ISSN 1974-4455 (codice International Standard Serial Number attribuito il 7 marzo 2008) | Info: foglidarte@gmail.com

giovedì 11 marzo 2021

«Dante. La visione dell’arte», una mostra a Forlì per i settecento anni dalla morte del «sommo poeta»


Presentazione video della mostra «Dante. La visione dell'arte», a cura di Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi

Nel suo pellegrinare da esule, costretto a lasciare Firenze per due sentenze del 1302 che lo condannavano al rogo e alla distruzione delle sue proprietà, Dante Alighieri fece tappa anche a Forlì. Ci arrivò nell’autunno del 1302, lasciata Arezzo, trovando rifugio presso gli Ordelaffi, signori ghibellini della città, e ci fece, occasionalmente, ritorno anche in seguito. La città romagnola e il territorio circostante finirono così per essere più volte citati nella «Divina Commedia». Nel Canto XXVII dell’«Inferno» viene, per esempio, ricordata la resistenza dei forlivesi all’assedio delle milizie francesi inviate nel 1282 da papa Martino IV per sottomettere la città ghibellina; mentre nel Canto XVI, sempre dell’«Inferno» la cascata dell’Acquacheta viene paragonata a quella del fiume infernale Flagetonte. Forlì non poteva, dunque, esimersi dal ricordare il poeta nel settecentesimo anniversario della morte.
Dal 30 aprile, dopo un rinvio di qualche settimana a causa delle restrizioni per la pandemia, la città ospiterà così, ai Musei di San Domenico, la mostra «Dante. La visione dell’arte», un viaggio nella storia dell’arte tra Medioevo ed età contemporanea, con circa trecento opere di artisti del calibro di Giotto, Beato Angelico, Filippino Lippi, Lorenzo Lotto, Michelangelo, Tintoretto, fino ad arrivare a Giulio Aristide Sartorio, Umberto Boccioni, Felice Casorati e altri maestri del contemporaneo.
Il progetto, parte di una strategia di valorizzazione di un luogo e di un territorio che è ponte naturale tra Toscana ed Emilia-Romagna, nasce da un’idea di Eike Schmidt, direttore delle Gallerie degli Uffizi, e di Gianfranco Brunelli, direttore delle grandi mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì.
Curatori della mostra sono il professor Antonio Paolucci e il professor Fernando Mazzocca, coadiuvati da un prestigioso comitato scientifico.
L'esposizione, uno degli eventi più importanti del settecentesimo anniversario dantesco, affronta, per la prima volta, l’intimo rapporto tra Dante e l’arte, presentando una selezione di artisti che si sono cimentati nella grande sfida di rendere in immagini la potenza visionaria del «Sommo poeta», delle sue opere e in particolare della «Divina Commedia». Lungo il percorso espositivo ci sono anche lavori che hanno trattato tematiche simili a quelle dantesche o, ancora, che hanno tratto da lui episodi o personaggi singoli, sganciandoli dall’intera vicenda e facendoli vivere in sé.
Sono circa cinquanta, tra dipinti, sculture e disegni, le opere che le Gallerie degli Uffizi, ente co-organizzatore del grande evento espositivo, ha messo a disposizione della mostra. Tra queste, ci sono un corpus di opere grafiche a tema realizzate Michelangelo e da Federico Zuccari (attualmente al centro di una «Ipervisione» del museo fiorentino), i celebri ritratti del poeta firmati da Andrea del Castagno e di Cristofano dell’Altissimo, e, infine, una selezione di opere ottocentesche di Nicola Monti, Pio Fedi, Giuseppe Sabatelli, Raffaello Sorbi, oltre al capolavoro di Vogel von Volgestein, «Episodi della Divina Commedia».
In questo periodo, - racconta a proposito della mostra Eike Schmidt, direttore degli Uffizi - è importante ritrovare in Dante non solo un simbolo di unità nazionale, ma anche un conforto spirituale e un riferimento culturale comune. La mostra sarà un’occasione per ripensare al padre della lingua italiana e offrirà materia per riflettere sull’importanza che l’opera dantesca – i suoi versi, i personaggi e gli eventi da lui narrati – riveste ancora nei nostri tempi».
Non solo gli Uffizi, però, hanno aperto i loro «scrigni danteschi» per la mostra. Arriveranno, infatti, prestiti da altre importanti istituzioni internazionali come l’Ermitage di San Pietroburgo, la Walker Art Gallery di Liverpool, dalla National Gallery di Sofia, la Staatliche Kunstsammlungen di Dresda, il Museum of Art di Toledo, i Musei Vaticani. Non mancheranno, lungo il percorso espositivo, opere provenienti dal territorio italiano e più precisamente dalla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma, dalla Galleria Borghese, dal Museo di Capodimonte, ma non solo.
Con uno stile magniloquente e antologico, l’esposizione, aperta fino all’11 luglio, condurrà il visitatore alla scoperta della crescente leggenda di Dante attraverso i secoli. 
L’iniziale fortuna critica del poeta verrà mostrata attraverso le prime edizioni della «Commedia» e alcuni dei più importanti codici miniati del XIV e XV secolo. Apposite sezioni saranno, quindi, dedicate alla fama del poeta nella stagione rinascimentale, alla sua riscoperta in epoca neoclassica e preromantica, alle interpretazioni romantiche e novecentesche della sua opera ed eredità. Capitoli a parte verranno dedicati all’ampia e fortunata ritrattistica dedicata di Dante nella storia dell’arte, ma anche al tema del rapporto tra il poeta e la cultura classica. Non mancherà, poi, un focus sulla figura di Beatrice, che lo scrittore eleva ad emblema del rinnovamento dell’arte e delle sue stesse positive passioni.
Protagonisti della mostra saranno anche le molteplici raffigurazioni che alcuni tra i più grandi artisti hanno offerto nel corso della storia della narrazione dantesca del Giudizio universale, dell’«Inferno», del «Purgatorio» e del «Paradiso». Il percorso si concluderà con capolavori ispirati, nella loro composizione, al XXXIII canto del «Paradiso». 
Un evento da non perdere, dunque, quello di Forlì, la cui importanza appare palpabile nelle parole di Gianfranco Brunelli, direttore delle Grandi mostre della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì: «Penso di poter dire che se c’è un’esposizione davvero completa e davvero nazionale, nell’anno centenario di Dante, quella forlivese si iscrive ad esserlo. Non solo la «Commedia» viene ricondotta lungo i rispecchiamenti che l’arte ne ha tratto, ma tutto Dante. Un viaggio dell’arte e un viaggio nell’arte che ci consente di rivedere Dante, il suo tempo e il nostro».

Vedi anche


Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cristofano dell'Altissimo (Firenze, 1525 – 1605), «Ritratto di Dante Alighieri», 1552-1568; [fig. 2] Andrea del Castagno (Castagno, 1421 – Firenze, 1457), «Dante Alighieri», 1448-1449. Affresco strappato e applicato su tela, 250 x 150 cm. Firenze, Gallerie degli Uffizi; [fig. 3] Henry James Holiday (Londra, 1839 – 1927), «Dante Alighieri», 1875 circa. Matita, acquerello e gomma arabica su carta, 63,5 x 49,5 cm. Collezione privata c/o Christie’s; [fig. 4] Jean-Auguste-Dominique Ingres (Montauban, 1780 – Paris, 1867), «Paolo e Francesca sorpresi da Gianciotto», 1819. Olio su tela, 50,3 x 40,7 cm. Angers, Musée des Beaux-Arts; [fig. 5] Dante Gabriel Rossetti (Londra, 1828 – Kent, 1882), «Il saluto di Beatrice», 1880-1882. Olio su tela, 154,3 x 91,4 cm. Toledo (Ohio), Museum of Art

Informazioni utili
Dante. La visione dell'arte. Musei di san Domenico, piazza Giudo da Montefeltro, 12 - Forlì. Orari: da lunedì a venerdì, dalle ore 9.30 alle ore 19.00; sabato, domenica, giorni festivi, dalle ore 9.30 alle ore 20.00 (compatibilmente con le indicazioni contenute nel Dpcm in corso); la biglietteria chiude un’ora prima. Ingresso: intero € 13,00, ridotto € 11,00, ridotto speciale (scolaresche) € 5,00, biglietto speciale famiglia € 26,00, altre tipologie di tagliandi (compreso quello integrato con gli eventi in programma a Ravenna) sono reperibili sul sito della mostra. Informazioni: tel. 199.151134; tel. 0543.36217; mostraforli@civita.it (orario call center: dal lunedì al venerdì, ore 9.00-13.00 e ore 14.30-17.30; sabato e domenica chiuso). Normativa anti-Covid: La visita è regolamentata da un sistema di fasce orarie. La prenotazione o l’acquisto on-line del biglietto sono fortemente consigliati nei giorni feriali e obbligatori nei week end e nei festivi. La visita è consentita solo adottando le seguenti misure di sicurezza: - accertamento della temperatura corporea di tutti i visitatori attraverso sistemi certificati di misurazione istantanea. Non potranno entrare i visitatori con una temperatura corporea superiore ai 37,5°C. , - obbligo di indossare la mascherina e procedere alla sanificazione delle mani con apposito disinfettante, - accesso alla biglietteria di un solo visitatore alla volta, anche per i nuclei famigliari. Gli altri visitatori attenderanno in coda mantenendo la distanza di sicurezza di 2 metri e seguendo le indicazioni fornite dagli operatori, - obbligo di mantenere sempre la distanza di sicurezza di almeno 2 mt. tra un visitatore e l’altro all’interno delle sale espositive e in tutti gli ambienti condivisi, - la durata massima di visita è fissata in 2 ore, - l’utilizzo dell’ascensore è consentito esclusivamente a persone con disabilità e relativo accompagnatore, - l’accesso al bookshop è consentito ad un massimo di due visitatori alla volta, - in tutti gli ambienti si consiglia di limitare all’indispensabile il contatto con le superfici comuni (tavoli, ringhiere, maniglie) ed evitare il contatto con gli oggetti in esposizione, - informare prontamente il personale museale in caso di malessere. Sito internet: www.mostradante.it. Da 30 aprile all'11 luglio 2021

mercoledì 10 marzo 2021

Superblast, la chiamata alle arti di Manifattura Tabacchi

In un periodo che ha messo a dura prova il settore artistico e culturale, Nam - Not a Museum, il programma dell’arte contemporanea di Manifattura Tabacchi a Firenze, basato sul principio dell'interdisciplinarità tra le arti, sul coinvolgimento della comunità e sull’indagine del rapporto tra arte, scienza e natura, presenta Superblast: un’iniziativa che pone al centro la valorizzazione della pratica artistica al di fuori dei luoghi tradizionalmente a essa associati.
L’obiettivo di questa chiamata alle arti è quello di favorire la creazione di percorsi di crescita dei giovani artisti italiani e internazionali e rendere la città di Firenze il centro di un nuovo attivismo culturale per l’ambiente, promuovendo il confronto tra spazi pubblici, contemporanei e storici e la costruzione di una memoria collettiva.
Manifattura Tabacchi ha, dunque, lanciato un bando di concorso per l’assegnazione di sei premi per altrettante residenze a sei artisti multidisciplinari per lo sviluppo di progetti artistici in dialogo con gli spazi dell’istituzione fiorentina.
Il bando è gratuito e aperto a partecipanti, di ogni provenienza geografica e sotto i 40 anni, singoli o collettivi, con pratiche artistiche di diversa natura: scultura, pittura, sound and new media artperformance, pratiche coreografiche e relazionali, progetti workshop-based e progetti che mettano in discussione il rapporto esistente tra uomo e ambiente.
Ogni artista selezionato sarà accompagnato da un curatore per la stesura di un testo critico volto alla realizzazione di un progetto editoriale dedicato. Le sei opere confluiranno in una mostra collettiva e contribuiranno alla pubblicazione del progetto editoriale previsto per settembre, il mese che Manifattura Tabacchi vuole dedicare alla sostenibilità, nell’ambito di un programma pubblico composto da talk, tavole rotonde e attività laboratoriali.
Gli artisti selezionati avranno l’occasione di prendere parte attiva al cambiamento e alla visione interdisciplinare che l’istituzione fiorentino da sempre promuove per sperimentare linguaggi ibridi in dialogo con un luogo di matrice industriale. Il bando è, dunque, un’occasione per guardare al rapporto tra uomo e natura, chiamando in causa l’arte e la sua capacità trasversale di porsi domande prima di immaginare soluzioni, di coinvolgere professionisti dai campi scientifici e umanistici e di veicolare la sensibilità comune rispetto al cambiamento climatico verso forme inedite di espressione e azione.
Superblast si rivolge ad artisti, pensatori, creativi, attivisti che abbiano il desiderio di guidare il cambiamento, immaginare e ridisegnare i luoghi della cultura, per un futuro più sostenibile nell’era dei mutamenti climatici attraverso la costruzione di relazioni e progetti comuni.
Cosa significa fare arte oggi? Come ricostituire un equilibrio tra l’uomo, la città e il mondo naturale? Una nuova ecologia del pensiero è possibile? Sono queste le domande, sempre più rilevanti nel contesto attuale che ci ospita e che costituisce una svolta critica nella storia del pianeta, al centro del bando. Manifattura Tabacchi sceglie, dunque, di dare spazio alla sperimentazione artistica e al confronto sui temi urgenti del nostro tempo, quali la relazione tra natura e cultura, l’uomo e le altre specie viventi, l’individuo e la collettività.
Sarà possibile partecipare fino al 21 marzo seguendo le istruzioni riportate sul sito www.superblast.it o su www.manifatturatabacchi.com
I progetti saranno valutati da un comitato scientifico internazionale composto da autorità nei campi dell’intersezione tra arte e ecologia quali Mario Cristiani, cofondatore di Associazione Arte Continua e di Galleria Continua (San Gimignano, Beijing, Les Moulins, Habana), Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale e accademico, direttore di LINV International Laboratory of Plant Neurobiology e fondatore di Pnat, Erica Petrillo, scrittrice e curatrice che collabora con lo studio interdisciplinare 2050+ (Milano), Lucia Pietroiusti, curatrice di General Ecology alla Serpentine Galleries (Londra), Caterina Taurelli Salimbeni, curatrice di Nam - Not a Museum.
I finalisti saranno annunciati il 21 aprile sul sito di Manifattura Tabacchi e sui canali social di Nam – Not a Museum. 
Gli artisti selezionati saranno invitati a partecipare a un workshop dedicato all’esplorazione del luogo e del contesto di riferimento, e avranno a disposizione € 5.000 per la produzione del proprio lavoro, uno spazio dove realizzarlo e € 500 per il rimborso delle spese di viaggio e trasporto. 
Una bella occasione, questa, per far conoscere il proprio lavoro e per contribuire al racconto di un argomento attuale come quello delle relazioni tra arte e natura. 

martedì 9 marzo 2021

Padova, all’Oratorio di San Giorgio riprendono vita gli affreschi trecenteschi di Altichiero da Zevio

È stato definito la «cappella degli Scrovegni all'altra estremità del Trecento». Stiamo parlando dell’Oratorio di San Giorgio, edificio che si affaccia sul sagrato della basilica di Sant’Antonio a Padova, commissionato come cappella sepolcrale di famiglia da Raimondino Lupi di Soragna, guerriero e diplomatico al servizio della Signoria dei Carraresi. I lavori di costruzione dell’Oratorio, candidato a diventare Patrimonio mondiale dell’Umanità di Unesco, iniziarono nel 1377 per essere conclusi nel 1384 con la realizzazione del ciclo di affreschi realizzati da Altichiero da Zevio. Riportati alla luce nel 1837, questi dipinti sono stati oggetti di un importante intervento conservativo tra 1995 e 1997 e ora sono oggetto di un nuovo importante intervento di «restauro percettivo».
La decorazione pittorica, che culmina in un cielo stellato su cui campeggiano clipei raffiguranti personaggi sacri, è così strutturata: in controfacciata sono dipinte le storie della nascita di Gesù (nascita, adorazione dei magi, fuga in Egitto, presentazione al tempio), sulla parete dell'altare la grande crocifissione e, sopra, l'incoronazione della Vergine. Sulle pareti lunghe si svolgono episodi della storia di san Giorgio, santa Caterina d’Alessandria e santa Lucia. Nella parete sinistra, inoltre, ampio spazio è dato alla scena votiva in cui Rinaldino Lupi e la consorte Matilde, genitori del committente, seguiti da altri esponenti della famiglia in vesti militari, si inginocchiano alla Vergine, introdotti da san Giorgio e al cospetto di numerosi santi. Al centro dell’oratorio si ergeva la complessa struttura architettonico-scultorea dell’arca funebre del fondatore, di cui si conserva ancora il sepolcro lapideo.
Preziosa testimonianza dell’impatto della pittura di Giotto a Padova e nel secolo dei Carraresi, le storie affrescate riprendono oggi vita grazie all’installazione di un sistema di illuminazione innovativo, promosso dalla Veneranda Arca di S. Antonio con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e di iGuzzini illuminazione spa, azienda leader nel settore dell'illuminazione architetturale, che ne ha curato anche la realizzazione sotto la direzione dell’architetto Antonio Susani.
La precedente illuminazione, con ingombro visivo tale da disturbare un’adeguata percezione della grandiosità degli affreschi, è stata sostituita da un impianto che si integra perfettamente nell’architettura, come già è avvenuto in passato per la Cappella degli Scrovegni, garantendo un effetto di assoluta omogeneità della luce. Incassi Laser Blade illuminano i soffitti a botte dell’Oratorio, mentre proiettori Palco e Robin ne esaltano rispettivamente le pareti più corte e l’altare. Un prodotto speciale, infine, illumina in maniera radente le pareti laterali. Tutti gli apparecchi, installati su un binario che corre lungo la struttura lignea perimetrale, sono dotati di temperatura colore di 3000K e indice di resa cromatica pari a 97 per garantire elevato comfort visivo ed esaltare la ricchezza cromatica degli affreschi. L'intero sistema illuminotecnico è, inoltre, gestibile tramite il sistema di controllo Quick BLE e una pulsantiera Bluetooth.
«Il risultato straordinario di questo lavoro -dichiara l’avvocato Emanuele Tessari, presidente capo della Veneranda Arca di S. Antonio –ci ha convinti, inoltre, a realizzare, direttamente e attraverso la ricerca di nuovi sponsor, il ‘restauro percettivo’ anche degli altri due cicli di affreschi presenti in Basilica che partecipano alla candidatura Unesco: la cappella di San Giacomo, con le opere di Altichieri da Zevio, e gli affreschi di Giusto de' Menabuoi nella Cappella del Beato Luca Belludi. Tra gli obiettivi della Veneranda Arca di S. Antonio vi è la promozione di iniziative di carattere culturale volte a incrementare le occasioni di scambio tra la Basilica e la città e tra la Basilica e il resto del mondo. Ogni atto concreto che mostri l'interesse della città verso i luoghi candidati, dunque, diventa un indicatore importante del coinvolgimento della comunità tutta».

Didascalie delle immagini  
[Figg.1 ,2 , 3 e 4] Oratorio di San Giorgio, Padova. Affreschi di Altichiero da Zevio. Foto di Giovanni Pinton 

Informazioni utili 
Veneranda Arca di S. Antonio| arcadisantantonio@gmail.com | www. arcadelsanto.org

lunedì 8 marzo 2021

Un 2021 di grandi mostre per la Fondazione Cini di Venezia

Sono passati settant’anni da quando a Venezia prendeva il via, sull’isola di San Giorgio Maggiore, l’attività della Fondazione Giorgio Cini. Nonostante la pandemia, il calendario per questo 2021 è ricco di eventi, sia in presenza che on-line. Dalla storia dell’arte alla musica, dal teatro agli studi religiosi, si contano oltre trenta incontri (tra convegni, giornate di studio, workshop, seminari e presentazioni), una nuova stagione concertista all’auditorium «Lo Squero», sette mostre, oltre venti progetti editoriali e un premio (la VIII edizione del «Benno Geiger» per la traduzione poetica).
Tra gli eventi artistici più importanti dell’anno, c'è senz'altro l'apertura stagionale, a partire da maggio, della Galleria di Palazzo Cini a San Vio, raffinata casa-museo sorta nel 1984, che custodisce un prezioso nucleo della raccolta d’arte antica di uno dei più importanti collezionisti del novecento italiano: l’imprenditore e filantropo Vittorio Cini (1885 – 1977). La collezione custodisce un prezioso nucleo di opere di Beato Angelico, Filippo Lippi, Sandro Botticelli, Piero di Cosimo e Pontormo, oltre a un raro nucleo di dipinti del Rinascimento ferrarese, con capolavori di Ercole de’ Roberti, Cosmè Tura e Dosso Dossi.
Attesa è anche la seconda edizione di «Homo Faber: Crafting a more human future. Living Treasures of Europe and Japan», grande progetto sull’alto artigianato artistico organizzato da Michelangelo Foundation for Creativity and Craftsmanship, in partnership con la Fondazione Cini, la Fondazione Cologni dei mestieri d’arte e la Japan Foundation. Dal 9 al 26 settembre, i visitatori scopriranno capolavori, mostre, installazioni e workshop che - grazie al lavoro di un team di curatori internazionali, coordinati da Alberto Cavalli - presenteranno il lavoro di grandi maestri artigiani europei e della terra del Sole nascente. Il designer nipponico di fama internazionale Naoto Fukasawa, l’acclamata fotografa giapponese Rinko Kawauchi, l’iconico regista americano Robert Wilson, il collezionista ed esperto britannico Simon Kidston, il professore universitario veneziano Stefano Micelli, l’executive director del Museo d’arte di Hakone Tokugo Uchida, i celebri architetti italiani Michele De Lucchi, Stefano Boeri e Alessandro Pedron, la docente londinese di moda Judith Clark, il designer tedesco Sebastian Herkner, gli esperti e consulenti d’arte David Caméo e Frédéric Bodet, e il gallerista italo-belga Jean Blanchaert sono i nomi di prestigio chiamati a immaginare i sedici spazi espositivi di «Homo Faber».
Prosegue con due nuove mostre anche l’attività de «Le stanze del vetro», iniziativa per lo studio e la valorizzazione dell’arte vetraria veneziana del Novecento, nata dalla collaborazione tra Fondazione Cini e Pentagram Stiftung. Si inizia con «L’Arca di vetro. La collezione di animali di Pierre Rosenberg» (22 marzo – 1° agosto), rassegna curata da Giordana Naccari e Cristina Beltrami, che ripercorre - in modo originale e coinvolgente - la storia del vetro muranese del Novecento attraverso un’angolazione inedita: l’animale di vetro.
Si prosegue con la mostra «Tapio Wirkkala e Toni Zuccheri» (5 settembre - 10 gennaio), a cura di Marino Barovier. L’esposizione, che era già in cantiere per il 2020 ed è saltata a causa della pandemia, guiderà il pubblico tra due aspetti della stessa realtà, due generi quasi agli antipodi ma ugualmente fondanti: il minimalismo del nordico Tapio Wirkkala, che tanto influenzò il dialogo di prospettiva tra Finlandia e Italia, e il «Bestiario lagunare» di Toni Zuccheri, che trovò nella natura una costante fonte da cui lasciarsi contaminare e ispirare.
Un’altra esposizione già in cartellone per il 2020 e saltata a causa della pandemia è quella in programma in primavera negli spazi dell’Ala napoleonica della Fondazione Giorgio Cini: «EST. Storie italiane di viaggi, città e architetture» (dal 29 aprile al 30 luglio), a cura di Luca Molinari, già curatore del Padiglione Italia alla dodicesima Biennale di Architettura.
La rassegna vuole raccontare storie di luoghi e città guardando il mondo verso Est partendo dall’Italia, che rimane il perno del percorso narrativo. Al centro del progetto -raccontano gli organizzatori- c’è «il 'fare italiano', che rifugge una pratica colonizzatrice per un atteggiamento di dialogo e assimilazione di mondi diversi dal nostro, avendo poi la capacità di immaginare e costruire spazi e luoghi significativi per la realtà in cui si sono insediati».
Dal 19 maggio al 18 luglio, in parziale concomitanza con la XVII edizione della Biennale di Architettura, la Fondazione Cini organizzerà, poi, una mostra, curata da Valerio Terraroli, con circa cento opere, tra disegni e acquerelli, realizzate dall'architetto Tomaso Buzzi tra la metà degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta Si tratta – raccontano i responsabili dell’istituzione culturale sull’isola di San Giorgio Maggiore - di «disegni schizzati su fogli volanti così come su taccuini, fatti de visu o estratti dalla memoria, con inchiostro, acquerelli, biro, talvolta con un pensiero, una didascalia, un luogo, giusto per fissare sulla carta, o sul cartoncino, avvenimenti, specialmente concerti o feste, sia mondane, sia popolari, vedute di Venezia e della Laguna, architetture, immagini fantastiche».
L’Istituto per il Teatro e il Melodramma riproporrà, invece, al pubblico la mostra «Creatura – Va’ – Vivi nel tuo raggio» (maggio – dicembre 2021), curata da Maria Ida Biggi. Con questo nuovo allestimento, l’intenzione è quella di gettare nuova luce su «Antonio e Cleopatra», uno dei tre copioni shakespeariani di cui Arrigo Boito curò la traduzione e l’adattamento sulla base delle peculiarità artistiche e recitative di Eleonora Duse. In mostra sarà possibile visionare preziosi materiali d’archivio: manoscritti, fotografie di scena e lettere che l’attrice e il letterato si scambiarono riguardo la messa in scena del dramma.
È in programma anche una mostra on-line su «Nino Rota e il pianoforte»: manoscritti musicali, lettere, fotografie, ritagli di stampa e registrazioni sonore inedite offriranno l'opportunità di esplorare la genesi e la ricezione di un repertorio pianistico nel quale si riflettono tutte le sfaccettature della poetica rotiana.
Infine, quest’anno, per la prima volta nella storia dell’istituzione veneziana, andrà all’estero - al Centre d’art Hôtel de Caumont, riferimento culturale e artistico di Aix-en-Provence - una grande e variegata selezione di capolavori d’arte antica appartenenti all’Istituto di Storia dell’arte. Curata da Luca Massimo Barbero, in collaborazione con l’architetto Daniela Ferretti, la mostra «Trésors de Venise. La collection Cini» (novembre 2021 – primavera 2022) allineerà ottanta opere e celebrerà in Europa il gusto collezionistico di Vittorio Cini, «l’italiano più faustiano» che io abbia mai conosciuto» come scrisse Bernard Berenson.
Accanto a queste iniziative, la fondazione organizzerà svariati appuntamenti convegnistici e una corposa rassegna musicale; sarà, inoltre, impegnata a portare avanti la valorizzazione del patrimonio monumentale, artistico, materiale e immateriale custodito sull’Isola di San Giorgio Maggiore, promuovendo lo studio dei suoi archivi, grazie all’erogazione di borse di studio. L'istituzione veneta continuerà, poi, il processo di digitalizzazione dei suoi archivi grazie al nuovo centro Archive – Analysis and Recording of the Cultural Heritage in Venice, realizzato grazie al fondamentale contributo dell’Helen Hamlyn Trust. 

Didascalie delle immagini 
[Fig. 1] Fondazione Giorgio Cini - Chiostro Palladiano. Foto di Matteo De Fina. Per gentile concessione della Fondazione Giorgio Cini; [fig. 2] Scalone monumentale di Baldassarre Longhena. Foto di Enrico De Santis. Per gentile concessione della Fondazione Giorgio Cini; [fig. 3] La Nuova Manica Lunga. Foto di Matteo De Fina. Per gentile concessione della Fondazione Giorgio Cini; [fig. 4] Auditorium Lo Squero, Fondazione Giorgio Cini: [fig. 5] Palazzo Cini, La Galleria; [fig. 6] Veduta aerea dell’Isola di San Giorgio Maggiore; [fig. 7] Homo Faber 2021. Curatori e direttori con il fondatore Franco Cologni e il direttore Alberto Cavalli. Foto di Laila Pozzo. ®Michelangelo Foundation

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venerdì 5 marzo 2021

«Un seme di collina», in un libro di Mudima la Sicilia «sensuale e misteriosa» di Nerina Toci

Sensuali e misteriose: sono questi i primi due aggettivi che vengono in mente guardando le fotografie che Nerina Toci (Tirana, 21 gennaio 1988), artista vincitrice nel 2016 del concorso «Guido Orlando - Premio fotografico Peppino Impastato», ha scattato tra il 2017 e il 2020 in Sicilia, la terra adottiva dove trascorre gran parte del suo tempo.
Questo suo work in progress, realizzato principalmente tra i versanti asimmetrici dei monti Nebrodi, è al centro del volume «Un seme di collina», appena pubblicato da Mudima.
Il libro, per la curatela di Davide di Maggio, contiene saggi critici di Achille Bonito Oliva, Lorand Hegyi, Dominique Stella, oltre a un testo della stessa fotografa, protagonista in questi giorni a Milano della collettiva «La Face autre de l'autre Face» (visibile fino al 12 marzo), che raccoglie, proprio negli spazi espositivi di Mudima (le gallerie private sono aperte anche in zona arancione scuro), le opere di ventuno artisti, in prevalenza italiani, tra cui Gabriele Basilico, Francesco Jodice, Christiane Löhr, Uliano Lucas, Sabrina Mezzaqui, Ugo Mulas e Nicola Samorì.
La giovane fotografa albanese, originaria di Tirana, che per molti anni ha vissuto in Sicilia e che ora divide la sua vita tra Palermo e Milano, si occupa di fotografia dal 2015 e riserva da sempre, nel suo lavoro, un ruolo centrale alla sua terra di adozione.
Se all’inizio del suo percorso di ricerca artistica, lo sguardo era condizionato dai sogni e dall’emotività ed era focalizzato sull’indagine della sua identità, oggi Nerina Toci si propone di catturare, con il suo lavoro, l’identità universale attraverso l’esperienza del sensibile. Questo sentire ha portato l'artista a una graduale eliminazione della figura umana dagli scatti.
L’interesse antropologico – con la costante riflessione sulla figura femminile, sul senso del luogo e del confine – e l’interrogazione sul reale spostano, poi, la funzione della fotografia da quella estetica a quella reale: «la vera risposta -afferma la stessa artista - sta non nel catturare e possedere la realtà, ma nell'accettazione della sua esistenza».
Nei sui lavori – dei quali anche Letizia Battaglia ha sottolineato l’inquietudine e la grazia –, Nerina Toci riesce a dare forma alla sua immaginazione sconfinata, che varca i confini della fotografia e ci porta in un mondo incantato. La chiave per capire il suo lavoro va cercata nel fatto che, applicando leggi proprie, supera la visione monoculare che la fotografia impone. 
Il lavoro di Nerina Toci parte, dunque, dalla fotografia ma prende subito altre rotte, diventando opera d’arte. La macchina fotografica è semplicemente un mezzo che le consente di esprimere quello che per un fotografo è impossibile: uscire dalla realtà che ci circonda per addentrarsi in una sorta di Wunderkammer – una realtà personale che diventa universale – nella quale entriamo insieme a lei.
Davide di Maggio, curatore del volume, dice di Nerina Toci: «Il fotografo blocca un istante in eterno, lei apre quell’istante all’infinito. Le sue fotografie non hanno a che fare con l’effimero della nostra società, ma hanno piuttosto quella 'perennità' delle opere che si tramandano nel tempo. Il tempo non è un limite ma diventa suo alleato». 
Nerina Toci non è interessata alla realtà che ci circonda: «la sua - prosegue lo studioso - è un instancabile ricerca di un mondo che non trova, ma che è ben chiaro nella sua lucidissima immaginazione e che riesce a esprimere nelle sue fotografie anche grazie ad un grandissimo talento. Questa è la forza di Nerina Toci, il suo fascino, il suo magnetismo. E questo è il sogno dell’arte che grazie a lei si avvera».
Nerina Toci ci porta così dentro un mondo incantato dove la fantasia è libera di viaggiare, dove il dato oggettivo si trasforma in poesia.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Cover del libro Nerina Toci. Un seme di collina, Edizioni Mudima, Milano 2020; [fig. 2] Nerina Toci, ritratto; [fig. 3] Untitled, 2020 © Nerina Toci. Courtesy Fondazione Mudima

Informazioni utili
Nerina Toci. Un seme di collina, Edizioni Mudima, Milano 2020. A cura di: Davide Di Maggio. Contributi di: Davide Di Maggio, Achille Bonito Oliva, Lorand Hegyi, Dominique Stella. E uno scritto di: Nerina Toci. Pagine: 178. Lingua: Italiano/Inglese. Copertina in brossura cartonata. Dimensioni: 22x26 cm. Prezzo: 30 Euro. Il libro è acquistabile sul sito di Fondazione Mudima (www.mudima.net | sezione Shop) e in libreria

giovedì 4 marzo 2021

Punta Conterie, una pausa tra arte e cibo nel cuore di Murano

(Aggiornato il 27 aprile 2020, alle ore 11.00) -Non è stata una ripartenza facile quella di Punta Conterie, l’hub frutto dell’impegno e della visione di Alessandro Vecchiato e Dario Campa nato due anni fa nel cuore di Murano, l’isola simbolo della tradizione vetraria a livello internazionale. Nel 2019 i due imprenditori non solo hanno restituito al comprensorio veneziano, un patrimonio architettonico inestimabile - una delle costruzioni più rappresentative dell’edilizia industriale muranese nel crocevia di navigazione tra il Canale Grande e il Canale San Donato - ma hanno anche dato vita a uno spazio fluido in cui le arti e il cibo, la creatività e l’enogastronomia, si compenetrano stimolando percorsi visivi, culturali e del gusto inusuali.
La riapertura graduale di Punta Conterie, inizialmente prevista per marzo e poi posticipata per l'aggravarsi della situazione sanitaria, si chiuderà sabato 1° maggio con la proposta food and wine dei nuovi menù - à la carte, degustazione, classico o del territorio, vegano - studiati per il «Vetri Restaurant / Bistrot» e per il «Vetri Café» dallo chef, di origini filippine, Johnmark Nanit, sotto la supervisione di Dario Campa. La valorizzazione della materia prima e la ricerca dell’equilibrio di sapori e consistenze giustapposti saranno alla base di piatti unici tra stagionalità e sperimentazione da assaporare in un angolo di Murano carico di storia: il complesso tra Palazzo Giustinian e la Basilica di San Donato che, nel 1891, iniziò a ospitare la Società veneziana per l’industria delle conterie, le minute perle in pasta vitrea ricavate dal taglio di una lunga e sottilissima canna forata arrotondata a caldo in particolari contenitori metallici.
Stessa scuola di pensiero si respira anche nella pasticceria del pastry chef Allaraj Selam: un mix di sapori in equilibrio e consistenze sorprendenti per delle proposte sfiziose solo in apparenza semplici, come un Babà-raj al rum con cannella, liquirizia e gelato al mascarpone o un Bonet e amaretti, gelato al cioccolato fondente 72% con barolo chinato, da accompagnare a centrifugati e estratti di frutta e verdura.
Con l'apertura di Punta Conterie ritornano accessibili al pubblico anche i due store dell’hub muranese: «InGalleria Shop» e «Fioraio Green Boutique».
Con una vasta selezione di prodotti a firma Punta Conterie, il cui filo conduttore è rappresentato dal vetro: piccoli oggetti di design, perle in vetro di Murano, gioielli contemporanei e accessori moda tra tradizione lagunare e alto artigianato, che da qualche mese sono disponibili anche sul nuovo canale di e-commerce di Punta Conterie.
«Fioraio Green Boutique» è, invece, l’angolo green dove poter scegliere tra piante stagionali, composizioni floreali uniche, piccoli oggetti e fragranze d’ambiente ispirati a profumi e colori della natura.
Ad affascinare i visitatori non è solo l’offerta alternativa di questo hub nel cuore di Murano, ma anche la sua costruzione. Il rapporto tra spazi esterni e interni si articola in modo naturale sui due livelli della struttura rinnovandosi in ogni ambiente. Situato al piano terra il «Vetri Café» gode di un ampio plateatico esterno cinto dai tipici mattoni industriali dell’epoca, accanto si apre lo spazio dedicato al green design con affaccio sulle aree industriali delle antiche Conterie. Al primo piano — dove si trovano l’area espositiva «InGalleria» e il «Vetri Restaurant / Bistrot» — la luce naturale rivela i dettagli originali dello spazio come il pavimento in rovere a spina di pesce completamente recuperato e restaurato, le travi a vista del soffitto, i cassonetti alla «sansovino» con i decori floreali anch’essi recuperati e restaurati e i toni grigio scuro e sabbia alle pareti che donano ulteriore profondità alle stanze.
Punta Conterie è anche sinonimo di mostre temporanee di caratura internazionale che raccontano le relazioni tra vetro e design negli spazi di «InGalleria Art Gallery».
Da sabato 10 aprile sono riprese le attività espositive di questa realtà con l'anteprima di «Murano in focus», mostra fotografica con protagonisti Luigi BussolatiMassimo Gardone e Roberta Orio.
Coordinato da Alessandro Vecchiato - anima artistica di Punta Conterie - il progetto presenta complessivamente ventuno opere sull’isola veneziana del vetro, frutto di tre sguardi molto diversi per contenuto, per supporto, per messaggio.
Luigi Bussolati
, chiamato a rappresentare le architetture industriali – che sono i luoghi di lavoro di chi ha costruito la fortuna artistica e commerciale di Murano –, suona le corde dello strumento che più gli è congeniale, e attraverso il suo peculiarissimo uso della luce ci restituisce delle immagini che, pur mantenendo un loro grande peso concreto, ci appaiono come realtà sospese, mondi sconosciuti e al tempo stesso rivelati finalmente nella loro interezza.
Massimo Gardone racconta, invece, mondi immaginari portandoci dentro i suoi «Orizzonti», facendoci sognare immersi negli oceani per poi proiettarci in prospettive costruite da riflessi. Il suo lavoro, stampato su una superficie specchiante, porta lo spettatore dentro l’immagine, permettendogli così di mettere in atto un proprio personale sguardo sulla poetica dell’opera.
Infine, il lavoro di Roberta Orio, punto di unione tra queste due letture – e ponte tra due mondi – concentra la sua visione nelle tracce di chi Murano la vive perché ci abita, perché ci lavora, ci passa del tempo della propria vita, e restituisce segni, parti, sezioni del modo che l’isola veneziana oggi rappresenta. Punta Conterie presenta, dunque, tre mostre in una per uno sguardo corale che è anche un grande omaggio a Murano e alle sue vetrerie, attività che, essendo strettamente connesse al turismo internazionale, hanno risentito più di altre la crisi per il Covid-19.

 
Didascalie delle immagini
[Fig. 1] PuntaConterie. Foto di Maris Croatto; [fig. 2] PuntaConterie, terrazza del «Vetri Restaurant / Bistrot». Foto di Maris Croatto; [fig. 3] PuntaConterie, «Vetri Restaurant / Bistrot». Foto di Valentina Cunja; [fig. 4] Punta Conterie. Foto di Roberta Orio; [figg. 5 e 6] Punta Conterie, «In Galleria Shop». Foto di Valentina Cunja; [fig. 7] Punta Conterie, «Vetri Restaurant / Bistrot». Foto di Maris Croatto 

Informazioni utili
Punta Conterie, Fondamenta Giustinian, 1 Venezia. Informazioni: tel. 041.5275174, info@puntaconterie.com. Sito internet: www.puntaconterie.com

mercoledì 3 marzo 2021

«Dear you», nella cassetta postale le lettere d’artista del Mambo di Bologna

«Caro amico, ti scrivo così mi distraggo un po’ / E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò…». Era il 1978 e Lucio Dalla, nel brano «L’anno che verrà», celebrava il piacere della scrittura epistolare. Oggi, con i social e le piattaforme di messaggistica sempre più imperanti nella nostra vita, abbiamo perso l’abitudine di prendere in mano carta e penna per mettere nero su bianco i nostri pensieri. A riscoprire il piacere della corrispondenza attraverso la spedizione postale è il Mambo di Bologna con il progetto «Dear you», a cura di Caterina Molteni, la cui identità visiva è firmata da Mattia Pajè.
Dopo aver esplorato nel 2020 la dimensione digitale, come molti musei in Italia colpiti dalla pandemia, l’istituzione felsinea si sposta, dunque, verso un medium più tradizionale con l’intento di accrescere le potenziali interazioni con il pubblico, dandogli e dandosi la possibilità di creare un rapporto tangibile con le opere, che sebbene non avvenga nello spazio espositivo non rinuncia a una fisicità non mediata dal digitale.
«Dear you» nasce da una riflessione sui confini e sulle potenzialità dello spazio intimo. Considerando le attuali condizioni di semi-isolamento a cui la popolazione mondiale è costretta, il progetto si sofferma sull'intimità non solo come sofferta solitudine, ma come luogo di una possibile e vitale auto-determinazione.
«Dear you» intende, dunque, osservare l’indagine introspettiva e il suo esercizio come spazio di trasformazione, concependo l’identità come una dimensione in divenire, possibile fonte di importanti rivoluzioni politiche e sociali, ma anche emotive e sentimentali.
Il progetto ideato da Caterina Molteni si propone, nello specifico, di rivalutare condizioni ed esperienze emotive come la fragilità e l'emotività, esaltandone gli elementi generativi. Incita a nuove forme di amore, erotismo, amicizia e lealtà, riflettendo su possibili risorse emotive e fisiche capaci di espandere il nostro spettro di auto rappresentazione e di desiderio personale e collettivo.
Questa particolare tipologia di mostra si struttura tramite sei interventi di artiste e artisti internazionaliHamja Ahsan (Londra, 1981), Giulia Crispiani (Ancona, 1986), Dora García (Valladolid, 1965), Allison Grimaldi Donahue (Middletown, 1984), David Horvitz (Los Angeles, 1982) e Ingo Niermann (Biefeled, 1969), che sono accomunati da una pratica fortemente legata alla poesia, alla scrittura e alla performance
La corrispondenza postale è la forma di comunicazione e di ricezione delle opere prescelta per il progetto.
Concepiti come poesie, brevi racconti, istruzioni per atti performativi e come dispositivi relazionali, i lavori che verranno realizzati dialogheranno con la dimensione creatrice del linguaggio, guardando alla lettura come un’esperienza trasformativa.
Allo stesso tempo, le artiste e gli artisti riflettono su temi di fondamentale rilevanza nella nostra contemporaneità come la perdita di contatto fisico e le relative ripercussioni sulla vita emotiva, la diminuzione della vita sociale condivisa e la necessità di creare nuove strategie di relazione e di cura, al di là dell’esperienza digitale.
«Dear you» richiama espressamente la corrispondenza amorosa per accentuare il forte intimismo innescato dalla ricezione di una lettera. In particolare si vuole sottolineare come la corrispondenza postale sia capace di alimentare dinamiche di cura grazie alla capacità di trasformare una voce lontana in qualcosa di tangibile e prossimo.
Il progetto permette, inoltre, la comunicazione e fruizione di opere d’arte fisiche oltre i confini geografici nazionali oggi bloccati e fortemente regolamentati dalle restrizioni imposte dalla pandemia globale, favorendo così lo scambio di idee e di gesti di attenzione.
Il Mambo invita il suo pubblico a partecipare e diventare lo «you» destinatario di questa corrispondenza artistica.
Per ogni iscrizione, che ha un costo di 20,00 euro per il biglietto intero e di 12,00 euro per i titolari di Card Cultura, «Dear you» prevede la spedizione di sei lettereuna per ogni artista coinvolto. Ogni busta conterrà un’opera in forma di lettera e un testo di accompagnamento sul progetto. È previsto l’invio di una lettera ogni due settimane, indicativamente tra marzo e maggio.
È Incluso nell’iscrizione un biglietto d’accesso alle collezioni del MAMbo del quale usufruire entro il 2021.
L’adesione a «Dear you» avviene tramite iscrizione online dal sito del MAMbo (www.mambo-bologna.org) fino al 14 marzo.
Durante la registrazione sarà richiesto l’indirizzo di spedizione al quale verranno recapitate le lettere.
Il progetto si apre, inoltre, alla possibilità di promuovere la formula della lettera sospesa: chiunque (privati, aziende, istituzioni) può acquistare dei pacchetti di abbonamenti e, fornendo la lista completa degli indirizzi, mandarli a gruppi di persone, associazioni, strutture assistenziali e istituti scolastici.
Con questa opportunità, così come accade con le mostre temporanee ospitate negli spazi del museo, sarà possibile strutturare insieme al Dipartimento educativo Mambo attività didattiche legate a ciascuna opera. Grazie a questa formula, saranno forniti al personale scolastico strumenti effettivi per laboratori didattici da svolgere in classe in concomitanza con la ricezione delle singole lettere.

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Alexa Karolinski e Ingo Niermann, Oceano de amor, 2019. Video still; [fig. 2] David Horvitz, Letters sent by David Horvitz to Ruth Wolf-Rehfeldt. Courtesy l’artista e ChertLüdde, Berlino; [fig. 3] David Horvitz, Lessons, 1 ottobre 2020 – 31 maggio 2021. Nassauischer Kunstverein, Wiesbaden, 2020. Courtesy l’artista e ChertLüdde, Berlino; [figg. 4 e 5] Dora García, EXILE, 2014 – in corso. Veduta di allestimento dell’installazione presso Witte de With Art Center (ora Melly Art Center), Rotterdam. Foto di Dora García; [fig. 6] Giulia Crispiani

Informazioni utili
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, via Don Minzoni, 14 – Bologna, tel. +39.051.6496611 | Sito internet: www.mambo-bologna.org | Facebook: MAMboMuseoArteModernaBologna  | Instagram: @mambobologna | Twitter: @MAMboBologna | YouTube: MAMbo channel

martedì 2 marzo 2021

Torino, al via il restauro della facciata juvarriana di Palazzo Madama


È uno dei monumenti simbolo della storia e dell’arte di Torino, condensando, al suo interno, duemila anni di storia, dal I secolo a.C. all’epoca medievale degli Acaja, dal Barocco delle due «Madame reali» - Maria Cristina di Francia e Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours - fino al Risorgimento, con il Senato del Regno sabaudo, e al costituirsi, nel 1934, del grande Museo civico di arte antica. Per Palazzo Madama, patrimonio mondiale dell’Umanità di Unesco, sta per scriversi una nuova pagina della sua storia. La facciata juvarriana, capolavoro architettonico del Settecento europeo, sarà sottoposta a un importante intervento di restauro e consolidamento dell’avancorpo centrale. Il lavoro è promosso dalla Fondazione Torino Musei e approvato dal Ministero per i beni culturali e dalla Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Torino, con il sostegno dalla Fondazione Crt che ha stanziato 2,4 milioni di euro.
Il progetto, ‘firmato’ dall’architetto Gianfranco Gritella, che in passato diede nuova vita alla Mole Antonelliana, prende le mosse dagli esiti del cantiere studio, realizzato, a partire dal 2018, dalla Fondazione Centro conservazione e restauro La Venaria reale, per valutare lo stato di conservazione della facciata, progettata tra il 1718 e il 1722 dall’architetto Filippo Juvarra per volere di Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, che ne fece la propria residenza dopo la salita al trono del figlio Vittorio Amedeo II.
Con il coinvolgimento anche del Politecnico e dell’Università degli studi di Torino, sono state condotte indagini scientifiche sui materiali e sulle alterazioni intervenute nel tempo. Le caratteristiche costruttive di Palazzo Madama e il marmo di Chianocco o Foresto utilizzato, estratto fin dal Cinquecento nelle omonime località nella bassa valle di Susa – di semplice lavorazione, ma affetto da «un male antico» legato alla propria friabilità – hanno fin da subito innescato problemi di conservazione e cedimenti strutturali, tanto che i primi tentativi per risolverli risalgono già alla fine del XVIII secolo.
L’intervento - perfetto mix tra tradizione e innovazione, tra antiche tecniche artigianali e metodologie all’avanguardia - inizierà prima dell’estate e durerà circa due anni. Verranno recuperati i marmi originali con l’impiego di materiali contemporanei, come fibre di carbonio, resina e acciaio inox nelle parti nascoste dell’edificio.
Il restauro sarà aperto al pubblico. All’interno di un padiglione appositamente realizzato in prossimità di Palazzo Madama, il pubblico potrà assistere alle principali fasi di restauro delle quattro grandi statue allegoriche. Un sistema di videocamere trasmetterà su alcuni schermi a terra le principali fasi di lavorazione e gli interventi più significativi in corso sulle impalcature. Ma non è tutto. Un ascensore montacarichi consentirà, inoltre, di condurre gruppi di visitatori in determinate aree del cantiere, sino alla quota della balaustra sommitale. Al termine dell’intervento, una mostra a Palazzo Madama illustrerà la storia millenaria dell’edificio e i restauri, e consentirà di conoscere parti del palazzo oggi sconosciute al grande pubblico.
Il progetto prevede, inoltre, un «cantiere della conoscenza» che consentirà, già nelle fasi iniziali, di esplorare parti dell’edificio nascoste, per ampliare gli spazi disponibili e fruibili dal pubblico: si tratta delle cosiddette «Cantine juvarriane», ossia gli affascinanti sotterranei dello scalone monumentale, l’area del fossato antistante la facciata e gli ambienti che, sino agli inizi dell’Ottocento, esistevano nel fossato adiacente al monumento al Cavaliere d’Italia e che conducevano da Palazzo Madama verso l’Armeria reale.
Per quanto riguarda il restauro, gli studi fino a oggi fatti hanno documentato, nello specifico, il cedimento del sistema portante settecentesco della facciata juvarriana, nove travi orizzontali in pietra lunghe sette metri e pesanti due tonnellate ciascuna. Questo ha messo in crisi l’intero sistema strutturale, causando numerose fessurazioni con distacchi di grossi frammenti. Al di sopra degli architravi vi sono tre ambienti ciechi, piccole camere lunghe circa 6 metri e alte 1,20 metri coperte da grandi archi in mattoni simili a tre ponti che, poggiati sulle colonne, sostengono il peso del cornicione, della soprastante balaustra e delle quattro gigantesche statue. Attraverso l’apertura di alcune botole praticate nel cornicione, è stato possibile ispezionare per la prima volta queste «amere nascoste» e verificare l’entità delle lesioni, per progettare il recupero e il consolidamento dell’intera struttura.
La parte più delicata e innovativa del progetto riguarderà senz’altro il consolidamento strutturale dei soffitti e degli architravi lapidei dei tre intercolumni del pronao centrale con la costruzione di tre travi reticolari in acciaio con profilo curvilineo all’interno di ogni campata o camera nascosta. Questi tralicci orizzontali – vere e proprie «protesi» reversibili – dovranno sorreggere gli architravi in pietra fessurati e, soprattutto, mantenere sospesi a particolari perni verticali le centinaia di lastre di marmo dei soffitti, per impedirne il cedimento, preservare e rendere visibili i bassorilievi. L’intervento prevede, quindi, di realizzare e portare in quota grandi piastre in acciaio sagomate e tagliate secondo le forme e le decorazioni presenti sui soffitti.
La facciata presenta degrado e dissesti su tutta la superficie lapidea. Gli agenti atmosferici e l’inquinamento urbano sono la causa principale della disgregazione della pietra, ricca di piccole cavità. Si prevede, quindi, un lungo e delicato lavoro di consolidamento e stuccatura per rendere il più possibile impermeabile, uniforme e priva di microcavità la superficie delle pietre utilizzate per costruire l’edificio. Un intervento mirato con impiego di fibre di carbonio e micro barre in resina e acciaio inox consentirà di prevenire ulteriori distacchi di frammenti e rendere stabili i decori scultorei più degradati, come i grandi capitelli delle colonne principali. Recuperando tecniche artigianali antiche, si risaneranno le principali lacune mediante l’inserimento di tasselli e il rifacimento di parti in marmo identiche all’originale, utilizzando la stessa pietra di Foresto recuperata appositamente per questo specifico restauro.
Mentre uno degli interventi più spettacolari del progetto riguarderà le quattro sculture in marmo di tre tonnellate ciascuna alte quattro metri, rappresentanti le Allegorie delle virtù del Buon governo o le Virtù cardinali (Giustizia, Prudenza, Temperanza e Fortezza), scolpite da Giovanni Baratta nel 1726. A causa del degrado che interessa la superficie delle statue ma, soprattutto, alla luce della frammentazione in più parti dei blocchi che le compongono, il progetto prevede la rimozione delle quattro grandi statue. L’intervento comprenderà il sezionamento della superficie di appoggio del basamento di ciascuna statua sulla balaustra – mediante una tecnica particolare che impiega un filo d’acciaio simile al sistema di estrazione dei blocchi di marmo dalle cave –-, l’inserimento delle statue all’interno di speciali gabbie in acciaio e il loro sollevamento e trasporto alla base dell’edificio. Qui ogni statua sarà restaurata e musealizzata. Al posto degli originali saranno inserite quattro copie identiche. Infatti, per evitare che il cornicione e la balaustra settecenteschi, privati del peso secolare costituito dalle statue, possano subire deformazioni o innescare ulteriori problemi di staticità nell’edificio, durante i restauri ciascuna scultura sarà temporaneamente sostituita sul posto da elementi provvisori dello stesso peso.
Saranno, inoltre, recuperati e restaurati gli undici finestroni vetrati di cinquanta metri quadrati ciascuno, i più grandi serramenti barocchi realizzati in Piemonte: saranno realizzati direttamente in opera dei particolari telai in acciaio speciale, debitamente disegnati e sagomati, applicati a contatto con il serramento in legno e parzialmente nascosti dalle sagome che li caratterizzano. Questi telai metallici avranno lo scopo di rendere indeformabili i finestroni, garantirne la stabilità strutturale e trasferire gli sforzi causati dalla spinta del vento direttamente sulla struttura muraria, scongiurando anche pericolose infiltrazioni d’acqua sullo scalone interno.
Torino si prepara, dunque, a ritrovare la «grande bellezza» della facciata di Palazzo Madama, unico edificio del barocco torinese, oltre alla Cappella della Sacra Sindone, costruito pressoché interamente in pietra, rompendo con la tradizione del costruire sabaudo esclusivamente in laterizio.

Informazioni utili

lunedì 1 marzo 2021

Da Marialba Russo a Chiara Fumai, un anno alla scoperta della multidisciplinarietà con il Centro Pecci di Prato

Aggiornato sabato 1° maggio 2021, alle ore 17:30 - Sarà una mostra su Marialba Russo (Napoli, 1947), fotografa che con sguardo antropologico ha documentato gli anni Settanta, un periodo carico di fermenti politici, culturali, lotte operaie e femministe, ad aprire la stagione espositiva 2021 del Centro per l'arte contemporanea «Luigi Pecci» di PratoDa sabato 8 maggio, dopo una serie di slittamenti dovuti alla situazione pandemica, sarà possibile ammirare la serie fotografica «Cult Fiction»,  che riprende in modo sistematico i manifesti dei film a luci rosse apparsi nelle strade di Napoli e Aversa tra il 1978 e il 1981, rappresentativi sia della spinta verso la liberazione sessuale di quegli anni sia di una raffigurazione ancora fortemente oggettificata del corpo della donna. In un allestimento che riproduce la materia effimera e l’impatto forte della pubblicità stradale, verranno presentati oltre cento scatti, scelti tra i più significativi della serie.
Sempre sabato 8 maggio aprirà un'altra mostra che focalizza l'attenzione su una figura femminile: a tre anni dalla sua prematura scomparsa, l’istituzione pratese dedica a Chiara Fumai (Roma, 1978 – Bari, 2017) la retrospettiva «Poems I Will Never Release», a cura di Milovan Farronato e Francesco Urbano Ragazzi, con la collaborazione di Cristiana Perrella.
La rassegna è parte di un ampio progetto che mette insieme diverse istituzioni europee con lo scopo di rivisitare il lavoro dell’artista, preservarne il lascito e trasmetterlo a un vasto pubblico. Presentata alla fine del 2020 al Centre d’Art Contemporain Genève di Ginevra, la mostra farà, poi, tappa nei prossimi mesi a La Loge di Bruxelles e alla Casa Encendida di Madrid, permettendo così a più Paesi europei di approfondire l’indagine su una personalità creativa che ha lavorato in modo marcato sui linguaggi della performance e dell'estetica femminista del XXI secolo.
La rassegna raccoglie un corpus molto completo di opere, che traducono in forma materiale le performance di Chiara Fumai, pur rispettando l’intento programmatico dell’artista di non documentarle. Tra questi lavori ci sono «I Did Not Say or Mean “Warning» (Premio Furla nel 2013) racconto poetico sulla collezione della Fondazione Querini Stampalia di Venezia, la video-installazione «The Book of Evil Spirits» (2015), che documenta le sedute spiritiche della medium Eusapia Palladino, e l’installazione ambientale «The Moral Exhibition House» (2012), presentata per la prima volta a Documenta 13 Kassel, in cui la casa è uno spazio per l'insurrezione femminista sotto forma di un freak show domestico.
L’intero percorso espositivo documenta come Chiara Fumai, ribellandosi a una sorta di pregiudizio latente legato al suo essere un’artista donna, abbia «messo a punto – si legge nella nota stampa - un vocabolario di minaccia, rivolta, violenza ma anche noia, atto ad innescare situazioni scomode, per promuovere i suoi ideali di femminismo anarchico. Le sue opere - collage, ambienti e azioni - evocano figure femminili che, con il loro coraggio e la loro rabbia, hanno lasciato un segno per poi essere escluse o dimenticate».
L'omaggio alla creatività femminile proseguirà il 19 giugno con «Senza Fretta», personale dell'artista e danzatrice Simone Forti (Firenze, 1935), cura di Luca Lo Pinto ed Elena Magini: un focus su una serie di lavori sviluppati a partire dalla metà degli anni Ottanta, le News Animation, che analizzano la relazione tra linguaggio, movimento e fisicità, a partire dalle notizie scritte sui quotidiani.
La mostra include performance, opere su carta, video e opere audio e è accompagnata da una sorta di «colonna sonora», costituita dalla stessa artista che legge il suo «The Bear in The Mirror», una collezione di storie, prosa, poemi, disegni, foto, lettere, appunti e memorie.
La rassegna vedrà, a cadenza settimanale, la presentazione di performance storiche di Simone Forti, tra cui «Scramble», «Sleepwalkers/Zoo Mantras», «Song of the Vowels», «Cloths» e «Rollers». Concluderà il percorso espositivo la presentazione di un nucleo di disegni inediti, concepiti durante il lockdown della primavera 2020: i «Bag Drawings», buste della spesa come espressione diretta di un’emotività legata al quotidiano e al familiare.
A maggio, dal giorno 15, ci sarà anche «Cambio», progetto che parte da un’indagine sulla responsabilità ambientale del design e sull’industria del legno condotta dallo Studio Formafantasma, organizzato in collaborazione con la Serpentine Gallery di Londra.
Nei programmi iniziali del Centro Pecci, che dipenderanno molto dal procedere della situazione pandemica, l’indagine tra arte e design continuerà dopo l’estate, quando saranno protagonisti al Centro Pecci alcuni artisti italiani di fama internazionale, caratterizzati da una comune capacità di eclettica sperimentazione attraverso i linguaggi e i materiali, con la mostra «Domus Aurea», a cura di Cristiana Perrella. «Da un lato Francesco Vezzoli - interessato da sempre all’analisi della storia del gusto borghese, al modo in cui le sue evoluzioni segnano passaggi fondamentali dell’epoca moderna, rivelandone in controluce aspetti psicologici profondi - dall’altro Martino Gamper - designer noto per il suo irriverente approccio ai grandi classici del modernismo - coinvolgono - si legge nella nota stampa - gli oggetti di Gio’ Ponti in un gioco di rimandi visivi e concettuali che riflette sul ‘paesaggio domestico' e sugli elementi che lo abitano. Nella mostra le ceramiche di Ponti saranno messe in relazione alle sculture e ai ricami di Vezzoli, in un allestimento che si avvale degli arredamenti di Martino Gamper, al fine di proporre un’ideale dimensione domestica, una Domus Aurea in cui passato, presente e futuro si mescolano».
Verrà, infine, proposta un’importante mostra personale di Cao Fei (Guangzhou, 1978) con opere che esplorano le trasformazioni della Cina contemporanea affrontando domande universali sul prossimo futuro, con una particolare attenzione all'impatto dell'accelerazione della crescita economica, dello sviluppo tecnologico e della globalizzazione sulla società. Il progetto è realizzato in collaborazione con il Maxxi - il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, e vedrà la presentazione in contemporanea, a Prato e a Roma, di due mostre dedicate all’artista, rispettivamente curate da Cristiana Perrella e Hou Hanru e Monia Trombetta.
Infine, prosegue anche nel 2021 la valorizzazione del patrimonio del Centro Pecci: non solo le opere della collezione – protagoniste di un nuovo allestimento tematico – ma anche gli archivi e la biblioteca, risorse preziose per la comunità, diventeranno sempre più accessibili e produttivi in termini di ricerca generata. Anche l’imponente archivio di Lara-Vinca Masini, di circa 200mila oggetti tra libri, documenti e opere, andrà – come desiderio della studiosa recentemente scomparsa – ad arricchire il Cid/Arti visive, Centro di ricerca e documentazione del Centro Pecci.
Gli archivi e i materiali da loro conservati, collocabili fra lo statuto del documento e quello dell’opera d’arte, saranno, inoltre, i protagonisti della mostra «Musei di carta», curata da Stefano Pezzato e Andrea Viliani, curatore e responsabile del Crri - Centro di ricerca castello di Rivoli.
Il lavoro delle artiste donne, la sperimentazione attraverso linguaggi e materiali diversi, l’attenzione alla ricerca e al progetto sono, dunque, i cardini della nuova stagione espositiva del Centro Pecci di Prato, che dovrà fare i conti, come tutti i musei, con l’andamento dell’emergenza sanitaria, rischiando così che la programmazione possa essere soggetta a slittamenti di data o a modifiche dell’ultimo minuto. «Nonostante l'oggettiva difficoltà a fare previsioni, – dichiara la direttrice Cristiana Perrella, appena confermata alla guida del museo per i prossimi tre anni – mi sento di dire che sarà un anno importante. Si raccoglie il risultato di un triennio di lavoro molto intenso e concentrato sul definire un'identità chiara per il museo come centro di ricerca e produzione culturale legato al carattere, alla vocazione, alle storie del territorio ma allo stesso tempo partecipe del dibattito internazionale sui suoi temi più aggiornati e rilevanti e inserito in un'intensa rete di scambi e collaborazioni con principali istituzioni italiane e straniere. Molto è stato fatto in questa direzione e su queste basi continueremo a costruire la programmazione di tutte le attività del Centro Pecci per i prossimi anni del mio mandato».

Didascalie delle immagini
[Fig. 1] Chiara Fumai, The Book of Evil Spirits, 2015. Production stills Photo: PRed; [fig. 2, 3 e 4] Exhibition view of Chiara Fumai, Poems I Will Never Release (2007–2017) at Centre d’Art Contemporain Genève (November 28, 2020 ‒ February 28, 2021). © Centre d’Art Contemporain Genève. Photo: Mathilda Olmi; [fig. 5] Chiara Fumai, The Moral Exhibiton House, 2012 Digital Collage Photo: Blerta Hocia; [fig. 6] Simone Forti, A Free Consultation, 2016 Evanston, Illinois January 30, 2016 Cinematography. Jason Underhill; [fig. 7] Cao Fei, Asia One, 2018. Video still © Cao Fei Sprüth Magers e Vitamin Creative Space; [fig. 8] Francesco Vezzoli, Sketch for Domus Aurea,2020. Collage su carta

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