e l’allentarsi delle misure restrittive per frenare la diffusione del Coronavirus renderà più liberi i nostri spostamenti.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Crespi d'Adda, Unesco Visitor Centre e Monumento ai caduti - ©Marlin Dedaj, Associazione Crespi d'Adda; [fig. 2] Crespi d'Adda, Ingresso della fabbrica - ©Walter Carrera, Associazione Crespi d'Adda; [fig. 3] Crespi d'Adda, Panorama dal belvedere - ©Walter Carrera, Associazione Crespi d'Adda; [fig. 4] Crespi d'Adda, Massa di operai nella fabbrica - ©Archivio Storico di Crespi d'Adda; [fig. 5] Crespi d'Adda, Sala caldaie - ©Archivio Storico di Crespi d'Adda; [fig. 6] Crespi d'Adda, Spaccio di generi alimentari - ©Archivio Storico di Crespi d'Adda; [fig. 7] Crespi d'Adda, Veduta aerea - ©Archivio Storico di Crespi d'Adda

Informazioni utili
Il luogo è visitabile prenotando una guida al numero 02.90939988 o scrivendo all’indirizzo e-mail a info@crespidadda.it; a partire dal mese di marzo e fino a tutto novembre, ogni domenica e tutti i giorni festive, è aperto un punto informazioni che distribuisce mappe e organizza visite guidate anche senza prenotazione. Per informazioni è possibile contattare anche il Comune di Capriate San Gervasio al numero 02.9091712 o all’indirizzo e-mail info@visitcrespi.it. I siti internet di riferimento sono www.crespidadda.it o www.visitcrespi.it

giovedì 3 dicembre 2020

Un dicembre d’arte fuori dai musei: Venezia si illumina con le luci d’artista di Fabrizio Plessi, a Roma i separè anti-Covid incontrano la fotografia

L’arte è più forte del Coronavirus. In questo secondo lockdown delle mostre e dei musei, la cultura non arriva solo a domicilio grazie al Web e agli strumenti social, ma invade anche le vie delle grandi città. Giochi di luce firmati da grandi interpreti dell’arte internazionale animeranno, per esempio, i centri storici di Torino e Venezia in occasione dell’imminente Natale.
La città sabauda ha, infatti, da poco riacceso le sue tradizionali «Luci d’artista»: ventisei installazioni, quattordici nel centro città e dodici nelle circoscrizioni, che portano la firma di autori del calibro di Daniel Buren, Joseph Kosuth, Giulio Paolini, Michelangelo Pistoletto, Alfredo Jaar, Mario Merz e molti altri ancora. 
Venezia risponde a questo evento tradizionale, che si rinnova per il ventitreesimo anno consecutivo, con due progetti nuovi di zecca, entrambi incentrati sulla luce, simbolo di rinascita e di speranza.
Dal 5 al 31 dicembre, il ponte di Rialto, punto nevralgico di commerci e di scambi che unisce le due sponde del Canal Grande, si illuminerà grazie a un gioco di proiezioni e dissolvenze, teso a raccontare alcune pagine significative della storia della città, attraverso opere e progetti di artisti e architetti quali Carpaccio, Jacopo de’ Barbari, Antonio Ponte, Vincenzo Scamozzi e il Canaletto.
La struttura in pietra d’Istria del ponte diventerà così un vero e proprio schermo cinematografico dove più volte nell’arco della serata, dall’imbrunire a tarda notte, scorrerà una selezione di immagini selezionate dallo Studio Etra Comunicazione di Alessandro Toso Fei, che in questo modo ha voluto introdurre i festeggiamenti per i milleseicento anni dalla fondazione di Venezia.
In piazza San Marco sarà, invece, possibile vedere un albero di luce dorata firmato da Fabrizio Plessi, artista di fama internazionale che nello stesso luogo, sulle grandi finestre dell’Ala napoleonica del Museo Correr, quelle rivolte verso la Basilica di San Marco, ha proposto nei mesi passati l’opera «L’età dell’oro».
L’installazione site specific, visibile dal 4 dicembre al 6 gennaio, si configura come un faro luminoso, composto da oltre ottanta moduli di un metro per cinquanta centimetri, che, prendendo la forma di un albero della vita, uniscono simbolicamente terra, acqua e cielo, interpretando il senso più profondo del Natale.
Ma in questo fine anno tanto diverso dal solito, l’arte entra anche nei locali pubblici. L’emergenza sanitaria per il Covid-19 ha portato Agathe Jaubourg e Massimo Innocenti a ideare una mostra molto particolare per il loro locale: il Necci dal 1924 di Roma, in via Fanfulla da Lodi, 68, strada cara a Pier Paolo Pasolini
Il 7 dicembre inaugurerà la rassegna «Andava tutto bene», realizzata in collaborazione con l’Archivio Dufoto. Si tratta di una selezione di sedici fotografie inedite degli anni Sessanta, che ritraggono attori, cantanti e intellettuali come Federico Fellini, Silvana Mangano, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Catherine Spaak, Giorgio Gaber e Sergio Endrigo
Questi scatti sono stati collocati sopra le barriere anti-contagio e lì vi rimarranno -raccontano dal bar-ristorante capitolino, nel cuore del quartiere Pigneto- «fino a che il Covid ci separerà».
Le immagini scelte sono state realizzate in caffè e ristoranti, luoghi di straordinaria vivacità, veri fulcri di una stagione, quella della «Dolce vita», che segnò un’autentica rinascita sociale e culturale.
Questa esposizione non vuole, dunque, essere solo un modo alternativo di pensare le barriere anti contagio, ma anche un’occasione per riflettere sul valore della socialità e sui suoi luoghi, un invito a ricordare (per un futuro prossimo) l’importanza primaria dell’incontro dei corpi e dello scambio di idee.
Le fotografie sono state stampate volutamente in grande formato, su supporti autoportanti di centoquaranta per settanta centimetri, per dare il più possibile l’impressione di condividere il tavolo con icone della cultura, facendo colazione o pranzo con commensali speciali.
«A questi pannelli - raccontano ancora Agathe Jaubourg e Massimo Innocenti - è destinata una funzione importante, di compagnia, di estetica e di diffusione di una bellezza che dura e durerà per sempre. E in un momento buio come quello che stiamo attraversando, un concetto come la bellezza, porta in sé un potere salvifico inestimabile». Questa mostra racconta, dunque, che il bello salva e che c'è ancora vita e arte oltre gli schermi del computer. Fuori. Tra le vie della città. 

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